Le vendite “allo scoperto”: esperienze a confronto

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Le vendite “allo scoperto”: esperienze a confronto
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Le vendite “allo scoperto”:
esperienze a confronto
a cura di Giovanni Carotenuto, Of Counsel
Orrick, Herrington & Sutcliffe
A seguito della crisi dei mercati finanziari globali dell'autunno del 2008, che ha
registrato anche l'insolvenza di un noto gruppo bancario americano, le autorità di
vigilanza di diversi Paesi del mondo (tra cui l’Italia) hanno adottato provvedimenti
finalizzati a limitare o vietare del tutto le operazioni di vendita allo scoperto,
ritenendo queste ultime potenzialmente responsabili del crollo del prezzo di molti
titoli.
Sebbene i citati provvedimenti siano stati emanati in un arco temporaneo
relativamente breve, il loro contenuto non è stato il prodotto di un’azione comune
delle competenti autorità nazionali, e ciò ha determinato il verificarsi di inevitabili
conseguenze dannose per i mercati finanziari globali.
Inoltre, il divieto di vendite allo scoperto, laddove adottato, è stato oggetto di forti
critiche da parte di chi ne sottolineava gli effetti positivi sull’andamento dei mercati,
sia in termini di liquidità che di freno all'eccessiva volatilità delle quotazioni.
L’emanazione, da parte di alcuni Stati Membri dell’Unione Europea – in assenza di
preventiva concertazione a livello comunitario – di provvedimenti restrittivi delle
vendite allo scoperto ha contribuito a destabilizzare oltremodo i mercati.
L’incertezza normativa che ne è derivata ha causato notevoli difficoltà operative, in
particolare agli intermediari del mercato mobiliare, che hanno a gran voce
auspicato un’armonizzazione delle disposizioni regolamentari rilevanti, da
conseguirsi sia a livello comunitario sia, ove possibile, a livello internazionale.
1.
La vendita allo scoperto (o short selling) è un'operazione finanziaria
consistente nella vendita sul mercato di strumenti finanziari dei quali il venditore
non ha la disponibilità e/o proprietà al momento della trasmissione dell'ordine e
fino al regolamento dell'operazione medesima(1).
Le vendite allo scoperto possono essere "coperte" (covered) o "nude" (naked).
Nel primo caso, il venditore prende in prestito un certo numero di titoli,
corrispondenti a quelli che intende vendere allo scoperto, in modo da garantire la
consegna degli stessi all'acquirente nei termini previsti dal contratto.
Successivamente, il venditore acquista un pari quantitativo di titoli, da restituire al
prestatore.
Nel caso di vendite allo scoperto "nude", invece, il venditore non solo non ha in
disponibilità i titoli oggetto di vendita al momento dell’ordine, ma non li ha neppure
presi in prestito. Per questo motivo, al fine di regolare l'operazione nei termini
contrattualmente previsti, il venditore è costretto ad acquistare sul mercato i titoli
oggetto dell’operazione, per poterli consegnare in tempo all'acquirente.
Le vendite allo scoperto possono avere diverse finalità. Tra queste, una meramente
speculativa, realizzata allo scopo di conseguire un profitto vendendo (“allo
scoperto”, appunto) strumenti finanziari ritenuti sopravvalutati e lucrando così sul
differenziale tra il prezzo di acquisto e di vendita dei titoli stessi, determinatosi a
seguito della successiva riduzione del loro valore di mercato, ed una di arbitraggio,
consistente nella vendita e nell’acquisto simultanei di titoli tra loro collegati, allo
scopo di sfruttare eventuali disallineamenti dei prezzi dei titoli in questione. Inoltre,
attraverso lo short selling si può realizzare una copertura (cd. hedging) dal rischio
di fluttuazioni ovvero una manipolazione di mercato, qualora l'obiettivo sia ridurre
il prezzo di alcuni titoli, incentivando gli altri operatori a vendere e favorendo in tal
modo tendenze ribassiste di tali titoli.
In ogni caso, quando sono di notevole entità, le vendite allo scoperto possono
comportare effetti molto negativi sulla stabilità dei mercati finanziari, causando
una rapida riduzione del corso dei titoli ed incrementando la volatilità dei loro
prezzi.
Effetto indiretto delle vendite allo scoperto è poi il rischio che l’acquirente non
riceva dal venditore i titoli in questione entro la prevista data di regolamento
dell’operazione de quo, dando così luogo a quello che in gergo tecnico viene definito
“fail”.
Sarebbe però riduttivo affermare che lo short selling comporti solo rischi ed effetti
negativi per i mercati finanziari: non manca, infatti, chi sostiene che, al contrario,
le vendite allo scoperto contribuiscono ad aumentare il livello di liquidità del
mercato: attraverso tali operazioni aumenterebbe, infatti, il numero di potenziali
venditori e futuri acquirenti e, conseguentemente, si ridurrebbe il prezzo dei titoli
oggetto delle vendite, a vantaggio degli investitori. Inoltre, eventuali notizie
"negative" sui titoli oggetto di negoziazione verrebbero diffuse sul mercato al
momento della vendita, incrementando così l'informativa sui prezzi dei titoli (cd.
price discovery), sempre a beneficio degli investitori.
2. Nel contesto della predetta crisi, la Consob ha adottato, a partire dall'autunno
2008, una serie di provvedimenti volti a limitare e, in specifici casi, a vietare le
vendite allo scoperto di azioni negoziate sui mercati regolamentati italiani.
In particolare, essa ha dapprima vietato(2) le vendite allo scoperto di azioni di
banche ed imprese di assicurazioni quotate nei mercati regolamentati italiani e ivi
negoziate, qualora non assistite dalla disponibilità delle stesse da parte del
venditore al momento dell'ordine e fino alla data di regolamento dell’operazione.
Successivamente, l'autorità di vigilanza ha ristretto l'ambito di applicazione del
divieto(3), stabilendo che la vendita di azioni delle suddette società dovesse essere
assistita non solo dalla disponibilità, ma anche dalla proprietà dei titoli, chiarendo,
quindi, che non era da considerarsi utile, ai fini del rispetto della norma, la
disponibilità di titoli rivenienti da operazioni di prestito degli stessi, in qualunque
forma tecnica realizzate.
In seguito, tale divieto è stato dapprima esteso a tutte le azioni quotate nei mercati
regolamentati italiani ed ivi negoziate(4) e poi confermato, tenuto anche conto
dell’orientamento di altri Stati Membri dell’Unione Europea, per le sole azioni di
banche ed imprese di assicurazione, nonché per quelle delle società oggetto di
aumento di capitale, fissando per tutti gli altri emittenti quotati il solo divieto di
vendite non assistite dalla disponibilità dei titoli oggetto di vendita(5).
A distanza di pochi mesi, il divieto di short selling è stato ulteriormente
modificato(6): in relazione a tutti i tipi di strumenti finanziari si è infatti circoscritto
il divieto alle vendite non assistite dalla disponibilità degli stessi al momento
dell'ordine, mentre per le azioni di società quotate in mercati regolamentati italiani
ed ivi negoziate, oggetto di aumento di capitale, è stato mantenuto il regime
precedente(7) (i.e. le stesse potevano essere vendute solo se nella disponibilità e
proprietà del venditore al momento dell’ordine e fino alla data di regolamento
dell’operazione(8)).
La ratio sottostante il divieto di vendita di azioni quotate oggetto di aumento di
capitale è da individuarsi nella particolare situazione di mercato che si verifica
proprio in concomitanza di un aumento di capitale a pagamento. In tal caso, infatti,
le azioni offerte in prelazione ai soci vengono immesse fin da subito sul mercato,
comportando un aumento del flottante, sebbene esse non possano essere oggetto di
negoziazione fino al previsto giorno di consegna.
Al riguardo, particolare rilevanza assumono gli aumenti di capitale con rilevante
effetto diluitivo, in relazione ai quali – secondo la Consob(9) – il rischio di
manipolazione del mercato da parte dei soggetti ordinanti è particolarmente elevato.
Infatti, qualora gli azionisti decidano di vendere le proprie azioni rivenienti
dall’aumento di capitale, i relativi ordini avrebbero ad oggetto un elevato numero di
azioni, con conseguente rapido decremento del prezzo delle azioni stesse.
Nonostante l'attenzione dimostrata dalla Consob al tema in oggetto, numerosi sono
gli intermediari che hanno lamentato serie difficoltà di interpretazione delle delibere
adottate in materia dall’autorità, soprattutto a causa dell’assenza delle necessarie
indicazioni operative.
In particolare, gli intermediari negoziatori che eseguono ordini dei clienti senza
detenerne in custodia gli strumenti finanziari (cd. meri broker) hanno segnalato
l'impossibilità di accertare se il committente abbia effettivamente in disponibilità
e/o sia proprietario dei titoli in questione e dunque se l'operazione in questione
possa o meno configurarsi come una vendita allo scoperto.
Al riguardo, l'Assosim (Associazione Italiana degli Intermediari Mobiliari) ha
suggerito(10) agli intermediari meri broker di richiedere agli ordinanti, all'apertura
del rapporto, una dichiarazione di impegno ad operare in conformità a quanto
previsto dalla regolamentazione vigente in materia.
In sede di irrogazione di sanzioni per violazione del divieto de quo(11), la Consob si
è poi spinta a sostenere che l'intermediario negoziatore è tenuto a verificare
autonomamente presso il depositario del committente, al momento del ricevimento
dell’ordine di vendita, la disponibilità e proprietà dei titoli oggetto dell’ordine stesso,
ottenendone una specifica attestazione.
Tale ulteriore onere – lamentano gli operatori – andrebbe però a discapito delle
esigenze di celerità e speditezza proprie delle transazioni di natura finanziaria.
Peraltro, un'attestazione rilasciata dal depositario dell’ordinante non consentirebbe
di escludere la presenza di una vendita allo scoperto, non essendo idonea a creare
un vincolo di destinazione sui titoli in deposito.
Alla luce di ciò, l'intermediario mero negoziatore non avrebbe dunque a
disposizione alcun mezzo idoneo a verificare la copertura di un ordine e, più in
generale, a garantire l'osservanza del divieto di vendite allo scoperto. Come
recentemente sottolineato dall'Assosim(12), più coerente sarebbe l'adozione di un
divieto che operi direttamente in capo al committente. Secondo l'associazione di
categoria, infatti, considerare responsabile l'intermediario mero broker per non aver
adottato misure e cautele non espressamente richieste dall'autorità, non costituenti
standard operativi e non concretamente attuabili, proporzionate ed efficaci,
equivarrebbe a trasformare il dovere di diligenza dell'intermediario in una
responsabilità, di fatto, oggettiva. Anche in considerazione di tali rilievi, un
intervento della Consob finalizzato a chiarire quali adempimenti devono essere
osservati in concreto dagli intermediari negoziatori per garantire il rispetto del
divieto di vendite allo scoperto è senz'altro auspicabile.
Mentre il dibattito sul tema è ancora aperto, si segnala l’introduzione da parte
dell’autorità di vigilanza(13), a fronte delle recenti turbolenze dei mercati finanziari
internazionali, di un nuovo regime di comunicazione delle posizioni nette corte.
Allo scopo di allineare le proprie regole a quelle attualmente vigenti in Francia,
Germania e Regno Unito, la Consob ha stabilito che le società quotate in Italia
debbano riportare ad essa ogni posizione corta assunta sui propri titoli che superi
determinate soglie. Il primo obbligo di comunicazione si applica ogniqualvolta le
posizioni corte nette siano uguali allo o maggiori dello 0,2% del capitale azionario
dell’offerente. Il secondo obbligo, invece, scatta al verificarsi di una variazione
uguale o maggiore dello 0,1% del suddetto capitale.
L’industria ha salutato con favore l’entrata in vigore del nuovo regime di
comunicazione, giudicandolo preferibile ad un sistema basato su un divieto toutcourt di vendite allo scoperto.
Tenuto tuttavia conto dei presupposti in base ai quali la Consob ha adottato tali
misure (in sostanza, la necessità e l’urgenza di affrontare l’eccezionale volatilità dei
prezzi e degli andamenti di alcuni titoli azionari sul mercato finanziario italiano),
nonché dell’elevato ammontare di vendite reali (e non “allo scoperto”, come
ammesso dalla stessa Consob) registrate il giorno successivo all’entrata in vigore
della suddetta delibera, che hanno causato il crollo dei prezzi di tali azioni, pare
che le nuove misure non abbiano raggiunto lo scopo, con ciò mostrando tutti i
limiti di un intervento “unilaterale” di uno Stato Membro dell’Unione Europea,
adottato in assenza di un previo coordinamento a livello comunitario.
La Consob ha poi deliberato(14) il divieto di assumere posizioni nette corte (ovvero
di incrementare quelle già esistenti) in relazione al capitale degli emittenti del
settore finanziario, ritenendo il regime di comunicazione delle posizioni nette corte,
adottato solo poco tempo prima, insufficiente(15) a fronteggiare le straordinarie
condizioni di volatilità di alcuni comparti azionari del mercato italiano.
In risposta a tali ultimi provvedimenti, Assosim ha invece evidenziato(16)
l’inefficacia delle misure in essi contenute, invitando la Consob a circoscriverne gli
effetti entro un brevissimo arco temporale e a non prorogare ulteriormente il divieto
di assunzione delle posizioni nette corte, dimostratosi incapace di contenere i cali
generali delle quotazioni.
3. A partire dall’autunno 2008 ad oggi, i giudici di merito hanno avuto modo, in
qualche occasione, di pronunciarsi sui ricorsi presentati da intermediari finanziari
avverso provvedimenti sanzionatori Consob comminati per presunte violazioni del
divieto di vendite allo scoperto.
In particolare, i ricorsi hanno avuto per lo più ad oggetto sanzioni irrogate
dall’autorità di vigilanza nei confronti di intermediari che avevano eseguito ordini di
terzi committenti, i quali ultimi avevano dato luogo a presunte vendite allo
scoperto.
Nell’ambito di tali procedimenti, la Consob ha sostenuto non tanto l’effettivo
verificarsi o meno di una vendita allo scoperto, quanto la presunta mancata
adozione da parte dell’intermediario in questione di misure e cautele atte a
verificare l’effettiva sussistenza della disponibilità e/o proprietà dei titoli oggetto di
vendita, dal momento dell’inoltro dell’ordine e fino alla consegna dei titoli de
quibus(17), da adottarsi in osservanza dell’art. 21, comma 1, lett. a), del d.lgs. n.
58/98 (il “Testo Unico della Finanza”, o “t.u.f.”)(18).
Come confermato dalla giurisprudenza recente, la mera sensibilizzazione e/o
responsabilizzazione della clientela sul divieto di vendite allo scoperto prima di dare
esecuzione ad un ordine di vendita non valgono a far ritenere assolto l'obbligo di
adottare tutte le “misure e cautele” necessarie per evitare il verificarsi di una
vendita allo scoperto. Tale obbligo può ritenersi adempiuto solo a fronte
dell'acquisizione, in relazione a ciascuna delle operazioni di vendita da eseguirsi da
parte dell’intermediario, di una dichiarazione di impegno, rilasciata dal
committente, avente ad oggetto la sussistenza della disponibilità e/o proprietà dei
titoli oggetto di negoziazione(19), o, in alternativa, il ricevimento di un’idonea
attestazione da parte del depositario di tali titoli.
Nel determinare la soglia di diligenza in concreto esigibile dagli intermediari è stata
dunque data rilevanza alle circostanze del caso concreto, ritenendo che, in
presenza di grossi ordini di vendita, con conseguente ragionevole sospetto della
carenza di copertura degli stessi, un soggetto professionalmente avveduto (quale un
intermediario dei mercati mobiliari) sarebbe tenuto a verificare la situazione in
modo più stringente prima di eseguire gli ordini in questione, non ritenendosi
sufficiente, ad esempio, l’invio al cliente di comunicazioni sulla normativa
applicabile ovvero la mera richiesta di conferma dell’osservanza del divieto di
vendita allo scoperto e della disponibilità/proprietà dei titoli oggetto degli
ordini(20).
Con riferimento all’elemento soggettivo necessario e sufficiente per l’applicazione
della sanzione, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile il principio dettato dall'art.
3 della legge n. 689/1981, secondo il quale per le violazioni colpite da sanzione
amministrativa è richiesta la coscienza e volontà della condotta, senza che occorra
la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, poiché la norma pone una
presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di chi lo ha commesso,
riservando a questi (i.e. l’intermediario) l'onere di avere agito senza colpa(21). Del
tutto irrilevante è stata ritenuta, ai fini della valutazione in tema di elemento
soggettivo dell’illecito, la circostanza che l’intermediario abbia agito su istruzione
dei propri clienti. Al riguardo è stato evidenziato che la presenza degli intermediari
sul mercato finanziario si giustificherebbe proprio in virtù della loro esperienza
professionale e delle competenze tecniche e normative, attraverso le quali essi
hanno il compito di incanalare gli ordini dei propri clienti nelle forme e nel rispetto
delle regole che governano il mercato, al fine di evitare condotte non conformi ai
modelli comportamentali delineati dalle norme medesime(22).
Nel valutare il rispetto del principio di tassatività da parte della normativa
applicabile in materia, la stessa giurisprudenza ha sostenuto che la genericità della
previsione normativa (sostenuta dagli intermediari colpiti dai provvedimenti
sanzionatori Consob, per i quali le delibere dell’autorità non avrebbero fornito
specifiche indicazioni operative al fine di rispettare il divieto de quo) ben può essere
compensata dalla motivazione del provvedimento di irrogazione della sanzione e da
quella ulteriore, eventuale e differita, del giudice dell'opposizione, venendo in tal
modo ampiamente assicurato all'incolpato, in sede amministrativa prima, e nella
fase contenziosa poi, il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione(23).
4. All'indomani della crisi finanziaria del 2008, le competenti autorità di vigilanza di
diversi Paesi del mondo hanno adottato misure restrittive in materia di vendite allo
scoperto, in assenza però di una qualsiasi forma di preventiva concertazione.
Nello specifico, con riferimento ai diversi Stati Membri dell'Unione Europea, nel
Regno Unito la FSA (Financial Services Authority; l'autorità di vigilanza sui mercati
finanziari) ha stabilito, il 18 settembre 2008, il divieto (rimasto in vigore fino al 16
gennaio 2009) di vendite allo scoperto aventi ad oggetto azioni di società
appartenenti al settore finanziario, in relazione alle posizioni corte sia naked sia
covered, nonché l'obbligo (tuttora vigente) di pubblicare, con frequenza giornaliera,
tutte le posizioni nette corte superiori allo 0,25% del capitale di alcune società
individuate dalla stessa FSA. Tale obbligo è stato poi confermato illimitatamente,
sebbene la FSA abbia precisato la natura temporanea della misura adottata, che
potrà essere revocata o sostituita da un regime di disclosure eventualmente
condiviso su base internazionale.
In Germania, invece, la BAFIN (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht;
l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari) ha dapprima introdotto(24) il divieto di
vendite naked effettuate su alcuni titoli azionari di imprese finanziarie,
reintroducendolo successivamente(25) in relazione ad alcuni titoli azionari
appartenenti ai settori bancario e assicurativo, nonché ai titoli di debito di Stati
dell'area euro. La BAFIN ha infine esteso il divieto(26) alle vendite allo scoperto di
azioni quotate, con alcune eccezioni. Inoltre, sotto il profilo della trasparenza, la
BAFIN ha recentemente(27) previsto che i titolari di posizioni nette corte che
raggiungano o superino lo 0,2% del capitale di una delle società finanziarie operanti
in Germania, individuate dalla stessa BAFIN, debbano comunicare tali posizioni
alla medesima autorità e, nel caso di raggiungimento o superamento dello 0,5%,
anche al pubblico.
E' importante sottolineare che, in Germania, i suddetti obblighi di comunicazione
sono indirizzati al soggetto ordinante, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia
domiciliato in Germania o all'estero, mentre all'intermediario che esegue l'ordine
viene richiesto di agire al meglio nel prevenire un eventuale uso illegittimo di tale
pratica(28).
In Francia, l'AMF (Autorité des Marchés Financiers; l'autorità di vigilanza sui
mercati finanziari) ha inizialmente introdotto(29), da un lato, l'obbligo di
comunicare, alla stessa AMF ed al mercato, le posizioni nette corte superiori allo
0,25% del capitale di alcune società del settore bancario, finanziario e assicurativo,
e, dall'altro, il divieto assoluto di vendite allo scoperto naked. Ha inoltre richiesto
agli intermediari di limitare l'attività di prestito titoli, ostacolando in tal modo anche
lo svolgimento di operazioni di vendita allo scoperto covered, formalmente non
vietate.
Con riferimento agli intermediari che non svolgono il servizio di custodia ed
amministrazione dei titoli (meri broker), l'AMF ha invece ritenuto sufficiente
l'ottenimento, da parte di questi ultimi, di un'attestazione con la quale l'ordinante
dichiari di avere la proprietà dei titoli oggetto dell'ordine.
Successivamente, l'autorità di vigilanza francese ha stabilito(30), sulla base delle
indicazioni fornite dal CESR, un regime di trasparenza sulle posizioni corte
indirizzato a tutti gli emittenti quotati sul mercato Euronext Paris e Alternext Paris.
Infine, in data 12 agosto 2011, l’AMF ha disposto il divieto di assumere posizioni
nette corte ovvero di incrementare posizioni nette corte esistenti, anche intraday,
nei confronti di chiunque (persone fisiche, persone giuridiche o altri soggetti
giuridici, residenti in Francia o in altri Paesi). Tale misura, in sintonia con quelle
adottate nello stesso giorno dalle autorità di vigilanza belga, italiana e spagnola, è
stata prorogata fino all’11 novembre 2011(31).
E' interessante notare che i provvedimenti sanzionatori adottati dall’AMF per
violazione del divieto di short selling nell’ultimo biennio hanno come destinatari i
soggetti ordinanti e non gli intermediari esecutori degli ordini di vendita(32).
Al di là dei confini comunitari, si segnala l’introduzione da parte della SEC
(Securities and Exchange Commission; l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari
degli Stati Uniti) dapprima(33) di un divieto temporaneo riguardante le vendite allo
scoperto naked di diciannove titoli di società operanti nel settore finanziario. A
seguito poi dell'acuirsi della crisi, la SEC ha esteso(34) il divieto anche alle vendite
allo scoperto covered di quasi ottocento titoli appartenenti al settore finanziario.
Tale provvedimento è stato poi ulteriormente modificato(35), delegando alle Borse
Valori interessate la gestione dell'elenco di titoli oggetto di divieto e prevedendo
l'esenzione dal divieto per i market makers(36).
Il 24 febbraio 2010, l’autorità di vigilanza statunitense ha dunque emanato nuove
disposizioni finalizzate a limitare le vendite allo scoperto di titoli le cui quotazioni
subiscono una riduzione superiore al 10%.
È notizia recente la richiesta inoltrata alla SEC di riferire al Congresso, ai sensi
dell’art. 417 del Dodd-Frank Act, i risultati di uno studio in termini di fattibilità,
benefici e costi di due regimi di comunicazione di vendita allo scoperto che
implicherebbero (i) la comunicazione in tempo reale delle posizioni corte al pubblico
o, in alternativa, alla sola autorità di vigilanza, e (ii) la volontaria adesione da parte
delle società quotate ad un programma unitario di catalogazione sia delle vendite
(classificabili come short, long o market maker short) sia degli acquisti delle proprie
azioni (classificabili come buy o buy to cover).
In controtendenza rispetto alle iniziative sopra citate, è appena il caso di rilevare
che l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari della Repubblica Popolare Cinese,
CSRC (China Securities Regulatory Commission), ha annunciato, il 5 ottobre 2008,
l'avvio di un programma di autorizzazione di alcune operazioni fino a quel momento
vietate, tra le quali le vendite allo scoperto. Il 22 gennaio 2010 il CSRC ha poi
emanato alcune disposizioni volte, tra l'altro, a consentire ad alcuni operatori
finanziari (individuati in base a determinate caratteristiche) di effettuare vendite
allo scoperto.
6. In ragione delle asimmetrie regolamentari esistenti in materia tra i diversi Stati
Membri dell'Unione Europea, l'esigenza di un'effettiva armonizzazione è
unanimemente sentita a livello comunitario.
Al riguardo, il CESR (il Committee of European Securities Regulators, il comitato
delle autorità europee di regolamentazione del settore finanziario, sostituito
recentemente dall'ESMA(37) ) ha proposto l'introduzione di un regime di
trasparenza da applicarsi in tutta l'Unione Europea(38), allo scopo di evitare
trattamenti differenziati nei diversi Stati Membri in relazione ad operazioni
transfrontaliere. Tale regime prevede un obbligo di comunicazione delle vendite allo
scoperto all'autorità di vigilanza dello Stato membro d'origine, che consenta a
quest'ultima di compiere accertamenti in relazione a sospetti ricorsi abusivi alla
tecnica dello short selling.
In tale prospettiva, la Commissione Europea ha adottato, il 15 settembre 2010, una
proposta di regolamento sulle vendite allo scoperto e sui credit default swap (la
“Proposta di Regolamento”)(39), allo scopo di rafforzare la trasparenza in materia
(adottando il sistema proposto dal CESR) ed assicurare un monitoraggio funzionale
ed efficiente dei mercati finanziari.
La Proposta di Regolamento prevede anzitutto i seguenti due livelli di disclosure: (i)
qualora la vendita allo scoperto raggiunga una prima soglia (pari allo 0,2% - e ogni
0,1% successivo - delle azioni immesse sul mercato da parte della società
emittente), lo short seller sarebbe tenuto ad informare le sole autorità di
vigilanza(40). Qualora invece la vendita superi la soglia dello 0,5% - e ogni 0,1%
successivo -, è previsto l'obbligo di comunicazione nei confronti del pubblico(41).
La Proposta di Regolamento contiene altresì un divieto di vendite allo scoperto con
riferimento alle sole operazioni naked(42), mentre ammette quelle covered (i) purché
rappresentate da vendite di strumenti finanziari preventivamente prese a prestito, o
(ii) sulle quali il committente abbia concluso un accordo per prendere i titoli a
prestito, o ancora (iii) nell’ipotesi in cui sia abbia ragione di ritenere che verranno
regolate entro il termine previsto(43).
Con l'obiettivo di favorire il coordinamento tra le autorità nazionali, la Proposta di
Regolamento individua una serie di poteri in capo all'ESMA 1, tra cui quello di
garantire che le operazioni transfrontaliere ricevano lo stesso trattamento da parte
di tutti gli Stati Membri interessati, emanando standard tecnici vincolanti e
coordinando l'attività svolta in materia dalle singole autorità nazionali.
L'ESMA è chiamata altresì a svolgere una funzione di controllo sulla necessità e
proporzionalità delle misure adottate dalle autorità nazionali in situazioni
eccezionali del mercato. Infine - ed è questa la principale novità – la Proposta di
Regolamento attribuisce all'ESMA il potere di intervenire direttamente, vietando,
limitando o condizionando temporaneamente le vendite allo scoperto, qualora (i) vi
sia una minaccia all’ordinato funzionamento e all'integrità dei mercati finanziari o
alla stabilità di tutto o parte del sistema finanziario europeo, e (ii) le misure
adottate a livello nazionale non appaiano sufficienti a contrastare tali situazioni di
crisi. In tale ultima ipotesi, le misure adottate dall'ESMA prevarrebbero, in caso di
conflitto, su quelle delle singole autorità nazionali.
A livello internazionale, è appena il caso di richiamare quanto rilevato dallo IOSCO
(International
Organization
of
Securities
Commissions;
l'organizzazione
internazionale delle autorità di vigilanza sui mercati finanziari nazionali)(44),
secondo cui nella regolamentazione in materia di vendite allo scoperto, le
competenti autorità nazionali dovrebbero:
(i)
svolgere controlli appropriati per ridurre il rischio di operazioni che
possano compromettere il buon funzionamento dei mercati;
(ii)
rendere obbligatoria l'informativa sulle vendite allo scoperto;
(iii)
assicurarsi che i soggetti ordinanti si conformino al divieto di vendite
allo scoperto; e
(iv)
consentire l'esecuzione di quelle operazioni che abbiano degli effetti
positivi sul mercato.
7. Dal contesto normativo sopra illustrato emerge una forte attenzione delle
autorità di vigilanza e, più in generale, della politica rispetto al tema delle vendite
allo scoperto.
L'obiettivo dichiarato delle misure finora adottate è quello di limitare brusche
correzioni al ribasso delle quotazioni, consentire un più ordinato processo di
formazione dei prezzi ed evitare il ricorso ad abusivi utilizzi della tecnica di short
selling.
Tali misure non sembrano tuttavia tener conto del fatto che vietare le vendite allo
scoperto in maniera indiscriminata può produrre artificiali distorsioni dei prezzi,
dannose per l'integrità dei mercati.
C’è dunque una chiara esigenza di realizzazione, in tempi brevi, di una maggiore
armonizzazione delle regolamentazioni in essere a livello europeo in materia di
vendite allo scoperto, che tenga conto sia degli effetti positivi sia di quelli negativi di
tale tecnica.
In questa direzione sembra andare la Proposta di Regolamento sopra citata, in
particolare ove attribuisce all'ESMA il potere non solo di coordinare l’azione delle
competenti autorità nazionali, ma anche di intervenire direttamente, ove
necessario. Ciò dovrebbe consentire di evitare almeno che la gestione delle crisi
finanziarie future venga affidata agli "umori" (e dunque ai limiti) delle singole
autorità nazionali.
Note
1) Data in cui gli strumenti finanziari oggetto di un'operazione di vendita devono essere
consegnati all'acquirente.
2) Con delibera n. 16622 del 22 settembre 2008, entrata in vigore il giorno successivo.
3) Vedi delibera n. 16645 del 1° ottobre 2008, entrata in vigore in pari data.
4) Vedi delibera n. 16652 del 10 ottobre 2008, entrata in vigore il giorno stesso (e prorogata
fino al 31 dicembre 2008 dalla delibera n. 16670 del 29 ottobre 2008).
5) Vedi delibera n. 16765 del 30 dicembre 2008, entrata in vigore il 1° gennaio 2009 (e
prorogata fino al 31 maggio 2009 in forza delle delibere nn. 16781 del 29 gennaio 2009 e
16813 del 26 febbraio 2009).
6) Con la delibera n. 16904 del 27 maggio 2009, entrata in vigore il 1° giugno 2009.
7) Vedi delibere nn. 16971 del 28 luglio 2009 e 17078 del 26 novembre 2009, entrate in
vigore, rispettivamente, il 1° agosto 2009 e il 1° dicembre 2009, nonché delibera 14 ottobre
2009, n. 17034, entrata in vigore il 15 ottobre 2009.
8) Il divieto può tuttavia essere derogato su richiesta motivata, da presentarsi alla Consob
da parte degli emittenti interessati.
9) Sul punto, la Consob ha pubblicato, il 19 aprile 2010, un Position Paper, che ha fatto
seguito a quello del 27 maggio 2009, in tema di vendite allo scoperto. Entrambi i documenti
sono consultabili sul sito Internet dell’autorità.
10) Vedi, inter alia, la Circolare n. 18 del 23 settembre 2008.
11) Si vedano, ad esempio, le delibere Consob nn. 17445 e 17446 del 5 agosto 2010.
12) Con lettera inviata alla Consob il 14 dicembre 2010 e circolata agli associati (cfr. Sole24
Ore del 16 febbraio 2011).
13) Vedi delibera n. 17862 del 10 luglio 2011 (in vigore a partire dall’11 luglio e prorogata,
dapprima, fino al 14 ottobre 2011 con delibera n. 17911 del 25 agosto 2011 e,
successivamente, fino al 25 novembre 2011 in forza della delibera n. 17951 del 28
settembre 2011).
14) Vedi delibera n. 17902 del 12 agosto 2011, entrata in vigore in pari data e prorogata
dapprima al 30 settembre 2011 con delibera n. 17911 del 25 agosto 2011 e,
successivamente, fino all’11 novembre 2011 in forza della delibera n. 17951 del 28
settembre 2011.
15) Vedi comunicato Consob del 12 agosto 2011 in materia di adozione di misure restrittive
sulle vendite allo scoperto adottate in pari data, pubblicato sul sito Internet dell’autorità.
16) Con un Position Paper in materia di short selling pubblicato il 14 ottobre 2011,
consultabile sul sito internet dell’Associazione.
17) Cfr. C. App. Milano, 1° aprile 2011, e TAR Lazio, 9 maggio 2011, n. 03934.
18) In base a tale norma, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e
accessori, gli intermediari finanziari devono comportarsi con diligenza, correttezza e
trasparenza per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati.
19) Cfr. C. App. Milano (nt. 16), 8.
20) Cfr. TAR Lazio (nt. 16), 8.
21) Cfr. C. App. Brescia, 12 maggio 2010, e C. App. Milano, 7 ottobre 2009.
22) Cfr. C. App. Brescia (nt. 20), 9.
23) Cfr. C. App. Milano (nt. 16), 8.
24) Con provvedimento del 19 settembre 2008, in vigore dal giorno successivo fino al 31
marzo 2009.
25) Con provvedimento del 18 maggio 2010, entrato in vigore il giorno successivo.
26) Con provvedimento del 21 luglio 2010, entrato in vigore il 27 luglio 2010.
27) Con provvedimento del 4 marzo 2010, entrato in vigore il 25 marzo 2010, la cui efficacia
è stata successivamente estesa (con provvedimento del 31 gennaio 2011) fino al 25 marzo
2012.
28) Si vedano, sul punto, le FAQ in materia di vendite allo scoperto pubblicate sul sito della
BAFIN,
all'indirizzo
http://www.bafin.de/cln_152/nn_720788/SharedDocs/Artikel/EN/Service/Meldungen/fa
q__100304__vf__leerv__transparenz__en.html#doc1877452bodyText3.
29) Con provvedimento del 19 settembre 2008, entrato in vigore il 22 settembre 2008.
30) Con provvedimento del 28 ottobre 2010, che ha emendato, a partire dal 1° febbraio
2011, l'art. 223-37 del Libro II (Emetteurs et Information Financière) del "Règlement Général"
francese. Tale regime di disclosure ha sostituito quello introdotto nel settembre 2008.
31) Le autorità di vigilanza spagnola e belga hanno invece deciso di prorogare tale divieto
fino a quando le condizioni di mercato non permetteranno di rimuoverlo, mentre l’autorità
di vigilanza greca, che aveva introdotto il divieto in data 8 agosto 2011, ha prorogato tale
misura fino al 9 dicembre 2011.
32) Vedi, inter alia, la decisione del 27 novembre 2008 relativa alla società Boussard et
Gavaudan Gestion, pubblicata sul sito dell'AMF all'indirizzo http://www.amffrance.org/documents/general/8726_1.pdf.
33) Con provvedimento n. 58166 del 15 luglio 2008, entrato in vigore il 21 luglio 2008.
34) Con provvedimento n. 34 – 58592 del 18 settembre 2008, entrato in vigore in pari data
e rimasto in vigore fino al 3 ottobre 2008.
35) Con provvedimento n. 58611 del 21 settembre 2008.
36) Operatori che si impegnano a fare mercato, attraverso il sistema di contrattazione
continua, immettendo i prezzi a cui sono disposti a comprare o a vendere determinati titoli,
valute o merci, e favorendo in tal modo la liquidità del mercato.
37) L’ESMA (European Securities and Market Authority) è la nuova autorità di vigilanza
finanziaria dell'Unione Europea, istituita con Regolamento n. 1095/2010/UE del 24
novembre 2010 ed operativa dal 1° gennaio 2011.
38) Vedi il documento di consultazione intitolato "Proposal for a pan–european short selling
disclosure regime" (CESR/09 – 581), il report intitolato "Model for a pan-european short
selling disclosure regime" (CESR/10 – 088), e il report intitolato "Technical details of the paneuropean short selling disclosure regime" (CESR/10 – 453).
39) Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council on short selling
and certain aspects of credit default swaps – COM (2010) 482, attualmente in fase di
negoziazione, la cui conclusione è prevista per il 2012. Sul relativo stato di avanzamento si
segnala il testo di compromesso raggiunto dall’Ecofin il 17 maggio 2011, contrassegnato dal
n. 10334/11 e consultabile sul sito http://register.consilium.europa.eu.
40) La Proposta di Regolamento è evidentemente ispiratrice della Delibera Consob n.17862
del 10 luglio 2011, sopra commentata.
41) Con riferimento al regime di disclosure proposto, l’Assosim ritiene preferibile (cfr.
Circolare n. 09/11) che la comunicazione delle posizioni corte venga effettuata nei confronti
della sola autorità di vigilanza, al fine di evitare reazioni ingiustificate da parte del mercato,
o che almeno la comunicazione nei confronti del pubblico avvenga in modo anonimo ed in
forma aggregata.
42) Si segnala che, nonostante il divieto, qualora la liquidità dei titoli del debito sovrano
scenda al di sotto di una certa soglia calcolata in base ad un metodo approvato dalla
Commissione Europea, le restrizioni sulle vendite naked potranno essere temporaneamente
sospese dall’autorità nazionale competente. La soglia di liquidità dovrà però essere tale da
rappresentare un calo significativo rispetto ai livelli medi di liquidità del debito sovrano ed
essere individuata in base a criteri oggettivi specifici del mercato del debito sovrano
pertinente, fra cui l'importo totale del debito sovrano già emesso, in essere per ogni
emittente sovrano.
43) Tali restrizioni, tuttavia, non sono applicabili alle vendite allo scoperto di un titolo del
debito sovrano se la relativa operazione è finalizzata a coprire una posizione lunga negli
strumenti di debito di un emittente, il cui prezzo sia strettamente correlato con il prezzo dei
titoli del debito sovrano.
44) Vedi il "Final Report on regulation of short selling" del giugno 2009, consultabile
all'indirizzo http://www.iosco.org/library/pubdocs/pdf/IOSCOPD292.pdf.