Le vendite “allo scoperto”: esperienze a confronto
Transcript
Le vendite “allo scoperto”: esperienze a confronto
www.diritto24.ilsole24ore.com Le vendite “allo scoperto”: esperienze a confronto a cura di Giovanni Carotenuto, Of Counsel Orrick, Herrington & Sutcliffe A seguito della crisi dei mercati finanziari globali dell'autunno del 2008, che ha registrato anche l'insolvenza di un noto gruppo bancario americano, le autorità di vigilanza di diversi Paesi del mondo (tra cui l’Italia) hanno adottato provvedimenti finalizzati a limitare o vietare del tutto le operazioni di vendita allo scoperto, ritenendo queste ultime potenzialmente responsabili del crollo del prezzo di molti titoli. Sebbene i citati provvedimenti siano stati emanati in un arco temporaneo relativamente breve, il loro contenuto non è stato il prodotto di un’azione comune delle competenti autorità nazionali, e ciò ha determinato il verificarsi di inevitabili conseguenze dannose per i mercati finanziari globali. Inoltre, il divieto di vendite allo scoperto, laddove adottato, è stato oggetto di forti critiche da parte di chi ne sottolineava gli effetti positivi sull’andamento dei mercati, sia in termini di liquidità che di freno all'eccessiva volatilità delle quotazioni. L’emanazione, da parte di alcuni Stati Membri dell’Unione Europea – in assenza di preventiva concertazione a livello comunitario – di provvedimenti restrittivi delle vendite allo scoperto ha contribuito a destabilizzare oltremodo i mercati. L’incertezza normativa che ne è derivata ha causato notevoli difficoltà operative, in particolare agli intermediari del mercato mobiliare, che hanno a gran voce auspicato un’armonizzazione delle disposizioni regolamentari rilevanti, da conseguirsi sia a livello comunitario sia, ove possibile, a livello internazionale. 1. La vendita allo scoperto (o short selling) è un'operazione finanziaria consistente nella vendita sul mercato di strumenti finanziari dei quali il venditore non ha la disponibilità e/o proprietà al momento della trasmissione dell'ordine e fino al regolamento dell'operazione medesima(1). Le vendite allo scoperto possono essere "coperte" (covered) o "nude" (naked). Nel primo caso, il venditore prende in prestito un certo numero di titoli, corrispondenti a quelli che intende vendere allo scoperto, in modo da garantire la consegna degli stessi all'acquirente nei termini previsti dal contratto. Successivamente, il venditore acquista un pari quantitativo di titoli, da restituire al prestatore. Nel caso di vendite allo scoperto "nude", invece, il venditore non solo non ha in disponibilità i titoli oggetto di vendita al momento dell’ordine, ma non li ha neppure presi in prestito. Per questo motivo, al fine di regolare l'operazione nei termini contrattualmente previsti, il venditore è costretto ad acquistare sul mercato i titoli oggetto dell’operazione, per poterli consegnare in tempo all'acquirente. Le vendite allo scoperto possono avere diverse finalità. Tra queste, una meramente speculativa, realizzata allo scopo di conseguire un profitto vendendo (“allo scoperto”, appunto) strumenti finanziari ritenuti sopravvalutati e lucrando così sul differenziale tra il prezzo di acquisto e di vendita dei titoli stessi, determinatosi a seguito della successiva riduzione del loro valore di mercato, ed una di arbitraggio, consistente nella vendita e nell’acquisto simultanei di titoli tra loro collegati, allo scopo di sfruttare eventuali disallineamenti dei prezzi dei titoli in questione. Inoltre, attraverso lo short selling si può realizzare una copertura (cd. hedging) dal rischio di fluttuazioni ovvero una manipolazione di mercato, qualora l'obiettivo sia ridurre il prezzo di alcuni titoli, incentivando gli altri operatori a vendere e favorendo in tal modo tendenze ribassiste di tali titoli. In ogni caso, quando sono di notevole entità, le vendite allo scoperto possono comportare effetti molto negativi sulla stabilità dei mercati finanziari, causando una rapida riduzione del corso dei titoli ed incrementando la volatilità dei loro prezzi. Effetto indiretto delle vendite allo scoperto è poi il rischio che l’acquirente non riceva dal venditore i titoli in questione entro la prevista data di regolamento dell’operazione de quo, dando così luogo a quello che in gergo tecnico viene definito “fail”. Sarebbe però riduttivo affermare che lo short selling comporti solo rischi ed effetti negativi per i mercati finanziari: non manca, infatti, chi sostiene che, al contrario, le vendite allo scoperto contribuiscono ad aumentare il livello di liquidità del mercato: attraverso tali operazioni aumenterebbe, infatti, il numero di potenziali venditori e futuri acquirenti e, conseguentemente, si ridurrebbe il prezzo dei titoli oggetto delle vendite, a vantaggio degli investitori. Inoltre, eventuali notizie "negative" sui titoli oggetto di negoziazione verrebbero diffuse sul mercato al momento della vendita, incrementando così l'informativa sui prezzi dei titoli (cd. price discovery), sempre a beneficio degli investitori. 2. Nel contesto della predetta crisi, la Consob ha adottato, a partire dall'autunno 2008, una serie di provvedimenti volti a limitare e, in specifici casi, a vietare le vendite allo scoperto di azioni negoziate sui mercati regolamentati italiani. In particolare, essa ha dapprima vietato(2) le vendite allo scoperto di azioni di banche ed imprese di assicurazioni quotate nei mercati regolamentati italiani e ivi negoziate, qualora non assistite dalla disponibilità delle stesse da parte del venditore al momento dell'ordine e fino alla data di regolamento dell’operazione. Successivamente, l'autorità di vigilanza ha ristretto l'ambito di applicazione del divieto(3), stabilendo che la vendita di azioni delle suddette società dovesse essere assistita non solo dalla disponibilità, ma anche dalla proprietà dei titoli, chiarendo, quindi, che non era da considerarsi utile, ai fini del rispetto della norma, la disponibilità di titoli rivenienti da operazioni di prestito degli stessi, in qualunque forma tecnica realizzate. In seguito, tale divieto è stato dapprima esteso a tutte le azioni quotate nei mercati regolamentati italiani ed ivi negoziate(4) e poi confermato, tenuto anche conto dell’orientamento di altri Stati Membri dell’Unione Europea, per le sole azioni di banche ed imprese di assicurazione, nonché per quelle delle società oggetto di aumento di capitale, fissando per tutti gli altri emittenti quotati il solo divieto di vendite non assistite dalla disponibilità dei titoli oggetto di vendita(5). A distanza di pochi mesi, il divieto di short selling è stato ulteriormente modificato(6): in relazione a tutti i tipi di strumenti finanziari si è infatti circoscritto il divieto alle vendite non assistite dalla disponibilità degli stessi al momento dell'ordine, mentre per le azioni di società quotate in mercati regolamentati italiani ed ivi negoziate, oggetto di aumento di capitale, è stato mantenuto il regime precedente(7) (i.e. le stesse potevano essere vendute solo se nella disponibilità e proprietà del venditore al momento dell’ordine e fino alla data di regolamento dell’operazione(8)). La ratio sottostante il divieto di vendita di azioni quotate oggetto di aumento di capitale è da individuarsi nella particolare situazione di mercato che si verifica proprio in concomitanza di un aumento di capitale a pagamento. In tal caso, infatti, le azioni offerte in prelazione ai soci vengono immesse fin da subito sul mercato, comportando un aumento del flottante, sebbene esse non possano essere oggetto di negoziazione fino al previsto giorno di consegna. Al riguardo, particolare rilevanza assumono gli aumenti di capitale con rilevante effetto diluitivo, in relazione ai quali – secondo la Consob(9) – il rischio di manipolazione del mercato da parte dei soggetti ordinanti è particolarmente elevato. Infatti, qualora gli azionisti decidano di vendere le proprie azioni rivenienti dall’aumento di capitale, i relativi ordini avrebbero ad oggetto un elevato numero di azioni, con conseguente rapido decremento del prezzo delle azioni stesse. Nonostante l'attenzione dimostrata dalla Consob al tema in oggetto, numerosi sono gli intermediari che hanno lamentato serie difficoltà di interpretazione delle delibere adottate in materia dall’autorità, soprattutto a causa dell’assenza delle necessarie indicazioni operative. In particolare, gli intermediari negoziatori che eseguono ordini dei clienti senza detenerne in custodia gli strumenti finanziari (cd. meri broker) hanno segnalato l'impossibilità di accertare se il committente abbia effettivamente in disponibilità e/o sia proprietario dei titoli in questione e dunque se l'operazione in questione possa o meno configurarsi come una vendita allo scoperto. Al riguardo, l'Assosim (Associazione Italiana degli Intermediari Mobiliari) ha suggerito(10) agli intermediari meri broker di richiedere agli ordinanti, all'apertura del rapporto, una dichiarazione di impegno ad operare in conformità a quanto previsto dalla regolamentazione vigente in materia. In sede di irrogazione di sanzioni per violazione del divieto de quo(11), la Consob si è poi spinta a sostenere che l'intermediario negoziatore è tenuto a verificare autonomamente presso il depositario del committente, al momento del ricevimento dell’ordine di vendita, la disponibilità e proprietà dei titoli oggetto dell’ordine stesso, ottenendone una specifica attestazione. Tale ulteriore onere – lamentano gli operatori – andrebbe però a discapito delle esigenze di celerità e speditezza proprie delle transazioni di natura finanziaria. Peraltro, un'attestazione rilasciata dal depositario dell’ordinante non consentirebbe di escludere la presenza di una vendita allo scoperto, non essendo idonea a creare un vincolo di destinazione sui titoli in deposito. Alla luce di ciò, l'intermediario mero negoziatore non avrebbe dunque a disposizione alcun mezzo idoneo a verificare la copertura di un ordine e, più in generale, a garantire l'osservanza del divieto di vendite allo scoperto. Come recentemente sottolineato dall'Assosim(12), più coerente sarebbe l'adozione di un divieto che operi direttamente in capo al committente. Secondo l'associazione di categoria, infatti, considerare responsabile l'intermediario mero broker per non aver adottato misure e cautele non espressamente richieste dall'autorità, non costituenti standard operativi e non concretamente attuabili, proporzionate ed efficaci, equivarrebbe a trasformare il dovere di diligenza dell'intermediario in una responsabilità, di fatto, oggettiva. Anche in considerazione di tali rilievi, un intervento della Consob finalizzato a chiarire quali adempimenti devono essere osservati in concreto dagli intermediari negoziatori per garantire il rispetto del divieto di vendite allo scoperto è senz'altro auspicabile. Mentre il dibattito sul tema è ancora aperto, si segnala l’introduzione da parte dell’autorità di vigilanza(13), a fronte delle recenti turbolenze dei mercati finanziari internazionali, di un nuovo regime di comunicazione delle posizioni nette corte. Allo scopo di allineare le proprie regole a quelle attualmente vigenti in Francia, Germania e Regno Unito, la Consob ha stabilito che le società quotate in Italia debbano riportare ad essa ogni posizione corta assunta sui propri titoli che superi determinate soglie. Il primo obbligo di comunicazione si applica ogniqualvolta le posizioni corte nette siano uguali allo o maggiori dello 0,2% del capitale azionario dell’offerente. Il secondo obbligo, invece, scatta al verificarsi di una variazione uguale o maggiore dello 0,1% del suddetto capitale. L’industria ha salutato con favore l’entrata in vigore del nuovo regime di comunicazione, giudicandolo preferibile ad un sistema basato su un divieto toutcourt di vendite allo scoperto. Tenuto tuttavia conto dei presupposti in base ai quali la Consob ha adottato tali misure (in sostanza, la necessità e l’urgenza di affrontare l’eccezionale volatilità dei prezzi e degli andamenti di alcuni titoli azionari sul mercato finanziario italiano), nonché dell’elevato ammontare di vendite reali (e non “allo scoperto”, come ammesso dalla stessa Consob) registrate il giorno successivo all’entrata in vigore della suddetta delibera, che hanno causato il crollo dei prezzi di tali azioni, pare che le nuove misure non abbiano raggiunto lo scopo, con ciò mostrando tutti i limiti di un intervento “unilaterale” di uno Stato Membro dell’Unione Europea, adottato in assenza di un previo coordinamento a livello comunitario. La Consob ha poi deliberato(14) il divieto di assumere posizioni nette corte (ovvero di incrementare quelle già esistenti) in relazione al capitale degli emittenti del settore finanziario, ritenendo il regime di comunicazione delle posizioni nette corte, adottato solo poco tempo prima, insufficiente(15) a fronteggiare le straordinarie condizioni di volatilità di alcuni comparti azionari del mercato italiano. In risposta a tali ultimi provvedimenti, Assosim ha invece evidenziato(16) l’inefficacia delle misure in essi contenute, invitando la Consob a circoscriverne gli effetti entro un brevissimo arco temporale e a non prorogare ulteriormente il divieto di assunzione delle posizioni nette corte, dimostratosi incapace di contenere i cali generali delle quotazioni. 3. A partire dall’autunno 2008 ad oggi, i giudici di merito hanno avuto modo, in qualche occasione, di pronunciarsi sui ricorsi presentati da intermediari finanziari avverso provvedimenti sanzionatori Consob comminati per presunte violazioni del divieto di vendite allo scoperto. In particolare, i ricorsi hanno avuto per lo più ad oggetto sanzioni irrogate dall’autorità di vigilanza nei confronti di intermediari che avevano eseguito ordini di terzi committenti, i quali ultimi avevano dato luogo a presunte vendite allo scoperto. Nell’ambito di tali procedimenti, la Consob ha sostenuto non tanto l’effettivo verificarsi o meno di una vendita allo scoperto, quanto la presunta mancata adozione da parte dell’intermediario in questione di misure e cautele atte a verificare l’effettiva sussistenza della disponibilità e/o proprietà dei titoli oggetto di vendita, dal momento dell’inoltro dell’ordine e fino alla consegna dei titoli de quibus(17), da adottarsi in osservanza dell’art. 21, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 58/98 (il “Testo Unico della Finanza”, o “t.u.f.”)(18). Come confermato dalla giurisprudenza recente, la mera sensibilizzazione e/o responsabilizzazione della clientela sul divieto di vendite allo scoperto prima di dare esecuzione ad un ordine di vendita non valgono a far ritenere assolto l'obbligo di adottare tutte le “misure e cautele” necessarie per evitare il verificarsi di una vendita allo scoperto. Tale obbligo può ritenersi adempiuto solo a fronte dell'acquisizione, in relazione a ciascuna delle operazioni di vendita da eseguirsi da parte dell’intermediario, di una dichiarazione di impegno, rilasciata dal committente, avente ad oggetto la sussistenza della disponibilità e/o proprietà dei titoli oggetto di negoziazione(19), o, in alternativa, il ricevimento di un’idonea attestazione da parte del depositario di tali titoli. Nel determinare la soglia di diligenza in concreto esigibile dagli intermediari è stata dunque data rilevanza alle circostanze del caso concreto, ritenendo che, in presenza di grossi ordini di vendita, con conseguente ragionevole sospetto della carenza di copertura degli stessi, un soggetto professionalmente avveduto (quale un intermediario dei mercati mobiliari) sarebbe tenuto a verificare la situazione in modo più stringente prima di eseguire gli ordini in questione, non ritenendosi sufficiente, ad esempio, l’invio al cliente di comunicazioni sulla normativa applicabile ovvero la mera richiesta di conferma dell’osservanza del divieto di vendita allo scoperto e della disponibilità/proprietà dei titoli oggetto degli ordini(20). Con riferimento all’elemento soggettivo necessario e sufficiente per l’applicazione della sanzione, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile il principio dettato dall'art. 3 della legge n. 689/1981, secondo il quale per le violazioni colpite da sanzione amministrativa è richiesta la coscienza e volontà della condotta, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, poiché la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di chi lo ha commesso, riservando a questi (i.e. l’intermediario) l'onere di avere agito senza colpa(21). Del tutto irrilevante è stata ritenuta, ai fini della valutazione in tema di elemento soggettivo dell’illecito, la circostanza che l’intermediario abbia agito su istruzione dei propri clienti. Al riguardo è stato evidenziato che la presenza degli intermediari sul mercato finanziario si giustificherebbe proprio in virtù della loro esperienza professionale e delle competenze tecniche e normative, attraverso le quali essi hanno il compito di incanalare gli ordini dei propri clienti nelle forme e nel rispetto delle regole che governano il mercato, al fine di evitare condotte non conformi ai modelli comportamentali delineati dalle norme medesime(22). Nel valutare il rispetto del principio di tassatività da parte della normativa applicabile in materia, la stessa giurisprudenza ha sostenuto che la genericità della previsione normativa (sostenuta dagli intermediari colpiti dai provvedimenti sanzionatori Consob, per i quali le delibere dell’autorità non avrebbero fornito specifiche indicazioni operative al fine di rispettare il divieto de quo) ben può essere compensata dalla motivazione del provvedimento di irrogazione della sanzione e da quella ulteriore, eventuale e differita, del giudice dell'opposizione, venendo in tal modo ampiamente assicurato all'incolpato, in sede amministrativa prima, e nella fase contenziosa poi, il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione(23). 4. All'indomani della crisi finanziaria del 2008, le competenti autorità di vigilanza di diversi Paesi del mondo hanno adottato misure restrittive in materia di vendite allo scoperto, in assenza però di una qualsiasi forma di preventiva concertazione. Nello specifico, con riferimento ai diversi Stati Membri dell'Unione Europea, nel Regno Unito la FSA (Financial Services Authority; l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari) ha stabilito, il 18 settembre 2008, il divieto (rimasto in vigore fino al 16 gennaio 2009) di vendite allo scoperto aventi ad oggetto azioni di società appartenenti al settore finanziario, in relazione alle posizioni corte sia naked sia covered, nonché l'obbligo (tuttora vigente) di pubblicare, con frequenza giornaliera, tutte le posizioni nette corte superiori allo 0,25% del capitale di alcune società individuate dalla stessa FSA. Tale obbligo è stato poi confermato illimitatamente, sebbene la FSA abbia precisato la natura temporanea della misura adottata, che potrà essere revocata o sostituita da un regime di disclosure eventualmente condiviso su base internazionale. In Germania, invece, la BAFIN (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht; l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari) ha dapprima introdotto(24) il divieto di vendite naked effettuate su alcuni titoli azionari di imprese finanziarie, reintroducendolo successivamente(25) in relazione ad alcuni titoli azionari appartenenti ai settori bancario e assicurativo, nonché ai titoli di debito di Stati dell'area euro. La BAFIN ha infine esteso il divieto(26) alle vendite allo scoperto di azioni quotate, con alcune eccezioni. Inoltre, sotto il profilo della trasparenza, la BAFIN ha recentemente(27) previsto che i titolari di posizioni nette corte che raggiungano o superino lo 0,2% del capitale di una delle società finanziarie operanti in Germania, individuate dalla stessa BAFIN, debbano comunicare tali posizioni alla medesima autorità e, nel caso di raggiungimento o superamento dello 0,5%, anche al pubblico. E' importante sottolineare che, in Germania, i suddetti obblighi di comunicazione sono indirizzati al soggetto ordinante, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia domiciliato in Germania o all'estero, mentre all'intermediario che esegue l'ordine viene richiesto di agire al meglio nel prevenire un eventuale uso illegittimo di tale pratica(28). In Francia, l'AMF (Autorité des Marchés Financiers; l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari) ha inizialmente introdotto(29), da un lato, l'obbligo di comunicare, alla stessa AMF ed al mercato, le posizioni nette corte superiori allo 0,25% del capitale di alcune società del settore bancario, finanziario e assicurativo, e, dall'altro, il divieto assoluto di vendite allo scoperto naked. Ha inoltre richiesto agli intermediari di limitare l'attività di prestito titoli, ostacolando in tal modo anche lo svolgimento di operazioni di vendita allo scoperto covered, formalmente non vietate. Con riferimento agli intermediari che non svolgono il servizio di custodia ed amministrazione dei titoli (meri broker), l'AMF ha invece ritenuto sufficiente l'ottenimento, da parte di questi ultimi, di un'attestazione con la quale l'ordinante dichiari di avere la proprietà dei titoli oggetto dell'ordine. Successivamente, l'autorità di vigilanza francese ha stabilito(30), sulla base delle indicazioni fornite dal CESR, un regime di trasparenza sulle posizioni corte indirizzato a tutti gli emittenti quotati sul mercato Euronext Paris e Alternext Paris. Infine, in data 12 agosto 2011, l’AMF ha disposto il divieto di assumere posizioni nette corte ovvero di incrementare posizioni nette corte esistenti, anche intraday, nei confronti di chiunque (persone fisiche, persone giuridiche o altri soggetti giuridici, residenti in Francia o in altri Paesi). Tale misura, in sintonia con quelle adottate nello stesso giorno dalle autorità di vigilanza belga, italiana e spagnola, è stata prorogata fino all’11 novembre 2011(31). E' interessante notare che i provvedimenti sanzionatori adottati dall’AMF per violazione del divieto di short selling nell’ultimo biennio hanno come destinatari i soggetti ordinanti e non gli intermediari esecutori degli ordini di vendita(32). Al di là dei confini comunitari, si segnala l’introduzione da parte della SEC (Securities and Exchange Commission; l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari degli Stati Uniti) dapprima(33) di un divieto temporaneo riguardante le vendite allo scoperto naked di diciannove titoli di società operanti nel settore finanziario. A seguito poi dell'acuirsi della crisi, la SEC ha esteso(34) il divieto anche alle vendite allo scoperto covered di quasi ottocento titoli appartenenti al settore finanziario. Tale provvedimento è stato poi ulteriormente modificato(35), delegando alle Borse Valori interessate la gestione dell'elenco di titoli oggetto di divieto e prevedendo l'esenzione dal divieto per i market makers(36). Il 24 febbraio 2010, l’autorità di vigilanza statunitense ha dunque emanato nuove disposizioni finalizzate a limitare le vendite allo scoperto di titoli le cui quotazioni subiscono una riduzione superiore al 10%. È notizia recente la richiesta inoltrata alla SEC di riferire al Congresso, ai sensi dell’art. 417 del Dodd-Frank Act, i risultati di uno studio in termini di fattibilità, benefici e costi di due regimi di comunicazione di vendita allo scoperto che implicherebbero (i) la comunicazione in tempo reale delle posizioni corte al pubblico o, in alternativa, alla sola autorità di vigilanza, e (ii) la volontaria adesione da parte delle società quotate ad un programma unitario di catalogazione sia delle vendite (classificabili come short, long o market maker short) sia degli acquisti delle proprie azioni (classificabili come buy o buy to cover). In controtendenza rispetto alle iniziative sopra citate, è appena il caso di rilevare che l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari della Repubblica Popolare Cinese, CSRC (China Securities Regulatory Commission), ha annunciato, il 5 ottobre 2008, l'avvio di un programma di autorizzazione di alcune operazioni fino a quel momento vietate, tra le quali le vendite allo scoperto. Il 22 gennaio 2010 il CSRC ha poi emanato alcune disposizioni volte, tra l'altro, a consentire ad alcuni operatori finanziari (individuati in base a determinate caratteristiche) di effettuare vendite allo scoperto. 6. In ragione delle asimmetrie regolamentari esistenti in materia tra i diversi Stati Membri dell'Unione Europea, l'esigenza di un'effettiva armonizzazione è unanimemente sentita a livello comunitario. Al riguardo, il CESR (il Committee of European Securities Regulators, il comitato delle autorità europee di regolamentazione del settore finanziario, sostituito recentemente dall'ESMA(37) ) ha proposto l'introduzione di un regime di trasparenza da applicarsi in tutta l'Unione Europea(38), allo scopo di evitare trattamenti differenziati nei diversi Stati Membri in relazione ad operazioni transfrontaliere. Tale regime prevede un obbligo di comunicazione delle vendite allo scoperto all'autorità di vigilanza dello Stato membro d'origine, che consenta a quest'ultima di compiere accertamenti in relazione a sospetti ricorsi abusivi alla tecnica dello short selling. In tale prospettiva, la Commissione Europea ha adottato, il 15 settembre 2010, una proposta di regolamento sulle vendite allo scoperto e sui credit default swap (la “Proposta di Regolamento”)(39), allo scopo di rafforzare la trasparenza in materia (adottando il sistema proposto dal CESR) ed assicurare un monitoraggio funzionale ed efficiente dei mercati finanziari. La Proposta di Regolamento prevede anzitutto i seguenti due livelli di disclosure: (i) qualora la vendita allo scoperto raggiunga una prima soglia (pari allo 0,2% - e ogni 0,1% successivo - delle azioni immesse sul mercato da parte della società emittente), lo short seller sarebbe tenuto ad informare le sole autorità di vigilanza(40). Qualora invece la vendita superi la soglia dello 0,5% - e ogni 0,1% successivo -, è previsto l'obbligo di comunicazione nei confronti del pubblico(41). La Proposta di Regolamento contiene altresì un divieto di vendite allo scoperto con riferimento alle sole operazioni naked(42), mentre ammette quelle covered (i) purché rappresentate da vendite di strumenti finanziari preventivamente prese a prestito, o (ii) sulle quali il committente abbia concluso un accordo per prendere i titoli a prestito, o ancora (iii) nell’ipotesi in cui sia abbia ragione di ritenere che verranno regolate entro il termine previsto(43). Con l'obiettivo di favorire il coordinamento tra le autorità nazionali, la Proposta di Regolamento individua una serie di poteri in capo all'ESMA 1, tra cui quello di garantire che le operazioni transfrontaliere ricevano lo stesso trattamento da parte di tutti gli Stati Membri interessati, emanando standard tecnici vincolanti e coordinando l'attività svolta in materia dalle singole autorità nazionali. L'ESMA è chiamata altresì a svolgere una funzione di controllo sulla necessità e proporzionalità delle misure adottate dalle autorità nazionali in situazioni eccezionali del mercato. Infine - ed è questa la principale novità – la Proposta di Regolamento attribuisce all'ESMA il potere di intervenire direttamente, vietando, limitando o condizionando temporaneamente le vendite allo scoperto, qualora (i) vi sia una minaccia all’ordinato funzionamento e all'integrità dei mercati finanziari o alla stabilità di tutto o parte del sistema finanziario europeo, e (ii) le misure adottate a livello nazionale non appaiano sufficienti a contrastare tali situazioni di crisi. In tale ultima ipotesi, le misure adottate dall'ESMA prevarrebbero, in caso di conflitto, su quelle delle singole autorità nazionali. A livello internazionale, è appena il caso di richiamare quanto rilevato dallo IOSCO (International Organization of Securities Commissions; l'organizzazione internazionale delle autorità di vigilanza sui mercati finanziari nazionali)(44), secondo cui nella regolamentazione in materia di vendite allo scoperto, le competenti autorità nazionali dovrebbero: (i) svolgere controlli appropriati per ridurre il rischio di operazioni che possano compromettere il buon funzionamento dei mercati; (ii) rendere obbligatoria l'informativa sulle vendite allo scoperto; (iii) assicurarsi che i soggetti ordinanti si conformino al divieto di vendite allo scoperto; e (iv) consentire l'esecuzione di quelle operazioni che abbiano degli effetti positivi sul mercato. 7. Dal contesto normativo sopra illustrato emerge una forte attenzione delle autorità di vigilanza e, più in generale, della politica rispetto al tema delle vendite allo scoperto. L'obiettivo dichiarato delle misure finora adottate è quello di limitare brusche correzioni al ribasso delle quotazioni, consentire un più ordinato processo di formazione dei prezzi ed evitare il ricorso ad abusivi utilizzi della tecnica di short selling. Tali misure non sembrano tuttavia tener conto del fatto che vietare le vendite allo scoperto in maniera indiscriminata può produrre artificiali distorsioni dei prezzi, dannose per l'integrità dei mercati. C’è dunque una chiara esigenza di realizzazione, in tempi brevi, di una maggiore armonizzazione delle regolamentazioni in essere a livello europeo in materia di vendite allo scoperto, che tenga conto sia degli effetti positivi sia di quelli negativi di tale tecnica. In questa direzione sembra andare la Proposta di Regolamento sopra citata, in particolare ove attribuisce all'ESMA il potere non solo di coordinare l’azione delle competenti autorità nazionali, ma anche di intervenire direttamente, ove necessario. Ciò dovrebbe consentire di evitare almeno che la gestione delle crisi finanziarie future venga affidata agli "umori" (e dunque ai limiti) delle singole autorità nazionali. Note 1) Data in cui gli strumenti finanziari oggetto di un'operazione di vendita devono essere consegnati all'acquirente. 2) Con delibera n. 16622 del 22 settembre 2008, entrata in vigore il giorno successivo. 3) Vedi delibera n. 16645 del 1° ottobre 2008, entrata in vigore in pari data. 4) Vedi delibera n. 16652 del 10 ottobre 2008, entrata in vigore il giorno stesso (e prorogata fino al 31 dicembre 2008 dalla delibera n. 16670 del 29 ottobre 2008). 5) Vedi delibera n. 16765 del 30 dicembre 2008, entrata in vigore il 1° gennaio 2009 (e prorogata fino al 31 maggio 2009 in forza delle delibere nn. 16781 del 29 gennaio 2009 e 16813 del 26 febbraio 2009). 6) Con la delibera n. 16904 del 27 maggio 2009, entrata in vigore il 1° giugno 2009. 7) Vedi delibere nn. 16971 del 28 luglio 2009 e 17078 del 26 novembre 2009, entrate in vigore, rispettivamente, il 1° agosto 2009 e il 1° dicembre 2009, nonché delibera 14 ottobre 2009, n. 17034, entrata in vigore il 15 ottobre 2009. 8) Il divieto può tuttavia essere derogato su richiesta motivata, da presentarsi alla Consob da parte degli emittenti interessati. 9) Sul punto, la Consob ha pubblicato, il 19 aprile 2010, un Position Paper, che ha fatto seguito a quello del 27 maggio 2009, in tema di vendite allo scoperto. Entrambi i documenti sono consultabili sul sito Internet dell’autorità. 10) Vedi, inter alia, la Circolare n. 18 del 23 settembre 2008. 11) Si vedano, ad esempio, le delibere Consob nn. 17445 e 17446 del 5 agosto 2010. 12) Con lettera inviata alla Consob il 14 dicembre 2010 e circolata agli associati (cfr. Sole24 Ore del 16 febbraio 2011). 13) Vedi delibera n. 17862 del 10 luglio 2011 (in vigore a partire dall’11 luglio e prorogata, dapprima, fino al 14 ottobre 2011 con delibera n. 17911 del 25 agosto 2011 e, successivamente, fino al 25 novembre 2011 in forza della delibera n. 17951 del 28 settembre 2011). 14) Vedi delibera n. 17902 del 12 agosto 2011, entrata in vigore in pari data e prorogata dapprima al 30 settembre 2011 con delibera n. 17911 del 25 agosto 2011 e, successivamente, fino all’11 novembre 2011 in forza della delibera n. 17951 del 28 settembre 2011. 15) Vedi comunicato Consob del 12 agosto 2011 in materia di adozione di misure restrittive sulle vendite allo scoperto adottate in pari data, pubblicato sul sito Internet dell’autorità. 16) Con un Position Paper in materia di short selling pubblicato il 14 ottobre 2011, consultabile sul sito internet dell’Associazione. 17) Cfr. C. App. Milano, 1° aprile 2011, e TAR Lazio, 9 maggio 2011, n. 03934. 18) In base a tale norma, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori, gli intermediari finanziari devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati. 19) Cfr. C. App. Milano (nt. 16), 8. 20) Cfr. TAR Lazio (nt. 16), 8. 21) Cfr. C. App. Brescia, 12 maggio 2010, e C. App. Milano, 7 ottobre 2009. 22) Cfr. C. App. Brescia (nt. 20), 9. 23) Cfr. C. App. Milano (nt. 16), 8. 24) Con provvedimento del 19 settembre 2008, in vigore dal giorno successivo fino al 31 marzo 2009. 25) Con provvedimento del 18 maggio 2010, entrato in vigore il giorno successivo. 26) Con provvedimento del 21 luglio 2010, entrato in vigore il 27 luglio 2010. 27) Con provvedimento del 4 marzo 2010, entrato in vigore il 25 marzo 2010, la cui efficacia è stata successivamente estesa (con provvedimento del 31 gennaio 2011) fino al 25 marzo 2012. 28) Si vedano, sul punto, le FAQ in materia di vendite allo scoperto pubblicate sul sito della BAFIN, all'indirizzo http://www.bafin.de/cln_152/nn_720788/SharedDocs/Artikel/EN/Service/Meldungen/fa q__100304__vf__leerv__transparenz__en.html#doc1877452bodyText3. 29) Con provvedimento del 19 settembre 2008, entrato in vigore il 22 settembre 2008. 30) Con provvedimento del 28 ottobre 2010, che ha emendato, a partire dal 1° febbraio 2011, l'art. 223-37 del Libro II (Emetteurs et Information Financière) del "Règlement Général" francese. Tale regime di disclosure ha sostituito quello introdotto nel settembre 2008. 31) Le autorità di vigilanza spagnola e belga hanno invece deciso di prorogare tale divieto fino a quando le condizioni di mercato non permetteranno di rimuoverlo, mentre l’autorità di vigilanza greca, che aveva introdotto il divieto in data 8 agosto 2011, ha prorogato tale misura fino al 9 dicembre 2011. 32) Vedi, inter alia, la decisione del 27 novembre 2008 relativa alla società Boussard et Gavaudan Gestion, pubblicata sul sito dell'AMF all'indirizzo http://www.amffrance.org/documents/general/8726_1.pdf. 33) Con provvedimento n. 58166 del 15 luglio 2008, entrato in vigore il 21 luglio 2008. 34) Con provvedimento n. 34 – 58592 del 18 settembre 2008, entrato in vigore in pari data e rimasto in vigore fino al 3 ottobre 2008. 35) Con provvedimento n. 58611 del 21 settembre 2008. 36) Operatori che si impegnano a fare mercato, attraverso il sistema di contrattazione continua, immettendo i prezzi a cui sono disposti a comprare o a vendere determinati titoli, valute o merci, e favorendo in tal modo la liquidità del mercato. 37) L’ESMA (European Securities and Market Authority) è la nuova autorità di vigilanza finanziaria dell'Unione Europea, istituita con Regolamento n. 1095/2010/UE del 24 novembre 2010 ed operativa dal 1° gennaio 2011. 38) Vedi il documento di consultazione intitolato "Proposal for a pan–european short selling disclosure regime" (CESR/09 – 581), il report intitolato "Model for a pan-european short selling disclosure regime" (CESR/10 – 088), e il report intitolato "Technical details of the paneuropean short selling disclosure regime" (CESR/10 – 453). 39) Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council on short selling and certain aspects of credit default swaps – COM (2010) 482, attualmente in fase di negoziazione, la cui conclusione è prevista per il 2012. Sul relativo stato di avanzamento si segnala il testo di compromesso raggiunto dall’Ecofin il 17 maggio 2011, contrassegnato dal n. 10334/11 e consultabile sul sito http://register.consilium.europa.eu. 40) La Proposta di Regolamento è evidentemente ispiratrice della Delibera Consob n.17862 del 10 luglio 2011, sopra commentata. 41) Con riferimento al regime di disclosure proposto, l’Assosim ritiene preferibile (cfr. Circolare n. 09/11) che la comunicazione delle posizioni corte venga effettuata nei confronti della sola autorità di vigilanza, al fine di evitare reazioni ingiustificate da parte del mercato, o che almeno la comunicazione nei confronti del pubblico avvenga in modo anonimo ed in forma aggregata. 42) Si segnala che, nonostante il divieto, qualora la liquidità dei titoli del debito sovrano scenda al di sotto di una certa soglia calcolata in base ad un metodo approvato dalla Commissione Europea, le restrizioni sulle vendite naked potranno essere temporaneamente sospese dall’autorità nazionale competente. La soglia di liquidità dovrà però essere tale da rappresentare un calo significativo rispetto ai livelli medi di liquidità del debito sovrano ed essere individuata in base a criteri oggettivi specifici del mercato del debito sovrano pertinente, fra cui l'importo totale del debito sovrano già emesso, in essere per ogni emittente sovrano. 43) Tali restrizioni, tuttavia, non sono applicabili alle vendite allo scoperto di un titolo del debito sovrano se la relativa operazione è finalizzata a coprire una posizione lunga negli strumenti di debito di un emittente, il cui prezzo sia strettamente correlato con il prezzo dei titoli del debito sovrano. 44) Vedi il "Final Report on regulation of short selling" del giugno 2009, consultabile all'indirizzo http://www.iosco.org/library/pubdocs/pdf/IOSCOPD292.pdf.