lettera a nanni moretti il regista liberale
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lettera a nanni moretti il regista liberale
. LETTERA A NANNI MORETTI IL REGISTA LIBERALE Perché chi si occupa nei suoi articoli di scienze sociali (economia, politica, diritto) dovrebbe scrivere di cinema? In parte perché è agosto, in parte poiché si tratta di un' arte che rappresenta anche la vita sociale e la interpreta secondo la particolare visione, o ideologia, del regista. Ebbene il 19 agosto Nanni Moretti ha compiuto 60 anni. Il regista-attore-produttore è uno degli uomini di cinema più apprezzato in Italia e all' estero (prova ne siano i numerosi premi e riconoscimenti, comprese le palme d' oro del festival di Cannes) e il suo personaggio pubblico è inestricabilmente legato alla Sinistra italiana. Per meglio dire, quella Sinistra intellettuale, purista ed idealista, che ha il suo humus ideale negli ambienti delle arti, della letteratura e del cinema e che è stata immortalata e canzonata nell' indimenticabile film "La Terrazza" di Ettore Scola (anche lui, peraltro, regista «organico» del Pci). Ora, a dispetto dell' impegno personale di Moretti nei girotondi o per la campagna elettorale di Bersani oppure della sua conclamata idiosincrasia per Silvio Berlusconi, riflettendoci bene, se esaminiamo la produzione artistica del regista la conclusione è che egli sia un individualista, cultore delle virtù borghesi della responsabilità, del merito e della sobrietà, che guardi con diffidenza sia alle masse sia allo Stato e con benevolenza alle libere professioni e agli imprenditori ed infine che affermi il primato della coscienza individuale rispetto a quella collettiva. In poche parole, Moretti è l' archetipo dell' intellettuale liberale con tendenze anarchiche e gusti conservatori. Ohibò, questa è bella! Lo stesso Nanni che implorava D' Alema di «dire qualcosa di sinistra» sarebbe ora una specie di Benedetto Croce dei Parioli? Proprio così. Allora, quali sono i vezzi e i difetti della società italiana che Moretti mette in croce? La volgarità, sicuramente, ma questo lo potrebbe accomunare a Prezzolini. In più, sono le autocoscienze ridicole di Ecce Bombo, i collettivi teatrali che si ispiranoa Beckett di "Io sono un autarchico", l' esaltata invadenza dei sindaci di minuscole isole disposti a qualsiasi stramberia coi soldi pubblici di "Caro Diario", il ridicolo modernismo della scuola pubblica "Marylin Monroe" di "Bianca", la rarefatta atmosfera intellettualoide del cinema italiano di "Sogni d' Oro", la timorosa Rai di Stato, politicamente asservita, che non vuole produrre il film pericoloso di Silvio Orlando nel "Caimano". Senza offesa per nessuno, potrebbe trattarsi degli stessi obiettivi polemici di Piero Ostellino e nessuno se ne accorgerebbe. Nei suoi film i «ricchi» non sono mai personaggi negativi (il Cavaliere, lo vedremo, merita un discorso a parte), mentre i politici sì. In un lungometraggio da lui interpretato e prodotto, "Il portaborse", Moretti dipinge, ad esempio, l' arroganza di chi ci governa e lo squallore del relativo sottobosco in un modo perfetto. Che parti predilige interpretare Nanni? Se stesso (regista), o un libero professionista che per definizione sta sul mercato (è psicanalista sia nel toccante "La stanza del figlio", dove la moglie è un editore, sia in "Habemus papam") oppure un manager integerrimo in "Caos Calmo" nel quale é l' attore protagonista. Quali sono i ruoli, passatemi il termine, «sfigati»? Naturalmente il professore di scuola demotivato e ossessionato di "Bianca" e il funzionario del Pci di "Palombella Rossa", dove la presa in giro della «diversità» della Sinistra è assai spassosa («Noi siamo uguali agli altri, noi siamo come tutti gli altri, noi siamo diversi, noi siamo diversi, noi siamo uguali agli altri, ma siamo diversi, ma siamo uguali agli altri, ma siamo diversi. Mamma! Mamma, vienimi a prendere!»). Discorso a parte merita "La messa è finita" ove il sacerdote trova il coraggio interiore di abbandonare la mediocrità e la tristezza in cui era ripiombato tornando a Roma e decide di compiere la propria missione tra i veri emarginati (mica gli aiuti alla cooperazione: la carità individuale è la via alla salvezza). D' altra parte, nella filmografia morettiana la classe operaia non va in Paradiso né all' Inferno. Semplicemente non esiste, né esistono i contadini o le masse. Solo borghesi, piccoli, medi, medio-alti, intellettuali o cafoni, ma solo borghesi, come un decadentista di inizio Novecento, uno Svevo o un Musil qualsiasi. D' altronde, quando in "Caro Diario", fermatosi al semaforo e sceso dalla Vespa, Moretti dice ad un allibito automobilista che lui, anche in una società più decente di questa, sarà sempre minoranza, può far venire in mente più un Einaudi o un Ugo La Malfa che un Berlinguer. La libertà di coscienza e la preminenza della scelta individuale, poi, emerge prepotente in "Habemus Papam", ove l' istituzione Chiesa Cattolica è trattata con rispetto quasi affettuoso ma che alla fine vede il nuovo Pontefice ascoltare prima di tutto sé stesso e rifiutare il ruolo di successore di Pietro. Quando in "Caro Diario" Moretti racconta della sua malattia, certamente giudica con amarezza l' incertezza della scienza medica che lo ha fatto rimbalzare come una trottola prima di azzeccare diagnosi e terapia, ma non è che si sia affidato allo specialista di turno affibbiatogli dal Ssn, bensì ha approfittato della libertà di scelta che la sua posizione economica (o la sua assicurazione) gli consentiva per sottoporsi a molteplici consulti privati. E i gusti morettiani? Le case sono belle, bene arredate. La Sacher Torte, il Mont Blanc, la Nutella non sono cibi né rivoluzionari né popolari tipo le tagliatelle o il culatello alla Peppone, sono... borghesi. Il fatto che «le parole sono importanti», così tanto da far mollare un ceffone alla malcapitata giornalista che intervista Moretti in "Palombella Rossa", denota una predilezione per una cultura tradizionale e rigorosa che il sistema educativo italiano non è più in grado di dare, come la maturità rappresentata in "Ecce Bombo" e la bizzarra scuola di "Bianca" sono lì a testimoniare. Il valore più importante è quello della famiglia. Il rispetto per i genitori (che nella vita reale Moretti ha molto amato e fatto spesso recitare nei suoi film), la cura e l' amore per i figli (e lo straziante dolore per la perdita, curato solo dal rinsaldarsi del vincolo familiare, come rappresentato nella "Stanza del figlio", per me, ad oggi, il vero capolavoro di Moretti), la tristezza della disgregazione del vincolo coniugale (dei genitori di Nanniprete in "La messa é finita" o di Silvio Orlando in "Il Caimano"), sarebbero applauditi dai critici conservatori della National Review, non da quelli progressisti del New York Times. Manca il Caimano. Certo, Moretti lo considera una disgrazia per l' Italia, un avvelenatore di costumi e della politica. In questo simile ad un anarcoconservatore come Indro Montanelli, peraltro. E anche quando Nanni inveisce contro D' Alema, la frase finale e significativa è «D' Alema dì qualcosa», qualunque cosa, che importa se di sinistra, ma non ti fare attaccare sulla giustizia da Berlusconi! E sul Cavaliere possiamo fermarci: nunc est bibendum! Interrompiamo perciò queste disquisizioni e rinnoviamo gli auguri a Nanni Moretti, grande regista narcisista, individualista, liberale del nostro tempo. [email protected] Twitter @aledenicola © RIPRODUZIONE RISERVATA ALESSANDRO DE NICOLA 20 agosto 2013 29 sez. COMMENTI