Le passioni della coppia più bella Riccardo e Laura sposi sul set
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Le passioni della coppia più bella Riccardo e Laura sposi sul set
44 SPETTACOLI Sabato 4 Luglio 2015 Corriere della Sera L’annuncio Il padre di Amy Winehouse (foto) sta realizzando un film sulla vita della figlia. Mitch Winehouse è stato molto critico con Amy, il documentario realizzato da Asif Kapadia, con la collaborazione dell’ex fidanzato della cantante Reg Traviss. «Io e Reg stiamo lavorando a un film alternativo: diremo la verità su Amy, cosa che non ha fatto Kapadia» ha detto Mitch Winehouse, aggiungendo: «Abbiamo fatto tutto il possibile per lei: trattamenti, psicoanalisi, è andata in qualsiasi clinica. Non l’abbiamo lasciata per strada negli ultimi tre anni. Lo ritengo un insulto a tutta la famiglia, che ha lottato contro la sua dipendenza». Mitch Winehouse: un film-verità su mia figlia Amy Verona Checco Zalone ospite di De Gregori all’Arena Ci sarà anche il comico pugliese Checco Zalone a celebrare, con Francesco De Gregori, i 40 anni di «Rimmel» all’Arena di Verona. Tra gli ospiti del cantautore, che per la prima volta suona integralmente l’album (uscito nel 1975), ci sono Malika Ayane, Caparezza, Elisa, Fedez, Giuliano Sangiorgi. Non è la prima volta che Zalone canta con De Gregori: il comico era già spuntato a novembre in una libreria di Bari, dove il cantante presentava il suo «Vivavoce», per un duetto su «La donna cannone» subito diventato virale. La commedia «Io che amo solo te» di Ponti con Scamarcio e Chiatti Insieme Riccardo Scamarcio, 35 anni, con Laura Chiatti, 32, in una scena di «Io che amo solo te». I due attori, che hanno cominciato la carriera insieme, si sposano sul set di Marco Ponti. Nella vita, Laura Chiatti nel luglio scorso ha sposato l’attore Marco Bocci, Scamarcio è legato da oltre dieci anni a Valeria Golino L a coppia più bella del cinema si sposa sul set. Accade nel profondo Sud tra Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti. Nei film sono stati fidanzati, si sono baciati nelle storie per adolescenti di Federico Moccia, hanno cominciato la carriera insieme. Ma all’altare in un ciak vanno per la prima volta. «E non è nemmeno una passione travolgente», dice Marco Ponti il regista di Io che amo solo te. Nel film girato nella Puglia di Polignano a Mare si raccontano le folli 48 ore (vigilia e giorno fatidico) delle nozze dei protagonisti. Si sposano non avendo il sacro fuoco dell’amore, al contrario del padre di lui (Michele Placido) e della madre di lei (Maria Pia Calzone), che furono amanti da ragazzi e avevano tutto il tempo di dimenticarsi. Ma non si può combattere contro i ricordi. Il loro matrimonio non fu possibile perché il fratello di lei era legato al contrabbando, e in paese ancora si mormora. In tutti questi anni si guardavano di sottecchi la domenica in chiesa. Poi si rincontrano alle nozze dei figli, che si sono sposati al posto loro. «Siamo contenti di ritrovarci in una commedia, che lascia più liberi», dicono Scamarcio e Chiatti. Riccardo qui ha «una tenera incertezza quando parla», ha ammorbidito la balbuzie del personaggio, così come l’ha inventato Luca Bianchini nell’omonimo romanzo. Lui gioca in casa con l’accento pugliese. A Laura è toccata invece una lieve inflessione: «Tra l’altro, Riccardo ed io siamo patiti di Lino Banfi, facciamo sempre la sua imitazione. Devo stare attenta a non esagerare, sarei caricaturale». Laura interpreta una ragazza «easy, intelligente», mentre Riccardo è un bonaccione-cialtrone del Sud, figlio di un ricco commerciante di patate. «Una specie di vitel- Le passioni della coppia più bella Riccardo e Laura sposi sul set «Nozze contrastate e pettegolezzi, smascheriamo i peccati di provincia» Fenomeno Moccia Il bacio del 2007 La passione tra Scamarcio e Chiatti sul set era già esplosa in «Ho voglia di te» (2007) tratto dal libro di Federico Moccia: ispirò il fenomeno dei lucchetti degli innamorati sul Ponte Milvio a Roma lone, fino al momento di sposarsi. È insicuro, fa qualche casino. Non voglio scomodare nessuno, ma ricorda Mastroianni in Divorzio all’italiana. C’è un’aria di Germi, Risi, Pietrangeli, Scola». E ai produttori Fulvio e Federica Lucisano la cosa sta benissimo. Un ritratto di provincia tra pettegolezzi e qualche pregiudizio. Tutti hanno difetti e commettono errori, parenti (Luciana Littizzetto fa la zia) genitori, amici. E a un certo punto, nel forte vento che scandisce quelle frenetiche ore di preparativi a Polignano, in quei matrimoni pazzeschi del Sud tra intrattenitori, fotografi ossessivi e chiacchiere di paese, irrompe la tentazione. Ma su questa folla specializzata nel complicarsi la vita, lo sguardo «è dolce». Un’altra cosa che accomuna i due giovani attori è il cattivo rapporto con Internet. Lei: «purtroppo sono più televisiva». Lui: «Nel 2003 dopo Tre metri sopra il cielo mi proposero una chat e mi resi conto di quanta cattiveria e livore ci sia in giro, le parole sono pietre». Poi naturalmente ci sono i distinguo. A parte i tatuaggi («Quando c’eravamo sentiti, nel 2012, ne avevo nove, sono arrivata a 13» dice l’attrice), il più netto è l’argomento nozze, che poi è l’argomento del film. Laura: «Finalmente non è un Finalmente non ho un ruolo da fatalona, forse dopo la maternità ho un’altra immagine Mi divido tra un ciak e una poppata ruolo da fatalona, sarà che dopo la maternità e il bimbo di quattro mesi mi vedono diversa. Mi divido tra un ciak e una poppata. Con mio marito, l’attore Marco Bocci, facciamo i turni con il lavoro. Io l’ho vissuta l’ansia delle nozze. Mi sono sposata a 31 anni, stavamo insieme da tre mesi. Approfitto dell’occasione per dire che al contrario di ciò che sostengono le malelingue non ci siamo sposati perché ero incinta. Non siamo negli Anni venti. Dopo una settimana sono rimasta in dolce attesa, una bellissima esperienza voluta. L’abbiamo chiamato Enea, il papà ha scelto per scommessa il nome, l’alternativa era Rocky. Ci è andata bene». Sul suo privato, Riccardo si chiude a riccio dopo che nei mesi scorsi è trapelata la notizia dell’annuncio delle nozze con Valeria Golino (dopo dieci anni di fidanzamento) sul sito del comune di Andria. Lui, si sa, detesta il gossip. Valerio Cappelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Da «Elena di Troia» a Marcinkus per la tv Addio a Jacques Sernas, eroe dei peplum e mito anni 50 1925-2015 Jacques Sernas dal 1947 girò 43 film: tra gli altri «Gioventù perduta» di Pietro Germi, i peplum anni 50, «La dolce vita». Compariva spesso nei fotoromanzi di «Grand Hotel» A quasi 90 anni, che avrebbe compiuto il 30 luglio, è morto la notte scorsa a Roma Jacques Sernas, attore che la stampa di allora aveva definito il più bello del mondo: occhi azzurri, capelli biondi, fare virile ma non palestrato, pose plastiche. Non poteva che sedurre Elena technicolor di Troia (Rossana Podestà), oltre a scoccare la freccia nel tallone technicolor di Achille, nei panni di Paride nel film di Robert Wise del ‘55. La sua fama in calzoncini e sandaloni si sviluppa in una serie di colossi d’epoca, da Orazi e Curiazi a Venere e Cheronea, da La regina dei Tartari a Romolo e Remo, da una coccola a Belin- da Lee a una sfida coi mister muscolo americani. Ma Jacques Sernas aveva una storia diversa e dolorosa: nato a Kaunas in Lituania nel 1925 da un padre impegnato politicamente di cui rimase orfano bambino, trasferitosi a Parigi, fece la Resistenza in Francia ma fu preso dai nazisti e subì due infernali anni nel campo di Buchenwald. Vivo per miracolo, si Nel lager Francese di origini lituane, da ragazzino fu rinchiuso nel lager di Buchenwald mise a studiare medicina ma, dato l’aspetto, preferì la scorciatoia del cinema e raggiunse il set di Le miroir con Gabin. La sua fu una carriera divisa, italofrancese come Delon o Belmondo. Con avvio prestigioso quando vinse nel ‘48, imboscato nel neorealismo, per Gioventù perduta di Pietro Germi (era uno studente che abbraccia cause sbagliate) il Nastro d’argento come attore straniero. Amava l’Italia e i suoi autori (lavorò anche con Lattuada, Gora, Genina, Coletti), recitò in leggende e storie garibaldine, intrighi vaticani e nel «Maresciallo Rocca», sposò una nostra giornalista e fu tra i primi a farsi la villa a Fregene. Forse fu lì che conobbe Fellini, che gli affidò quasi per caso la parte del divo nella Dolce vita: lo si vede nella scena finale dell’orgia quando Mastroianni gli dice che, se ben pagato, l’avrebbe paragonato a Marlon Apollineo Jacques Sernas in una pubblicità anni 50. Era molto richiesto per le sue pose statuarie Brando. Tra regine e barbari coniugò il fascino in versioni melodrammatiche, comprese le Notti di Lucrezia Borgia e la Lulù con la Cortese, mentre poi con l’età matura viene redento da soggetti religiosi tra cui uno su Papa Giovanni di Capitani nel 2002 dove è il cardinale Feltin e uno su Papa Luciani dove è Marcinkus. Pur con apparizioni firmate (Pelle della Cavani, L’avaro di Cervi), la sua storia è legata al successo del genere mitologico a cielo e torace aperto, servito dai nostri registi ma nell’ingratitudine francese. E a un capolavoro per caso, La dolce vita. Maurizio Porro © RIPRODUZIONE RISERVATA