il punto - Centro Studi Calamandrei
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IL PUNTO Le notizie di LiberaUscita Settembre 2009 - n° 63 SOMMARIO LE LETTERE DI AUGIAS 1340 - La sentenza del TAR sull’ora di religione 1341 - Io, infermiere al reparto di terapia intensiva 1342 - L’ora di religione e una pari dignità che non c’è 1343 - Chi difende l’ora di religione così com’e’ 1344 - Quell’anatema sulle famiglie allargate ARTICOLI, INTERVISTE, COMUNICATI STAMPA 1345 - L’eutanasia é compatibile con la religione - di Cristina Castro 1346 - Rita Levi Montalcini: una vita per la scienza - di Carlo Picozza 1347 - La partita con la chiesa - di Adriano Prosperi 1348 - Sul bio testamento si può inceppare il PD - di Alessandro Calvi 1349 - Assisi: il vero scontro è tra amore e morte 1350 - Biotestamento: i deputati rispettino la Repubblica – di F. Orlando 1351 - Se l’illuminismo diventa "bieco" - di Stefano Rodotà 1352 - Il vaticano vuole lo stato catechista - di Adriano Prosperi 1353 - Berlusconi: biotestamento? consoliderà i rapporti con la chiesa 1354 - Cosa deve fare una scuola laica - di Stefano Rodotà 1355 - Biotestamento: sadici per legge - di Beatrice Busi 1356 - Il testamento senza volontà - di Giovanni Sartori 1357 - Sul testamento biologico unire le coscienze libere - di F. Orlando 1358 - Anche la fede ha bisogno del dubbio - di Barbara Spinelli 1359 - Il TAR Lazio sconfessa la legge sul testamento biologico 1360 - La Camera approva la legge sulle cure palliative 1361 - Modificare l'otto per mille - comunicato di Donatella Poretti 1362 - Il diritto di morire - intervista a Stefano Rodotà 1363 - La pillola fa abortire La Malfa dal PDL - di Federico Orlando NOTIZIE DALL’ESTERO 1364 - La Germania ce l'ha fatta. e noi? – di Marlis Ingenmey 1365 – UK. verso la depenalizzazione dell’eutanasia DALLA ASSOCIAZIONE 1366 - Modena – Iniziative per istituire il registro dei biotestamenti 1367 - Roma – Il registro nel X Municipio 1368 - Napoli – Chiesta l’istituzione del registro dei biotestamenti 1369 - Firenze – la Commissione consiliare approva unanime il registro PER SORRIDERE… 1370 – Le vignette di Staino – Cosa si son detti in tre minuti? LiberaUscita Associazione nazionale laica e apartitica per il testamento biologico e l’eutanasia Sede provvisoria: via Magenta 24, 00185 Roma – Telefono: 338.9595790 Fax: 06.5127174 - Sito web: www.liberauscita.it - email: [email protected] 1340 - LA SENTENZA DEL TAR SULL’ORA DI RELIGIONE – DI CORRADO AUGIAS da: la Repubblica di giovedì 3 settembre 2009 Caro Augias, il 12 agosto mons. Coletti definì la sentenza del Tar del Lazio sull’ora di religione bieco e negativo Illuminismo perché favorisce la perdita di identità dei popoli. Il bieco risvolto sarebbe la separazione del potere legislativo e giudiziario tra loro e da quello religioso. Il 26 agosto si sono compiuti 220 anni dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, in base alla quale ognuno è libero di professare una religione o di non averne alcuna. Professare il Cristianesimo è consentito, non è consentito imporlo. Ci fu un tempo in cui esso fu perseguitato, ma i persecutori non erano certo illuministi. Seguì un tempo (lunghissimo) in cui gli ex perseguitati riuscirono a imporsi tanto da far perdere ad altri la loro identità: nelle Americhe e non solo. C’è stato infine un tempo recente, dal 1870 al 1929, nel quale l’ora di religione nelle scuole non era prevista. Non ci sono state perdite d’identità religiosa negli italiani perché un illuminismo ormai radicato - e non bieco rispettò la religione di maggioranza in questo paese. E’ vero che poi ci toccò un Fascismo che illuminista non era e fu bieco con altre religioni, ma Mons. Coletti sa che non è la bontà di una idea - religiosa o meno - a deciderne la sorte, bensì i rapporti di forza tra chi la sostiene e chi no, altro aspetto del Relativismo che talora dà, talora toglie. Giovanni Moschini - [email protected] Risponde Augias Tra le molte polemiche di questa agitatissima estate dobbiamo registrare anche le reazioni alla sentenza del Tar del Lazio che escludeva l’insegnamento della religione dalla valutazione del profitto. Una circolare del precedente ministro della Pubblica Istruzione, Fioroni, aveva inserito la ‘religione’ fra le materie curricolari. Chi non voleva avvalersene veniva quindi discriminato in quanto le materie alternative non c’erano o non avevano uguali prerogative. I giudici amministrativi dovevano rispondere al quesito se la Circolare Fioroni del 2007 finiva o no per discriminare gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica. La risposta è stata affermativa con questa motivazione: «Un insegnamento di carattere etico e religioso attinente alla fede individuale non può essere oggetto di valutazione sul piano del profitto scolastico per il rischio di valutazioni di valore proporzionalmente ancorate alla misura della fede. Sotto tale profilo è dunque evidente l’irragionevolezza dell’Ordinanza che, nel consentire l’attribuzione di vantaggi curriculari, inevitabilmente collega in concreto tale utilità alla misura dell’adesione ai valori dell’insegnamento cattolico». Un recente sondaggio ha registrato che il 70 per cento dei lettori erano favorevoli alla sentenza. E’ davvero un problema? 1341 - IO, INFERMIERE AL REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA – DI CORRADO AUGIAS da: la Repubblica di mercoledì 16 settembre 2009 Stimatissimo dott. Augias, sono infermiere in un reparto di terapia intensiva. E’vero quello che lei ha scritto: alla fine del percorso, vorremmo tutti morire di un colpo. Ma dovremmo sperare che nessuno se ne accorga perché, se ciò avvenisse, non sarebbe più possibile. Verremmo trasportati in ospedale e lì, in ogni caso, rianimati, eventualmente operati e ricoverati in rianimazione o in terapia intensiva. Lì collegati a un respiratore, alimentati per vena e I o per via enterale (tubo nello stomaco), cateterizzati, monitorizzati, bucati un po’ dappertutto. Tutto questo senza la vicinanza dei propri cari. Verremmo tutte le mattine lavati, anche nelle parti più intime; le nostre deiezioni rimosse ogni volta ce ne fosse bisogno. Verremmo massaggiati per evitare le piaghe da decubito, tutto nella più rigorosa igiene e asepsi. Nella maggior parte dei casi alla fine (in genere mesi ma perfino anni), moriremmo o comunque avremmo una guarigione a condizioni psicofisiche non paragonabili alle condizioni di vita preesistenti. 2 Lettera firmata Risponde Augias Lo sappiamo tutti ormai che questo è più o meno il percorso nel caso il famoso colpo’ che tutti si augurano non fosse definitivo. Sia chiaro che per arrivare al protocollo descritto dal nostro lettore si sono dovuti raggiungere importanti sviluppi della tecnologia sanitaria, adeguata preparazione del personale medico e paramedico, ospedali all’altezza di queste attrezzature. Tutte cose che sono costate impegno, ingegno, soldi. Diciamo pure cose che distinguono i paesi ad alta civilizzazione sanitaria dai paesi (o parti di paese, come accade da noi) che a quel livello non sono ancora arrivati. Perché allora, su di me almeno, la ricostruzione del nostro infermiere ha provocato un effetto spaventoso? Forse perché mi pongo la domanda di dove sia il confine, il limite, di quando cioè si attraversi quella linea al di là della quale la terapia o l’assistenza, diventa invasione, la civilizzazione si trasforma in tortura. Dove sia quella linea nonio so, non credo neppure che possa essere indicata in astratto, in teoria, per principio, tanto meno per legge: dopo tanti giorni, dopo tanta febbre, dopo tante piaghe. Credo di sapere, ritengo che molti o tutti sappiano, dove quella linea si collochi quando si trattasse di giudicare la sorte d’una persona amata. Con l’aiuto di un medico ovviamente, uno di quei medici illuminati e generosi che valutano in base alla loro scienza e alle leggi elementari dell’umanità, che non si credono paladini di una fede né rappresentanti di un qualche dio. 1342 - L’ORA DI RELIGIONE E UNA PARI DIGNITÀ CHE NON C’È - DI C. AUGIAS da: la Repubblica di venerdì 18 settembre 2009 Gentile Augias, se ci fosse la «pari dignità» dell’ora di religione rispetto alle altre materie dovrebbe essere studiata al pari delle altre. Ma non è cos’i. La Chiesa vuole che la religione sia presente, ma non che sia studiata seriamente. Una conoscenza approfondita rischierebbe di evidenziare la distanza che c’è tra certe posizioni della Chiesa e il messaggio di Cristo. Meglio una blanda ignoranza. Mìriam Della Croce - [email protected] Gentile Augias, il ministro Gelmini ha detto: «L’Italia non può non riconoscere l’importanza della religione cattolica nella nostra storia e tradizione». Ma a giudicare dai risultati che ottiene l’insegnamento questa importanza non emerge. Un qualsiasi allievo dell’ultimo anno delle superiori sa molto più di storia, di matematica, o di qualsiasi altra materia che non di religione. Allora dove sta la pari dignità? Attilio Doni, Genova - [email protected] Risponde Augias La pari dignità dell’insegnamento deila religione (cattolica) può essere sostenuta solo con la più sfacciata ipocrisia. Ecco uno dei tanti paradossi al quale raramente si pensa: nelle università esistono cattedre di storia del cristianesimo affidate spesso a studiosi di vaglia. Nessun laureato però, brillante che sia, potrà andare ad insegnare la materia a meno che non abbia il crisma delle autorità cattoliche. La Costituzione (art. 33) stabilisce che «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Per la religione questo non vale. Il prof Remo Cacitti (cattedra alla Statale di Milano) mi ha fatto il seguente esempio: «Di fronte ai vangeli secondo cui Gesù aveva quattro fratelli e alcune sorelle (Mc6,3;Mt 12,46; Gv7,3;Atl,14), il docente può farsi persuaso che si tratti di veri e propri fratelli e sorelle; però non potrà mai insegnarlo pena la revoca dell’incarico per difformità dalla dottrina ufficiale della Chiesa». Basterebbe questo a dimostrare l’assurda situazione nella quale ci siamo cacciati. Tanto più che i risultati dell’insegnamento sono (pedagogicamente) deplorevoli. Mi scrive Elisa Merlo (ex prof di religione): «(Basterebbe qualche domanda ad allievi delle scuole superiori. Ad esempio che cosa è la Messa, o il significato di un sacramento, o 3 dell’Immacolata Concezione e via di seguito. Bisogna aggiungere che raramente il docente di religione dà un voto insufficiente, e questo avvantaggia gli alunni che scelgono di “studiare” la materia». Che l’ignoranza di molti cattolici italiani sulla loro religione sia immensa ho potuto constatarlo di persona. 1343 - CHI DIFENDE L’ORA DI RELIGIONE COSÌ COM’E’ – DI CORRADO AUGIAS da: la Repubblica di venerdì 25 settembre 2009 Illustrissimo dr. Augias, lei si è occupato in questa rubrica dell’ora di religione nelle scuole. Come genitore vorrei ricordarle che a me, come al 91% delle famiglie italiane, l’ora di religione sta bene cosi com’è, con insegnanti scelti dai Vescovi come da accordi concordatari. Se avessimo insegnanti di religione come il prof. Pierri (suo corrispondente) non credo che mio figlio conoscerebbe la religione cattolica ufficiale, forse solo un surrogato secondo le convinzioni personali di qualcuno. Lei sa bene che anche un 10% di alunni extracomunitari e di fedi diverse sceglie l’ora di religione perché utile a conoscere meglio la storia e la cultura italiana. Le piaccia o no è così. Dispiace che giornalisti come lei che si sono prefissi di dare battaglia alla Chiesa facciano un brutto servizio alla sinistra e portino voti al centrodestra. Ostacolare l’ora di religione è un modo per far votare Berlusconi magari tappandosi il naso. Vorrei infine ricordarle che durante i secoli la Chiesa si è sempre rafforzata ogni qualvolta è stata perseguitata. Loris Bianchi - [email protected] Risponde Augias Parlare di persecuzione della Chiesa in Italia mi pare diciamo così eccessivo. La prof. llaria Gonfiotti ([email protected]) mi ha scritto: «Sono un’insegnante colpita dalla rivoluzione che investe la scuola. Non credo che la religione abbia niente da rivendicare; a tale materia vengono dedicate due ore settimanali contro le appena 6-7 della lingua italiana. Che dire del reclutamento dei docenti di religione? Sono “scelti e assunti” dalla Curia e pagati dallo Stato». Qui è il punto. Il signor Bianchi forte delle sue convinzioni trascura il fatto che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole contraddice la Costituzione secondo la quale l’insegnamento dev’essere libero, non vincolato cioè né da una fede politica nè da un credo religioso. Tanto meno dalla vita privata degli insegnanti, a meno che non violi il codice penale. Molti ricorderanno il caso della insegnante mandata a casa perché, non sposata, aveva avuto un bambino. Il vescovo le ritirò subito la fiducia, fine dell’insegnamento. Posso dire che queste cose di gusto vagamente medievale sono comunque indegne di una Repubblica che stabilisce nella sua legge fondamentale l’eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, razza, religione, censo? Secondo il signor Bianchi scrivere questo dà voti a Berlusconi. Non toccherei questo tasto. E’ più ‘immorale’ una ragazza che ha un bambino senza essere sposata o un anziano signore che, distratto da ragazze a pagamento, trascura i suoi doveri pubblici? A occhio e croce mi sembra una questione di peso. 1344 - QUELL’ANATEMA SULLE FAMIGLIE ALLARGATE - DI CORRADO AUGIA da: la Repubblica di martedì 29 settembre 2009 Gentile Dott. Augias, sui principali quotidiani ha trovato ampio spazio l’anatema del Pontefice contro le separazioni e le famiglie allargate, colpevoli a sua detta, di rovinare i bambini. Giudizio dal suo punto di vista legittimo. Allo stesso tempo però, oggi i principali tg ci mostrano lo stesso Pontefice che incontrando il nostro presidente del Consiglio esprime “grande gioia” nel vederlo mentre da più parti vengono enfatizzati gli ottimi rapporti tra la Santa Sede ed il governo; non una parola sui comportamenti e sulle colorite vicende delle quali il nostro premier è stato protagonista negli ultimi tempi. Comportamenti in evidente contrasto con i valori di cui la Chiesa si proclama portatrice. Questo episodio a mio avviso riflette bene la realtà italiana, dove la doppia morale e l’ipocrisia la fanno ormai da padroni. 4 Tutto ciò, da cattolico e italiano, mi sconforta perché penso che non riusciremo mai ad essere un paese normale e vedo che la fiammella per una speranza di tempi migliori si sta lentamente spegnendo. Giuseppe Castelnuovo - [email protected] Risponde Augias Lo spazio dedicato dai media al fugace incontro in un aeroporto è stato apparentemente fuori proporzione rispetto ai tre minuti della sua durata. Tra persone con uno status meno eccezionale sarebbe stato più o meno un ‘Ciao, come va?’, ‘Bene, e tu?’, ‘Ci vediamo presto’. Nel linguaggio della diplomazia però anche tre minuti sono pieni di significato. Proprio mentre ribadiva la sua deprecazione sulle ‘famiglie allargate’ che creano disordine e fanno piangere i bambini, il Papa incontrava un uomo che, anche volendo ridurre al minimo, è un adultero dichiarato. Non solo: che con il suo essere adultero, nonché “frequentatore di minorenni” (fonte: sua moglie) ha mandato in pezzi il suo matrimonio facendosi esempio proprio di ciò che il Papa condanna. Come spiegare allora questa doppiezza di comportamento di Benedetto XVI? Si può spiegare, a mio parere, con la sua veste altrettanto doppia di capo di una religione che è nello stesso tempo un capo di Stato. Quando depreca le famiglie che si rompono e si allargano, Ratzinger parla come Papa, quando incontra un pubblico adultero si comporta invece da sovrano e come sovrano si ripromette da quell’incontro concreti benefici, del resto già noti a tutti. La sostanza del contrasto tra Santa Sede, cioè vertice statuale della Chiesa, e vescovi cioè pastori di anime, esplosa con le reazioni al caso Boffo è tutta in questo residuo di potere temporale al quale la chiesa romana non ha mai rinunciato nemmeno dopo il 20 settembre 1870. Anzi. 1345 - L’EUTANASIA É COMPATIBILE CON LA RELIGIONE - DI CRISTINA CASTRO da: “El País” di giovedì 13 agosto 2009 – traduzione per LiberaUscita di Alberto Bonfiglioli Il gesuita e professore di etica dell’Università gesuitica Sophia (di Tokio), Juan Masiá, ha affermato oggi che “la difesa dell’autonomia e il rispetto della dignità dell’individuo in una prospettiva religiosa è compatibile con la depenalizzazione dell’eutanasia". Facendo riferimento al dibattito sull’aborto e la morte degna considera incomprensibile la contrapposizione di gruppi "pro-vita o anti-vita", tipica del nostro paese (Spagna). Il gesuita, che ha criticato l’influenza delle “ideologie politiche e religiose” nel dibattito pubblico, ha rilasciato le sopracitate affermazioni all’Università Internazionale Menéndez y Pelayo di Santander (Spagna) dove si trova per il corso “Eutanasia e suicidio assistito. Un diritto del secolo XXI”, diretto dal dott. Luis Montes. La docente di filosofia morale e politica, Margarita Boladeras e il presidente dell’Associazione Europa Laica, Francisco Delgado, hanno concordato sulla necessità di affrontare il dibattito sulla morte con dignità da tutti i punti di vista. Tutti e due hanno sottolineato la necessità di una regolamentazione che tenga conto anche delle "disuguaglianze territoriali": "La situazione nelle grandi città è accettabile, ma nelle zone rurali spesso non lo é, non solo per la scarsità di mezzi palliativi, ma per l’attenzione sanitaria in generale”. Masiá, espulso dalla sua cattedra all’Università Pontificia di Comillas (Spagna) nel 2006 per le sue dichiarazioni in difesa dell’uso del preservativo, ha affermato che la Chiesa cattolica in Spagna è in una situazione "francamente anomala ed a marcia indietro rispetto al Concilio Vaticano II". A suo giudizio le imposizioni a politici e parlamentari credenti su ciò che devono votare non sono accettabili, perché "non é cristiano imporre ciò che si debba pensare”. Sui simboli religiosi in luoghi pubblici, Masià ha detto che nell’Università gesuitica privata dove lavora in Giappone, "mai ci salterebbe in mente di mettere un crocefisso”. Commento. Come afferma Masià, professore gesuita, la Chiesa cattolica pratica (da quando è morto Giovanni XXIII) "la marcia indietro rispetto al Concilio Vaticano II", ma non soltanto 5 in Spagna. La differenza con l'Italia deriva soltanto dal fatto che la maggioranza dei nostri uomini politici, per ottenere l'appoggio delle 26.000 parrocchie, fanno a gara nell'obbedire alle "imposizioni" della Chiesa. Magari con la scusa della "obiezione di coscienza", come se ciò li giustificasse, moralmente ed eticamente, di privare gli altri della loro autonomia a decidere. Cordiali saluti. Giampietro Sestini 1346 - RITA LEVI MONTALCINI: UNA VITA PER LA SCIENZA - DI CARLO PICOZZA da: la Repubblica di venerdì 4 settembre 2009 Sotto sfratto esecutivo, rischia di chiudere l'Ebri, l'Istituto di ricerca sul cervello, voluto dal premio Nobel per la Medicina, Rita Levi Montalcini, e nato a Roma nell'aprile del 2005. "Lo sfratto", commenta la centenaria fondatrice, "mette in forse tutto ciò che ho fatto, i risultati scientifici ottenuti e l'impegno del capitale umano eccezionale che lavora in Istituto". La sorte della cinquantina tra scienziati e ricercatori dell'European brain research institute è appesa al pronunciamento del giudice, domani mattina. Ma con la chiusura delle utenze, l'attività di ricerca sugli enigmi del cervello aveva già subito una battuta di arresto. L'agonia dell'Ebri era cominciata il 2 ottobre 2008 con una lettera della fondazione Santa Lucia che ospita nei sui immobili l'Istituto della Montalcini: "Per la nostra fondazione senza scopi di lucro è indispensabile ricercare una sostanziale parità tra entrate e uscite. Ma questo equilibrio è compromesso dal corrente sistema di ripartizione delle spese di gestione da noi anticipate e restituite dall'Ebri nella misura del 24%, con notevoli ritardi, più volte segnalati". In giugno ai giovani ricercatori dell'Ebri non erano stati corrisposti gli stipendi. Nel mese successivo era stato sospeso l'uso dei telefoni. Gli inadeguati finanziamenti pubblici non sono bastati a coprire i costi delle ricerche né quelle di gestione. E che l'Ebri navigasse in cattive acque lo aveva fatto intuire, nei mesi scorsi, anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: stringendo la mano alla centenaria promotrice dell'Ebri le aveva rivolto l'augurio di una grande possibilità di sopravvivenza per le sue iniziative di ricerca. "Nel settembre 2001, in un workshop a Cernobbio", racconta Rita Levi Montalcini, "feci la proposta di far nascere un Istituto sull'organo che presiede pensiero e azione, per fornire l'opportunità a tanti scienziati italiani di rientrare nel loro Paese dal quale erano dovuti emigrare per la scarsità dei centri di ricerca". Lo ricorda ripensando al suo "confino" nella stanza da letto dove aveva impiantato un vero e proprio laboratorio per continuare le ricerche "insieme con Giuseppe Levi, dopo la promulgazione delle leggi razziali" e prima di recarsi in America, a guerra finita, nel 1947, invitata dal chairman del dipartimento di Zoologia della Washington University, Vicktor Hamburger. Il "Polo delle Neuroscienze" è stato per Montalcini "il sogno di una vita". E per l'esplorazione del cervello, l'Ebri partì insieme con il Cnr e il Santa Lucia. In tutto, 255 tra medici, biologi, biochimici, neurobiologi, fisici, matematici, immunologi, genetisti, informatici, cognitivisti, e 44 laboratori su uno superficie di 25 mila metri quadrati, nella coda metropolitana della capitale, tra l'Ardeatina e la Laurentina, per studiare il funzionamento dell'organo più complesso e misterioso anche in presenza di patologie come l'Alzheimer, il Parkinson, l'ictus, la sclerosi laterale amiotrofica. L'ingiunzione di sfratto è stata comunicata il 22 luglio scorso, con la richiesta del rilascio dei locali entro il 30 settembre. Il ricorso è già partito, ma il premio Nobel, teme che si interrompa "l'ultimo capitolo della mia vita che si sta rivelando il più importante dal punto di vista scientifico, con i formidabili risultati attraverso l'impiego del Nerve growth factor (il fattore di crescita delle cellule nervose da lei scoperto, ndr)". Un impegno alla sopravvivenza dell'Ebri è arrivato dal presidente del Cnr, Luciano Maiani, che "sta esplorando la possibilità" di accogliere la fondazione della Montalcini in ambienti "da noi utilizzati". 1347 - LA PARTITA CON LA CHIESA - DI ADRIANO PROSPERI 6 da: la Repubblica di venerdì 4 settembre 2009 No, non sono affari interni della Chiesa, come commentato chi ancora impugna la pistola fumante – e la impugna perché chi l’ha armato non gliel’ha mai tolta di mano. Singolare affermazione, del resto: ma non era questo il governo che si professava più vicino alla Chiesa, quello che aveva avuto fin dall’inizio il soddisfatto via libera delle gerarchie ecclesiastiche? Oggi invece quella destra cattolica obbediente e collaborativa così gradita a eminenti cardinali finge un laico e pudico disinteresse per i problemi della Chiesa. D’altra parte, la domanda che tutti ci poniamo è: quale Chiesa? Ne abbiamo viste diverse nei giorni scorsi e non abbiamo mal avuto l’impressione di trovarci davanti alla antica istituzione sacrale che immaginavamo capace di rispondere severamente e dal suo più alto livello all’attacco che l’ha ferita. Una cosa almeno è certa: le dimissioni del direttore dell’Avvenire sono un fatto che di per sé esclude qualunque possibilità di chiudere l’episodio a un fatto interno di chicchessia, tanto meno a un fatto interno della Chiesa. Ci fu all’inizio il tentativo di chiudere tra parentesi le tensioni tra un premier e una chiesa italiana in agitazione facendo ripartire l’antico ron-ron della diplomazia ovattata, dei contatti riservati, magari dei colloqui tra un premier discusso e il segretario di Stato vaticano intorno a un tavolo conviviale all’ombra di un antico rito solenne del perdono. Ma qui il percorso si interruppe: quel premier aveva un giornale di famiglia e il suo direttore fece partire in quel preciso momento un attacco inqualificabile contro l’Avvenire, organo della Conferenza episcopale italiana. Uno scandalo: bisogna che gli scandali avvengano, dice la parola del Cristo dei Vangeli canonici. Non così hanno pensato le menti diplomaticamente esercitate del mondo vaticano, d’accordo col Grande Inquisitore di Dostoevskij nel ritenere che l’ordine del mondo è troppo prezioso per metterlo a rischio con un ritorno della parola di Cristo. C’era stata una mossa per far rientrare lo scandalo: una proposta di tregua con scambio dei caduti. La Chiesa-Potere aveva calato molto tempestivamente la carta più alta nelle sue mani per dimostrare la sua buona volontà e far rientrare la vicenda «citra sanguinem», senza versare sangue, come dicevano le regole della tortura dell’inquisizione L’aveva calata nientemeno che il direttore dell’osservatore Romano nell’intervista al Corriere della Sera: un bel rimbrotto a Boffo e un’offerta di continuare come nulla fosse. Meglio una sola vittima che uno scontro dagli esiti imprevedibili. Era un prezzo sostenibile per pagare la pace politica e la tranquilla gestione dei problemi etici in discussione nel prossimo autunno— testamento biologico, pillola abortiva e così via. Ma la logica dello scambio richiedeva un passo analogo dall’altra parte: la parallela rimozione di Feltri dalla direzione del Giornale o almeno una smentita adeguatamente sdegnata da parte del suo padrone. Abbiamo visto com’è andata a finire. E’ finita che Boffo si è dimesso. Perché? Sul piano umano possiamo ben capirlo: ed è questo l’unico piano comprensibile e condivisibile. La vittima designata non ha accettato il suo destino, non ha aspettato di essere dolcemente rimossa da mani curiali in tempi più tranquilli: si è tolta di mezzo da sola. Diciamo vittima con la piena consapevolezza che qui la parola è quella giusta. L’aggressione contro Boffo ha teso a distruggerne strumentalmente il ruolo sociale e la vita privata, sfruttando cinicamente il clima di linciaggio che il semplice sospetto di scelta o tendenza omosessuale sta scatenando oggi in Italia, indizio questo sì della malattia morale e della regressione nazistoide del paese. Quanto alle dimissioni, era stato monsignor Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del consiglio Cei per gli affari giuridici, che ne aveva formulato per primo l’ipotesi. Mogavero sapeva che le dimissioni sarebbero state intese come ammissione di colpa. Lo sappiamo tutti: in Italia, fin dai tempi di Dante Alighieri, la parte offesa e ferita diventa nel grido collettivo la parte colpevole. Ma quali saranno da oggi le sedi opportune per accertare i fatti? E quali fatti ancora si dovrebbero accertare? Una cosa sola è chiara: con le dimissioni di Boffo si apre un vuoto: non solo fra le voci autorizzate e autorevoli della Chiesa-Potere e il titolare del potere politico e monopolista dei media italiani, ma anche all’interno 7 dell’arcipelago che si chiama Chiesa in Italia o Chiesa italiana. Adesso forse qualcuno tenterà ancora di chiudere la partita con qualche paroletta di solidarietà. Si potrà sempre battere una pacca consolatoria sulla spalla del dimissionario, contando sul fatto che tanto in Italia chi si dimette ha sempre torto. Si potrà dire che il direttore di Avvenire è stato oggetto di un «inqualificabile attacco mediatico» - questo il commento, per esempio, del cardinale Angelo Bagnasco. Bagnasco è il presidente della Conferenza episcopale italiana e in quanto tale è responsabile della condotta di Avvenire e del suo direttore quasi quanto Silvio Berlusconi è responsabile delle scelte del Giornale di famiglia. L’attacco è inqualificabile ma non viene da un killer ignoto. Viene dall’impero italiano dei media ed è ascrivibile al suo padrone. Il contenzioso opporrà la Chiesa nelle sue molte forme ed espressioni italiane al presidente del Consiglio tanto più direttamente e immediatamente quanto più lo spazio tra i due è rimasto sgombro e vuoto. E c’è qualcosa di grottesco nella scena che si profila: il dialogo tra un’entità teoricamente monolitica e governata da un Papa infallibile e ostile al relativismo, oggi diventata una Babele di linguaggi, e il capo di un governo teoricamente democratico che parla la lingua di un potere intollerante di ogni critica e si immagina nei panni fumettistici di un Super Superman. 1348 - SUL BIO TESTAMENTO SI PUÒ INCEPPARE IL PD - DI ALESSANDRO CALVI Da: il Riformista di venerdì 6 settembre 2009 Le posizioni sono sempre le stesse di sempre. Nessuno sembra aver cambiato idea, Anche perché, per la verità, da mesi nel Partito democratico di testamento biologico quasi non si parla più. Tema cancellato, sacrificato come altri, del resto, sull’altare delle primarie. E però proprio la corsa alla segreteria e la nascita delle tre mozioni ha rimescolato le carte in tavola, portando gli avversari di un tempo a sedere l’uno accanto all’altro, creando una mistura tendenzialmente instabile, tanto che potrebbe finire per deflagrare in tutta la sua potenza anche sul congresso democrat. Il Pd, infatti, potrebbe avere ben nascosto in casa propria un candelotto di dinamite pronto ad esplodere. Il detonatore, però, è altrove, è nelle mani del Cavaliere il quale, per le note vicissitudini tra le due sponde del Tevere, potrebbe avere tutto l’interesse ad accenderlo quanto prima. Sostiene Ignazio Marino che, in questi giorni nei quali sta girando l’Italia, è la chiarezza che la gente chiede al Pd. E aggiunge: «Noi sui diritti civili, come su tutto il resto, siamo stati chiari. Abbiamo costruito la nostra mozione su una comunione di idee, le altre due mozioni hanno costruito una comunione di correnti che però, avendo idee diverse, quella comunione non possono realizzarla». D’altra parte, iì primo a lanciare l’allarme era stato proprio Marino. In una recente intervista al Riformista aveva spiegato che «chi guida il partito è in una situazione in cui è impossibile dire dei sì e dei no chiari e dare una identità al partito». «Eppure - aveva aggiunto - i cittadini hanno diritto di sapere cosa propone il Pd». Se per i cittadini questo è un diritto, però, per il partito sembra più che altro un rischio. Soprattutto nel caso in cui i temi della bioetica, sui quali il partito si è sempre diviso, dovessero tornare prepotentemente di attualità e, dalle dichiarazioni rilasciate dagli esponenti delle varie mozioni ai giornali, legittimamente influenzate dalla corsa alla segreteria, si dovesse tornare improvvisamente a esprimere una posizione di partito. Cosa farebbero, allora, Enrico Letta e Gianni Cuperlo, oggi entrambi sostenitori di Bersani ma su fronti opposti quanto alla bioetica? E lo stesso vale per il fronte opposto, Non sarebbe facile far andare d’accordo due persone così diverse come Debora Serracchiani e Dorina Bianchi, tanto per fare due nomi. Difficile dimenticare l’esordio sulla ribalta nazionale della prima, con quel suo discorso all’assemblea dei circoli a Roma, quando, davanti a Franceschini al quale non riusciva a dare del tu, strappava applausi menando fendenti a destra e a manca fino all’affondo sul testamento biologico. «Trovo che sia un errore assoluto - disse - quello di aver indicato come capogruppo alla commissione sanità del senato chi 8 non è portatore della posizione prevalente». Si riferiva, peri l’appunto, proprio a Donna Bianchi, oggi sua collega di mozione. Nel Pd, però, le preoccupazioni per ora sembrano essere rivolte a ben altro. E non si fa fatica a crederlo, considerando che il traguardo della nuova segreteria si avvicina sempre più velocemente. Così, Giorgio Tonini, braccio destro del Veltroni segretario e oggi nella trincea di Dario Franceschini, non respinge l’osservazione e, anzi, la accoglie e rilancia la palla a destra. «Il problema vero - dice - non è quello degli schieramenti o delle convenienze tattiche ma di dare al paese la miglior legge possibile. E se ci fosse questa possibilità, io affronterei molto volentieri anche qualche tribolazione al nostro interno». Ma, dice ancora Tonini, «se il Pdl deciderà di accelerare, questo non potrebbe che significare una blindatura sul testo del Senato. E, allora, con un paradosso, potrei dire che questo sarebbe lo scenario meno preoccupante per noi». «Se fossi nella maggioranza - dice ancora, passando di paradosso in paradosso - questa sfida io la lancerei. Se invece decideranno di chiudersi a riccio faranno un pessimo servizio al Paese, non a noi». Anche Gianni Cuperlo, fronte Bersani, è convinto del fatto che «fino a quando il Pdl è compatto su quella legge sta facendo un danno al paese». E anche Cuperlo prova a tenere distinti i piani, quello parlamentare e quello congressuale anche se, spiega, «la cosa principale è concentrarci sul merito della legge. E il merito continua ad essere irricevibile». Dunque, nessuna preoccupazione per eventuali voti in uscita dal Pd alla Camera che Rocco Bottiglione, ieri sui Riformista, valutava tra i 10 e i 20. E nessuna preoccupazione per eventuali contraddizioni che il percorso parlamentare potrebbe innescare su quello congressuale. «Faremo tutto ciò che possiamo - dice ancora Cuperlo - per modificare gli aspetti più gravi del testo uscito dal Senato, ovvero la sottrazione del corpo alla personalità del malato in nome di una visione etica e di parte che non è conciliabile con la nostra Costituzione». 1349 – ASSISI: IL VERO SCONTRO E’ TRA AMORE E MORTE da: Adista notizie n° 88 rep. 35174 di lunedì 7 settembre 2009 Porre il mistero della morte a confronto con le nuove frontiere della scienza e con le grandi trasformazioni della società. È quanto si è tentato, dal 21 al 25 agosto scorsi, al 67.esimo Corso internazionale di studi cristiani, dal titolo “Se alzi la lanterna sul mistero della fine... le nuove frontiere della vita e della morte”, organizzato dalla Pro Civitate Christiana di Assisi in collaborazione con la comunità ecumenica di Bose e l'editrice Queriniana. Un tema in cantiere da tempo - come ha spiegato in apertura dei lavori la coordinatrice Gianna Galiano - che, con il caso Welby prima e la vicenda di Eluana Englaro poi, si è “autoimposto” all’attenzione degli organizzatori. Dopo i saluti di benvenuto del sindaco Claudio Ricci e del vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino, ad aprire i lavori è stato il filosofo Roberto Mancini. “Nel confronto con il mistero del confine ultimo della vita - ha sottolineato nella sua prolusione - è in gioco la libertà propriamente umana di dare una risposta alla morte”: “Chi sostiene il confronto può riuscire ad attraversare un deserto, riconoscere un invito e giungere infine a sperimentare un risveglio”. “L’invito da riconoscere - ha proseguito - è quella vocazione all’esistere creativo, non distruttivo, che è inscritta nella condizione di creatura, comune a tutti i viventi”. Dunque, una vita “corresponsabile”, una vita comune, orizzonte entro il quale, secondo Mancini, possono essere trovate indicazioni etiche per le delicate questioni del fine-vita. “Credo che chi, avendo un legame profondo e una storia comune, sta vicino al morente - ha proseguito potrà e dovrà valutare quando, nel quadro di condizioni stabilite dalla legge, sarà il caso di desistere dal prolungato ricorso alle macchine per tenere formalmente in vita un proprio caro. Quando invece non esiste nessuna figura familiare accanto al morente, questa valutazione spetterà alla responsabilità dei medici. In ogni caso, il principio del rispetto della vita deve tradursi nel rispetto per ciascuno, per ogni storia, per ogni volto”. “La legge - ha 9 continuato - non può calpestare questa delicatezza in nome del principio della sacralità della vita affermato senza considerare la reale condizione dei viventi, come non può farlo neanche in nome di un’autodeterminazione assoluta dell'individuo, senza criteri e senza responsabilità”. Mancini non ha mancato di fare riferimento ai recenti provvedimenti approvati dal governo in materia di immigrazione, evidenziando come una Chiesa che non si ribella “negandosi a qualsiasi tipo di contiguità con i responsabili di una simile politica”, ne diventa complice: “Non si possono fare disquisizioni spirituali sui confini della vita - ha concluso - mentre si accettano come normali politiche di sofferenza e di morte”. Nella mattinata del 22 agosto i lavori sono proseguiti con una tavola rotonda che ha visto a confronto Pier Paolo Donadio, primario di rianimazione all’ospedale ‘Le Molinette’ di Torino, e Federica Gardini, docente di bioetica all’Università di Parma. I relatori hanno concordato nell’affermare che, essendo la questione del “fine vita” molto complessa, è necessario affrontarla non in modo astratto e aprioristico, ma considerando la relatività di ogni singolo caso. La medicina - secondo Donadio e Gardini - non può dare certezze totali, e cerca pertanto di affrontare i diversi casi singolarmente e con grande responsabilità e sensibilità etica. Alcuni casi (Welby, Englaro, Schiavo), hanno continuato i relatori, sono probabilmente stati strumentalizzati, manipolati nella loro essenza, e sono stati resi “stracci” esempi che avrebbero invece potuto essere “bandiere”. La seconda giornata di studi ha visto l’incontro tra il filosofo Salvatore Natoli e il teologo Carlo Molari. Il tema al centro del confronto, “Vita e morte, l’incredibile duello”, ha fornito ai due studiosi l’occasione per un’analisi profonda delle problematiche etiche, morali e religiose in gioco. Natoli, partendo dal pensiero greco, ha illustrato l’esistenza di due concezioni diverse della vita: l’una eterna, dove non esiste morte ma solo trasformazione; l’altra finita, individuale, che subisce il peso della morte sin dalla nascita. La vita, secondo il filosofo, è perpetua battaglia, e saper vivere corrisponde a saper combattere; mentre la morte è esterna a noi, per cui la scopriamo solo attraverso quella degli altri. Saper morire significa quindi per Natoli, “sapersi consegnare, ma solo dopo aver combattuto la propria vita”. Secondo Natoli la dimensione dell’uomo è da vivere qui, in questo momento, in questa Terra e in questa vita. Egli auspica un carpe diem, che, nella piena consapevolezza dell’esistenza della morte, permetta di vivere pienamente l’oggi. Molari, dal canto suo, ha portato nel dibattito sulla finitudine umana la prospettiva della fede, sottolineando anche come gli errori che la Chiesa ha commesso e commetterà, non ne intacchino l’essenza e il messaggio, soprattutto perché, secondo Molari, la vera Chiesa non è il magistero di cui spesso ci si lamenta, ma la fiumana di uomini che ne stanno fuori. La tavola rotonda interreligiosa del 24 agosto - alla quale hanno partecipato la pastora battista Cristina Arcidiacono, il medico cattolico Luigi De Salvia (fondatore di un’associazione interreligiosa per la cooperazione in medicina ‘Ascoltiamo le sofferenze’), il rabbino e medico Cesare Efrati, il teologo sunnita Adnane Mokrani, la buddista Mariangela Falà - si è conclusa con la relazione del priore di Bose, Enzo Bianchi, dal titolo “Può la morte tradire la vita? La svolta di Gesù di Nazareth”. Nella società contemporanea, ha sottolineato Bianchi, la paura della morte induce ad occultarla e banalizzarla. Di fronte all’enigma assoluto e insanabile della fine della vita il priore di Bose ha proposto l’esempio di Gesù di Nazareth. “Nell’ottica cristiana la vera opposizione non sta tra la vita e la morte, ma tra l’amore e la morte. La realtà dell’amore, vissuto da Gesù fino alla fine, ci fa cogliere la vita, la morte e la resurrezione di Gesù. La Croce va letta a partire dalla vita di Gesù. Non è la Croce a spiegare Gesù ma è Gesù che spiega la Croce. Gesù è andato verso la morte liberamente e per amore. Il vero duello non è tra vita e morte, ma tra amore e morte”. (ingrid colanicchia) 10 1350 - BIOTESTAMENTO: I DEPUTATI RISPETTINO LA REPUBBLICA– DI F. ORLANDO da: Europa di mercoledì 9 settembre 2009 Cara Europa, nella sua incredibile faccia tosta di venditore e compratore, il presidente del consiglio ha detto che con la Chiesa tutto va bene e meglio andrà a fine ottobre quando saranno approvati, sotto la spinta del suo governo, atti significativi come la legge sul testamento biologico nel testo del senato, che molti giudicano una legge contro il testamento biologico. Dicono che anche nel Pdl ci siano contestazioni e timide manifestazioni di dubbio sull’opportunità di dare allo Stato una legge ultraclericale e nemica dell’uomo, come quella votata in prima battuta dal senato. Altrettanti e assai più autorevoli dubbi si levano dal mondo cattolico, perfino da cardinali, variamente critici sull’attuale modello di rapporti Chiesa-Stato (Sepe) o sul biotestamento in particolare (Martini, nell’intervento del 6 settembre sul libro di Ignazio Marino Nelle tue mani: medicina, fede, etica e diritti, ed. Einaudi). Qual è la vostra opinione? Fabia Carli, Siena Risponde Federico Orlando Gentile signora, posso dirle, al più, la mia personale opinione, che per un laico è sempre difficile da definire, tra esperienze, idee, storie che non sempre riescono a raggiungere il convincimento univoco. Questa possibilità la lasciamo ai clericali d’ogni tipo, religiosi, politici, ideologici, insomma a quelli che tra libertà e autorità stanno a priori con l’autorità. Io sono favorevole a un testamento biologico che dia alla persona il diritto di dire l’ultima parola su se stesso. Ho dedicato molti articoli a questo tema e, per quanto mi riguarda, e pur sapendo che forse non varrà nulla grazie alla nuova legge (finché la Corte non interverrà a dichiararla incostituzionale), ho scritto un biotestamento, sul modello a suo tempo predisposto dalla Fondazione Veronesi. Ma siccome non sto “contento al quìa” (come esortava Dante e pretendono i clericali), ho passato le mie vacanze d’agosto a seguire da vicino il caso di una vecchia signora, parente di miei amici, molto anziana, colpita da ictus e immobilizzata in ospedale a Civitavecchia, col corpo esangue e smunto ricoperto di piaghe e di ematomi causati dalle flebo per nutrirla: l’ago non trovava più posto nelle vene, e sacche di liquido si addensavano nei tessuti provocando gonfiori come bubboni, e dolori inespressi. Ora giace in una “lungodegenza” al “Santo Volto” di Santa Marinella, povero mucchietto di ossa e piaghe. Forse chi disse a Berlusconi che Eluana avrebbe potuto avere le mestruazioni e fare un figlio aveva visto il film di Almodovar Parla con lei: un infermiere che parla amorosamente con la giovanissima ballerina in coma irreversibile (ma alla fine esce dal coma, a differenza della torera che le giace vicino), la quale effettivamente ha il suo ciclo e resta incinta di qualche mascalzone che ne approfitta (il feto nasce morto). Come vede, il problema è complesso e la ragione umana, condivisa da un religioso di altissimo livello come Martini, si affida al “caso per caso” della pratica medica. Quanto all’aspetto politico della questione, che per Berlusconi è solo un baratto con la Chiesa (biotestamento contro remissione dei peccati di lussuria. E gli altri?) a me preme ricordare la Costituzione: «Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». I clericali e i capi della loro vandea (che per fortuna non rappresenta tutto il mondo cattolico) in passato hanno imposto quel vincolo a parlamentari che dunque, se hanno votato solo per quell’imposizione e non per intima convinzione, hanno tradito la Repubblica. Altri si apprestano a tradirla. Il capo dello stato, che è il primo vigilante della Costituzione, e i presidenti delle camere, lo sanno. Essi sanno che come la Chiesa ha i suoi principi non negoziabili lo stato ha i suoi doveri inderogabili. Vigilino dunque sul rispetto della libertà da vincoli di mandato, della libertà di coscienza di tutti i parlamentari, di maggioranza e di opposizione. È il loro dovere. 1351 - SE L’ILLUMINISMO DIVENTA "BIECO" - DI STEFANO RODOTA’ da: la Repubblica di mercoledì 9 settembre 2009 11 Stiamo affrontando un tempo difficile in piena regressione culturale, radice e fondamento d'ogni cattiva politica. Pur sapendo quanto lunga sia la schiera dei detrattori dell'Illuminismo, ad esempio, mai mi sarei aspettato che, nel 2009, fosse definito “bieco”, con un ritorno nello spirito e nel linguaggio all'invettiva contro Pio IX che Giuseppe Gioachino Belli mette in bocca al suo popolano romano, nostalgico del papa morto, Gregorio XVI, “nun fuss'antro pe avé mess'in castello, /Senza pietà, cquela gginia futtuta”, per aver imprigionato i biechi “giacubbini”. Di quella ingombrante eredità che continua a parlarci di libertà, eguaglianza e fraternità - bisogna liberarsi nel momento in cui i diritti fondamentali delle persone diventano l'offerta sacrificale per riguadagnare il favore della Chiesa, la libertà d'opinione appare intollerabile e, soprattutto, si insiste sull'investitura elettorale e sul favore dei sondaggi per riproporre un uso del potere della maggioranza che non tollera nè limiti, né pudore. In agosto, il Presidente della Cei aveva messo in evidenza i limiti del principio di maggioranza, al quale non dovrebbero essere sottomessi i valori. L'annuncio di questi giorni del presidente del Consiglio e dei suoi, invece, va nella direzione opposta, per il modo in cui si torna a parlare di testamento biologico, pillola Ru486, insegnamento della religione, procreazione assistita, unioni di fatto. Sono questi i temi che la maggioranza annuncia di voler sottomettere a quella forza dei numeri dalla quale il cardinal Bagnasco, per un momento, sembrava aver allontanato la discussione sui valori. Una maggioranza prepotente proprio sui valori vuole di dire l'ultima parola, dando concretezza alla pretesa di trasformare le istituzioni nel veicolo di un'etica di Stato, nel braccio secolare di convinzioni religiose. Al presidente del Consiglio vale la pena di ricordare un brano del discorso pronunciato da Aldo Moro nel 1974, all'indomani della sconfitta della Democrazia cristiana nel referendum sul divorzio, mettendo in guardia contro le forzature «con lo strumento della legge, con l'autorità del potere, al modo comune di intendere e disciplinare, in alcuni punti sensibili, i rapporti umani», e si consigliava «di realizzare la difesa di principi e valori cristiani al di fuori delle istituzioni e delle leggi, e cioè nel vivo, aperto e disponibile tessuto della nostra vita sociale». Una posizione, questa, nella quale si rifletteva anche la consapevolezza dei limiti costituzionali all'ingerenza del legislatore nella vita delle persone. Ma la questione della maggioranza e dei suoi poteri si pone anche in campi diversi, in primo luogo per la riforma dei regolamenti parlamentari che si annuncia come uno dei temi centrali della prossima stagione politica, Il Governo, fin dal Primo giorno di questa legislatura, ha sistematicamente mortificato il Parlamento, usando la propria maggioranza per forzature continue, abusando del voto di fiducia, del decreto legge, dei maxiemendamenti. Ora si avanzano proposte di riforme regolamentari che dovrebbero almeno limitare questi abusi. Ma, considerandone i contenuti, si ha la sgradevole sensazione che, nella gran parte dei casi, si trasformino in procedure formali quelle che oggi sono forzature, spianando la strada al Governo anche con strumenti attinti alla parte più autoritaria (e oggi contestata) della costituzione gollista, come il voto bloccato che cancella gli emendamenti agli articoli delle leggi in discussione, In cambio, all’opposizione verrebbe concesso un ingannevole statuto, che dovrebbe rafforzarne il ruolo. Ma si tratta di concessioni che la maggioranza può sempre vanificare appunto con la forza dei numeri. Ricordo, come ammonimento, quel che accadde diversi anni fa, quando una riduzione dei poteri dell'opposizione venne compensata con la concessione del parere di costituzionalità in sede di commissione parlamentare. Bene, maggioranze più o meno blindate hanno sempre dato via libera, a occhi chiusi, anche a provvedimenti di cui la incostituzionalità era evidente, e sarebbe stata poi dichiarata dalla Corte. Mi auguro che l'opposizione se ne renda conto, e non si lasci intrappolare da questo diversivo, che avrebbe come unico effetto quello di rendere rispettabile ciò che oggi ha il carattere di una forzatura. Un diversivo doppiamente pericoloso, perché distoglie l'attenzione da quelli che oggi sono i veri punti critici di una riforma del Parlamento, non riducibile al solo superamento dell'attuale bicameralismo (che tuttavia, in tempi di prepotenze e di ignoranze, 12 ha almeno reso più difficile qualche forzatura, come sta accadendo ad esempio per la legge sulle intercettazioni telefoniche). Da tempo scrivo che, con l'avvento della democrazia continua, segnata da una presenza sempre più variegata e costante dei cittadini, dev’essere ripensato il rapporto tra il Parlamento e la società, dando così nuovi fondamenti sia al principio maggioritario che al rapporto tra maggioranza e opposizione. Molte sono le vie percorribili. Rivitalizzare l'iniziativa legislativa popolare, prevedendo presenze dei promotori nell'esame parlamentare in commissioni e vincoli temporali per la discussione delle proposte. Cogliere l'indicazione del Trattato di Lisbona, che accompagna la democrazia rappresentativa appunto con il diritto di proposta da parte di un milione di cittadini europei. Sviluppare questa indicazione nel senso reso visibile dalla strategia di Barack Obama, che non ha ridotto il ricorso alle tecnologie della comunicazione alla logica del marketing politico, ma sta integrando la sfera della democrazia rappresentativa con quella delle reti sociali. Solo così è possibile una riforma che non sia un gioco sterile all'interno delle attuali istituzioni parlamentari. Ma, per imboccare questa strada, è indispensabile uscire da una forma di schizofrenia che percorre la discussione politica. La forza delle cose ci mette di fronte alla concentrazione personale del potere, all'affossamento della separazione dei poteri, alla distruzione dei controlli, all'infeudamento del sistema della comunicazione, alla disunione del paese, in sintesi a quello che è stato chiamato lo sfascio dell'Italia. E, tuttavia, mai ci si pone una domanda, che pure dovrebbe essere ineludibile: come è potuto accadere, quali sono state le condizioni istituzionali che hanno contribuito a rendere possibile tutto questo? La domanda viene elusa perché esigerebbe una riflessione sul modo in cui è stato realizzato il passaggio dal sistema proporzionale a quello maggioritario. Una politica debole, incapace di immaginare il proprio futuro, si è consegnata ad una modellistica costituzionale che, a destra come a sinistra, esaltava il solo momento della decisione e per ciò scioglieva la maggioranza da ogni vincolo che non fosse il giudizio pronunciato dagli elettori alla fine della legislatura, aprendo la strada alla democrazia d'investitura e al potere personale. Senza ammortizzatori costituzionali e senza le forme di mediazione fino a quel momento assicurate dai partiti di massa, la politica è fatalmente degenerata in conflitto personale, in scontri oligarchici, in una ricerca del consenso senza esclusione di colpi. Non per nostalgie del passato, ma per fronteggiare il presente e costruire il futuro, abbiamo bisogno di questa consapevolezza. È venuto il momento di abbandonare l'ingegneria costituzionale e di tornare ad una politica costituzionale capace di riportare la maggioranza alla sua giusta funzione, in un quadro di principi che essa stessa non può violare. 1352 - IL VATICANO VUOLE LO STATO CATECHISTA - DI ADRIANO PROSPERI da: la Repubblica di giovedì 10 settembre 2009 Che fra i tanti problemi dell’Italia di oggi si debba porre in evidenza - ancora una volta quello dell’ora di religione potrà sembrare un lusso da laicisti incalliti. E invece è probabile che proprio in questo dettaglio si trovi un bandolo dell’imbrogliata matassa italiana Vediamo. Nel testo della lettera inviata dal prefetto della Congregazione vaticana per l’educazione cattolica ai presidenti delle conferenze episcopali si affermano punti secchi e precisi: 1. l’insegnamento della religione non può essere «limitato ad un’esposizione delle diverse religioni, in modo comparativo o neutro», ma deve concentrarsi nell’insegnamento della religione cattolica. 2. Il potere civile «deve riconoscere la vita religiosa dei cittadini e favorirla»; ma uscirebbe dai suoi limiti se presumesse di «dirigere o di impedire gli atti religiosi». Dunque «spetta alla Chiesa stabilire i contenuti autentici dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola» garantendo così genitori e alunni che quello che viene insegnato è proprio il cattolicesimo. Questa direttiva può essere letta da molti punti di vista: se ne ricava intanto un’idea di quanto scarsa sia l’autonomia dei vescovi e delle loro conferenze nazionali nel governo 13 religioso dei fedeli cattolici. Il Concilio Vaticano Il aveva segnato un momento di svolta rispetto all’avanzata del potere delle congregazioni vaticane, veri ministeri centralizzati capaci di ridurre i vescovi a obbedienti impiegati di concetto. Ma poi la Curia ha ripreso la sua marcia. Con qualche vittima e con evidenti conflitti tra figure dell’episcopato e mondo vaticano, come quelli intravisti nell’episodio dell’aggressione al direttore di «Avvenire» e delle sue dimissioni. Oggi il capo del governo italiano si prepara a pagare alla dirigenza vaticana della Chiesa un prezzo tanto più salato in termini di limitazione o erosione dei diritti costituzionali quanto più logora appare la sua rappresentatività allo sguardo non offuscato dalla propaganda mediatica: dichiarare - come ha fatto Berlusconi - che quelle relazioni sono «eccellenti» significa solo che il debitore si Impegna a pagare qualunque prezzo. Oltre al testamento biologico avremo dunque sempre più uno Stato catechista, anzi uno Stato chierichetto. Perché una cosa di cui il cardinale Grocholewski sembra non rendersi conto è questa: che quel pericolo di uno Stato che presuma di dirigere o di impedire atti religiosi è proprio ciò che la sua lettera tende a realizzare e che in Italia già esiste. Non potremmo definire altrimenti lo Stato obbediente che: a) impone nelle sue scuole pubbliche l’insegnamento di una sola e specifica religione; b) fa svolgere quell’insegnamento da persone scelte dall’autorità ecclesiastica; c) si prepara a garantire a quell’insegnamento la stessa autorevolezza delle altre discipline scolastiche e la stessa remunerazione in crediti, in barba alla sentenza del Tar del Lazio, assicurando che questa ora di religione ha «la stessa esigenza di sistematicità e di rigore che hanno le altre discipline». Noi non vogliamo negare che lo studio delle dottrine cattoliche possa avere sistematicità e rigore. In popoli che il caso geografico e le svolte storiche hanno lasciato più lontani di noi da Piazza San Pietro ci sono eccellenti facoltà di teologia cattoliche sorte per emulazione accanto a quelle protestanti. Qui, come ben sa l’attuale pontefice che ne è stato un docente, le questioni dottrinali dell’intricato sistema di segni e di concetti elaborato nel corso di millenni vengono dottamente discusse seguendo le regole della ricerca intellettuale: conoscenza critica dei testi, rigore di analisi. Ma nell’insegnamento scolastico di cui qui si tratta abbiamo solo la distribuzione di verità in pillole per lottare contro i pericoli sommi evocati dalla lettera cardinalizia di cui sopra: «creare confusione o generare relativismo o indifferentismo religioso». Tra l’esercizio dell’intelligenza aperta e ancora fresca delle menti giovanili e l’obbligo di inculcare certezze, tra la libera ricerca del vero e l’apologetica di una religione c’è un abisso, Quale sia poi l’effetto di questa dimensione catechistica sulla vita religiosa di un popolo è la storia a dircelo. Da secoli, in un modo o nell’altro, con una breve parentesi di scuola laica nell’Italia dello Statuto albertino, gli italiani imparano il catechismo cattolico, da quello di San Roberto Bellarmino in poi. Ebbene, quale sia lo stato della religione degli italiani è sotto gli occhi di tutti. Non parliamo solo di conoscenza: ché qui l’abisso è grande come sanno i pochi volenterosi che tentano ogni tanto di diffondere la conoscenza della Bibbia. Parliamo di morale, quella dei Vangeli cristiani e del decalogo ebraico. Parliamo della capacità cristiana di testimoniare la fede in faccia al potere. L’Italia non ha conosciuto martiri se non quelli creati dal potere ecclesiastico. Ha conosciuto ipocriti, eredi di ser Ciappelletto e di Tartufo. Nel paese dove un tempo fiorivano i marxisti immaginari, oggi pullulano i convertiti religiosi. «Franza o Spagna, purché se magna», si diceva nel ‘600. 1353 - BERLUSCONI: BIOTESTAMENTO? CONSOLIDERA' RAPPORTI CON CHIESA da: ADUC Salute n° 36/2009 14 Il rapporto tra il governo e la Chiesa si 'consoliderà' nei prossimi mesi anche su questioni molto importanti, come il testamento biologico'. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso di un'intervista a Mattino Cinque. 'La difesa che il nostro governo ha compiuto di alcuni principi basilari di civiltà, che sono alla base della dottrina cattolica, principi come la difesa della vita umana e la difesa della famiglia - ha sottolineato il premier - sono lì a dimostrare questa eccellenza di rapporti tra il nostro governo e la Chiesa'. COMMENTI 'La forza della medicina e il sapiente e prudente giudizio della persona tra la vita e la morte, vengono evocati stamani sul Corriere della Sera dal Cardinale Martini, ex Arcivescovo di Milano, in tema di testamento biologico, ponendo una forte ipoteca di natura teologica sul prossimo dibattito parlamentare alla Camera'. E' quanto ha dichiarato la senatrice Maria Ida Germontani, eletta al Senato della Repubblica nelle liste del Popolo della Libertà. 'E' l'intero mondo cattolico e non solo i laici - ha proseguito Germontani - a manifestare, dunque, incertezza di fronte ad un tema, la fine della vita, che dovrebbe essere affrontato a livello parlamentare senza innalzare insormontabili steccati religiosi o di schieramento politico. E le stesse gerarchie ecclesiastiche oggi non possono escludere il rischio che, dopo il voto del parlamento, qualcuno faccia ricorso al referendum abrogativo con la inevitabile conseguenza di una lacerante ferita nel mondo cattolico'. 'Come legislatori abbiamo il dovere di insistere per una soluzione ispirata al buon senso e al rispetto di tutti i cittadini che sono elettori, ma anche persone ed esseri umani' ha concluso la senatrice. "I tanti laici presenti nel Pdl di provenienza liberale, radicale e socialista battano finalmente un colpo e non si facciano mettere ancora una volta a tacere anche su un tema importantissimo come quello del testamento biologico". Così Silvana Mura, deputata di Idv. "Di fronte allo spettacolo moralmente avvilente di un premier che non esita ad utilizzare la legge sul fine vita come uno strumento per ricucire un rapporto ormai compromesso con le gerarchie ecclesiastiche - prosegue Mura - è necessario un atto di coraggio da parte di tutti. Se si vuole davvero approvare una buona legge in materia di testamento biologico è necessario che ognuno risponda alla propria coscienza e ai propri convincimenti, senza vincoli o casacche di partito. 'Personalmente non ho avuto nessuna pressione da parte di nessuno. E non credo ci possano essere accordi segreti' sulla legge sul testamento biologico. Così Domenico Di Virgilio (Pdl), relatore alla Camera della legge sul fine vita, risponde a chi denuncia una 'logica di scambio’ nelle parole pronunciate stamattina dal premier Silvio Berlusconi sul fatto che il biotestamento contribuirà a 'consolidare' i rapporti tra governo e Chiesa. Raggiunto telefonicamente in Siria, dove è in pellegrinaggio con i parlamentari, Di Virgilio ci tiene ad assicurare che anche a settembre proseguirà in commissione una discussione 'ampia, libera, senza alcuna strozzatura'. Del resto lo stesso presidente del Consiglio 'sa benissimo - evidenzia il deputato del Pdl - che questo è uno dei temi più delicati della biopolitica'. 'Bisogna agire senza ideologie', aggiunge il relatore. Che dice di non aver ancora deciso su quale testo base adottare, ma avverte: 'Non possiamo disconoscere il lavoro portato avanti per cinque mesi del Senato, che ha approvato un testo che ha superato oltre 60 voti segreti'. 'La sinistra non sa più di che cosa parlare'. Così il presidente dei deputati della Lega Nord, Roberto Cota, commenta le accuse rivolte dall'opposizione al governo di adoperare una 'logica dello scambio' nei rapporti con la Chiesa, il cui oggetto sarebbe la legge sul testamento biologico. 15 'Dopo tutti i boomerang primaverili ed estivi, eccone servito dalla sinistra un altro - sottolinea Cota - Prima si inventano i presunti contrasti con la Chiesa e poi si lamentano quando emerge la verità, cioè le oggettive convergenze sui valori'. 'Per quanto ci riguarda - conclude il capogruppo del Carroccio - confermiamo la condivisione sull'impostazione del testo già approvato al Senato'. 'Il testamento biologico, un tema così delicato, non può essere scambio politico con la Chiesa da parte di Berlusconi'. Lo ha detto il leader del Pd Dario Franceschini, oggi a Padova, nel corso di un incontro per presentare la propria mozione in vista del congresso del partito. 'E' un tema delicato - ha aggiunto - il Pd deve avere una posizione, abbattendo il muro che c'è, e facendo un bene al Paese, senza che ci siano singoli che scelgono una posizione per convenienza'. 'E' giusto che la Chiesa faccia sentire la sua voce - ha concluso - ma nel momento delle scelte ognuno decide secondo le proprie convinzioni e nel rispetto della laicità dello Stato'. Sul biotestamento interviene il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che ritiene urgente "colmare il vuoto" creato dalla mancanza di una legge in materia di fine vita. Intervistato da Maurizio Belpietro nel corso della 'telefonata' (Canale 5), Sacconi spiega il suo punto di vista: "Adesso il provvedimento e' nelle mani del Parlamento dopo l'approvazione da parte del Senato. Noi seguiamo con molta attenzione l'iter di questo provvedimento soprattutto perché muoviamo da una convinzione: che quel provvedimento creativo della magistratura che ha di fatto introdotto in Italia senza che il legislatore se ne sia occupato un percorso eutanasico deve essere corretto; quel vuoto che si è prodotto in questo modo va colmato con una decisione trasparente del Parlamento e su questo punto specifico quello del caso Englaro, quello del diritto all'alimentazione e all'idratazione,il consiglio dei ministri si è pronunciato all'unanimità' . Quindi - prosegue il ministro - è urgente che soprattutto questo vuoto venga colmato, che questo pericolo, di introdurre nel nostro Paese l'eutanasia venga rimosso come io credo voglia la grande maggioranza del Parlamento aldilà della stessa maggioranza parlamentare che sostiene il governo" La teodem Paola Binetti intervenendo nel dibattito sul testamento biologico all'esame alla Camera, auspica - intervistata dal Riformista - che "Fini non si metta di traverso nel dibattito parlamentare", augurandosi che il testo "nel passaggio a Montecitorio guadagni soprattutto in umanità". E riferendosi alle posizioni del premier osserva: "Il giorno in cui Berlusconi deciderà di sostenere un ddl che è buono in sé, anche Berlusconi avrà fatto una cosa buona". Sul testamento biologico "Fini ha avuto ragione fin dall'inizio: Il testo del Senato è demenziale, de-men-zia-le: partorito sotto l'effetto di una suggestione emotiva è una legge contro l'eutanasia e non sul testamento biologico: Una legge che peraltro non serve perché per l'eutanasia c'è il codice penale, i cui articoli vengono ripetuti in ogni paragrafo del testo Calabrò". Parla, intervistato dal Riformista, Marcello De Angelis, direttore della rivista Area e parlamentare molto vicino a Gianfranco Fini. "E' un testo pessimo - denuncia - parla solo di idratazione e di nutrizione, non della responsabilità del singolo, del rapporto di fiducia con i familiari, di quello tra malato e medico, e come se non bastasse mette pure un magistrato a controllare il tutto". Quella legge, insomma, "va messa da parte. E anche la linea di Sacconi non e' una mediazione: non ha senso fare una leggina su idratazione e nutrizione e stralciare il resto". E per quanto riguarda i cattolici, De Angelis taglia corto: "Questi presunti cattolici hanno dimenticato le parole di Paolo VI all'associazione dei medici cattolici contro l'accanimento terapeutico". E ancora: la legge uscita dal Senato "ha un impianto materialista e ateo. Qualcuno vuole usarla per comprare l'indulgenza per i presunti peccati del premier. Uno scambio - denuncia De Angelis - opinabile, visto che la Segreteria di stato e' tutt'altro che 16 ingenua. Per quanto mi riguarda - conclude - se il testo non cambierà voterò contro. Comunque su questi temi occorre il voto segreto". Silvio Berlusconi pensa di usare la legge sul testamento biologico in una 'logica di scambio' come farebbe 'un mercante senza scrupoli indifferente ai valori'. Lo ha affermato in una intervista a L'Unità il capogruppo Pdl al Senato, Anna Finocchiaro. 'Per Berlusconi non ci sono valori, tutto si compra e tutto si vende. Sarebbe questo - ha sostenuto Anna Finocchiaro - ciò che svela quella frase del premier sui rapporti tra governo e Chiesa, quel dire che si 'consolideranno nei prossimi mesi anche su questioni molto importanti come il testamento biologico'. Equivale ad ammettere - ha notato la capogruppo Pd al Senato - che nella sua testa sono e saranno regolati da una logica di scambio e da un atteggiamento tattico e strumentale. Gli sproloqui a cui Berlusconi ricorre per coprire il suo evidente declino non mi stupiscono, ma quella frase rivela che per quest'uomo niente è veramente rilevante. Tutto si compra e tutto si vende. La sola cosa che gli interessa è se stesso e il proprio potere. Di quelli che vengono definiti dalla Chiesa valori non negoziabili, Berlusconi fa commercio, perché gli sono del tutto indifferenti'. "Se Berlusconi pensa di poter usare il delicatissimo tema del testamento biologico come filo per ricucire i lacerati rapporti con parti della gerarchia ecclesiastica; se qualcuno nel centrodestra cerca di brandire la legge approvata dal Senato per regolare i conti interni e stabilire leadership o alleanze future, sappia che faremo di tutto per impedirlo". Lo dichiara il vice capogruppo del Pd alla Camera, Marina Sereni. "La legge - sottolinea Sereni - arrivata da Palazzo Madama è stata criticata dai medici, dalle associazioni, da donne e uomini che vogliono esprimere una scelta sul fine vita coerente con la dignità e l'umanità' della persona. Per questo, ora che la norma è all'esame della Camera, chiederemo di ascoltare gli esperti e le organizzazioni sociali e professionali e riproporremo emendamenti che consentono di modificare profondamente una legge ideologica e sbagliata". "Noi del Pd -conclude Sereni- faremo la nostra parte e chiediamo a tutti coloro che nel centrodestra nutrono dubbi sul testo Calabro', di lavorare nel rispetto dei ruoli e delle regole, ma soprattutto nel rispetto della nostra Costituzione e del diritto umano". Premesso che "la Chiesa non si fa strumentalizzare", c'è "bisogno di questa legge. Mi auguro che la Camera la approvi e lo faccia con una maggioranza più ampia di quella registrata al Senato". La senatrice del Pd, Emanuela Baio, che ha votato a favore del ddl sul testamento biologico, interviene nel dibattito e commenta così le dichiarazioni del premier di ieri. Sul fronte dei rapporti con il Vaticano si dice convinta che "la Chiesa ha il dovere di esprimersi, poi il parlamentare ha il dovere di scegliere", anche se è chiaro che "per il parlamentare cattolico la posizione della Chiesa e' la guida". Baio richiama alla necessità della legge "perché le famiglie hanno bisogno di essere accompagnate mentre ora sono abbandonate dallo Stato", per questo "mi auguro che la Camera approvi la legge: non vorrei- osserva la senatrice Pd- che si rifacessero a Montecitorio le stesse nostre audizioni". L'invito è quello a raccogliere "il lavoro prezioso e approfondito compiuto al Senato". Detto ciò, "mi auguro che alla Camera il consenso sia più trasversale: serve un consenso ampio su tematiche di questo tipo". E visto che questo ddl "non è del governo, spero in una approvazione più ampia. Non può essere- chiude Baio- una legge che divide". 1354 - COSA DEVE FARE UNA SCUOLA LAICA - DI STEFANO RODOTA’ da: la Repubblica di martedì 15 settembre 2009 Non è la prima volta che si propone di sostituire un insegnamento di storia delle religioni all´ora di religione cattolica. Negli anni ´80 Leopoldo Elia e Pietro Scoppola, cattolici, ritennero i tempi maturi per questo passaggio culturale, ma l´occasione non fu colta perché, una volta di più, la politica italiana si mostrò più ansiosa di una legittimazione vaticana, 17 attraverso un nuovo Concordato, che sensibile alle attese presenti nella società. Cosi la situazione italiana rimane lontana da quella di altri paesi europei dove sono obbligatori solo insegnamenti di etica o educazione civica, mentre da noi la religione rimane come insegnamento confessionale, impartito da insegnanti scelti dall´autorità ecclesiastica, che può revocarli in ogni momento. Una situazione anomala, alla quale ha cercato di porre qualche rimedio il Tar del Lazio, che ha considerato illegittima una ordinanza ministeriale che riconosceva un credito formativo agli studenti che avevano scelto l´ora di religione. La ragione della violazione si trova proprio nel Concordato, dove si afferma che quella scelta «non deve determinare alcuna forma di discriminazione, neppure in relazione ai criteri per la formazione delle classi». Per i giudici la discriminazione è evidente, perché non si assicura la possibilità di conseguire un credito formativo a chi professa altre religioni o non ne professa alcuna. Si riflette qui il principio secondo il quale l´entrata della religione nello spazio pubblico non può attribuire ad una confessione una posizione "dominante". Per sciogliere questo antico nodo è tornata la proposta di un insegnamento che elimini la ragione del conflitto, guardando al fenomeno religioso in una prospettiva storica e comparativa. Ma la ministra della Pubblica Istruzione, dopo aver ribadito la regola sui crediti formativi in un modo che non consente di superare la sentenza del Tar, ha giustificato il rifiuto di un insegnamento multiconfessionale anche con l´argomento che «questo non avviene nei paesi musulmani». Ma la democrazia non può ispirarsi alla legge del taglione, il riconoscimento di libertà e eguaglianza non può essere subordinato agli atteggiamenti assunti da totalitarismi o fondamentalismi. La linea del Governo coincide con il rifiuto vaticano dell´insegnamento paritetico delle religioni, rafforzato dall´affermazione per cui «spetta alla Chiesa stabilire i contenuti autentici dell´insegnamento della religione cattolica». Parole che rivelano la debolezza delle tesi di chi sostiene che quell´insegnamento non ha carattere confessionale e che gli insegnanti di religione hanno uno status identico a quello degli altri professori. Per essi, infatti, non vale la norma costituzionale sulla libertà dell´insegnamento, per l´imposizione dall´alto dei "contenuti autentici". E non valgono le garanzie contro le discriminazioni, poiché una parola fuori posto o uno stile di vita non gradito possono far scattare la revoca del nulla osta ecclesiastico. Così, nel cuore della scuola pubblica si apre una contraddizione grave. Mai come oggi quella scuola deve essere il luogo del riconoscimento reciproco, non di una separazione che fa vedere l´altro come diverso, preparando una società del conflitto. All´inizio del ´900 Gaetano Salvemini indicava la via per sfuggire a questi rischi. «La scuola laica non deve imporre agli alunni credenze religiose, filosofiche o politiche in nome di autorità sottratte al sindacato della ragione. Ma deve mettere gli alunni in condizione di potere con piena libertà e consapevolezza formarsi da sé le proprie convinzioni politiche, filosofiche, religiose». 1355 – BIOTESTAMENTO: SADICI PER LEGGE - DI BEATRICE BUSI da: l’Altro di mercoledì 16 settembre 2009 Dopo la pausa estiva dei lavori parlamentari, la discussione sul testamento biologico è stata ripresa ieri alla Camera nella Commissione Affari Sociali, che licenzierà. il testo base da votare in aula presumibilmente entro fine ottobre. Alla fine della riunione di ieri, la deputata pd Barbara Pollastrini ha chiesto a tutti di fare un passo indietro, «per farne, insieme, uno avanti», mentre la sottosegretaria. Eugenia Roccella, ha ribadito che se ci sono margini di cambiamento, dovranno rispettare le impostazioni di fondo del testo uscito dall’aula del Senato. Ma se per il Pd, in commissione «si sta creando un nuovo clima», lo scenario politico sembra invece essersi incupito. Subito dopo le dimissioni di Boffo - e il conseguente affondamento della vecchia leadership della Cei, ancora troppo influente per i gusti dei 18 vertici vaticani - il Presidente del Consiglio, per tranquillizzare i cattolici, aveva annunciato che la buona salute dei rapporti tra governo e Santa Sede sarebbe stata rafforzata proprio dalla legge sul testamento biologico. Come ha lucidamente commentato Chiara Saraceno su Repubblica, «non è chiaro chi uscirà vincitore dalla complessa partita che si sta giocando nel rapporto Stato (o meglio governo) e Chiesa cattolica in queste settimane, tra minacce, aggressioni, ricatti e promesse». Ma «se non è chiaro chi e come vincerà, è chiaro chi perderà: noi cittadini». La merce di scambio politico, infatti, è il diritto di tutte e di tutti di poter dire e decidere su di sé. La maggioranza, del resto, nonostante gli appelli del presidente della Camera Fini, è fermamente decisa a fare quadrato attorno al ddl Calabrò, approvato al Senato a fine marzo, un mese e mezzo dopo la morte di Eluana Englaro. Un testo, quello sulle “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento” che contiene ben poco di ciò che il titolo proclama. Le categorie di alleanza terapeutica e di consenso informato, di cui le dichiarazioni anticipate dovrebbero semplicemente rappresentare un’estensione temporale, ne escono stravolte. Che senso ha, infatti, una legge sul testamento biologico, se poi lo si rende “non vincolante”? E se le dichiarazioni anticipate non sono vincolanti, perché costringerci a rinnovarle addirittura ogni tre anni? Di che genere di “alleanza” si tratta, se la relazione di cura è così sbilanciata dalla parte del medico da consentirgli di ignorare le disposizioni del paziente? A che serve il principio del “consenso informato”, secondo il quale nessuno può essere sottoposto a un trattamento sanitario senza che abbia ricevuto tutte le informazioni e senza che abbia fornito il proprio libero consenso, se ci sono trattamenti sanitari che non possono essere rifiutati? Al Senato, la partita si è giocata tutta attorno alla bizzarra definizione dell’idratazione e della nutrizione artificiale come “sostegno vitale”, anziché come “trattamento sanitario”. Una definizione sulla quale ha deciso di convergere, pur traendone conclusioni opposte a quelle del governo, anche la maggioranza del Pd e che contraddice palesemente non solo ii parere di diverse sentenze della Corte di Cassazione,. ma soprattutto dei documenti degli organismi scientifici che si occupano, in particolare, di nutrizione artificiale. Alla Camera, gli scenari più realistici che si profilano all’orizzonte della discussione sono, a grandi linee, almeno due. Il ddl Calabrò potrebbe subire modifiche non sostanziali, concedendo un valore solo “simbolico” al biotestamento e rimandando, ancora una volta, la decisione definitiva a giudici e tribunali. Oppure, le modifiche potrebbero essere tali da rendere le Dat vincolanti per il medico, ma non per quanto riguarda la nutrizione e l’idratazione artificiale. E in questo caso, la parola potrebbe anche passare alla Corte Costituzionale. Del resto, la battaglia a colpi di emendamenti alla quale abbiamo assistito tra febbraio e marzo al Senato, non fa sperare niente di meglio. Le prove tecniche del piccolo Grande Centro, le cui fondamenta poggiano proprio sulle questioni “etiche”, hanno già fatto parecchi danni. Il merito dell’emendamento che ha reso non vincolanti le Dat, infatti, va tutto all’Udc: l’obbligatorietà per il medico di tenere in considerazione il biotestamerito è sparito dal disegno di legge grazie ad un emendamento firmato dal senatore Fosson. Così, con il pretesto di lasciare ai medici un margine di intervento “a fronte di nuove evidenze scientifiche”, le Dat sono state trasformate in carta straccia. Un processo che è stato decisamente favorito dalle divisioni interne al Pd, spaccato proprio su nutrizione e idratazione artificiale. L’emendamento della maggioranza Pd, che ne ammetteva la sospensione “eccezionale” nel caso fosse espressamente richiesta dalla dichiarazione anticipata di trattamento, non venne firmato da Francesco Rutelli e Dorina Bianchi. Rutelli aveva quindi presentato un proprio emendamento che escludeva in assoluto la possibilità di includere nel biotestamento la propria volontà riguardo a nutrizione e idratazione artificiale. 19 Una mossa che gli aveva fatto meritare la prima pagina del manifesto, sulla quale campeggiava, oltre alla sua foto, l’ironico titolo: “Esecutore testamentario”. Ma l’ambiguità della posizione del Pd in fase di presentazione degli emendamenti, aveva già raccolto la soddisfazione del ministro Sacconi. che le aveva giudicate come “una positiva evoluzione”. Riconoscendo la tesi sostenuta dal governo, ovvero che idratazione e alimentazione sono sostegni vitali e non terapie, il Pd ha decisamente prestato il fianco alla perversione paternalista del ddl Calabrò. La teodem Binetti, presente in Commissione Affari Sociali della Camera, lunedì, ai margini della discussione sulle cure palliative, è riuscita a profilare il rischio di una «nuova frontiera dell’eutanasia» persino a proposito della sedazione profonda. Siamo di nuovo, come nella discussione sulla Ru486, al sado-masochismo di Stato. Non solo partorirai, ma dovrai anche vivere e morire nel dolore. Come ha scritto Stefano Rodotà, nel suo importante libro La vita e le regole, infatti, «un morente ben accudito, ma privo di diritti, è più oggetto che persona; lenisce angosce sociali, ma può segnare l’abbandono nel patimento. individuale». L’evoluzione dell’etica clinica che sta mettendo al centro la libertà di scelta del paziente e i più ampi movimenti sociale che rivendicano una legittima sottrazione del proprio corpo, della propria vita e della propria morte ai “biopoteri”, rischiano di essere costretti a battaglie di retroguardia da una brutta legge. Voluta da un governo che sta facendo delle decisioni illiberali e autoritarie il suo marchio di fabbrica e favorita da un’opposizione “democratica” che, salvo poche eccezioni, sul tema dei diritti all’autodeterminazione non è mai stata davvero disposta a fare conflitto. 1356 - IL TESTAMENTO SENZA VOLONTÀ’ - DI GIOVANNI SARTORI da: il Corriere della Sera di mercoledì 16 settembre 2009 Paradossalmente, quando la Dc era al potere la Chiesa non comandava. De Gasperi e altri leader democristiani agirono, rispetto alle richieste del Vaticano, secondo coscienza e seppero anche dire seccamente No. Oggi la Chiesa comanda (parecchio) e Prodi, pur cattolico fervente, la indispettì per aver osato dire che era «un cattolico adulto», e cioè capace di ragionare con la sua testa. E l’ulteriore paradosso è che oggi il più «aperto» ai voleri del Vaticano sia Berlusconi. Bossi tiene, e sulla immigrazione clandestina non si piega. Invece Berlusconi, che non è certo un cattolico esemplare, è pronto a cedere quasi su tutto (salvo che sulla sua persona). Il testamento biologico approvato tempo fa dal Senato e fortemente voluto dalla Chiesa, è stato approvato dalla sua maggioranza. Ed è arrivato ieri alla Commissione competente della Camera per l’approvazione definitiva. Si prevede che sarà ritoccato. Anche così resterà un testamento che viola la volontà del testatore. Perché questo è l’intento della Santa Sede. La Chiesa, e per essa il suo Pontefice, può sbagliare? Certo che può sbagliare. Tantovero che agli ultimi Pontefici è venuto addirittura il vezzo di chiedere scusa per errori e anche male azioni di loro predecessori. D’altronde la dottrina della infallibilità papale è recente, è del 1870, e si applica soltanto ai pronunciamenti solenni, ex cathedra, in materia di fede e di morale. Quando papa Ratzinger è andato in Africa a discettare di preservativi e di Aids, il suo discettare non era solenne ed era anche sicuramente sbagliato. Nemmeno è vero che in quella occasione il Papa non abbia detto niente di nuovo. Sì, il Vaticano si oppone da sempre agli anticoncezionali. Ma un Pontefice non ha mai asserito, che io ricordi, che «la distribuzione dei preservativi » non serva a combattere davvero l’Aids: una tesi (cito dalla importante rivista Lancet ) che «manipola la scienza » . Restiamo al testamento biologico, in merito al quale il Vaticano vuole ad ogni costo impedire ulteriori «omicidi», se non assassinii, alla Eluana. Perché, nell’autorevole dire del cardinale Bagnasco (presidente della Conferenza episcopale italiana, e cioè dei nostri vescovi), non è 20 accettabile «un diritto di libertà tanto inedito quanto raccapricciante: il diritto di morire ». Ma «raccapricciante» è invece per me la tesi del cardinale. Come è ovvio, i miei diritti di libertà sono limitati e delimitati dai diritti di libertà degli altri. Cioè, io sono libero finché non invado e danneggio la libertà altrui. E viceversa. L’unica eccezione, l’unico diritto di libertà assoluto, che spetta soltanto a me perché è soltanto «solitario», è il mio diritto di morire (di morte naturale) come scelgo. Pertanto la novità, l’inedito, è che si vuole persino negare la libertà di morire senza inutili sofferenze e prolun-gate agonie. Sia chiaro: questa imposizione, questa illibertà, esisterebbe solo da noi. Dal che ricavo che il testamento biologico «alla Vaticana» dovrebbe essere rispedito al mittente. Libera Chiesa nel suo libero Stato. Aggiungi che la partita non è - come ha ben precisato Massimo Salvadori — tra cattolici e laici. È, piuttosto, tra un rinato sanfedismo, un fideismo che acceca la ragione e, dall’altro lato, tutte le persone, laiche o cattoliche che siano, che vogliono decidere da sé sulla propria sorte, o, se si vuole, malasorte. 1357- SUL TESTAMENTO BIOLOGICO UNIRE LE COSCIENZE LIBERE-DI F. ORLANDO da: Europa di giovedì 17 settembre 2009 Cara Europa, leggo sul numero di oggi (ieri, ndr), alla pagina Pd, l’articolo “Bioetica, no alla doppia morale che piace al Pdl”, estrema sintesi dell’intervento che Bersani ha svolto nell’incontro sull’enciclica Caritas in veritate, organizzato dai cristiano sociali. Leggo che Bersani «si fà scudo di un umanesimo forte e di una laicità che non è vino annacquato», e denuncia la «doppia morale del premier e di Bossi». Intanto, martedì nella commissione affari sociali della camera è ripresa la discussione sul testo della legge, quello infame votato al senato molti mesi fà. In concreto, cosa faranno ora i deputati del Pd? Lello Mariani – Firenze Risponde Federico Orlando Caro Mariani, forse non dovremmo chiederci cosa faranno i deputati del Pd, ma cosa faranno i deputati di tutti i partiti, maggioranza e opposizione: perché il problema è trasversale, e la divisione tra fautori della “legge infame”, come lei la definisce, e la legge umana, che in molti auspichiamo, passa per entrambi gli schieramenti. Lo ha confermato Fini, chiedendo una legge diversa da quella fondamentalista del senato, lo stesso premier ha biascicato qualche mezza parola sulla libertà di coscienza, i laici del Pdl sembra stano ritrovando il coraggio delle loro opinioni. Il relatore alla commissione affari sociali, Di Virgilio, forzista e già presidente dei medici cattolici, conferma che non ci sono bocce ferme, e che finora nessuna pressione, che non accetterebbe, è stata fatta su di lui. «È quindi necessario - si legge nella sua relazione, svolta nello scorso luglio - elaborare una legge che contempli il rispetto dell’esercizio della libertà del soggetto, come garantita dalla nostra Costituzione, con la tutela della dignità di ogni uomo nonché del valore inviolabile della vita». Hanno preso a muoversi anche giornali e uomini di cultura non militanti. Lo storico Massimo Salvadori ha affermato che sul testamento biologico lo scontro non è tra cattolici e laici, ma tra un rinato fondamentalismo che acceca la ragione e le persone, laiche e cattoliche, che ritengono inespropriabile il diritto di decidere della propria vita e di stabilire quando è il momento della morte naturale, senza delegarlo a politicanti, medici e preti. E proprio su questo tema del diritto inderogabile di ogni persona ha scritto ieri un durissimo articolo di fondo sul Corriere della Sera il politologo e costituzionalista Giovanni Sartori. Anche lui prevede che il testo del senato sarà ritoccato, perché viola la volontà del testatore. Cosa che potrà non far piacere al cardinale Bagnasco, ma alla maggioranza degli italiani sì. Secondo il cardinale, «non è accettabile un diritto di libertà tanto inedito quanto raccapricciante: il diritto dì morire». Per me - replica Sartori - è «raccapricciante» la tesi del cardinale. «Com’è ovvio spiega - i miei diritti di libertà sono limitati e delimitati dai diritti di libertà degli altri, L’unica eccezione, l’unico diritto di libertà assoluto, che spetta soltanto a me perché è soltanto “solitario”, è il mio diritto di morire (di morte naturale) come scelgo. La novità è che si vuole 21 persino negare la libertà di morire senza inutili sofferenze e prolungate agonie. Questa illibertà esisterebbe soltanto da noi. Dal che ricavo che il testamento biologico “alla vaticana” dovrebbe essere rispedito al mittente. Libera chiesa nel suo libero stato». Penso anch’io come Sartori. Ma mi sovviene il titolo di un libro di un altro studioso, Sergio Romano:“Libera chiesa. Libero stato?”. 1358 - ANCHE LA FEDE HA BISOGNO DEL DUBBIO - DI BARBARA SPINELLI da: la Stampa di giovedì 17 settembre 2009 Si intitola "Una parola ha detto Dio, due ne ho udite" il pamphlet di Barbara Spinelli, scrittrice e editorialista della Stampa, che esce oggi da Laterza (pp. 86, e. 8) e di cui anticipiamo un brano. Il sottotitolo, "Lo splendore delle verità", corregge - al plurale, l’enciclica di Giovanni Paolo II. È una risposta alla rinnovata domanda di assoluto, e un elogio del relativismo. «Tutto tende all’Uno: una è la radice culturale e politica dell’Europa, una la via per governare e sanare l’economia, una per costruire l’Unione Europea [...]. Da tempo si è smesso di contare oltre l’Uno. Eppure di questo pensare oltre l’Uno c’è un bisogno che non muore». L’accusa più rilevante che può venire dal ragionamento filosofico e teologico è quella del relativismo. Difendendo la libertà incondizionata dell’opinione contraria alla mia, affermo infatti qualcosa di pericoloso: dico, in sostanza, che le più svariate e contrastanti opinioni si equivalgono, che non esiste la possibilità di una verità e convinzione morale sufficientemente solide. Espongo ambedue – verità e convinzione – ad attacchi periodici e logoranti. La verità ha uno splendore che rischia di spegnersi, se messa in competizione con altre che aspirano a eguale splendore e per di più scintillano in maniere intensamente diverse. È un’obiezione molto seria e ha molti alleati, non solo appartenenti alla sfera religiosa. Grande è la paura, sia nelle Chiese sia nella pólis laica, di vivere in un mondo – i Dizionari dei Luoghi Comuni sono monotoni lungo i secoli – senza punti di riferimento stabili, fissi. Qui, in questa paura di smarrirsi e cadere nel vuoto, senza reti di sicurezza che raccolgano l’acrobata troppo audace, è il filo sottile che lega le due obiezioni, quella democratica e quella antirelativista: il timore di un collasso dei princìpi-guida le affratella, e le spinge a spostare l’obiettivo della ricerca da quel che è vero a quel che viene ritenuto utile o nocivo per la società o l’individuo, indistintamente. Nell’ottica di chi è preso da simili paure non è conveniente che il punto di riferimento stabile venga a mancare, dentro l’animo del cittadino, anche se il punto di riferimento non è pienamente dimostrabile e neppure tanto veridico. Accade in tal modo che l’individuo libero venga due volte sopraffatto: come essere umano che cerca il vero, e come essere umano che con proprie risorse e un proprio metro tenta di far cose utili a sé e agli altri. Tedium vitae, appassire della passione politica, indifferenza s’insediano nella sua mente. Il principio che dovrebbe servire a orientarsi diventa valore cui urge conformarsi, ordine dall’alto che azzittisce la coscienza invece di tenerla in stato di veglia: che le addita, come vedremo nel paragrafo sulla battaglia dei valori, la via da seguire. C’è, in questo sovrapporsi dell’utile al vero, una dose cospicua di anti-intellettualismo: non spacchiamo il capello in quattro, col rischio di perdere tempo in ricerche non necessariamente proficue e forse anche parecchio dannose. Contro queste scorciatoie intimidenti si erge Mill quando cita la definizione che Thomas Carlyle dà dell’antiintellettualismo in epoca vittoriana: una passione triste che dilagava in un’«età al tempo stesso priva di fede e terrorizzata dallo scetticismo». Quel che conta, per chi cerca il vero nel solo orizzonte dell’Utile o del presunto Bene della Società, è avere opinioni cui appoggiarsi come ci si appoggia a una salda roccia: opinioni che agli esordi hanno magari conosciuto il fervore immaginifico dei tempi fondatori, ma che con l’andare del tempo vengono adottate non per intima persuasione ma per fiducia o fede, delegando ad altri il compito di spaccare – se proprio vogliono buttarsi in questa spericolata avventura di acrobati – il capello in quattro. Per i tutori del Bene le opinioni valide sono 22 quelle in cui si crede, e che è dunque pericoloso esporre oltremisura al contraddittorio, alla miscredenza e perfino alla conversazione. Ma il ragionamento non tiene: né dal punto di vista del vero, e neppure se quel che si cerca è la mera utilità. Se non viene confrontata con un parere altrettanto poderoso e argomentato, nessuna opinione morale o religiosa riesce a mantenere, alla lunga, la propria facoltà di persuasione e diffusione. Viene come prosciugata, svuotata, e quel che resta è un insieme di formule aride: che diventano insignificanti per i più, e che ineluttabilmente si fossilizzeranno in dogmi. La ragione non può che patirne, scrive Karl Popper in Conoscenza oggettiva: un punto di vista evoluzionistico, nel 1972: «Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere». [...] Ma il vero precursore in materia resta John Stuart Mill, che già nel 1859 insorge contro l’aspirazione all’infallibilità, quale che sia il pulpito da cui proviene. Esclusa è solo la matematica: chi sostiene che due più due fa cinque cade manifestamente in errore e l’errore di questo tipo è, sì, una verità difficilmente oppugnabile. Non sono invece verità inoppugnabili quelle riguardanti la morale, la politica, la religione, la società, e in particolare i privati stili di vita (compreso il modo in cui ci si prepara alla propria morte), su cui anche oggi, come ai tempi di Mill, tanto si sorveglia e si legifera. Qui vale solo la coscienza della fallibilità, e solo la fallibilità consente di acquisire opinioni magari non ultime, magari non valevoli per l’eternità, ma abbastanza tenaci perché verificate razionalmente e via via corrette in modo da divenire princìpi di orientamento negli ambiti della politica, della morale, del costume o della religione. Mill ricorda come la stessa Chiesa cattolica romana, quando decide di canonizzare un fedele trapassato, intenti nei suoi confronti un processo (un processo di trial and error, direbbe Popper, di prova ed errore) e giunga persino a istituire la figura, contrapposta al relatore, dell’avvocato del diavolo e delle sue animadversiones. Anche se travestito da diavolo, il pubblico ministero ha il diritto di cercare ogni possibile falla nel discorso dominante – nel caso specifico sulla santità ipotetica del defunto – concentrandosi su ciascun dettaglio ed esplorando ogni anfratto della sua vita e delle sue opere che dovesse contraddire quella che viene congetturata come giusta dottrina. L’invenzione dell’advocatus diaboli conferma come il dubbio penetri fin dentro il tabernacolo delle fedi assolute. Penetra fin dentro la religione cattolica, che nel momento decisivo non esita a mostrare diffidenza verso le congetture considerate infallibili dai più e dalle stesse massime autorità. Che dà uno spazio ampio e ufficiale a chi potrebbe smontare tali congetture, lasciandogli indossare la veste diabolica dell’Avversario: per raggiungere il vero, le argomentazioni giuste occorre saggiarle, provarle nel crogiolo della tribolazione che è il contraddittorio. Dio stesso «saggia i cuori e le reni dell’uomo» (la formula è ricorrente nell’Antico Testamento), prima di forgiarne il destino o lasciare che sia l’uomo stesso a forgiarlo. L’avversario è il nostro saggiatore, il nostro verificatore, nel conflitto militare e ancor più nella disputa dialettica: è «la forma che assume il nostro problema», scrive Carl Schmitt. È il pubblico ministero che mette in causa quello che Giovanni Paolo II, nell’enciclica del 1993, chiamò Splendore della Verità. Anche quando l’intenzione è quella di preservare un’unica consistente verità, la prudenza è d’obbligo e dello scetticismo non c’è da avere terrore: se la verità viene fatta propria senza un convincimento profondo, essa diventa una fede ereditata anziché conquistata, che s’impone con l’ortodossia e con l’uso del potere politico necessario a ogni ortodossia. Occorre che esistano almeno due ragioni contrastanti perché una verità possa apparire superiore: nessuna può esserlo in assoluto, e forse per ciò bisognerebbe rinunciare a questo aggettivo troppo usato – assoluto – sia quando si parla di una verità o di un bene, sia quando si denuncia un male o una contro-verità. 1359 - IL TAR LAZIO SCONFESSA LA LEGGE SUL TESTAMENTO BIOLOGICO da: www.repubblica.it di giovedì 17 settembre 2009 23 A nessuno, che sia cosciente o incosciente, possono essere imposte alimentazione e idratazione forzata e anche in caso di stato vegetativo un cittadino può esprimere ex post la propria volontà di interrompere terapie giudicate inutili, comprese proprio alimentazione e idratazione. Il Tar del Lazio - accogliendo un ricorso del Movimento difesa dei Cittadini all'ordinanza Sacconi emanata lo scorso anno, nei giorni del caso Eluana - boccia di fatto la legge sul testamento biologico già approvata alla Camera e al vaglio del Senato, nella quale si afferma che alimentazione e idratazione artificiali sono atti imprescindibili che il malato in stato vegetativo non può rifiutare tramite una dichiarazione anticipata di trattamento. La sentenza. "I pazienti in stato vegetativo permanente - si legge nella sentenza - che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare e non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". E ancora: il paziente "vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi". Il Tar, nella sentenza n. 8560/09, ha evidenziato che si tratta di questioni che coinvolgono il "diritto di rango costituzionale quale è quello della libertà personale che l'art. 13 (della Costituzione, ndr) qualifica come inviolabile". Il Tribunale amministrativo ha poi ricordato che è entrata in vigore la convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità che impone che venga loro garantito il consenso informato. Infine, ha sottolineato come il rilievo costituzionale dei diritti coinvolti escluda che gli stessi possano essere compressi dall'esercizio del potere dell'autorità pubblica. La conseguenza è l'esclusione della giurisdizione del giudice amministrativo spettando, in caso di violazione dei principi richiamati dal Tar, al giudice ordinario garantire il pieno rispetto dei diritti della dignità e della libertà della persona. LE REAZIONI Il movimento difesa del cittadino. "Si tratta di una decisione estremamente importante commenta l'avvocato Gianluigi Pellegrino che ha curato il ricorso per il Movimento Difesa del Cittadino - Il Tar infatti è giunto a individuare la giurisdizione del giudice ordinario proprio dopo aver sottolineato il carattere costituzionale e incomprimibile del diritto di scelta che ogni individuo ha con riferimento a qualsivoglia pratica e intervento che debba avvenire sul suo corpo". Secondo l'avvocato Pellegrino, in sostanza, il Tar sentenzia che "la volontà del paziente prevale su tutto, sia che la esprima a voce sia che sia espressa per iscritto o in altre forme". Il ministro Maurizio Sacconi. "Se corrisponde al vero quanto contenuto in una nota che fa riferimento a una sentenza del Tar del Lazio sul caso di Eluana Englaro, questo rende di fatto ancora più urgente l'approvazione della 'norma Englaro'", sostiene il ministro del Welfare Maurizio Sacconi spiegando che la norma riguarderà "l'inalienabile diritto all'alimentazione e all'idratazione per offrire una certezza normativa coerente con l'articolo 2 della Carta costituzionale e con il riconoscimento del valore della vita che è presente nella tradizione largamente condivisa del nostro popolo". Maurizio Gasparri (Pdl). "Su temi che riguardano la vita e la morte delle persone serve una norma di legge precisa e non la fantasia della giustizia amministrativa, che immaginiamo impegnata su temi più ordinari. Sarebbe ridicolo o forse agghiacciante se su un argomento così delicato la decisione definitiva fosse affidata al Tar". Ignazio Marino (Pd). "La sentenza del Tar del Lazio chiarisce molte ambiguità che si erano create in occasione della drammatica vicenda di Eluana Englaro. Il Tar infatti afferma che non è possibile imporre l'alimentazione e l'idratazione artificiale a un paziente, nemmeno nel caso si trovi in stato vegetativo permanente". 24 Beppino Englaro. "Eluana vuol dire libertà pura in uno Stato di diritto. Non esiste nessuna 'norma Englaro': Englaro ha solo sollevato un problema davanti alla magistratura e ha avuto delle risposte, in primis mi riferisco alla sentenza della Corte Suprema di Cassazione", commenta Beppino Englaro dopo le dichiarazioni del ministro Sacconi. Se la leggina voluta dal ministro dovesse vedere la luce, "si tratterebbe di un provvedimento anti-costituzionale, anti-medico e anti-scientifico, una vera e propria legge da Stato etico", afferma deciso Englaro, pur sottolineando di non voler entrare in polemica con il ministro. "Neanche lo Stato - sottolinea il papà di Eluana - può disporre della salute dei cittadini: si tratta di diritti inviolabili e costituzionalmente garantiti dall'articolo 2 della Carta, un articolo che afferma e garantisce i diritti dell'uomo, vera e propria chiave di volta di tutto il sistema costituzionale". 1360 - LA CAMERA APPROVA LA LEGGE SULLE CURE PALLIATIVE da: Aduc Salute n° 37/2009 17-09-2009 - La Camera approva all'unanimità la legge sulle cure palliative. La creazione di una rete per l'accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore, e la semplificazione dell'accesso ai farmaci contro il dolore. Sono le principali novità della legge approvata ieri in prima lettura alla Camera, con il voto unanime di maggioranza e opposizione. Un testo di iniziativa parlamentare che, come ha sottolineato il viceministro alla Salute Ferruccio Fazio, 'colma un vuoto' legislativo. E mira a rendere le cure palliative un diritto per tutti, di cui ci si può avvalere in maniera omogenea sul territorio nazionale. Il sì dell'opposizione arriva dopo che, a luglio, il governo ha stanziato nuove risorse, superando le ultime perplessità. Ma alcuni miglioramenti sono ancora possibili, secondo il Partito democratico, che al Senato chiederà ulteriori fondi e il riconoscimento della “specialità'' per i medici operativi nella terapia del dolore. Ecco in sintesi il contenuto dei 12 articoli della legge. CURE PALLIATIVE E TERAPIA DEL DOLORE - Sono 'cure palliative' l'insieme degli interventi finalizzati al benessere dei malati terminali, per i quali le cure non servono più ai fini della guarigione. Le 'terapie del dolore' sono invece quelle applicate alle 'forme morbose croniche' e servono al controllo del dolore. RETE TERRITORIALE - Per assicurare le cure palliative e le terapie del dolore, che sono inserite nel piano sanitario nazionale come obiettivo prioritario, viene istituita su base regionale una apposita 'rete'. La rete, che deve essere omogenea a livello nazionale, e' costituita dall'insieme delle strutture sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, e assistenziali, nonche' delle figure professionali, che provvedono all'erogazione delle cure. COMMISSARIAMENTO REGIONI - Nel caso in cui una regione ritardi o ometta di adempiere a quanto previsto dalla legge, il ministero della Salute fissa un termine ultimo, scaduto il quale viene nominato un commissario 'ad acta'. ACCESSO SEMPLIFICATO AI MEDICINALI - La nuova legge semplifica le prescrizione dei medicinali per il trattamento dei pazienti affetti da dolore severo. Non sarà così più necessario da parte del medico utilizzare un ricettario speciale, ma il farmacista conserverà copia o fotocopia della ricetta. Alcuni principi cannabinoidi, che sono importanti per malattie come la Sla, vengono inseriti nell'elenco dei farmaci. FONDI AD HOC - E' stanziata una quota fissa di 50 milioni di euro, più 100 milioni di euro inseriti dal 2009 tra gli obiettivi di piano del fondo sanitario nazionale. Perché le risorse vengano effettivamente destinate alla cura del dolore, la nuova legge prevede che le Regioni inadempienti non potranno accedere per l'anno successivo ai finanziamenti sanitari nazionali. FORMAZIONE - Viene disciplinata anche la formazione e l'aggiornamento del personale sanitario specializzato, con specifici percorsi universitari e l'istituzione di master professionalizzanti. 25 OSSERVATORIO - La legge istituisce uno specifico Osservatorio nazionale permanente, incaricato tra l'altro di redigere un rapporto annuale sull'andamento delle prescrizioni. 1361 - MODIFICARE L'OTTO PER MILLE - COMUNICATO DI DONATELLA PORETTI da: www.aduc.it di venerdì 18 settembre 2009 Il 20 settembre è' l'anniversario della breccia di Porta Pia, quando storicamente cadde il potere temporale della Chiesa cattolica e si fece avanti lo Stato non confessionale. Ma nel 2009, all'ennesima ricorrenza di questo evento, la commistione di questo potere temporale e' ancora una questione irrisolta con diverse sfaccettature di cui, quella economica, e' solo la punta di un iceberg. "Gratta gratta, sotto la fede ci si trova la roba", denunciava Ernesto Rossi, autore di testi come "Il manganello e l'aspersorio. La collusione fra il Vaticano e il regime fascista nel ventennio". E sui soldi il Concordato non si risparmia. Inizialmente lo Stato pagava lo stipendio al clero con il meccanismo della congrua. Poi il "nuovo" Concordato del 1984 voluto dall'allora presidente del Consiglio dei ministri, Bettino Craxi, decise per un nuovo meccanismo di finanziamento, solo in apparenza più democratico e trasparente in quanto allargato alle altre religioni: lo Stato devolve l'8 per mille dell'intero gettito IRPEF alla Chiesa cattolica (per scopi religiosi o caritativi) o alle altre confessioni o allo Stato stesso (per scopi sociali o assistenziali), in base alle opzioni espresse dai contribuenti sulla dichiarazione dei redditi. La legge 222/1985, che norma il tutto, prevede però un meccanismo perverso che manda a ramengo tutte le buone intenzioni di democraticità: anche se a specificare la scelta sia stata solo una parte dei contribuenti, questa scelta viene estesa a tutto l'8 per mille di tutti i contribuenti in base alle percentuali di chi si è espresso. Così al Vaticano arriva quasi il 90% dell'otto per mille nazionale. Non esiste alcun luogo dove il contribuente possa trovare un'informazione completa, con dati assoluti e percentuali sulle scelte e, naturalmente, sull'impiego dei fondi da parte di ciascun beneficiario. Per capire il bilanciamento della situazione valga anche come l'Erario devolve i soldi: solo per Chiesa vaticana, dà' un anticipo nell'anno in corso e un successivo conguaglio entro il terzo anno; le altre Confessioni, invece, per incassare le somme a loro dovute, devono aspettare tre anni. Per avere un quadro preciso di come funziona l'8 per mille e delle cifre che annualmente vengono distribuite ci sono solo i dati dell'Aduc (Associazione per Diritti degli Utenti e Consumatori) che sul proprio sito Internet, nella rubrica "La pulce nell'orecchio" di Annapaola Laldi segue da anni la materia Questa dell'8 per mille è una partita in cui non tutti possono giocare: sono infatti ammesse solo le confessioni sottoscrittrici di un’Intesa con lo Stato italiano. Ecco perché la Chiesa, attraverso alcuni parlamentari cattolici vaticani, blocca l’accordo (già sottoscritto) con i Testimoni di Geova e impedisce l’avvio di trattative con gli islamici: i fedeli di queste religioni, ben disciplinati, grazie al meccanismo delle scelte inespresse porterebbero alle loro gerarchie una contribuzione ben superiore alla loro percentuale reale, con un danno valutabile in centinaia di milioni di euro per la Chiesa cattolica. Come primo contributo ad un dibattito sui rapporti Stato e Chiesa ho quindi presentato, con il senatore Marco Perduca, un disegno di legge per ricondurre l'8 per mille al principio della volontarietà, abrogando il meccanismo della ripartizione delle scelte non espresse, pur consapevoli della necessità di revisione più complessiva o di abrogazione integrale. Altre forme e altre modalità di finanziamento possono essere studiate per le Chiese e le confessioni religiose, ispirandosi al modello tedesco di una tassazione ad hoc o prendendo spunto da modelli liberali di erogazioni volontarie, prevedendo in caso la possibilità di deducibilità dal reddito senza limiti come sono oggi di poco più di mille euro all'anno. (per scaricare il disegno di legge dei senatori Poretti e Perduca: www.parlamento.aduc.itper il dossier “8 per mille”: www.avvertenze.aduc.it). 26 1362 - IL DIRITTO DI MORIRE - INTERVISTA A STEFANO RODOTA’ di Eleonora Martini – da: il Manifesto di mercoledì 23 settembre 2009 Professor Stefano Rodotà, torniamo un momento sulla sentenza dei Tar del Lazio che qualche giorno fa si è pronunciato a proposito della direttiva con la quale nel dicembre 2008 il ministro del welfare Sacconi tentò di impedire che si compisse la volontà dl Eluana Englaro. Su questo pronunciamento del Tar ci sono state molte polemiche e se per alcuni si è trattata di una bocciatura della direttiva, per Il governo invece è stata confermata l’impostazione data dal ministero. Lei cosa ne pensa? La verità è che questa sentenza chiarisce che siamo di fronte ad una questione che riguarda i diritti fondamentali della persona, quello di rifiutare o no le cure. Tanto è vero che stabilisce la competenza nel giudice ordinario, non quello amministrativo. E ricorda che già la Corte di Cassazione, nella famosa sentenza Englaro, aveva stabilito esplicitamente che alimentazione e idratazione sono trattamenti medici e quindi, come tali, rinunciabili. Ma il punto di partenza, oggi, è rappresentato dalla sentenza della Corte costituzionale 438/2008 nella quale si afferma il diritto del paziente al “consenso informato” e si ricorda che questo, a sua volta, è la sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello alla salute e quello all’autodeterminazione. Quest’ultimo diritto si poteva desumere anche prima, ma qui la Corte costituzionale lo dice in modo esplicito. E allora, se diciamo che una persona ha un diritto fondamentale, vuol dire che le limitazioni legali - ammesso che siano possibili - devono avere un fondamento assolutamente certo. Di fronte a un’incertezza, a un dubbio, prevale l’interpretazione che lascia l’ampiezza massima a questo diritto fondamentale. ll legislatore non può pretendere di farsi scienziato o medico, e non può in una materia così altamente controversa legiferare in modo tale da ferire un diritto come quello all’autodeterminazione. Insomma, come stabiliscono le ultime,tre righe dell’articolo 32 della Costituzione, neanche il Parlamento all’unanimità potrebbe imporre a qualcuno qualcosa che violi il rispetto della persona umana. In Germania, dopo sei anni di discussioni, si è giunti a una legge che ammette la possibilità di rifiutare anche l’idratazione e l’alimentazione forzate, in qualunque momento e non solo in punto di morte. Tutt’altra aria, no? Nella nuova legge tedesca non solo si ritiene che questi siano trattamenti e quindi rinunciabili, ma si parla anche - usano esattamente questa espressione - di «ultra-attività del principio di autodeterminazione». Che cosa vuol dire? Si riconosce che il principio di autodeterminazione è valido anche in fasi della vita nelle quali la persona può non essere più capace di esprimersi. In quei momenti, cioè, in cui è utile il testamento biologico, strumento che alcuni in Italia contestano dicendo che non si può considerare valida la volontà espressa dal paziente precedentemente, in un momento e in un contesto completamente diversi. Anche in questo campo, dunque, torna utile il “Festival del Diritto” che si apre domani a Piacenza e il cui programma - da lei curato - è tutto incentrato sul rapporto pubblico/privato. Dove ne tracciamo il confine, parlando di temi di fine vita? Intanto partiamo dal fatto che non c’è un vuoto normativo, come molti affermano. Se il rifiuto di cure, come quello all’autodeterminazione, appartiene ai diritti della persona, non c’è bisogno di riaffermarlo con una legge. Se la Camera approvasse il testo Calabrò, questi diritti già riconosciuti verrebbero in qualche modo revocati. In maniera incostituzionale. Il pubblico — il potere politico e quello legislativo — non può operare in modo tale da sostituire le proprie decisioni alle decisioni libere dell’interessato. Questo è un passaggio essenziale: il legislatore si deve fermare davanti alla persona umana. Questo vuol dire che il pubblico deve rimanere sempre fuori dalla sfera del fine vita? Se si vogliono imporre determinati valori, restringendo in questo modo il diritto all’autodeterminazione, allora sì: c’è un limite invalicabile. Però, proprio perché si tratta di 27 decisioni che vanno prese in piena libertà, c’è un’area invece in cui l’intervento del pubblico non solo è possibile ma anzi necessario. Un esempio? La legge appena approvata dalla Camera sulle terapie antidolore e le cure palliative. Ecco, questo è il tipo di intervento che il pubblico deve fare: io devo poter essere libero di decidere se proseguire la mia vita. Libero, per esempio, dal condizionamento che mi può venire da un dolore drammatico che non sono in condizione di poter lenire perché c’è una serie di norme.- come quelle sulle sostanze stupefacenti - che mi impediscono di usare farmaci oppiacei o a base di cannabis. Il pubblico, allora, deve intervenire per permettermi di esercitare in piena libertà il mio diritto a scegliere se continuare a vivere - senza dolore - o morire dignitosamente. 1363 - LA PILLOLA FA ABORTIRE LA MALFA DAL PDL - DI FEDERICO ORLANDO da: Europa di venerdì 25 settembre 2009 Cara Europa, come laico ed elettore del Pd, registro con grande piacere la lettera al Corriere di Giorgio La Malfa, con la quale annuncia l’addio suo e del suo partito repubblicano dal Popolo delle libertà. Sul piano parlamentare, per il cavaliere non è una gran perdita, essendo i repubblicani in parlamento due o tre. Ma sul piano dell’immagine è gravissima, perché La Malfa, e quel che gli restava del suo piccolo partito dopo la scissione seguita all’opzione per la destra, sono comunque eredi di una tradizione di politica economica rigorosa e di laicismo non negoziabile. Come i liberali di Zanone e i radicali di Pannella. E infatti La Malfa nella sua lettera parla di politica economica e amministrativa parolaia (molte ingiurie ai “fannulloni”, nessuna provincia abolita, anzi) e di subalternità di Berlusconi al Vaticano. Speriamo che ora trovi fuori dal Pdl le consonanze che la destra italiana non poteva dargli. Fabrizio Ricci – Rimini Risponde Federico Orlando Caro Ricci da vecchio liberale non sono mai stato ovviamente molto tenero coi repubblicani, dei quali condividevo il più importante principio che abbiamo in comune con loro come coi radicali di Pannella e coi cattolici “adulti” e democratici: la laicità della politica, dello stato, dell’educazione pubblica, della vita civile, delle leggi. Su questo principio, i due partiti, e con loro i socialisti democratici (prima della degenerazione genetica del Psi in craxismo) si incontrarono sia nei governi centristi di De Gasperi sia nelle fondamentali battaglie civili: divorzio, aborto, scuola, diritti della donna, nuova famiglia fondata anche sull’abolizione delle istituzioni patriarcali. Perciò il passo della lettera di La Malfa che più ho sottolineato è questo: « . . . Una lunga serie di errori sta mettendo in crisi quel delicato equilibrio fra lo Stato laico e la Chiesa cattolica che fu uno dei frutti migliori della collaborazione fra Dc e partiti laici nel dopoguerra». Queste parole sono state portate a conoscenza dell’opinione pubblica proprio nel giorno in cui il segretario di stato Bertone “ammoniva” Bossi, che gli aveva chiesto udienza, a non toccare la legge sul testamento biologico, cioè quel monumento di fondamentalismo ultraislamista che il senato votò molti mesi fa e che è intenzione di molti deputati modificare per renderla compatibile con uno stato laico, civile e sovrano. È lo stesso giorno in cui la relatrice sulla pillola Ru486, Dorina Bianchi, che è del Pd ma la pensa come la destra clericale, si dimette da relatrice in commissione, dopo che Franceschini aveva spiegato che la linea del partito, in materia, è una sola, e non è quella della Bianchi (in un contesto più generale, il segretario aveva detto all’Espresso, rispondendo implicitamente a Bagnasco: «La Chiesa ha diritto di intervenire, ma non può dirci come votare: è una scelta che appartiene all’autonomia del politico»). Come diceva e faceva De Gasperi all’alba della nostra democrazia. 28 Semmai, occorre che il Pd si dia una regolata sull’unità e sulla trasparenza delle sue scelte, perché ogni doppiezza, come quella di trattare con la destra sul rinvio delle decisioni parlamentari in rapporto alle scadenze di partito, irrita i nostri elettori. Oggi un discorso di riabilitazione laica del paese, come chiesto nella mozione dei Liberal-Pd pubblicata ieri da Europa, è possibile, grazie anche a un sicuro punto di riferimento nelle istituzioni, il presidente Fini, che alle imposizioni della disciplina religiosa ai deputati oppone la loro libertà di coscienza e l’obbligo di votare senza vincolo di mandato, come loro diritto-dovere costituzionale. Ben tornati dunque La Malfa e amici alla loro cultura. Non importa che siano pochi. Lo sono sempre stati, in parlamento e nel paese, anche i radicali e i liberali (i «partitini», diceva Scelba), però hanno cambiato la faccia dell’Italia interpretandone la volontà di modernizzazione quando il parlamento faticava a comprenderla. 1364 - LA GERMANIA CE L'HA FATTA. E NOI? – DI MARLIS INGENMEY da: Micromega-online di lunedì 22 settembre 2009 La preistoria La legge per il Testamento biologico che la Germania si è data il 18 giugno di quest'anno viene da lontano. Il cammino delle Patientenverfügungen, "Disposizioni del paziente" - già redatte da 9 milioni di cittadini e da tempo, di norma, rispettate nella prassi quotidiana -, verso l'ingresso a pieno titolo nell'ordinamento giuridico inizia sulla fine degli anni Settanta quando cominciano a circolarne i primi moduli. Nell'80 si costituisce in Baviera, rivelandosi poi la più importante nel suo genere, l'"Associazione tedesca per una morte umana" (DGHS), che si batte per il "diritto" della persona - insito nel "diritto alla vita" - "a morire con dignità" nel momento e nei modi da lei stessa prescelti, e presenta, tra l'86 e il '97, una serie di petizioni per invitare il Governo a legiferare in merito, e, nel '99, una proposta più circostanziata. Parallelamente si susseguono, a partire dall'84, le prime pronunce esemplari della Corte di Cassazione che confermano, affrontando sempre nuovi aspetti della questione, il diritto, costituzionalmente riconosciuto e garantito, del cittadino all'autodeterminazione in materia di salute e in particolare al rifiuto, attualmente o anticipatamente espresso, di trattamenti anche salvavita (comprese la nutrizione e l'idratazione artificiali), pronunce che sono via via recepite da altre Corti di ogni grado (per risolvere casi simili sottoposti alla loro decisione), dalla Federazione degli Ordini dei medici (per aggiornare il Codice deontologico ed elaborare Direttive e Raccomandazioni su come comportarsi con malati terminali o con prognosi comunque infausta, e, specificamente, di fronte a "disposizioni anticipate"), dal potere esecutivo (che col primo Gabinetto Schröder si dice, fin dal '99, intenzionato a studiare una disciplina normativa) e da quello legislativo (come dimostrano tutti e tre i disegni di legge discussi negli ultimi anni al Bundestag: altro che levate di scudi per presunti "conflitti di attribuzione"). Sempre nel '99 entrano in azione - "per togliere alla gente la paura di diventare alla fine vittima della tecnologia medica", ma anche, giocando d'anticipo, per arginare ogni eventuale deriva eutanasica nel gregge dei fedeli - i presidenti della Conferenza episcopale tedesca e del Consiglio della Chiesa evangelica di Germania, che, pur rispettosi, nella loro qualità di cittadini di uno Stato laico, dei principi enunciati nella Legge fondamentale (anche loro ribadiscono a chiare lettere: "Nessuno può essere costretto a sottoporsi, contro la sua volontà, a trattamenti diagnostici o terapeutici per quanto promettenti essi siano"), varano insieme le Disposizioni del paziente cristiano (rivedute nel 2003 e sottoscritte ormai da circa 2,9 milioni di tedeschi), con le quali limitano, per il paziente, appunto, "cristiano", ricordandogli che la vita è un "dono di Dio" e pertanto "indisponibile", l'eventuale rifiuto di trattamenti salvavita ("onde poter vivere, fino all'ultimo, con dignità") alla "fase terminale di malattie incurabili" - a meno che la coscienza del singolo non gli permetta di formulare 29 "integrazioni personali" (che possono riguardare, come specificano i vescovi nelle Note esplicative che accompagnano il loro modulo, fra l'altro, anche richieste per il caso che l'interessato dovesse venire a trovarsi in stato vegetativo permanente, se discusse con un medico di fiducia). La spinta decisiva a legiferare giunge quando, nel marzo del 2003, la Cassazione sancisce definitivamente la legittimità e il carattere vincolante di "disposizioni anticipate del paziente": "La dignità della persona esige, infatti, che il diritto all'autodeterminazione da lei esercitato quando era capace di intendere e di volere, venga rispettato anche quando non fosse più in grado di decidere responsabilmente". La stessa sentenza precisa inoltre che, in mancanza di una tale dichiarata volontà, il consenso a trattamenti anche salvavita o la sua negazione vanno appurati "ricostruendo la presunta volontà del paziente alla luce del suo modo di concepire la vita, delle sue intime convinzioni e di altri valori cui faceva riferimento". All'epoca è già, col secondo Gabinetto Schröder, come attualmente nella Grande coalizione, ministro della Giustizia Brigitte Zypries, socialdemocratica, giurista, che, istituita in autunno una Commissione ad hoc, mette intanto, alla conclusione dei lavori nel giugno del 2004, sul sito del Ministero un opuscolo di Consigli per la redazione di "Disposizioni del paziente" (che lasciano all'interessato, con la sola esclusione dell'eutanasia "attiva", illegale in Germania, totale libertà di accettare o rifiutare qualsiasi trattamento medico in presenza di qualsiasi malattia grave, anche al di fuori della fase terminale), e presenta poi a novembre, in una conferenza stampa, la bozza di un suo disegno di legge in merito, ispirato agli stessi criteri, che solleva tra gli addetti ai lavori, ma anche nel grosso dell'opinione pubblica, colta impreparata, un'ondata di perplessità e proteste tali da consigliarne, tre mesi dopo, il ritiro. Da quell'inverno, tuttavia, ha inizio nel Paese una discussione sempre più ampia e approfondita soprattutto sul quesito se, in nome di una tutela a oltranza della vita, debbano o possano - o non debbano assolutamente - essere posti dei limiti alle penultime volontà da dettare in tali testamenti, discussione a cui partecipano anche le due grandi Chiese cristiane (raccomandando, con dettagliati quanto pacati statement congiunti, "un giusto bilanciamento tra autodeterminazione e assistenza dovuta") e che sfocia in un primo "dibattito orientativo" al Bundestag il 29 marzo del 2007, quando è ancora fresco di stampa un sondaggio Forsa da cui risulta che solo il 18% della popolazione ritiene che le "disposizioni anticipate" debbano limitarsi alla "fase terminale" di qualsiasi malattia, mentre il 73% (il 9% non sa rispondere) rivendica piena libertà nel formularle e auspica che le volontà così espresse vengano rispettate dal momento stesso in cui il paziente non possa più pronunciarsi personalmente. Nota bene La Legge fondamentale, deliberata nel 1949 dal "popolo tedesco" conscio delle barbarie perpetrate dal nazismo, dà particolare risalto alla "dignità" dell'uomo come individuo, dichiarandola in apertura della Parte I, dedicata ai "diritti fondamentali" della persona, "intangibile. E' dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla" (art. 1, comma 1). In questa ottica il "popolo" "riconosce gli inviolabili e inalienabili diritti dell'uomo" (1,2) che "vincolano il potere legislativo, quello esecutivo e il giudiziario come diritto immediatamente valido" (1,3). Di conseguenza basta ai tedeschi, insieme a questo primo, il solo secondo articolo della loro Costituzione (che non ha un articolo corrispondente al nostro 32) per giustificare il diritto all'autodeterminazione del cittadino anche in materia di salute e pertanto quello di disporre del proprio corpo e della propria vita fino alle conseguenze estreme: "Ognuno ha diritto al libero sviluppo della propria personalità, in quanto non violi i diritti degli altri e non trasgredisca l'ordinamento costituzionale e la legge morale" (2,1), "Ognuno ha diritto alla vita e all'integrità fisica. La libertà della persona è inviolabile. Questi diritti possono essere limitati soltanto in base a una legge" (2,2). In dirittura d'arrivo 30 Al dibattito del 29 marzo 2007 in un'Aula gremita, trasmesso per intero da radio e televisione, prendono attivamente parte una trentina di deputati tra cui i tre futuri relatori di altrettante proposte - questa volta di iniziativa parlamentare -, già abbozzate e sostenute da gruppi trasversali (ai cinque partiti rappresentati in questa legislatura è lasciata, come accade di solito in Germania quando sono all'ordine del giorno temi eticamente sensibili, libertà di schierarsi). Tutti e tre, per restare ai punti cruciali del problema, danno per scontato nei loro interventi, sia pure con qualche distinguo, che le "disposizioni anticipate", atte a salvaguardare fino alla fine la "dignità" e la "libertà" della persona - facoltative, da mettersi preferibilmente per iscritto, in qualsiasi momento revocabili senza alcuna formalità -, potranno riguardare, eccetto richieste di eutanasia attiva, in presenza di qualsiasi patologia (compresi gli stati vegetativi e le varie forme di demenza), qualsiasi trattamento medico, e che saranno "vincolanti" se "calzanti", cioè aderenti al quadro clinico specifico. Per tutti e tre, nutrizione e idratazione artificiali sono - come insegnano le principali Società di Nutrizione Artificiale europee (tra cui le più rappresentative italiane) e americane - "a tutti gli effetti trattamenti medici" che richiedono il consenso del malato. Lo riconoscono, in Germania, anche il Consiglio della Chiesa evangelica (per il quale la nutrizione artificiale "non è da annoverarsi tra le misure ordinarie di assistenza") e la stessa Conferenza episcopale (che la menziona pari pari fra i "trattamenti medici salvavita" di cui perfino il paziente "cristiano" prossimo alla morte può chiedere il non inizio o l'interruzione); per entrambe le Chiese rientra tra le "misure ordinarie di assistenza" soltanto "l'appagamento di fame e sete, ove manifestate come sensazioni soggettive". In dettaglio, Joachim Stünker, socialdemocratico (SPD), già magistrato - depositerà per primo, nel marzo del 2008, il suo ddl, che ricalca in buona parte la proposta Zypries e vanta fin dall'inizio, quando metà dei deputati è ancora indecisa, il maggior numero (210) di firmatari -, rifiuta fermamente, perché in contrasto con lo spirito e le norme della Legge fondamentale, qualsiasi restrizione della validità delle "disposizioni" a seconda del grado o dello stadio di una malattia, e ritiene che lo Stato non debba mai tutelare la vita contro la volontà del paziente, essendo quello "alla vita" un "diritto" che non può essere commutato in un "dovere". Le sue affermazioni sono condivise da Wolfgang Zöller, del ramo bavarese (CSU) dei democristiani (CDU) - depositerà il suo testo, il più snello, lo scorso dicembre -, che si dice contrario a ogni iperregolamentazione, mette però in guardia contro un mero automatismo nell'attuazione delle "disposizioni", per cui si augura che possa instaurarsi, caso per caso, un proficuo dialogo tra il medico, con la sua competenza ed esperienza, e chi fa le veci del paziente e ne deve, comunque, rispettare e far rispettare le volontà (idea che sarà, all'ultimo, sviluppata anche in un apposito paragrafo del ddl di Stünker); in compenso vorrebbe limitare l'intervento del Giudice tutelare ai soli casi in cui i dialoganti non arrivassero alle stesse conclusioni. Wolfgang Bosbach, infine, della CDU, avvocato - depositerà, anche lui, solo a dicembre il suo ddl, alquanto macchinoso, favorito, con poche riserve, dalle Chiese, ben più critiche, invece, nei confronti dell'"unilateralismo" degli altri due -, pur affermando che la volontà "attuale" del paziente "capace" "va sempre e in ogni circostanza rispettata", si mostra restio a rispettare volontà "anticipatamente" espresse (perché "non è detto che il paziente, se ne avesse la facoltà, non rivaluterebbe, in tempo reale, la situazione e deciderebbe magari diversamente"), e si domanda nella fattispecie se si debbano davvero ritenere in uguale misura "vincolanti" richieste in presenza di patologie dal decorso irreversibilmente letale e altre che riguardino malattie potenzialmente curabili (per le quali proporrà poi di rendere obbligatoria la consulenza, all'atto della loro formulazione, di un medico, da certificarsi dal medesimo). A conclusione di quel dibattito, dai toni insolitamente compassati, durato più di tre ore, la presidente di turno prevede che l'Aula dovrà occuparsi del tema, a più riprese, ancora per 31 mesi - che diventeranno ben ventisette; nel corso dei quali i tre ddl, che rispecchiano nella sostanza le anticipazioni fatte quel giorno dai relatori, vanno, passo passo, perfezionandosi in un lavoro collegiale - con l'apporto di audizioni di medici, giuristi, esperti di bioetica, con documenti mai sopra le righe da parte delle Chiese e sotto l'occhio vigile di tutte le Commissioni permanenti coinvolte (Sanità, Famiglia, Finanze e, per ogni tappa dell'iter, Giustizia) -, per arrivare in momenti diversi alla Prima lettura in Seduta plenaria (il disegno di Stünker il 26 giugno dell'anno passato, quelli di Zöller e Bosbach, insieme, il 21 gennaio di quest'anno) ed essere poi trasmessi, ai primi di marzo, per l'ultimo controllo (riguardo alla costituzionalità, compatibilità con leggi vigenti e attuabilità pratica) e per la definitiva messa a punto, comprese rifiniture lessicali, ancora una volta alla Commissione Giustizia, che li rimanda in Aula a metà maggio per l'atto finale. Al traguardo Le votazioni, in forma palese, previste per il 28 maggio, slittarono al 18 giugno perché lì per lì non vi fu accordo (che poi si trovò) sull'ordine - crescente (che vinse) o decrescente quanto al numero dei firmatari - nel quale mettere ai voti i tre testi approntati per individuare quello da adottare come unico. Così, quel giorno - respinta preliminarmente, a stragrande maggioranza, una petizione dell'ultima ora (sostenuta da 39 deputati, 37 dei quali CDU o CSU, in ambasce per come si stavano mettendo le cose) che invitava a rinunciare tout court a ogni disciplina normativa di una "materia già regolata a sufficienza dalla prassi" -, si impose, in Seconda lettura, il ddl di Stünker che, presenti 566 dei 612 membri del Bundestag, ottenne 320 voti favorevoli (contrari 241, astenuti 5) e fu approvato subito dopo, in Terza lettura e dunque definitivamente, da 318 (non 317, come annunciato dopo il primo conteggio e subito rilanciato dagli organi di informazione) dei 555 deputati rimasti in Aula (hanno votato a favore 201 socialdemocratici, 46 liberaldemocratici della FDP, 37 deputati de La Sinistra, 32 di Alleanza 90/I Verdi, una deputata della CSU, e un indipendente). Trattandosi di un ddl che non richiedeva l'assenso anche del Bundesrat - che avrebbe, comunque, nelle due settimane successive, potuto sollevare obbiezioni, ma non lo ha fatto -, la legge ("Terza legge a modifica del Diritto che regola le tutele") è entrata in vigore, come previsto, il 1° settembre scorso. Eccone la parte che riguarda specificamente le Disposizioni del paziente: "Articolo 1 - Modifica al Codice civile § 1901a - Disposizioni del paziente (1) Se un maggiorenne capace di prendere decisioni in merito ha dichiarato per iscritto, in previsione della propria eventuale futura incapacità, di dare o negare il suo consenso (Disposizioni del paziente) a determinati trattamenti diagnostici, terapeutici o chirurgici, all'epoca non ancora imminenti, il tutore verifica se tali dichiarazioni riguardano realmente la situazione venutasi a creare (stato di salute e trattamenti possibili). In caso affermativo il tutore deve rendere nota e far rispettare la volontà del suo assistito. Le Disposizioni del paziente possono, in qualsiasi momento, essere revocate senza alcuna formalità. (2) In mancanza di Disposizioni scritte del paziente o qualora le sue Disposizioni non riguardassero realmente la situazione venutasi a creare (stato di salute e trattamenti possibili), il tutore deve appurare i desideri riguardo ai trattamenti o la volontà presunta del suo assistito e decidere di conseguenza se dare o negare il consenso a uno dei trattamenti medici di cui al comma 1. La volontà presunta va accertata in base a elementi concreti. Sono da considerare in particolare affermazioni, a voce o scritte, fatte in precedenza dall'assistito, suoi convincimenti etici o religiosi ed eventuali altri suoi valori di riferimento. (3) I commi 1 e 2 valgono indipendentemente dal tipo e dallo stadio della malattia dell'assistito. (4) Nessuno può essere obbligato a redigere Disposizioni del paziente. La redazione o la presentazione di Disposizioni del paziente non può essere condizione per la stipula di un contratto. 32 (5) I commi da 1 a 3 valgono anche per il titolare di una procura sanitaria. § 1901b - Colloquio per l'accertamento della volontà del paziente (1) Il medico curante, considerati lo stato di salute generale del paziente e la prognosi, individua il trattamento eventualmente indicato. Lui e il tutore discutono il trattamento prescelto tenendo conto della volontà del paziente quale base della decisione da prendersi ai sensi del § 1901a. (2) Nell'accertamento della volontà del paziente secondo il § 1901a, comma 1, o dei suoi desideri riguardo ai trattamenti o della sua volontà presunta secondo il § 1901a, comma 2, dovrebbe essere data l'occasione di pronunciarsi a parenti stretti e altre persone di fiducia dell'assistito, ove ciò fosse possibile senza causare notevoli ritardi. (3) I commi 1 e 2 valgono anche per il titolare di una procura sanitaria. § 1901c - Desideri espressi riguardo a una eventuale Tutela - Procura sanitaria Chi è in possesso di un documento in cui qualcuno, per il caso che dovesse avere bisogno di un tutore, ha formulato proposte per la sua scelta o desideri relativi al contenuto della tutela, deve consegnarlo al Giudice tutelare appena saputo dell'avvio di un procedimento in merito. Ugualmente è tenuto a informare il Giudice tutelare chi possiede documenti con cui l'interessato ha conferito una procura sanitaria ad altra persona. Il Giudice tutelare può richiedere la consegna di una copia di tali documenti. § 1904 - Autorizzazione del Giudice tutelare riguardo a trattamenti medici (1) Il consenso del tutore a un trattamento diagnostico, terapeutico o chirurgico richiede l'autorizzazione del Giudice tutelare, se sussiste il fondato pericolo che, a causa del trattamento, l'assistito muoia o che la sua salute subisca un danno grave e durevole. Il trattamento può effettuarsi senza autorizzazione solo se anche il suo rinvio è rischioso. (2) La negazione del consenso o la sua revoca da parte del tutore riguardo a un trattamento diagnostico, terapeutico o chirurgico richiede l'autorizzazione del Giudice tutelare, se il trattamento è indicato dal punto di vista medico e sussiste il fondato pericolo che, a causa della sua omissione o interruzione, l'assistito muoia o che la sua salute subisca un danno grave e durevole. (3) L'autorizzazione di cui ai commi 1 e 2 va concessa se il consenso, la negazione del consenso o la sua revoca corrisponde alla volontà dell'assistito. (4) Un'autorizzazione di cui ai commi 1 e 2 non occorre se il tutore e il medico curante concordano nel giudicare che il consenso, la negazione del consenso o la sua revoca corrisponde alla volontà dell'assistito, accertata ai sensi del § 1901a. (5) I commi da 1 a 4 valgono anche per il titolare di una procura sanitaria. Egli può, tuttavia, dare, negare o revocare il consenso a uno dei trattamenti indicati al comma 1, prima frase, o al comma 2, solo se la procura comprende espressamente anche tali trattamenti ed è conferita per iscritto." Questa legge, votata dai rappresentanti del popolo di uno Stato sovrano, conferma quanto da tempo considerato "pacifico" e largamente messo in pratica dagli addetti ai lavori: Laddove la Legge fondamentale riconosce a "ognuno" - cioè a ogni singola persona con la sua, personalissima, "intangibile" "dignità", titolare del "diritto" "inalienabile" (suo, e di nessun altro) "alla vita e all'integrità fisica" - il "diritto al libero sviluppo della propria personalità" nonché il carattere "inviolabile" della sua "libertà", e pertanto la facoltà di compiere (purché non vengano offesi "i diritti degli altri", "l'ordinamento costituzionale" e "la legge morale") le proprie scelte in ogni campo e, nella fattispecie, in quello della salute, essa tutela, senza discriminazione alcuna, tanto il paziente "cosciente" e capace di intendere e decidere "attualmente", quanto chi, in possesso degli stessi requisiti, dichiara oggi, "anticipatamente", in Disposizioni scritte, le proprie volontà per l'ipotesi di trovarsi un domani, da "incosciente", nell'impossibilità di farlo, e perfino chi non vi ha provveduto affatto o in modo troppo generico (anche questi pazienti "incoscienti" non devono diventare oggetto della volontà altrui: i soli loro "desideri" riguardo a un determinato trattamento, espressi in 33 passato a voce o per iscritto, o la loro "volontà presunta", se appurati, impegnano il tutore a "decidere di conseguenza"). In Germania, ormai, un maggiorenne capace di prendere decisioni in merito, può (non è un obbligo), senza più il timore di essere disatteso, preventivamente dare, negare o limitare nel tempo il suo consenso a determinati trattamenti medici (nessuno escluso) che dovessero un giorno risultare indicati in ogni stadio di una sua malattia, infermità o disabilità di qualsivoglia tipo e grado (se lo desidera, può anche chiedere espressamente che venga fatto ricorso, ove sostenibile, a ogni ritrovato della scienza e della tecnica per tenerlo il più a lungo possibile in vita). Le sue Disposizioni, revocabili in qualsiasi momento senza alcuna formalità (ma anche modificabili per sopravvenuto ripensamento o attualizzabili secondo la parabola della sua salute), saranno, se alla verifica giudicate "calzanti", vincolanti per il suo tutore o altra figura assimilabile, per i medici e il personale paramedico che lo avranno in cura, per gli istituti assistenziali che dovessero ospitarlo, per i suoi cari, per chiunque. Va da sé che nella maggior parte dei casi la negazione del consenso (o la sua limitazione nel tempo) riguarderà trattamenti salvavita, e, fra questi, anzitutto la nutrizione e l'idratazione artificiali. Nessuna iperregolamentazione, nessuna restrizione quanto ai contenuti delle Disposizioni, nessuna richiesta specifica quanto alla loro forma, per cui resteranno, tra l'altro, valide tutte le volontà già anticipate da milioni di persone in atti fai-da-te o compilando moduli prestampati, a meno che il testatore non voglia estenderle, ora che la legge glielo permette, a trattamenti all'epoca non contemplati. Soddisfatta ("Un sollievo per tutti") la ministra Zypries, come la sua omologa del governo regionale bavarese, Beate Merk, CSU ("L'autonomia del paziente ha trovato la dovuta conferma"), accontentate la Cassazione e "L'Associazione nazionale dei giuristi" (che avevano ripetutamente auspicato l'intervento del legislatore), felice la presidente dell'"Associazione tedesca per una morte umana", compiaciuta buona parte dei medici ("Le Disposizioni ci saranno di grande aiuto nel nostro lavoro quotidiano"), mentre i vertici della Federazione nazionale dei loro Ordini restano perplessi ("Una pseudoregolamentazione"), indecifrabile il giudizio della cancelliera Merkel (che non aveva appoggiato il ddl del compagno di partito Bosbach bensì quello, più permissivo, di Zöller, ma che aveva anche definito "interessante" la proposta di soprassedere a ogni disciplina normativa, senza, però, alla fine, partecipare al voto); "dispiaciute", in sordina (un solo, breve, commento per parte, il giorno stesso del varo della legge), le Chiese (l'evangelica perché "non vi è equilibrio tra autodeterminazione e assistenza dovuta", la cattolica perché "la legge enfatizza unilateralmente l'autodeterminazione del paziente"), che non avranno da ritoccare più di tanto le loro Disposizioni del paziente cristiano (di cui è annunciata, comunque, come imminente, una nuova edizione), perché esse prevedono - appunto "per il cristiano" - già i paletti che, giustamente, non sono stati piantati ora, a monte, anche per chi professa qualsiasi altra fede o non ne ha nessuna. Post scriptum Anche la nostra Costituzione - che riconosce e garantisce (art. 3) a "tutti i cittadini", "senza distinzione ... di condizioni personali" (e dunque, nello specifico, tanto a chi è "cosciente e capace", quanto a chi si trova in stato di "incoscienza"), (art. 2) "i diritti inviolabili dell'uomo" (fin dal lontano 1789 definiti "inalienabili"), tra cui il "diritto alla vita" (un "diritto", non un "dovere") - dichiara esplicitamente (art. 13) "inviolabile" "la libertà personale" (vietandone ogni tipo di "restrizione", "se non per atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge"), e precisa che (art. 32) quello alla "salute" è un "fondamentale diritto dell'individuo", per cui "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario" (a meno che, nell'"interesse della collettività", non debbano essere disposti per legge trattamenti coatti che non possono, tuttavia, "in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana" (ossia la sua "dignità"). 34 Molte pronunce, in cause riguardanti l'autodeterminazione terapeutica, non solo della Cassazione, ricordano che anche da noi le norme costituzionali a presidio di diritti primari (tra cui le quattro qui riportate), sono imperative e di immediata operatività, senza che occorra, a questi fini, intervento alcuno del legislatore ordinario. Ecco perché già all'inizio degli anni Novanta poté essere condannato per omicidio preterintenzionale da tutte le istanze fino alla Corte Suprema (e radiato dall'Albo) un chirurgo di Firenze che aveva sottoposto una paziente, senza il suo consenso, a un intervento con scarsissime probabilità di riuscita che, puntualmente, le provocò lesioni tali da anticiparne la morte. Ecco perché il rianimatore di Cremona che distaccò nel dicembre del 2006, come richiesto dall'interessato, il respiratore a Piergiorgio Welby (paziente "cosciente e capace"), fu assolto nel febbraio del 2007 dal Ordine dei medici ("Non si rilevano violazioni del Codice deontologico", "Welby è stato aiutato nel morire, no a morire") e cinque mesi dopo anche dal gup di Roma ("La condotta di colui che rifiuta una terapia salvavita costituisce esercizio di un diritto soggettivo riconosciutogli in ottemperanza al divieto di trattamenti sanitari coatti, sancito dalla Costituzione", "L'imputato ha agito in presenza di un dovere giuridico", di cui all'art. 51 del Codice penale). Ecco perché, l'anno scorso, la Corte d'appello di Milano con decreto del 9 luglio e, con sentenza definitiva del 13 novembre, la Cassazione a Sezioni civili unite hanno potuto autorizzare Beppino Englaro, tutore della figlia Eluana (paziente in stato di "incoscienza", alimentata con sondino nasogastrico), "a disporre l'interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale". Anche da noi, dunque, gli addetti ai lavori, i giudici per primi e in misura sempre crescente i medici - all'ultimo Congresso nazionale degli anestesisti e rianimatori, svoltosi nel settembre del 2007, nove su dieci degli interpellati si sono dichiarati favorevoli al Testamento biologico, sette su dieci contrari al pronunciamento, reso pubblico giusto in quei giorni, del Vaticano sull'obbligatorietà di "somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali" in casi come quello di Terry Schiavo -, hanno ormai metabolizzato la portata dei "principi", "diritti" e "libertà fondamentali" della persona, garantiti dalla Costituzione (e ribaditi da accordi internazionali, ratificati anche dall'Italia, per la protezione, in particolare, della "dignità dell'essere umano" "come individuo", minacciata "da un uso improprio della biologia e della medicina"), e lo stesso sta facendo, in ritardo rispetto ad altre comunità nazionali a noi culturalmente vicine, la società civile, per non dire il Paese reale. Secondo gli ultimi sondaggi (Renato Mannheimer, sul "Corriere della Sera" del 1° aprile), il 51% della popolazione sa oggi cos'è un Testamento biologico (e un altro 41% ne ha almeno sentito parlare), il 75% (il 55%, cioè la maggioranza assoluta, anche di chi si professa credente e frequenta regolarmente le funzioni religiose) si augura di poter liberamente rifiutare o limitare nel tempo le cure per l'ipotesi di venire a trovarsi un domani in una situazione di coma irreversibile, e il 68% chiederebbe, per quel caso, anche l'interruzione di nutrizione e idratazione artificiali (tra i cattolici il 47%, il 24% lo esclude, mentre il rimanente 29% non ha ancora un'opinione in merito). Sono poi ogni giorno di più i cittadini, figli di una democrazia minore, che, con la minaccia del "sondino di Stato" all'orizzonte, stanno correndo ai ripari, mettendo nero su bianco le proprie "volontà anticipate" - da depositare magari presso notai, associazioni create ad hoc o, genericamente, per la difesa dei consumatori, fondazioni come quella di Umberto Veronesi, sedi di Società per la Cremazione o appositi "registri" istituiti da già numerosi Comuni (oppure da tenersi semplicemente in tasca, in borsa o nel cassetto) -, "volontà" di cui, al momento opportuno, i medici vorranno comunque tenere conto, chi per onorare la Costituzione, chi per non rischiare di fare la fine del chirurgo di Firenze. Il Palazzo invece ... 1365 – UK: VERSO LA DEPENALIZZAZIONE DELL’EUTANASIA Da: the Sunday Times di lunedì 21 settembre 2009 35 Aiutare a morire malati terminali o con disabilità totali ed incurabili non sarà più un reato in Gran Bretagna: in settimana la procura generale emetterà linee-guida che stabiliscono che non ci sarà azione legale contro chi assiste dette persone a morire. Nel testo che verrà pubblicato da Keir Starmer, direttore delle procure nazionali, ci saranno comunque dei paletti: sarà sempre un crimine essere l'organizzatore della morte di una persona "vulnerabile o sensibile a manipolazioni". Le linee-guida saranno molto chiare su cosa vuol dire assistere un suicidio, e cosa vuol dire invece incoraggiare lo stesso. 1366 - MODENA – INIZIATIVE PER ISTITUIRE IL REGISTRO DEI BIOTESTAMENTI Da Maria Laura Cattinari ([email protected]) Inviato: domenica 6 settembre 2009 14.22.50 Sono molto felice di potervi informare che: il 12 settembre partiamo a Modena con la raccolta firme autenticate, così prevede lo Statuto comunale, in calce alla nostra iniziativa popolare con cui chiediamo l'istituzione del registro dei testamenti biologici. Vi invio in allegato il volantino con cui annunciamo l'evento. E' prevista una conferenza stampa ma per il 17 settembre, poiché per il 12 non eravamo sicuri della presenza dell'autenticatore. Vi informo che domenica 20, nell'ambito del “festival filosofia” di Modena, in piazza Grande alle ore 17,30 Stefano Rodotà terrà una lezione magistrale dal titolo. "Autodeterminazione: uno spettro s'aggira per l'Italia - lo spettro dell'autodeterminazione". Noi saremo in piazza ad ascoltare ma anche a volantinare e ad invitare i presenti ad andare al tavolo a firmare. Colgo l'occasione per informarVi anche che nella serata di lunedì 31 agosto presso il Palaconad, alla Festa del PD (festa nazionale del lavoro) Ignazio Marino ha parlato (rispondendo alle domande di un giornalista) ad un pubblico incredibilmente numeroso!! Gli applausi maggiori: quando ha potuto parlare di laicità e della politica come servizio e non come occupazione del potere a vita. Noi abbiamo colto l'occasione per un primo volantinaggio per annunciare la nostra iniziativa Un caro saluto Maria Laura Ecco il volantino: ARCI – CGIL – LIBERA USCITA – UAAR – UDI (e-mail: [email protected]) per istituire anche a Modena il registro dei testamenti biologici per dare certezza di data e firma alle nostre direttive anticipate (sulle cure) FIRMA ANCHE TU - basta aver compiuto sedici anni - essere residente nel Comune di Modena - presentarsi con un documento d’Identità nei giorni: - sabato 19 e domenica 20 settembre 09, dalle ore 16,30 alle 19,30 Via Emilia Centro – Portico del Collegio ( Modena) - domenica 20 settembre, dalle ore 18,00 alle 23,00 Festa del Partito Democratico – Loc. Ponte Alto - Vicino al Palaconad Chi fosse impossibilitato per queste date può contattare Giovanni Boschesi (3398084329) Il comitato articolo 32 per la libertà di cura • ritiene che sia un fondamentale ed elementare diritto della persona poter disporre sulla propria vita, e poter scegliere a quali cure intende sottoporsi in caso di malattia; • sostiene che i trattamenti sanitari, compresi l’alimentazione e l’idratazione, debbano essere somministrati solo con l’esplicita volontà della persona interessata; 36 • auspica che ciascuno possa disporre in piena libertà, a quali trattamenti sanitari intenda essere sottoposto anche in caso di sopravvenuta incapacità di intendere e volere; • pensa quindi che ciascuno abbia diritto di redigere il proprio testamento biologico per il caso in cui non sia in grado di esprimere la propria volontà sul punto. per garantire tale diritto, il comitato articolo 32 per la libertà di cura intende chiedere attraverso la proposta di deliberazione ad iniziativa popolare che l’amministrazione comunale di Modena istituisca un registro dei testamenti biologici. Da: Maria Laura Cattinari ([email protected]) Inviato: martedì 8 settembre 2009 18.46.53 A: Associazione Libera uscita ([email protected]) Allegati:1 Carissimi, Vi invio in allegato, per conoscenza, il testo della proposta d'iniziativa popolare in calce alla quale raccoglieremo le necessarie firme autenticate per chiedere al Consiglio Comunale di Modena di istituire il Registro dei testamenti biologici. un caro saluto maria laura Da: Associazione Libera uscita ([email protected]) Inviato: mercoledì 9 settembre 2009 0.10.06 Allegati: 1 Cari amici di LiberaUscita, il "Comitato art. 32 per la libertà di cura" di Modena, di cui fa parte LiberaUscita rappresentata dalla ns. vice-presidente nazionale prof.ssa Maria Laura Cattinari, che sentitamente ringraziamo, ha deciso di raccogliere le sottoscrizioni dei cittadini necessarie per presentare al Consiglio comunale la proposta di istituire il registro per i testamenti biologici. Il modulo predisposto dal Comitato è un utile esempio di come procedere in tali casi, in quanto contiene: la richiesta di delibera ai sensi dello statuto comunale, lo spazio per le sottoscrizioni e per le relative autenticazioni, il testo della proposta di delibera, l'informativa ai sensi della legge sulla privacy. Allo scopo di agevolare analoghe iniziative presso altri comuni, si allega il modulo in questione ed il messaggio ricevuto da Maria Laura.. Cordiali saluti Giampietro Sestini Da: Mina Welby ([email protected]) Inviato: mercoledì 9 settembre 2009 1.07.41 Con grandissimo piacere sento questa bella notizia. Ormai sono molti i comuni che si muovono per il registro dei TB. Io sono impegnata anche nella campagna con il PD per Marino. Ho preso la (doppia) tessera. Spero che si corregga lo statuto che non consente doppie tessere. Infatti non posso votare. L'ho fatto per puro spirito dimostrativo. Un caro saluto Mina Da: Maria Laura Cattinari ([email protected]) Inviato: venerdì 11 settembre 2009 19.49.36 Caro Giampiero, ti inoltro per conoscenza una lettera inviata a Rodotà Un caro saluto marialaura Egregio e carissimo Professore Stefano Rodotà, - prima di tutto La ringrazio vivamente per la Sua gentilissima risposta a mio figlio ( Enrico Bertrand Cattinari) per la relazione su gli Incontri di Modena che hanno visto Lei ed il Prof. Cendon protagonisti. - in secondo luogo mi permetta di ringraziarLa ancora per aver accettato il nostro invito nell' Aprile scorso ( varo del Comitato Art.32). Mi permetta di ringraziarLa anche per aver voluto 37 sobbarcarsi tutte le spese della Sua venuta e per averci permesso di fruire di un'alta percentuale sull'incasso dovuto alla vendita, in quel giorno, dei Suoi libri..e furono davvero tanti! Grazie. -in terzo luogo Le scrivo per comunicarLe che proprio nei giorni della Sua venuta a Modena per il Festival della Filosofia noi saremo, come Comitato articolo 32 (ma il motore è LiberaUscita) a raccogliere firme autenticate in calce ad una nostra delibera d'Iniziativa Popolare con cui chiediamo al Consiglio Comunale di istituire il registro dei testamenti biologici. Il giorno 20 Settembre, proprio in occasione della Sua lectio magistralis sull' autodeterminazione, noi saremo in Piazza Grande non solo per il grande piacere di ascoltarLa ma anche per invitare, prima e dopo la Sua lezione, i presenti a recarsi al tavolo a firmare. Tavolo che purtroppo non sarà in Piazza (non siamo stati autorizzati) ma in Via Emilia sotto il portico del Collegio. Naturalmente se riterrà di poter fare un accenno alla nostra iniziativa, Lei che ha tenuto a battesimo il Comitato, non potremo che esserGliene molto grati. Le allego: 1) volantino con cui annunciamo la raccolta firme ( è prevista per il 17 Settembre una conferenza stampa) 2) il testo della nostra delibera d'Iniziativa Popolare Ancora grazie..........se i nostri ragazzi possono ancora sperare in un futuro migliore è solo grazie a persone come Lei. Un caro saluto, se posso, alla Sua signora che ricordo con tanta simpatia e stima. Maria Laura Cattinari - Libera-Uscita - Comitato Articolo 32 per la libertà di cura Da: Maria Laura Cattinari ([email protected]) Inviato: martedì 15 settembre 2009 16.04.24 Il Comitato articolo 32 per la libertà di cura – Modena convoca una conferenza stampa per giovedì 17 settembre 2009 ore 10:30 presso la Sala Europa (6° piano) della CGIL di Modena (piazza Cittadella 36) per annunciare la raccolta firme a sostegno della delibera d’Iniziativa popolare con cui si richiede al Comune di Modena l’istituzione del registro dei testamenti biologici. Sono presenti in conferenza stampa rappresentanti delle principali associazioni del Comitato articolo 32 per la libertà di cura: Maria Laura Cattinari, presidente Associazione LiberaUscita Modena Elena Clò (LiberaUscita) che ha curato la stesura della Delibera Donato Pivanti, segretario Cgil Modena Greta Barbolini, presidente Arci Modena Enrico Matacena, segretario Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti (Uaar) Modena Laura Piretti, Udi Modena Maurizio Davolio, presidente Auser Modena Renza Barani, presidente Federconsumatori Modena Aude Pacchioni, presidente Anpi Modena Da: Maria Laura Cattinari ([email protected]) Inviato: martedì 15 settembre 2009 15.49.04 Con viva soddisfazione si comunica che giovedì 17 settembre ore 15,30 presso il tribunale di Modena , cancelleria del giudice tutelare, le signore: Erminia Silingardi ed Elena Adorno si recheranno a ritirare i propri decreti di nomina di amministratore di sostegno (testamento biologico per decreto) firmati dal giudice tutelare Guido Stanzani. Risultano così, ad oggi, quasi 20 i cittadini modenesi che hanno potuto dettare le proprie direttive anticipate sulle cure, per un ipotetico domani in cui non siano più in grado di intendere e di volere, e di ricevere dal giudice il decreto che autorizza il loro amministratore di sostegno a negare ai sanitari l’autorizzazione per terapie da loro rifiutate. 38 Entrambe sono state seguite nell’Iter per giungere alla nomina del loro amministratore di sostegno dall’associazione LiberaUscita impegnata per il rispetto dell’autodeterminazione terapeutica così come previsto dall’art. 32 della nostra carta costituzionale. Ancora una volta va il nostro sentito ringraziamento al giudice Guido Stanzani che, con i suoi decreti, ha regalato a Modena un primato di civiltà in Italia. p. l’Ass. LiberaUscita Maria Laura Cattinari Da Maria Laura Cattinari ([email protected]) Inviato: venerdì 18 settembre 2009 10.42.00 Alle ore 14 di oggi 18 settembre su Rai Emilia-Romagna e dal pomeriggio sul sito di Rai Tre andrà in onda il servizio che la Rai ha fatto alla conferenza stampa di ieri del Comitato articolo 32 per la libertà di cura con cui si annunciava l'avvio della raccolta firme in calce alla nostra delibera d'iniziativa popolare con cui si chiede al Consiglio comunale di Modena di istituire un REGISTRO COMUNALE DEI TESTAMENTI BIOLOGICI. Oggi ci sono servizi sulla conferenza sui tutti e quattro i quotidiani locali: Resto del Carlino Gazzetta - L'Informazione - Qui Modena Ieri un servizio è stato trasmesso dal TRC (tele-radio-città) ed è ancora possibile vederlo sul sito dell'emittente. Probabilmente anche altre emittenti radio e televisive hanno dato l'annuncio ma non le ho potute verificare. Un caro saluto Maria Laura Cattinari Da: Maria Laura Cattinari ([email protected]) Inviato: lunedì 21 settembre 2009 12.59.01 Domani mattina, 22 settembre, avverrà la consegna delle firme ( più di 600) al Sindaco. Entro due mesi dalla data del deposito, il Consiglio Comunale dovrà porre in discussione la Delibera d'iniziativa popolare. L'affluenza ai tavoli, dei cittadini, informati da numerosi servizi di stampa, radio, televisione, è stata massiccia. Abbiamo deciso di sospendere la raccolta per andare subito alla consegna testimoniando la rapidità con cui si è proceduto: conferenza stampa di lancio della raccolta il 17 e consegna firme il 22! Si sottolinea il dispiacere dei non residenti, tantissimi, che avrebbero voluto firmare e non hanno potuto farlo. Aneddoto: una signora di Bologna ha dichiarato:"Se a Modena istituiscono il Registro, mi trasferisco a Modena"! Un caro saluto Maria Laura Cattinari 1367 - ROMA – IL REGISTRO NEL X MUNICIPIO Da: Luigi De Lauretis Nisii ([email protected]) Inviato: mercoledì 9 settembre 2009 21.23.05 Carissimi, con grandissima gioia vi comunico che in data odierna ho firmato presso il X Municipio di Roma il testamento biologico. Tra attesa e firma non saranno passati neanche 20 minuti. Nella sala d'attesa ho compilato il testamento biologico con tutti i miei dati e quelli del fiduciario. Sul retro c'era scritto solo "non intendo essere sottoposto ad idratazione e alimentazione forzata". Null'altro, nessun cenno ai funerali laici, alla cremazione, tanto meno alla dispersione in natura delle ceneri. Nell'aula dove ho firmato c'era un notaio e una impiegata del X municipio alla quale ho fatto presente che il disegno di legge approvato dal Senato rende obbligatoria l'alimentazione e idratazione forzata e le ho chiesto - se veniva approvato lo stesso testo alla camera - che valore avrebbe avuto il testamento biologico appena firmato. Lei mi ha risposto che le leggi non sono retroattive quindi le disposizioni che ho firmate sono valide. 39 Ho pagato 26 centesimi per l'atto sostitutivo notorio che assieme al testamento biologico è stato chiuso in una busta sigillata con ceralacca che è stata protocollata. Mi è stata rilasciata una ricevuta. Per cortesia Giampietro dammi una breve risposta email ne sarei contentissimo. Se volete fatemi delle domande se le ritenete opportune, ma vi ho detto tutto. Luigi Da: Associazione Libera uscita ([email protected]) Inviato: giovedì 10 settembre 2009 0.39.59 Caro Luigi, grazie per le informazioni, che divulgheremo a tutti i ns. soci (con il tuo permesso). Ci torneranno utili per sapere come sta procedendo nei vari comuni italiani, e con quali modalità, l'istituzione dei registri per i biotestamenti, che noi vorremmo divenissero i registri delle "bio-card", ossia di TUTTE le disposizioni sulla propria vita, non soltanto quelle relative alla alimentazione e idratazione forzata. In tal senso si è già pronunciato l'XI Municipio di Roma. Cari saluti Giampietro Sestini 1368 - NAPOLI – CHIESTA L’ISTITUZIONE DEL REGISTRO DEI BIOTESTAMENTI Gentili responsabili dell'Ass. "Libera Uscita", come da intese col nostro carissimo e pregiatissimo amico Francesco Porcellati, vi invio in allegato il testo della proposta che come "Cellula Coscioni di Napoli", nell'ambito della "Consulta napoletana per la laicità delle istituzioni" - ci accingiamo a presentare al consiglio comunale di Napoli. Con i miei più cordiali saluti. Domenico Spena Il Consiglio Comunale di Napoli Premesso che - Per testamento biologico si intende un documento legale che permette di indicare in anticipo i trattamenti medici che ciascuno intende ricevere o rifiutare in caso di incapacità mentale, di incoscienza o di altre cause che impediscano di comunicare direttamente ed in modo consapevole con il proprio medico. E’ conosciuto anche come “Dichiarazione di volontà anticipata per i trattamenti sanitari”. La persona che redige un testamento biologico nomina un fiduciario per le cure sanitarie che diviene, nel caso in cui la persona diventi incapace, il soggetto chiamato ad intervenire sulle decisioni riguardanti i trattamenti sanitari stessi. - Il testamento biologico (con la denominazione di “Living will”) è stato introdotto per legge negli Stati Uniti nel 1991. Una delle principali affermazioni della legge americana è quella relativa alla idratazione ed alla alimentazione artificiali, che sono considerate a tutti gli effetti come terapie ed in quanto tali possono essere rifiutate attraverso il testamento biologico. Lo stesso principio è seguito nelle leggi esistenti negli altri paesi occidentali ed è stato costantemente ribadito nelle sentenze sull’argomento, oltre che nella valutazione dei più illustri scienziati che hanno studiato il tema delle scelte di fine vita. Da allora, la maggior parte dei paesi occidentali ha legiferato in materia. Dove non esiste ancora una legge specifica, vi è però una giurisprudenza costante che riconosce valore ai testamenti biologici. In Italia, l’articolo 32 della Costituzione stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Questa norma costituzionale configura per tutti i cittadini quello che i giuristi definiscono un “diritto perfetto”, che cioè non ha bisogno di leggi applicative per essere esercitato. Parimenti, l’art 13 della Costituzione afferma che “ la libertà personale è inviolabile”, rafforzando il riconoscimento alla libertà ed indipendenza dell’individuo nelle scelte personali che lo riguardano. Tuttavia, il problema si pone - come dimostrato dalla drammatica vicenda di Eluana Englaro - nei casi 40 in cui per diverse ragioni il malato perda la capacità di esprimere la propria volontà di rifiutare determinate terapie. Per questo motivo è necessario approvare una legge che stabilisca in modo chiaro le modalità di redazione e di registrazione del testamento biologico e di nomina del fiduciario, così che ciascuno possa dichiarare, ora per allora, la propria volontà circa le terapie da accettare o rifiutare in situazioni come quella descritta, vincolando i medici ad attenersi alla volontà così espressa. Considerato che: - la carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, sancisce che il consenso libero ed informato del paziente all’atto medico è considerato come un diritto fondamentale del cittadino afferente i diritti all’integrità della persona ( titolo 1, Dignità, art 3 Diritto all’integrità personale); - la Convenzione sui Diritti Umani e la biomedicina di Oviedo del 1977, ratificata dal Governo Italiano ai sensi della Legge n° 145 28 marzo 2001, sancisce all’art. 9 che “ i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la propria volontà, saranno tenuti in considerazione”; Preso atto che: il nuovo codice di Deontologia medica adottato dalla Federazione Nazionale dei Medici chirurghi ed odontoiatri, dopo aver precisato all’art. 16 che “ il medico deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa attendere un beneficio per la salute del malato…”, all’art 35 sancisce che “ il medico non deve intraprendere attività terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito ed informato del paziente… In ogni caso, in presenza di un documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere da atti …curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona.” Inoltre all’art 38 si afferma che “ il medico deve attenersi,… alla volontà liberamente espressa dalla persona di curarsi…Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato.” Valutato altresì che: il Comitato Nazionale di Bioetica, si è espresso in data 18 dicembre 2003, precisando che “ … appare non più rinviabile una approfondita riflessione, non solo bioetica, ma anche biogiuridica, sulle dichiarazioni anticipate… che dia piena e coerente attuazione allo spirito della Convenzione sui diritti umani e la biomedicina…”. Inoltre il CNB specifica che “ le direttive anticipate potranno essere scritte su un foglio firmato dall’interessato, e i medici dovranno non solo tenerne conto, ma dovranno anche giustificare per iscritto le azioni che violeranno tale volontà”. Considerato che: la Magistratura si è più volte espressa in questo senso, esaminando in particolare i casi Welby, Nuvoli ed Englaro, in assenza di una normativa nazionale in materia. Preso atto che: secondo l’Eurispes il 74,7 degli italiani esprime parere favorevole all’introduzione del testamento etico. Considerato che in questo scenario, l’Ente Comune è nella possibilità giuridica ed amministrativa di farsi promotore di atti amministrativi volti ad introdurre il riconoscimento formale del valore etico delle dichiarazioni anticipate di trattamento di carattere sanitario. Tutto ciò premesso, Il CONSIGLIO COMUNALE impegna la GIUNTA COMUNALE : 1) a predisporre un modulo che raccolga le dichiarazioni anticipate di volontà dei trattamenti di natura medica, nel quale ogni cittadino interessato possa esprimere la propria volontà di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari sia in caso di malattia o lesione 41 cerebrale irreversibile o invalidante sia in caso di malattia che costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione; 2) ad istituire un registro telematico che raccolga le dichiarazioni e a definirne il regolamento d’accesso; 3) a trasmettere periodicamente le dichiarazioni raccolte ai Soggetti Istituzionali delegati per legge alla pubblicizzazione, nelle more della entrata in vigore di una normativa nazionale che regolamenti la materia, in particolare: - Al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, affinché la dichiarazione venga inserita nella tessera sanitaria personale del dichiarante. - All’ARSAN e all’Assessorato regionale alla Sanità della Regione, affinché provveda ad istituire un registro provvisorio regionale, nelle more dell’entrata in vigore di una legislazione nazionale in materia. - Alla ASL competente per territorio, affinché anch’essa istituisca un registro provvisorio , nelle more dell’entrata in vigore delle leggi regionali e nazionali che regoleranno la materia. - Al medico di famiglia della persona che ha sottoscritto la Dichiarazione anticipata di volontà, affinché ne tenga debito conto in ogni momento del percorso medico-assistenziale della persona che ha espresso la volontà. Si delega il Segretario comunale a trasmettere la delibera al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, al Comitato nazionale di bioetica, alla Regione, alla Provincia, all’ASL competente per territorio. La delibera è dichiarata immediatamente esecutiva. Da: Associazione Libera uscita ([email protected]) Inviato: venerdì 18 settembre 2009 2.15.55 A: [email protected] Caro Domenico, grazie per l'informazione e per l'iniziativa. Inseriremo la vs. proposta sul prossimo notiziario nazionale. Se torna utile, potete inserire anche LiberaUscita tra le associazioni promotrici: Francesco Porcellati (o un suo delegato) è autorizzato a firmare per la sezione di Napoli. Cordiali saluti. Giampietro Sestini Segretario di LiberaUscita 1369 - FIRENZE – LA COMMISSIONE CONSILIARE APPROVA UNANIME IL REGISTRO da: Aduc salute n° 37/2009 17-09-2009 - Registro del testamento biologico, il Comune di Firenze fa un primo passo importante per istituirlo. Il via libera c'è stato stamani con l'approvazione in commissione affari istituzionali (presieduta da Valdo Spini) della delibera che istituisce appunto il registro dei testamenti biologici e contiene il regolamento comunale in tal senso. La delibera, proposta dalla consigliera Claudia Livi (Pd) ha avuto parere favorevole di tutti i membri della commissione, sia del centrosinistra che del centrodestra e una sola astensione, quella della consigliera Bianca Maria Giocoli (Pdl). La prossima tappa sarà la discussione in consiglio comunale forse già lunedì prossimo. 'Lo scopo della delibera - ha detto Claudia Livi - è la registrazione non il deposito del testamento biologico. Il che significa che in Comune vengono registrate le persone che dichiarano di aver fatto testamento biologico, dove l'hanno depositato e chi è il nome del fiduciario'. Soddisfatto anche il presidente Valdo Spini: 'Si tratta di un documento importante - ha spiegato Spini - e significativo in un momento politico in cui la Camera sta per approvare la legge già varata dal Senato e in cui voci autorevoli come quella del presidente della camera Gianfranco Fini si sono levate perché il testo del Senato venga modificato. Mi 42 auguro che anche nel prossimo consiglio comunale il testo venga approvato con la stessa larghissima maggioranza'. (segue) La delibera prevede che questo registro sia riservato ai soli cittadini residenti nel Comune di Firenze e ha come finalità di consentire l'iscrizione nominativa, con autodichiarazione, di tutti i cittadini che hanno redatto una dichiarazione anticipata di trattamento con indicazione del notaio o del fiduciario o del depositario, per garantire la certezza della data di presentazione e la fonte di provenienza. 'In assenza di una normativa nazionale in materia - si legge nella delibera - vengono in vario modo formulate le dichiarazioni anticipate di volontà dei trattamenti di natura medica, nelle quali ogni cittadino interessato può esprimere la propria volontà di essere o meno sottoposto in caso di malattie, traumi celebrali, che determinano la perdita di coscienza permanente ed irreversibile. In questo scenario al Comune e al Sindaco nella sua veste di massima autorità sanitaria possono far capo iniziative volte ad introdurre il riconoscimento formale del valore etico delle dichiarazioni anticipate sui trattamenti sanitari'. 1370 – LE VIGNETTE DI STAINO – COSA SI SON DETTI IN TRE MINUTI? 43