il punto - Centro Studi Calamandrei

Transcript

il punto - Centro Studi Calamandrei
IL PUNTO
Le notizie di
LiberaUscita
Settembre 2009 - n° 63
SOMMARIO
LE LETTERE DI AUGIAS
1340 - La sentenza del TAR sull’ora di religione
1341 - Io, infermiere al reparto di terapia intensiva
1342 - L’ora di religione e una pari dignità che non c’è
1343 - Chi difende l’ora di religione così com’e’
1344 - Quell’anatema sulle famiglie allargate
ARTICOLI, INTERVISTE, COMUNICATI STAMPA
1345 - L’eutanasia é compatibile con la religione - di Cristina Castro
1346 - Rita Levi Montalcini: una vita per la scienza - di Carlo Picozza
1347 - La partita con la chiesa - di Adriano Prosperi
1348 - Sul bio testamento si può inceppare il PD - di Alessandro Calvi
1349 - Assisi: il vero scontro è tra amore e morte
1350 - Biotestamento: i deputati rispettino la Repubblica – di F. Orlando
1351 - Se l’illuminismo diventa "bieco" - di Stefano Rodotà
1352 - Il vaticano vuole lo stato catechista - di Adriano Prosperi
1353 - Berlusconi: biotestamento? consoliderà i rapporti con la chiesa
1354 - Cosa deve fare una scuola laica - di Stefano Rodotà
1355 - Biotestamento: sadici per legge - di Beatrice Busi
1356 - Il testamento senza volontà - di Giovanni Sartori
1357 - Sul testamento biologico unire le coscienze libere - di F. Orlando
1358 - Anche la fede ha bisogno del dubbio - di Barbara Spinelli
1359 - Il TAR Lazio sconfessa la legge sul testamento biologico
1360 - La Camera approva la legge sulle cure palliative
1361 - Modificare l'otto per mille - comunicato di Donatella Poretti
1362 - Il diritto di morire - intervista a Stefano Rodotà
1363 - La pillola fa abortire La Malfa dal PDL - di Federico Orlando
NOTIZIE DALL’ESTERO
1364 - La Germania ce l'ha fatta. e noi? – di Marlis Ingenmey
1365 – UK. verso la depenalizzazione dell’eutanasia
DALLA ASSOCIAZIONE
1366 - Modena – Iniziative per istituire il registro dei biotestamenti
1367 - Roma – Il registro nel X Municipio
1368 - Napoli – Chiesta l’istituzione del registro dei biotestamenti
1369 - Firenze – la Commissione consiliare approva unanime il registro
PER SORRIDERE…
1370 – Le vignette di Staino – Cosa si son detti in tre minuti?
LiberaUscita
Associazione nazionale laica e apartitica per il testamento biologico e l’eutanasia
Sede provvisoria: via Magenta 24, 00185 Roma – Telefono: 338.9595790
Fax: 06.5127174 - Sito web: www.liberauscita.it - email: [email protected]
1340 - LA SENTENZA DEL TAR SULL’ORA DI RELIGIONE – DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di giovedì 3 settembre 2009
Caro Augias, il 12 agosto mons. Coletti definì la sentenza del Tar del Lazio sull’ora di
religione bieco e negativo Illuminismo perché favorisce la perdita di identità dei popoli. Il
bieco risvolto sarebbe la separazione del potere legislativo e giudiziario tra loro e da quello
religioso.
Il 26 agosto si sono compiuti 220 anni dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del
Cittadino, in base alla quale ognuno è libero di professare una religione o di non averne
alcuna. Professare il Cristianesimo è consentito, non è consentito imporlo. Ci fu un tempo in
cui esso fu perseguitato, ma i persecutori non erano certo illuministi.
Seguì un tempo (lunghissimo) in cui gli ex perseguitati riuscirono a imporsi tanto da far
perdere ad altri la loro identità: nelle Americhe e non solo. C’è stato infine un tempo recente,
dal 1870 al 1929, nel quale l’ora di religione nelle scuole non era prevista. Non ci sono state
perdite d’identità religiosa negli italiani perché un illuminismo ormai radicato - e non bieco rispettò la religione di maggioranza in questo paese. E’ vero che poi ci toccò un Fascismo
che illuminista non era e fu bieco con altre religioni, ma Mons. Coletti sa che non è la bontà
di una idea - religiosa o meno - a deciderne la sorte, bensì i rapporti di forza tra chi la
sostiene e chi no, altro aspetto del Relativismo che talora dà, talora toglie.
Giovanni Moschini - [email protected]
Risponde Augias
Tra le molte polemiche di questa agitatissima estate dobbiamo registrare anche le reazioni
alla sentenza del Tar del Lazio che escludeva l’insegnamento della religione dalla
valutazione del profitto. Una circolare del precedente ministro della Pubblica Istruzione,
Fioroni, aveva inserito la ‘religione’ fra le materie curricolari. Chi non voleva avvalersene
veniva quindi discriminato in quanto le materie alternative non c’erano o non avevano uguali
prerogative. I giudici amministrativi dovevano rispondere al quesito se la Circolare Fioroni
del 2007 finiva o no per discriminare gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento
della religione cattolica.
La risposta è stata affermativa con questa motivazione: «Un insegnamento di carattere etico
e religioso attinente alla fede individuale non può essere oggetto di valutazione sul piano del
profitto scolastico per il rischio di valutazioni di valore proporzionalmente ancorate alla
misura della fede. Sotto tale profilo è dunque evidente l’irragionevolezza dell’Ordinanza che,
nel consentire l’attribuzione di vantaggi curriculari, inevitabilmente collega in concreto tale
utilità alla misura dell’adesione ai valori dell’insegnamento cattolico».
Un recente sondaggio ha registrato che il 70 per cento dei lettori erano favorevoli alla
sentenza. E’ davvero un problema?
1341 - IO, INFERMIERE AL REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA – DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di mercoledì 16 settembre 2009
Stimatissimo dott. Augias,
sono infermiere in un reparto di terapia intensiva. E’vero quello che lei ha scritto: alla fine del
percorso, vorremmo tutti morire di un colpo. Ma dovremmo sperare che nessuno se ne
accorga perché, se ciò avvenisse, non sarebbe più possibile. Verremmo trasportati in
ospedale e lì, in ogni caso, rianimati, eventualmente operati e ricoverati in rianimazione o in
terapia intensiva. Lì collegati a un respiratore, alimentati per vena e I o per via enterale (tubo
nello stomaco), cateterizzati, monitorizzati, bucati un po’ dappertutto. Tutto questo senza la
vicinanza dei propri cari. Verremmo tutte le mattine lavati, anche nelle parti più intime; le
nostre deiezioni rimosse ogni volta ce ne fosse bisogno. Verremmo massaggiati per evitare
le piaghe da decubito, tutto nella più rigorosa igiene e asepsi. Nella maggior parte dei casi
alla fine (in genere mesi ma perfino anni), moriremmo o comunque avremmo una guarigione
a condizioni psicofisiche non paragonabili alle condizioni di vita preesistenti.
2
Lettera firmata
Risponde Augias
Lo sappiamo tutti ormai che questo è più o meno il percorso nel caso il famoso colpo’ che
tutti si augurano non fosse definitivo. Sia chiaro che per arrivare al protocollo descritto dal
nostro lettore si sono dovuti raggiungere importanti sviluppi della tecnologia sanitaria,
adeguata preparazione del personale medico e paramedico, ospedali all’altezza di queste
attrezzature. Tutte cose che sono costate impegno, ingegno, soldi. Diciamo pure cose che
distinguono i paesi ad alta civilizzazione sanitaria dai paesi (o parti di paese, come accade
da noi) che a quel livello non sono ancora arrivati.
Perché allora, su di me almeno, la ricostruzione del nostro infermiere ha provocato un effetto
spaventoso? Forse perché mi pongo la domanda di dove sia il confine, il limite, di quando
cioè si attraversi quella linea al di là della quale la terapia o l’assistenza, diventa invasione,
la civilizzazione si trasforma in tortura.
Dove sia quella linea nonio so, non credo neppure che possa essere indicata in astratto, in
teoria, per principio, tanto meno per legge: dopo tanti giorni, dopo tanta febbre, dopo tante
piaghe.
Credo di sapere, ritengo che molti o tutti sappiano, dove quella linea si collochi quando si
trattasse di giudicare la sorte d’una persona amata. Con l’aiuto di un medico ovviamente,
uno di quei medici illuminati e generosi che valutano in base alla loro scienza e alle leggi
elementari dell’umanità, che non si credono paladini di una fede né rappresentanti di un
qualche dio.
1342 - L’ORA DI RELIGIONE E UNA PARI DIGNITÀ CHE NON C’È - DI C. AUGIAS
da: la Repubblica di venerdì 18 settembre 2009
Gentile Augias, se ci fosse la «pari dignità» dell’ora di religione rispetto alle altre materie
dovrebbe essere studiata al pari delle altre. Ma non è cos’i. La Chiesa vuole che la religione
sia presente, ma non che sia studiata seriamente. Una conoscenza approfondita
rischierebbe di evidenziare la distanza che c’è tra certe posizioni della Chiesa e il messaggio
di Cristo. Meglio una blanda ignoranza.
Mìriam Della Croce - [email protected]
Gentile Augias, il ministro Gelmini ha detto: «L’Italia non può non riconoscere l’importanza
della religione cattolica nella nostra storia e tradizione». Ma a giudicare dai risultati che
ottiene l’insegnamento questa importanza non emerge. Un qualsiasi allievo dell’ultimo anno
delle superiori sa molto più di storia, di matematica, o di qualsiasi altra materia che non di
religione. Allora dove sta la pari dignità?
Attilio Doni, Genova - [email protected]
Risponde Augias
La pari dignità dell’insegnamento deila religione (cattolica) può essere sostenuta solo con la
più sfacciata ipocrisia. Ecco uno dei tanti paradossi al quale raramente si pensa: nelle
università esistono cattedre di storia del cristianesimo affidate spesso a studiosi di vaglia.
Nessun laureato però, brillante che sia, potrà andare ad insegnare la materia a meno che
non abbia il crisma delle autorità cattoliche. La Costituzione (art. 33) stabilisce che «l’arte e
la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Per la religione questo non vale. Il prof
Remo Cacitti (cattedra alla Statale di Milano) mi ha fatto il seguente esempio: «Di fronte ai
vangeli secondo cui Gesù aveva quattro fratelli e alcune sorelle (Mc6,3;Mt 12,46;
Gv7,3;Atl,14), il docente può farsi persuaso che si tratti di veri e propri fratelli e sorelle; però
non potrà mai insegnarlo pena la revoca dell’incarico per difformità dalla dottrina ufficiale
della Chiesa». Basterebbe questo a dimostrare l’assurda situazione nella quale ci siamo
cacciati. Tanto più che i risultati dell’insegnamento sono (pedagogicamente) deplorevoli. Mi
scrive Elisa Merlo (ex prof di religione): «(Basterebbe qualche domanda ad allievi delle
scuole superiori. Ad esempio che cosa è la Messa, o il significato di un sacramento, o
3
dell’Immacolata Concezione e via di seguito. Bisogna aggiungere che raramente il docente
di religione dà un voto insufficiente, e questo avvantaggia gli alunni che scelgono di
“studiare” la materia». Che l’ignoranza di molti cattolici italiani sulla loro religione sia
immensa ho potuto constatarlo di persona.
1343 - CHI DIFENDE L’ORA DI RELIGIONE COSÌ COM’E’ – DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di venerdì 25 settembre 2009
Illustrissimo dr. Augias, lei si è occupato in questa rubrica dell’ora di religione nelle scuole.
Come genitore vorrei ricordarle che a me, come al 91% delle famiglie italiane, l’ora di
religione sta bene cosi com’è, con insegnanti scelti dai Vescovi come da accordi
concordatari. Se avessimo insegnanti di religione come il prof. Pierri (suo corrispondente)
non credo che mio figlio conoscerebbe la religione cattolica ufficiale, forse solo un surrogato
secondo le convinzioni personali di qualcuno. Lei sa bene che anche un 10% di alunni
extracomunitari e di fedi diverse sceglie l’ora di religione perché utile a conoscere meglio la
storia e la cultura italiana. Le piaccia o no è così. Dispiace che giornalisti come lei che si
sono prefissi di dare battaglia alla Chiesa facciano un brutto servizio alla sinistra e portino
voti al centrodestra. Ostacolare l’ora di religione è un modo per far votare Berlusconi magari
tappandosi il naso. Vorrei infine ricordarle che durante i secoli la Chiesa si è sempre
rafforzata ogni qualvolta è stata perseguitata.
Loris Bianchi - [email protected]
Risponde Augias
Parlare di persecuzione della Chiesa in Italia mi pare diciamo così eccessivo. La prof. llaria
Gonfiotti ([email protected]) mi ha scritto: «Sono un’insegnante colpita dalla
rivoluzione che investe la scuola. Non credo che la religione abbia niente da rivendicare; a
tale materia vengono dedicate due ore settimanali contro le appena 6-7 della lingua italiana.
Che dire del reclutamento dei docenti di religione? Sono “scelti e assunti” dalla Curia e
pagati dallo Stato». Qui è il punto. Il signor Bianchi forte delle sue convinzioni trascura il fatto
che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole contraddice la Costituzione secondo
la quale l’insegnamento dev’essere libero, non vincolato cioè né da una fede politica nè da
un credo religioso. Tanto meno dalla vita privata degli insegnanti, a meno che non violi il
codice penale. Molti ricorderanno il caso della insegnante mandata a casa perché, non
sposata, aveva avuto un bambino. Il vescovo le ritirò subito la fiducia, fine
dell’insegnamento. Posso dire che queste cose di gusto vagamente medievale sono
comunque indegne di una Repubblica che stabilisce nella sua legge fondamentale
l’eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, razza, religione, censo? Secondo il
signor Bianchi scrivere questo dà voti a Berlusconi. Non toccherei questo tasto. E’ più
‘immorale’ una ragazza che ha un bambino senza essere sposata o un anziano signore che,
distratto da ragazze a pagamento, trascura i suoi doveri pubblici? A occhio e croce mi
sembra una questione di peso.
1344 - QUELL’ANATEMA SULLE FAMIGLIE ALLARGATE - DI CORRADO AUGIA
da: la Repubblica di martedì 29 settembre 2009
Gentile Dott. Augias, sui principali quotidiani ha trovato ampio spazio l’anatema del
Pontefice contro le separazioni e le famiglie allargate, colpevoli a sua detta, di rovinare i
bambini. Giudizio dal suo punto di vista legittimo. Allo stesso tempo però, oggi i principali tg
ci mostrano lo stesso Pontefice che incontrando il nostro presidente del Consiglio esprime
“grande gioia” nel vederlo mentre da più parti vengono enfatizzati gli ottimi rapporti tra la
Santa Sede ed il governo; non una parola sui comportamenti e sulle colorite vicende delle
quali il nostro premier è stato protagonista negli ultimi tempi. Comportamenti in evidente
contrasto con i valori di cui la Chiesa si proclama portatrice. Questo episodio a mio avviso
riflette bene la realtà italiana, dove la doppia morale e l’ipocrisia la fanno ormai da padroni.
4
Tutto ciò, da cattolico e italiano, mi sconforta perché penso che non riusciremo mai ad
essere un paese normale e vedo che la fiammella per una speranza di tempi migliori si sta
lentamente spegnendo.
Giuseppe Castelnuovo - [email protected]
Risponde Augias
Lo spazio dedicato dai media al fugace incontro in un aeroporto è stato apparentemente
fuori proporzione rispetto ai tre minuti della sua durata. Tra persone con uno status meno
eccezionale sarebbe stato più o meno un ‘Ciao, come va?’, ‘Bene, e tu?’, ‘Ci vediamo
presto’. Nel linguaggio della diplomazia però anche tre minuti sono pieni di significato.
Proprio mentre ribadiva la sua deprecazione sulle ‘famiglie allargate’ che creano disordine e
fanno piangere i bambini, il Papa incontrava un uomo che, anche volendo ridurre al minimo,
è un adultero dichiarato. Non solo: che con il suo essere adultero, nonché “frequentatore di
minorenni” (fonte: sua moglie) ha mandato in pezzi il suo matrimonio facendosi esempio
proprio di ciò che il Papa condanna.
Come spiegare allora questa doppiezza di comportamento di Benedetto XVI? Si può
spiegare, a mio parere, con la sua veste altrettanto doppia di capo di una religione che è
nello stesso tempo un capo di Stato. Quando depreca le famiglie che si rompono e si
allargano, Ratzinger parla come Papa, quando incontra un pubblico adultero si comporta
invece da sovrano e come sovrano si ripromette da quell’incontro concreti benefici, del resto
già noti a tutti. La sostanza del contrasto tra Santa Sede, cioè vertice statuale della Chiesa,
e vescovi cioè pastori di anime, esplosa con le reazioni al caso Boffo è tutta in questo
residuo di potere temporale al quale la chiesa romana non ha mai rinunciato nemmeno dopo
il 20 settembre 1870. Anzi.
1345 - L’EUTANASIA É COMPATIBILE CON LA RELIGIONE - DI CRISTINA CASTRO
da: “El País” di giovedì 13 agosto 2009 – traduzione per LiberaUscita di Alberto Bonfiglioli
Il gesuita e professore di etica dell’Università gesuitica Sophia (di Tokio), Juan Masiá, ha
affermato oggi che “la difesa dell’autonomia e il rispetto della dignità dell’individuo in una
prospettiva religiosa è compatibile con la depenalizzazione dell’eutanasia". Facendo
riferimento al dibattito sull’aborto e la morte degna considera incomprensibile la
contrapposizione di gruppi "pro-vita o anti-vita", tipica del nostro paese (Spagna).
Il gesuita, che ha criticato l’influenza delle “ideologie politiche e religiose” nel dibattito
pubblico, ha rilasciato le sopracitate affermazioni all’Università Internazionale Menéndez y
Pelayo di Santander (Spagna) dove si trova per il corso “Eutanasia e suicidio assistito. Un
diritto del secolo XXI”, diretto dal dott. Luis Montes.
La docente di filosofia morale e politica, Margarita Boladeras e il presidente
dell’Associazione Europa Laica, Francisco Delgado, hanno concordato sulla necessità di
affrontare il dibattito sulla morte con dignità da tutti i punti di vista. Tutti e due hanno
sottolineato
la necessità di una regolamentazione che tenga conto anche delle
"disuguaglianze territoriali": "La situazione nelle grandi città è accettabile, ma nelle zone
rurali spesso non lo é, non solo per la scarsità di mezzi palliativi, ma per l’attenzione
sanitaria in generale”.
Masiá, espulso dalla sua cattedra all’Università Pontificia di Comillas (Spagna) nel 2006 per
le sue dichiarazioni in difesa dell’uso del preservativo, ha affermato che la Chiesa cattolica in
Spagna è in una situazione "francamente anomala ed a marcia indietro rispetto al Concilio
Vaticano II". A suo giudizio le imposizioni a politici e parlamentari credenti su ciò che devono
votare non sono accettabili, perché "non é cristiano imporre ciò che si debba pensare”.
Sui simboli religiosi in luoghi pubblici, Masià ha detto che nell’Università gesuitica privata
dove lavora in Giappone, "mai ci salterebbe in mente di mettere un crocefisso”.
Commento. Come afferma Masià, professore gesuita, la Chiesa cattolica pratica (da quando
è morto Giovanni XXIII) "la marcia indietro rispetto al Concilio Vaticano II", ma non soltanto
5
in Spagna. La differenza con l'Italia deriva soltanto dal fatto che la maggioranza dei nostri
uomini politici, per ottenere l'appoggio delle 26.000 parrocchie, fanno a gara nell'obbedire
alle "imposizioni" della Chiesa. Magari con la scusa della "obiezione di coscienza", come se
ciò li giustificasse, moralmente ed eticamente, di privare gli altri della loro autonomia a
decidere. Cordiali saluti. Giampietro Sestini
1346 - RITA LEVI MONTALCINI: UNA VITA PER LA SCIENZA - DI CARLO PICOZZA
da: la Repubblica di venerdì 4 settembre 2009
Sotto sfratto esecutivo, rischia di chiudere l'Ebri, l'Istituto di ricerca sul cervello, voluto dal
premio Nobel per la Medicina, Rita Levi Montalcini, e nato a Roma nell'aprile del 2005. "Lo
sfratto", commenta la centenaria fondatrice, "mette in forse tutto ciò che ho fatto, i risultati
scientifici ottenuti e l'impegno del capitale umano eccezionale che lavora in Istituto". La sorte
della cinquantina tra scienziati e ricercatori dell'European brain research institute è appesa
al pronunciamento del giudice, domani mattina. Ma con la chiusura delle utenze, l'attività di
ricerca sugli enigmi del cervello aveva già subito una battuta di arresto.
L'agonia dell'Ebri era cominciata il 2 ottobre 2008 con una lettera della fondazione Santa
Lucia che ospita nei sui immobili l'Istituto della Montalcini: "Per la nostra fondazione senza
scopi di lucro è indispensabile ricercare una sostanziale parità tra entrate e uscite. Ma
questo equilibrio è compromesso dal corrente sistema di ripartizione delle spese di gestione
da noi anticipate e restituite dall'Ebri nella misura del 24%, con notevoli ritardi, più volte
segnalati".
In giugno ai giovani ricercatori dell'Ebri non erano stati corrisposti gli stipendi. Nel mese
successivo era stato sospeso l'uso dei telefoni. Gli inadeguati finanziamenti pubblici non
sono bastati a coprire i costi delle ricerche né quelle di gestione. E che l'Ebri navigasse in
cattive acque lo aveva fatto intuire, nei mesi scorsi, anche il presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano: stringendo la mano alla centenaria promotrice dell'Ebri le aveva rivolto
l'augurio di una grande possibilità di sopravvivenza per le sue iniziative di ricerca.
"Nel settembre 2001, in un workshop a Cernobbio", racconta Rita Levi Montalcini, "feci la
proposta di far nascere un Istituto sull'organo che presiede pensiero e azione, per fornire
l'opportunità a tanti scienziati italiani di rientrare nel loro Paese dal quale erano dovuti
emigrare per la scarsità dei centri di ricerca". Lo ricorda ripensando al suo "confino" nella
stanza da letto dove aveva impiantato un vero e proprio laboratorio per continuare le
ricerche "insieme con Giuseppe Levi, dopo la promulgazione delle leggi razziali" e prima di
recarsi in America, a guerra finita, nel 1947, invitata dal chairman del dipartimento di
Zoologia della Washington University, Vicktor Hamburger.
Il "Polo delle Neuroscienze" è stato per Montalcini "il sogno di una vita". E per l'esplorazione
del cervello, l'Ebri partì insieme con il Cnr e il Santa Lucia. In tutto, 255 tra medici, biologi,
biochimici, neurobiologi, fisici, matematici, immunologi, genetisti, informatici, cognitivisti, e 44
laboratori su uno superficie di 25 mila metri quadrati, nella coda metropolitana della capitale,
tra l'Ardeatina e la Laurentina, per studiare il funzionamento dell'organo più complesso e
misterioso anche in presenza di patologie come l'Alzheimer, il Parkinson, l'ictus, la sclerosi
laterale amiotrofica.
L'ingiunzione di sfratto è stata comunicata il 22 luglio scorso, con la richiesta del rilascio dei
locali entro il 30 settembre. Il ricorso è già partito, ma il premio Nobel, teme che si
interrompa "l'ultimo capitolo della mia vita che si sta rivelando il più importante dal punto di
vista scientifico, con i formidabili risultati attraverso l'impiego del Nerve growth factor (il
fattore di crescita delle cellule nervose da lei scoperto, ndr)". Un impegno alla sopravvivenza
dell'Ebri è arrivato dal presidente del Cnr, Luciano Maiani, che "sta esplorando la possibilità"
di accogliere la fondazione della Montalcini in ambienti "da noi utilizzati".
1347 - LA PARTITA CON LA CHIESA - DI ADRIANO PROSPERI
6
da: la Repubblica di venerdì 4 settembre 2009
No, non sono affari interni della Chiesa, come commentato chi ancora impugna la pistola
fumante – e la impugna perché chi l’ha armato non gliel’ha mai tolta di mano. Singolare
affermazione, del resto: ma non era questo il governo che si professava più vicino alla
Chiesa, quello che aveva avuto fin dall’inizio il soddisfatto via libera delle gerarchie
ecclesiastiche? Oggi invece quella destra cattolica obbediente e collaborativa così gradita a
eminenti cardinali finge un laico e pudico disinteresse per i problemi della Chiesa.
D’altra parte, la domanda che tutti ci poniamo è: quale Chiesa? Ne abbiamo viste diverse nei
giorni scorsi e non abbiamo mal avuto l’impressione di trovarci davanti alla antica istituzione
sacrale che immaginavamo capace di rispondere severamente e dal suo più alto livello
all’attacco che l’ha ferita. Una cosa almeno è certa: le dimissioni del direttore dell’Avvenire
sono un fatto che di per sé esclude qualunque possibilità di chiudere l’episodio a un fatto
interno di chicchessia, tanto meno a un fatto interno della Chiesa.
Ci fu all’inizio il tentativo di chiudere tra parentesi le tensioni tra un premier e una chiesa
italiana in agitazione facendo ripartire l’antico ron-ron della diplomazia ovattata, dei contatti
riservati, magari dei colloqui tra un premier discusso e il segretario di Stato vaticano intorno
a un tavolo conviviale all’ombra di un antico rito solenne del perdono. Ma qui il percorso si
interruppe: quel premier aveva un giornale di famiglia e il suo direttore fece partire in quel
preciso momento un attacco inqualificabile contro l’Avvenire, organo della Conferenza
episcopale italiana. Uno scandalo: bisogna che gli scandali avvengano, dice la parola del
Cristo dei Vangeli canonici. Non così hanno pensato le menti diplomaticamente esercitate
del mondo vaticano, d’accordo col Grande Inquisitore di Dostoevskij nel ritenere che l’ordine
del mondo è troppo prezioso per metterlo a rischio con un ritorno della parola di Cristo.
C’era stata una mossa per far rientrare lo scandalo: una proposta di tregua con scambio dei
caduti. La Chiesa-Potere aveva calato molto tempestivamente la carta più alta nelle sue
mani per dimostrare la sua buona volontà e far rientrare la vicenda «citra sanguinem»,
senza versare sangue, come dicevano le regole della tortura dell’inquisizione L’aveva calata
nientemeno che il direttore dell’osservatore Romano nell’intervista al Corriere della Sera: un
bel rimbrotto a Boffo e un’offerta di continuare come nulla fosse. Meglio una sola vittima che
uno scontro dagli esiti imprevedibili. Era un prezzo sostenibile per pagare la pace politica e
la tranquilla gestione dei problemi etici in discussione nel prossimo autunno— testamento
biologico, pillola abortiva e così via. Ma la logica dello scambio richiedeva un passo analogo
dall’altra parte: la parallela rimozione di Feltri dalla direzione del Giornale o almeno una
smentita adeguatamente sdegnata da parte del suo padrone. Abbiamo visto com’è andata a
finire. E’ finita che Boffo si è dimesso. Perché?
Sul piano umano possiamo ben capirlo: ed è questo l’unico piano comprensibile e
condivisibile. La vittima designata non ha accettato il suo destino, non ha aspettato di essere
dolcemente rimossa da mani curiali in tempi più tranquilli: si è tolta di mezzo da sola.
Diciamo vittima con la piena consapevolezza che qui la parola è quella giusta. L’aggressione
contro Boffo ha teso a distruggerne strumentalmente il ruolo sociale e la vita privata,
sfruttando cinicamente il clima di linciaggio che il semplice sospetto di scelta o tendenza
omosessuale sta scatenando oggi in Italia, indizio questo sì della malattia morale e della
regressione nazistoide del paese.
Quanto alle dimissioni, era stato monsignor Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e
presidente del consiglio Cei per gli affari giuridici, che ne aveva formulato per primo l’ipotesi.
Mogavero sapeva che le dimissioni sarebbero state intese come ammissione di colpa.
Lo sappiamo tutti: in Italia, fin dai tempi di Dante Alighieri, la parte offesa e ferita diventa nel
grido collettivo la parte colpevole. Ma quali saranno da oggi le sedi opportune per accertare i
fatti? E quali fatti ancora si dovrebbero accertare? Una cosa sola è chiara: con le dimissioni
di Boffo si apre un vuoto: non solo fra le voci autorizzate e autorevoli della Chiesa-Potere e il
titolare del potere politico e monopolista dei media italiani, ma anche all’interno
7
dell’arcipelago che si chiama Chiesa in Italia o Chiesa italiana. Adesso forse qualcuno
tenterà ancora di chiudere la partita con qualche paroletta di solidarietà. Si potrà sempre
battere una pacca consolatoria sulla spalla del dimissionario, contando sul fatto che tanto in
Italia chi si dimette ha sempre torto. Si potrà dire che il direttore di Avvenire è stato oggetto
di un «inqualificabile attacco mediatico» - questo il commento, per esempio, del cardinale
Angelo Bagnasco. Bagnasco è il presidente della Conferenza episcopale italiana e in quanto
tale è responsabile della condotta di Avvenire e del suo direttore quasi quanto Silvio
Berlusconi è responsabile delle scelte del Giornale di famiglia. L’attacco è inqualificabile ma
non viene da un killer ignoto. Viene dall’impero italiano dei media ed è ascrivibile al suo
padrone. Il contenzioso opporrà la Chiesa nelle sue molte forme ed espressioni italiane al
presidente del Consiglio tanto più direttamente e immediatamente quanto più lo spazio tra i
due è rimasto sgombro e vuoto. E c’è qualcosa di grottesco nella scena che si profila: il
dialogo tra un’entità teoricamente monolitica e governata da un Papa infallibile e ostile al
relativismo, oggi diventata una Babele di linguaggi, e il capo di un governo teoricamente
democratico che parla la lingua di un potere intollerante di ogni critica e si immagina nei
panni fumettistici di un Super Superman.
1348 - SUL BIO TESTAMENTO SI PUÒ INCEPPARE IL PD - DI ALESSANDRO CALVI
Da: il Riformista di venerdì 6 settembre 2009
Le posizioni sono sempre le stesse di sempre. Nessuno sembra aver cambiato idea, Anche
perché, per la verità, da mesi nel Partito democratico di testamento biologico quasi non si
parla più. Tema cancellato, sacrificato come altri, del resto, sull’altare delle primarie. E però
proprio la corsa alla segreteria e la nascita delle tre mozioni ha rimescolato le carte in tavola,
portando gli avversari di un tempo a sedere l’uno accanto all’altro, creando una mistura
tendenzialmente instabile, tanto che potrebbe finire per deflagrare in tutta la sua potenza
anche sul congresso democrat.
Il Pd, infatti, potrebbe avere ben nascosto in casa propria un candelotto di dinamite pronto
ad esplodere. Il detonatore, però, è altrove, è nelle mani del Cavaliere il quale, per le note
vicissitudini tra le due sponde del Tevere, potrebbe avere tutto l’interesse ad accenderlo
quanto prima.
Sostiene Ignazio Marino che, in questi giorni nei quali sta girando l’Italia, è la chiarezza che
la gente chiede al Pd. E aggiunge: «Noi sui diritti civili, come su tutto il resto, siamo stati
chiari. Abbiamo costruito la nostra mozione su una comunione di idee, le altre due mozioni
hanno costruito una comunione di correnti che però, avendo idee diverse, quella comunione
non possono realizzarla». D’altra parte, iì primo a lanciare l’allarme era stato proprio Marino.
In una recente intervista al Riformista aveva spiegato che «chi guida il partito è in una
situazione in cui è impossibile dire dei sì e dei no chiari e dare una identità al partito».
«Eppure - aveva aggiunto - i cittadini hanno diritto di sapere cosa propone il Pd». Se per i
cittadini questo è un diritto, però, per il partito sembra più che altro un rischio. Soprattutto nel
caso in cui i temi della bioetica, sui quali il partito si è sempre diviso, dovessero tornare
prepotentemente di attualità e, dalle dichiarazioni rilasciate dagli esponenti delle varie
mozioni ai giornali, legittimamente influenzate dalla corsa alla segreteria, si dovesse tornare
improvvisamente a esprimere una posizione di partito.
Cosa farebbero, allora, Enrico Letta e Gianni Cuperlo, oggi entrambi sostenitori di Bersani
ma su fronti opposti quanto alla bioetica? E lo stesso vale per il fronte opposto, Non sarebbe
facile far andare d’accordo due persone così diverse come Debora Serracchiani e Dorina
Bianchi, tanto per fare due nomi. Difficile dimenticare l’esordio sulla ribalta nazionale della
prima, con quel suo discorso all’assemblea dei circoli a Roma, quando, davanti a
Franceschini al quale non riusciva a dare del tu, strappava applausi menando fendenti a
destra e a manca fino all’affondo sul testamento biologico. «Trovo che sia un errore assoluto
- disse - quello di aver indicato come capogruppo alla commissione sanità del senato chi
8
non è portatore della posizione prevalente». Si riferiva, peri l’appunto, proprio a Donna
Bianchi, oggi sua collega di mozione.
Nel Pd, però, le preoccupazioni per ora sembrano essere rivolte a ben altro. E non si fa
fatica a crederlo, considerando che il traguardo della nuova segreteria si avvicina sempre
più velocemente. Così, Giorgio Tonini, braccio destro del Veltroni segretario e oggi nella
trincea di Dario Franceschini, non respinge l’osservazione e, anzi, la accoglie e rilancia la
palla a destra. «Il problema vero - dice - non è quello degli schieramenti o delle convenienze
tattiche ma di dare al paese la miglior legge possibile. E se ci fosse questa possibilità, io
affronterei molto volentieri anche qualche tribolazione al nostro interno». Ma, dice ancora
Tonini, «se il Pdl deciderà di accelerare, questo non potrebbe che significare una blindatura
sul testo del Senato. E, allora, con un paradosso, potrei dire che questo sarebbe lo scenario
meno preoccupante per noi». «Se fossi nella maggioranza - dice ancora, passando di
paradosso in paradosso - questa sfida io la lancerei. Se invece decideranno di chiudersi a
riccio faranno un pessimo servizio al Paese, non a noi».
Anche Gianni Cuperlo, fronte Bersani, è convinto del fatto che «fino a quando il Pdl è
compatto su quella legge sta facendo un danno al paese». E anche Cuperlo prova a tenere
distinti i piani, quello parlamentare e quello congressuale anche se, spiega, «la cosa
principale è concentrarci sul merito della legge. E il merito continua ad essere irricevibile».
Dunque, nessuna preoccupazione per eventuali voti in uscita dal Pd alla Camera che Rocco
Bottiglione, ieri sui Riformista, valutava tra i 10 e i 20. E nessuna preoccupazione per
eventuali contraddizioni che il percorso parlamentare potrebbe innescare su quello
congressuale. «Faremo tutto ciò che possiamo - dice ancora Cuperlo - per modificare gli
aspetti più gravi del testo uscito dal Senato, ovvero la sottrazione del corpo alla personalità
del malato in nome di una visione etica e di parte che non è conciliabile con la nostra
Costituzione».
1349 – ASSISI: IL VERO SCONTRO E’ TRA AMORE E MORTE
da: Adista notizie n° 88 rep. 35174 di lunedì 7 settembre 2009
Porre il mistero della morte a confronto con le nuove frontiere della scienza e con le grandi
trasformazioni della società. È quanto si è tentato, dal 21 al 25 agosto scorsi, al 67.esimo
Corso internazionale di studi cristiani, dal titolo “Se alzi la lanterna sul mistero della fine... le
nuove frontiere della vita e della morte”, organizzato dalla Pro Civitate Christiana di Assisi in
collaborazione con la comunità ecumenica di Bose e l'editrice Queriniana.
Un tema in cantiere da tempo - come ha spiegato in apertura dei lavori la coordinatrice
Gianna Galiano - che, con il caso Welby prima e la vicenda di Eluana Englaro poi, si è “autoimposto” all’attenzione degli organizzatori.
Dopo i saluti di benvenuto del sindaco Claudio Ricci e del vescovo di Assisi mons.
Domenico Sorrentino, ad aprire i lavori è stato il filosofo Roberto Mancini. “Nel confronto con
il mistero del confine ultimo della vita - ha sottolineato nella sua prolusione - è in gioco la
libertà propriamente umana di dare una risposta alla morte”: “Chi sostiene il confronto può
riuscire ad attraversare un deserto, riconoscere un invito e giungere infine a sperimentare un
risveglio”. “L’invito da riconoscere - ha proseguito - è quella vocazione all’esistere creativo,
non distruttivo, che è inscritta nella condizione di creatura, comune a tutti i viventi”. Dunque,
una vita “corresponsabile”, una vita comune, orizzonte entro il quale, secondo Mancini,
possono essere trovate indicazioni etiche per le delicate questioni del fine-vita. “Credo che
chi, avendo un legame profondo e una storia comune, sta vicino al morente - ha proseguito potrà e dovrà valutare quando, nel quadro di condizioni stabilite dalla legge, sarà il caso di
desistere dal prolungato ricorso alle macchine per tenere formalmente in vita un proprio
caro. Quando invece non esiste nessuna figura familiare accanto al morente, questa
valutazione spetterà alla responsabilità dei medici. In ogni caso, il principio del rispetto della
vita deve tradursi nel rispetto per ciascuno, per ogni storia, per ogni volto”. “La legge - ha
9
continuato - non può calpestare questa delicatezza in nome del principio della sacralità della
vita affermato senza considerare la reale condizione dei viventi, come non può farlo
neanche in nome di un’autodeterminazione assoluta dell'individuo, senza criteri e senza
responsabilità”.
Mancini non ha mancato di fare riferimento ai recenti provvedimenti approvati dal governo in
materia di immigrazione, evidenziando come una Chiesa che non si ribella “negandosi a
qualsiasi tipo di contiguità con i responsabili di una simile politica”, ne diventa complice:
“Non si possono fare disquisizioni spirituali sui confini della vita - ha concluso - mentre si
accettano come normali politiche di sofferenza e di morte”.
Nella mattinata del 22 agosto i lavori sono proseguiti con una tavola rotonda che ha visto a
confronto Pier Paolo Donadio, primario di rianimazione all’ospedale ‘Le Molinette’ di Torino,
e Federica Gardini, docente di bioetica all’Università di Parma. I relatori hanno concordato
nell’affermare che, essendo la questione del “fine vita” molto complessa, è necessario
affrontarla non in modo astratto e aprioristico, ma considerando la relatività di ogni singolo
caso. La medicina - secondo Donadio e Gardini - non può dare certezze totali, e cerca
pertanto di affrontare i diversi casi singolarmente e con grande responsabilità e sensibilità
etica. Alcuni casi (Welby, Englaro, Schiavo), hanno continuato i relatori, sono probabilmente
stati strumentalizzati, manipolati nella loro essenza, e sono stati resi “stracci” esempi che
avrebbero invece potuto essere “bandiere”.
La seconda giornata di studi ha visto l’incontro tra il filosofo Salvatore Natoli e il teologo
Carlo Molari. Il tema al centro del confronto, “Vita e morte, l’incredibile duello”, ha fornito ai
due studiosi l’occasione per un’analisi profonda delle problematiche etiche, morali e religiose
in gioco. Natoli, partendo dal pensiero greco, ha illustrato l’esistenza di due concezioni
diverse della vita: l’una eterna, dove non esiste morte ma solo trasformazione; l’altra finita,
individuale, che subisce il peso della morte sin dalla nascita. La vita, secondo il filosofo, è
perpetua battaglia, e saper vivere corrisponde a saper combattere; mentre la morte è
esterna a noi, per cui la scopriamo solo attraverso quella degli altri. Saper morire significa
quindi per Natoli, “sapersi consegnare, ma solo dopo aver combattuto la propria vita”.
Secondo Natoli la dimensione dell’uomo è da vivere qui, in questo momento, in questa Terra
e in questa vita. Egli auspica un carpe diem, che, nella piena consapevolezza dell’esistenza
della morte, permetta di vivere pienamente l’oggi.
Molari, dal canto suo, ha portato nel dibattito sulla finitudine umana la prospettiva della fede,
sottolineando anche come gli errori che la Chiesa ha commesso e commetterà, non ne
intacchino l’essenza e il messaggio, soprattutto perché, secondo Molari, la vera Chiesa non
è il magistero di cui spesso ci si lamenta, ma la fiumana di uomini che ne stanno fuori.
La tavola rotonda interreligiosa del 24 agosto - alla quale hanno partecipato la pastora
battista Cristina Arcidiacono, il medico cattolico Luigi De Salvia (fondatore di
un’associazione interreligiosa per la cooperazione in medicina ‘Ascoltiamo le sofferenze’), il
rabbino e medico Cesare Efrati, il teologo sunnita Adnane Mokrani, la buddista Mariangela
Falà - si è conclusa con la relazione del priore di Bose, Enzo Bianchi, dal titolo “Può la morte
tradire la vita? La svolta di Gesù di Nazareth”.
Nella società contemporanea, ha sottolineato Bianchi, la paura della morte induce ad
occultarla e banalizzarla. Di fronte all’enigma assoluto e insanabile della fine della vita il
priore di Bose ha proposto l’esempio di Gesù di Nazareth. “Nell’ottica cristiana la vera
opposizione non sta tra la vita e la morte, ma tra l’amore e la morte. La realtà dell’amore,
vissuto da Gesù fino alla fine, ci fa cogliere la vita, la morte e la resurrezione di Gesù. La
Croce va letta a partire dalla vita di Gesù. Non è la Croce a spiegare Gesù ma è Gesù che
spiega la Croce. Gesù è andato verso la morte liberamente e per amore. Il vero duello non è
tra vita e morte, ma tra amore e morte”. (ingrid colanicchia)
10
1350 - BIOTESTAMENTO: I DEPUTATI RISPETTINO LA REPUBBLICA– DI F. ORLANDO
da: Europa di mercoledì 9 settembre 2009
Cara Europa, nella sua incredibile faccia tosta di venditore e compratore, il presidente del
consiglio ha detto che con la Chiesa tutto va bene e meglio andrà a fine ottobre quando
saranno approvati, sotto la spinta del suo governo, atti significativi come la legge sul
testamento biologico nel testo del senato, che molti giudicano una legge contro il testamento
biologico. Dicono che anche nel Pdl ci siano contestazioni e timide manifestazioni di dubbio
sull’opportunità di dare allo Stato una legge ultraclericale e nemica dell’uomo, come quella
votata in prima battuta dal senato. Altrettanti e assai più autorevoli dubbi si levano dal
mondo cattolico, perfino da cardinali, variamente critici sull’attuale modello di rapporti
Chiesa-Stato (Sepe) o sul biotestamento in particolare (Martini, nell’intervento del 6
settembre sul libro di Ignazio Marino Nelle tue mani: medicina, fede, etica e diritti, ed.
Einaudi). Qual è la vostra opinione?
Fabia Carli, Siena
Risponde Federico Orlando
Gentile signora, posso dirle, al più, la mia personale opinione, che per un laico è sempre
difficile da definire, tra esperienze, idee, storie che non sempre riescono a raggiungere il
convincimento univoco. Questa possibilità la lasciamo ai clericali d’ogni tipo, religiosi, politici,
ideologici, insomma a quelli che tra libertà e autorità stanno a priori con l’autorità. Io sono
favorevole a un testamento biologico che dia alla persona il diritto di dire l’ultima parola su
se stesso. Ho dedicato molti articoli a questo tema e, per quanto mi riguarda, e pur sapendo
che forse non varrà nulla grazie alla nuova legge (finché la Corte non interverrà a dichiararla
incostituzionale), ho scritto un biotestamento, sul modello a suo tempo predisposto dalla
Fondazione Veronesi. Ma siccome non sto “contento al quìa” (come esortava Dante e
pretendono i clericali), ho passato le mie vacanze d’agosto a seguire da vicino il caso di una
vecchia signora, parente di miei amici, molto anziana, colpita da ictus e immobilizzata in
ospedale a Civitavecchia, col corpo esangue e smunto ricoperto di piaghe e di ematomi
causati dalle flebo per nutrirla: l’ago non trovava più posto nelle vene, e sacche di liquido si
addensavano nei tessuti provocando gonfiori come bubboni, e dolori inespressi. Ora giace in
una “lungodegenza” al “Santo Volto” di Santa Marinella, povero mucchietto di ossa e piaghe.
Forse chi disse a Berlusconi che Eluana avrebbe potuto avere le mestruazioni e fare un
figlio aveva visto il film di Almodovar Parla con lei: un infermiere che parla amorosamente
con la giovanissima ballerina in coma irreversibile (ma alla fine esce dal coma, a differenza
della torera che le giace vicino), la quale effettivamente ha il suo ciclo e resta incinta di
qualche mascalzone che ne approfitta (il feto nasce morto). Come vede, il problema è
complesso e la ragione umana, condivisa da un religioso di altissimo livello come Martini, si
affida al “caso per caso” della pratica medica.
Quanto all’aspetto politico della questione, che per Berlusconi è solo un baratto con la
Chiesa (biotestamento contro remissione dei peccati di lussuria. E gli altri?) a me preme
ricordare la Costituzione: «Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita
le sue funzioni senza vincolo di mandato». I clericali e i capi della loro vandea (che per
fortuna non rappresenta tutto il mondo cattolico) in passato hanno imposto quel vincolo a
parlamentari che dunque, se hanno votato solo per quell’imposizione e non per intima
convinzione, hanno tradito la Repubblica. Altri si apprestano a tradirla. Il capo dello stato,
che è il primo vigilante della Costituzione, e i presidenti delle camere, lo sanno. Essi sanno
che come la Chiesa ha i suoi principi non negoziabili lo stato ha i suoi doveri inderogabili.
Vigilino dunque sul rispetto della libertà da vincoli di mandato, della libertà di coscienza di
tutti i parlamentari, di maggioranza e di opposizione. È il loro dovere.
1351 - SE L’ILLUMINISMO DIVENTA "BIECO" - DI STEFANO RODOTA’
da: la Repubblica di mercoledì 9 settembre 2009
11
Stiamo affrontando un tempo difficile in piena regressione culturale, radice e fondamento
d'ogni cattiva politica. Pur sapendo quanto lunga sia la schiera dei detrattori dell'Illuminismo,
ad esempio, mai mi sarei aspettato che, nel 2009, fosse definito “bieco”, con un ritorno nello
spirito e nel linguaggio all'invettiva contro Pio IX che Giuseppe Gioachino Belli mette in
bocca al suo popolano romano, nostalgico del papa morto, Gregorio XVI, “nun fuss'antro pe
avé mess'in castello, /Senza pietà, cquela gginia futtuta”, per aver imprigionato i biechi
“giacubbini”. Di quella ingombrante eredità che continua a parlarci di libertà, eguaglianza e
fraternità - bisogna liberarsi nel momento in cui i diritti fondamentali delle persone diventano
l'offerta sacrificale per riguadagnare il favore della Chiesa, la libertà d'opinione appare
intollerabile e, soprattutto, si insiste sull'investitura elettorale e sul favore dei sondaggi per
riproporre un uso del potere della maggioranza che non tollera nè limiti, né pudore.
In agosto, il Presidente della Cei aveva messo in evidenza i limiti del principio di
maggioranza, al quale non dovrebbero essere sottomessi i valori. L'annuncio di questi giorni
del presidente del Consiglio e dei suoi, invece, va nella direzione opposta, per il modo in cui
si torna a parlare di testamento biologico, pillola Ru486, insegnamento della religione,
procreazione assistita, unioni di fatto. Sono questi i temi che la maggioranza annuncia di
voler sottomettere a quella forza dei numeri dalla quale il cardinal Bagnasco, per un
momento, sembrava aver allontanato la discussione sui valori. Una maggioranza prepotente
proprio sui valori vuole di dire l'ultima parola, dando concretezza alla pretesa di trasformare
le istituzioni nel veicolo di un'etica di Stato, nel braccio secolare di convinzioni religiose. Al
presidente del Consiglio vale la pena di ricordare un brano del discorso pronunciato da Aldo
Moro nel 1974, all'indomani della sconfitta della Democrazia cristiana nel referendum sul
divorzio, mettendo in guardia contro le forzature «con lo strumento della legge, con l'autorità
del potere, al modo comune di intendere e disciplinare, in alcuni punti sensibili, i rapporti
umani», e si consigliava «di realizzare la difesa di principi e valori cristiani al di fuori delle
istituzioni e delle leggi, e cioè nel vivo, aperto e disponibile tessuto della nostra vita sociale».
Una posizione, questa, nella quale si rifletteva anche la consapevolezza dei limiti
costituzionali all'ingerenza del legislatore nella vita delle persone.
Ma la questione della maggioranza e dei suoi poteri si pone anche in campi diversi, in primo
luogo per la riforma dei regolamenti parlamentari che si annuncia come uno dei temi centrali
della prossima stagione politica, Il Governo, fin dal Primo giorno di questa legislatura, ha
sistematicamente mortificato il Parlamento, usando la propria maggioranza per forzature
continue, abusando del voto di fiducia, del decreto legge, dei maxiemendamenti. Ora si
avanzano proposte di riforme regolamentari che dovrebbero almeno limitare questi abusi.
Ma, considerandone i contenuti, si ha la sgradevole sensazione che, nella gran parte dei
casi, si trasformino in procedure formali quelle che oggi sono forzature, spianando la strada
al Governo anche con strumenti attinti alla parte più autoritaria (e oggi contestata) della
costituzione gollista, come il voto bloccato che cancella gli emendamenti agli articoli delle
leggi in discussione, In cambio, all’opposizione verrebbe concesso un ingannevole statuto,
che dovrebbe rafforzarne il ruolo. Ma si tratta di concessioni che la maggioranza può sempre
vanificare appunto con la forza dei numeri. Ricordo, come ammonimento, quel che accadde
diversi anni fa, quando una riduzione dei poteri dell'opposizione venne compensata con la
concessione del parere di costituzionalità in sede di commissione parlamentare. Bene,
maggioranze più o meno blindate hanno sempre dato via libera, a occhi chiusi, anche a
provvedimenti di cui la incostituzionalità era evidente, e sarebbe stata poi dichiarata dalla
Corte.
Mi auguro che l'opposizione se ne renda conto, e non si lasci intrappolare da questo
diversivo, che avrebbe come unico effetto quello di rendere rispettabile ciò che oggi ha il
carattere di una forzatura. Un diversivo doppiamente pericoloso, perché distoglie l'attenzione
da quelli che oggi sono i veri punti critici di una riforma del Parlamento, non riducibile al solo
superamento dell'attuale bicameralismo (che tuttavia, in tempi di prepotenze e di ignoranze,
12
ha almeno reso più difficile qualche forzatura, come sta accadendo ad esempio per la legge
sulle intercettazioni telefoniche).
Da tempo scrivo che, con l'avvento della democrazia continua, segnata da una presenza
sempre più variegata e costante dei cittadini, dev’essere ripensato il rapporto tra il
Parlamento e la società, dando così nuovi fondamenti sia al principio maggioritario che al
rapporto tra maggioranza e opposizione. Molte sono le vie percorribili. Rivitalizzare
l'iniziativa legislativa popolare, prevedendo presenze dei promotori nell'esame parlamentare
in commissioni e vincoli temporali per la discussione delle proposte. Cogliere l'indicazione
del Trattato di Lisbona, che accompagna la democrazia rappresentativa appunto con il diritto
di proposta da parte di un milione di cittadini europei. Sviluppare questa indicazione nel
senso reso visibile dalla strategia di Barack Obama, che non ha ridotto il ricorso alle
tecnologie della comunicazione alla logica del marketing politico, ma sta integrando la sfera
della democrazia rappresentativa con quella delle reti sociali. Solo così è possibile una
riforma che non sia un gioco sterile all'interno delle attuali istituzioni parlamentari.
Ma, per imboccare questa strada, è indispensabile uscire da una forma di schizofrenia che
percorre la discussione politica. La forza delle cose ci mette di fronte alla concentrazione
personale del potere, all'affossamento della separazione dei poteri, alla distruzione dei
controlli, all'infeudamento del sistema della comunicazione, alla disunione del paese, in
sintesi a quello che è stato chiamato lo sfascio dell'Italia. E, tuttavia, mai ci si pone una
domanda, che pure dovrebbe essere ineludibile: come è potuto accadere, quali sono state le
condizioni istituzionali che hanno contribuito a rendere possibile tutto questo? La domanda
viene elusa perché esigerebbe una riflessione sul modo in cui è stato realizzato il passaggio
dal sistema proporzionale a quello maggioritario. Una politica debole, incapace di
immaginare il proprio futuro, si è consegnata ad una modellistica costituzionale che, a destra
come a sinistra, esaltava il solo momento della decisione e per ciò scioglieva la
maggioranza da ogni vincolo che non fosse il giudizio pronunciato dagli elettori alla fine della
legislatura, aprendo la strada alla democrazia d'investitura e al potere personale. Senza
ammortizzatori costituzionali e senza le forme di mediazione fino a quel momento assicurate
dai partiti di massa, la politica è fatalmente degenerata in conflitto personale, in scontri
oligarchici, in una ricerca del consenso senza esclusione di colpi.
Non per nostalgie del passato, ma per fronteggiare il presente e costruire il futuro, abbiamo
bisogno di questa consapevolezza. È venuto il momento di abbandonare l'ingegneria
costituzionale e di tornare ad una politica costituzionale capace di riportare la maggioranza
alla sua giusta funzione, in un quadro di principi che essa stessa non può violare.
1352 - IL VATICANO VUOLE LO STATO CATECHISTA - DI ADRIANO PROSPERI
da: la Repubblica di giovedì 10 settembre 2009
Che fra i tanti problemi dell’Italia di oggi si debba porre in evidenza - ancora una volta quello dell’ora di religione potrà sembrare un lusso da laicisti incalliti. E invece è probabile
che proprio in questo dettaglio si trovi un bandolo dell’imbrogliata matassa italiana Vediamo.
Nel testo della lettera inviata dal prefetto della Congregazione vaticana per l’educazione
cattolica ai presidenti delle conferenze episcopali si affermano punti secchi e precisi:
1. l’insegnamento della religione non può essere «limitato ad un’esposizione delle diverse
religioni, in modo comparativo o neutro», ma deve concentrarsi nell’insegnamento della
religione cattolica.
2. Il potere civile «deve riconoscere la vita religiosa dei cittadini e favorirla»; ma uscirebbe
dai suoi limiti se presumesse di «dirigere o di impedire gli atti religiosi». Dunque «spetta alla
Chiesa stabilire i contenuti autentici dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola»
garantendo così genitori e alunni che quello che viene insegnato è proprio il cattolicesimo.
Questa direttiva può essere letta da molti punti di vista: se ne ricava intanto un’idea di
quanto scarsa sia l’autonomia dei vescovi e delle loro conferenze nazionali nel governo
13
religioso dei fedeli cattolici. Il Concilio Vaticano Il aveva segnato un momento di svolta
rispetto all’avanzata del potere delle congregazioni vaticane, veri ministeri centralizzati
capaci di ridurre i vescovi a obbedienti impiegati di concetto. Ma poi la Curia ha ripreso la
sua marcia. Con qualche vittima e con evidenti conflitti tra figure dell’episcopato e mondo
vaticano, come quelli intravisti nell’episodio dell’aggressione al direttore di «Avvenire» e
delle sue dimissioni.
Oggi il capo del governo italiano si prepara a pagare alla dirigenza vaticana della Chiesa un
prezzo tanto più salato in termini di limitazione o erosione dei diritti costituzionali quanto più
logora appare la sua rappresentatività allo sguardo non offuscato dalla propaganda
mediatica: dichiarare - come ha fatto Berlusconi - che quelle relazioni sono «eccellenti»
significa solo che il debitore si Impegna a pagare qualunque prezzo.
Oltre al testamento biologico avremo dunque sempre più uno Stato catechista, anzi uno
Stato chierichetto. Perché una cosa di cui il cardinale Grocholewski sembra non rendersi
conto è questa: che quel pericolo di uno Stato che presuma di dirigere o di impedire atti
religiosi è proprio ciò che la sua lettera tende a realizzare e che in Italia già esiste.
Non potremmo definire altrimenti lo Stato obbediente che:
a) impone nelle sue scuole pubbliche l’insegnamento di una sola e specifica religione;
b) fa svolgere quell’insegnamento da persone scelte dall’autorità ecclesiastica;
c) si prepara a garantire a quell’insegnamento la stessa autorevolezza delle altre discipline
scolastiche e la stessa remunerazione in crediti, in barba alla sentenza del Tar del Lazio,
assicurando che questa ora di religione ha «la stessa esigenza di sistematicità e di rigore
che hanno le altre discipline».
Noi non vogliamo negare che lo studio delle dottrine cattoliche possa avere sistematicità e
rigore. In popoli che il caso geografico e le svolte storiche hanno lasciato più lontani di noi
da Piazza San Pietro ci sono eccellenti facoltà di teologia cattoliche sorte per emulazione
accanto a quelle protestanti. Qui, come ben sa l’attuale pontefice che ne è stato un docente,
le questioni dottrinali dell’intricato sistema di segni e di concetti elaborato nel corso di
millenni vengono dottamente discusse seguendo le regole della ricerca intellettuale:
conoscenza critica dei testi, rigore di analisi. Ma nell’insegnamento scolastico di cui qui si
tratta abbiamo solo la distribuzione di verità in pillole per lottare contro i pericoli sommi
evocati dalla lettera cardinalizia di cui sopra: «creare confusione o generare relativismo o
indifferentismo religioso».
Tra l’esercizio dell’intelligenza aperta e ancora fresca delle menti giovanili e l’obbligo di
inculcare certezze, tra la libera ricerca del vero e l’apologetica di una religione c’è un abisso,
Quale sia poi l’effetto di questa dimensione catechistica sulla vita religiosa di un popolo è la
storia a dircelo. Da secoli, in un modo o nell’altro, con una breve parentesi di scuola laica
nell’Italia dello Statuto albertino, gli italiani imparano il catechismo cattolico, da quello di San
Roberto Bellarmino in poi. Ebbene, quale sia lo stato della religione degli italiani è sotto gli
occhi di tutti. Non parliamo solo di conoscenza: ché qui l’abisso è grande come sanno i
pochi volenterosi che tentano ogni tanto di diffondere la conoscenza della Bibbia. Parliamo
di morale, quella dei Vangeli cristiani e del decalogo ebraico. Parliamo della capacità
cristiana di testimoniare la fede in faccia al potere. L’Italia non ha conosciuto martiri se non
quelli creati dal potere ecclesiastico. Ha conosciuto ipocriti, eredi di ser Ciappelletto e di
Tartufo. Nel paese dove un tempo fiorivano i marxisti immaginari, oggi pullulano i convertiti
religiosi.
«Franza o Spagna, purché se magna», si diceva nel ‘600.
1353 - BERLUSCONI: BIOTESTAMENTO? CONSOLIDERA' RAPPORTI CON CHIESA
da: ADUC Salute n° 36/2009
14
Il rapporto tra il governo e la Chiesa si 'consoliderà' nei prossimi mesi anche su questioni
molto importanti, come il testamento biologico'. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi, nel corso di un'intervista a Mattino Cinque.
'La difesa che il nostro governo ha compiuto di alcuni principi basilari di civiltà, che sono alla
base della dottrina cattolica, principi come la difesa della vita umana e la difesa della
famiglia - ha sottolineato il premier - sono lì a dimostrare questa eccellenza di rapporti tra il
nostro governo e la Chiesa'.
COMMENTI
'La forza della medicina e il sapiente e prudente giudizio della persona tra la vita e la morte,
vengono evocati stamani sul Corriere della Sera dal Cardinale Martini, ex Arcivescovo di
Milano, in tema di testamento biologico, ponendo una forte ipoteca di natura teologica sul
prossimo dibattito parlamentare alla Camera'.
E' quanto ha dichiarato la senatrice Maria Ida Germontani, eletta al Senato della Repubblica
nelle liste del Popolo della Libertà.
'E' l'intero mondo cattolico e non solo i laici - ha proseguito Germontani - a manifestare,
dunque, incertezza di fronte ad un tema, la fine della vita, che dovrebbe essere affrontato a
livello parlamentare senza innalzare insormontabili steccati religiosi o di schieramento
politico.
E le stesse gerarchie ecclesiastiche oggi non possono escludere il rischio che, dopo il voto
del parlamento, qualcuno faccia ricorso al referendum abrogativo con la inevitabile
conseguenza di una lacerante ferita nel mondo cattolico'.
'Come legislatori abbiamo il dovere di insistere per una soluzione ispirata al buon senso e al
rispetto di tutti i cittadini che sono elettori, ma anche persone ed esseri umani' ha concluso
la senatrice.
"I tanti laici presenti nel Pdl di provenienza liberale, radicale e socialista battano finalmente
un colpo e non si facciano mettere ancora una volta a tacere anche su un tema
importantissimo come quello del testamento biologico".
Così Silvana Mura, deputata di Idv.
"Di fronte allo spettacolo moralmente avvilente di un premier che non esita ad utilizzare la
legge sul fine vita come uno strumento per ricucire un rapporto ormai compromesso con le
gerarchie ecclesiastiche - prosegue Mura - è necessario un atto di coraggio da parte di tutti.
Se si vuole davvero approvare una buona legge in materia di testamento biologico è
necessario che ognuno risponda alla propria coscienza e ai propri convincimenti, senza
vincoli o casacche di partito.
'Personalmente non ho avuto nessuna pressione da parte di nessuno. E non credo ci
possano essere accordi segreti' sulla legge sul testamento biologico. Così Domenico Di
Virgilio (Pdl), relatore alla Camera della legge sul fine vita, risponde a chi denuncia una
'logica di scambio’ nelle parole pronunciate stamattina dal premier Silvio Berlusconi sul fatto
che il biotestamento contribuirà a 'consolidare' i rapporti tra governo e Chiesa.
Raggiunto telefonicamente in Siria, dove è in pellegrinaggio con i parlamentari, Di Virgilio ci
tiene ad assicurare che anche a settembre proseguirà in commissione una discussione
'ampia, libera, senza alcuna strozzatura'. Del resto lo stesso presidente del Consiglio 'sa
benissimo - evidenzia il deputato del Pdl - che questo è uno dei temi più delicati della
biopolitica'.
'Bisogna agire senza ideologie', aggiunge il relatore. Che dice di non aver ancora deciso su
quale testo base adottare, ma avverte: 'Non possiamo disconoscere il lavoro portato avanti
per cinque mesi del Senato, che ha approvato un testo che ha superato oltre 60 voti segreti'.
'La sinistra non sa più di che cosa parlare'. Così il presidente dei deputati della Lega Nord,
Roberto Cota, commenta le accuse rivolte dall'opposizione al governo di adoperare una
'logica dello scambio' nei rapporti con la Chiesa, il cui oggetto sarebbe la legge sul
testamento biologico.
15
'Dopo tutti i boomerang primaverili ed estivi, eccone servito dalla sinistra un altro - sottolinea
Cota - Prima si inventano i presunti contrasti con la Chiesa e poi si lamentano quando
emerge la verità, cioè le oggettive convergenze sui valori'.
'Per quanto ci riguarda - conclude il capogruppo del Carroccio - confermiamo la condivisione
sull'impostazione del testo già approvato al Senato'.
'Il testamento biologico, un tema così delicato, non può essere scambio politico con la
Chiesa da parte di Berlusconi'. Lo ha detto il leader del Pd Dario Franceschini, oggi a
Padova, nel corso di un incontro per presentare la propria mozione in vista del congresso
del partito.
'E' un tema delicato - ha aggiunto - il Pd deve avere una posizione, abbattendo il muro che
c'è, e facendo un bene al Paese, senza che ci siano singoli che scelgono una posizione per
convenienza'.
'E' giusto che la Chiesa faccia sentire la sua voce - ha concluso - ma nel momento delle
scelte ognuno decide secondo le proprie convinzioni e nel rispetto della laicità dello Stato'.
Sul biotestamento interviene il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che ritiene urgente
"colmare il vuoto" creato dalla mancanza di una legge in materia di fine vita. Intervistato da
Maurizio Belpietro nel corso della 'telefonata' (Canale 5), Sacconi spiega il suo punto di
vista: "Adesso il provvedimento e' nelle mani del Parlamento dopo l'approvazione da parte
del Senato. Noi seguiamo con molta attenzione l'iter di questo provvedimento soprattutto
perché muoviamo da una convinzione: che quel provvedimento creativo della magistratura
che ha di fatto introdotto in Italia senza che il legislatore se ne sia occupato un percorso
eutanasico deve essere corretto; quel vuoto che si è prodotto in questo modo va colmato
con una decisione trasparente del Parlamento e su questo punto specifico quello del caso
Englaro, quello del diritto all'alimentazione e all'idratazione,il consiglio dei ministri si è
pronunciato all'unanimità' . Quindi - prosegue il ministro - è urgente che soprattutto questo
vuoto venga colmato, che questo pericolo, di introdurre nel nostro Paese l'eutanasia venga
rimosso come io credo voglia la grande maggioranza del Parlamento aldilà della stessa
maggioranza parlamentare che sostiene il governo"
La teodem Paola Binetti intervenendo nel dibattito sul testamento biologico all'esame alla
Camera, auspica - intervistata dal Riformista - che "Fini non si metta di traverso nel dibattito
parlamentare", augurandosi che il testo "nel passaggio a Montecitorio guadagni soprattutto
in umanità". E riferendosi alle posizioni del premier osserva: "Il giorno in cui Berlusconi
deciderà di sostenere un ddl che è buono in sé, anche Berlusconi avrà fatto una cosa
buona".
Sul testamento biologico "Fini ha avuto ragione fin dall'inizio: Il testo del Senato è
demenziale, de-men-zia-le: partorito sotto l'effetto di una suggestione emotiva è una legge
contro l'eutanasia e non sul testamento biologico: Una legge che peraltro non serve perché
per l'eutanasia c'è il codice penale, i cui articoli vengono ripetuti in ogni paragrafo del testo
Calabrò". Parla, intervistato dal Riformista, Marcello De Angelis, direttore della rivista Area e
parlamentare molto vicino a Gianfranco Fini. "E' un testo pessimo - denuncia - parla solo di
idratazione e di nutrizione, non della responsabilità del singolo, del rapporto di fiducia con i
familiari, di quello tra malato e medico, e come se non bastasse mette pure un magistrato a
controllare il tutto". Quella legge, insomma, "va messa da parte. E anche la linea di Sacconi
non e' una mediazione: non ha senso fare una leggina su idratazione e nutrizione e
stralciare il resto". E per quanto riguarda i cattolici, De Angelis taglia corto: "Questi presunti
cattolici hanno dimenticato le parole di Paolo VI all'associazione dei medici cattolici contro
l'accanimento terapeutico". E ancora: la legge uscita dal Senato "ha un impianto materialista
e ateo.
Qualcuno vuole usarla per comprare l'indulgenza per i presunti peccati del premier. Uno
scambio - denuncia De Angelis - opinabile, visto che la Segreteria di stato e' tutt'altro che
16
ingenua. Per quanto mi riguarda - conclude - se il testo non cambierà voterò contro.
Comunque su questi temi occorre il voto segreto".
Silvio Berlusconi pensa di usare la legge sul testamento biologico in una 'logica di scambio'
come farebbe 'un mercante senza scrupoli indifferente ai valori'. Lo ha affermato in una
intervista a L'Unità il capogruppo Pdl al Senato, Anna Finocchiaro.
'Per Berlusconi non ci sono valori, tutto si compra e tutto si vende. Sarebbe questo - ha
sostenuto Anna Finocchiaro - ciò che svela quella frase del premier sui rapporti tra governo
e Chiesa, quel dire che si 'consolideranno nei prossimi mesi anche su questioni molto
importanti come il testamento biologico'. Equivale ad ammettere - ha notato la capogruppo
Pd al Senato - che nella sua testa sono e saranno regolati da una logica di scambio e da un
atteggiamento tattico e strumentale. Gli sproloqui a cui Berlusconi ricorre per coprire il suo
evidente declino non mi stupiscono, ma quella frase rivela che per quest'uomo niente è
veramente rilevante. Tutto si compra e tutto si vende. La sola cosa che gli interessa è se
stesso e il proprio potere. Di quelli che vengono definiti dalla Chiesa valori non negoziabili,
Berlusconi fa commercio, perché gli sono del tutto indifferenti'.
"Se Berlusconi pensa di poter usare il delicatissimo tema del testamento biologico come filo
per ricucire i lacerati rapporti con parti della gerarchia ecclesiastica; se qualcuno nel
centrodestra cerca di brandire la legge approvata dal Senato per regolare i conti interni e
stabilire leadership o alleanze future, sappia che faremo di tutto per impedirlo". Lo dichiara il
vice capogruppo del Pd alla Camera, Marina Sereni.
"La legge - sottolinea Sereni - arrivata da Palazzo Madama è stata criticata dai medici, dalle
associazioni, da donne e uomini che vogliono esprimere una scelta sul fine vita coerente con
la dignità e l'umanità' della persona. Per questo, ora che la norma è all'esame della Camera,
chiederemo di ascoltare gli esperti e le organizzazioni sociali e professionali e riproporremo
emendamenti che consentono di modificare profondamente una legge ideologica e
sbagliata".
"Noi del Pd -conclude Sereni- faremo la nostra parte e chiediamo a tutti coloro che nel
centrodestra nutrono dubbi sul testo Calabro', di lavorare nel rispetto dei ruoli e delle regole,
ma soprattutto nel rispetto della nostra Costituzione e del diritto umano".
Premesso che "la Chiesa non si fa strumentalizzare", c'è "bisogno di questa legge. Mi
auguro che la Camera la approvi e lo faccia con una maggioranza più ampia di quella
registrata al Senato". La senatrice del Pd, Emanuela Baio, che ha votato a favore del ddl sul
testamento biologico, interviene nel dibattito e commenta così le dichiarazioni del premier di
ieri. Sul fronte dei rapporti con il Vaticano si dice convinta che "la Chiesa ha il dovere di
esprimersi, poi il parlamentare ha il dovere di scegliere", anche se è chiaro che "per il
parlamentare cattolico la posizione della Chiesa e' la guida".
Baio richiama alla necessità della legge "perché le famiglie hanno bisogno di essere
accompagnate mentre ora sono abbandonate dallo Stato", per questo "mi auguro che la
Camera approvi la legge: non vorrei- osserva la senatrice Pd- che si rifacessero a
Montecitorio le stesse nostre audizioni". L'invito è quello a raccogliere "il lavoro prezioso e
approfondito compiuto al Senato".
Detto ciò, "mi auguro che alla Camera il consenso sia più trasversale: serve un consenso
ampio su tematiche di questo tipo". E visto che questo ddl "non è del governo, spero in una
approvazione più ampia. Non può essere- chiude Baio- una legge che divide".
1354 - COSA DEVE FARE UNA SCUOLA LAICA - DI STEFANO RODOTA’
da: la Repubblica di martedì 15 settembre 2009
Non è la prima volta che si propone di sostituire un insegnamento di storia delle religioni
all´ora di religione cattolica. Negli anni ´80 Leopoldo Elia e Pietro Scoppola, cattolici,
ritennero i tempi maturi per questo passaggio culturale, ma l´occasione non fu colta perché,
una volta di più, la politica italiana si mostrò più ansiosa di una legittimazione vaticana,
17
attraverso un nuovo Concordato, che sensibile alle attese presenti nella società. Cosi la
situazione italiana rimane lontana da quella di altri paesi europei dove sono obbligatori solo
insegnamenti di etica o educazione civica, mentre da noi la religione rimane come
insegnamento confessionale, impartito da insegnanti scelti dall´autorità ecclesiastica, che
può revocarli in ogni momento. Una situazione anomala, alla quale ha cercato di porre
qualche rimedio il Tar del Lazio, che ha considerato illegittima una ordinanza ministeriale
che riconosceva un credito formativo agli studenti che avevano scelto l´ora di religione. La
ragione della violazione si trova proprio nel Concordato, dove si afferma che quella scelta
«non deve determinare alcuna forma di discriminazione, neppure in relazione ai criteri per la
formazione delle classi». Per i giudici la discriminazione è evidente, perché non si assicura
la possibilità di conseguire un credito formativo a chi professa altre religioni o non ne
professa alcuna. Si riflette qui il principio secondo il quale l´entrata della religione nello
spazio pubblico non può attribuire ad una confessione una posizione "dominante".
Per sciogliere questo antico nodo è tornata la proposta di un insegnamento che elimini la
ragione del conflitto, guardando al fenomeno religioso in una prospettiva storica e
comparativa. Ma la ministra della Pubblica Istruzione, dopo aver ribadito la regola sui crediti
formativi in un modo che non consente di superare la sentenza del Tar, ha giustificato il
rifiuto di un insegnamento multiconfessionale anche con l´argomento che «questo non
avviene nei paesi musulmani». Ma la democrazia non può ispirarsi alla legge del taglione, il
riconoscimento di libertà e eguaglianza non può essere subordinato agli atteggiamenti
assunti da totalitarismi o fondamentalismi.
La linea del Governo coincide con il rifiuto vaticano dell´insegnamento paritetico delle
religioni, rafforzato dall´affermazione per cui «spetta alla Chiesa stabilire i contenuti autentici
dell´insegnamento della religione cattolica». Parole che rivelano la debolezza delle tesi di chi
sostiene che quell´insegnamento non ha carattere confessionale e che gli insegnanti di
religione hanno uno status identico a quello degli altri professori. Per essi, infatti, non vale la
norma costituzionale sulla libertà dell´insegnamento, per l´imposizione dall´alto dei
"contenuti autentici". E non valgono le garanzie contro le discriminazioni, poiché una parola
fuori posto o uno stile di vita non gradito possono far scattare la revoca del nulla osta
ecclesiastico.
Così, nel cuore della scuola pubblica si apre una contraddizione grave. Mai come oggi
quella scuola deve essere il luogo del riconoscimento reciproco, non di una separazione che
fa vedere l´altro come diverso, preparando una società del conflitto.
All´inizio del ´900 Gaetano Salvemini indicava la via per sfuggire a questi rischi. «La scuola
laica non deve imporre agli alunni credenze religiose, filosofiche o politiche in nome di
autorità sottratte al sindacato della ragione. Ma deve mettere gli alunni in condizione di
potere con piena libertà e consapevolezza formarsi da sé le proprie convinzioni politiche,
filosofiche, religiose».
1355 – BIOTESTAMENTO: SADICI PER LEGGE - DI BEATRICE BUSI
da: l’Altro di mercoledì 16 settembre 2009
Dopo la pausa estiva dei lavori parlamentari, la discussione sul testamento biologico è stata
ripresa ieri alla Camera nella Commissione Affari Sociali, che licenzierà. il testo base da
votare in aula presumibilmente entro fine ottobre. Alla fine della riunione di ieri, la deputata
pd Barbara Pollastrini ha chiesto a tutti di fare un passo indietro, «per farne, insieme, uno
avanti», mentre la sottosegretaria. Eugenia Roccella, ha ribadito che se ci sono margini di
cambiamento, dovranno rispettare le impostazioni di fondo del testo uscito dall’aula del
Senato.
Ma se per il Pd, in commissione «si sta creando un nuovo clima», lo scenario politico
sembra invece essersi incupito. Subito dopo le dimissioni di Boffo - e il conseguente
affondamento della vecchia leadership della Cei, ancora troppo influente per i gusti dei
18
vertici vaticani - il Presidente del Consiglio, per tranquillizzare i cattolici, aveva annunciato
che la buona salute dei rapporti tra governo e Santa Sede sarebbe stata rafforzata proprio
dalla legge sul testamento biologico. Come ha lucidamente commentato Chiara Saraceno su
Repubblica, «non è chiaro chi uscirà vincitore dalla complessa partita che si sta giocando
nel rapporto Stato (o meglio governo) e Chiesa cattolica in queste settimane, tra minacce,
aggressioni, ricatti e promesse». Ma «se non è chiaro chi e come vincerà, è chiaro chi
perderà: noi cittadini». La merce di scambio politico, infatti, è il diritto di tutte e di tutti di poter
dire e decidere su di sé.
La maggioranza, del resto, nonostante gli appelli del presidente della Camera Fini, è
fermamente decisa a fare quadrato attorno al ddl Calabrò, approvato al Senato a fine marzo,
un mese e mezzo dopo la morte di Eluana Englaro. Un testo, quello sulle “Disposizioni in
materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di
trattamento” che contiene ben poco di ciò che il titolo proclama. Le categorie di alleanza
terapeutica e di consenso informato, di cui le dichiarazioni anticipate dovrebbero
semplicemente rappresentare un’estensione temporale, ne escono stravolte. Che senso ha,
infatti, una legge sul testamento biologico, se poi lo si rende “non vincolante”? E se le
dichiarazioni anticipate non sono vincolanti, perché costringerci a rinnovarle addirittura ogni
tre anni?
Di che genere di “alleanza” si tratta, se la relazione di cura è così sbilanciata dalla parte del
medico da consentirgli di ignorare le disposizioni del paziente? A che serve il principio del
“consenso informato”, secondo il quale nessuno può essere sottoposto a un trattamento
sanitario senza che abbia ricevuto tutte le informazioni e senza che abbia fornito il proprio
libero consenso, se ci sono trattamenti sanitari che non possono essere rifiutati?
Al Senato, la partita si è giocata tutta attorno alla bizzarra definizione dell’idratazione e della
nutrizione artificiale come “sostegno vitale”, anziché come “trattamento sanitario”. Una
definizione sulla quale ha deciso di convergere, pur traendone conclusioni opposte a quelle
del governo, anche la maggioranza del Pd e che contraddice palesemente non solo ii parere
di diverse sentenze della Corte di Cassazione,. ma soprattutto dei documenti degli organismi
scientifici che si occupano, in particolare, di nutrizione artificiale.
Alla Camera, gli scenari più realistici che si profilano all’orizzonte della discussione sono, a
grandi linee, almeno due. Il ddl Calabrò potrebbe subire modifiche non sostanziali,
concedendo un valore solo “simbolico” al biotestamento e rimandando, ancora una volta, la
decisione definitiva a giudici e tribunali. Oppure, le modifiche potrebbero essere tali da
rendere le Dat vincolanti per il medico, ma non per quanto riguarda la nutrizione e
l’idratazione artificiale. E in questo caso, la parola potrebbe anche passare alla Corte
Costituzionale.
Del resto, la battaglia a colpi di emendamenti alla quale abbiamo assistito tra febbraio e
marzo al Senato, non fa sperare niente di meglio. Le prove tecniche del piccolo Grande
Centro, le cui fondamenta poggiano proprio sulle questioni “etiche”, hanno già fatto parecchi
danni. Il merito dell’emendamento che ha reso non vincolanti le Dat, infatti, va tutto all’Udc:
l’obbligatorietà per il medico di tenere in considerazione il biotestamerito è sparito dal
disegno di legge grazie ad un emendamento firmato dal senatore Fosson. Così, con il
pretesto di lasciare ai medici un margine di intervento “a fronte di nuove evidenze
scientifiche”, le Dat sono state trasformate in carta straccia. Un processo che è stato
decisamente favorito dalle divisioni interne al Pd, spaccato proprio su nutrizione e
idratazione artificiale. L’emendamento della maggioranza Pd, che ne ammetteva la
sospensione “eccezionale” nel caso fosse espressamente richiesta dalla dichiarazione
anticipata di trattamento, non venne firmato da Francesco Rutelli e Dorina Bianchi. Rutelli
aveva quindi presentato un proprio emendamento che escludeva in assoluto la possibilità di
includere nel biotestamento la propria volontà riguardo a nutrizione e idratazione artificiale.
19
Una mossa che gli aveva fatto meritare la prima pagina del manifesto, sulla quale
campeggiava, oltre alla sua foto, l’ironico titolo: “Esecutore testamentario”.
Ma l’ambiguità della posizione del Pd in fase di presentazione degli emendamenti, aveva già
raccolto la soddisfazione del ministro Sacconi. che le aveva giudicate come “una positiva
evoluzione”. Riconoscendo la tesi sostenuta dal governo, ovvero che idratazione e
alimentazione sono sostegni vitali e non terapie, il Pd ha decisamente prestato il fianco alla
perversione paternalista del ddl Calabrò. La teodem Binetti, presente in Commissione Affari
Sociali della Camera, lunedì, ai margini della discussione sulle cure palliative, è riuscita a
profilare il rischio di una «nuova frontiera dell’eutanasia» persino a proposito della sedazione
profonda. Siamo di nuovo, come nella discussione sulla Ru486, al sado-masochismo di
Stato.
Non solo partorirai, ma dovrai anche vivere e morire nel dolore. Come ha scritto Stefano
Rodotà, nel suo importante libro La vita e le regole, infatti, «un morente ben accudito, ma
privo di diritti, è più oggetto che persona; lenisce angosce sociali, ma può segnare
l’abbandono nel patimento. individuale».
L’evoluzione dell’etica clinica che sta mettendo al centro la libertà di scelta del paziente e i
più ampi movimenti sociale che rivendicano una legittima sottrazione del proprio corpo, della
propria vita e della propria morte ai “biopoteri”, rischiano di essere costretti a battaglie di
retroguardia da una brutta legge. Voluta da un governo che sta facendo delle decisioni
illiberali e autoritarie il suo marchio di fabbrica e favorita da un’opposizione “democratica”
che, salvo poche eccezioni, sul tema dei diritti all’autodeterminazione non è mai stata
davvero disposta a fare conflitto.
1356 - IL TESTAMENTO SENZA VOLONTÀ’ - DI GIOVANNI SARTORI
da: il Corriere della Sera di mercoledì 16 settembre 2009
Paradossalmente, quando la Dc era al potere la Chiesa non comandava. De Gasperi e altri
leader democristiani agirono, rispetto alle richieste del Vaticano, secondo coscienza e
seppero anche dire seccamente No. Oggi la Chiesa comanda (parecchio) e Prodi, pur
cattolico fervente, la indispettì per aver osato dire che era «un cattolico adulto», e cioè
capace di ragionare con la sua testa. E l’ulteriore paradosso è che oggi il più «aperto» ai
voleri del Vaticano sia Berlusconi. Bossi tiene, e sulla immigrazione clandestina non si
piega. Invece Berlusconi, che non è certo un cattolico esemplare, è pronto a cedere quasi su
tutto (salvo che sulla sua persona). Il testamento biologico approvato tempo fa dal Senato e
fortemente voluto dalla Chiesa, è stato approvato dalla sua maggioranza. Ed è arrivato ieri
alla Commissione competente della Camera per l’approvazione definitiva. Si prevede che
sarà ritoccato. Anche così resterà un testamento che viola la volontà del testatore. Perché
questo è l’intento della Santa Sede.
La Chiesa, e per essa il suo Pontefice, può sbagliare? Certo che può sbagliare. Tantovero
che agli ultimi Pontefici è venuto addirittura il vezzo di chiedere scusa per errori e anche
male azioni di loro predecessori. D’altronde la dottrina della infallibilità papale è recente, è
del 1870, e si applica soltanto ai pronunciamenti solenni, ex cathedra, in materia di fede e di
morale. Quando papa Ratzinger è andato in Africa a discettare di preservativi e di Aids, il
suo discettare non era solenne ed era anche sicuramente sbagliato. Nemmeno è vero che in
quella occasione il Papa non abbia detto niente di nuovo. Sì, il Vaticano si oppone da
sempre agli anticoncezionali.
Ma un Pontefice non ha mai asserito, che io ricordi, che «la distribuzione dei preservativi »
non serva a combattere davvero l’Aids: una tesi (cito dalla importante rivista Lancet ) che
«manipola la scienza » .
Restiamo al testamento biologico, in merito al quale il Vaticano vuole ad ogni costo impedire
ulteriori «omicidi», se non assassinii, alla Eluana. Perché, nell’autorevole dire del cardinale
Bagnasco (presidente della Conferenza episcopale italiana, e cioè dei nostri vescovi), non è
20
accettabile «un diritto di libertà tanto inedito quanto raccapricciante: il diritto di morire ». Ma
«raccapricciante» è invece per me la tesi del cardinale.
Come è ovvio, i miei diritti di libertà sono limitati e delimitati dai diritti di libertà degli altri.
Cioè, io sono libero finché non invado e danneggio la libertà altrui. E viceversa. L’unica
eccezione, l’unico diritto di libertà assoluto, che spetta soltanto a me perché è soltanto
«solitario», è il mio diritto di morire (di morte naturale) come scelgo. Pertanto la novità,
l’inedito, è che si vuole persino negare la libertà di morire senza inutili sofferenze e
prolun-gate agonie. Sia chiaro: questa imposizione, questa illibertà, esisterebbe solo da noi.
Dal che ricavo che il testamento biologico «alla Vaticana» dovrebbe essere rispedito al
mittente. Libera Chiesa nel suo libero Stato. Aggiungi che la partita non è - come ha ben
precisato Massimo Salvadori — tra cattolici e laici. È, piuttosto, tra un rinato sanfedismo, un
fideismo che acceca la ragione e, dall’altro lato, tutte le persone, laiche o cattoliche che
siano, che vogliono decidere da sé sulla propria sorte, o, se si vuole, malasorte.
1357- SUL TESTAMENTO BIOLOGICO UNIRE LE COSCIENZE LIBERE-DI F. ORLANDO
da: Europa di giovedì 17 settembre 2009
Cara Europa, leggo sul numero di oggi (ieri, ndr), alla pagina Pd, l’articolo “Bioetica, no alla
doppia morale che piace al Pdl”, estrema sintesi dell’intervento che Bersani ha svolto
nell’incontro sull’enciclica Caritas in veritate, organizzato dai cristiano sociali. Leggo che
Bersani «si fà scudo di un umanesimo forte e di una laicità che non è vino annacquato», e
denuncia la «doppia morale del premier e di Bossi». Intanto, martedì nella commissione
affari sociali della camera è ripresa la discussione sul testo della legge, quello infame votato
al senato molti mesi fà. In concreto, cosa faranno ora i deputati del Pd?
Lello Mariani – Firenze
Risponde Federico Orlando
Caro Mariani, forse non dovremmo chiederci cosa faranno i deputati del Pd, ma cosa
faranno i deputati di tutti i partiti, maggioranza e opposizione: perché il problema è
trasversale, e la divisione tra fautori della “legge infame”, come lei la definisce, e la legge
umana, che in molti auspichiamo, passa per entrambi gli schieramenti. Lo ha confermato
Fini, chiedendo una legge diversa da quella fondamentalista del senato, lo stesso premier
ha biascicato qualche mezza parola sulla libertà di coscienza, i laici del Pdl sembra stano
ritrovando il coraggio delle loro opinioni. Il relatore alla commissione affari sociali, Di Virgilio,
forzista e già presidente dei medici cattolici, conferma che non ci sono bocce ferme, e che
finora nessuna pressione, che non accetterebbe, è stata fatta su di lui. «È quindi necessario
- si legge nella sua relazione, svolta nello scorso luglio - elaborare una legge che contempli il
rispetto dell’esercizio della libertà del soggetto, come garantita dalla nostra Costituzione, con
la tutela della dignità di ogni uomo nonché del valore inviolabile della vita».
Hanno preso a muoversi anche giornali e uomini di cultura non militanti. Lo storico Massimo
Salvadori ha affermato che sul testamento biologico lo scontro non è tra cattolici e laici, ma
tra un rinato fondamentalismo che acceca la ragione e le persone, laiche e cattoliche, che
ritengono inespropriabile il diritto di decidere della propria vita e di stabilire quando è il
momento della morte naturale, senza delegarlo a politicanti, medici e preti. E proprio su
questo tema del diritto inderogabile di ogni persona ha scritto ieri un durissimo articolo di
fondo sul Corriere della Sera il politologo e costituzionalista Giovanni Sartori. Anche lui
prevede che il testo del senato sarà ritoccato, perché viola la volontà del testatore. Cosa che
potrà non far piacere al cardinale Bagnasco, ma alla maggioranza degli italiani sì. Secondo il
cardinale, «non è accettabile un diritto di libertà tanto inedito quanto raccapricciante: il diritto
dì morire». Per me - replica Sartori - è «raccapricciante» la tesi del cardinale. «Com’è ovvio spiega - i miei diritti di libertà sono limitati e delimitati dai diritti di libertà degli altri, L’unica
eccezione, l’unico diritto di libertà assoluto, che spetta soltanto a me perché è soltanto
“solitario”, è il mio diritto di morire (di morte naturale) come scelgo. La novità è che si vuole
21
persino negare la libertà di morire senza inutili sofferenze e prolungate agonie. Questa
illibertà esisterebbe soltanto da noi. Dal che ricavo che il testamento biologico “alla vaticana”
dovrebbe essere rispedito al mittente. Libera chiesa nel suo libero stato».
Penso anch’io come Sartori. Ma mi sovviene il titolo di un libro di un altro studioso, Sergio
Romano:“Libera chiesa. Libero stato?”.
1358 - ANCHE LA FEDE HA BISOGNO DEL DUBBIO - DI BARBARA SPINELLI
da: la Stampa di giovedì 17 settembre 2009
Si intitola "Una parola ha detto Dio, due ne ho udite" il pamphlet di Barbara Spinelli, scrittrice
e editorialista della Stampa, che esce oggi da Laterza (pp. 86, e. 8) e di cui anticipiamo un
brano. Il sottotitolo, "Lo splendore delle verità", corregge - al plurale, l’enciclica di Giovanni
Paolo II. È una risposta alla rinnovata domanda di assoluto, e un elogio del relativismo.
«Tutto tende all’Uno: una è la radice culturale e politica dell’Europa, una la via per governare
e sanare l’economia, una per costruire l’Unione Europea [...]. Da tempo si è smesso di
contare oltre l’Uno. Eppure di questo pensare oltre l’Uno c’è un bisogno che non muore».
L’accusa più rilevante che può venire dal ragionamento filosofico e teologico è quella del
relativismo. Difendendo la libertà incondizionata dell’opinione contraria alla mia, affermo
infatti qualcosa di pericoloso: dico, in sostanza, che le più svariate e contrastanti opinioni si
equivalgono, che non esiste la possibilità di una verità e convinzione morale
sufficientemente solide. Espongo ambedue – verità e convinzione – ad attacchi periodici e
logoranti.
La verità ha uno splendore che rischia di spegnersi, se messa in competizione con altre che
aspirano a eguale splendore e per di più scintillano in maniere intensamente diverse. È
un’obiezione molto seria e ha molti alleati, non solo appartenenti alla sfera religiosa. Grande
è la paura, sia nelle Chiese sia nella pólis laica, di vivere in un mondo – i Dizionari dei
Luoghi Comuni sono monotoni lungo i secoli – senza punti di riferimento stabili, fissi. Qui, in
questa paura di smarrirsi e cadere nel vuoto, senza reti di sicurezza che raccolgano
l’acrobata troppo audace, è il filo sottile che lega le due obiezioni, quella democratica e
quella antirelativista: il timore di un collasso dei princìpi-guida le affratella, e le spinge a
spostare l’obiettivo della ricerca da quel che è vero a quel che viene ritenuto utile o nocivo
per la società o l’individuo, indistintamente. Nell’ottica di chi è preso da simili paure non è
conveniente che il punto di riferimento stabile venga a mancare, dentro l’animo del cittadino,
anche se il punto di riferimento non è pienamente dimostrabile e neppure tanto veridico.
Accade in tal modo che l’individuo libero venga due volte sopraffatto: come essere umano
che cerca il vero, e come essere umano che con proprie risorse e un proprio metro tenta di
far cose utili a sé e agli altri. Tedium vitae, appassire della passione politica, indifferenza
s’insediano nella sua mente. Il principio che dovrebbe servire a orientarsi diventa valore cui
urge conformarsi, ordine dall’alto che azzittisce la coscienza invece di tenerla in stato di
veglia: che le addita, come vedremo nel paragrafo sulla battaglia dei valori, la via da seguire.
C’è, in questo sovrapporsi dell’utile al vero, una dose cospicua di anti-intellettualismo: non
spacchiamo il capello in quattro, col rischio di perdere tempo in ricerche non
necessariamente proficue e forse anche parecchio dannose. Contro queste scorciatoie
intimidenti si erge Mill quando cita la definizione che Thomas Carlyle dà dell’antiintellettualismo in epoca vittoriana: una passione triste che dilagava in un’«età al tempo
stesso priva di fede e terrorizzata dallo scetticismo».
Quel che conta, per chi cerca il vero nel solo orizzonte dell’Utile o del presunto Bene della
Società, è avere opinioni cui appoggiarsi come ci si appoggia a una salda roccia: opinioni
che agli esordi hanno magari conosciuto il fervore immaginifico dei tempi fondatori, ma che
con l’andare del tempo vengono adottate non per intima persuasione ma per fiducia o fede,
delegando ad altri il compito di spaccare – se proprio vogliono buttarsi in questa spericolata
avventura di acrobati – il capello in quattro. Per i tutori del Bene le opinioni valide sono
22
quelle in cui si crede, e che è dunque pericoloso esporre oltremisura al contraddittorio, alla
miscredenza e perfino alla conversazione. Ma il ragionamento non tiene: né dal punto di
vista del vero, e neppure se quel che si cerca è la mera utilità. Se non viene confrontata con
un parere altrettanto poderoso e argomentato, nessuna opinione morale o religiosa riesce a
mantenere, alla lunga, la propria facoltà di persuasione e diffusione. Viene come
prosciugata, svuotata, e quel che resta è un insieme di formule aride: che diventano
insignificanti per i più, e che ineluttabilmente si fossilizzeranno in dogmi. La ragione non può
che patirne, scrive Karl Popper in Conoscenza oggettiva: un punto di vista evoluzionistico,
nel 1972: «Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un
segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere». [...]
Ma il vero precursore in materia resta John Stuart Mill, che già nel 1859 insorge contro
l’aspirazione all’infallibilità, quale che sia il pulpito da cui proviene. Esclusa è solo la
matematica: chi sostiene che due più due fa cinque cade manifestamente in errore e l’errore
di questo tipo è, sì, una verità difficilmente oppugnabile. Non sono invece verità
inoppugnabili quelle riguardanti la morale, la politica, la religione, la società, e in particolare i
privati stili di vita (compreso il modo in cui ci si prepara alla propria morte), su cui anche
oggi, come ai tempi di Mill, tanto si sorveglia e si legifera. Qui vale solo la coscienza della
fallibilità, e solo la fallibilità consente di acquisire opinioni magari non ultime, magari non
valevoli per l’eternità, ma abbastanza tenaci perché verificate razionalmente e via via
corrette in modo da divenire princìpi di orientamento negli ambiti della politica, della morale,
del costume o della religione.
Mill ricorda come la stessa Chiesa cattolica romana, quando decide di canonizzare un fedele
trapassato, intenti nei suoi confronti un processo (un processo di trial and error, direbbe
Popper, di prova ed errore) e giunga persino a istituire la figura, contrapposta al relatore,
dell’avvocato del diavolo e delle sue animadversiones. Anche se travestito da diavolo, il
pubblico ministero ha il diritto di cercare ogni possibile falla nel discorso dominante – nel
caso specifico sulla santità ipotetica del defunto – concentrandosi su ciascun dettaglio ed
esplorando ogni anfratto della sua vita e delle sue opere che dovesse contraddire quella che
viene congetturata come giusta dottrina. L’invenzione dell’advocatus diaboli conferma come
il dubbio penetri fin dentro il tabernacolo delle fedi assolute. Penetra fin dentro la religione
cattolica, che nel momento decisivo non esita a mostrare diffidenza verso le congetture
considerate infallibili dai più e dalle stesse massime autorità. Che dà uno spazio ampio e
ufficiale a chi potrebbe smontare tali congetture, lasciandogli indossare la veste diabolica
dell’Avversario: per raggiungere il vero, le argomentazioni giuste occorre saggiarle, provarle
nel crogiolo della tribolazione che è il contraddittorio. Dio stesso «saggia i cuori e le reni
dell’uomo» (la formula è ricorrente nell’Antico Testamento), prima di forgiarne il destino o
lasciare che sia l’uomo stesso a forgiarlo.
L’avversario è il nostro saggiatore, il nostro verificatore, nel conflitto militare e ancor più nella
disputa dialettica: è «la forma che assume il nostro problema», scrive Carl Schmitt. È il
pubblico ministero che mette in causa quello che Giovanni Paolo II, nell’enciclica del 1993,
chiamò Splendore della Verità. Anche quando l’intenzione è quella di preservare un’unica
consistente verità, la prudenza è d’obbligo e dello scetticismo non c’è da avere terrore: se la
verità viene fatta propria senza un convincimento profondo, essa diventa una fede ereditata
anziché conquistata, che s’impone con l’ortodossia e con l’uso del potere politico necessario
a ogni ortodossia. Occorre che esistano almeno due ragioni contrastanti perché una verità
possa apparire superiore: nessuna può esserlo in assoluto, e forse per ciò bisognerebbe
rinunciare a questo aggettivo troppo usato – assoluto – sia quando si parla di una verità o di
un bene, sia quando si denuncia un male o una contro-verità.
1359 - IL TAR LAZIO SCONFESSA LA LEGGE SUL TESTAMENTO BIOLOGICO
da: www.repubblica.it di giovedì 17 settembre 2009
23
A nessuno, che sia cosciente o incosciente, possono essere imposte alimentazione e
idratazione forzata e anche in caso di stato vegetativo un cittadino può esprimere ex post la
propria volontà di interrompere terapie giudicate inutili, comprese proprio alimentazione e
idratazione. Il Tar del Lazio - accogliendo un ricorso del Movimento difesa dei Cittadini
all'ordinanza Sacconi emanata lo scorso anno, nei giorni del caso Eluana - boccia di fatto la
legge sul testamento biologico già approvata alla Camera e al vaglio del Senato, nella quale
si afferma che alimentazione e idratazione artificiali sono atti imprescindibili che il malato in
stato vegetativo non può rifiutare tramite una dichiarazione anticipata di trattamento.
La sentenza. "I pazienti in stato vegetativo permanente - si legge nella sentenza - che non
sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare e non
devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il
proprio consenso, possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica
di determinate cure mediche nei loro confronti".
E ancora: il paziente "vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei
termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi". Il
Tar, nella sentenza n. 8560/09, ha evidenziato che si tratta di questioni che coinvolgono il
"diritto di rango costituzionale quale è quello della libertà personale che l'art. 13 (della
Costituzione, ndr) qualifica come inviolabile".
Il Tribunale amministrativo ha poi ricordato che è entrata in vigore la convenzione
internazionale sui diritti delle persone con disabilità che impone che venga loro garantito il
consenso informato. Infine, ha sottolineato come il rilievo costituzionale dei diritti coinvolti
escluda che gli stessi possano essere compressi dall'esercizio del potere dell'autorità
pubblica.
La conseguenza è l'esclusione della giurisdizione del giudice amministrativo spettando, in
caso di violazione dei principi richiamati dal Tar, al giudice ordinario garantire il pieno
rispetto dei diritti della dignità e della libertà della persona.
LE REAZIONI
Il movimento difesa del cittadino. "Si tratta di una decisione estremamente importante commenta l'avvocato Gianluigi Pellegrino che ha curato il ricorso per il Movimento Difesa del
Cittadino - Il Tar infatti è giunto a individuare la giurisdizione del giudice ordinario proprio
dopo aver sottolineato il carattere costituzionale e incomprimibile del diritto di scelta che ogni
individuo ha con riferimento a qualsivoglia pratica e intervento che debba avvenire sul suo
corpo". Secondo l'avvocato Pellegrino, in sostanza, il Tar sentenzia che "la volontà del
paziente prevale su tutto, sia che la esprima a voce sia che sia espressa per iscritto o in
altre forme".
Il ministro Maurizio Sacconi. "Se corrisponde al vero quanto contenuto in una nota che fa
riferimento a una sentenza del Tar del Lazio sul caso di Eluana Englaro, questo rende di
fatto ancora più urgente l'approvazione della 'norma Englaro'", sostiene il ministro del
Welfare Maurizio Sacconi spiegando che la norma riguarderà "l'inalienabile diritto
all'alimentazione e all'idratazione per offrire una certezza normativa coerente con l'articolo 2
della Carta costituzionale e con il riconoscimento del valore della vita che è presente nella
tradizione largamente condivisa del nostro popolo".
Maurizio Gasparri (Pdl). "Su temi che riguardano la vita e la morte delle persone serve una
norma di legge precisa e non la fantasia della giustizia amministrativa, che immaginiamo
impegnata su temi più ordinari. Sarebbe ridicolo o forse agghiacciante se su un argomento
così delicato la decisione definitiva fosse affidata al Tar".
Ignazio Marino (Pd). "La sentenza del Tar del Lazio chiarisce molte ambiguità che si erano
create in occasione della drammatica vicenda di Eluana Englaro. Il Tar infatti afferma che
non è possibile imporre l'alimentazione e l'idratazione artificiale a un paziente, nemmeno nel
caso si trovi in stato vegetativo permanente".
24
Beppino Englaro. "Eluana vuol dire libertà pura in uno Stato di diritto. Non esiste nessuna
'norma Englaro': Englaro ha solo sollevato un problema davanti alla magistratura e ha avuto
delle risposte, in primis mi riferisco alla sentenza della Corte Suprema di Cassazione",
commenta Beppino Englaro dopo le dichiarazioni del ministro Sacconi. Se la leggina voluta
dal ministro dovesse vedere la luce, "si tratterebbe di un provvedimento anti-costituzionale,
anti-medico e anti-scientifico, una vera e propria legge da Stato etico", afferma deciso
Englaro, pur sottolineando di non voler entrare in polemica con il ministro. "Neanche lo Stato
- sottolinea il papà di Eluana - può disporre della salute dei cittadini: si tratta di diritti
inviolabili e costituzionalmente garantiti dall'articolo 2 della Carta, un articolo che afferma e
garantisce i diritti dell'uomo, vera e propria chiave di volta di tutto il sistema costituzionale".
1360 - LA CAMERA APPROVA LA LEGGE SULLE CURE PALLIATIVE
da: Aduc Salute n° 37/2009
17-09-2009 - La Camera approva all'unanimità la legge sulle cure palliative. La creazione di
una rete per l'accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore, e la semplificazione
dell'accesso ai farmaci contro il dolore. Sono le principali novità della legge approvata ieri in
prima lettura alla Camera, con il voto unanime di maggioranza e opposizione.
Un testo di iniziativa parlamentare che, come ha sottolineato il viceministro alla Salute
Ferruccio Fazio, 'colma un vuoto' legislativo. E mira a rendere le cure palliative un diritto per
tutti, di cui ci si può avvalere in maniera omogenea sul territorio nazionale.
Il sì dell'opposizione arriva dopo che, a luglio, il governo ha stanziato nuove risorse,
superando le ultime perplessità. Ma alcuni miglioramenti sono ancora possibili, secondo il
Partito democratico, che al Senato chiederà ulteriori fondi e il riconoscimento della
“specialità'' per i medici operativi nella terapia del dolore.
Ecco in sintesi il contenuto dei 12 articoli della legge.
CURE PALLIATIVE E TERAPIA DEL DOLORE - Sono 'cure palliative' l'insieme degli
interventi finalizzati al benessere dei malati terminali, per i quali le cure non servono più ai
fini della guarigione. Le 'terapie del dolore' sono invece quelle applicate alle 'forme morbose
croniche' e servono al controllo del dolore.
RETE TERRITORIALE - Per assicurare le cure palliative e le terapie del dolore, che sono
inserite nel piano sanitario nazionale come obiettivo prioritario, viene istituita su base
regionale una apposita 'rete'. La rete, che deve essere omogenea a livello nazionale, e'
costituita dall'insieme delle strutture sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, e assistenziali,
nonche' delle figure professionali, che provvedono all'erogazione delle cure.
COMMISSARIAMENTO REGIONI - Nel caso in cui una regione ritardi o ometta di
adempiere a quanto previsto dalla legge, il ministero della Salute fissa un termine ultimo,
scaduto il quale viene nominato un commissario 'ad acta'.
ACCESSO SEMPLIFICATO AI MEDICINALI - La nuova legge semplifica le prescrizione dei
medicinali per il trattamento dei pazienti affetti da dolore severo. Non sarà così più
necessario da parte del medico utilizzare un ricettario speciale, ma il farmacista conserverà
copia o fotocopia della ricetta. Alcuni principi cannabinoidi, che sono importanti per malattie
come la Sla, vengono inseriti nell'elenco dei farmaci.
FONDI AD HOC - E' stanziata una quota fissa di 50 milioni di euro, più 100 milioni di euro
inseriti dal 2009 tra gli obiettivi di piano del fondo sanitario nazionale. Perché le risorse
vengano effettivamente destinate alla cura del dolore, la nuova legge prevede che le
Regioni inadempienti non potranno accedere per l'anno successivo ai finanziamenti sanitari
nazionali.
FORMAZIONE - Viene disciplinata anche la formazione e l'aggiornamento del personale
sanitario specializzato, con specifici percorsi universitari e l'istituzione di master
professionalizzanti.
25
OSSERVATORIO - La legge istituisce uno specifico Osservatorio nazionale permanente,
incaricato tra l'altro di redigere un rapporto annuale sull'andamento delle prescrizioni.
1361 - MODIFICARE L'OTTO PER MILLE - COMUNICATO DI DONATELLA PORETTI
da: www.aduc.it di venerdì 18 settembre 2009
Il 20 settembre è' l'anniversario della breccia di Porta Pia, quando storicamente cadde il
potere temporale della Chiesa cattolica e si fece avanti lo Stato non confessionale. Ma nel
2009, all'ennesima ricorrenza di questo evento, la commistione di questo potere temporale
e' ancora una questione irrisolta con diverse sfaccettature di cui, quella economica, e' solo la
punta di un iceberg. "Gratta gratta, sotto la fede ci si trova la roba", denunciava Ernesto
Rossi, autore di testi come "Il manganello e l'aspersorio. La collusione fra il Vaticano e il
regime fascista nel ventennio". E sui soldi il Concordato non si risparmia. Inizialmente lo
Stato pagava lo stipendio al clero con il meccanismo della congrua. Poi il "nuovo"
Concordato del 1984 voluto dall'allora presidente del Consiglio dei ministri, Bettino Craxi,
decise per un nuovo meccanismo di finanziamento, solo in apparenza più democratico e
trasparente in quanto allargato alle altre religioni: lo Stato devolve l'8 per mille dell'intero
gettito IRPEF alla Chiesa cattolica (per scopi religiosi o caritativi) o alle altre confessioni o
allo Stato stesso (per scopi sociali o assistenziali), in base alle opzioni espresse dai
contribuenti sulla dichiarazione dei redditi. La legge 222/1985, che norma il tutto, prevede
però un meccanismo perverso che manda a ramengo tutte le buone intenzioni di
democraticità: anche se a specificare la scelta sia stata solo una parte dei contribuenti,
questa scelta viene estesa a tutto l'8 per mille di tutti i contribuenti in base alle percentuali di
chi si è espresso. Così al Vaticano arriva quasi il 90% dell'otto per mille nazionale.
Non esiste alcun luogo dove il contribuente possa trovare un'informazione completa, con
dati assoluti e percentuali sulle scelte e, naturalmente, sull'impiego dei fondi da parte di
ciascun beneficiario. Per capire il bilanciamento della situazione valga anche come l'Erario
devolve i soldi: solo per Chiesa vaticana, dà' un anticipo nell'anno in corso e un successivo
conguaglio entro il terzo anno; le altre Confessioni, invece, per incassare le somme a loro
dovute, devono aspettare tre anni.
Per avere un quadro preciso di come funziona l'8 per mille e delle cifre che annualmente
vengono distribuite ci sono solo i dati dell'Aduc (Associazione per Diritti degli Utenti e
Consumatori) che sul proprio sito Internet, nella rubrica "La pulce nell'orecchio" di
Annapaola Laldi segue da anni la materia
Questa dell'8 per mille è una partita in cui non tutti possono giocare: sono infatti ammesse
solo le confessioni sottoscrittrici di un’Intesa con lo Stato italiano. Ecco perché la Chiesa,
attraverso alcuni parlamentari cattolici vaticani, blocca l’accordo (già sottoscritto) con i
Testimoni di Geova e impedisce l’avvio di trattative con gli islamici: i fedeli di queste religioni,
ben disciplinati, grazie al meccanismo delle scelte inespresse porterebbero alle loro
gerarchie una contribuzione ben superiore alla loro percentuale reale, con un danno
valutabile in centinaia di milioni di euro per la Chiesa cattolica.
Come primo contributo ad un dibattito sui rapporti Stato e Chiesa ho quindi presentato, con il
senatore Marco Perduca, un disegno di legge per ricondurre l'8 per mille al principio della
volontarietà, abrogando il meccanismo della ripartizione delle scelte non espresse, pur
consapevoli della necessità di revisione più complessiva o di abrogazione integrale. Altre
forme e altre modalità di finanziamento possono essere studiate per le Chiese e le
confessioni religiose, ispirandosi al modello tedesco di una tassazione ad hoc o prendendo
spunto da modelli liberali di erogazioni volontarie, prevedendo in caso la possibilità di
deducibilità dal reddito senza limiti come sono oggi di poco più di mille euro all'anno.
(per scaricare il disegno di legge dei senatori Poretti e Perduca: www.parlamento.aduc.itper il dossier “8 per mille”: www.avvertenze.aduc.it).
26
1362 - IL DIRITTO DI MORIRE - INTERVISTA A STEFANO RODOTA’
di Eleonora Martini – da: il Manifesto di mercoledì 23 settembre 2009
Professor Stefano Rodotà, torniamo un momento sulla sentenza dei Tar del Lazio che
qualche giorno fa si è pronunciato a proposito della direttiva con la quale nel dicembre 2008
il ministro del welfare Sacconi tentò di impedire che si compisse la volontà dl Eluana
Englaro. Su questo pronunciamento del Tar ci sono state molte polemiche e se per alcuni si
è trattata di una bocciatura della direttiva, per Il governo invece è stata confermata
l’impostazione data dal ministero. Lei cosa ne pensa?
La verità è che questa sentenza chiarisce che siamo di fronte ad una questione che riguarda
i diritti fondamentali della persona, quello di rifiutare o no le cure. Tanto è vero che stabilisce
la competenza nel giudice ordinario, non quello amministrativo. E ricorda che già la Corte di
Cassazione, nella famosa sentenza Englaro, aveva stabilito esplicitamente che
alimentazione e idratazione sono trattamenti medici e quindi, come tali, rinunciabili. Ma il
punto di partenza, oggi, è rappresentato dalla sentenza della Corte costituzionale 438/2008
nella quale si afferma il diritto del paziente al “consenso informato” e si ricorda che questo, a
sua volta, è la sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello alla salute e quello
all’autodeterminazione. Quest’ultimo diritto si poteva desumere anche prima, ma qui la Corte
costituzionale lo dice in modo esplicito. E allora, se diciamo che una persona ha un diritto
fondamentale, vuol dire che le limitazioni legali - ammesso che siano possibili - devono
avere un fondamento assolutamente certo. Di fronte a un’incertezza, a un dubbio, prevale
l’interpretazione che lascia l’ampiezza massima a questo diritto fondamentale. ll legislatore
non può pretendere di farsi scienziato o medico, e non può in una materia così altamente
controversa legiferare in modo tale da ferire un diritto come quello all’autodeterminazione.
Insomma, come stabiliscono le ultime,tre righe dell’articolo 32 della Costituzione, neanche il
Parlamento all’unanimità potrebbe imporre a qualcuno qualcosa che violi il rispetto della
persona umana.
In Germania, dopo sei anni di discussioni, si è giunti a una legge che ammette la possibilità
di rifiutare anche l’idratazione e l’alimentazione forzate, in qualunque momento e non solo in
punto di morte. Tutt’altra aria, no?
Nella nuova legge tedesca non solo si ritiene che questi siano trattamenti e quindi
rinunciabili, ma si parla anche - usano esattamente questa espressione - di «ultra-attività del
principio di autodeterminazione». Che cosa vuol dire? Si riconosce che il principio di
autodeterminazione è valido anche in fasi della vita nelle quali la persona può non essere
più capace di esprimersi. In quei momenti, cioè, in cui è utile il testamento biologico,
strumento che alcuni in Italia contestano dicendo che non si può considerare valida la
volontà espressa dal paziente precedentemente, in un momento e in un contesto
completamente diversi.
Anche in questo campo, dunque, torna utile il “Festival del Diritto” che si apre domani a
Piacenza e il cui programma - da lei curato - è tutto incentrato sul rapporto pubblico/privato.
Dove ne tracciamo il confine, parlando di temi di fine vita?
Intanto partiamo dal fatto che non c’è un vuoto normativo, come molti affermano. Se il rifiuto
di cure, come quello all’autodeterminazione, appartiene ai diritti della persona, non c’è
bisogno di riaffermarlo con una legge. Se la Camera approvasse il testo Calabrò, questi
diritti già riconosciuti verrebbero in qualche modo revocati. In maniera incostituzionale. Il
pubblico — il potere politico e quello legislativo — non può operare in modo tale da sostituire
le proprie decisioni alle decisioni libere dell’interessato. Questo è un passaggio essenziale: il
legislatore si deve fermare davanti alla persona umana.
Questo vuol dire che il pubblico deve rimanere sempre fuori dalla sfera del fine vita?
Se si vogliono imporre determinati valori, restringendo in questo modo il diritto
all’autodeterminazione, allora sì: c’è un limite invalicabile. Però, proprio perché si tratta di
27
decisioni che vanno prese in piena libertà, c’è un’area invece in cui l’intervento del pubblico
non solo è possibile ma anzi necessario.
Un esempio?
La legge appena approvata dalla Camera sulle terapie antidolore e le cure palliative. Ecco,
questo è il tipo di intervento che il pubblico deve fare: io devo poter essere libero di decidere
se proseguire la mia vita. Libero, per esempio, dal condizionamento che mi può venire da un
dolore drammatico che non sono in condizione di poter lenire perché c’è una serie di
norme.- come quelle sulle sostanze stupefacenti - che mi impediscono di usare farmaci
oppiacei o a base di cannabis. Il pubblico, allora, deve intervenire per permettermi di
esercitare in piena libertà il mio diritto a scegliere se continuare a vivere - senza dolore - o
morire dignitosamente.
1363 - LA PILLOLA FA ABORTIRE LA MALFA DAL PDL - DI FEDERICO ORLANDO
da: Europa di venerdì 25 settembre 2009
Cara Europa, come laico ed elettore del Pd, registro con grande piacere la lettera al Corriere
di Giorgio La Malfa, con la quale annuncia l’addio suo e del suo partito repubblicano dal
Popolo delle libertà. Sul piano parlamentare, per il cavaliere non è una gran perdita,
essendo i repubblicani in parlamento due o tre. Ma sul piano dell’immagine è gravissima,
perché La Malfa, e quel che gli restava del suo piccolo partito dopo la scissione seguita
all’opzione per la destra, sono comunque eredi di una tradizione di politica economica
rigorosa e di laicismo non negoziabile. Come i liberali di Zanone e i radicali di Pannella. E
infatti La Malfa nella sua lettera parla di politica economica e amministrativa parolaia (molte
ingiurie ai “fannulloni”, nessuna provincia abolita, anzi) e di subalternità di Berlusconi al
Vaticano. Speriamo che ora trovi fuori dal Pdl le consonanze che la destra italiana non
poteva dargli.
Fabrizio Ricci – Rimini
Risponde Federico Orlando
Caro Ricci da vecchio liberale non sono mai stato ovviamente molto tenero coi repubblicani,
dei quali condividevo il più importante principio che abbiamo in comune con loro come coi
radicali di Pannella e coi cattolici “adulti” e democratici: la laicità della politica, dello stato,
dell’educazione pubblica, della vita civile, delle leggi. Su questo principio, i due partiti, e con
loro i socialisti democratici (prima della degenerazione genetica del Psi in craxismo) si
incontrarono sia nei governi centristi di De Gasperi sia nelle fondamentali battaglie civili:
divorzio, aborto, scuola, diritti della donna, nuova famiglia fondata anche sull’abolizione delle
istituzioni patriarcali. Perciò il passo della lettera di La Malfa che più ho sottolineato è
questo: « . . . Una lunga serie di errori sta mettendo in crisi quel delicato equilibrio fra lo
Stato laico e la Chiesa cattolica che fu uno dei frutti migliori della collaborazione fra Dc e
partiti laici nel dopoguerra».
Queste parole sono state portate a conoscenza dell’opinione pubblica proprio nel giorno in
cui il segretario di stato Bertone “ammoniva” Bossi, che gli aveva chiesto udienza, a non
toccare la legge sul testamento biologico, cioè quel monumento di fondamentalismo
ultraislamista che il senato votò molti mesi fa e che è intenzione di molti deputati modificare
per renderla compatibile con uno stato laico, civile e sovrano. È lo stesso giorno in cui la
relatrice sulla pillola Ru486, Dorina Bianchi, che è del Pd ma la pensa come la destra
clericale, si dimette da relatrice in commissione, dopo che Franceschini aveva spiegato che
la linea del partito, in materia, è una sola, e non è quella della Bianchi (in un contesto più
generale, il segretario aveva detto all’Espresso, rispondendo implicitamente a Bagnasco:
«La Chiesa ha diritto di intervenire, ma non può dirci come votare: è una scelta che
appartiene all’autonomia del politico»). Come diceva e faceva De Gasperi all’alba della
nostra democrazia.
28
Semmai, occorre che il Pd si dia una regolata sull’unità e sulla trasparenza delle sue scelte,
perché ogni doppiezza, come quella di trattare con la destra sul rinvio delle decisioni
parlamentari in rapporto alle scadenze di partito, irrita i nostri elettori. Oggi un discorso di
riabilitazione laica del paese, come chiesto nella mozione dei Liberal-Pd pubblicata ieri da
Europa, è possibile, grazie anche a un sicuro punto di riferimento nelle istituzioni, il
presidente Fini, che alle imposizioni della disciplina religiosa ai deputati oppone la loro
libertà di coscienza e l’obbligo di votare senza vincolo di mandato, come loro diritto-dovere
costituzionale.
Ben tornati dunque La Malfa e amici alla loro cultura. Non importa che siano pochi. Lo sono
sempre stati, in parlamento e nel paese, anche i radicali e i liberali (i «partitini», diceva
Scelba), però hanno cambiato la faccia dell’Italia interpretandone la volontà di
modernizzazione quando il parlamento faticava a comprenderla.
1364 - LA GERMANIA CE L'HA FATTA. E NOI? – DI MARLIS INGENMEY
da: Micromega-online di lunedì 22 settembre 2009
La preistoria
La legge per il Testamento biologico che la Germania si è data il 18 giugno di quest'anno
viene da lontano. Il cammino delle Patientenverfügungen, "Disposizioni del paziente" - già
redatte da 9 milioni di cittadini e da tempo, di norma, rispettate nella prassi quotidiana -,
verso l'ingresso a pieno titolo nell'ordinamento giuridico inizia sulla fine degli anni Settanta
quando cominciano a circolarne i primi moduli. Nell'80 si costituisce in Baviera, rivelandosi
poi la più importante nel suo genere, l'"Associazione tedesca per una morte umana"
(DGHS), che si batte per il "diritto" della persona - insito nel "diritto alla vita" - "a morire con
dignità" nel momento e nei modi da lei stessa prescelti, e presenta, tra l'86 e il '97, una serie
di petizioni per invitare il Governo a legiferare in merito, e, nel '99, una proposta più
circostanziata.
Parallelamente si susseguono, a partire dall'84, le prime pronunce esemplari della Corte di
Cassazione che confermano, affrontando sempre nuovi aspetti della questione, il diritto,
costituzionalmente riconosciuto e garantito, del cittadino all'autodeterminazione in materia di
salute e in particolare al rifiuto, attualmente o anticipatamente espresso, di trattamenti anche
salvavita (comprese la nutrizione e l'idratazione artificiali), pronunce che sono via via
recepite da altre Corti di ogni grado (per risolvere casi simili sottoposti alla loro decisione),
dalla Federazione degli Ordini dei medici (per aggiornare il Codice deontologico ed
elaborare Direttive e Raccomandazioni su come comportarsi con malati terminali o con
prognosi comunque infausta, e, specificamente, di fronte a "disposizioni anticipate"), dal
potere esecutivo (che col primo Gabinetto Schröder si dice, fin dal '99, intenzionato a
studiare una disciplina normativa) e da quello legislativo (come dimostrano tutti e tre i
disegni di legge discussi negli ultimi anni al Bundestag: altro che levate di scudi per presunti
"conflitti di attribuzione").
Sempre nel '99 entrano in azione - "per togliere alla gente la paura di diventare alla fine
vittima della tecnologia medica", ma anche, giocando d'anticipo, per arginare ogni eventuale
deriva eutanasica nel gregge dei fedeli - i presidenti della Conferenza episcopale tedesca e
del Consiglio della Chiesa evangelica di Germania, che, pur rispettosi, nella loro qualità di
cittadini di uno Stato laico, dei principi enunciati nella Legge fondamentale (anche loro
ribadiscono a chiare lettere: "Nessuno può essere costretto a sottoporsi, contro la sua
volontà, a trattamenti diagnostici o terapeutici per quanto promettenti essi siano"), varano
insieme le Disposizioni del paziente cristiano (rivedute nel 2003 e sottoscritte ormai da circa
2,9 milioni di tedeschi), con le quali limitano, per il paziente, appunto, "cristiano",
ricordandogli che la vita è un "dono di Dio" e pertanto "indisponibile", l'eventuale rifiuto di
trattamenti salvavita ("onde poter vivere, fino all'ultimo, con dignità") alla "fase terminale di
malattie incurabili" - a meno che la coscienza del singolo non gli permetta di formulare
29
"integrazioni personali" (che possono riguardare, come specificano i vescovi nelle Note
esplicative che accompagnano il loro modulo, fra l'altro, anche richieste per il caso che
l'interessato dovesse venire a trovarsi in stato vegetativo permanente, se discusse con un
medico di fiducia).
La spinta decisiva a legiferare giunge quando, nel marzo del 2003, la Cassazione sancisce
definitivamente la legittimità e il carattere vincolante di "disposizioni anticipate del paziente":
"La dignità della persona esige, infatti, che il diritto all'autodeterminazione da lei esercitato
quando era capace di intendere e di volere, venga rispettato anche quando non fosse più in
grado di decidere responsabilmente". La stessa sentenza precisa inoltre che, in mancanza
di una tale dichiarata volontà, il consenso a trattamenti anche salvavita o la sua negazione
vanno appurati "ricostruendo la presunta volontà del paziente alla luce del suo modo di
concepire la vita, delle sue intime convinzioni e di altri valori cui faceva riferimento".
All'epoca è già, col secondo Gabinetto Schröder, come attualmente nella Grande coalizione,
ministro della Giustizia Brigitte Zypries, socialdemocratica, giurista, che, istituita in autunno
una Commissione ad hoc, mette intanto, alla conclusione dei lavori nel giugno del 2004, sul
sito del Ministero un opuscolo di Consigli per la redazione di "Disposizioni del paziente" (che
lasciano all'interessato, con la sola esclusione dell'eutanasia "attiva", illegale in Germania,
totale libertà di accettare o rifiutare qualsiasi trattamento medico in presenza di qualsiasi
malattia grave, anche al di fuori della fase terminale), e presenta poi a novembre, in una
conferenza stampa, la bozza di un suo disegno di legge in merito, ispirato agli stessi criteri,
che solleva tra gli addetti ai lavori, ma anche nel grosso dell'opinione pubblica, colta
impreparata, un'ondata di perplessità e proteste tali da consigliarne, tre mesi dopo, il ritiro.
Da quell'inverno, tuttavia, ha inizio nel Paese una discussione sempre più ampia e
approfondita soprattutto sul quesito se, in nome di una tutela a oltranza della vita, debbano o
possano - o non debbano assolutamente - essere posti dei limiti alle penultime volontà da
dettare in tali testamenti, discussione a cui partecipano anche le due grandi Chiese cristiane
(raccomandando, con dettagliati quanto pacati statement congiunti, "un giusto bilanciamento
tra autodeterminazione e assistenza dovuta") e che sfocia in un primo "dibattito orientativo"
al Bundestag il 29 marzo del 2007, quando è ancora fresco di stampa un sondaggio Forsa
da cui risulta che solo il 18% della popolazione ritiene che le "disposizioni anticipate"
debbano limitarsi alla "fase terminale" di qualsiasi malattia, mentre il 73% (il 9% non sa
rispondere) rivendica piena libertà nel formularle e auspica che le volontà così espresse
vengano rispettate dal momento stesso in cui il paziente non possa più pronunciarsi
personalmente.
Nota bene
La Legge fondamentale, deliberata nel 1949 dal "popolo tedesco" conscio delle barbarie
perpetrate dal nazismo, dà particolare risalto alla "dignità" dell'uomo come individuo,
dichiarandola in apertura della Parte I, dedicata ai "diritti fondamentali" della persona,
"intangibile. E' dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla" (art. 1, comma 1). In
questa ottica il "popolo" "riconosce gli inviolabili e inalienabili diritti dell'uomo" (1,2) che
"vincolano il potere legislativo, quello esecutivo e il giudiziario come diritto immediatamente
valido" (1,3). Di conseguenza basta ai tedeschi, insieme a questo primo, il solo secondo
articolo della loro Costituzione (che non ha un articolo corrispondente al nostro 32) per
giustificare il diritto all'autodeterminazione del cittadino anche in materia di salute e pertanto
quello di disporre del proprio corpo e della propria vita fino alle conseguenze estreme:
"Ognuno ha diritto al libero sviluppo della propria personalità, in quanto non violi i diritti degli
altri e non trasgredisca l'ordinamento costituzionale e la legge morale" (2,1), "Ognuno ha
diritto alla vita e all'integrità fisica. La libertà della persona è inviolabile. Questi diritti possono
essere limitati soltanto in base a una legge" (2,2).
In dirittura d'arrivo
30
Al dibattito del 29 marzo 2007 in un'Aula gremita, trasmesso per intero da radio e
televisione, prendono attivamente parte una trentina di deputati tra cui i tre futuri relatori di
altrettante proposte - questa volta di iniziativa parlamentare -, già abbozzate e sostenute da
gruppi trasversali (ai cinque partiti rappresentati in questa legislatura è lasciata, come
accade di solito in Germania quando sono all'ordine del giorno temi eticamente sensibili,
libertà di schierarsi). Tutti e tre, per restare ai punti cruciali del problema, danno per scontato
nei loro interventi, sia pure con qualche distinguo, che le "disposizioni anticipate", atte a
salvaguardare fino alla fine la "dignità" e la "libertà" della persona - facoltative, da mettersi
preferibilmente per iscritto, in qualsiasi momento revocabili senza alcuna formalità -,
potranno riguardare, eccetto richieste di eutanasia attiva, in presenza di qualsiasi patologia
(compresi gli stati vegetativi e le varie forme di demenza), qualsiasi trattamento medico, e
che saranno "vincolanti" se "calzanti", cioè aderenti al quadro clinico specifico. Per tutti e tre,
nutrizione e idratazione artificiali sono - come insegnano le principali Società di Nutrizione
Artificiale europee (tra cui le più rappresentative italiane) e americane - "a tutti gli effetti
trattamenti medici" che richiedono il consenso del malato. Lo riconoscono, in Germania,
anche il Consiglio della Chiesa evangelica (per il quale la nutrizione artificiale "non è da
annoverarsi tra le misure ordinarie di assistenza") e la stessa Conferenza episcopale (che la
menziona pari pari fra i "trattamenti medici salvavita" di cui perfino il paziente "cristiano"
prossimo alla morte può chiedere il non inizio o l'interruzione); per entrambe le Chiese
rientra tra le "misure ordinarie di assistenza" soltanto "l'appagamento di fame e sete, ove
manifestate come sensazioni soggettive".
In dettaglio, Joachim Stünker, socialdemocratico (SPD), già magistrato - depositerà per
primo, nel marzo del 2008, il suo ddl, che ricalca in buona parte la proposta Zypries e vanta
fin dall'inizio, quando metà dei deputati è ancora indecisa, il maggior numero (210) di
firmatari -, rifiuta fermamente, perché in contrasto con lo spirito e le norme della Legge
fondamentale, qualsiasi restrizione della validità delle "disposizioni" a seconda del grado o
dello stadio di una malattia, e ritiene che lo Stato non debba mai tutelare la vita contro la
volontà del paziente, essendo quello "alla vita" un "diritto" che non può essere commutato in
un "dovere".
Le sue affermazioni sono condivise da Wolfgang Zöller, del ramo bavarese (CSU) dei
democristiani (CDU) - depositerà il suo testo, il più snello, lo scorso dicembre -, che si dice
contrario a ogni iperregolamentazione, mette però in guardia contro un mero automatismo
nell'attuazione delle "disposizioni", per cui si augura che possa instaurarsi, caso per caso,
un proficuo dialogo tra il medico, con la sua competenza ed esperienza, e chi fa le veci del
paziente e ne deve, comunque, rispettare e far rispettare le volontà (idea che sarà, all'ultimo,
sviluppata anche in un apposito paragrafo del ddl di Stünker); in compenso vorrebbe limitare
l'intervento del Giudice tutelare ai soli casi in cui i dialoganti non arrivassero alle stesse
conclusioni.
Wolfgang Bosbach, infine, della CDU, avvocato - depositerà, anche lui, solo a dicembre il
suo ddl, alquanto macchinoso, favorito, con poche riserve, dalle Chiese, ben più critiche,
invece, nei confronti dell'"unilateralismo" degli altri due -, pur affermando che la volontà
"attuale" del paziente "capace" "va sempre e in ogni circostanza rispettata", si mostra restio
a rispettare volontà "anticipatamente" espresse (perché "non è detto che il paziente, se ne
avesse la facoltà, non rivaluterebbe, in tempo reale, la situazione e deciderebbe magari
diversamente"), e si domanda nella fattispecie se si debbano davvero ritenere in uguale
misura "vincolanti" richieste in presenza di patologie dal decorso irreversibilmente letale e
altre che riguardino malattie potenzialmente curabili (per le quali proporrà poi di rendere
obbligatoria la consulenza, all'atto della loro formulazione, di un medico, da certificarsi dal
medesimo).
A conclusione di quel dibattito, dai toni insolitamente compassati, durato più di tre ore, la
presidente di turno prevede che l'Aula dovrà occuparsi del tema, a più riprese, ancora per
31
mesi - che diventeranno ben ventisette; nel corso dei quali i tre ddl, che rispecchiano nella
sostanza le anticipazioni fatte quel giorno dai relatori, vanno, passo passo, perfezionandosi
in un lavoro collegiale - con l'apporto di audizioni di medici, giuristi, esperti di bioetica, con
documenti mai sopra le righe da parte delle Chiese e sotto l'occhio vigile di tutte le
Commissioni permanenti coinvolte (Sanità, Famiglia, Finanze e, per ogni tappa dell'iter,
Giustizia) -, per arrivare in momenti diversi alla Prima lettura in Seduta plenaria (il disegno di
Stünker il 26 giugno dell'anno passato, quelli di Zöller e Bosbach, insieme, il 21 gennaio di
quest'anno) ed essere poi trasmessi, ai primi di marzo, per l'ultimo controllo (riguardo alla
costituzionalità, compatibilità con leggi vigenti e attuabilità pratica) e per la definitiva messa a
punto, comprese rifiniture lessicali, ancora una volta alla Commissione Giustizia, che li
rimanda in Aula a metà maggio per l'atto finale.
Al traguardo
Le votazioni, in forma palese, previste per il 28 maggio, slittarono al 18 giugno perché lì per
lì non vi fu accordo (che poi si trovò) sull'ordine - crescente (che vinse) o decrescente
quanto al numero dei firmatari - nel quale mettere ai voti i tre testi approntati per individuare
quello da adottare come unico. Così, quel giorno - respinta preliminarmente, a stragrande
maggioranza, una petizione dell'ultima ora (sostenuta da 39 deputati, 37 dei quali CDU o
CSU, in ambasce per come si stavano mettendo le cose) che invitava a rinunciare tout court
a ogni disciplina normativa di una "materia già regolata a sufficienza dalla prassi" -, si
impose, in Seconda lettura, il ddl di Stünker che, presenti 566 dei 612 membri del
Bundestag, ottenne 320 voti favorevoli (contrari 241, astenuti 5) e fu approvato subito dopo,
in Terza lettura e dunque definitivamente, da 318 (non 317, come annunciato dopo il primo
conteggio e subito rilanciato dagli organi di informazione) dei 555 deputati rimasti in Aula
(hanno votato a favore 201 socialdemocratici, 46 liberaldemocratici della FDP, 37 deputati
de La Sinistra, 32 di Alleanza 90/I Verdi, una deputata della CSU, e un indipendente).
Trattandosi di un ddl che non richiedeva l'assenso anche del Bundesrat - che avrebbe,
comunque, nelle due settimane successive, potuto sollevare obbiezioni, ma non lo ha fatto -,
la legge ("Terza legge a modifica del Diritto che regola le tutele") è entrata in vigore, come
previsto, il 1° settembre scorso.
Eccone la parte che riguarda specificamente le Disposizioni del paziente:
"Articolo 1 - Modifica al Codice civile
§ 1901a - Disposizioni del paziente
(1) Se un maggiorenne capace di prendere decisioni in merito ha dichiarato per iscritto, in
previsione della propria eventuale futura incapacità, di dare o negare il suo consenso
(Disposizioni del paziente) a determinati trattamenti diagnostici, terapeutici o chirurgici,
all'epoca non ancora imminenti, il tutore verifica se tali dichiarazioni riguardano realmente la
situazione venutasi a creare (stato di salute e trattamenti possibili). In caso affermativo il
tutore deve rendere nota e far rispettare la volontà del suo assistito. Le Disposizioni del
paziente possono, in qualsiasi momento, essere revocate senza alcuna formalità.
(2) In mancanza di Disposizioni scritte del paziente o qualora le sue Disposizioni non
riguardassero realmente la situazione venutasi a creare (stato di salute e trattamenti
possibili), il tutore deve appurare i desideri riguardo ai trattamenti o la volontà presunta del
suo assistito e decidere di conseguenza se dare o negare il consenso a uno dei trattamenti
medici di cui al comma 1. La volontà presunta va accertata in base a elementi concreti.
Sono da considerare in particolare affermazioni, a voce o scritte, fatte in precedenza
dall'assistito, suoi convincimenti etici o religiosi ed eventuali altri suoi valori di riferimento.
(3) I commi 1 e 2 valgono indipendentemente dal tipo e dallo stadio della malattia
dell'assistito.
(4) Nessuno può essere obbligato a redigere Disposizioni del paziente. La redazione o la
presentazione di Disposizioni del paziente non può essere condizione per la stipula di un
contratto.
32
(5) I commi da 1 a 3 valgono anche per il titolare di una procura sanitaria.
§ 1901b - Colloquio per l'accertamento della volontà del paziente
(1) Il medico curante, considerati lo stato di salute generale del paziente e la prognosi,
individua il trattamento eventualmente indicato. Lui e il tutore discutono il trattamento
prescelto tenendo conto della volontà del paziente quale base della decisione da prendersi
ai sensi del § 1901a.
(2) Nell'accertamento della volontà del paziente secondo il § 1901a, comma 1, o dei suoi
desideri riguardo ai trattamenti o della sua volontà presunta secondo il § 1901a, comma 2,
dovrebbe essere data l'occasione di pronunciarsi a parenti stretti e altre persone di fiducia
dell'assistito, ove ciò fosse possibile senza causare notevoli ritardi.
(3) I commi 1 e 2 valgono anche per il titolare di una procura sanitaria.
§ 1901c - Desideri espressi riguardo a una eventuale Tutela - Procura sanitaria
Chi è in possesso di un documento in cui qualcuno, per il caso che dovesse avere bisogno
di un tutore, ha formulato proposte per la sua scelta o desideri relativi al contenuto della
tutela, deve consegnarlo al Giudice tutelare appena saputo dell'avvio di un procedimento in
merito. Ugualmente è tenuto a informare il Giudice tutelare chi possiede documenti con cui
l'interessato ha conferito una procura sanitaria ad altra persona. Il Giudice tutelare può
richiedere la consegna di una copia di tali documenti.
§ 1904 - Autorizzazione del Giudice tutelare riguardo a trattamenti medici
(1) Il consenso del tutore a un trattamento diagnostico, terapeutico o chirurgico richiede
l'autorizzazione del Giudice tutelare, se sussiste il fondato pericolo che, a causa del
trattamento, l'assistito muoia o che la sua salute subisca un danno grave e durevole. Il
trattamento può effettuarsi senza autorizzazione solo se anche il suo rinvio è rischioso.
(2) La negazione del consenso o la sua revoca da parte del tutore riguardo a un trattamento
diagnostico, terapeutico o chirurgico richiede l'autorizzazione del Giudice tutelare, se il
trattamento è indicato dal punto di vista medico e sussiste il fondato pericolo che, a causa
della sua omissione o interruzione, l'assistito muoia o che la sua salute subisca un danno
grave e durevole.
(3) L'autorizzazione di cui ai commi 1 e 2 va concessa se il consenso, la negazione del
consenso o la sua revoca corrisponde alla volontà dell'assistito.
(4) Un'autorizzazione di cui ai commi 1 e 2 non occorre se il tutore e il medico curante
concordano nel giudicare che il consenso, la negazione del consenso o la sua revoca
corrisponde alla volontà dell'assistito, accertata ai sensi del § 1901a.
(5) I commi da 1 a 4 valgono anche per il titolare di una procura sanitaria. Egli può, tuttavia,
dare, negare o revocare il consenso a uno dei trattamenti indicati al comma 1, prima frase, o
al comma 2, solo se la procura comprende espressamente anche tali trattamenti ed è
conferita per iscritto."
Questa legge, votata dai rappresentanti del popolo di uno Stato sovrano, conferma quanto
da tempo considerato "pacifico" e largamente messo in pratica dagli addetti ai lavori:
Laddove la Legge fondamentale riconosce a "ognuno" - cioè a ogni singola persona con la
sua, personalissima, "intangibile" "dignità", titolare del "diritto" "inalienabile" (suo, e di
nessun altro) "alla vita e all'integrità fisica" - il "diritto al libero sviluppo della propria
personalità" nonché il carattere "inviolabile" della sua "libertà", e pertanto la facoltà di
compiere (purché non vengano offesi "i diritti degli altri", "l'ordinamento costituzionale" e "la
legge morale") le proprie scelte in ogni campo e, nella fattispecie, in quello della salute, essa
tutela, senza discriminazione alcuna, tanto il paziente "cosciente" e capace di intendere e
decidere "attualmente", quanto chi, in possesso degli stessi requisiti, dichiara oggi,
"anticipatamente", in Disposizioni scritte, le proprie volontà per l'ipotesi di trovarsi un
domani, da "incosciente", nell'impossibilità di farlo, e perfino chi non vi ha provveduto affatto
o in modo troppo generico (anche questi pazienti "incoscienti" non devono diventare oggetto
della volontà altrui: i soli loro "desideri" riguardo a un determinato trattamento, espressi in
33
passato a voce o per iscritto, o la loro "volontà presunta", se appurati, impegnano il tutore a
"decidere di conseguenza").
In Germania, ormai, un maggiorenne capace di prendere decisioni in merito, può (non è un
obbligo), senza più il timore di essere disatteso, preventivamente dare, negare o limitare nel
tempo il suo consenso a determinati trattamenti medici (nessuno escluso) che dovessero un
giorno risultare indicati in ogni stadio di una sua malattia, infermità o disabilità di qualsivoglia
tipo e grado (se lo desidera, può anche chiedere espressamente che venga fatto ricorso,
ove sostenibile, a ogni ritrovato della scienza e della tecnica per tenerlo il più a lungo
possibile in vita). Le sue Disposizioni, revocabili in qualsiasi momento senza alcuna formalità
(ma anche modificabili per sopravvenuto ripensamento o attualizzabili secondo la parabola
della sua salute), saranno, se alla verifica giudicate "calzanti", vincolanti per il suo tutore o
altra figura assimilabile, per i medici e il personale paramedico che lo avranno in cura, per gli
istituti assistenziali che dovessero ospitarlo, per i suoi cari, per chiunque. Va da sé che nella
maggior parte dei casi la negazione del consenso (o la sua limitazione nel tempo) riguarderà
trattamenti salvavita, e, fra questi, anzitutto la nutrizione e l'idratazione artificiali.
Nessuna iperregolamentazione, nessuna restrizione quanto ai contenuti delle Disposizioni,
nessuna richiesta specifica quanto alla loro forma, per cui resteranno, tra l'altro, valide tutte
le volontà già anticipate da milioni di persone in atti fai-da-te o compilando moduli
prestampati, a meno che il testatore non voglia estenderle, ora che la legge glielo permette,
a trattamenti all'epoca non contemplati.
Soddisfatta ("Un sollievo per tutti") la ministra Zypries, come la sua omologa del governo
regionale bavarese, Beate Merk, CSU ("L'autonomia del paziente ha trovato la dovuta
conferma"), accontentate la Cassazione e "L'Associazione nazionale dei giuristi" (che
avevano ripetutamente auspicato l'intervento del legislatore), felice la presidente
dell'"Associazione tedesca per una morte umana", compiaciuta buona parte dei medici ("Le
Disposizioni ci saranno di grande aiuto nel nostro lavoro quotidiano"), mentre i vertici della
Federazione nazionale dei loro Ordini restano perplessi ("Una pseudoregolamentazione"),
indecifrabile il giudizio della cancelliera Merkel (che non aveva appoggiato il ddl del
compagno di partito Bosbach bensì quello, più permissivo, di Zöller, ma che aveva anche
definito "interessante" la proposta di soprassedere a ogni disciplina normativa, senza, però,
alla fine, partecipare al voto); "dispiaciute", in sordina (un solo, breve, commento per parte, il
giorno stesso del varo della legge), le Chiese (l'evangelica perché "non vi è equilibrio tra
autodeterminazione e assistenza dovuta", la cattolica perché "la legge enfatizza
unilateralmente l'autodeterminazione del paziente"), che non avranno da ritoccare più di
tanto le loro Disposizioni del paziente cristiano (di cui è annunciata, comunque, come
imminente, una nuova edizione), perché esse prevedono - appunto "per il cristiano" - già i
paletti che, giustamente, non sono stati piantati ora, a monte, anche per chi professa
qualsiasi altra fede o non ne ha nessuna.
Post scriptum
Anche la nostra Costituzione - che riconosce e garantisce (art. 3) a "tutti i cittadini", "senza
distinzione ... di condizioni personali" (e dunque, nello specifico, tanto a chi è "cosciente e
capace", quanto a chi si trova in stato di "incoscienza"), (art. 2) "i diritti inviolabili dell'uomo"
(fin dal lontano 1789 definiti "inalienabili"), tra cui il "diritto alla vita" (un "diritto", non un
"dovere") - dichiara esplicitamente (art. 13) "inviolabile" "la libertà personale" (vietandone
ogni tipo di "restrizione", "se non per atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e
modi previsti dalla legge"), e precisa che (art. 32) quello alla "salute" è un "fondamentale
diritto dell'individuo", per cui "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento
sanitario" (a meno che, nell'"interesse della collettività", non debbano essere disposti per
legge trattamenti coatti che non possono, tuttavia, "in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana" (ossia la sua "dignità").
34
Molte pronunce, in cause riguardanti l'autodeterminazione terapeutica, non solo della
Cassazione, ricordano che anche da noi le norme costituzionali a presidio di diritti primari
(tra cui le quattro qui riportate), sono imperative e di immediata operatività, senza che
occorra, a questi fini, intervento alcuno del legislatore ordinario. Ecco perché già all'inizio
degli anni Novanta poté essere condannato per omicidio preterintenzionale da tutte le
istanze fino alla Corte Suprema (e radiato dall'Albo) un chirurgo di Firenze che aveva
sottoposto una paziente, senza il suo consenso, a un intervento con scarsissime probabilità
di riuscita che, puntualmente, le provocò lesioni tali da anticiparne la morte. Ecco perché il
rianimatore di Cremona che distaccò nel dicembre del 2006, come richiesto dall'interessato,
il respiratore a Piergiorgio Welby (paziente "cosciente e capace"), fu assolto nel febbraio del
2007 dal Ordine dei medici ("Non si rilevano violazioni del Codice deontologico", "Welby è
stato aiutato nel morire, no a morire") e cinque mesi dopo anche dal gup di Roma ("La
condotta di colui che rifiuta una terapia salvavita costituisce esercizio di un diritto soggettivo
riconosciutogli in ottemperanza al divieto di trattamenti sanitari coatti, sancito dalla
Costituzione", "L'imputato ha agito in presenza di un dovere giuridico", di cui all'art. 51 del
Codice penale). Ecco perché, l'anno scorso, la Corte d'appello di Milano con decreto del 9
luglio e, con sentenza definitiva del 13 novembre, la Cassazione a Sezioni civili unite hanno
potuto autorizzare Beppino Englaro, tutore della figlia Eluana (paziente in stato di
"incoscienza", alimentata con sondino nasogastrico), "a disporre l'interruzione del
trattamento di sostegno vitale artificiale".
Anche da noi, dunque, gli addetti ai lavori, i giudici per primi e in misura sempre crescente i
medici - all'ultimo Congresso nazionale degli anestesisti e rianimatori, svoltosi nel settembre
del 2007, nove su dieci degli interpellati si sono dichiarati favorevoli al Testamento biologico,
sette su dieci contrari al pronunciamento, reso pubblico giusto in quei giorni, del Vaticano
sull'obbligatorietà di "somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali" in casi come
quello di Terry Schiavo -, hanno ormai metabolizzato la portata dei "principi", "diritti" e
"libertà fondamentali" della persona, garantiti dalla Costituzione (e ribaditi da accordi
internazionali, ratificati anche dall'Italia, per la protezione, in particolare, della "dignità
dell'essere umano" "come individuo", minacciata "da un uso improprio della biologia e della
medicina"), e lo stesso sta facendo, in ritardo rispetto ad altre comunità nazionali a noi
culturalmente vicine, la società civile, per non dire il Paese reale.
Secondo gli ultimi sondaggi (Renato Mannheimer, sul "Corriere della Sera" del 1° aprile), il
51% della popolazione sa oggi cos'è un Testamento biologico (e un altro 41% ne ha almeno
sentito parlare), il 75% (il 55%, cioè la maggioranza assoluta, anche di chi si professa
credente e frequenta regolarmente le funzioni religiose) si augura di poter liberamente
rifiutare o limitare nel tempo le cure per l'ipotesi di venire a trovarsi un domani in una
situazione di coma irreversibile, e il 68% chiederebbe, per quel caso, anche l'interruzione di
nutrizione e idratazione artificiali (tra i cattolici il 47%, il 24% lo esclude, mentre il rimanente
29% non ha ancora un'opinione in merito). Sono poi ogni giorno di più i cittadini, figli di una
democrazia minore, che, con la minaccia del "sondino di Stato" all'orizzonte, stanno
correndo ai ripari, mettendo nero su bianco le proprie "volontà anticipate" - da depositare
magari presso notai, associazioni create ad hoc o, genericamente, per la difesa dei
consumatori, fondazioni come quella di Umberto Veronesi, sedi di Società per la
Cremazione o appositi "registri" istituiti da già numerosi Comuni (oppure da tenersi
semplicemente in tasca, in borsa o nel cassetto) -, "volontà" di cui, al momento opportuno, i
medici vorranno comunque tenere conto, chi per onorare la Costituzione, chi per non
rischiare di fare la fine del chirurgo di Firenze.
Il Palazzo invece ...
1365 – UK: VERSO LA DEPENALIZZAZIONE DELL’EUTANASIA
Da: the Sunday Times di lunedì 21 settembre 2009
35
Aiutare a morire malati terminali o con disabilità totali ed incurabili non sarà più un reato in
Gran Bretagna: in settimana la procura generale emetterà linee-guida che stabiliscono che
non ci sarà azione legale contro chi assiste dette persone a morire.
Nel testo che verrà pubblicato da Keir Starmer, direttore delle procure nazionali, ci saranno
comunque dei paletti: sarà sempre un crimine essere l'organizzatore della morte di una
persona "vulnerabile o sensibile a manipolazioni".
Le linee-guida saranno molto chiare su cosa vuol dire assistere un suicidio, e cosa vuol dire
invece incoraggiare lo stesso.
1366 - MODENA – INIZIATIVE PER ISTITUIRE IL REGISTRO DEI BIOTESTAMENTI
Da Maria Laura Cattinari ([email protected])
Inviato: domenica 6 settembre 2009 14.22.50
Sono molto felice di potervi informare che: il 12 settembre partiamo a Modena con la
raccolta firme autenticate, così prevede lo Statuto comunale, in calce alla nostra iniziativa
popolare con cui chiediamo l'istituzione del registro dei testamenti biologici.
Vi invio in allegato il volantino con cui annunciamo l'evento.
E' prevista una conferenza stampa ma per il 17 settembre, poiché per il 12 non eravamo
sicuri della presenza dell'autenticatore.
Vi informo che domenica 20, nell'ambito del “festival filosofia” di Modena, in piazza Grande
alle ore 17,30 Stefano Rodotà terrà una lezione magistrale dal titolo. "Autodeterminazione:
uno spettro s'aggira per l'Italia - lo spettro dell'autodeterminazione".
Noi saremo in piazza ad ascoltare ma anche a volantinare e ad invitare i presenti ad andare
al tavolo a firmare.
Colgo l'occasione per informarVi anche che nella serata di lunedì 31 agosto presso il
Palaconad, alla Festa del PD (festa nazionale del lavoro) Ignazio Marino ha parlato
(rispondendo alle domande di un giornalista) ad un pubblico incredibilmente numeroso!! Gli
applausi maggiori: quando ha potuto parlare di laicità e della politica come servizio e non
come occupazione del potere a vita.
Noi abbiamo colto l'occasione per un primo volantinaggio per annunciare la nostra iniziativa
Un caro saluto
Maria Laura
Ecco il volantino:
ARCI – CGIL – LIBERA USCITA – UAAR – UDI
(e-mail: [email protected])
per istituire anche a Modena il registro dei testamenti biologici
per dare certezza di data e firma alle nostre direttive anticipate (sulle cure)
FIRMA ANCHE TU
- basta aver compiuto sedici anni
- essere residente nel Comune di Modena
- presentarsi con un documento d’Identità nei giorni:
- sabato 19 e domenica 20 settembre 09, dalle ore 16,30 alle 19,30
Via Emilia Centro – Portico del Collegio ( Modena)
- domenica 20 settembre, dalle ore 18,00 alle 23,00
Festa del Partito Democratico – Loc. Ponte Alto - Vicino al Palaconad
Chi fosse impossibilitato per queste date può contattare Giovanni Boschesi (3398084329)
Il comitato articolo 32 per la libertà di cura
• ritiene che sia un fondamentale ed elementare diritto della persona poter disporre sulla
propria vita, e poter scegliere a quali cure intende sottoporsi in caso di malattia;
• sostiene che i trattamenti sanitari, compresi l’alimentazione e l’idratazione, debbano
essere somministrati solo con l’esplicita volontà della persona interessata;
36
•
auspica che ciascuno possa disporre in piena libertà, a quali trattamenti sanitari intenda
essere sottoposto anche in caso di sopravvenuta incapacità di intendere e volere;
• pensa quindi che ciascuno abbia diritto di redigere il proprio testamento biologico per il
caso in cui non sia in grado di esprimere la propria volontà sul punto.
per garantire tale diritto, il comitato articolo 32 per la libertà di cura intende chiedere
attraverso la proposta di deliberazione ad iniziativa popolare che l’amministrazione
comunale di Modena istituisca un registro dei testamenti biologici.
Da: Maria Laura Cattinari ([email protected])
Inviato: martedì 8 settembre 2009 18.46.53
A: Associazione Libera uscita ([email protected])
Allegati:1
Carissimi, Vi invio in allegato, per conoscenza, il testo della proposta d'iniziativa popolare in
calce alla quale raccoglieremo le necessarie firme autenticate per chiedere al Consiglio
Comunale di Modena di istituire il Registro dei testamenti biologici.
un caro saluto
maria laura
Da: Associazione Libera uscita ([email protected])
Inviato: mercoledì 9 settembre 2009 0.10.06
Allegati: 1
Cari amici di LiberaUscita,
il "Comitato art. 32 per la libertà di cura" di Modena, di cui fa parte LiberaUscita
rappresentata dalla ns. vice-presidente nazionale prof.ssa Maria Laura Cattinari, che
sentitamente ringraziamo, ha deciso di raccogliere le sottoscrizioni dei cittadini necessarie
per presentare al Consiglio comunale la proposta di istituire il registro per i testamenti
biologici. Il modulo predisposto dal Comitato è un utile esempio di come procedere in tali
casi, in quanto contiene: la richiesta di delibera ai sensi dello statuto comunale, lo spazio
per le sottoscrizioni e per le relative autenticazioni, il testo della proposta di delibera,
l'informativa ai sensi della legge sulla privacy.
Allo scopo di agevolare analoghe iniziative presso altri comuni, si allega il modulo in
questione ed il messaggio ricevuto da Maria Laura..
Cordiali saluti
Giampietro Sestini
Da: Mina Welby ([email protected])
Inviato: mercoledì 9 settembre 2009 1.07.41
Con grandissimo piacere sento questa bella notizia. Ormai sono molti i comuni che si
muovono per il registro dei TB. Io sono impegnata anche nella campagna con il PD per
Marino. Ho preso la (doppia) tessera. Spero che si corregga lo statuto che non consente
doppie tessere. Infatti non posso votare. L'ho fatto per puro spirito dimostrativo.
Un caro saluto
Mina
Da: Maria Laura Cattinari ([email protected])
Inviato: venerdì 11 settembre 2009 19.49.36
Caro Giampiero, ti inoltro per conoscenza una lettera inviata a Rodotà
Un caro saluto
marialaura
Egregio e carissimo Professore Stefano Rodotà,
- prima di tutto La ringrazio vivamente per la Sua gentilissima risposta a mio figlio ( Enrico
Bertrand Cattinari) per la relazione su gli Incontri di Modena che hanno visto Lei ed il Prof.
Cendon protagonisti.
- in secondo luogo mi permetta di ringraziarLa ancora per aver accettato il nostro invito nell'
Aprile scorso ( varo del Comitato Art.32). Mi permetta di ringraziarLa anche per aver voluto
37
sobbarcarsi tutte le spese della Sua venuta e per averci permesso di fruire di un'alta
percentuale sull'incasso dovuto alla vendita, in quel giorno, dei Suoi libri..e furono davvero
tanti! Grazie.
-in terzo luogo Le scrivo per comunicarLe che proprio nei giorni della Sua venuta a Modena
per il Festival della Filosofia noi saremo, come Comitato articolo 32 (ma il motore è LiberaUscita) a raccogliere firme autenticate in calce ad una nostra delibera d'Iniziativa Popolare
con cui chiediamo al Consiglio Comunale di istituire il registro dei testamenti biologici.
Il giorno 20 Settembre, proprio in occasione della Sua lectio magistralis sull'
autodeterminazione, noi saremo in Piazza Grande non solo per il grande piacere di
ascoltarLa ma anche per invitare, prima e dopo la Sua lezione, i presenti a recarsi al tavolo a
firmare. Tavolo che purtroppo non sarà in Piazza (non siamo stati autorizzati) ma in Via
Emilia sotto il portico del Collegio. Naturalmente se riterrà di poter fare un accenno alla
nostra iniziativa, Lei che ha tenuto a battesimo il Comitato, non potremo che esserGliene
molto grati.
Le allego:
1) volantino con cui annunciamo la raccolta firme ( è prevista per il 17 Settembre una
conferenza stampa)
2) il testo della nostra delibera d'Iniziativa Popolare
Ancora grazie..........se i nostri ragazzi possono ancora sperare in un futuro migliore è solo
grazie a persone come Lei.
Un caro saluto, se posso, alla Sua signora che ricordo con tanta simpatia e stima.
Maria Laura Cattinari - Libera-Uscita - Comitato Articolo 32 per la libertà di cura
Da: Maria Laura Cattinari ([email protected])
Inviato: martedì 15 settembre 2009 16.04.24
Il Comitato articolo 32 per la libertà di cura – Modena convoca una conferenza stampa per
giovedì 17 settembre 2009 ore 10:30 presso la Sala Europa (6° piano) della CGIL di
Modena (piazza Cittadella 36) per annunciare la raccolta firme a sostegno della delibera
d’Iniziativa popolare con cui si richiede al Comune di Modena l’istituzione del registro dei
testamenti biologici.
Sono presenti in conferenza stampa rappresentanti delle principali associazioni del Comitato
articolo 32 per la libertà di cura:
Maria Laura Cattinari, presidente Associazione LiberaUscita Modena
Elena Clò (LiberaUscita) che ha curato la stesura della Delibera
Donato Pivanti, segretario Cgil Modena
Greta Barbolini, presidente Arci Modena
Enrico Matacena, segretario Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti (Uaar) Modena
Laura Piretti, Udi Modena
Maurizio Davolio, presidente Auser Modena
Renza Barani, presidente Federconsumatori Modena
Aude Pacchioni, presidente Anpi Modena
Da: Maria Laura Cattinari ([email protected])
Inviato: martedì 15 settembre 2009 15.49.04
Con viva soddisfazione si comunica che giovedì 17 settembre ore 15,30 presso il tribunale
di Modena , cancelleria del giudice tutelare, le signore: Erminia Silingardi ed Elena Adorno
si recheranno a ritirare i propri decreti di nomina di amministratore di sostegno (testamento
biologico per decreto) firmati dal giudice tutelare Guido Stanzani.
Risultano così, ad oggi, quasi 20 i cittadini modenesi che hanno potuto dettare le proprie
direttive anticipate sulle cure, per un ipotetico domani in cui non siano più in grado di
intendere e di volere, e di ricevere dal giudice il decreto che autorizza il loro amministratore
di sostegno a negare ai sanitari l’autorizzazione per terapie da loro rifiutate.
38
Entrambe sono state seguite nell’Iter per giungere alla nomina del loro amministratore di
sostegno dall’associazione LiberaUscita impegnata per il rispetto dell’autodeterminazione
terapeutica così come previsto dall’art. 32 della nostra carta costituzionale.
Ancora una volta va il nostro sentito ringraziamento al giudice Guido Stanzani che, con i suoi
decreti, ha regalato a Modena un primato di civiltà in Italia.
p. l’Ass. LiberaUscita
Maria Laura Cattinari
Da Maria Laura Cattinari ([email protected])
Inviato: venerdì 18 settembre 2009 10.42.00
Alle ore 14 di oggi 18 settembre su Rai Emilia-Romagna e dal pomeriggio sul sito di Rai Tre
andrà in onda il servizio che la Rai ha fatto alla conferenza stampa di ieri del Comitato
articolo 32 per la libertà di cura con cui si annunciava l'avvio della raccolta firme in calce alla
nostra delibera d'iniziativa popolare con cui si chiede al Consiglio comunale di Modena di
istituire un REGISTRO COMUNALE DEI TESTAMENTI BIOLOGICI.
Oggi ci sono servizi sulla conferenza sui tutti e quattro i quotidiani locali: Resto del Carlino Gazzetta - L'Informazione - Qui Modena
Ieri un servizio è stato trasmesso dal TRC (tele-radio-città) ed è ancora possibile vederlo sul
sito dell'emittente. Probabilmente anche altre emittenti radio e televisive hanno dato
l'annuncio ma non le ho potute verificare.
Un caro saluto
Maria Laura Cattinari
Da: Maria Laura Cattinari ([email protected])
Inviato: lunedì 21 settembre 2009 12.59.01
Domani mattina, 22 settembre, avverrà la consegna delle firme ( più di 600) al Sindaco.
Entro due mesi dalla data del deposito, il Consiglio Comunale dovrà porre in discussione la
Delibera d'iniziativa popolare.
L'affluenza ai tavoli, dei cittadini, informati da numerosi servizi di stampa, radio, televisione,
è stata massiccia. Abbiamo deciso di sospendere la raccolta per andare subito alla
consegna testimoniando la rapidità con cui si è proceduto: conferenza stampa di lancio della
raccolta il 17 e consegna firme il 22!
Si sottolinea il dispiacere dei non residenti, tantissimi, che avrebbero voluto firmare e non
hanno potuto farlo.
Aneddoto: una signora di Bologna ha dichiarato:"Se a Modena istituiscono il Registro, mi
trasferisco a Modena"!
Un caro saluto
Maria Laura Cattinari
1367 - ROMA – IL REGISTRO NEL X MUNICIPIO
Da: Luigi De Lauretis Nisii ([email protected])
Inviato: mercoledì 9 settembre 2009 21.23.05
Carissimi, con grandissima gioia vi comunico che in data odierna ho firmato presso il X
Municipio di Roma il testamento biologico. Tra attesa e firma non saranno passati neanche
20 minuti. Nella sala d'attesa ho compilato il testamento biologico con tutti i miei dati e quelli
del fiduciario. Sul retro c'era scritto solo "non intendo essere sottoposto ad idratazione e
alimentazione forzata". Null'altro, nessun cenno ai funerali laici, alla cremazione, tanto meno
alla dispersione in natura delle ceneri. Nell'aula dove ho firmato c'era un notaio e una
impiegata del X municipio alla quale ho fatto presente che il disegno di legge approvato dal
Senato rende obbligatoria l'alimentazione e idratazione forzata e le ho chiesto - se veniva
approvato lo stesso testo alla camera - che valore avrebbe avuto il testamento biologico
appena firmato. Lei mi ha risposto che le leggi non sono retroattive quindi le disposizioni che
ho firmate sono valide.
39
Ho pagato 26 centesimi per l'atto sostitutivo notorio che assieme al testamento biologico è
stato chiuso in una busta sigillata con ceralacca che è stata protocollata. Mi è stata rilasciata
una ricevuta. Per cortesia Giampietro dammi una breve risposta email ne sarei
contentissimo. Se volete fatemi delle domande se le ritenete opportune, ma vi ho detto tutto.
Luigi
Da: Associazione Libera uscita ([email protected])
Inviato: giovedì 10 settembre 2009 0.39.59
Caro Luigi, grazie per le informazioni, che divulgheremo a tutti i ns. soci (con il tuo
permesso).
Ci torneranno utili per sapere come sta procedendo nei vari comuni italiani, e con quali
modalità, l'istituzione dei registri per i biotestamenti, che noi vorremmo divenissero i registri
delle "bio-card", ossia di TUTTE le disposizioni sulla propria vita, non soltanto quelle relative
alla alimentazione e idratazione forzata. In tal senso si è già pronunciato l'XI Municipio di
Roma.
Cari saluti
Giampietro Sestini
1368 - NAPOLI – CHIESTA L’ISTITUZIONE DEL REGISTRO DEI BIOTESTAMENTI
Gentili responsabili dell'Ass. "Libera Uscita", come da intese col nostro carissimo e
pregiatissimo amico Francesco Porcellati, vi invio in allegato il testo della proposta che come "Cellula Coscioni di Napoli", nell'ambito della "Consulta napoletana per la laicità delle
istituzioni" - ci accingiamo a presentare al consiglio comunale di Napoli.
Con i miei più cordiali saluti.
Domenico Spena
Il Consiglio Comunale di Napoli
Premesso che
- Per testamento biologico si intende un documento legale che permette di indicare in
anticipo i trattamenti medici che ciascuno intende ricevere o rifiutare in caso di incapacità
mentale, di incoscienza o di altre cause che impediscano di comunicare direttamente ed in
modo consapevole con il proprio medico. E’ conosciuto anche come “Dichiarazione di
volontà anticipata per i trattamenti sanitari”. La persona che redige un testamento biologico
nomina un fiduciario per le cure sanitarie che diviene, nel caso in cui la persona diventi
incapace, il soggetto chiamato ad intervenire sulle decisioni riguardanti i trattamenti sanitari
stessi.
- Il testamento biologico (con la denominazione di “Living will”) è stato introdotto per legge
negli Stati Uniti nel 1991. Una delle principali affermazioni della legge americana è quella
relativa alla idratazione ed alla alimentazione artificiali, che sono considerate a tutti gli effetti
come terapie ed in quanto tali possono essere rifiutate attraverso il testamento biologico. Lo
stesso principio è seguito nelle leggi esistenti negli altri paesi occidentali ed è stato
costantemente ribadito nelle sentenze sull’argomento, oltre che nella valutazione dei più
illustri scienziati che hanno studiato il tema delle scelte di fine vita. Da allora, la maggior
parte dei paesi occidentali ha legiferato in materia. Dove non esiste ancora una legge
specifica, vi è però una giurisprudenza costante che riconosce valore ai testamenti biologici.
In Italia, l’articolo 32 della Costituzione stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e che “la legge non può
in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Questa norma
costituzionale configura per tutti i cittadini quello che i giuristi definiscono un “diritto perfetto”,
che cioè non ha bisogno di leggi applicative per essere esercitato. Parimenti, l’art 13 della
Costituzione afferma che “ la libertà personale è inviolabile”, rafforzando il riconoscimento
alla libertà ed indipendenza dell’individuo nelle scelte personali che lo riguardano. Tuttavia,
il problema si pone - come dimostrato dalla drammatica vicenda di Eluana Englaro - nei casi
40
in cui per diverse ragioni il malato perda la capacità di esprimere la propria volontà di
rifiutare determinate terapie. Per questo motivo è necessario approvare una legge che
stabilisca in modo chiaro le modalità di redazione e di registrazione del testamento biologico
e di nomina del fiduciario, così che ciascuno possa dichiarare, ora per allora, la propria
volontà circa le terapie da accettare o rifiutare in situazioni come quella descritta, vincolando
i medici ad attenersi alla volontà così espressa.
Considerato che:
- la carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, sancisce che il consenso libero ed
informato del paziente all’atto medico è considerato come un diritto fondamentale del
cittadino afferente i diritti all’integrità della persona ( titolo 1, Dignità, art 3 Diritto all’integrità
personale);
- la Convenzione sui Diritti Umani e la biomedicina di Oviedo del 1977, ratificata dal
Governo Italiano ai sensi della Legge n° 145 28 marzo 2001, sancisce all’art. 9 che “ i
desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un
paziente che, al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la propria volontà,
saranno tenuti in considerazione”;
Preso atto che:
il nuovo codice di Deontologia medica adottato dalla Federazione Nazionale dei Medici
chirurghi ed odontoiatri, dopo aver precisato all’art. 16 che “ il medico deve astenersi
dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa attendere un
beneficio per la salute del malato…”, all’art 35 sancisce che “ il medico non deve
intraprendere attività terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito ed informato del
paziente… In ogni caso, in presenza di un documentato rifiuto di persona capace, il medico
deve desistere da atti …curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la
volontà della persona.” Inoltre all’art 38 si afferma che “ il medico deve attenersi,… alla
volontà liberamente espressa dalla persona di curarsi…Il medico, se il paziente non è in
grado di esprimere la propria volontà deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto
precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato.”
Valutato altresì che:
il Comitato Nazionale di Bioetica, si è espresso in data 18 dicembre 2003, precisando che “
… appare non più rinviabile una approfondita riflessione, non solo bioetica, ma anche
biogiuridica, sulle dichiarazioni anticipate… che dia piena e coerente attuazione allo spirito
della Convenzione sui diritti umani e la biomedicina…”. Inoltre il CNB specifica che “ le
direttive anticipate potranno essere scritte su un foglio firmato dall’interessato, e i medici
dovranno non solo tenerne conto, ma dovranno anche giustificare per iscritto le azioni che
violeranno tale volontà”.
Considerato che:
la Magistratura si è più volte espressa in questo senso, esaminando in particolare i casi
Welby, Nuvoli ed Englaro, in assenza di una normativa nazionale in materia.
Preso atto che:
secondo l’Eurispes il 74,7 degli italiani esprime parere favorevole all’introduzione del
testamento etico.
Considerato che
in questo scenario, l’Ente Comune è nella possibilità giuridica ed amministrativa di farsi
promotore di atti amministrativi volti ad introdurre il riconoscimento formale del valore etico
delle dichiarazioni anticipate di trattamento di carattere sanitario.
Tutto ciò premesso,
Il CONSIGLIO COMUNALE impegna la GIUNTA COMUNALE
:
1) a predisporre un modulo che raccolga le dichiarazioni anticipate di volontà dei trattamenti
di natura medica, nel quale ogni cittadino interessato possa esprimere la propria volontà
di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari sia in caso di malattia o lesione
41
cerebrale irreversibile o invalidante sia in caso di malattia che costringa a trattamenti
permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di
relazione;
2) ad istituire un registro telematico che raccolga le dichiarazioni e a definirne il regolamento
d’accesso;
3) a trasmettere periodicamente le dichiarazioni raccolte ai Soggetti Istituzionali delegati per
legge alla pubblicizzazione, nelle more della entrata in vigore di una normativa nazionale
che regolamenti la materia, in particolare:
- Al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, affinché la dichiarazione
venga inserita nella tessera sanitaria personale del dichiarante.
- All’ARSAN e all’Assessorato regionale alla Sanità della Regione, affinché provveda ad
istituire un registro provvisorio regionale, nelle more dell’entrata in vigore di una legislazione
nazionale in materia.
- Alla ASL competente per territorio, affinché anch’essa istituisca un registro provvisorio ,
nelle more dell’entrata in vigore delle leggi regionali e nazionali che regoleranno la materia.
- Al medico di famiglia della persona che ha sottoscritto la Dichiarazione anticipata di
volontà, affinché ne tenga debito conto in ogni momento del percorso medico-assistenziale
della persona che ha espresso la volontà.
Si delega il Segretario comunale a trasmettere la delibera al Ministero del Lavoro, della
Salute e delle Politiche Sociali, al Comitato nazionale di bioetica, alla Regione, alla
Provincia, all’ASL competente per territorio.
La delibera è dichiarata immediatamente esecutiva.
Da: Associazione Libera uscita ([email protected])
Inviato: venerdì 18 settembre 2009 2.15.55
A: [email protected]
Caro Domenico, grazie per l'informazione e per l'iniziativa. Inseriremo la vs. proposta sul
prossimo notiziario nazionale. Se torna utile, potete inserire anche LiberaUscita tra le
associazioni promotrici: Francesco Porcellati (o un suo delegato) è autorizzato a firmare per
la sezione di Napoli.
Cordiali saluti.
Giampietro Sestini
Segretario di LiberaUscita
1369 - FIRENZE – LA COMMISSIONE CONSILIARE APPROVA UNANIME IL REGISTRO
da: Aduc salute n° 37/2009
17-09-2009 - Registro del testamento biologico, il Comune di Firenze fa un primo passo
importante per istituirlo. Il via libera c'è stato stamani con l'approvazione in commissione
affari istituzionali (presieduta da Valdo Spini) della delibera che istituisce appunto il registro
dei testamenti biologici e contiene il regolamento comunale in tal senso. La delibera,
proposta dalla consigliera Claudia Livi (Pd) ha avuto parere favorevole di tutti i membri della
commissione, sia del centrosinistra che del centrodestra e una sola astensione, quella della
consigliera Bianca Maria Giocoli (Pdl). La prossima tappa sarà la discussione in consiglio
comunale forse già lunedì prossimo.
'Lo scopo della delibera - ha detto Claudia Livi - è la registrazione non il deposito del
testamento biologico. Il che significa che in Comune vengono registrate le persone che
dichiarano di aver fatto testamento biologico, dove l'hanno depositato e chi è il nome del
fiduciario'. Soddisfatto anche il presidente Valdo Spini: 'Si tratta di un documento importante
- ha spiegato Spini - e significativo in un momento politico in cui la Camera sta per
approvare la legge già varata dal Senato e in cui voci autorevoli come quella del presidente
della camera Gianfranco Fini si sono levate perché il testo del Senato venga modificato. Mi
42
auguro che anche nel prossimo consiglio comunale il testo venga approvato con la stessa
larghissima maggioranza'. (segue)
La delibera prevede che questo registro sia riservato ai soli cittadini residenti nel Comune di
Firenze e ha come finalità di consentire l'iscrizione nominativa, con autodichiarazione, di tutti
i cittadini che hanno redatto una dichiarazione anticipata di trattamento con indicazione del
notaio o del fiduciario o del depositario, per garantire la certezza della data di presentazione
e la fonte di provenienza.
'In assenza di una normativa nazionale in materia - si legge nella delibera - vengono in vario
modo formulate le dichiarazioni anticipate di volontà dei trattamenti di natura medica, nelle
quali ogni cittadino interessato può esprimere la propria volontà di essere o meno sottoposto
in caso di malattie, traumi celebrali, che determinano la perdita di coscienza permanente ed
irreversibile. In questo scenario al Comune e al Sindaco nella sua veste di massima autorità
sanitaria possono far capo iniziative volte ad introdurre il riconoscimento formale del valore
etico delle dichiarazioni anticipate sui trattamenti sanitari'.
1370 – LE VIGNETTE DI STAINO – COSA SI SON DETTI IN TRE MINUTI?
43