False Flag: come il Potere falsifica la storia

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False Flag: come il Potere falsifica la storia
False Flag: come il Potere falsifica la
storia
Una conversazione con Enrica Perucchietti
DA FEDERICO MUSSO
"La libertà è poter dire che due più due è uguale a quattro." Questa frase profetica di
George Orwell è quantomai vera, quando si è di fronte a una "flase flag operation",
ossia a un'operazione bellica organizzata apposta per far ricadere la colpa su un
avversario.
Di solito, di fronte ai "false flag" (documentati oppure possibili) l'opinione pubblica
si fida della "verità" ufficiale, senza approfondire la vicenda. Di fatto, si rifugia in
una storia il più delle volte falsificata.
Le azioni "sotto false bandiera" non sono insolite o nuove, come spiega Enrica
Perucchietti nel suo "False Flag. Sotto falsa bandiera. Strategia della tensione e
terrorismo di stato". Sono un sistema collaudato per gestire l'opinione delle masse e
per muovere la storia verso gli obiettivi del potente di turno. Ma come distinguere la
versione ufficiale, la teoria complottista e la verità?
Per approfondire l'argomento, Teste Libere ha rivolto alcune domande alla saggista
Enrica Perucchietti.
• La paura è il sentimento indotto più efficace per trasformare le decisioni politiche
sgradite in “inevitabili”, come spieghi nel tuo libro. Quale episodio “sotto falsa
bandiera” è, secondo te, quello più importante che le persone capiscano essere
stato architettato con altri scopi?
Vorrei poter rispondere l’Undici Settembre, ma non è ancora storicamente provato
che si sia trattato di un’operazione sotto falsa bandiera, nonostante la mole di
anomalie e di interessi che ruotarono attorno alla tragedia. Forse un giorno sarà
riconosciuto come un atto di terrorismo sintetico, ma negli ultimi 15 anni gli attentati,
alcuni omicidi sospetti e alcune particolari stragi rientrano sotto la categoria di false
flag operation solo “presunta” e non comprovata (come distinguo per obiettività nel
mio libro).
Faccio dunque riferimento a due casi meno noti all’opinione pubblica ma
storicamente accertati: l’operazione Mongoose e l’operazione Northwoods. La prima,
conosciuta anche come The Cuban Project, è un’operazione disegnata e condotta
dalla CIA a partire dal 1961 sotto la spinta dell’allora ministro della giustizia Robert
Kennedy. Nel novembre del 1961, nella massima segretezza, John e Bob Kennedy
crearono una cellula per la pianificazione dell’attività clandestina volta a eliminare
Castro. Per portare (inutilmente) a segno l’obiettivo, i Kennedy passarono dalle
operazioni di sabotaggio e azioni terroristiche, alla pianificazione vera e propria
dell’omicidio del leader cubano. Rovesciare Castro era infatti la massima priorità per
il governo degli Stati Uniti.
In questo clima volto all’eliminazione del leader cubano, nasce l’operazione
Northwoods: si trattava di un piano collaterale concepito nel 1962 da alti dirigenti del
Ministero della Difesa statunitense, (firmato dal generale Lyman Lemnitzer, capo
degli Stati Maggiori Riuniti), allo scopo di suggestionare l’opinione pubblica
statunitense e indurla così a sostenere un eventuale attacco militare contro il regime
cubano.
Il piano, che non fu mai messo in atto, prevedeva l’esecuzione di una serie di azioni
organizzate da entità governative USA condotte sotto copertura e che apparissero
come dirette da nazionalisti cubani, inclusi attacchi terroristici da portare a termine
contro obiettivi all’interno del territorio nazionale degli Stati Uniti. Essa prevedeva
dunque la messa a punto di attentati sotto falsa bandiera allo scopo di screditare il
regime Castro e generare un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica. Questo è
uno dei modelli più sofisticati di false flag, almeno sulla carta. L’operazione
intendeva infatti inscenare operazioni sotto falsa bandiera da imputare poi ai cubani
in modo da promuovere al mondo l’idea che il governo cubano fosse pericolo e
irresponsabile, tanto da rappresentare un’inquietante e imprevedibile minaccia per la
pace in tutto l’emisfero occidentale.
• Nel libro tratti un capitolo dedicato alle operazioni di organizzazioni segrete, tipo
Gladio, e servizi segreti deviati in Italia che sono coinvolti nelle pagine più cupe
della nostra storia recente, come gli attentati di Piazza Fontana e di Piazza Della
Loggia. L’anno scorso è uscito un libro di Giovanni Fasanella e di José Cereghino
“Colonia Italia” che documenta l’influenza dei servizi segreti britannici
sull’apparato politico-economico del nostro Paese. E’ un architettura angloamericana la “strategia della tensione” che abbiamo vissuto?
Certamente. Le rivelazioni dell’ex terrorista Vincenzo Vinciguerra al giudice Felice
Casson a partire dal 1984 hanno aiutato a portare alla luce notizie riguardanti Gladio,
di cui si sospettava l’esistenza, e la sua architettura angloamericana. La struttura, alle
dipendenze dell’Ufficio R del Sifar, era stata creata nel 1952 grazie a un patto segreto
stipulato tra la CIA e il capo del Servizio informazioni forze armate (Sifar). Durante il
processo del 1984, Vinciguerra spiegò le connivenze dell’estrema destra con i servizi
segreti italiani. Ancora Vinciguerra, sentito sempre nel 1984 anche nel processo
relativo alla strage di Bologna, parlò apertamente dell’esistenza di una struttura
occulta nelle forze armate italiane, composta sia da militari che da civili, con finalità
anti-invasione sovietica, ma che, potendo questa anche non avvenire, era stata in
grado di coordinare le varie stragi per evitare che anche internamente il Paese si
spostasse troppo a sinistra. Ciò era avvenuto a nome della NATO e con il supporto
dei servizi segreti e di alcune forze politiche e militari italiane. Essendo nata da un
accordo segreto in assoluta illegittimità costituzionale, solo poche persone erano a
conoscenza dell’esistenza di Gladio: si trattava di alcuni politici, alcuni ufficiali dei
servizi segreti e la massoneria.
Anche il generale Gianadelio Maletti, ex capo del Reparto D del SID del
controspionaggio italiano, ascoltato il 21 marzo 2001 dal tribunale di Milano in
merito al processo sulla strage di Piazza Fontana (per cui era stato condannato nel
1987 per depistaggio) dichiarò che esisteva una «regia internazionale» delle stragi
relative alla strategia della tensione, che la CIA finanziava il SID e che l’Agenzia
americana avrebbe fatto di tutto per impedire uno spostamento a sinistra del governo
italiano. Il generale sostenne che l’esplosivo utilizzato a Piazza Fontana «proveniva
da una base NATO in Germania» e che a «dare l’impulso ai terroristi neri erano stati
gli americani, fornendo tritolo avvolto nel plastico». E ancora: «Il SID infiltrava
gruppi di estrema destra. E viceversa. Tutti infiltravano tutti. Era un groviglio
indescrivibile». Le stragi di quel periodo, secondo il generale, andavano quindi
inquadrate nella strategia della tensione.
• In Inghilterra la settimana scorsa la deputata pro-UE Jo Cox è stata assassinata
in circostanze alquanto sospette. L'assassino assomiglia a uno “zimbello di turno”:
un uomo instabile, facilmente manipolabile. Dalle testimonianze dei giornali, pare
che Thomas Mair fosse una persona solitaria, tac
turna e non avesse relazioni affettive. Inoltre, non aveva mai comunicato ai
familiari e conoscenti la propria posizione sul referendum prossimo. Tant’è che la
frase da lui urlata al momento dell’assassinio: “Britain First” non trova concordi
tutti i testimoni. Inoltre, nel 2003 quattro giorni prima del voto popolare
sull’ingresso della Svezia nell’Euro, il Ministro degli Affari Esteri, pro-Euro, fu
uccisa a coltellate. Stesso “pattern” che si è ripetuto con Jo Cox e anche allora nei
sondaggi i favorevoli all’Euro sono aumentati. E’ possibile pensare a un false flag
per condizionare il voto sulla Brexit?
Non posso spingermi a sostenere che si sia trattato di una false flag, preferisco
mostrarne però le inquietanti analogie con l’omicidio Lindh e soprattutto la
strumentalizzazione che ne è stata fatta dai Media. L’omicidio è stato marchiato da
subito politicamente e quindi strumentalizzato per generare terrore e convincere
l’opinione pubblica a votare contro la Brexit. In un caso di cronaca, conta solo la
prima impressione, contano i primi titoli delle agenzie di stampa perché si può
ancorare nell’opinione pubblica, anche qualora giunga successivamente una smentita,
la paura. Sull’onda dell’emotività il potere può manipolare meglio attraverso un
sapiente dosaggio di terrorismo psicologico le masse, indirizzandone le scelte… è la
solita teoria dello shock declinata in mille modi diversi. Nelle settimane precedenti
l’omicidio il terrorismo psicologico è stato utilizzato a livello sociale ed economico
mostrando come l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrebbe rappresentato
una “sciagura” collettiva. I toni catastrofici, però, non erano bastati per invertire la
tendenza antieuropeista. Così i Media hanno approfittato della morte di Cox,
collegandone l’omicidio agli anti-Ue, per spingere gli indecisi (una bella percentuale,
dal 10 al 15%) a scegliere di votare per il “remain”. Si è cioè associata la figura del
pazzo (Mair) e la fantomatica frase che avrebbe urlato al momento dell’omicidio, a
coloro che avrebbero votato per uscire dall’UE.
Sicuramente la manipolazione mediatica è stata talmente sfacciata da lasciare di
stucco. A ciò si aggiunge un precedente, incredibilmente simile, ossia l’assassinio nel
2003, quattro giorni prima del voto popolare sull’ingresso della Svezia nell’Euro, del
Ministro degli Affari Esteri, pro-Euro, Anna Lindh. La deputata fu uccisa a coltellate
da un altro disadattato, Mijallo Mijailovic, mentre faceva la spesa in un negozio di
Stoccolma. La Svezia visse allora la medesima atmosfera di smarrimento del 1986,
quando venne ucciso nel centro della capitale il primo ministro Olof Palme mentre
usciva con la moglie da un cinema. Un altro delitto misterioso di cui mi sono
ampiamente occupata in Governo Globale.
L’uccisione del ministro Lindh ebbe immediati effetti sulla campagna referendaria
anche se non furono decisivi. Il 14 settembre 2003, giorno del referendum svedese
sull’euro, non ci fu l’ondata emotiva che ci si aspettava e furono confermati i
sondaggi della vigilia: prevalse quindi il no con un 56,8%. Nel caso di Cox, invece,
abbiamo visto da subito mutare i sondaggi su Brexit, coadiuvati dalla massiccia
campagna terroristica inscenata dai Media.
Secondo elemento da prendere in considerazione è la somiglianza tra i colpevoli: sia
Mair che Mijailovic rappresentano il tipico uomo instabile, solitario o “zimbello di
turno” di cui parlo ampiamente nel libro.
La presenza di un capro espiatorio, una pedina o utile idiota a cui addossare la
responsabilità materiale dell’incidente, è infatti un elemento determinante nelle false
flag operations, sebbene emerga sempre l’impossibilità fisica che questi abbia potuto
agire da solo. I Media faranno però di tutto per nascondere le anomalie del caso e i
limiti fisici o psichici dello zimbello di turno.
Normalmente il capro espiatorio ha infatti problemi psichici o comportamentali, è
psicolabile o sociopatico, borderline, mentalmente fragile, maldestro e facilmente
manovrabile in modo che la paternità della false flag rimanga segreta. Ciò perché una
volta utilizzati, devono essere facilmente raggiunti dalla polizia e arrestati (ancora
meglio se trucidati), lasciando dietro di sé una lunga scia di dettagli. Devono cioè
farsi notare e attirare l’attenzione su di sé in modo da non generare dubbi in seguito
alla loro responsabilità.
• Domanda filosofica, Nietzsche introduce nella pagine di “Così parlò
Zarathustra” l’idea dell’eterno ritorno, cioè, nella sua visione, è necessario
abbandonare la fiducia nel progresso inevitabile della storia e accettare che la
storia si ripeta. Leggendo il tuo libro, si capisce che nella storia tante volte lo stesso
modello di “false flag” si è ripetuto in maniera simile. E’ necessario accettare che
il Potere tenterà sempre di far perdere chi vi si oppone, ma basta questo per
arrendersi?
Le operazioni sotto falsa bandiera sono sempre esistite. Non sono figlie della nostra
epoca né tantomeno sono sgusciate fuori dagli zibaldoni di qualche complottista,
come si cerca inutilmente di dire. Vi sono dei casi eclatanti e ben documentati che,
come dimostro nel mio libro, attestano senza ombra di dubbio come non si tratti di
deliri paranoidi ma di un tema drammaticamente reale. Vi sono altri casi in cui, non
essendo stati ancora desecretati i documenti, rimane il dubbio che si possa essere
trattato di azioni sotto falsa bandiera (pensiamo ad esempio al caso di Charlie Hebdo
su cui è stato posto il segreto militare).
Lo scopo del mio saggio è quello di offrire una rassegna dei casi più celebri e
storicamente accertati e di quelli che, dall’11/9 a oggi sollevano plausibili dubbi sulle
reali dinamiche degli eventi, senza avere la velleità di mettere la parola fine a ricerche
che, si spera, continuino per accertare, un giorno, la verità. Dall’altra il fatto che si
possa constatare che esiste una forma di eterno ritorno, uno schema fisso e costante,
persino banale, che viene utilizzato dal Potere fino alla nausea dovrebbe smuoverci a
ribellarci a questo tipo di manipolazione e a smettere di esserne invece vittime
passive.
La storia infatti ha delle costanti che si ripetono in modo ricorrente: quando un
modello di menzogna ha funzionato ingannando il mondo una volta, esso viene
replicato fino all’evidente parodia di sé.
Per evitare di rimanere vittime di un eterno ritorno, ci si dovrebbe vaccinare dalle
macchinazioni egoistiche del potere e dalle illusioni offerte alle masse per giustificare
aberrazioni. Per evitare di ripetere catastrofi e genocidi, dobbiamo essere disposti a
riappropriarci della nostra coscienza critica, per pensare fuori da quegli schemi
impostici dall’alto e per abbandonare la comodità della retorica della politica che
dietro il buonismo e il politicamente corretto, nasconde sogni di morte e di conquista.
La storia e il nostro passato possono però anche essere fonte di avvertimento e
speranza per un futuro che rimane aperto a infinite, umane, variabili. Se il Potere ci
manipola da decenni, anzi da secoli, è perché, almeno per ora, serve il nostro
consenso. E quindi serve che il nostro immaginario, la nostra coscienza sia succube di
queste trame. Noi possiamo imparare a negare tale consenso.