il report di srm sull`agroalimentare settore chiave per l`economia

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il report di srm sull`agroalimentare settore chiave per l`economia
IL REPORT DI SRM SULL’AGROALIMENTARE
SETTORE CHIAVE PER L’ECONOMIA CAMPANA E DEL MEZZOGIORNO
La ricerca di SRM sul settore agroalimentare in Campania si pone gli obiettivi di: - Delineare lo scenario internazionale del settore ed il posizionamento dell’Italia rispetto agli aspetti economici ed organizzativi europei; - Studiare il settore agroalimentare campano, concentrandosi sui suoi punti di forza e di debolezza; - Individuare le possibili sfide per accrescere la competitività delle imprese campane del settore. Il settore agro‐alimentare europeo conta 310.000 aziende (99,1% PMI) che fatturano 954 mld €, (circa il 13% del fatturato manifatturiero) e danno lavoro a 4,2 mln addetti (pari al 14% della forza lavoro del manifatturiero). L’Europa con 53,7 mld di euro di export e 50,8 mld di euro di import è esportatore netto di prodotti alimentari. L’Italia è il terzo paese europeo per ricchezza generata, con una quota di mercato del valore aggiunto pari al 12,5% dopo la Germania e la Francia. In particolare, il Valore Aggiunto, nel 2011 è di 24.834 milioni di euro, pari al 9,2% sulle attività estrattive e manifatturiere ed il 94,2% sull’agricoltura (INEA, 2010). Le imprese attive nel settore sono 59.740 (pari all’11% delle imprese manifatturiere) e rilevano un fatturato di 127 mld di €, in crescita del 2,4% rispetto al 2010. In termini di occupazione, l’Italia, con oltre 410.000 dipendenti nell’industria alimentare che corrispondono al 10,1% sul totale occupati nell’industria, è il II° paese manifatturiero dopo la meccanica ed al terzo posto in Europa, a ridosso dell’industria tedesca e francese. Rispetto ai paesi competitor il nostro paese presenta diverse differenze strutturali. In particolare si rileva un fatturato medio basso, una presenza esigua di imprese di dimensioni medio‐grandi ed un minore grado di concentrazione nella fase distributiva, non ancora allineato ai principali paesi europei. Tuttavia rilevante è il valore del nostro brand all’estero: i prodotti alimentari italiani “di qualità” sono il vero punto di forza che consente all’Italia di occupare il primo posto nella speciale classifica del Country Brand Index 2011‐2012, insieme allo stile, alla cultura, all’autenticità e alle bellezze naturali. Essi rappresentano il cuore del nostro Made in, evocando un insieme di valori come tradizione, vocazioni originarie, territorio, ma anche innovazione, tecnologia e consente di promuovere ed instaurare ottime relazioni commerciali in tutti i mercati. I prodotti maggiormente rappresentativi sono le bevande, prodotti da forno, frutta, ortaggi e conserve. Il vantaggio competitivo del settore alimentare dell’Italia è, quindi, nei prodotti trasformati: quota delle esportazioni dell’industria alimentare sulle esportazioni totali del settore alimentare (alimentare + agroindustria): 81% per l’export (Anno 2011). Le esportazioni del settore agro‐alimentare, nel 2011, hanno un valore di 24,4 mld di € ( pari al 6% del totale esportato), in crescita del+10% rispetto al 2010. Il Saldo commerciale risulta negativo, di 3 mld di €; c’è, quindi una dipendenza dei prodotti alimentari dall’estero (89% peso dell’Export sull’Import) anche se meno forte del settore alimentare (45%). 1
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Agroalimentare in CAMPANIA Il settore agro‐alimentare campano presenta un valore aggiunto di 2.223,7 mln di euro, circa il 2% del VA totale della regione (Anno 2009) ed il 6% dell’industria alimentare nazionale. Le imprese attive sono 7.161 (17% dell’industria manifatturiera ed il 12% del settore nazionale) delle quali ben il 24% è costituito dalle società di capitale, valore superiore al dato nazionale (20%). In termini di scambi commerciali, le esportazioni nel 2011 presentano un valore di 2.077 mln di €, in crescita del 1% rispetto al 2010 (ITA +10%). Le importazioni, invece, sono di 1.343 mln di €, con una variazione rispetto al 2010 di +5% (ITA +9%). Ne deriva un saldo commerciale positivo di 734 mln di euro. La Campania presenta buone performance nel settore agro‐industriale: 1° regione nel Mezzogiorno e 5° in Italia per grandezza del Fatturato ( 6,5 mld di € nel 2011); 2° posto nella classifica italiana per incidenza dell’export sul fatturato: 32,3% (I posto il Trentino con il 36%); Maggiore peso del settore agroalimentare sul totale degli scambi rispetto all’Italia pari all’ 11% per le importazioni (ITA :7%) ed al 22% per le esportazioni (ITA: 6%); Minore dipendenza dall’estero di prodotti trasformati: saldo commerciale positivo mentre quello nazionale è negativo; L’Ue 27 pesa negli scambi commerciali con la Campania meno del dato nazionale: il 70% per l’import (ITA 77%) e 55% per l’export (ITA 65,3%). Si riscontra, quindi, una maggiore apertura agli scambi extra UE, in particolare verso l’Asia orientale, l’America. Le buone performance vengono confermate dai dati dell’Osservatorio SRM sulle imprese dai quali si evince che le imprese agro industriali effettuano una maggiore attività di esportazione rispetto a quelle del settore manifatturiero complessivo e presentano anche una più alta quota di fatturato esportato. La buona propensione all’export si prevede anche per il 2012, nonostante la crisi. Un’altra caratteristica che emerge dall’Osservatorio è “la voglia” di innovazione: le imprese agroalimentari che innovano rappresentano, nel 2011, il 38,1% contro il 31,6% di quelle manifatturiere. In particolare, l’acquisto di macchinari e procedure è il canale più utilizzato (61,9% contro il 37,2% del manifatturiero). Segue l’attività di ricerca e sviluppo sia all’interno dell’azienda che in collaborazione con le Università e gli altri Centri di ricerca. La Campania si presenta come una “terra di eccellenze”. Con 354 prodotti agroalimentari tradizionali (pari al 8% del totale Italia), si posiziona al primo posto nel Mezzogiorno ed al quinto posto nella classifica nazionale. I prodotti agroalimentari DOP e IGP certificati sono 21 (il 9% del dato nazionale). In riferimento ai vini, la Campania (con 14 certificazioni DOC) è la quarta regione nella graduatoria meridionale. Diverse sono le filiere che si sono sviluppate nel territorio. In particolare, la filiera delle conserve, la filiera lattiero casearia, la filiera della pasta e la filiera dolciaria rappresentano circa l’80% del fatturato. Si aggiunge poi quella olivicola‐olearia, del vino italiano e quella floricola. Il valore dell’agroalimentare va oltre la qualità dei prodotti e la forza della sua filiera produttiva. Esso rappresenta, infatti, anche un fattore «moltiplicativo» di ricchezza, generando un impatto economico direttamente nel proprio indotto attraverso la spesa alimentare e, indirettamente, negli altri settori mediante lo sviluppo della TAC. In particolare, in riferimento al suo impatto diretto, si stima che si 100€ di spesa alimentare, 27€ sono diretti ad altri settori per l’acquisizioni di prodotti e servizi offerti dalle imprese esterne alla filiera ma facenti parte del suo indotto (es spese di mezzi tecnici agricoli, energia e utenze, packaging, trasporto e logistica, costi promozionali). Passando al suo impatto indiretto, l’agroalimentare può valorizzare un asset importante per il Sud e per la Campania: il turismo. In Italia ad esempio per ogni presenza aggiuntiva il turismo enogastronomico genera 73,1€ di PIL, valore superiore a quanto generato ad esempio dal turismo culturale (70€) e da quello balneare (44,9€). 2
Diversi sono i punti di forza che emergono dall’analisi: - Consistente Know‐how del capitale umano legato al patrimonio culturale e alla lunga tradizione - Maggiore propensione all'innovazione e all'impiego di tecnologia anche High e medium‐high tech - Forte propensione all'export - Buona strutturazione di impresa data dalla presenza di Sdc - Elasticità del sistema produttivo - Consistente presenza di produzioni agricole e agroalimentari di qualità - Settore industriale dai connotati anticiclici e di tenuta del mercato (tutti mangiano) incremento dell'offerta agrituristica e del "Wellness" A questi si aggiungono anche elementi di debolezza strutturale: - Processi di sfruttamento non ordinato dei suoli e problemi di urbanizzazione - Mancato sviluppo del "TAC 2.0" - Frammentazione produttiva e scarso livello di associazionismo - Assenza di Grandi Distributori locali - Scarsa capacità di sviluppo di valore aggiunto nella filiera - Carenze infrastrutturali e di contesto - Scarsa attenzione al Marketing e allo sviluppo di marchi propri "Made in Sud" - Elevato numero di attori nei processi di commercializzazione Intesa Sanpaolo
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