le strategie macroregionali come nuovo modello di cooperazione
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le strategie macroregionali come nuovo modello di cooperazione
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE, ECONOMICHE E SOCIALI CORSO DI LAUREA SCIENZE INTERNAZIONALI ED ISTITUZIONI EUROPEE LE STRATEGIE MACROREGIONALI COME NUOVO MODELLO DI COOPERAZIONE TERRITORIALE IN EUROPA. IL CASO DELLA MACROREGIONE ALPINA Elaborato di: Gabriele Chiarello Relatore: Ilaria Madama Anno scolastico: 2011/2012 Le Strategie Macroregionali come Nuovo Modello di Cooperazione Territoriale in Europa. Il Caso della Macroregione Alpina Indice Introduzione............................................................................................................................... 3 1. La Cooperazione Territoriale Europea .................................................................................. 5 1.1 Le Strategie Macroregionali come Strumento di Cooperazione Territoriale ................... 5 1.2 L’Integrazione Europea e il Rafforzamento del Ruolo delle Regioni ................................ 7 1.3 Le diverse Forme di Cooperazione Territoriale tra le Regioni.......................................... 9 2. Macroregioni e Strategie Macroregionali........................................................................... 13 2.1 Concetto e Definizione di Macroregione........................................................................ 13 2.2 Le Strategie Macroregionali dell’UE ............................................................................... 15 2.3 La Macroregione del Mar Baltico ................................................................................... 19 2.4 La Macroregione Danubiana .......................................................................................... 22 2.5 Definire le Strategie Future ............................................................................................ 25 3. La Macroregione Alpina ...................................................................................................... 27 3.1 Storia della Cooperazione Territoriale nel Territorio Alpino .......................................... 27 3.2 Costruire la Macroregione Alpina................................................................................... 32 3.3 La Conferenza delle Regioni Alpine a Bad Ragaz ............................................................ 36 3.4 Strategia Macroregionale per le Alpi: un’Iniziativa delle Regioni .................................. 39 3.5 L’Intervista agli Esperti e la Conferenza tecnica del 22 febbraio 2013 a Milano ........... 43 4. Un Bilancio sulle Macroregioni: Sfide, Criticità, Conclusioni ............................................. 47 Appendice ................................................................................................................................ 52 Bibliografia ............................................................................................................................... 59 2 Introduzione Recentemente è emersa nella politica regionale dell’Unione Europea una nuova nozione di cooperazione territoriale: la Strategia macroregionale. Il primo esempio si è avuto con la presentazione nel giugno 2009 della “Strategia dell’UE per la Regione del Mar Baltico” da parte della Commissione Europea; sempre quest’ultima ha approvato la “Strategia dell’UE per la Regione Danubiana” nel dicembre 2010. Queste strategie individuano per delle grandi aree transnazionali, denominate “Macroregioni”, una serie di opportunità, problematiche e sfide comuni che si devono affrontare attraverso un coordinamento più efficace di tutti i livelli di governo ed il coinvolgimento degli attori socio-economici presenti su quel determinato territorio. Tale nuovo modello di cooperazione viene osservato con interesse da altri territori che ora vorrebbero importarlo, come ad esempio le regioni dell’arco alpino che si stanno attivando affinché si elabori anche per le Alpi una Strategia macroregionale europea. L’obiettivo del presente elaborato è dunque quello di indagare le Strategie macroregionali, sulla base di quelle già adottate, evidenziandone le peculiarità che le contraddistinguono dalle forme di cooperazione territoriale finora conosciute ed esaminandone eventuali aspetti critici. Quali sono le loro caratteristiche principali? Che tipo di struttura di governance presentano? Perché questi nuovi strumenti dovrebbero apportare un valore aggiunto a tutta l’Unione Europea? Si cercherà di rispondere a queste domande tenendo particolarmente in considerazione il ruolo che gli enti sub-nazionali rivestono nelle fasi di elaborazione e di attuazione delle strategie. Sarà inoltre dato ampio spazio all’indagine sulle fasi iniziali del processo che condurrà alla nascita della Macroregione Alpina, analizzando le condizioni di partenza, i soggetti promotori ed in generale il dibattito in corso. Il Capitolo 1 inquadra le Strategie macroregionali in qualità di strumenti per la cooperazione territoriale; seguirà una breve analisi storica del rapporto instauratosi tra l’Unione Europea e le regioni, con particolare riguardo all’evoluzione del ruolo di quest’ultime nei tempi recenti ed alle forme di cooperazione territoriale da esse sperimentate (e dall’UE favorite). 3 Il Capitolo 2 approfondisce le Strategie macroregionali, prima spiegando il concetto e la definizione di “Macroregione”, poi elencando le caratteristiche principali di una Strategia macroregionale dell’UE; seguirà dunque un’analisi delle Strategie già adottate nonché un’anticipazione sulle prospettive per l’approvazione in futuro di nuove Strategie. Il Capitolo 3 è incentrato sulla Macroregione Alpina: in primo luogo verranno descritti gli organismi più significativi della storia della cooperazione territoriale nelle Alpi; in secondo luogo verrà fatta luce sul dibattito in corso, sia presentandone i protagonisti, sia rielaborandone cronologicamente le tappe principali del percorso, di cui la Conferenza di Bad Ragaz del giugno 2012 è la più importante. L’esposizione è arricchita da un’intervista ai tecnici competenti della Regione Lombardia (in Appendice la versione integrale). La tesi si conclude con il Capitolo 4 dove dopo aver messo in evidenza gli aspetti critici riscontrati da alcuni autori, vengono avanzate alcune considerazioni sulla ricerca svolta. 4 1. La Cooperazione Territoriale Europea 1.1 Le Strategie Macroregionali come Strumento di Cooperazione Territoriale Le Strategie macroregionali sono uno strumento di cooperazione territoriale emerso nell’ambito dell’Unione Europea e si collocano nel quadro delle politiche regionali comunitarie. Prima di poter procedere nell’analisi delle caratteristiche principali, degli obiettivi e degli elementi critici delle Strategie macroregionali dell’UE, è dunque necessario chiarire il contesto nel quale queste sono state proposte. In particolare esse, così come suggerito dalla Commissione Europea stessa, sono state concepite come metodo per rafforzare la coesione territoriale1 all’interno dell’UE. Con il Trattato di Lisbona del 2007, l’obiettivo della coesione ha di fatti assunto una terza dimensione, quella territoriale appunto, che si è andata ad affiancare al binomio socio-economico2 presente già dall’Atto Unico Europeo del 1986. La coesione territoriale ha dunque acquisito una dimensione propria e il fatto che, come si vedrà tra poco, le Istituzioni Europee hanno elevato la cooperazione territoriale ad obiettivo comunitario, è espressione di una chiara volontà di mettere la questione in una posizione centrale e quindi rappresenta una discontinuità con il passato. La nozione di “coesione economica e sociale” è stata una presenza costante nella storia della Comunità; fin dal preambolo del Trattato di Roma del 1957 figurava la necessità di garantire uno sviluppo armonioso del territorio comunitario dell’UE. L’idea di fondo è sempre stata quella di sostenere una politica finalizzata alla promozione di uno sviluppo equilibrato, armonioso e sostenibile della Comunità, che riducesse le disuguaglianze tra le diverse regioni europee. In questo senso si può affermare che “la Comunità Europea ha fatto delle regioni degli interlocutori privilegiati, al fine di promuovere uno sviluppo locale in grado di superare i confini tra Stati membri, ritenendo più efficace un’azione che veda come protagoniste aree territoriali contigue, accumunate da problematiche simili, piuttosto che interi territori statali, considerati separatamente l’uno dall’altro” (Berionni 2012). Attraverso l’istituzione di 1 European Commission 2009, “Communication from the Commission to the European Parliament , the Council, The European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions – European Union Strategy for the Baltic Sea Region”, Brussels, 10.6.2009, COM(2009) 248 final. 2 Art. 3.3 TUE: “Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri”. 5 programmi e finanziamenti appositi rivolti in questa direzione, di cui l’istituzione del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale nel 1975, che ha dato ufficialmente vita alla politica regionale europea, è espressione fondamentale, la Comunità Europea, gli Stati e soprattutto le autorità regionali e locali hanno maturato un’importante esperienza in tema di cooperazione. La cooperazione territoriale europea è un elemento centrale per la costruzione di uno spazio comune europeo e un pilastro dell'integrazione europea, alla quale apporta un chiaro valore aggiunto sotto varie forme: contribuisce a garantire che le frontiere non diventino barriere, avvicina gli europei tra loro, favorisce la soluzione di problemi comuni, facilita la condivisione delle idee e delle buone pratiche ed incoraggia la collaborazione strategica per realizzare obiettivi comuni3. Recentemente le Istituzioni Europee, per mettere in evidenza la questione, hanno elevato la cooperazione territoriale europea ad obiettivo strutturale comunitario: ora rientra tra gli obiettivi fissati nella programmazione della Politica di Coesione 2007-2013. Attraverso la “Cooperazione territoriale”, terzo obiettivo insieme a “Convergenza” e “Competitività regionale e occupazionale”, si mira a “rafforzare la cooperazione transfrontaliera mediante iniziative congiunte locali e regionali, a rafforzare la cooperazione transnazionale mediante azioni volte allo sviluppo territoriale integrato connesse alle priorità comunitarie e a rafforzare la cooperazione interregionale e lo scambio di esperienze al livello territoriale adeguato”4. Le Strategie macroregionali, come sostenuto fin dal principio, sono dunque riconducibili a questo obiettivo. Considerando che gli enti regionali e locali sono stati i principali protagonisti della cooperazione territoriale europea e presumendo perciò che essi dovrebbero rivestire un’importante funzione anche all’interno delle Strategie macroregionali dal momento in cui quest’ultime, come si vedrà, puntano ad un approccio territoriale fondato sul principio place-based, seguirà un’esposizione sull’evoluzione del ruolo e del peso politico di tali enti rispetto l’avanzamento del processo d’integrazione europea; verranno inoltre illustrate nei loro elementi essenziali le principali forme di cooperazione sorte in Europa tra le regioni (Associazioni di Regioni, Comunità di lavoro, Euroregioni, Programmi INTERREG, GECT), cosicché potranno successivamente risultare più chiare le differenze con le neonate Macroregioni. 3 4 Fonte: http://ec.europa.eu/regional_policy. Reg. CE n. 1083/2006, art. 3, comma 2, lettera c). 6 1.2 L’Integrazione Europea e il Rafforzamento del Ruolo delle Regioni In questo paragrafo si analizza l’evoluzione nel contesto europeo del rapporto instauratosi tra il livello di governo sovranazionale e quello sub-statale in quanto con l’avanzamento dell’integrazione europea si è assistito parallelamente oltre che ad un processo di rafforzamento del ruolo degli enti regionali rispetto ai propri governi centrali, ad un aumento degli organismi di rappresentanza di tali enti, nonché al tentativo di influenza degli stessi sul processo di decision-making comunitario. Negli ultimi quarant’anni in quasi tutti gli Stati europei si è assistito ad una qualche forma di decentramento dei poteri in favore di entità che si possono ricondurre sotto la comune denominazione di “regioni”, intese in questo contesto secondo la definizione data dall’Assemblea delle Regioni d’Europa, ovvero “l’ente pubblico territoriale di livello immediatamente inferiore a quello dello Stato, dotato di auto-governo politico”5. Nel tempo le regioni stesse hanno acquisito una crescente consapevolezza sul ruolo che potevano svolgere all’interno (nonché all’esterno) del continente, e al tempo stesso sono sempre più risultate un’importante risorsa tanto per l’Unione Europea quanto per gli Stati membri. Solo dagli anni Ottanta però, dopo una fase iniziale di esclusione, esse sono state prese maggiormente in considerazione proprio grazie allo sviluppo delle politiche regionali comunitarie. A partire dalla loro introduzione “le politiche regionali europee hanno offerto nuovi spazi di azione ai livelli di governo regionali, nonché la possibilità di sperimentare nuove strategie per lo sviluppo del territorio” (Berionni 2012). Il processo di “regionalizzazione” è stato quindi favorito anche da una serie di interventi ed iniziative provenienti dal livello europeo6. La posizione che oggi le regioni occupano in ambito europeo è frutto di un’evoluzione storica non priva di ostacoli7. I passi compiuti dalle regioni per rafforzare il proprio peso in Europa sono stati vari: innanzitutto “hanno stretto rapporti tra loro, realizzando una rete multiforme di cooperazioni in quella che viene designata come «integrazione orizzontale»” (su questo aspetto si rinvia al prossimo paragrafo); in secondo luogo hanno creato “organismi di rappresentanza e di difesa dei propri interessi nei confronti dei rispettivi Stati e, poi, 5 ARE, Dichiarazione dell’Assemblea delle Regioni d’Europa sul Regionalismo in Europa, Basilea, 4 novembre 1996, in www.aer.eu. 6 Sul rapporto tra il processo di regionalizzazione e di integrazione europea si veda in particolare: Caciagli M., “Integrazione europea e identità regionali”, Working Paper n. 1/2001, CIRES. 7 Per un approfondimento a riguardo si propone in particolare: Caciagli M., “Regioni d’Europa. Devoluzioni, regionalismi, integrazione europea”, Il Mulino, 2006. 7 dell’Unione Europea”8; infine “hanno cercato di ottenere dall’UE il riconoscimento di una rappresentanza istituzionale, formalmente il passo più importante per il conseguimento dell’ «integrazione verticale»” (Caciagli 2006). Come già si è detto, le Istituzioni europee hanno dato una svolta alla collaborazione con le regioni a partire dagli anni Ottanta, ovvero durante la Commissione Delors. L’Atto Unico Europeo del 1986 riformò radicalmente il FESR che venne poi rafforzato negli anni Novanta dalla politica di coesione. Essendo la politica di distribuzione dei fondi strutturali basata sulla nozione di “territorio regionale”, la politica regionale dell’UE ha contribuito notevolmente in quegli anni a rafforzare il ruolo dei governi regionali rispetto quelli centrali. La tappa decisiva per l’istituzionalizzazione delle regioni in Europa è stata la Conferenza di Maastricht del 1991. Qui si inaugurò infatti la cosiddetta multilevel governance, e gli enti regionali vennero ufficialmente riconosciuti come attori nel panorama giuridico europeo. Nel recente “Libro bianco sulla governance multilivello” si definisce il questo modello di governance come “un’azione coordinata dall’UE, dagli Stati membri e dalle autorità regionali e locali, fondata sulla partnership e con lo scopo di redigere ed implementare le politiche dell’UE”. Sempre a Maastricht è stato inoltre istituito il Comitato delle Regioni, concepito come organo sostanzialmente consultivo ma dall’importante valore simbolico. “Grazie al Comitato le regioni hanno conquistato un rango costituzionale e con questo il diritto di essere almeno ascoltate dalla Commissione e dal Parlamento” (Caciagli 2001). Il Trattato di Lisbona del 2007 ha infine introdotto alcune nuove regole di particolare importanza per i livelli di potere sub-statali. Oltre ad aver precisamente definito la sfera di competenza dell’UE, è stato costituito un nuovo contesto giuridico di riferimento per la comprensione e l’applicazione del “principio di sussidiarietà”, questione “alla base di tutte le richieste degli attori regionali per un più forte accesso al decision-making dell’UE” (Jefferey, Rowe 2012). Il Trattato di Lisbona ha infatti riscritto completamente il Protocollo sulla sussidiarietà ed obbliga formalmente la Commissione a prendere in considerazione “la dimensione regionale e locale” durante la discussione su una proposta di legge. Il Comitato delle Regioni ha così finalmente ottenuto il diritto ad esprimere pareri su una proposta di legge. Inoltre anche per i Parlamenti nazionali è garantito il diritto di esprimere opinioni 8 A partire dalla metà degli anni Ottanta molti enti regionali, territoriali e transnazionali istituirono presso Bruxelles gli uffici delle proprie delegazioni con le seguenti funzioni principali: collegamento, informazione, rappresentanza e assistenza. 8 preventive rispetto l’applicazione del principio di sussidiarietà direttamente all’Istituzione competente dell’UE9. Dopo aver osservato gli aspetti principali dell’evoluzione del ruolo delle regioni in Europa e del rapporto tra queste e l’Unione Europea, si considerano le principali forme di cooperazione territoriale sperimentate tra le regioni per incrementare il proprio potere. 1.3 Le diverse Forme di Cooperazione Territoriale tra le Regioni In questo paragrafo vengono presentate le forme di cooperazione territoriale, sorte in Europa prima del recente modello macroregionale, che hanno avuto come protagoniste principali le regioni. A partire dagli anni Settanta si sono sviluppate in tutta Europa diverse strutture di cooperazione, come le cosiddette Comunità di lavoro e le associazioni interregionali tra territori non-contigui. Le Comunità di lavoro (come l’ARGE ALP, l’ALPE ADRIA, la COTRAO, la CTP) non hanno personalità giuridica e pertanto non dispongono di ampio margine di operatività; nonostante l’indubbia importanza “simbolica”, non possono, salvo rari casi, usufruire di fondi europei e non hanno in genere risorse finanziarie né umane proprie. In generale, le Comunità di lavoro sono specializzate in attività di tipo pianificativo e si limitano spesso all’emanazione di dichiarazioni comuni ed allo scambio di informazioni10. Per quanto riguarda invece gli altri tipi di associazione tra regioni, che nascono per specifici criteri geografici e/o altri, vanno menzionati: l’Associazione delle regioni europee di confine (1971); la Conferenza delle Regioni periferiche e marittime (CRPM, 1973); la già citata Assemblea delle Regioni d’Europa (ARE, creata nel 1985 per diventare la rappresentanza degli interessi regionali a livello europeo); la Comunità dei Quattro motori per l’Europa (nata nel 1988 da un accordo tra le regioni più ricche d’Europa, ovvero Lombardia, Catalogna, Rodano-Alpi, Baden-Wurttemberg)11. Considerando il periodo di nascita di queste associazioni su tutto il territorio europeo, ovvero tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, si può affermare che la cooperazione tra le 9 Fonte sulle novità in merito introdotte dal Trattato di Lisbona: Jefferey C., Rowe C., „Bringing the territory back in: toward a new understanding of the regional dimension of the EU”, The Oxford Handbook of the European Union, Chapter 52, Agoust 2012 10 Proto P. P., “Indagini su Euroregioni e GECT: quali prospettive per l’Area Adriatica?”, CeSPI Working Papers 45/2008/IT, Settembre 2008. 11 Fonte principale: Caciagli M., “Regioni d’Europa. Devoluzioni, regionalismi, integrazione europea”, Il Mulino, 2006. 9 regioni sia stata promossa soprattutto dall’impulso derivato dall’evoluzione delle Istituzioni europee, in un momento in cui “la politica regionale comunitaria ha preso ampio respiro e coerente consistenza” (Caciagli 2006). In realtà però già dalla fine degli anni Cinquanta nasceva in Europa in maniera del tutto spontanea una tipologia di associazione transfrontaliera tra differenti enti territoriali tuttora esistente: l’ “Euroregione”. EUREGIO fu la prima struttura di cooperazione stabilita nel 1958 da alcuni enti al confine tra Olanda e Germania, alla quale fecero seguito numerose esperienze simili (oggi se ne contano oltre settanta). L’Associazione delle regioni frontaliere europee, che fornisce una definizione comunemente adottata anche a livello di Commissione europea, specifica come le Euroregioni, pur non avendo un’univoca forma giuridica, essendo regolate da un regime di diritto misto, pubblico e privato, od organizzativa, posseggono una serie di caratteristiche in comune: sono permanenti, hanno una identità separata da quella dei propri paesi membri, hanno risorse amministrative, tecniche e finanziarie proprie e hanno meccanismi decisionali interni12. “Le Euroregioni non rappresentano un nuovo livello istituzionale-amministrativo locale o regionale quanto, piuttosto, un punto di scambio e di governance per organi pubblici e privati già esistenti: non dovrebbero, cioè, sovrapporsi con le competenze affidate agli enti locali e regionali del territorio” (Proto 2008). Inizialmente, in realtà, “tutte le strutture esistenti dalla fine degli anni Cinquanta hanno visto il loro campo d'azione molto limitato a causa della mancanza di un quadro giuridico comune a livello europeo” (Angeleri, Vesan 2008). La prima istituzione ad aver ufficialmente riconosciuto il diritto delle comunità territoriali a cooperare ad un livello sovranazionale oltre i confini nazionali è stata il Consiglio d’Europa. Nel 1980 ha di fatti promosso la firma della Convenzione di Madrid, uno degli accordi internazionali più importanti per la cooperazione transfrontaliera. “La Convenzione di Madrid fornisce un quadro giuridico di riferimento e prevede una serie di accordi standard per le autorità locali e regionali, nonché per gli stati” (Angeleri, Vesan 2008). La Convenzione è stata successivamente integrata da due protocolli, rispettivamente nel 1995 e nel 1998. “Se, da una parte, la Convenzione di Madrid ed i Protocolli hanno rappresentato la base giuridica di riferimento per le Euroregioni, dall’altra INTERREG, il programma lanciato dalla Commissione europea nel 1990, ne favorisce decisamente la diffusione e l’operatività” 12 Proto P. P., “Indagini su Euroregioni e GECT: quali prospettive per l’Area Adriatica?”, CeSPI Working Papers 45/2008/IT, Settembre 2008. 10 (Proto 2008)13. Il Programma INTERREG ha infatti incentivato le regioni a cooperare per aggiudicarsi le nuove risorse finanziarie a disposizione, tanto che quest’ultime diventano “quasi la finalità (spesso non dichiarata) attorno a cui si creano le nuove Euroregioni” (Proto 2008). Cos’è il programma INTERREG? INTERREG (INTERnational REGions iniziative) è un'iniziativa dell'Unione Europea che si pone l’obiettivo di evitare che i confini nazionali ostacolino lo sviluppo equilibrato e l'integrazione del territorio europeo, attraverso il sostegno di programmi transfrontalieri; finanziata dal FESR, l’iniziativa si inserisce nel quadro della politica di coesione coerentemente con l’obiettivo generale di ridurre le disparità tra i livelli di sviluppo delle regioni europee e il ritardo delle regioni più svantaggiate. A partire dal primo periodo di programmazione14, l’iniziativa è cresciuta, sia in termini di numero di progetti che di estensione geografica; l’impatto di INTERREG sul territorio è stato talmente significativo che oggi, nella sua quarta “edizione” per la programmazione 2007-2013, si configura con il terzo obiettivo della politica di coesione, ovvero, come si è già detto, quello della cooperazione territoriale europea (su tre fronti: transnazionale, transfrontaliero, interregionale)15. Il nuovo slancio dato dalle Istituzioni europee alla cooperazione territoriale e transfrontaliera negli anni Novanta è risultato un successo, testimoniato anche dal “boom” di Euroregioni nate in questo periodo. Il problema principale per queste spontanee organizzazioni transfrontaliere è stato l’assenza di uno status giuridico comune riconosciuto a livello di Unione Europea. “L’importanza crescente delle Euroregioni ha trovato una formalizzazione con la Risoluzione del Parlamento europeo del 1 dicembre 2005 che forniva le indicazioni circa la definizione e la funzione delle stesse Euroregioni nel quadro della politica di cooperazione transfrontaliera dell’Unione europea” (Proto 2008). Inoltre l’anno successivo la Commissione Europea decise di fare qualcosa in più per ovviare a questo problema, offrendo 13 Secondo lo stesso autore si potrebbe infatti parlare di “un’era pre- e post- INTERREG (…); le euroregioni nate tra gli anni ‘50 e ‘80 si sono formate in maniera naturale, sulla base di rapporti consolidati e di un effettivo riconoscimento di problematiche e interessi comuni, determinandone una solida base di partenza. Non così, invece, fu per quelle euroregioni nate con l’intento principale di accedere a fondi Interreg e che non possono contare su basi storiche e culturali altrettanto solide” (Proto 2008). 14 INTERREG I coprì il periodo 1990-1993. Le fecero seguito: INTERREG II per il periodo 1994-1999; INTERREG III per il settennio 2000-2006; INTERREG IV per il periodo 2007-2013, quando è diventato obiettivo comunitario. 15 In realtà le tre dimensioni individuate per INTERREG IV ricalcano la programmazione precedente la quale era già stata distinta “in tre sezioni specifiche: la sezione A riguarda la cooperazione transfrontaliera tra i vicini enti subnazionali; la sezione B interessa la cooperazione transnazionale tra autorità nazionali, regionali e locali e, infine, la sezione C, è stata dedicata alla cooperazione interregionale tra enti subnazionali non-vicini” (Angeleri, Vesan 2008). 11 un nuovo strumento alla cooperazione territoriale: il 5 luglio 2006 è stato adottato il Regolamento (ce) 1082/2006 sul Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT). L’obiettivo dei GECT è quello di “facilitare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e/o interregionale, denominata «cooperazione territoriale» tra i suoi membri, al fine esclusivo di rafforzare la coesione economica e sociale”. Il GECT deve essere costituito da enti presenti su almeno due stati membri e possono farne parte Stati membri, enti regionali, enti locali ed enti di diritto pubblico (non si esclude la partecipazione di membri di paesi esterni all’UE). La caratteristica principale di un GECT sta nel godere di personalità giuridica nel quadro normativo dell’Unione Europea che gli consente di agire in nome e per conto dei propri membri sulla base di competenze assegnategli nell’ambito di una Convenzione (e di un relativo Statuto) da questi sottoscritta. In particolare essi godono di una certa autonomia in termini di budget, politica di assunzione del personale e gestione delle attività. A differenza di un Euroregione, il GECT risulta uno strumento più chiaro ed univoco ed ha una maggiore accessibilità ai finanziamenti dell’UE, limitandosi da regolamento all’attuazione di programmi o progetti sostenuti dalla Comunità16. Inoltre “un tale strumento offre nuove opportunità per strutturare un sistema multilivello di governance in Europa” (Angeleri, Vesan 2008). A questo punto, avendo delineato le politiche regionali europee nei suoi elementi essenziali ed avendo individuato il contesto nel quale le Strategie macroregionali sono state proposte, è possibile cominciare l’analisi di questi nuovi strumenti della cooperazione territoriale europea che si fondano, come vedremo, su principi differenti rispetto quelli analizzati in questo paragrafo17. 16 Fonte: Proto P. P., “Indagini su Euroregioni e GECT: quali prospettive per l’Area Adriatica?”, CeSPI Working Papers 45/2008/IT, Settembre 2008. 17 Gli esempi concreti riguardo le diverse forme di cooperazione territoriale analizzate in questa sede si trovano al capitolo 3, relativo alla Macroregione Alpina, nel paragrafo dedicato alla “Storia della cooperazione territoriale sul territorio alpino”; lì vi sono una serie di esperienze di cooperazione riconducibili a ciascun caso preso in considerazione in quest’ultimo paragrafo. 12 2. Macroregioni e Strategie Macroregionali 2.1 Concetto e Definizione di Macroregione Avendo osservato quali forme di cooperazione territoriale hanno preceduto le Strategie macroregionali, si può ora procedere con l’analisi del nuovo fenomeno, chiedendosi innanzitutto da dove è derivata la nozione di “macroregione”. In questo primo paragrafo si illustra lo sviluppo del concetto di macroregione nella letteratura scientifica, ma anche all’interno del contesto europeo, a dimostrazione del fatto che il fenomeno è solo relativamente recente. Secondo alcuni studiosi (Dubois, Hedin, Schmitt, Sterling 2009), “la definizione di (macro-) regione è legata alla definizione generica di regione” intesa come “qualsiasi ente che spazi dall’unità amministrativa all’area funzionale” (non è dunque un prefisso a modificarne radicalmente il significato); le regioni infatti “non sono un oggetto fisico predefinito” come lo stato-nazionale e pertanto “non esistono condizioni prestabilite o criteri relativi alla costituzione di una regione, incluse le macroregioni”. Esse risultano piuttosto essere dei particolari raggruppamenti di potere, continuamente riprodotti dalla comunicazione sociale che determina le interazioni variabili tra diversi attori, e possono modificarsi nel tempo in seguito a mutamenti interni od esterni al proprio ambiente. Sicuramente “strutture e caratteristiche particolarmente coerenti, siano queste politiche e/o geografiche, possono aiutare enormemente nella costruzione di una (macro-) regione”; ma giocano un ruolo importante anche “le identità regionali, che possono accelerare o limitare i processi di istituzionalizzazione”. Gli stessi studiosi hanno elaborato un’importante ricostruzione storica del concetto di macroregione18. In particolare hanno evidenziato come il termine macroregione sia stato “preso in prestito” dagli studiosi delle relazioni internazionali dove è utilizzato per definire un’area condivisa da due o più Stati, che abbia una coerenza spaziale e/o un’esperienza in comune; è dunque impiegato per definire da un punto di vista utilitaristico le relazioni funzionali tra diverse nazioni vicine, accomunate da un certo grado di omogeneità 18 Dubois A., Hedin S., Schmitt P., Sterling J., “EU macro-regions and macro-regional strategies – A scoping study”, Nordregio Working Paper 2009:4. 13 geografica, culturale, sociale. Tuttora il termine appartiene allo studio delle relazioni internazionali. Ma il suo tradizionale significato si è recentemente evoluto: gli studi tendono infatti a concentrarsi anche sull’accorpamento di unità transfrontaliere e sub-nazionali in macroregioni. Si può quindi affermare che le macroregioni non riguardano più solo il raggruppamento di territori omogenei poiché questo meccanismo si può ora anche basare sull’eterogeneità. È stato proprio da questa nuova accezione che si è sviluppato il concetto di macroregione in Europa. Già sul finire degli anni Novanta Cappellin affermava che “il territorio europeo può essere visto come una serie di macroregioni transnazionali sovrapposte” (Cappellin 1998). Queste macroregioni sono caratterizzate dalla cooperazione tra diverse regioni amministrative della medesima macroregione e dalla competizione con quelle di macroregioni diverse. Da un punto di vista scientifico ciò che è importante stabilire è se le macroregioni individuate in Europa siano dei meri “costrutti simbolici” oppure “la rappresentazione delle moderne tendenze dei processi di internazionalizzazione”. Come sosteneva infatti Petrakos, chi studia le relazioni economiche ha notato come “il processo di internazionalizzazione e liberalizzazione dei mercati coesiste con le crescenti tendenze di regionalizzazione a qualsiasi livello geografico” (Petrakos 1997). A questo quesito Cappellin risponde che “le macroregioni costituiscono una nuova struttura per la regolazione e lo sviluppo dei rapporti internazionali” e che “la cooperazione all’interno di una macroregione sia qualcosa di più della semplice e funzionale interdipendenza territoriale”. Sempre Cappellin sostiene che queste macroregioni saranno caratterizzate dall’eterogeneità e non avranno confini fissi: ritiene infatti possibile la realizzazione di “network interregionali” sovrapposti tra loro e l’esistenza di “cuscini identitari” multipli. La rinnovata attenzione sull’approccio macroregionale in Europa deve dunque essere letta sotto un’ottica di ulteriore sviluppo della cooperazione transnazionale all’interno del contesto dell’UE ampiamente definito. Analizzando i più recenti documenti sulle politiche europee in tema di sviluppo territoriale19, si nota come il concetto di macroregione, seppur non menzionato, si sia sempre più imposto come utile ed innovativo strumento di 19 Dubois A., Hedin S., Schmitt P., Sterling J., “EU macro-regions and macro-regional strategies – A scoping study”, Nordregio Working Paper 2009:4. 14 integrazione, cooperazione e sviluppo in grado di colmare alcune lacune esistenti e di apportare un valore aggiunto. È dunque possibile affermare che nonostante l’assenza di una definizione chiara di macroregione, le Strategie lanciate dall’UE non risultano comparabili a nessuna delle preesistenti forme di cooperazione. Anche la Commissione Europea ha riconosciuto che “there is no standard definition for macroregion: il termine è stato utilizzato per descrivere sia gli importanti gruppi di nazioni a livello globale (UE, ASEAN, ecc …), sia i gruppi di regioni amministrative all’interno di uno stesso Paese (Australia, Romania)” (European Commission, 2009). Eppure è stata la Commissione stessa a fornirne la definizione maturata durante la preparazione della Strategia per il Mar Baltico: la “Macroregione” è intesa come “un’area che include territori di diversi paesi o regioni associati da una o più sfide o caratteristiche comuni (…) geografiche, culturali, economiche o altro” (European Commission, 2009: 1 e 7). In particolare la Strategia macroregionale è “un quadro integrato che consente all’Unione Europea e ai suoi Stati membri di identificare i bisogni e di allocare le risorse disponibili attraverso il coordinamento delle opportune politiche, per consentire ad un territorio di beneficiare di un ambiente sostenibile e di uno sviluppo economico e sociale ottimale” (European Commission, 11/2009). A questo punto, dopo aver dimostrato la natura variabile e le diverse sfaccettature del concetto di macroregione, è possibile cominciare l’analisi delle Strategie macroregionali dell’Unione Europea, partendo da queste definizioni fornite dalla Commissione Europea stessa. 2.2 Le Strategie Macroregionali dell’UE Un primo aspetto che emerge in maniera evidente dalle definizioni sopra citate è il ruolo funzionale delle Strategie macroregionali. L’approccio funzionale si propone di progettare e sperimentare forme di cooperazione fra regioni europee che vadano oltre la logica tradizionale della prossimità territoriale, e si realizzino invece intorno alle reti funzionali che attraversano i diversi territori, secondo configurazioni di diversa lunghezza e “a geometria variabile” (Berionni 2012). La natura funzionale non pone di per sé limiti all’estensione territoriale delle Macroregioni. Da ciò potrebbero sorgere dubbi tanto sulle loro possibili dimensioni quanto sulla coerenza 15 dei propri confini fisici. In realtà la Commissione si è espressa fin dal principio a riguardo: le Macroregioni possono coinvolgere diverse regioni di diversi Paesi a seconda della funzione perseguita, senza uno specifico limite quantitativo se non che il numero degli Stati Membri partecipanti sia significativamente inferiore ai Membri stessi dell’Unione Europea (European Commission 2009). Dal momento in cui pesano maggiormente le ragioni di policy cui l’area in questione è interessata, non è nemmeno necessario che i confini fisici siano meticolosamente rispettati. Pertanto non si può neanche escludere che una regione possa far parte di più Strategie macroregionali in base alle proprie caratteristiche peculiari. Le macroregioni sono quindi aree funzionali definite secondo sfide, caratteristiche e obiettivi comuni che necessitano di “un’azione collettiva degli attori presenti sul territorio” ovvero “la Comunità, lo stato centrale e le autorità regionali e locali in una scala geografica interrelata transnazionale” (Stocchiero 2010a). Lavorando assieme su problematiche comuni, affrontate “attraverso un approccio integrato che permetta di coordinare meglio i programmi (anche quelli già esistenti) e di utilizzare in modo più strategico le risorse disponibili” (Berionni 2012), si può avere un’efficacia superiore a quella che si avrebbe lavorando in modo frammentato e individuale. Le Strategie macroregionali sono dunque “multi-livello e multiattoriali, in quanto mirano all’inclusione di diversi stakeholders” (Stocchiero 2010a). L’idea di base è quella di creare valore aggiunto (European Commission, 2009: 1 e 7) attraverso un approccio integrato che mira a un obiettivo comune integrando diversi attori, diverse politiche e diversi programmi di finanziamento. Secondo la Commissione Europea una Strategia macroregionale “dovrebbe consentire una facilitazione dei rapporti tra i diversi interessi socio-economici, favorendo, e non imponendo, l’avvento di nuovi metodi per raggiungere risultati migliori in importanti aree di policy” (European Commission, 2009). Le Strategie devono contribuire “all’europeizzazione dove ogni livello istituzionale partecipa ad un gioco a somma positiva: il livello locale e quello nazionale sono protagonisti nella creazione di uno spazio e nel raggiungimento di un obiettivo di sviluppo territoriale che travalica i confini, che consente di far fronte a problematiche comuni con un impatto positivo per tutti i partecipanti e contribuisce a costruire un’Europa più unita” (Stocchiero 2010a). Come si elabora una Strategia macroregionale? “A livello comunitario non c’è una normativa specifica volta a regolare la materia” (Berionni 2012); ciò nonostante si può ricostruire, sulla 16 base delle Comunicazioni della Commissione per le Regioni Baltica e Danubiana, uno schema fisso consuetudinario dei passi istituzionali da percorrere per istituire le Macroregioni. In primo luogo è necessario costituire un solido consenso sulla strategia da adottare, nonché sull’individuazione delle problematiche comuni da affrontare congiuntamente. “La fase di iniziativa vede come protagonisti i territori interessati e dunque i territori regionali e locali, i quali ricoprono un ruolo di promozione ed impulso, a cui segue una fase di attivazione degli Stati coinvolti” (Berionni 2012). Una volta che il consenso viene raggiunto anche a livello inter-governativo, il tema in oggetto viene inserito nell’agenda del Consiglio Europeo il quale, dopo avere fissato alcuni parametri di riferimento, raccomanda alla Commissione di redigere i documenti necessari per dare il via ad una Strategia macroregionale. A questo punto la Commissione avvia un ampio processo di consultazione e di collaborazione con tutti gli attori della Regione interessati. Questo processo consultivo si conclude con l’adozione di un Piano d’Azione ed una Comunicazione sulla Strategia i quali dovranno infine essere formalmente approvati dal Consiglio Europeo. La Commissione informa costantemente il Consiglio Europeo sull’evoluzione delle Strategie macroregionali, dimostrando che esiste un valore aggiunto per tutta l’Unione. Il processo di consultazione ed elaborazione della Strategia macroregionale è endogeno “bottom-up”: al contrario delle politiche che discendono da un indirizzo strategico comunitario; “la Macroregione stabilisce la sua Strategia attraverso il coinvolgimento degli attori locali” (European Commission, 2009: 8). Anche se solo più avanti verranno evidenziate criticità a riguardo (in particolare sul rapporto bottom-up/top-down della Strategia e quindi sul ruolo delle regioni nella stessa), e nonostante alcuni studiosi hanno affermato, quantomeno sulla Macroregione Baltica, che “i governi centrali sono stati i reali protagonisti nel processo di costruzione” (Stocchiero 2010a), le regioni rivendicano un proprio ruolo nella governance e nell’implementazione della Strategia. Come infatti si è già in parte analizzato, uno degli elementi cardine di una Strategia macroregionale è un alto grado di coordinamento multi-livello e multi-attoriale. Le Strategie macroregionali non hanno bisogno di legislazioni od istituzioni ad hoc poiché gli obiettivi, i progetti e la governance sono già descritti nei rispettivi documenti ufficiali, ovvero la Comunicazione ed in particolare il Piano di Azione. Quest’ultimo ad esempio è “concreto e con effetti tangibili grazie alla identificazione dei cd. flagship projects” (Stocchiero 2010a); 17 per generare valore aggiunto (ed ottimizzare al tempo stesso l’impatto delle politiche territoriali europee), si favorisce infatti un approccio di tipo pragmatico. Vengono quindi promosse iniziative multi-settoriali che si concretizzano in “progetti bandiera” funzionali che operano in “gruppi relativamente piccoli” (European Commission, 2009: 1). Per quanto riguarda invece le modalità attuative delle Strategie, si è scelto appunto di non creare istituzioni supplementari ma di coordinare al meglio le strutture già esistenti, operando secondo il modello della governance multilivello, dove l’attuazione delle politiche avviene su più livelli di governo. Il Consiglio è responsabile dell’elaborazione delle politiche; la Commissione riveste invece un ruolo strategico in qualità di responsabile del coordinamento, del monitoraggio, delle relazioni e del supporto all’attuazione; i “partner che già operano nella regione” (quindi Stati Membri e autorità locali) si occupano infine dell’applicazione direttamente sul campo e la loro responsabilità verrà adattata agli obiettivi della Strategia, secondo il cd. “principio del partenariato” (Berionni 2012). L’efficacia della Strategia dipende dunque da un sistema di governance efficiente ed integrato. Un coordinamento multilivello permette inoltre una gestione più responsabile delle risorse finanziarie già esistenti. Un ulteriore caratteristica delle Strategie macroregionali è infatti l’assenza di finanziamenti diretti. “Questo aspetto che può rappresentare un elemento di debolezza viene considerato invece come un fattore innovativo, perché il fatto di non poter contare su risorse specifiche fa evitare conflitti distributivi tra gli attori stimolando a cercare un maggiore coordinamento e sinergia delle diverse fonti finanziarie esistenti sui diversi livelli (Stocchiero 2010a). In sintesi, ciò che connota in maniera specifica le Strategie macroregionali sono i cd. “Tre No”: “No New Legislation, No New Istitutions, No New Funding” (European Commission 11/2009), ovvero “l’azione deve tendere al risultato attraverso l’applicazione di politiche comunitarie già disponibili, e non ricorrendo a nuove normative, nuove istituzioni o nuovi fondi” (Stocchiero 2010a). Un ultimo aspetto da dover prendere in considerazione è il rapporto tra la dimensione interna e la dimensione esterna delle Macroregioni. Le aree geografiche individuate come Macroregioni comprendono infatti anche Paesi non membri o di prossima entrata nell’UE. Questo significa che seppur le Strategie macroregionali operano nella politica di coesione interna all’UE, “in un mondo interconnesso e in spazi transnazionali concreti, anche le 18 politiche interne hanno inevitabilmente una dimensione esterna” (Stocchiero 2011). Pertanto “i Paesi terzi devono essere informati, coinvolti o comunque vanno considerati gli effetti su di loro” (Stocchiero 2010a), se si vuole raggiungere l’obiettivo funzionale. Mentre nella “Strategia per il Mar Baltico la dimensione esterna, ovvero prevalentemente i rapporti con la vicina Russia, risulta marginale” (Stocchiero 2010a), nel caso della Macroregione Danubiana sono stati compresi ben 6 Stati non membri, di cui 4 di prossima entrata. Lo stesso discorso si potrebbe applicare alle future Strategie, come per esempio quella Adriatico-Ionica, che comprende anche i Paesi non-membri dei Balcani. Le Macroregioni sono quindi anche “un importante meccanismo per rafforzare il processo di entrata e di integrazione dei futuri Paesi membri” (Stocchiero 2010b). Dopo aver definito nei precedenti paragrafi il concetto di macroregione e le caratteristiche principali di una Strategia macroregionale, si analizza nello specifico la prima Strategia che è stata adottata, ovvero quella per la Regione del Mar Baltico, alla quale si devono dunque le informazioni fondamentali finora pervenute sulle Macroregioni nel contesto europeo. 2.3 La Macroregione del Mar Baltico L’idea di un approccio strategico nei confronti della Regione del Mar Baltico si è sviluppato innanzitutto all’interno del Parlamento Europeo il quale, constatata la situazione nell’area, ha pubblicato una relazione alla fine del 200620. Nel dicembre 200721, il Consiglio Europeo ha invitato la Commissione a presentare una strategia per il Mar Baltico entro il giugno del 2009, nel rispetto di alcuni parametri: la strategia doveva in particolare “far salva la Politica Marittima Integrata22”; “contribuire ad affrontare le sfide ambientali urgenti connesse con il Mar Baltico”; “considerare la Dimensione settentrionale23 per gli aspetti esterni della cooperazione”. La Commissione Europea ha quindi attivato “un intenso processo di consultazione con gli Stati Membri e le parti interessati della Regione” (Berionni 2012); si sono considerate quindi anche le pregresse esperienze di cooperazione nell’area riconducibili ad organizzazioni internazionali come la CBSS24 e la HELCOM25, o l’Unione delle 20 “Una Strategia per il Mar Baltico per la Dimensione settentrionale”. Conclusioni del Consiglio Europeo (14 dicembre 2007). 22 Approvata nelle Conclusioni del medesimo Consiglio Europeo. 23 La dimensione settentrionale fornisce un quadro comune per la promozione del dialogo e una cooperazione concreta nell’Europa settentrionale tra UE, Russia, Norvegia e Islanda. 24 Consiglio degli Stati del Mar Baltico. 25 Commissione di Helsinki. 21 19 Città Baltiche, “importanti attori per lo sviluppo della Regione del Mar Baltico e quindi per l’implementazione della Strategia” (Kern, Ganzle 2011). La Strategia macroregionale è stata quindi presentata nel giugno 2009 (EUSBSR) con l’approvazione di un Piano d’Azione ed una Comunicazione26, documenti “pionieri” per le future macroregioni. L’iter istituzionale, infine, si è concluso con l’adozione formale del Consiglio nell’ottobre del 2009, sotto la Presidenza svedese. Di 9 Stati che si affacciano sul Mar Baltico, gli 8 partecipanti alla Strategia sono tutti Membri dell’UE grazie all’allargamento del 2004: Svezia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Danimarca, Polonia e Germania. Il Mar Baltico viene così ritenuto un mare interno dell’UE e pertanto è stato necessario agire a livello europeo. Nella Comunicazione, la Commissione Europea ha innanzitutto individuato le sfide principali che interessano l’intera area. In particolare le questioni più urgenti a cui far fronte riguardano i seguenti ambiti d’intervento: ambiente, sfera economica, accessibilità e sicurezza. Ma le sfide non sono l’unico motivo che unisce i Paesi che si affacciano sul Mar Baltico: essi condividono infatti una solida storia di cooperazione interregionale, caratteristiche peculiari comuni, risorse e potenzialità da sviluppare maggiormente. In risposta alle sfide comuni dell’area baltica è stato elaborato un piano d’intervento integrato. La Comunicazione definisce le linee guida d’intervento della Strategia per raggiungere gli obiettivi mentre il Piano d’Azione individua gli ambiti prioritari d’intervento, i progetti e le azioni da attuare. Nel complesso la Strategia è stata organizzata secondo quattro pilastri, o “aree tematiche”, suddivisi in 15 settori prioritari d’intervento: (1) Una regione con un ambiente sostenibile; (2) Una regione prospera; (3) Una regione accessibile e ricca di attrattiva; (4) Una regione sicura e senza rischi. In particolare per poter garantire un ambiente sostenibile si dovrà agire nei seguenti ambiti: ridurre l'immissione di nutrienti nel mare a livelli accettabili; preservare le aree naturali e la 26 Sulla base della Comunicazione della Commissione sulla Strategia dell’UE per il Mar Baltico – EUSBSR (giugno 2009) si struttura il resto del paragrafo in merito alle sfide e opportunità dell’area ed agli obiettivi della Strategia. 20 biodiversità, comprese le zone di pesca; ridurre l'impiego e l'impatto delle sostanze pericolose; fare della regione un modello di navigazione pulita; mitigare i cambiamenti climatici e garantire l'adattamento ad essi. Riguardo la prosperità della regione, è necessario intervenire al fine di: rimuovere gli ostacoli al mercato interno nella regione del Mar Baltico; sfruttare appieno le potenzialità della regione nel campo della ricerca e dell'innovazione; applicare lo "Small Business Act", ovvero promuovere lo spirito imprenditoriale, rafforzare le PMI e incoraggiare un uso più efficiente delle risorse umane; rafforzare la sostenibilità di agricoltura, silvicoltura e pesca. In tema di accessibilità ed attrattiva della Regione del Mar Baltico, i settori individuati dovranno contribuire a: migliorare l'accesso ai mercati energetici, come pure la loro efficienza e sicurezza; sviluppare i collegamenti di trasporto interni ed esterni; preservare e rafforzare l'attrattiva della regione del Mar Baltico, in particolare grazie all'istruzione, al turismo e alla salute. Infine, per rendere il Mar Baltico una regione più sicura, si dovrebbe intervenire per: fare della regione un modello di sicurezza e protezione marittime; rafforzare la protezione nei confronti delle emergenze gravi in mare e a terra; ridurre la criminalità transfrontaliera e le sue conseguenze. Per implementare questa Strategia, che presenta ambiziosi obiettivi intercorrelati, appare dunque necessario adottare anche un’efficace sistema di governance. Mentre nel paragrafo precedente si è parlato delle caratteristiche generali della governance di una Strategia macroregionale, si esamina ora in questa sede quella relativa alla Strategia per il Mar Baltico, ovvero la prima formulata dalla Commissione. Si ribadisce il concetto che l’attuazione di una Strategia non richiede istituzioni proprie e strumenti normativi e/o finanziari27, e quindi che l’idea di base è quella di implementare la Strategia coordinando al meglio tutti gli attori sul territorio. In realtà questa organizzazione non è detto corrisponda alle condizioni esistenti in altre aree geografiche, dove invece “può essere necessario istituire capacità di monitorare e facilitare il progresso della Strategia nel suo insieme” (European Commission, 2009: 3). L’organizzazione qui presente è stata elaborata dalla Commissione che ha chiaramente indicato le unità responsabili: 27 „Per il momento la Commissione non propone finanziamenti aggiuntivi o risorse supplementari, ma alcuni progetti e interventi specifici richiederanno un sostegno finanziario. A tale proposito i Fondi strutturali disponibili nella regione costituiscono una fonte di primo piano: la maggior parte dei programmi prevede già misure proposte dalla Strategia [...] si potranno riesaminare i criteri di assegnazione e facilitare la selezione di progetti in linea con la Strategia” European Commission 2009: 12 21 • la Commissione esercita un “soft power” come “overall coordinator”, “external facilitator”, e “impartial honest broker” (European Commission, 2009: 4 e 6), mentre la Strategia è elaborata e realizzata “from within” (European Commission, 2009: 5) e cioè dai governi nazionali, subnazionali e dai diversi stakeholders; • per questo si costituiscono: i National Contact Points, che si situano presso le Presidenze dei governi centrali o i Ministeri Affari Esteri; i Coordinators for Priority Areas, che possono essere amministrazioni centrali (o “exeptionally regions or inter-governmental bodies”); i Lead Partners dei Flagship Project, ovvero agenzie o istituzioni di diverso tipo. • La Strategia è europea e quindi la responsabilità e accountability deve rimanere a livello di Unione Europea. Di conseguenza la Commissione convoca un High Level Group from all Member States che rapporta periodicamente al Consiglio Europeo. Mentre lo stesso Consiglio stabilisce che, nel caso della Regione del Mare Baltico, questo High Level Group “dovrebbe essere consultato su emendamenti della Strategia e del piano di azione” (European Council, October 2009). Tutto ciò è accompagnato da un processo consultivo e dal coinvolgimento dei diversi stakeholders. A tal fine, il Consiglio Europeo invita la Commissione “a salvaguardare il coinvolgimento degli stakeholders interessati a tutti i livelli nella regione, per esempio attraverso un forum annuale con lo scopo di aiutate la Commissione nel suo compito” (European Council, October 2009). In conclusione si riscontra nell’architettura della governance della EUSBSR un modesto coinvolgimento delle autorità sub-nazionali nei ruoli di responsabilità. È stato constato che “solo in poche aree prioritarie gli attori sub-nazionali […] hanno assunto un ruolo di coordinamento” (Kern, Ganzle 2011). Sulla discussione di questi ultimi aspetti si rinvia al capitolo conclusivo. 2.4 La Macroregione Danubiana Nel Febbraio 2009, prima di qualsiasi altro Stato membro Austria e Romania proposero di preparare una Strategia che consentisse un rafforzamento della cooperazione tra gli Stati attraversati dal Danubio. Il Consiglio Europeo del giugno 2009 accolse questa proposta ed invitò formalmente la Commissione ad elaborare una Strategia macroregionale per la Regione Danubiana entro la fine del 2010. Si aprì un processo di consultazione durato dal 22 febbraio a giugno 2010 nel quale ogni Stato, ad eccezione di Moldavia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro, hanno presentato dei documenti di posizione. A dicembre 2010 la Commissione Europea ha presentato la Strategia dell’UE per la Regione del Danubio (EUSDR). Il Consiglio Europeo del 13 Aprile 2011, infine, ha formalmente adottato la Strategia, ovvero la seconda Strategia macroregionale in Europa. "Anche per quanto riguarda la Regione Danubiana, la forza trainante per l’elaborazione della Strategia è stata la cooperazione inter-governativa, ma il coinvolgimento dei vari stakeholders e dei livelli sub-nazionali hanno giocato un ruolo essenziale” (Kern, Ganzle 2011); anzi, proprio in vista della futura Macroregione, alcuni attori sono nati ed evoluti in questo periodo come ad esempio la Conferenza delle Regioni e delle Città del Danubio, istituita nel giugno 2009 per preparare i suoi membri alla Strategia28. La Regione del Danubio è costituita dai territori di 14 Paesi. Ciò che fa di questa Strategia sia un motivo di discussione che, allo stesso tempo, d’interesse, è che tra questi 14 Paesi solo 8 sono membri dell'UE: Germania (Baviera e Baden-Wurttemberg), Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia, Bulgaria e Romania; gli altri 6 invece non sono membri dell'UE: Croazia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Ucraina e Moldavia. In ogni caso la maggior parte del territorio di questa Macroregione, in seguito all’allargamento del 2004 e del 2007, rientra nell’Unione Europea e comunque i Paesi terzi partecipanti hanno intenzione di diventarne membri in un futuro prossimo. La Macroregione Danubiana è un’area funzionale approvata proprio perché al suo interno presenta caratteristiche, sfide ed opportunità comuni29. La sua grande area, definita dal suo bacino idrografico, abitata da circa 100 milioni di persone, è stata in passato teatro di numerosi eventi turbolenti (conflitti, movimenti di popolo, regimi non-democratici). Dopo il processo di trasformazione avviato con la Caduta del Muro di Berlino nel 1989, sono emerse una serie di sfide in tutta la Regione in oggetto; le principali sono: bassa mobilità, mercato dell’energia poco competitivo, le disparità socio-economiche, la criminalità organizzata, l’inquinamento ambientale e altri rischi come la siccità, le inondazioni, l’inquinamento 28 S. Ganzle, K. Kern, „Macro-regional Strategies: A New Mode of Differentieted Integration in the European Union”, Paper for CEPSA, 2011; 29 La struttura del resto del paragrafo si basa sulla “Comunicazione della Commissione Europea sulla Strategia dell’Unione Europea per la Regione del Danubio” dicembre 2010. Si elecano nell’ordine: sfide, opportunità, obiettivi e governance della Strategia. 23 industriale. Tuttavia, nonostante queste urgenti problematiche, la Regione del Danubio possiede anche una serie di opportunità, come per esempio la straordinaria bellezza naturale, la ricca diversità culturale, le fonti energetiche rinnovabili. Da queste riflessioni è emersa la necessità di attivare una piano comune per poter fronteggiare le sfide del presente e del futuro e per sfruttare al meglio l’enorme patrimonio culturale e ambientale che il territorio offre. Dopo aver identificato le principali sfide ed opportunità dell’intera area, la Commissione Europea ha elaborato in risposta una Strategia simile a quella del Mar Baltico, fondata anch’essa su quattro pilastri: (1) Creare Collegamenti nella Regione Danubiana, (2) Proteggere l’Ambiente nella Regione Danubiana, (3) Sviluppare la Prosperità della Regione Danubiana, (4) Rafforzare la Regione Danubiana. Per ciascun pilastro, sono state individuate delle aree prioritarie di intervento, per un totale di undici. Riguardo “Creare collegamenti con la Regione del Danubio” sono stati individuati degli obiettivi sui temi dei trasporti, energia e turismo; in particolare si deve intervenire al fine di migliorare la mobilità ed i collegamenti all’interno della regione, incoraggiare l’energia sostenibile, promuovere il turismo e la cultura per connettere le persone. Sul tema della “Protezione dell’ambiente” le aree principali di intervento sono: ripristino e mantenimento della qualità delle acque, gestione dei rischi ambientali, conservazione delle biodiversità, dei paesaggi e della qualità dell’aria e del suolo. Il terzo pilastro individua per la prosperità della Regione tre finalità: sviluppare la conoscenza sociale (ricerca, istruzione, ICT), supportare la competitività delle imprese e investire nelle abilità delle persone. Infine, per quanto concerne il “Rafforzamento della Regione del Danubio”, gli attori coinvolti dovranno agire insieme tanto per incrementare la capacità istituzionale e cooperativa dell’area, tanto per promuovere la sicurezza, contrastando la criminalità organizzata. Per raggiungere i risultati nei settori focalizzati, è stato concepito un sistema di governance costruito in gran parte sull’esperienza dell’EUSBSR. In particolare la Commissione continua a possedere il ruolo di unità responsabile: nel coordinamento è assistita da un “gruppo di alto livello” costituito da tutti gli Stati membri; in consultazione con esso, la Commissione ha il potere di modificare il Piano d’Azione. Inoltre, la Commissione Europea svolge il suo ruolo di coordinamento attraverso i “punti di contatto nazionali” che vigilano a livello nazionale. 24 Mentre le regioni risultano evidentemente escluse dal “livello alto” di coordinamento, sembrerebbero recuperare campo sul coordinamento dei settori prioritari. Infatti la Comunicazione afferma che “gli Stati membri, previa consultazione della Commissione e delle agenzie e organismi regionali interessati, saranno incaricati di coordinare ciascun settore prioritario (in collaborazione con Stati terzi o regioni, ad eccezione dei temi trattati a livello nazionale, come la sicurezza, la grande criminalità e la criminalità organizzata)”. Per quanto riguarda invece la fase attuativa, la Commissione ribadisce anche questa volta che “l’attuazione delle azioni è responsabilità di tutti, a livello nazionale, regionale, municipale e locale”. Le azioni dovranno assumere la forma di progetti concreti, con un leader temporale e finanziario. La Commissione, in partenariato con i coordinatori dei settori prioritari d’intervento, mantiene la funzione di valutazione e monitoraggio della Strategia; inoltre organizza un Forum annuale a cui partecipano le autorità statali e regionali, la società civile, il settore privato e le Istituzioni europee per discutere, consultare e rivedere le azioni attuate. 2.5 Definire le Strategie Future In seguito all’esperienza Baltica e Danubiana si è discusso, sia in ambito europeo che a livello nazionale e regionale, della possibilità di esportare la pratica della Strategia macroregionale ad altre aree del Continente. In particolare le aree interessate sarebbero: Mare del Nord, Arco Atlantico, Mar Mediterraneo, Mar Nero, Arco Alpino, Mar Adriatico-Ionico. La Commissione Europea, dopo aver elaborato la Strategia per il Mar Baltico, ha definito delle linee guida per individuare le future Macroregioni30. In primo luogo la loro definizione dovrebbe essere funzionale, seppur fondata su elementi comuni facilmente identificabili, e place-based. In secondo luogo, dal momento in cui l’obiettivo di una Strategia macroregionale è la creazione di valore aggiunto, le future strategie dovranno saper rispondere a due test prima di essere adottate e risultare efficaci: il test del Market Failure e quello dell’Indispensability. Con il test del fallimento del mercato (e della politica) si intende che la Strategia dovrebbe essere realizzata laddove le strutture di mercato e politiche portano a risultati sub-ottimali. Il test dell’indispensabilità valuta invece i progetti da inserire nella futura Strategia, ovvero quelli pertinenti e importanti, e cioè: quelli che “devono” 30 European Commission, Discussion Paper, 11/2009 25 essere inclusi altrimenti la Strategia non avrebbe senso, quelli che “dovrebbero” essere inclusi per accrescere l’efficienza e l’efficacia della Strategia e quelli che “possono” essere inclusi per dare sostegno a favore di più azioni essenziali. Infine la Strategia dovrebbe includere delle politiche ben definite, identificare potenziali risorse, migliorare l’implemento dell’acquis comunitario e rafforzare la posizione e i rapporti dei Paesi dell’UE nei confronti dei Paesi Terzi. Al momento la Strategia per la Regione Adriatico-Ionica sembrerebbe quella più prossima all’approvazione, dopo quella Danubiana. Il Consiglio Europeo del 14 dicembre 2012 ha infatti invitato la Commissione Europea ad elaborare una Strategia entro il 2014. Rientrano nella Macroregione i seguenti territori: Marche, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, EmiliaRomagna, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Slovenia, Croazia, BosniaHerzegovina, Serbia, Montenegro, Albania e Grecia. La Macroregione Adriatico-Ionica prende ufficialmente avvio il 5 maggio 2010 con la cosiddetta “Carta di Ancona” e nasce come proposta strategica della IAI (Iniziativa Adriatico Ionica)31. Essa è concepita come una forma innovativa di cooperazione interregionale e transnazionale (in un territorio che storicamente ha riscontrato un importante grado di cooperatività32) per il rafforzamento dei processi democratici e l’accelerazione del percorso di integrazione europea dei Paesi balcanici. L’obbiettivo è da un lato quello di poter agevolare l’integrazione e di concretizzare il principio di cittadinanza, dall’altro quello di consolidare la cooperazione economica e di sviluppare una governance comune sui problemi condivisi, quali ambiente, energia, trasporti, pesca e gestione costiera, sviluppo rurale, turismo, cultura e cooperazione universitaria, protezione civile e cooperazione tra PMI33. La situazione attuale di work in progress non consente di fare riflessioni sul successo della Strategia, sugli ipotetici problemi attuativi o sull’applicazione del modello della multilevel governance nella fase discendente; questa è infatti la complessa fase di concertazione e consultazione tra i diversi territori coinvolti. Pertanto “l’accordo ed il coordinamento tra gli Stati e le Regioni coinvolte appaiono fondamentali” (Berionni 2012). 31 Avviata a sua volta 10 anni prima dai Capi di Governo e dai Ministri degli Esteri di sei Paesi rivieraschi (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia e Slovenia, cui si è aggiunta, nel 2006, la SerbiaMontenegro). 32 Nel capitolo successivo si possono trovare alcune informazione relative a: ALPE-ADRIA, Euroregione Adriatica e Euregio Senza-Confini. 33 Fonti: „La Strategia macroregionale come nuova modalità di cooperazione territoriale”, L. Berionni 26 3. La Macroregione Alpina 3.1 Storia della Cooperazione Territoriale nel Territorio Alpino La Risoluzione del 29 giugno 2012 di Bad Ragaz, nella quale le regioni alpine si sono ufficialmente pronunciate in favore dell’elaborazione di una Strategia macroregionale per l’area alpina, rappresenta solo l’ultima importante tappa di un’esperienza di cooperazione territoriale maturata negli ultimi decenni. Fin dagli anni Settanta infatti le regioni dell’arco alpino, travalicando i confini nazionali che le hanno storicamente divise, hanno sviluppato una coscienza comune riguardo la necessità di concepire il territorio montano come un’unica entità da preservare e valorizzare. Proprio per questi motivi sono stati realizzati una serie di progetti di cooperazione interregionale e transnazionale che hanno avuto tra i loro obiettivi primari quello di promuovere la comprensione reciproca dei popoli interessati, permettendo così di superare le distinzioni linguistiche, socio-economiche ed etniche, e favorire una maggiore integrazione a livello europeo. Si elencano dunque in ordine cronologico i principali soggetti emersi nel corso della storia della cooperazione territoriale sul territorio alpino (vedi Tabella 1). In seguito, per ciascuno di essi, ne verrà analizzata in breve la natura giuridica, i cenni storici, l’ambito di competenza, le principali finalità e peculiarità. Conoscere queste realtà è precondizione necessaria per valutare il grado di cooperazione di questi territori su cui insisterà la futura Macroregione Alpina. Tabella 1: I soggetti della cooperazione territoriale nelle Alpi Denominazione Generalità Associazione transfrontaliera nata nel 1972 a Mösern per la cooperazione tra le regioni centrali dell’arco alpino. Tuttora in vigore. Associazione transfrontaliera nata nel 1978 a Venezia per creare un collegamento tra le regioni orientali dell’arco alpino. Attualmente il suo destino è incerto in seguito alla nascita di nuovi organismi come l’Euroregione Adriatica (2006) e il GECT Euregio Senza-Confini (2012). Comunità di lavoro delle Alpi Associazione transfrontaliera nata nel 1982 a Occidentali (CO.TR.A.O.) Marsiglia per creare un coordinamento tra le regioni Comunità di lavoro delle Regioni Alpine (ARGE-ALP) Comunità di lavoro dei Lander e delle Regioni delle Alpi Orientali (ALPE-ADRIA) 27 francesi, svizzere e italiane. Nel 2006 è stata sostanzialmente sostituita dall’Euroregione Alp-Med. Euregio Tirolo-Alto Adige- Progetto di cooperazione transfrontaliera nato agli Trentino inizi degli anni Novanta tra le regioni del Tirolo storico. Dal 2011 è stata convertita in un GECT. Convenzione delle Alpi Trattato internazionale siglato a Salisburgo nel 1991. L’obiettivo degli otto Stati alpini firmatari è di garantire sviluppo e tutela del territorio montano attraverso comuni politiche di cooperazione transnazionale. Tuttora in vigore. Programma “Spazio Alpino” Programma di cooperazione territoriale per l’area alpina e prealpina, approvato nel settembre del 2007 dall’UE nell’ambito delle politiche di coesione per il periodo 2007-2013. ARGE-ALP Il 12 ottobre del 1972 a Mösern, in Tirolo, nacque una delle più antiche associazioni transfrontaliere, l’ARGE-ALP, ovvero la Comunità di lavoro delle Regioni Alpine34. Essa riunisce dieci regioni, lander, cantoni e province di Svizzera, Germania, Austria e Italia. La Comunità di Lavoro Regioni Alpine attualmente comprende circa 16 milioni di abitanti distribuiti su 118.504 km². La sede della segreteria è ad Innsbruck mentre, per quanto riguarda l’organizzazione interna, i gruppi di progetto attuano le delibere dell'organo supremo, la Conferenza dei Capi di Governo. L'Arge-Alp ha come scopo dunque quello di affrontare, mediante una collaborazione transfrontaliera, problemi e propositi comuni, in particolare in campo ecologico, culturale, sociale ed economico, nonché di rafforzare il senso della comune responsabilità per lo spazio vitale delle Alpi. Gli ambiti prioritari sono: la sicurezza e lo sviluppo dell'area alpina quale spazio di vita e di svago di alta qualità, attraverso la tutela dell'ambiente e la salvaguardia dell'equilibrio ecologico; l'armonizzazione dei metodi della pianificazione territoriale e dei suoi obiettivi; il coordinamento della progettazione e degli interventi infrastrutturali per il traffico transalpino ferroviario e stradale, tenendo particolarmente conto dello smaltimento del traffico pesante di transito; l'intensificazione della cooperazione economica, soprattutto con l'obiettivo di creare nuovi posti di lavoro; la tutela del ricco patrimonio culturale, 34 Fonte: www.argealp.org 28 promuovendo allo stesso tempo la creazione artistica contemporanea; la tutela della salute e la promozione della famiglia; la promozione dell'integrazione europea. ALPE-ADRIA La Comunità di Lavoro dei Länder e delle Regioni delle Alpi Orientali, meglio conosciuta come ALPE-ADRIA, fu fondata il 20 novembre 1978 a Venezia35. I membri costituenti erano: Baviera, Friuli-Venezia Giulia, Carinzia, Austria Superiore, Salisburgo (osservatore attivo), Stiria, Veneto e le repubbliche socialiste di Slovenia e Croazia. Nel tempo si sono aggiunti nuovi enti, tra cui la Regione Lombardia ed alcune province ungheresi, mentre altri originari non ne fecero più parte. Interessava una vasta superficie abitata da circa 26 milioni di persone. L’importanza di Alpe-Adria deriva dalla sua capacità di collegamento tra enti territoriali sottoposti a regimi politici ed economici differenti. Lander, regioni e repubbliche si sono riscoperte al centro di un importante crocevia per l’integrazione europea ed è stato nel progetto di un’Europa unita e nei suoi valori che l’Alpe-Adria ha trovato forza e ragion d’essere. Infatti, proprio grazie alla sua posizione geografica ed alla sua forza economica e culturale, ha cercato di ricoprire il ruolo di ponte nelle proprie aree di competenze tra gli Stati membri dell’UE e quelli in attesa di diventarne parte, realizzando tra questi intense cooperazioni a carattere progettuale; il suo obiettivo è stato quello di contribuire attivamente alla costruzione di un’Europa pacifica, democratica e pluralistica, agendo su un territorio particolarmente sensibile ai conflitti, e facendo valere i principi di eguaglianza tra i partner. Le relazioni amichevoli ed informali tra regioni confinanti sono state dunque trasformate in un’organizzazione con compiti ed obiettivi chiaramente definiti. Le principali aree di competenza: assetto e tutela del territorio, trasporti, turismo, cultura e società, sanità, agricoltura e foresta. Al momento è difficile prevedere il futuro di questa Comunità. Dopo oltre trent’anni di attività, la sua stessa esistenza è messa in discussione da nuovi organismi di recente creazione intenzionati, nel rispetto della sua storia ed eredità, a sostituirla nelle materie di comune competenza e ad imporsi nel territorio con maggiore incisività: l’Euroregione Adriatica, istituita a Pola il 30 giugno 2006, e il GECT Euregio Senza-Confini, nato ufficialmente il 27 novembre 2012. 35 Fonte: www.alpeadria.org 29 CO.TR.A.O. Le azioni di cooperazione tra le regioni frontaliere francesi, italiane e svizzere cominciarono il 2 aprile 1982, quando a Marsiglia venne firmato un Protocollo d’Intesa che istituiva la CO.TR.A.O. o Comunità di lavoro delle Alpi Occidentali. I membri costituenti erano: le regioni Rodano-Alpi, Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Valle d'Aosta, Piemonte e Liguria e i cantoni di Ginevra, Vaud e Vallese. L’obbiettivo della CO.TR.A.O. era quello di favorire la circolazione delle informazioni ed il coordinamento dei problemi e delle soluzioni di comune interesse nei seguenti campi: ricerca, cultura, trasporti, comunicazione, ambiente, turismo, politiche della montagna. La CO.TR.A.O. non esiste praticamente più. Come l’Alpe-Adria, è anch’essa un’associazione priva di personalità giuridica, pertanto è risultata essere nel tempo uno strumento poco fruttuoso. I suoi partner hanno così preferito sostituirla con un organismo più strutturato ed efficiente: dal protocollo d'intesa del 10 luglio 2006 firmato a Torino è nata l’Euroregione Alpi Mediterraneo (o Alp-Med) cui fanno parte tutti i vecchi partner della CO.TR.A.O. ad esclusione dei cantoni svizzeri. Inoltre il 18 luglio 2007, i Presidenti delle regioni frontaliere italiane e francesi hanno sottoscritto un protocollo d’intesa sullo spazio Alpi Mediterraneo, che rappresenta una prima tappa dell’Euroregione verso un Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT). Per acquisire maggior visibilità, le regioni hanno inoltre deciso di mettere in comune i propri uffici a Bruxelles, inaugurando una sede comune nel gennaio 200836. EUREGIO TIROLO-ALTO ADIGE-TRENTINO L'Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino è un progetto comune di collaborazione transfrontaliera delle regioni che componevano il Tirolo storico: lo stato federato austriaco del Tirolo e le province autonome italiane dell’Alto Adige e del Trentino. Nata nei primi anni Novanta, è diventata dal 14 giugno 2011 un Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale, possedendo dunque una personalità giuridica pubblica propria. Una delle iniziative più importanti è stata l'approvazione congiunta del "Manifesto delle Alpi" il 26 gennaio 2001, con lo scopo di coordinare i progetti nei seguenti ambiti: agricoltura e foreste, tutela della natura, turismo, imprese, trasporti, istruzione, formazione e ricerca, cultura. Tra le finalità principali dell'Euregio vi è infatti la promozione di un contesto di 36 Fonte (anche per l’estinta CO.TR.A.O.): www.euroregion-alpes-mediterranee.eu 30 sviluppo sostenibile che tenga conto delle condizioni naturali e ambientali e della particolare sensibilità del territorio alpino. L'intervento a tutela degli interessi delle regioni alpine e della loro popolazione, come recita il Manifesto delle Alpi, è l’espressione di un'azione basata sul principio di sussidiarietà che mira ad affidare agli abitanti del territorio alpino, e quindi non a soggetti esterni, la gestione del loro territorio. Dal 1995 ha costituito un comune ufficio di rappresentanza presso l'Unione Europea a Bruxelles, mentre dal 2009 ha istituito una nuova sede a Bolzano37. CONVENZIONE DELLE ALPI La Convenzione sulla Protezione delle Alpi, detta “Convenzione delle Alpi”, è un trattato internazionale siglato il 7 novembre 1991 a Salisburgo da Austria, Francia, Germania, Italia, Svizzera, Liechtenstein e la Comunità Europea (la Slovenia ha firmato la Convenzione il 29 marzo 1993 e il Principato di Monaco vi ha aderito sulla base di un protocollo supplementare), ed è entrato in vigore il 6 marzo 1995. Gli otto stati dell’arco alpino hanno riconosciuto per la prima volta l’unità territoriale alpina e quindi la necessità di garantire sviluppo e politiche di tutela comuni sulla base di un coordinamento internazionale efficace. L’obiettivo del Trattato consiste nel valorizzare il patrimonio comune delle Alpi e nel preservarlo per le future generazioni attraverso la cooperazione transnazionale tra i Paesi alpini, le amministrazioni territoriali e le autorità locali, coinvolgendo la comunità scientifica, il settore privato e la società civile. La Conferenza delle Alpi è l’organo che prende le decisioni più importanti nell’ambito della Convenzione. La peculiarità della Convenzione delle Alpi sta nel fatto di essere stato il primo trattato al mondo, vincolante in conformità al diritto internazionale, per la protezione di un’area montana transnazionale considerata secondo la sua continuità geografica. Il suo esempio è stato seguito dalla “Convenzione dei Carpazi” ed è guardato con interesse da molte altre aree (Caucaso, Asia Centrale, Ande)38. PROGRAMMA SPAZIO ALPINO Il Programma Spazio Alpino è un programma UE di cooperazione territoriale tra Germania, Francia, Italia, Austria e Slovenia (con la partecipazione del Liechtenstein e della Svizzera), approvato il 20 settembre 2007 dalla Commissione europea per il periodo 2007-2013. Esso 37 38 Fonte: www.europaregion.info Fonte: www.alpconv.org 31 rientra infatti nella programmazione dei fondi strutturali 2007-2013, dopo che l’iniziativa comunitaria INTERREG IIIB del periodo 2000-2006 è stata promossa ad obiettivo comunitario. Il Programma Spazio Alpino è quindi parte dell’obiettivo “Cooperazione Territoriale Europea” ed ha una dotazione finanziaria complessiva di 130 milioni di euro. Il Programma interessa un'area di quasi 450.000 km quadrati e una popolazione di circa 70 milioni di persone. Supporta gli attori dell'intero arco alpino, di una piccola sezione della costa mediterranea e di quella adriatica, di parti dei grandi bacini fluviali di Danubio, Adige, Po, Rodano e Reno, nonché delle regioni prealpine e di pianura con le loro grandi città di dimensione e vocazione europea come Lione, Monaco di Baviera, Milano, Ginevra, Vienna e Lubiana. In questo Programma, attori nazionali, regionali e locali, collaborano a livello transnazionale in diversi progetti con lo scopo di promuovere lo sviluppo regionale in maniera sostenibile. In particolare le priorità di intervento in cui si articola il programma operativo sono: 1) Competitività ed attrattiva; 2) Accessibilità e connettività; 3) Ambiente e prevenzione dei rischi39. L’esistenza di tutte queste strutture per la cooperazione territoriale fa sorgere alcuni spunti di riflessione. Se è vero che da un lato tutti questi soggetti hanno favorito un confronto continuo tra popoli diversi di un territorio condiviso, dall’altro questa parcellizzazione delle forze ha complicato la concezione dell’arco alpino come un’unità territoriale e politica. Questo disagio è stato inoltre riscontrato dal territorio, dagli amministratori locali nonché dalle Istituzioni europee stesse, le quali hanno di recente sviluppato le Strategie macroregionali anche come nuovo strumento di integrazione e di sviluppo, oltre che di cooperazione. Pertanto è emersa a livello territoriale la necessità di superare questa frammentazione e di ricercare un metodo di coordinamento più incisivo per il futuro; ed è da queste riflessioni che è cominciata l’elaborazione di una Strategia macroregionale per le Alpi. 3.2 Costruire la Macroregione Alpina Come sostenevo nel paragrafo precedente, si è palesata negli ultimi anni, a fronte delle esperienze baltica e danubiana, l’opportunità di elaborare anche per le Alpi una Strategia 39 Fonte: www.alpine-space.eu 32 macroregionale che permetta di coordinare al meglio le strutture già esistenti, rivendicare un maggior peso politico e rafforzare la governance in un’ottica multilivello. In questo paragrafo si cominceranno ad analizzare le condizioni di partenza per dimostrare che l’area alpina possiede le caratteristiche per intraprendere un percorso macroregionale ragionevole e coerente con le linee guida europee in tema; inoltre si riporteranno le fasi antecedenti il 29 giugno 2012, ovvero la data in cui è stata ufficialmente proclamata la comunanza d’intenti sulla Macroregione Alpina da parte dei soggetti interessati, per conoscere i luoghi, i protagonisti ed in generale le tappe principali della discussione sul progetto. E’ d’obbligo però far presente che il materiale disponibile attualmente non deriva dalla letteratura scientifica, anche perché allo stato attuale dei fatti la Macroregione Alpina risulta essere una costruzione meramente politica non operativa; di conseguenza sono state impiegate come fonti il materiale emerso dai vari documenti di coloro che stanno studiando e definendo il progetto. Ricordando che la definizione data dalla Commissione Europea per la Macroregione è “un’area che include territori di diversi paesi o regioni associati da una o più sfide o caratteristiche comuni (…) geografiche, culturali, economiche o altro” (European Commission, 2009: 1 e 7), bisogna domandarsi: quali sono le condizioni favorevoli (sfide o caratteristiche comuni appunto) per adottare una Strategia macroregionale per l’intera area alpina? Prima di tutto il territorio: le Alpi si configurano come un territorio omogeneo le cui problematiche sono percepite come simili da parte dei suoi abitanti e degli amministratori locali, indipendentemente dalla loro nazionalità. Il territorio montano, con i suoi limiti fisici per l’agricoltura e le comunicazioni, i rischi naturali, il fragile equilibrio ambientale, la tutela dell’importante patrimonio naturalistico e paesaggistico, presenta questioni comuni che vanno affrontate con un’azione collettiva e condivisa. Le Alpi costituiscono quindi una piattaforma territoriale coesa, suddivisa tra otto Stati nazionali. In secondo luogo anche le opportunità di sviluppo economico sono simili. I settori economici in cui investire nel contesto montano sono svariati: la qualità della vita e dell’ambiente, la produzione di energia (green economy in particolare), il turismo, le attività sportive e ricreative, le risorse naturali, il patrimonio naturale e culturale. Inoltre gioca un importante ruolo la solida tradizione di cooperazione territoriale sviluppata dalle autonomie territoriali: le discussioni e le iniziative a livello regionale mostrano che 33 sussiste una forte disponibilità del territorio a sostenere lo sviluppo di una macrostrategia per l’area alpina. La tradizione pluriennale della cooperazione nelle Alpi dovrebbe rendere possibili nuovi sviluppi, percorrendo una strada che può andare anche oltre le due Strategie macroregionali già esistenti. È evidente però che queste condizioni sono favorevoli per l’area montana in senso stretto: esse non prendono in considerazione le grandi metropoli e le ricche regioni entro cui si trovano le Alpi (Milano, Marsiglia, Lione, Monaco, Veneto, Lombardia, Baviera), ovvero una delle aree più ricche d’Europa. Le ragioni di questa esclusione preventiva vanno ricercate in uno dei dibattiti più importanti della fase preparatoria: la Macroregione Alpina sarebbe dovuta essere fisicamente limitata alle montagne o avrebbe potuto estendersi fino a comprendere le grandi aree urbane e le pianure circostanti? Alla prima linea di pensiero appartiene chi sostiene che l’omogeneità territoriale debba essere l’elemento guida per l’elaborazione di una Strategia macroregionale, e che quindi bisognerebbe seguire l’esperienza della Convenzione delle Alpi, che interessa appunto il territorio prettamente montano abitato da 14 milioni di abitanti. Alla seconda linea si rifà invece chi preferisce come esempio l’esperienza del Programma Spazio Alpino che riguarda una popolazione più ampia, 70 milioni di abitanti, ed un territorio più vasto, con caratteristiche eterogenee, ma allo stesso tempo interconnesse con le vicine Alpi. Soprattutto per ragioni di natura economica è prevalsa questa seconda linea, e gli elementi specifici e gli orientamenti tematici con cui si è imposta verranno ripresi nei prossimi paragrafi. Ciò che è importante riconoscere in questa sede è che il contributo, tanto della Convenzione delle Alpi, tanto del Programma Spazio Alpino, è stato determinante perché ha permesso un ampio confronto ed ha arricchito il dibattito. Tuttora, attraverso strumenti propri, entrambi i soggetti rivendicano il proprio ruolo nel processo di costruzione. Detto questo, non bisogna incorrere nel rischio di sminuire l’iniziativa autonoma delle Regioni, poiché questa è il vero motore del processo; il loro percorso, che in parte è stato indipendente rispetto agli altri due organismi, potremmo ricondurlo all’esperienza dell’ARGE-ALP. Si veda dunque in una prospettiva cronologica in che modo si sono intrecciate le varie iniziative che hanno costituito le tappe fondamentali della strada verso la Macroregione 34 Alpina40. Una prima occasione di discussione avvenne a Bruxelles nell’ottobre 2010, quando la Regione Lombardia in consorzio con altre regioni, promosse presso la propria Delegazione un dibattito intitolato “Towards a macro-regional strategy for the Alps”. Successivamente, nell’ambito della XI Conferenza delle Alpi di Brdo (Slovenia) del marzo 2011, si decise di creare un gruppo di lavoro presieduto da Svizzera, Italia e Slovenia che contribuisse al dibattito in corso sulle Strategie macroregionali europee, utilizzando come contesto di riferimento la Convenzione delle Alpi; il 12 maggio 2011 si riunì dunque a Zurigo il Comitato permanente della Convenzione delle Alpi: in questa occasione venne approvata la formazione del Gruppo di lavoro cui venne affidato il compito di elaborare una “Strategia macroregionale delle Alpi”. Sempre nel maggio 2011 il programma Spazio Alpino lanciò il progetto “Strategy Development for the Alpine Space” con l’obiettivo di definire gli orientamenti strategici a medio-lungo termine per l’area in oggetto. Il documento finale, che vedrà la luce solo nel 2013, rappresenterà un’importante piattaforma di riferimento per la futura Macroregione, e testimonierà l’ulteriore occasione avuta dalle medesime regioni coinvolte nella possibile Strategia, di consultarsi sulle sfide future. L’1 luglio 2011 è stata approvata una prima “Risoluzione per una Macroregione dello Spazio Alpino” da parte della Conferenza dei Capi di Governo dell'ARGE-ALP. Essi ritengono che anche per l'arco alpino sia necessario favorire e portare avanti il processo di sviluppo di Macroregioni avviato dalla Commissione Europea. “Nella Strategia macroregionale non si riscontra un nuovo livello istituzionale, bensì un metodo innovativo di cooperazione territoriale a livello interregionale e transnazionale, grazie al quale risulta possibile una migliore coerenza ed armonizzazione degli interventi politici in diversi settori, un utilizzo più razionale delle risorse finanziarie ed una cooperazione ispirata ai principi della multi-level governance” (Risoluzione Conferenza ARGE-ALP, 1 luglio 2011). Secondo i Capi di Governo regionali presenti è fondamentale che partecipino ai lavori sin dalle sue fasi iniziali tutti i protagonisti dei livelli statali e regionali interessati e tutte le associazioni di cooperazione territoriali esistenti. Su impulso della Baviera l’8 novembre 2011 le regioni interessate si sono riunite a Bruxelles sul tema “Verso una strategia europea per l’arco alpino”. In quella sede venne adottata una 40 Ricostruzione cronologica fondata sul documento: „Comunicazione del Presidente Formigoni del 16 gennaio 2012 – Stato di attuazione delle politiche regionali a chiusura della IX legislatura – Strategia Macroregionale Europea per le Alpi” 35 proposta di “road-map” che individuava le tappe per l’elaborazione della Strategia e la sua presentazione ai governi nazionali ed alla Commissione europea entro il 2012. Hanno preso parte ai lavori: Baviera, Lombardia, province autonome di Bolzano e di Trento, Rhone-Alps, Convenzione delle Alpi, AEM, Tirol, Comunità di lavoro Arge-Alp, Programma Spazio Alpino, Vorarlberg, Salzburg, Oberösterreich, Assemblea delle Regioni Europee, Provence – AlpsCôte d’Azur, Franche-Comté, Friuli – Venezia Giulia, Veneto, Valle d’Aosta, rappresentanti della Slovenia. In seguito, il 20 dicembre 2011, si è riunito a Parigi il Consiglio Direttivo di AEM – Associazione Europea degli Eletti della Montagna, al fine di orientare questo organismo all’interno della nuova Strategia. In seguito a quell’incontro la Francia ha ufficialmente appoggiato, a livello di Governo, l’iniziativa delle regioni sulla Strategia della Macroregione Alpina. Il 13 gennaio 2012 a Grenoble si è tenuta infine la conferenza ospitata dalla regione francese Rhone-Alps (in collaborazione con l’AEM ed il supporto del Programma Spazio Alpino), in cui sono stati discussi i contenuti portanti ed una possibile governance della Strategia. Si è pertanto condiviso un appello alle Istituzioni dell’Unione europea ed ai governi nazionali in favore di una Strategia europea per le Alpi, che indica tre assi tematici principali: il primo è energia, clima e ambiente; il secondo è accessibilità e trasporti; infine, è stato inserito su proposta della Regione Lombardia un asse innovazione e competitività, che prenda in considerazione tutto il tema delle attività produttive. L’Associazione Europea degli Amministratori di Montagna ha inoltre presentato un "documento di posizione" in cui ha dichiarato che la Strategia macroregionale non deve essere incentrata solo sulla montagna, ma deve anche tener conto delle relazioni che questa la legano alle grandi aree metropolitane come Milano, Torino, Lione, Monaco e alle loro economie di pianura. 3.3 La Conferenza delle Regioni Alpine a Bad Ragaz Dopo questa prima fase preparatoria, le regioni alpine si sono riunite a Bad Ragaz, nel Cantone di San Gallo, in Svizzera, il 29 giugno 2012, per pronunciarsi congiuntamente in favore dell’elaborazione di una Strategia macroregionale europea per le Alpi. Al tavolo di questa importante conferenza hanno preso parte i rappresentanti di Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano, delle regioni Provence-Alpes-Côte d'Azur, Rhône-Alpes e Franche-Comté, di Baviera e Baden 36 Württemberg, dei Land Tirolo, Salisburgo e Vorarlberg, dei cantoni Grigioni, S. Gallo, Ticino, Uri, Svitto e Vallese, nonché della Slovenia. Queste delegazioni hanno sottoscritto una Risoluzione in nove punti (vedi in Tabella 2 il documento ufficiale) che rappresenta la dichiarazione politica d’intenti rispetto il tema della Macroregione Alpina, ed hanno approvato un documento-piattaforma elaborato collettivamente, che delinea la futura Strategia. Tabella 2: La Risoluzione di Bad Ragaz Conferenza delle Regioni Alpine Bad Ragaz, il 29 giugno 2012 Strategia Macroregionale Europea per le Alpi Risoluzione del 29.6.2012 1. Le Regioni Alpine si pronunciano a favore di una Strategia macroregionale europea per le Alpi. Sono convinte che una Strategia macroregionale costituisca il quadro d’azione idoneo per realizzare, sulla base dell’identità comune dell’arco alpino, una collaborazione sempre più stretta ed efficiente a tutti i livelli (Unione Europea, stati nazionali, regioni). 2. Le Regioni propongono il documento d’iniziativa ai rispettivi governi nazionali, invitandoli a promuovere l’elaborazione di una Strategia macroregionale europea per le Alpi. 3. Le Regioni presentano un documento d’iniziativa elaborato collettivamente, che propone obiettivi concreti nei settori: – Competitività e Innovazione, Agricoltura e Silvicoltura e Turismo – Acqua, Energia, Ambiente e Clima – Accessibilità, Comunicazioni e Trasporti in cui è possibile creare un valore aggiunto attraverso un quadro operativo europeo comune, che consenta piena collaborazione a tutti i livelli secondo il principio della multi-level governance. 4. Le Regioni costituiranno un apposito “steering committee” (comitato di pilotaggio) per armonizzare l'ulteriore procedimento, specialmente per illustrare il documento di iniziativa ai diversi livelli delle Istituzioni europee subito dopo la conclusione di questa Conferenza. 5. Si accoglie con favore il fatto che anche il programma Spazio Alpino elabori soluzioni per un orientamento strategico a lungo termine per l’area alpina, assicurando così non soltanto le basi per un nuovo programma, ma anche un contributo alla discussione in corso sulla Strategia. 37 6. Si accoglie con favore il fatto che i contraenti della Convenzione delle Alpi si propongano di adottare, contestualmente alla Conferenza delle Alpi in programma nel settembre 2012 a Poschiavo, un proprio specifico contributo all’elaborazione di una Strategia macroregionale europea per le Alpi. 7. Si accoglie con favore il fatto che il Tirolo organizzi, in occasione della conferenza in programma per il 12 ottobre 2012 a Innsbruck, un incontro per illustrare il documento ai rappresentanti della Commissione Europea e dei governi nazionali e sollecitare l’adozione di tutti i passi istituzionali necessari per l’elaborazione di una Strategia macroregionale comune per le Alpi. 8. Le Regioni invitano i Governi nazionali, le Istituzioni Europee, le Autorità di gestione dei programmi di cooperazione territoriale ricompresi nell’area alpina, e la Convenzione delle Alpi, a partecipare insieme alle Regioni, a Milano nel primo semestre del 2013, a una conferenza in cui concordare i contenuti e i successivi interventi, dialogando secondo il principio della multi-level governance. 9. Le Regioni si impegnano a coinvolgere, nel quadro della ulteriore elaborazione della Strategia, anche istituzioni, organizzazioni e reti non statali, operanti nelle Regioni alpine. L’analisi di questo testo dimostra la forte volontà territoriale rispetto il tema in oggetto. La Risoluzione è infatti il risultato di un percorso autonomo, dal basso, delle regioni che ora invitano i propri governi nazionali a promuovere in ambito europeo l’elaborazione di una Strategia macroregionale alpina. Il punto 7 rinvia al successivo incontro tenutosi ad Innsbruck il 12 ottobre 2012 quando le regioni hanno ufficialmente presentato la Strategia alla Commissione Europea (rappresentata dal Commissario alle politiche regionali UE Johannes Hahn) ed ai governi nazionali, sollecitando questi ultimi ad adottare tutti i passi istituzionali necessari. Attraverso questo documento le regioni, in sintonia con quanto affermato nel paragrafo precedente, accolgono con favore i contributi dati alla discussione da parte del programma Spazio Alpino (il progetto “Strategy Development for the Alpine Space”) e della Convenzione delle Alpi. In particolare il punto 6 rimanda alla Conferenza delle Alpi tenutasi a Poschiavo il 7 settembre 2012. In questa occasione è stato prodotto il documento “Contributo della Convenzione delle Alpi a una Strategia Macroregionale per le Alpi (input-paper)”41. In esso si 41 L’”input-paper” della Convenzione delle Alpi, assieme allo „Strategy Development for the Alpine Space” del Programma Spazio Alpino, rappresentano nella sostanza le proposte di Strategia macroregionale delle strutture 38 è espressa la volontà della Convenzione delle Alpi di partecipare da protagonista nella fase di elaborazione della Strategia ritenendo, grazie alla sua natura di Trattato internazionale, di possedere un importante numero di strumenti (documenti, protocolli, risultati di gruppi di lavoro, piattaforme, reti) nonché un notevole bagaglio di esperienza nel campo della cooperazione transfrontaliera, da mettere a disposizione alla causa macroregionale. Inoltre, nonostante le aree urbane circostanti le Alpi non rientrano nel proprio campo di applicazione, la Convenzione afferma che è importante aprire con esse un dialogo aperto e strutturato, multi-settoriale e multi-attoriale: questa è una prerogativa necessaria affinché si possano conciliare le ragioni dello sviluppo economico con la protezione dell’ambiente montano e degli interessi degli abitanti delle regioni alpine. Questo documento è dunque conferma del fatto che la Convenzione delle Alpi ha accettato la natura della futura Macroregione: “la Strategia macroregionale dovrebbe condurre a più solidarietà e a partnership più robuste tra le aree di montagna e i grandi insediamenti urbani”. Infine vanno evidenziati nella risoluzione i continui segnali di apertura delle regioni alle Istituzioni europee, ai governi nazionali, alle Autorità di cooperazione territoriale nelle Alpi, invitandoli a prendere parte alle successive fasi di elaborazione della Strategia (primo appuntamento a Milano nel 2013) per concordarne contenuti ed interventi, secondo il principio della multilevel governance, e si riscontra l’impegno a coinvolgere tutte le istituzioni, organizzazioni e reti non statali al fine di ampliare il dialogo sulla futura Strategia. Al documento d’iniziativa oggetto di tutta la Risoluzione viene dedicato un paragrafo ad hoc. 3.4 Strategia Macroregionale per le Alpi: un’Iniziativa delle Regioni Dopo aver ricostruito e contestualizzato le tappe e le discussioni principali del processo di elaborazione della Strategia macroregionale per le Alpi, è finalmente possibile esaminarne i contenuti nel documento-piattaforma intitolato “Strategia Macroregionale per le Alpi – Un’Iniziativa delle Regioni” approvato alla Conferenza di Bad Ragaz. Questo documento definisce le linee guida, gli obiettivi da raggiungere ed un modello di governance della futura Strategia. Nel preambolo le regioni affermano che “l’obiettivo principale è quello di potenziare l’innovazione e la forza economica di questa regione complessivamente prospera, che le hanno redatte. Come si vedrà più avanti, nella fase successiva del percorso si dovrà trovare una convergenza tra questi ed il documento guida approvato dall’Iniziativa delle Regioni. 39 garantendo uno sviluppo sostenibile del sensibile spazio vitale, economico, naturale e ricreativo rappresentato dalle Alpi”. Perseguendo questo sarà quindi possibile “contribuire sensibilmente al raggiungimento degli obiettivi fissati nella strategia Europa 2020”. Le regioni sono convinte del valore aggiunto che una Strategia macroregionale può apportare alle Alpi dal momento in cui permetterebbe di integrare aree diverse dell’arco alpino, di responsabilizzare tutti i livelli di governo, di facilitare la collaborazione tra Stati membri e non membri (Svizzera e Liechtestein), di costituire un quadro nel quale vari attori possono cooperare con maggiore efficacia ed intensità. In particolare un approccio macroregionale permetterebbe di fronteggiare le seguenti sfide: • Potenziamento delle infrastrutture dei trasporti; • Conversione del sistema energetico per sfruttare le energie rinnovabili: lo spazio alpino offre infatti una serie di condizioni favorevoli per la produzione e lo stoccaggio di energie rinnovabili (acqua e legno) da poterlo trasformare in futuro nella “batteria d’Europa”; • Coesione economica tra il nord e il sud dell’Europa, poiché lo spazio alpino si ritrova nel crocevia di importanti tratte commerciali da poter essere definito “cuore d’Europa”; • Sfruttamento dello spazio alpino come serbatoio d’acqua d’Europa; • Tutela della biodiversità e della varietà naturale e paesaggistica delle Alpi. Nel quadro delineato delle sfide future per lo spazio alpino, le regioni hanno individuato tre pilastri, ovvero tre settori d’intervento, attorno ai quali costruire una Strategia macroregionale: 1) “Innovazione e Competitività”; 2) Acqua ed Energia, Ambiente e Clima; 3) Accessibilità, Mezzi di comunicazione, Trasporti. Per ciascuno di essi sono stati definiti una serie di obiettivi concreti da raggiungere. 1. Innovazione e Competitività Per quanto riguarda il tema dell’innovazione e della competitività, le regioni riconoscono che per mantenere alti la qualità della vita ed i livelli produttivi che le accomunano è necessario realizzare nuove forme comuni di collaborazione. Lo spazio alpino è infatti il più vasto centro economico e produttivo d’Europa ed è tra le zone con il maggior potenziale di sviluppo. In 40 questo contesto il tema della sostenibilità, ovvero l’utilizzo eco-sostenibile delle abbondanti risorse naturali, riveste un significato particolare poiché è indispensabile per ridefinire i fattori competitivi del sistema economico alpino. Per continuare ad essere un importante laboratorio di sperimentazione e di innovazione nel segno della sostenibilità, le regioni alpine dovranno intervenire nei seguenti ambiti prioritari: a) Potenziare la ricerca e l’innovazione, investendo su internet e sulle nuove tecnologie; b) Rafforzare l’attrattività dei territori per lo sviluppo economico ed il mercato del lavoro, investendo nelle filiere produttive locali e nelle “emerging industries” tecnologicamente all’avanguardia; c) Garantire la sostenibilità dell’agricoltura e della silvicoltura e la qualità dei prodotti alimentari; d) Integrare maggiormente il turismo, la sanità e la qualità dei servizi; e) Brand Awareness della Macroregione, creando il marchio “Macroregione Alpina” che garantisca la qualità e l’unicità di alcuni prodotti. 2. Acqua ed Energia, Ambiente e Clima Uno dei nodi da sciogliere all’interno di questo pilastro è quello della contrapposizione tra gli interessi di ordine economico e quelli della salvaguardia dell’ambiente e del clima. Le Alpi dispongono infatti di un’ingente varietà di risorse naturali (acqua, legno, sole, vento, biomasse) che possono essere impiegate come fonti di energia rinnovabile. È necessario però attuare un ampio coordinamento che offra soluzioni che concilino le ragioni dello sfruttamento con quelle della tutela, e che abbiano come fine la riduzione dell’impatto ambientale e lo sfruttamento eco-sostenibile delle risorse. L’acqua rappresenta una delle risorse più importante delle Alpi, serbatoio idrico d’Europa. Pertanto il primo obiettivo da raggiungere è la tutela dell’acqua come elemento fondamentale per la vita attraverso una gestione coordinata e sostenibile che ne ottimizzi l’uso. Lo scambio di informazioni ed esperienze comporterebbe una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse finanziare in fase di attuazione degli obiettivi europei comuni. Solo un intervento interregionale consentirebbe di risolvere le problematiche connesse alla gestione dell’acqua quali: la prevenzione dei danni, la pianificazione delle emergenze, la dotazione di moderni impianti idrici, l’equa distribuzione ed il consumo equilibrato. 41 L’acqua è inoltre l’elemento, secondo le regioni, sul quale costituire un futuro sistema di approvvigionamento energetico per le Alpi. Nel quadro della strategia energetica da fonti rinnovabili viene infatti data massima priorità all’idroelettrico. Le Alpi hanno bisogno di un sistema di approvvigionamento energetico sicuro, economicamente accessibile e qualitativamente elevato e dovranno pertanto elaborare nel tempo una politica energetica transfrontaliera comune. Riassumendo, l’obiettivo che le regioni intendono raggiungere in questo settore è l’organizzazione dell’approvvigionamento, della produzione, della distribuzione e del consumo dell’energia, puntando sulla progressiva riconversione energetica, in una prospettiva sostenibile. Anche per quanto riguarda gli aspetti della tutela dell’ambiente, del paesaggio, la salvaguardia del clima e la protezione delle biodiversità e degli ecosistemi è necessario un maggiore accordo a livello trans-regionale. In particolare le regioni ritengono opportuno attivare un percorso di ricerca comune e una serie di strategie di adeguamento coordinate che rendano possibile fronteggiare le future sfide dei cambiamenti climatici e le conseguenti ripercussioni sugli habitat, sui paesaggi naturali ed antropizzati. Una condivisione delle conoscenze in merito agli strumenti di organizzazione territoriale, di pianificazione paesaggistica e di diritto edilizio permetterebbe non solo di rendere più efficace l’azione volta alla salvaguardia del paesaggio, ma anche la sua valorizzazione tanto in sé quanto in termini economici. In generale, rispetto gli ambiti trattati, si riscontra un forte senso di responsabilità collettiva delle regioni alpine: esse sono consapevoli del fatto che la preservazione della bio-regione delle Alpi dipenda molto dalla loro capacità di attuare politiche di tutela ambientale e climatica di medio e lungo periodo largamente condivise. 3. Accessibilità, Mezzi di comunicazione,Trasporti Sul terzo pilastro della Strategia interregionale, sono stati individuati quattro ambiti prioritari d’intervento: a) Mobilità. Bisogna assicurare una mobilità ecocompatibile per le Alpi, contrastando il traffico veicolare. A livello regionale si dovrà quindi cooperare per integrare i servizi di trasporto pubblico locale e le reti di percorsi ciclopedonali. b) Trasporti. Bisogna adottare una strategia comune e chiara per l’organizzazione del trasporto delle merci nell’arco alpino. In generale le regioni vorrebbero contrastare 42 progressivamente il trasporto su gomma favorendo quello su rotaia. Un sistema ferroviario integrato ed efficiente migliorerebbe la comunicazione nelle Alpi. c) Informazione e Tecnologie. La connessione nelle Alpi si può migliorare anche attraverso le tecnologie per l’informazione e la comunicazione, investendo in esse, rendendole disponibili ed un utilizzandole nella maniera più efficiente. d) Servizi di base. L’accessibilità ai servizi di base deve essere garantita in ogni area dell’arco alpino, anche in quelle a bassa densità di popolazione. Gli ultimi aspetti che vengono considerati nel documento fin qui analizzato riguardano la delimitazione spaziale ed il quadro amministrativo della futura Macroregione. In particolare la suddivisione geografica dovrà essere flessibile e funzionale rispetto ciascun ambito trattato e comunque dovrà considerare non solo il territorio montuoso ma anche l’interconnessione con le confinanti regioni prealpine e le aree altamente urbanizzate. Per quanto riguarda il quadro amministrativo della Strategia, le regioni non intendono creare nuove istituzioni ma fare in modo che tutti i livelli amministrativi possano collaborare direttamente secondo il principio della multilevel governance. Ogni livello amministrativo (Commissione Europea, Governo nazionale, Governo regionale e locale) dovrà adempiere alla propria responsabilità. Per di più l’approccio macroregionale dovrà essere multisettoriale e multi-attoriale, puntando a coinvolgere il più ampio numero di soggetti indispensabili per l’attuazione della Strategia. 3.5 L’Intervista agli Esperti e la Conferenza tecnica del 22 febbraio 2013 a Milano La Strategia macroregionale per le Alpi è ancora alle fasi iniziali di elaborazione e perciò, come precedentemente affermato, non si dispone di una documentazione estesa (nonché di dati) tale da consentire di trarre adeguate conclusioni sul processo in atto. Per ragioni di completezza si è peraltro deciso di intervistare direttamente i responsabili in merito della Regione Lombardia al fine di approfondire gli aspetti che nel corso dell’esposizione, per i motivi appena indicati, non si sono potuti trattare in maniera esaustiva. Pertanto è stato contattato Raffaele Raja, direttore della “Struttura Promozione del Territorio e Montagna” della Regione Lombardia, un team specializzato della Presidenza della Regione, che ha 43 concesso, in data venerdì 8 febbraio 2013, un’intervista con la collaborazione di Roberta Negriolli, Responsabile dell’unità operativa “Governance per la montagna”. In particolare quest’intervista (vedi in Appendice la versione integrale), oltre ad aver chiarito alcune questioni di natura tecnica, si è posta i seguenti obiettivi: innanzitutto si è cercato di comprendere quali sono stati i momenti salienti del dibattito42 e dunque qual è stato il clima che ha caratterizzato la strada fin qui percorsa; in secondo luogo si è indagato sul ruolo che finora hanno ricoperto i governi nazionali e l’Unione Europea; infine ci si è chiesti quali benefici le regioni ritengono di trarre da questa nuova forma di cooperazione rispetto alle precedenti, come sarà l’approccio con quest’ultime e soprattutto che ruolo potranno avere le regioni stesse nella Strategia futura. Ne è emerso un quadro per cui la scelta macroregionale è risultata ad un certo punto inevitabile, frutto dell’evoluzione di una solida tradizione di cooperazione che ha spinto col tempo le regioni di quell’area a voler governare insieme i problemi e le sfide future, non volendosi più limitare a dover gestire progetti disseminati sul territorio. Si conferma perciò il fatto che il processo si è sviluppato realmente “dal basso”, e le circostanze in cui si è determinato hanno permesso che durante tutto il percorso non si incontrassero particolari ostacoli: la forte stima reciproca tra le regioni assieme ad un’altrettanto forte volontà politica sono stati gli ingredienti di un’esperienza serena ed un confronto disteso verso un obiettivo condiviso. Il “Documento d’iniziativa delle Regioni” rappresenta al momento la tappa miliare più importante del percorso, oltre ovviamente ai contributi offerti dal Programma Spazio Alpino e dalla Convenzione delle Alpi. A questo punto la fase successiva prevede il coinvolgimento diretto dei governi nazionali. I governi nazionali, escluso il ruolo ricoperto all’interno della Convenzione delle Alpi, sono sostanzialmente rimasti fuori da questa prima fase d’impulso di cui le regioni si sono rese protagoniste. Il momento di svolta si è verificato ad Innsbruck il 12 ottobre 2012, quando il Presidente della Repubblica Austriaca e l’ambasciatore francese a Vienna hanno ufficialmente espresso il sostegno dei rispettivi Paesi all’iniziativa. In particolare il governo francese sarebbe intenzionato a diventare il Paese promotore della strategia al Consiglio 42 Come per esempio si è già detto, uno dei momenti di confronto più significativi è stato quello riguardo l’ambito di applicazione della futura strategia, ovvero se si doveva guardare all’esperienza della Convenzione delle Alpi o a quella che poi è prevalsa del Programma Spazio Alpino. L’occasione di quest’intervista ha definitivamente chiarito anche questo aspetto: oltre ad una logica „strategia dei numeri” (70 milioni di persone contro le 14 milioni della Convenzione), si intuisce che un approccio macroregionale non può prescindere dalle inevitabili relazioni (si traduca sfide ed opportunità comuni) esistenti tra le città e le montagne; esse sarebbero principalmente accomunate dalle seguenti tematiche: inquinamento, trasporti, turismo, fiumi e sfide ambientali (sulle montagne nascono i fiumi su cui sorgono le città circostanti). 44 Europeo, essendosi proposto come coordinatore di un documento di convergenza da presentare in tale sede. Il governo italiano invece, pur non avendo manifestato alcun motivo di dissenso, non si sarebbe ancora chiaramente espresso; le ragioni di questo disimpegno sarebbero riconducibili sia al sostegno ad un’altra Strategia, quella Adriatico-Ionica, avanzata da più tempo, sia ai problemi di governabilità che hanno caratterizzato questi ultimi due anni e che non hanno potuto garantire un impegno chiaro e costante del governo italiano. Ad Innsbruck si è consumato anche il primo incontro ufficiale con l’UE, rappresentata dal Commissario alle Politiche Regionali Hahn. Quest’ultimo, oltre ad essersi dimostrato favorevole, ha evidenziato la presenza di un’iniziativa realmente bottom-up, a differenza delle altre Strategie finora adottate, ed elogiato la forte capacità di governance delle regioni alpine, tanto da arrivare a proporre che le regioni proseguano questo percorso autonomamente. Queste valutazioni della Commissione, anche se ancora è presto per stabilirlo con fermezza, lasciano intendere che nella futura strategia le regioni potrebbero effettivamente ricoprire più ruoli di responsabilità rispetto alle loro omologhe nel Mar Baltico e nel Danubio. Per quanto riguarda infine gli aspetti legati ai benefici derivanti da questa nuova modalità di cooperazione, le regioni ritengono di poter ottenere maggior efficacia politica a dispetto di un minor impiego di risorse; a differenza delle altre strutture di cooperazione già esistenti, cui comunque si confida possano rappresentare uno stimolo aggiunto per una cooperazione rafforzata, la Strategia macroregionale non genera nuove burocrazie né fonti di spesa, essendo fondate sui “Tre No”, e questo è l’aspetto più interessante della questione. I benefici però si potranno valutare solo in rapporto agli ambiti di intervento che verranno selezionati, per tanto è ancora prematuro esprimersi in questi termini. La valutazione di quest’intervista, oltre ad un’indubbia funzione di “arricchimento”, ha sostanzialmente rafforzato alcune tesi suggerite nel corso dell’esposizione. Si è avuta inoltre la possibilità di partecipare all’ultimo incontro tecnico tra i delegati regionali e i delegati del Programma Spazio Alpino e della Convenzione delle Alpi43, tenutosi a Milano il 22 febbraio 2013. Si sintetizza nei seguenti punti quanto stabilito in questa sede a conferma del quadro fin qui delineato: 43 I delegati della Convenzione delle Alpi erano funzionari del Ministero dell’Ambiente del governo italiano, dal momento in cui l’Italia ne detiene la Presidenza per il periodo 2013-2014. 45 • Le regioni si organizzano in vista dei prossimi passaggi da compiere: la prossima fase sarà quella in cui si dovranno coinvolgere i governi nazionali nella stesura di un nuovo documento da presentare entro la fine del 2013 al Consiglio Europeo; • Si è assunto che in seguito alla Conferenza di Innsbruck il governo francese (in particolare la struttura DATAR) rivestirà un ruolo di mediatore: dialogando con le regioni, i governi ed altre strutture, si cercherà, attraverso un Comitato paritetico di redazione, un’ampia convergenza su un documento che sintetizzi le tre proposte di Strategia fin qui avanzate; • Sarà necessario che questo documento sia concentrato su pochi ma concreti obiettivi, con un asse trasversale unificante che includa tutte le possibili declinazioni settoriali. Una proposta è stata il “patto di solidarietà tra Città e Montagne”, mettendo al centro della Strategia l’interrelazione tra aree montane ed aree urbane; • Il nuovo documento ed in allegato la nuova risoluzione politica, dovranno essere approvati da una Conferenza Stato-Regioni da tenersi in Francia entro gli inizi dell’autunno 2013. 46 4. Un Bilancio sulle Macroregioni: Sfide, Criticità, Conclusioni Lo studio effettuato finora sul fenomeno delle Macroregioni ha volutamente tralasciato gli aspetti critici al fine di poterli riprendere in questa parte conclusiva. Alcuni autori hanno di fatti riscontrato una serie di criticità ed evidenziato le sfide cui si dovranno sottoporre le Macroregioni per poter raggiungere i propri obiettivi. Si è detto che l’idea di fondo delle Strategie macroregionali è quella di creare valore aggiunto a beneficio di tutta l’Unione Europea attraverso un approccio integrato ed una governance efficiente e “soft” per coordinare diversi stakeholders, fondi e politiche già esistenti verso un obiettivo transnazionale comune. Il coordinamento si dovrebbe attuare sia tra le varie fonti a livello nazionale e regionale/locale, sia rispetto alle diverse politiche e programmi dell’UE. Ma può un approccio diverso ma con gli stessi attori (in primis i governi nazionali) avere maggiore efficacia di istituzioni inter-governative già esistenti? Per dirla con Stocchiero, “può una botte nuova trasformare il vino vecchio in un prodotto migliore?” (Stocchiero 2010a). Com’è possibile inoltre un miglior coordinamento di diverse fonti a monte di diversi programmi, politiche e istituzioni in assenza di norme, di fondi specifici e di nuove istituzioni? Un primo aspetto da dover prendere in considerazione riguarda quindi l’approccio macroregionale, ovvero se esso sia realmente integrato ed innovativo o meno44. La ricerca di un largo consenso tra una molteplicità di attori potrebbe andare a discapito dell’efficienza della Strategia; si pone dunque la questione definita “efficiency challenge” (Bengtsson 2009): il rischio è quello di riproporre sotto nuove forme approcci di cooperazione territoriale già visti. Altri si esprimono invece in favore: “l’idea di una cooperazione multisettoriale e multilivello […] appare vincente ed innovativa dunque non può che apportare un valore aggiunto: potenzialmente si tratta di un approccio vantaggioso ed avanzato, forse troppo”, dal momento in cui chi sostiene questo riscontra anche “l’esistenza di elevate difficoltà di coordinamento, soprattutto a causa dei diversi livelli di governance coinvolti” (Berionni 2012). “Se i pretesi valori aggiunti non emergono con chiarezza, il fattore simbolico e la volontà politica rischiano di evaporare” (Stocchiero 2010a). 44 Interrogativo posto da A. Stocchiero 2010a 47 Una seconda questione si pone sulle tensioni tra poteri che potrebbero emergere nella fase di attuazione della Strategia45. Per maggior chiarezza le principali cause che potrebbero generare dinamiche conflittuali sono: - tensione tematica, a causa delle numerose agende politiche che in parte si sovrappongono agli obiettivi degli stakeholders coinvolti in una potenziale Macroregione; - tensione istituzionale, a causa della molteplicità dei soggetti interessati e delle associazioni presenti (come le Euroregioni, i GECT, i programmi di cooperazione territoriale con i loro progetti strategici); le Macroregioni dovranno confrontarsi con strutture politiche già esistenti che spesso perseguono i medesimi obiettivi; - tensione strumentale, che deriva dalla presenza di diversi strumenti (politici, finanziari, programmi) per l’implementazione della Strategia; - tensione di potere (legale, finanziario e comunicativo) e di titolarità della Strategia, nelle sue modalità di attuazione. Senza una nuova istituzione o forte governance e senza risorse specifiche la Strategia macroregionale rischia di essere scritta sull’acqua46. In generale le principali critiche mosse alle Macroregioni sembrerebbero indirizzate alla “dottrina dei Tre No”, orientamento che peraltro sarebbe già stato rivisitato dalla Commissione (Berionni 2012), nonché mitigato dall’intervento del Consiglio Europeo che ha promosso la regola dei “Tre Si”: sì alla complementarietà dei finanziamenti, sì al coordinamento degli strumenti istituzionali, sì alla definizione di nuovi progetti47. L’aspetto più importante da prendere in considerazione per il futuro di questo modello di Macroregioni, anche rispetto gli obiettivi prefissati per questo elaborato, riguarda dunque la governance. Come si è già visto infatti, secondo diversi analisti, può verificarsi un rapporto conflittuale tra i diversi attori (tra governi centrali e subnazionali, tra attori sociali ed economici) principalmente durante la fase di implementazione della Strategia. Risulta quindi esserci una “governance challenge” (Bengtsson 2009). Ciò che sembra più evidente è però il modesto coinvolgimento degli enti regionali e locali nelle Strategie finora adottate. Come si è visto infatti, nel caso della Strategia per il Mar 45 Si veda sulla tensione tra poteri: A. Dubois, S. Hedin, P. Schmitt, J. Sterling, “EU macro-regions and macroregional strategies – A scoping study”, Nordregio Working Paper 2009:4 46 Un’altra questione posta da A.Stocchiero (2010a) 47 Conclusioni del Consiglio Europeo, EUCO 23/1/11 REV 1, 23-24 giugno 2011 48 Baltico e per il Danubio, i governi nazionali hanno avuto una funzione centrale nella fase di elaborazione, e ricoprono i principali ruoli di responsabilità nella fase attuativa. Gli esempi di cui disponiamo dimostrano che “non risulta sufficientemente chiaro se le Macroregioni abbiano uno sviluppo bottom-up o top-down” (Berionni 2012). Eppure il ruolo delle regioni e degli enti locali, vista l’esperienza nell’ambito della cooperazione territoriale, dovrebbe essere fondamentale nell’elaborazione di una Macroregione fondata sul principio placebased.48 In realtà bisogna ammettere che le regioni hanno minor capacità di promuovere un coordinamento transnazionale rispetto i governi centrali; allo stesso tempo, in un’ottica multilivello e transnazionale, “i governi centrali non dovrebbero rappresentare un ostacolo per le autorità locali, ma un’opportunità per un coordinamento ottimale ed un rafforzamento reciproco” (Stocchiero 2010b). Le Strategie macroregionali non devono dunque essere concepite come un metodo per ri-nazionalizzare le politiche, ma per “transnazionalizzarle”49. Il funzionamento di una Macroregione dovrebbe quindi sottrarsi da una logica inter-governativa, e dovrebbe favorire una governance in cui tutti i livelli partecipano in maniera attiva, specialmente quelli regionali e locali che operano direttamente sul territorio. Rispetto quest’ultimo argomento, la nascente Macroregione Alpina sembrerebbe distinguersi dalle sue precedenti omologhe. L’analisi operata, nonché l’intervista agli esperti, hanno confermato non solo l’esistenza di una solida tradizione di cooperazione, ma anche una forte volontà territoriale nell’elaborazione di una Strategia per quell’area. Le regioni si sono rese protagoniste di tutta la fase di promozione della Strategia, dando prova di un processo veramente “dal basso”. Uno degli obiettivi sarà inoltre anche quello di rafforzare l’”identità alpina”. Queste buone basi di partenza lasciano pensare, anche se è ancora presto e l’iter è ancora lungo, che le regioni potrebbero assumere importanti ruoli di responsabilità e di coordinamento nella Strategia, anche seppur sempre in una logica multilivello. 48 L’Assemblea delle Regioni d’Europa si espresse così dopo l’adozione della Strategia Baltica: „nonostante il proclamato approccio territoriale, l’iniziativa sembra rimanere top-down e guidata dagli Stati membri (...) se il ruolo delle Regioni è meramente consultivo, non ci sarà alcun miglioramento nella definizione e realizzazione della politica di coesione” (AER Recommendations on the Future of Cohesion Policy post-2013, 2009:14, www.aer.eu). 49 Stocchiero 2010b, cit.; lo stesso autore, poco prima nello stesso anno, domandava: „le strategie macroregionali sono realmente bottom-up o un metodo per ri-nazionalizzare le politiche?” 49 In definitiva chi scrive ritiene che le Macroregioni, nonostante gli aspetti critici riscontrati, rappresentino un’opportunità non solo per i territori che vi prendono parte, ma per l’Europa intera. Rispetto alle sfide che il futuro impone (ambientali, climatiche, energetiche, globalizzazione, allargamento), esse risultano un importante ed innovativo strumento di cooperazione, nonché di sviluppo economico (sostenibile), per fronteggiarle. Inoltre appare chiaro il valore aggiunto generato da una Strategia macroregionale rispetto alle altre forme di cooperazione, come per esempio le Euroregioni ed i GECT: quest’ultime nascono infatti con l’obiettivo principale di accedere ai fondi dell’Unione, organizzandosi in strutture burocratiche che dispongono di un proprio personale, un budget, una sede ufficiale, organi decisionali, ovvero fonti di spesa. Le Strategie macroregionali puntano invece ad un coordinamento ottimale di quanto già esiste sul territorio, comprese queste strutture, e l’idea di creare valore aggiunto senza istituire nuovi fondi, norme o istituzioni (ovvero dei “doppioni”) sembra una scelta lodevole, soprattutto in un periodo di crisi economica e di conseguenti riduzioni delle spese. Oltre quindi a dare la possibilità di “ridisegnare” la cartina europea secondo aree geografiche transnazionali, le Macroregioni individuano nuovi spazi economici e politici su cui investire; alcuni hanno anche sostenuto che questo tipo di cooperazione può contribuire alla globalizzazione delle regioni europee, grazie al posizionamento della Macroregione “nel mondo”50. Le Macroregioni europee offrono infine un approccio completamente nuovo ai Paesi terzi, rafforzando l’”appeal” dell’Unione Europea nei loro confronti e risultando dunque un valido strumento di integrazione anche per le Politiche di Vicinato dell’UE. Il loro successo è però necessariamente collegato al pieno coinvolgimento delle regioni e delle autorità locali nell’elaborazione ed implementazione della Strategia, in uno spirito di leale cooperazione e per una governance legittima. Come ha affermato il Comitato delle Regioni: “le Macroregioni saranno in grado di apportare un valore aggiunto all’integrazione europea solo se esse rafforzeranno la cooperazione tra il livello nazionale e il livello locale e regionale, rendendo più efficace la politica dell’UE”51. Sotto questo punto di vista, la Macroregione Alpina sembra partire dal binario giusto. Si vuole concludere proprio con una significativa citazione tratta dal documento d’iniziativa delle regioni alpine: 50 A. Dubois, S. Hedin, P. Schmitt, J. Sterling, “EU macro-regions and macro-regional strategies – A scoping study”, Nordregio Working Paper 2009:4 51 CdR, Parere sulla Strategia dell’Unione Europea per la regione del Mar Baltico, cit. 50 “Una Strategia macroregionale (…) deve costituire un primo passo verso un’Europa che sappia coniugare economia ed ecologia, tradizione e creatività, patria e cosmopolitismo, libertà e sicurezza, mercato e stato, efficienza amministrativa e ampio coinvolgimento dei cittadini”. 51 Appendice Intervista a Raffaele Raja, Direttore della “Struttura Promozione del Territorio e Montagna” della Regione Lombardia, un team specializzato della Presidenza della Regione, con la collaborazione di Roberta Negriolli, Responsabile dell’unità operativa “Governance per la montagna”. Venerdì 8 febbraio 2013. 1) Com’è stato il confronto tra le regioni alpine sulla Strategia da adottare? Può spiegare quali sono stati i momenti salienti del dibattito durante l’elaborazione della Strategia macroregionale per le Alpi? La questione della Strategia macroregionale si trascina da molto tempo. L’idea di una Regione Alpina che esprima contenuti, politiche e valori comuni può essere fatta risalire da quando si è costituita la Comunità Europea, in quanto forme di cooperazione ci sono sempre state. Queste forme di cooperazione (Comunità di lavoro, INTERREG, Italia-Svizzera per esempio) hanno suggerito alle regioni di tutto l’arco alpino di poter esprimere qualcosa in più, considerando l’idea di una Macroregione Alpina. L’occasione è stata data dalle due Strategie (baltica e danubiana); esse hanno dimostrato che anche se non si può fare un’aggregazione politica, si possono trovare modalità differenti per affrontare problematiche e sfide comuni. All’inizio del dibattito è stato difficile quindi concepire che non si stava trattando di una nuova “entità territoriale”. Si potrebbe però trovare una “filosofia di fondo” (ovvero quella della scomposizione degli Stati nazionali e della ricomposizione di un’Europa delle Regioni, a partire dal basso, superando gli Stati nazionali, creazione antica, superata o comunque superabile, e proponendo nuove forme di aggregazione). Non c’è dubbio infatti che implicitamente vi sia alla base un sentimento di essere parte di una “patria comune”, nonostante si parlino 4 lingue diverse (italiano, francese, tedesco e sloveno) e svariati dialetti. I vari territori mostrano una certa affinità: il tempo, le lingue ed i confini non hanno oscurato un sentimento di appartenenza ad un territorio condiviso. Le esperienze baltica e danubiana avevano ragioni legate sì ad una questione territoriale, ma anche a questioni di sicurezza, inquinamento, navigabilità, in territori dove fino a poco tempo fa hanno convissuto sistemi politici differenti. Le Alpi sono invece una cosa completamente diversa. Primo perché, a parte la Slovenia, sono un’area essenzialmente 52 ricca, con un alto tenore di vita abbastanza equilibrato. Secondo perché le Alpi non sono un fiume o un mare, quindi hanno problematiche completamente differenti dal Mar Baltico e dal Fiume Danubio. Le regioni hanno quindi scelto di perseguire la strada verso una Strategia macroregionale (il Programma Spazio Alpino è risultato “limitato”) per voler governare i problemi, e non limitarsi ad attivare progetti disseminati, creando un tavolo su cui mettere i problemi comuni ed affrontarli in maniera comune. In questo modo l’area verrebbe considerata omogenea, dove non solo vi è garantita la libera circolazione (a parte Svizzera e Liechtenstein), ma si considerano anche le soluzioni per far fronte alle sfide che questa comporta (trasporti e infrastrutture per esempio). La Strategia è stata quindi ad un certo punto una scelta inevitabile: si è voluto provare, come regioni, a sostenerla dal basso invitando ora gli Stati a sostenerla al Consiglio Europeo. La Lombardia è stata un’importante promotrice dell’iniziativa (Open Days alla sede Regione Lombardia di Bruxelles già nel 2010), e l’input iniziale è stato molto forte. Dopo la crisi di governo italiana del novembre 2011, l’iniziativa è stata però portata avanti dalla Baviera (8 Novembre 2011) ma in un modo molto corretto, senza voler egemonizzare il progetto, ma anzi ricercando un ampio coinvolgimento di tutte le regioni interessate: questo perché il tempo era ormai maturo, il terreno era già stato arato e si doveva solo cominciare. È stato creato un comitato di redazione del documento programmatico di cui la Lombardia ha fatto parte in qualità di rappresentante unitaria delle regioni italiane (e Milano è stata quindi la sede del coordinamento delle regioni italiane sulla Strategia macroregionale). Inoltre la Baviera e il Salisburgo, dal momento in cui fanno parte non solo della Macroregione Alpina ma anche di quella danubiana già operativa, hanno offerto preziose informazioni, testimonianze ed esperienze su come sta procedendo la Strategia sul proprio territorio; mancano invece i contatti con l’esperienza Baltica. Le regioni dell’arco alpino (che hanno caratteristiche e poteri differenti) hanno perciò trovato un’unità d’intenti, nonché una dialettica molto forte rispetto gli stati nazionali. Per tutte queste ragioni si può affermare che il percorso è stato realmente dal basso e non ha incontrato ostacoli proprio per tutte le ragioni elencate. Una forte e sincera stima reciproca tra le regioni alpine ha dato fluidità all’iter verso la Macroregione Alpina. 53 2) Perché in qualche modo si è preferito seguire la linea tracciata dal Programma Spazio Alpino rispetto l’esperienza della Convenzione delle Alpi? Come dunque le grandi e medie città dell’area prealpina potrebbero contribuire nel raggiungimento degli obiettivi fissati nel documento d’iniziativa di Bad Ragaz? La questione è abbastanza evidente perché i due soggetti citati hanno perimetri di applicazione differenti. Le regioni non potevano che ritrovarsi nel Programma Spazio Alpino in quanto comprendono tutti i perimetri amministrativi delle regioni dell’arco alpino: queste ultime sono entità diverse che vanno considerate nella loro interezza amministrativa. Per puntare ad un coordinamento di politiche non si può per esempio pensare che ci possa essere una limitazione territoriale in Lombardia (in base a che cosa?). Da un punto di vista sostanziale poi le aree metropolitane all’interno e ai confini delle Alpi hanno delle relazioni strettissime con le montagne. Forse se non esistessero queste montagne, non esisterebbero neanche le città. Da un lato perché le Alpi sono il “serbatoio idrico” d’Europa, dove nascono i principali fiumi che hanno dato vita alle città. Dall’altro perché questi fiumi creano problemi alle città (per esempio le piene in pianura, causate dalle alluvioni o dallo scioglimento dei ghiacciai); vi è inoltre una correlazione tra i problemi di inquinamento nelle città e le montagne. Emergono quindi delle relazioni inevitabili. Si potrebbe però pensare che una città come Venezia, per esempio, non sia strettamente collegata alle Alpi. Eppure durante il dibattito proprio su questa città sono emersi aspetti interessanti: si possono creare nuove opportunità, portando per esempio i turisti sulle Crociere attraccate nel porto di Venezia alle Dolomiti, creando nuove traiettorie di sviluppo per il settore del turismo. Infine anche se le montagne non sono una meta esclusivamente turistica, non si possono non prendere in considerazione i problemi del traffico verso le montagne. Le regioni sono unanimemente d’accordo su questo aspetto: non si possono separare i problemi e le opportunità delle città da quelli delle montagne per un approccio realmente macroregionale. Ritornando al punto precedente quindi, è ancora più ovvio il motivo per cui la Convenzione delle Alpi, che è un trattato internazionale tra Stati e riguarda il territorio prettamente montano, non risultava uno strumento adeguato per fronteggiare la correlazione di sfide evidenziata. Da un punto di vista strategico pesano molto inoltre il numero dei cittadini coinvolti: presentarsi in Europa con una massa critica di 70 milioni di persone riferite a Spazio Alpino è molto più importante dei 14 milioni della Convenzione delle Alpi. In conclusione la prossima fase dell’iter verso la Macroregione Alpina vedrà una 54 convergenza delle linee tracciate da Spazio Alpino e Convenzione delle Alpi (quest’ultima si è in questo senso chiaramente espressa con l’input-paper di Poschiavo del settembre 2012) che parta però dal documento d’Iniziativa indicato dalle regioni. 3) In che misura hanno partecipato i governi nazionali? Quello italiano, in particolare? Nella Conferenza di Innsbruck del 12 ottobre 2012, dove hanno partecipato gli Stati e le regioni dell’arco alpino sempre all’interno del contesto ARGE-ALP, il Presidente della Repubblica Austriaca si è espressamente dichiarato a sostegno dell’iniziativa. Per di più l’ambasciatore francese a Vienna si è presentato lanciando la proposta di porsi come mediatore tra le 3 iniziative convergenti verso la Strategia macroregionale, dichiarando espressamente che il governo francese aveva l’intenzione di sostenere al Consiglio Europeo il progetto. Questa proposta è stata un po’ inaspettata ma alla fine è stata vista positivamente tant’è che subito è cominciato il rapporto con i Ministeri francesi per capire come uniformare i vari documenti prodotti nel tempo. Al governo francese è stato però fatto presente che non si poteva modificare la traccia definita dal documento d’iniziativa delle Regioni. Arrivati a questo punto serve un mandato politico a livello europeo. La Francia si è quindi offerta come stato promotore al Consiglio Europeo ma fondamentalmente conta poco chi sia il promotore, perché è più importante che tutti gli altri siano d’accordo. I contatti con il governo italiano sono stati finora solamente informali e non si rilevano contrasti all’iniziativa. La situazione è però di “stand-by” per un semplice “diritto di precedenza”, ovvero il governo italiano ha per il momento speso le sue energie nella Strategia Adriatico-Ionica, frutto di un lungo lavoro cominciato da più tempo. Ma ora che il Consiglio Europeo ha invitato la Commissione ad adottare una strategia per il Mar AdriaticoIonico, sicuramente il governo centrale guarderà con maggior interesse per dare un contributo alle prossime fasi di costruzione della Macroregione Alpina. In particolare il Presidente del Consiglio Monti ha incontrato a dicembre 2012 il Ministro degli Esteri austriaco, per parlare anche della Strategia macroregionale per le Alpi. Inoltre anche al vertice Italia-Francia del 4 dicembre tra Monti e Holland si è discusso sull’argomento riguardo i documenti preparati dai francesi. In realtà i governi nazionali rappresentano la fase successiva all’iniziativa delle Regioni, le quali ora dovranno coinvolgerli per condividere il resto del percorso. Finora Francia e Austria sono gli stati che si sono ufficialmente dichiarati favorevoli all’iniziativa. 55 4) Quali sono state le reazioni a livello europeo? Sempre ad Innsbruck era presente il Commissario Europeo alle Politiche Regionali Hahn, austriaco, il quale nelle sue dichiarazioni si è espresso in favore dell’iniziativa, sottolineando la questione della differenza di approccio rispetto alle altre Strategie (ovvero un approccio realmente bottom-up). Rispetto quest’ultimo aspetto ha infatti lanciato un segnale in cui sosteneva che dal momento in cui le regioni alpine sono le più importanti e ricche regioni d’Europa nonché dimostrano ampie capacità di governance, potrebbero proseguire questo percorso “al di fuori del contesto dell’UE”, senza l’aiuto della Commissione. La ragione di questo invito, accolto in maniera positiva, sta nel fatto che informalmente la Commissione aveva informalmente sottolineato in precedenza di non avere al momento le “forze” per seguire un’altra Strategia. 5) Quali risorse – economiche e di personale – sono state impegnate? Dal momento in cui una Strategia macroregionale si fonda sui “Tre No”, non sono previste al momento spese ad hoc, proprio per definizione. Le uniche spese affrontate fino adesso riguardano gli spostamenti e gli incontri delle delegazioni quando si confrontano, ma si tratta di cifre molto basse, concentrate in 2-3 volte l’anno. Spesso ci si tiene in contatto per e-mail, skype, telefono, testimonianza di un rapporto tra regioni armonioso, caratterizzato da stima reciproca ed interessi comuni. Semmai l’unico problema di tipo organizzativo riguarda la questione dei “traduttori” dall’inglese alle lingue ufficiali e viceversa (tra l’altro è assurdo che per capirsi tra regioni di lingua diversa si utilizza l’unica che non appartiene alle Alpi): spesso è difficile trovare dei bravi interpreti che comunque rappresentano un costo specifico al momento delle conferenze. 6) Secondo voi l’approccio con gli organismi di cooperazione già esistenti sul territorio (Comunità di lavoro, Euroregioni, GECT, Reti non statali) potrà essere in futuro motivo di tensione o uno stimolo per una collaborazione più forte in ambito macroregionale? La Strategia macroregionale, a differenza delle forme di cooperazione da lei citate, si fonda sulla “regola dei Tre No”. Questo significa in particolare che non crea nuove istituzioni (ovvero non è una sovra-struttura) ma piuttosto un tavolo dove si incontrano e si coordinano entità già esistenti. I GECT invece sono nati secondo una logica differente, che ormai credo superata: essi creano una nuova istituzione interregionale, con un proprio consiglio direttivo, 56 distaccata dagli enti locali, a cui vengono affidate determinate competenze e funzioni. La conseguenza reale è che uno strumento come il GECT crea un doppione, ovvero ulteriore burocrazia e spesa pubblica. Per questi motivi ora le regioni guardano con interesse alla Strategia macroregionale. In generale si può concludere che la presenza di tutti i vari organismi di cooperazione già esistenti non potrà che rappresentare uno stimolo per una cooperazione rafforzata. L’unico motivo di tensione che forse si potrebbe verificare riguarda la questione della leadership. Ma la leadership della Macroregione dovrà essere condivisa, e non rappresentata da un unico soggetto, anche se comunque per il momento la questione non si pone visto che sinora nessuno ha voluto sovrastare qualcun altro. 7) Che benefici si pensano di ottenere dalla costruzione della Macroregione rispetto ad altre forme di cooperazione? Dopo l’importante impegno dimostrato da parte delle regioni alpine in questa fase di “iniziativa e impulso”, potranno gli enti regionali e locali ricoprire più ruoli di responsabilità nella governance e nell’attuazione della Strategia rispetto ai loro omologhi nell’esperienza Baltica e Danubiana? Rispetto alle altre forme di cooperazione, si ritiene che con la Strategia macroregionale si possano ottenere maggiori benefici in termini di efficacia politica con minori costi. La Strategia macroregionale vuol essere un metodo rinnovato di coordinamento delle politiche significative per migliorare i vecchi schemi e superarli. I documenti preparati da Spazio Alpino e dalla Convenzione delle Alpi nonché l’Iniziativa delle Regioni sono omnicomprensivi, ovvero comprendono un po’ tutti i contenuti emersi ma si sa che ognuno avrà il proprio tema d’interesse da sviluppare. Ma l’Europa è fatta così: si sta insieme mettendo un po’ di tutto per tutti, anche quando non è possibile, per cui “la cornice è più importante del quadro”. Su certi temi si dovranno dunque operare delle scelte ed ecco perché i benefici si vedranno solo in relazione alle priorità d’intervento. Sotto questo punto di vista la Macroregione Alpina potrebbe essere considerata una sorta di “Europa in piccolo”. La speranza concreta è che ci si sente una “comunità di regioni” che esprimono logiche di territorio con l’elemento unificante delle Alpi. I territori vogliono essere protagonisti nella ricerca di un’”identità alpina”. Un altro aspetto da dover prendere in considerazione in merito ai benefici riguarda l’idea di presentare le Alpi come “brand” territoriale nel mondo, ovvero come “marchio turistico” unico e non solo. 57 Le altre Strategie dal mio punto di vista hanno avuto una costruzione “top-down”: anche se gli enti sub-statali sono coinvolti, i forti interessi economici degli Stati sono dominanti. Le regioni delle Alpi hanno invece una notevole capacità di auto-governo ed efficienza amministrativa. Sarà dunque la valutazione della Commissione a stabilire se le regioni potranno avere importanti ruoli di responsabilità, ma è evidente la differenza tra le regioni alpine e le regioni di altre aree dell’Europa. L’obiettivo resta quindi quello di fare una Strategia macroregionale governata dalle regioni e dai territori, cioè nel rapporto più immediato con la popolazione. 8) Quali sono le prossime tappe del percorso? I prossimi appuntamenti saranno a Milano il 21 e 22 febbraio: il 21 ci sarà un incontro nell’ambito Spazio Alpino mentre il giorno seguente ci sarà l’incontro ufficiale tra le regioni dell’Iniziativa. In questa occasione verrà definita una nuova “road-map”. 58 Bibliografia Angeleri E., Vesan P., “Towards a New Territorial Cooperation in Europe”, European Governance, Vol. 2 No. 1, March 2008, 23-26, URGE. Bengtsson R., “An EU Strategy for the Baltic Sea Region: Good Intentions Meet Complex Challenge”, Sieps, European Policy Analysis, September – Issue 9-2009. Berionni L., “La strategia macroregionale come nuova modalità di cooperazione territoriale”, Istituzioni del Federalismo, Note e Commenti, 3.2012. Caciagli M., “Regioni d’Europa. Devoluzioni, regionalismi, integrazione europea”, Il Mulino, 2006. Caciagli M., “Integrazione europea e identità regionali”, Working Paper n. 1/2001, CIRES. Cappellin, R. (1998). “Transborder Co-operation along the External Borders and the Turnabout of Regional Development Policies: A Mediterranean Perspective”, in Hedegaard & Lindström (eds). The NEBI Yearbook 1998, Springer, Berlin. Comunicazione del Presidente Formigoni del 16 gennaio 2012 – Stato di attuazione delle politiche regionali a chiusura della IX legislatura – Strategia Macroregionale Europea per le Alpi. Conferenza delle Regioni Alpine, “Strategia Macroregionale Europea per le Alpi”, Risoluzione del 29.06.2012, Bad Ragaz. Conferenza delle Regioni Alpine, “Strategia Macroregionale per le Alpi”, documentopiattaforma approvato il 29 giugno 2012, Bad Ragaz. Convenzione delle Alpi, “Contributo della Convenzione delle Alpi a una Strategia Macroregionale per le Alpi”, Input Paper, 7 settembre 2012, Poschiavo. Dubois A., Hedin S., Schmitt P., Sterling J., “EU macro-regions and macro-regional strategies – A scoping study”, Nordregio Working Paper 2009:4. 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