la cenere e il niente
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la cenere e il niente
Città di Saronno Centro Studi sul Chiarismo Francesco De Rocchi Villa Gianetti 02 96710246 – 02 9609388 www.comune.saronno.va.it [email protected] L Giovanni Testori Il Centro Studi sul Chiarismo ha sede nella storica dimora saronnese di Villa Gianetti, che espone permanentemente una collezione di dipinti e l’atelier dell’artista Francesco De Rocchi (Saronno 1902 - Milano 1978). Il Centro Studi nasce da esigenze di conservazione e di frequentazione di volumi, documenti e riviste del movimento nato a Milano negli anni Trenta e si propone di approfondire la conoscenza del Chiarismo e dell’ambiente storico-artistico intorno al quale si è formato. LA CENERE E IL NIENTE scritti per Varlin Presentazione di Stefano Crespi Domenica 21 febbraio 2010 – ore 16.30 Villa Gianetti, via Roma 20 – Saronno LA CENERE E IL NIENTE G G iovanni Testori (Novate Milanese, 1923 – Milano, 1993) è una delle più singolari figure del panorama culturale italiano del dopoguerra; la sua opera di scrittore e poeta, di critico d’arte e drammaturgo, d’intellettuale trasgressivo e polemico è strettamente legata alla vita, alla storia e all’arte di Milano, come del mondo lombardo. Si laurea nel 1947 all’Università Cattolica di Milano con una tesi sulla pittura del primo Novecento. Ma è la violenza eloquente dell’espressionismo che lo affascina sempre più negli studi di storia dell’arte, tanto da fargli ricercare radici lontane o periferiche di linguaggi “plebei” o visionari contro la compostezza classicista di molta altra arte italiana. Dalla storia alla critica militante, l’interesse per gli artisti di cui si è occupato nei decenni non è mai stato neutro e la sua adesione a un’esperienza figurativa ha sempre rappresentato la propria messa in gioco: e questo avviene per Francis Bacon come per Willy Varlin, di cui fu il primo critico effettivo. Con il titolo “La cenere e il niente. Scritti per Varlin” si viene quasi a presentare un trittico novecentesco, consequenziale, di Giovanni Testori sull’arte del Novecento, accanto ai due libri precedenti: “La cenere e il volto. Scritti sulla pittura del Novecento”, “La cenere e la carne. Scritti sulla scultura del Novecento”. Un viaggio psichico, tematico, espressivo nell’arte del Novecento dove la scrittura è accadimento vissuto, nella dialettica senza fine della luce e dell’ombra. Luogo e non luogo di questi testi testoriani è Bondo (Canton Grigioni – Svizzera) dove la pittura di Varlin arriva a una “grande deflagrazione”, ultima soglia, congedo. LA CENERE E IL NIENTE W W illy Leopold Guggenheim nasce il 16 marzo 1900 a Zurigo, gemello di Erna. La sua famiglia appartiene all’alta borghesia ebraica e nel 1912, dopo la morte del padre, si stabilisce a San Gallo, dove Willy frequenta il liceo e la scuola d’arte e mestieri. Nel 1922 prosegue gli studi a Parigi, qui il commerciante d’arte Zborovski gli consiglia di adottare lo pseudonimo VARLIN, dato che il nome Guggenheim rievoca la famosa famiglia americana. Nel 1932 torna a vivere a Zurigo con la madre e la sorella, il loro stile di vita è modesto, già negli anni Trenta la famiglia perde tutto il proprio patrimonio e il lavoro di Varlin permette a malapena di mantenere tutti. Solo negli anni Cinquanta il successo diventa tale da poter migliorare la situazione finanziaria. Nel 1963 Varlin sposa Franca Giovanoli e si trasferisce a Bondo, in Bregaglia (Canton Grigioni), dove Franca ha ereditato un appartamento, e a sessantasei anni Varlin diventa per la prima volta padre. Raggiunge la notorietà come artista; infatti afferma: “Con il tempo scopro il masochismo degli intellettuali che vengono a farsi fare il ritratto da me. La loro gioia autolesionista me ne porta sempre di nuovi: a Frisch segue ben presto Dürrenmatt [...].” Entra in contatto con il drammaturgo, scrittore e pittore italiano Giovanni Testori, che ha un approccio innovativo alla sua opera: se fino ad allora la critica si era soffermata essenzialmente sulle tematiche della bohème, Testori va oltre cogliendo tutto il significato tragico legato alla rappresentazione della tristezza, della solitudine e della nostalgia. Convince quindi l’artista ad esporre i suoi lavori in una grande mostra a Milano. Non sentendosi ancora pronto, Varlin posticipa più volte la data della mostra, ma anche se malato inizia a dipingere con rinnovata passione tele sempre più grandi per l’esposizione di Milano. La mostra viene inaugurato nel 1976 alla Rotonda di via Besana, un anno dopo Varlin muore dopo lunga malattia nella sua casa di Bondo.