Verso l`abolizione globale della pena di morte

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Verso l`abolizione globale della pena di morte
Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli
VERSO L’ABOLIZIONE GLOBALE DELLA
PENA DI MORTE (*)
Antonio Marchesi
Giunti al termine di questa illustrazione, inevitabilmente sintetica, degli
sforzi compiuti dal movimento internazionale per l'abolizione della pena
di morte, un punto ci sembra emergere con particolare evidenza: i
membri della coalizione che si è andata costruendo e rafforzando negli
ultimi anni sono, da una parte, motivati dalla propria contrarietà assoluta
alla pena di morte e sono, dall'altra, pragmatici e flessibili nella scelta dei
modi per avvicinare l'obiettivo che sta loro a cuore. E se la contrarietà
assoluta alla pena di morte (più precisamente, la convinzione che questa
sia contraria ai diritti umani) è, come si è visto, il presupposto della
proiezione della questione sul piano internazionale, i successi ottenuti dal
movimento abolizionista si devono invece, in buona parte, al
pragmatismo e alla flessibilità.
Pragmatismo e flessibilità, che hanno ispirato e tuttora ispirano l'intera
strategia abolizionista, si sono tradotti in primo luogo nell'uso, anche
spregiudicato, di tutti gli argomenti che possono risultare utili in vista
dell'abolizione della pena di morte nel mondo. Oltre che ad argomenti
etici e di principio, più coerenti con una posizione di contrarietà assoluta
alla pena capitale, si è fatto ricorso ad argomenti utilitaristici. In
particolare, gli abolizionisti hanno contestato l'argomento secondo cui la
pena di morte avrebbe un'efficacia deterrente speciale (significativamente
superiore, cioè, a quella delle sue naturali alternative), segnalando al
contempo l'effetto contrario - di "brutalizzazione" della società - che la
pena capitale talvolta produce. Sono stati spesso richiamati, inoltre,
argomenti che pongono l'accento non sulla pena di morte in sé, ma sul
modo in cui questa viene inflitta ed eseguita in concreto: mettendo in
luce il peso dell'arbitrio e della discriminazione nella "selezione" dei
condannati a morte, la possibilità o addirittura la frequenza degli errori
giudiziari, la crudeltà - prima psichica e poi fisica - insite nell'esecuzione
di una condanna a morte. Gli argomenti in questione, come viene fatto
spesso notare, non sono decisivi, dal momento che valgono a certe
condizioni (che la pena di morte sia davvero priva di un'efficacia
deterrente speciale, che venga davvero usata in maniera razzista, che si
commettano effettivamente errori giudiziari irreparabili e che non la si
possa applicare in maniera indolore). Ma si sono rivelati particolarmente
utili in contesti nei quali la posizione contraria alla pena di morte per
ragioni di principio stenta ad affermarsi.
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Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli
La flessibilità e il carattere articolato della strategia che ne deriva si
riflettono altresì sulla differenziazione delle modalità attraverso le quali la
questione della pena di morte è stata posta nel quadro dei rapporti
internazionali. In primo luogo, attraverso la previsione di limitazioni
sempre più ampie e l'invito a fare passi in direzione dell'abolizione, si è
lavorato alla formazione graduale del consenso nelle sedi multilaterali.
Parallelamente, da un certo momento in poi, si è affermata un'azione
abolizionista più diretta, inserita nella cornice di rapporti di tipo
bilaterale, spesso caratterizzata da forme di condizionalità. Di recente,
poi, la questione della pena di morte si è posta a livello internazionale in
un quadro diverso dai precedenti: quello della previsione delle pene
applicabili dai tribunali penali internazionali. Non si è trattato, in questo
caso, di regolare a livello internazionale la previsione e l'applicazione
della pena di morte "statale", ma di disciplinare il funzionamento di
organi internazionali.
Pragmatismo e flessibilità si sono tradotti infine nell'articolazione degli
obiettivi intermedi che il movimento abolizionista si è proposto di
raggiungere. L'obiettivo meno ambizioso, ma non per questo meno
importante, è quello della "riduzione": si tratta della riduzione dello
spazio occupato dalla pena di morte, in particolare attraverso la
limitazione di questa ai reati "più gravi" o il mantenimento per i soli reati
"eccezionali". A questo si è aggiunto l'obiettivo della moratoria, ossia
della sospensione dell'esecuzione di condanne a morte, a cui può fare
seguito, in un momento successivo, la sospensione dell'inflizione delle
condanne a morte, ovvero l'abolizione de facto. L'una e l'altra via - la via
della riduzione/abolizione parziale e la via della moratoria/abolizione de
facto - sono destinate a confluire nella via maestra dell'abolizione totale de
jure. Ancora pochi anni fa, la domanda che veniva posta, con riferimento
a questo obiettivo finale, era se sarebbe stato mai raggiunto. Oggi, alla
luce dei progressi di cui abbiamo parlato nelle pagine che precedono, ci si
chiede non se la pena di morte sarà un giorno abolita, ma quando lo sarà.
*. Da P. Costa (a cura di), Il diritto di uccidere, Feltrinelli, Milano 2010, pp.
192-194.
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