Progetto Burundi al Dipartimento di Informatica

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Progetto Burundi al Dipartimento di Informatica
Progetto Burundi al Dipartimento di Informatica
Sommario
Si presenta qui una proposta di progetto per la collaborazione del Dipartimento di Informatica
con la Fondazione pro-Africa nell’ambito di una più vasta collaborazione, denominata “progetto
Burundi”, già attiva tra diverse fondazioni ed istituzioni (Fondazione pro-Africa, Università di
Ngozi in Burundi, Fondazione don Gnocchi, Fondazione Giorgio Zanotto) e l’Università degli
Studi di Verona.
L’attuale progetto prevede la partecipazione dell’Università degli Studi di Verona all’attività
didattica del corso di laurea in infermieristica presso l’Università di Ngozi (Burundi) e un ruolo
progettuale e di reperimento di fondi (poi gestiti dalle Fondazioni partecipanti al progetto) per
la cogestione dell’ospedale di Ngozi, in sinergia con le attività didattiche.
Il progetto che si vuole qui proporre prevede un intervento diretto del Dipartimento di
Informatica al fine di mettere a disposizione del progetto Burundi le competenze tecnologiche ed
informatiche del Dipartimento stesso. Il Dipartimento, tramite anche un Assegno di Ricerca da
bandire appositamente, potrebbe svolgere un ruolo attivo in quattro diverse attività all’interno
del progetto: (1) assistenza e supporto nella gestione del laboratorio informatico dell’Università
di Ngozi, (2) fornitura all’Università di Ngozi di computer o altri dispositivi elettronici dismessi
dal Dipartimento ma ancora funzionanti, (3) installazione e gestione di un sistema software
per la telemedicina e il teleconsulto che metta in comunicazione i medici dell’ospedale di Ngozi
con i colleghi degli ospedali dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, e (4)
collaborazione a livello didattico con l’Università di Ngozi per l’organizzazione e l’erogazione di
corsi di informatica.
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Indice
1 Il Burundi e Ngozi
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2 Presentazione del progetto Burundi
2.1 Condizioni della sanità della maggior parte dei Paesi Africani .
2.2 Il progetto e le sue articolazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.1 La prima articolazione: l’attività didattico-formativa . .
2.2.2 La seconda articolazione: la preparazione e la cogestione
Ngozi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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dell’ospedale di
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3 Personale coinvolto nel progetto
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4 Il progetto Burundi presso il Dipartimento di Informatica
4.1 Direzioni di lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Riferimenti bibliografici
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Il Burundi e Ngozi
Il Burundi è un piccolo stato africano di 27.830 km2
di superficie (non molto più grande della Lombardia) e con una popolazione, stimata a luglio 2012
[2], di 10.557.259 abitanti (circa la popolazione della Lombardia). Confina con il Ruanda a nord, con
la Repubblica Democratica del Congo a ovest, e
con la Tanzania a sud ed a est. Si trova nella regione geografica dei Grandi Laghi ed è uno stato
senza sbocco al mare. L’intero territorio del paese
è costituito da un altopiano, con un’altitudine media di 1700 m. Il punto più alto è il monte Heha
(2685 m), situato a sudest della capitale. A sud e a
sud-est i bordi dell’altopiano scendono fino a circa
1300 m. L’unica area situata a meno di 1000 m di
altitudine è una striscia di terra attorno al fiume
Ruzizi (a nord del lago Tanganica), che forma la
Albertine Rift, propaggine occidentale della Grande Rift Valley. Abitato fin dai tempi più remoti, conobbe la colonizzazione prima tedesca, poi
belga. Ottenne l’indipendenza nel 1962. Dal 1966 il Burundi è una repubblica presidenziale
[14].
Ngozi è una città del nord del Burundi. È la capitale della provincia di Ngozi. Si trova a
1820 m di altitudine sul livello del mare ed ha una popolazione di 40.200 abitanti.
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Presentazione del progetto Burundi
Il progetto Burundi è rivolto ad un territorio e ad una popolazione drammaticamente colpiti
dalla guerra interetnica con gravi carenze in campo sociale, economico, igienico-sanitario e nasce
da due radici potenzialmente assai feconde. Da una parte il lungimirante interesse del Cardinale
Ersilio Tonini, che già alla fine degli anni 1990 aveva realizzato importanti iniziative a favore
del Burundi tra le quali la costruzione di centinaia di case per le vedove e gli orfani di guerra e
un aiuto finanziario tramite la CEI a sostegno della neonata Università di Ngozi. Dall’altra la
positiva risposta dell’Università di Verona alla richiesta di aiuto a sostegno degli studi medici da
parte dell’Università di Ngozi. Su queste radici si è sviluppato un progetto di collaborazione tra
l’Università di Verona e la Fondazione pro-Africa da una parte, e l’Università di Ngozi dall’altra,
finalizzata alla formazione in loco di medici, paramedici e tecnici sanitari di vari settori.
L’idea ispiratrice del progetto è “dare all’Africa l’opportunità di essere artefice della propria
crescita, sviluppando sul posto iniziative formative di livello universitario in campo scientifico
e tecnologico per formare professionalità in grado di migliorare le attuali condizioni disastrate
della sanità africana”.
La realizzazione dell’iniziativa, di per sé limitata, sta dimostrando come, sulle disastrate
condizioni igienico-sanitarie in cui vive gran parte della popolazione africana, siano possibili
interventi in loco che, per il realismo degli obiettivi, per le modalità di attuazione e per un
rapporto costi-benefici assai favorevole, possono rappresentare un modello estendibile ad altri
Paesi africani da parte di università del mondo sviluppato, non solo in campo sanitario ma
anche in altri settori disciplinari tecnico-scientifici.
2.1
Condizioni della sanità della maggior parte dei Paesi Africani
Tra le situazioni di grave depressione che colpisce i Paesi dell’Africa sub-sahariana, quella che
riguarda la sanità è tra le più drammatiche. Il volontariato occidentale nelle sue espressioni
pubbliche e private, laiche e religiose, è in gran parte impegnato in questo settore attraverso
iniziative di vario tipo, come la gestione di ospedali, di ambulatori, di dispensari, opere di
bonifica e di prevenzione, che nel loro insieme riescono a vicariare la assai debole presenza
dei governi locali, ma non a creare condizioni strutturali in grado di realizzare un progressivo
miglioramento delle condizioni sanitarie delle popolazioni.
Uno dei punti deboli più significativi della sanità africana è la grave carenza di iniziative
formative razionalmente impostate e di un livello culturale tale da incidere sul lungo periodo,
per cui il gap di conoscenze e di qualità assistenziale tra le popolazioni dei paesi sviluppati e
quelle dei paesi in via di sviluppo continua a crescere.
In questa problematica si pone l’iniziativa che qui viene presentata. Si tratta di un progetto
per la formazione di tecnici sanitari nel quale la Facoltà di Medicina dell’Università di Verona è
da qualche anno impegnata in Burundi. Il progetto è nato nel 2000 in seguito ad una richiesta
di collaborazione e di aiuto a sostenere gli studi medici pervenuta da una neonata università
africana situata nella piccola città di Ngozi, nel nord del Burundi, con un bacino d’utenza di
qualche milione di abitanti, inclusi quelli dei confinanti Ruanda, Tanzania e Congo.
Una attenta analisi condotta sul posto per verificare la validità della richiesta ha evidenziato
situazioni meritevoli di una risposta positiva.
a) Le pessime condizioni sanitarie del Burundi rispecchiano esattamente quelle di tutta l’Africa
sub-sahariana.
b) Gravissima carenza di tecnici sanitari soprattutto nelle zone rurali, dove vive il 90% della
popolazione, con un medico ogni 50-100 mila persone (in Italia vi è un medico ogni 240
persone [2]) e un infermiere ogni 10-15 mila persone.
c) Ospedali fatiscenti, spesso privi di personale sanitario.
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d) Fallimento delle iniziative di inviare i giovani nella nostre scuole e università europee, perché
una volta laureati o diplomati non tornano nei paesi di origine o, se tornano, portano una
mentalità che non può esprimersi in Africa.
e) Scuole per infermieri e università locali nella maggior parte dei casi inconsistenti per mancanza di finanziamenti, di strutture e di docenti.
f) Interventi finanziari e iniziative di enti internazionali molto spesso vanificati dalla mancanza
di strutture e tecnici locali da impiegare nell’esecuzione dei progetti.
g) Mancanza di cultura tecnologica e gestionale, di industria, di artigianato e di professionisti
esperti dei vari settori tecnici, che sono il supporto necessario per iniziare, gestire, mantenere
efficienti e sviluppare attività sanitarie a livello ospedaliero e sul territorio.
È chiaro che in queste condizioni la speranza che le strutture formative locali, compresa
quella dell’Università di Ngozi prima citata, siano in grado di migliorare la situazione culturale,
anche nel solo campo della preparazione professionale, non può tradursi in realtà. Allo stato
attuale quindi solo l’intervento e la collaborazione del mondo sviluppato, attraverso iniziative di
tipo formativo che preparino professionisti e tecnici, possono innescare quel processo di sviluppo
che successivamente sarà in grado di procedere autonomamente e cambiare strutturalmente la
sanità dell’Africa sul piano assistenziale, preventivo e, col tempo, anche scientifico.
2.2
Il progetto e le sue articolazioni
La Facoltà di Medicina dell’Università di Verona si è posta in prima linea in questo tipo di
intervento. Alla richiesta dell’Università di Ngozi la risposta è stata
a) di iniziare una collaborazione in un corso universitario per paramedici,
b) di non impegnarsi per ora direttamente in un corso di laurea in medicina per la mancanza
di un ospedale e di un indotto tecnologico adeguato a sostenerne l’attività,
c) di operare per realizzare una struttura ospedaliera di livello universitario idonea alla formazione degli studenti, dei medici, dei tecnici sanitari.
Si tratta di una iniziativa che appare modesta a confronto delle necessità della popolazione
ma può essere un modello per lo sviluppo di una grande idea di fondo: creare “sul posto”,
e a costi accettabili, efficienti strutture formative attraverso la collaborazione tra università
occidentali e università africane. Il modello qui presentato riguarda la sanità ma può essere applicato ad altri settori dell’insegnamento universitario soprattutto di tipo scientifico-tecnologico
quali, per esempio, ingegneria e agraria nelle loro varie articolazioni.
La fase della preparazione del progetto è partita nel 2000, quella della realizzazione all’inizio
del 2002 e si è espansa da quando si è associata la Fondazione pro-Africa [5] del Cardinale
Ersilio Tonini che si è assunta il compito di colmare la maggiore carenza del progetto, cioè
l’indisponibilità di una struttura ospedaliera idonea alla funzione didattica.
Attualmente il progetto ha due articolazioni tra loro strettamente collegate: (1) l’attività didattica e formativa in capo all’Università di Verona e (2) la cogestione di un ospedale pubblico nella città di Ngozi, in capo alla Fondazione pro-Africa, funzionale alla attività didattico-formativa e all’allargamento futuro della collaborazione con il corso di laurea in
medicina.
2.2.1
La prima articolazione: l’attività didattico-formativa
È basata su una convenzione stipulata nel 2001 tra le Università di Verona e di Ngozi con la
partecipazione dell’Ospedale don Calabria di Negrar. Successivamente è stato sottoscritto un
accordo tra l’Università di Verona e l’Azienda Ospedaliera di Verona per la messa a disposizione
di personale medico e tecnico dipendente dall’Azienda. L’attività didattica è cosı̀ organizzata:
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• presa in carico di quasi tutti gli insegnamenti del corso di diploma universitario per paramedici
con l’erogazione di più di un migliaio di ore di lezione l’anno. Le lezioni sono tenute da una
trentina di docenti volontari appartenenti all’Università di Verona, all’Azienda Ospedaliera di
Verona, all’Ospedale don Calabria, e in qualche caso, ad altre Università. I corsi sono tenuti
in quattro periodi dell’anno e ogni docente svolge il proprio corso in circa tre settimane.
A questi docenti, che sono considerati in servizio dalla propria Amministrazione, non viene
data alcuna indennità di missione ma vengono solo pagate le spese di viaggio, soggiorno e
assicurazione;
• messa a disposizione di libri e dispense e materiale didattico (microscopi, proiettori, manichini,
tavole anatomiche, reagenti);
• il corso ha la durata 4 anni, gli studenti iscritti provenienti anche dai Paesi vicini erano
inizialmente circa 300 ma sono stati ridotti a 200 per ragioni logistiche e di efficiente rapporto
con le strutture. Annualmente riescono ad arrivare al diploma una trentina di unità che finora
hanno trovato facilmente un impiego.
• costruzione, con un finanziamento della Fondazione Cariverona, di una struttura didattica,
denominata Centro Didattico per gli Studi Medici, dotata di aule, laboratori, biblioteca, sale
di studio, sala informatica con un collegamento inizialmente satellitare, ora WiMAX. Il Centro
ha iniziato a funzionare dal settembre 2008 e rappresenta il punto di riferimento di tutta
l’attività formativa, anche extra-scolastica attraverso convegni, seminari, corsi professionali;
• un tele-insegnamento sperimentale, quello di Biochimica, per verificare la fattibilità, la risposta degli studenti e l’efficacia di questo nuovo tipo di didattica che consente un contatto
continuo tra il docente e gli studenti nonostante le migliaia di chilometri di distanza;
• nel quadro di una progressiva formazione di personale docente locale, è stato deciso di includere tra gli insegnanti alcuni docenti indigeni scelti accuratamente sul piano del possesso dei
titoli.
Per il finanziamento e la gestione amministrativa della parte didattico-formativa del progetto
l’Università di Verona è stata affiancata, tramite convenzione, da un ente privato veronese, la
Fondazione Giorgio Zanotto [4], come soggetto aggregatore di alcuni Enti pubblici e privati, che
hanno aderito costituendo un gruppo di sostegno per assicurare la continuità del finanziamento.
Il finanziamento e la gestione del Centro Didattico è stata presa in carico da una Associazione
privata, la Amahoro Onlus, costituita e alimentata con contributi mensili medi di 100e da
docenti dell’Università di Verona e da privati, con lo scopo di aiutare il progetto e di curare
altre iniziative umanitarie.
A regime i costi della collaborazione didattica nel corso universitario per paramedici e per
la gestione del Centro Didattico ammontano a circa 150.000e l’anno, che arriveranno a circa 250.000e quando si potrà realizzare la partecipazione alla didattica nel corso di laurea in
medicina con circa 300 iscritti.
Per conformarsi ai programmi concordati dalla East African Community, di cui il Burundi fa
parte, con l’anno accademico 2012/2013 verrà avviata la riforma degli studi universitari secondo
il modello BMD (Bachelor/Master/Doctorate), in francese LDM (Licence/Master/Doctorat).
Ciò comporta la sostituzione del diploma universitario, della durata di 4 anni, con un corso
di laurea triennale suddiviso in semestri, mantenendo però inalterata l’offerta didattica ed aumentandone di conseguenza il carico su studenti e docenti. La riforma è volta a favorire la
mobilità nazionale ed internazionale di studenti e laureati, favorire l’integrazione professionale
degli studenti nel mondo del lavoro, favorire la pluridisciplinarità nell’ambito della formazione
e della ricerca e fornire un titolo di studio riconosciuto all’estero. Alla laurea triennale si accede tramite un esame d’accesso. Durante il primo semestre dell’anno accademico 2012/2013,
saranno a carico di docenti dell’Università degli Studi di Verona i corsi di chimica e biochimica
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(Prof.ssa Mariarita Bertoldi), biologia molecolare e istologia (Prof.ssa Patricia Kerry e Prof.
Pietro Solero).
Il piano didattico della laurea triennale prevede per gli studenti un periodo di stage da
svolgere nell’ospedale di Ngozi. Dato il numero di studenti che vi dovranno accedere, per evitare
un sovraffollamento di scarsa utilità didattica e pratica, sono stati presi contatti con l’ospedale
di Kiremba e gli ospedali “Santé Rema” e “Mutoyi” di Bujumbura, in modo da distribuire gli
studenti in modo più efficiente.
A causa di difficoltà finanziarie, logistiche e normative, i livelli di studio successivi, magistrale
e dottorato, non sono stati attivati e non è stata ancora fissata alcuna data per la loro attivazione.
2.2.2
La seconda articolazione: la preparazione e la cogestione dell’ospedale di
Ngozi
Questa parte è finanziariamente a carico della Fondazione pro-Africa, istituita dal cardinale
Ersilio Tonini, col supporto del gruppo delle Banche di Credito Cooperativo e procede in perfetta
sinergia e collaborazione col progetto didattico gestito dall’Università di Verona.
Nei fatti la collaborazione è stata impostata come cogestione e presa in carico dei settori
chiave dell’ospedale con finanziamento diretto, cioè senza passaggi di fondi all’Amministrazione
dell’ospedale onde evitare dispersioni e contenziosi.
Già dopo un paio di anni di cogestione l’ospedale è notevolmente migliorato in seguito ad
una serie di interventi cosı̀ articolati:
• acquisizione di un organico di medici e tecnici, qualitativamente e quantitativamente adeguato, scelto preferibilmente tra personale indigeno;
• riorganizzazione funzionale dell’ospedale con suddivisione in reparti e servizi con autonoma
responsabilità, proprio organico e dotazione di nuove attrezzature;
• ristrutturazione di alcuni reparti particolarmente inadeguati come quello del gruppo tecnico
della maternità;
• ammodernamento del laboratorio e dei servizi diagnostici per immagini ed endoscopia;
• istituzione di un servizio di odontoiatria;
• organizzazione di un reparto di rianimazione con 4 posti letto;
• organizzazione di missioni assistenziali specialistiche di elevata qualificazione;
• costruzione della mensa e della cucina e istituzione di un servizio gratuito di distribuzione del
cibo ai pazienti e accompagnatori.
• riorganizzazione alberghiera con distribuzione della biancheria, acquisto e funzionamento di
una lavanderia;
• miglioramento delle condizioni igieniche attraverso l’istruzione del personale, la ristrutturazione e rifacimento delle fognature, l’imposizione di un regolamento igienico per le zone più
a rischio come il gruppo chirurgico;
• motivazione del personale attraverso una integrazione salariale e corsi di qualificazione professionale, da quello di igiene ospedaliera, a quello di rianimazione neonatale, di anestesiarianimazione e di altri in fase di organizzazione;
• istituzione di un fondo per i pazienti più poveri che non possono pagare la retta e i medicinali;
• collaborazione con l’Istituto delle Sorelle della Misericordia di Verona, che ha inviato tre suore
in servizio permanente in ospedale.
Con questi provvedimenti, alcuni ancora da perfezionare, l’ospedale è potuto diventare
un ospedale di riferimento regionale e dall’anno accademico 2009-2010 è a disposizione per
la frequenza degli studenti per l’insegnamento pratico.
Alcuni dati. Da un organico nel 2005 composto di 2-3 medici, non sempre presenti, oggi
prestano servizio dai 15 ai 18 medici, tra incardinati nell’organico (burundesi e congolesi) e
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qualche docente dell’Università di Verona, che si trova a Ngozi per compiti organizzativi e assistenziali speciali. L’assunzione dei medici locali avviene da parte del Ministero della Funzione
Pubblica burundese o dell’Amministrazione dell’Ospedale, dopo concorso o scelta sulla base
del curriculum. Lo stipendio è bassissimo (100-150 dollari al mese) e la Fondazione pro-Africa
integra il salario con la assegnazione di un “premio di operosità”, dell’ordine di poco più di
1000e al mese per i primari e di 400e per i secondari, concordato e sottoscritto dal medico
assunto e con alcune clausole vincolanti che prevedono l’accettazione degli obiettivi formativi
del progetto, delle regole della gestione e i conseguenti doveri. Questi premi di operosità sono
dati ad personam in un rapporto diretto tra il medico e la Fondazione pro-Africa, senza passaggi
attraverso l’Amministrazione ospedaliera.
Anche se non ancora in modo del tutto soddisfacente, perché non è facile reperire medici
e tecnici qualificati, l’ospedale si sta dando un’organizzazione assistenziale razionale per cui i
pazienti vengono affidati a medici di competenza. Il tasso di occupazione attuale è vicino al
100%.
Un ospedale di insegnamento deve essere il più completo possibile in termini di tipologia
dei reparti e dei servizi diagnostici. È perciò in programmazione, e in qualche caso già avviata,
l’istituzione
a) di centri e servizi qualificati, come
• un centro di oncologia pediatrica già partito in fase sperimentale
• un centro per la riabilitazione affidato alla Fondazione don Gnocchi e che verrà portato
a termine presubilmente nel corso di novembre 2012
• un centro di oculistica, con relativa sala operatoria, di cui è stata già acquisita per
donazione la strumentazione specifica
• un servizio di tele-diagnostica
b) di corsi di aggiornamento per medici e tecnici appartenenti anche alle strutture sanitarie del
territorio (un corso di anestesia e rianimazione durato 18 mesi si è già concluso);
c) di missioni assistenziali periodiche per interventi specialistici programmati soprattutto in
campo urologico, ginecologico, cardio-vascolare, oculistico, otorinolaringoiatrico, maxillofacciale e oncologico.
Di particolare importanza è il problema del grande numero di portatori di handicap, di origine congenita o acquisita a causa delle guerre e di una pessima attività ortopedico-traumatologica
presso gli ospedale africani. Questi malati, di tutte le età, sono praticamente abbandonati sul
piano sanitario e assistenziale. Una serie di interventi, che superino lo stadio assistenziale per la
sopravvivenza minima, è da tempo nei nostri programmi e il compito di una eventuale concretizzazione è stato affidato alla competenza e all’esperienza della Fondazione don Gnocchi, che
ha un proprio rappresentante nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione pro-Africa.
Tra le difficoltà maggiori incontrate nell’opera di riorganizzazione e di ammodernamento
dell’ospedale è da segnalare la mancanza di tecnici locali in campo ingegneristico, meccanico,
elettrico, elettronico, gestionale ed informatico.
Per la gestione dell’Ospedale di Ngozi, dotato di 200 posti letto, il costo per una giornata
di presenza si aggira attualmente sui 10-12e per cui, sulla base di una stima a regime di 50
mila giornate di presenza annue, la previsione di spesa è di circa 500-600 milae l’anno, di cui
il 70% circa sono attualmente preventivati a carico della Fondazione pro-Africa con la formula
di interventi in singoli settori (premi di operosità al personale, laboratori, cucina, lavanderia,
attrezzature, igiene, missioni assistenziali programmate ecc). Se si paragonano questi costi con
quelli di un ospedale italiano di medie dimensioni, che è di 800-1000e per giornata di presenza,
si trova che i costi dell’ospedale di Ngozi risultano inferiori di 80-100 volte. Certamente le
prestazioni e i servizi offerti sono diversi ma la diversità non è proporzionale alla differenza di
spesa, perché negli ospedali occidentali c’è un’esagerazione di prestazioni e di costi.
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Ad inizio ottobre è iniziata la costruzione dell’“Ospedale Materno Infantile”. I lavori dovranno da contratto durare al massimo 6 mesi e prevedono la costruzione di nuovi lotti comprendenti
un pronto soccorso e astanteria pediatrica e ostetrica, 8 sale travaglio/parto, 2 sale operatorie,
i reparti di neonatologia, pediatria, ostetricia e per le gravidanze a rischio, ambulatori per la
pediatria e il follow up del neonato, un ambulatorio per le gravidanze patologiche e la pianificazione familiare. Tale nuova struttura vuol quindi essere centro di eccellenza sotto l’aspetto
assistenziale e centro di formazione per figure professionali specialistiche quali infermiere pediatriche, pediatri, neonatologi ed ostetriche. L’architetto Gianfranco Arieti e il Prof. Ezio
Maria Padovani sono stati nominati dal rettore come rappresentanti dell’Università degli Studi di Verona a seguire gli aspetti tecnico/amministrativi del progetto. I lavori di costruzione,
affidati tramite concorso alla ditta burundese ECBROH, sono stati finanziati (insieme ad altri
progetti) dalla Fondazione Cariverona tramite un’erogazione all’Università degli Studi di Verona
(accettata tramite Decreto Rettorale 30 dicembre 2011 n. 3469, ratificato durante il Consiglio
d’Amministrazione del 27 gennaio 2012), poi gestita dalla Fondazione Giorgio Zanotto.
Infine si nota che l’ospedale di Ngozi è una delle sedi del tirocinio pratico previsto durante il
Master Universitario di Secondo Livello in “Chirurgia Tropicale e delle Emergenze Umanitarie”
erogato dall’Università di Verona.
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Personale coinvolto nel progetto
Attualmente il progetto conta sulla collaborazione di diverse persone italiane. Alcune di queste
sono coinvolte a livello organizzativo e gestionale e non vivono stabilmente a Ngozi, altre, in
particolare quelle coinvolte nel lavoro ospedaliero, sono espatriate e vivono stabilmente a Ngozi.
Nel primo gruppo di persone si annoverano:
• Prof. Filippo Rossi, referente del progetto Burundi per l’Università degli Studi di Verona;
• Prof. Ezio Maria Padovani, Dipartimento di Scienze della Vita e della Riproduzione
dell’Università degli Studi di Verona;
• Dott. Gianfranco Arieti, Direzione Tecnica dell’Università degli Studi di Verona.
Mentre nel secondo gruppo rientrano:
• Dott. Giovanni Pagani (pediatria);
• Dott.ssa Silvia Angeli (pediatria);
• Dott.ssa Silvia Ligero (fisioterapia);
• Dott.ssa Vanya Traversi Montani (rianimazione);
• Dott. Nicola Maccacaro (logistica e manutenzione);
• Dott.ssa Marta Endrizzi (ostetricia);
• Dott. Pietro Solero (laboratorio e didattica);
• Dott.ssa Patricia Kerry (didattica);
• Dott.ssa Giulia Bertoli (medicina);
• Suor Gigliapia (servizi di lavanderia, cucina e distribuzione pasti);
• Suor Bruna (pediatria);
• Suor Costancia (laboratorio).
A queste persone si devono aggiungere i diversi docenti che terranno alcuni dei corsi offerti nel
corso di laurea per paramedici.
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Il progetto Burundi presso il Dipartimento di Informatica
Quello descritto nella precedente sezione è lo stato iniziale ed attuale del progetto Burundi.
Passiamo ora a vedere come il Dipartimento di Informatica possa intervenire nel progetto.
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Attualmente sia l’Università che l’ospedale di Ngozi possiedono un’infrastruttura informatica, indipendenti tra loro. In particolare, ad occuparsi del laboratorio informatico messo a
disposizione degli studenti del corso d’infermieristica è stato nell’ultimo anno uno studente
iscritto alla Laurea Triennale in Informatica presso la nostra Università. Questo studente ha
vissuto a Ngozi durante lo scorso anno. Il laboratorio è costituito da circa 30 computer con
sistema operativo Ubuntu e collegati ad Internet tramite tecnologia WiMAX. Il laboratorio
possiede inoltre un server (basato su Debian) per l’autenticazione degli utenti e la gestione centralizzata delle home utenti. Al laboratorio hanno accesso circa 250 studenti, con un flusso che
però risulta al momento non eccessivo rispetto al numero delle macchine disponibili, se non in
particolari momenti.
Il sistema informatico dell’ospedale è invece gestito da personale dell’ospedale stesso. A
disposizione dei medici vi sono circa 10 computer equipaggiati con Windows XP. Anche questi computer hanno accesso ad Internet, ma non sono collegati a nessun server centrale e
l’autenticazione avviene quindi in locale.
Nei mesi scorsi, il Prof. Rossi, referente del progetto Burundi per l’Università di Verona,
insieme al Prof. E.M. Padovani, ha chiesto al Dipartimento di Informatica, in particolare
nelle figure del Prof. Combi e del Prof. Giacobazzi, di instaurare una collaborazione in cui il
Dipartimento possa mettere a disposizione del progetto le proprie competenze tecnologiche ed
informatiche.
4.1
Direzioni di lavoro
La collaborazione tra il progetto Burundi ed il Dipartimento di Informatica presenta vari aspetti,
cui corrispondono diverse iniziative ed obiettivi.
Assistenza informatica La prima iniziativa è di “assistenza informatica”. Essa prevede
di dare supporto nella gestione del laboratorio informatico messo a disposizione agli studenti
dell’Università di Ngozi e descritto sopra. Tale supporto, dipendentemente dal problema da
risolvere, può essere fornito da Verona in remoto oppure, in caso di trasferta ad Ngozi, in loco.
Fornitura computer dismessi La seconda iniziativa prevede di fornire all’Università di
Ngozi computer o altri dispositivi elettronici dismessi dal Dipartimento ma ancora funzionanti
e in buone condizioni. Questa iniziativa, oltre a permettere una maggiore tecnologizzazione e
modernizzazione dell’Università di Ngozi, andrebbe a ridurre anche un altro dei problemi che si
incontrano a Ngozi, cosı̀ come in generale in Africa e nei paesi poveri: l’impossibilità di reperire
pezzi di ricambio per computer e altri dispositivi.
Telemedicina La terza, e la più complessa, iniziativa è invece legata all’ospedale di Ngozi e
prevede di studiare e mettere in funzione un sistema software per la telemedicina.
La telemedicina è l’insieme di tecniche mediche ed informatiche che permettono la cura
di un paziente a distanza o, più in generale, di fornire servizi sanitari a distanza. La “second
opinion” medica è una delle applicazioni più comuni nell’ambito della telemedicina: essa consiste
nel fornire un’opinione clinica a distanza supportata da dati acquisiti inviati ad un medico
remoto che li analizza e li referta, producendo di fatto una seconda valutazione clinica su un
paziente. Si eliminano in questo modo gli spostamenti di pazienti e consulenti, aumentando allo
stesso tempo la qualità del servizio offerto perché in grado di avvalersi di maggior personale
e maggiormente preparato. Le tecniche telemediche di fatto favoriscono anche applicazioni di
formazione distanza, nelle quali il medico remoto può specializzare i medici che chiedono un
teleconsulto su un caso clinico attraverso tecniche di e-learning. Si realizza grazie a questo
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sistema la possibilità di una collaborazione interdisciplinare tra équipe mediche, che porta ad
una integrazione del patrimonio delle diverse competenze, in un clima di collaborazione tra
colleghi, di arricchimento culturale e di rispetto reciproco.
I sistemi di telemedicina e teleconsulto sono basati sull’utilizzo di apparati medici e di servizi di comunicazione al fine di garantire un rapporto interattivo tra medico di base e medico
specialista, tra medici specialisti e tra medici e personale infermieristico tramite la trasmissione di segnali biomedicali monodimensionali (ECG, EEG, flussimetria doppler) e bidimensionali
(TAC, RMN, RX, scintigrafie, ecografie, immagini patologiche). I moderni sistemi di teleconsulto consentono di effettuare sessioni standard di videocomunicazione e contemporaneamente la
comunicazione di dati e immagini. Vengono cosı̀ simultaneamente gestiti in maniera dinamica:
un canale video, uno audio e un canale dati; su quest’ultimo sono disponibili funzioni quali il
trasferimento di immagini diagnostiche (compresse o in formato integrale), il telepuntamento,
la telescrittura, il traferimento di file (cartelle cliniche, referti, ecc.), una lavagna virtuale condivisa, la proiezione di esami clinici contenenti immagini multiple. È possibile acquisire immagini
mediante telecamera e/o scanner oppure importarli da file; esistono funzioni per esaminare gli
archivi di immagini, scegliere quelle costituenti un esame e controllarne la sequenza di trasmissione al terminale remoto. Inoltre disponibili accessori specializzati per collegare TAC, RMN,
scanner radiografici, ecc. Il sistema può poi essere dotato di appositi software per l’analisi dei
dati ricevuti.
In Italia, una delle prime applicazioni di telemedicina è consistita nella trasmissione sperimentale di elettrocardiogrammi a distanza, iniziata nel 1976, utilizzando le normali linee
telefoniche. In seguito, negli anni ottanta, la SIP lanciò un vero e proprio “cardiotelefono”. Da
allora, gli enti di ricerca, le università, le società scientifiche, il Consiglio Nazionale Ricerche
(CNR) ed il Ministero della Sanità hanno lavorato a diversi progetti (Programma Nazionale di
Ricerca e Formazione in Telemedicina del MURST, tre Progetti strategici/speciali del CNR:
“Sistemi Esperti in Medicina”, “Sistemi Informatici in Biomedicina”, “Robotica in chirurgia”,
ecc.). L’Unione Europea ha inserito fra gli obiettivi dell’Agenda digitale 2020 [3] chiare indicazioni sulla sanità: entro il 2015 i cittadini del Vecchio Continente dovranno poter accedere
in modo sicuro ai propri dati medici online ed entro il 2020 i servizi di telemedicina dovranno
avere una diffusione elevata.
Un esempio di progetto di teleconsulto attualmente in funzione è il progetto TEMPORE
(TEleconsulto Medico Piemonte Ospedali in REte), evoluzione del progetto PATATRAC avviato nel 1996. Il progetto PATATRAC [11], il cui software è stato progettato in collaborazione con
un’azienda privata, ha previsto l’applicazione di un protocollo di trattamento dei traumi cranici
lievi su tutto il territorio regionale piemontese ed il collegamento telematico tra gli ospedali
periferici e quelli dotati di servizi di Neurochirurgia per la trasmissione delle immagini TAC. Il
progetto TEMPORE [10] attualmente collega 41 strutture ospedaliere, in Piemonte ed Aosta,
8 centrali operative del Servizio 118 e 166 strutture dedicate a patologie specifiche. Il sistema
registra annualmente una media di 380.000 interventi e 2 milioni di chiamate al centralino. Al
Sistema piemontese si sono recentemente aggiunti 33 strutture dell’Emilia Romagna e due centri
di eccellenza del Veneto. In sette anni di attività in Piemonte e Val d’Aosta sono state trattate
oltre 320.000 immagini diagnostiche, a fronte di oltre 11.000 consulenze gestite. Grazie all’impiego della piattaforma di teleconsulenza è stato possibile infatti abbattere dell’80% il numero
totale dei trasferimenti presso strutture specialistiche. Il sistema TEMPORE consente di acquisire informazioni direttamente dai più diffusi dispositivi medici (quali le macchine DICOM),
di memorizzarle e raccoglierle in set catalogabili, di visionarle e editarle, di inoltrarle a strutture competenti e ricevere un consulto al riguardo. L’evoluzione del sistema ha comportato,
nel tempo, l’estensione del network a un numero sempre crescente di patologie: oltre ai traumi
cranici, TEMPORE permette la gestione di Stroke, ESA neurochirurgici e ustioni.
10
Se sistemi di telemedicina e teleconsulenza possono migliorare l’efficacia e l’efficienza dei
servizi sanitari ospedalieri, possono essere ancor più importanti se implementati in Paesi in via
di sviluppo dove, come visto, gli ospedali sono carenti in personale e conoscenze. Un progetto
pilota è stato sviluppato in fase prototipale nel 1996 dal Laboratorio di Robotica del Politecnico
di Milano in collaborazione con imprese (Telecom Italia, France Telecom, Inmarsat), strutture
pubbliche (Ministero delle Poste italiane, Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali francese,
Istituto di Telemedicina di Toulouse) ed enti internazionali (ITU, UATI, G-7). Il progetto ha
dimostrato la fattibilità e l’utilità dei sistemi di telemedicina in Africa realizzando collegamenti
dimostrativi nel maggio del 1996 durante la Conferenza Panafricana per le Telecomunicazioni
e al meeting del G-7 a Midrand. Anche sulla base di questa esperienza, Telecom Italia proseguı̀
lo studio di sistemi di telemedicina, arrivando a commercializzare il software “Nuvola It Home
Doctor”. Sulla base di questo software, un progetto di telemedicina e teleconsulenza è attivo per
esempio al Chikuni Mission Hospital, in Zambia. Il progetto sfrutta le soluzioni tecnologiche di
Telecom Italia, l’opera della Fondazione Nexus Mundi [8] e le attività svolte dalla Compagnia di
Gesù nell’area di Chikuni. L’ospedale di Chikuni possiede 95 posti letto, un solo medico, alcuni
infermieri e circa 10 altre personale di staff. All’ospedale fanno riferimento circa 180 villaggi e
quindi un numero elevato di persone rispetto alle capacità dell’ospedale. Il sistema permette la
connessione del personale locale con centri ospedalieri avanzati, la gestione e l’accesso allo storico
di ogni paziente, delle relative analisi di laboratorio e l’invio di immagini RX. La Fondazione
Nexus Mundi sta progettando l’estensione del servizio ad altri 70 centri ospedalieri in Zambia.
Il sistema che si vuole porre in funzione con l’ospedale di Ngozi dovrà includere almeno
funzionalità di teleconsulto e scambio di referti (ad esempio, radiografie, elettrocardiogrammi)
ed altre informazioni e dati clinici. In questo caso, l’obiettivo del teleconsulto, normale prassi per
i medici anche in Italia, è quello di permettere ai medici dell’Ospedale di Ngozi di consultarsi
con i medici di Verona che danno la loro disponibilità. I teleconsulti si rendono necessari
maggiormente ai medici di Ngozi per diversi motivi, tra i quali una maggiore difficoltà a rimanere
aggiornati riguardo nuove cure e una mancanza d’esperienza dovuta alla giovane età dei medici
di Ngozi, in alcuni casi appena formatisi presso la stessa Università di Ngozi.
Lo scambio di referti dipende ovviamente molto dagli strumenti diagnostici e tecnologici
a disposizione. Inviare tramite Internet, ad esempio, una radiografia richiede apparecchiature
apposite (macchine per la radiografia digitali o scanner in grado di digitalizzare le radiografie
mantenendone la definizione e le informazioni), diverse da quelle richieste per l’invio di elettrocardiogrammi o risultati di altre analisi cliniche. Lo sviluppo di questa terza iniziativa richiede
di basarsi quindi sui fondi e le tecnologie a disposizione sia a Verona che a Ngozi. Per sopperire
al problema dei fondi, l’idea è di portare avanti questa iniziativa utilizzando standard open
e software liberi (gratuiti e/o open source) o con costi ridotti. Ciò richiede innanzitutto una
ricerca riguardo lo stato dell’arte nell’ambito dei software e delle tecnologie per la telemedicina.
Tra gli standard e i software open-source da tenere in considerazione ricordiamo qui i seguenti.
• Lo standard ISO 12052:2006, DICOM (Digital Imaging and COmmunications in Medicine): definisce i criteri per la comunicazione, la visualizzazione, l’archiviazione e la stampa
di informazioni di tipo biomedico quali ad esempio immagini radiologiche.
• dcm4che [16]: implementazione Java dello standard DICOM. Comprende diverse applicazioni web-based per l’archiviazione, la ricerca, la visualizzazione di immagini DICOM.
Comprende inoltre un server HL7 [7].
• TeleMedicine [1]: server DICOM con funzionalità VOIP, live streaming e videoconferenza.
• VLC [13]: software stand-alone per la trasmissione di immagini tramite internet.
• EKIGA [12]: software per la videoconferenza, messaggistica istantanea e telefonia (SIP e
H.323).
11
A questi software potrebbero aggiungersi altri applicativi per l’analisi dei dati raccolti (ad
esempio, Pentaho BI Suite [9]) e per la gestione del flusso di lavoro dei medici (ad esempio,
YAWL [15]).
Un progetto di telemedicina e teleconsulto basato completamente su tecnologie open-source
è stato sviluppato in collaborazione dall’Ospedale del Cuore di Massa, l’associazione “Cuore
un Mondo”, la regione Toscana, la Fondazione Toscana Gabriele Monasterio, e l’Istituto di
Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa [6]. Il progetto era teso alla
cooperazione tra i Paesi Balcanici nella diagnosi e cura delle cardiopatie congenite. Il progetto
è stato implementato negli ospedali di Bagnaluca (Bosnia ed Erzegovina), Fiume (Croazia)
e Tirana (Albania). Il sistema implementato utilizza hardware e software open-source per lo
streaming video, al fine di garantire l’interazione in tempo reale tra i medici, e per la trasmissione
off-line di immagini diagnostiche (in formato DICOM e non), oltre che per la videoconferenza
e l’archiviazione e gestione di immagini mediche.
Conseguentemente alla messa in funzione di un sistema per la telemedicina, si renderà necessaria una fase di formazione dei medici coinvolti (a Ngozi e a Verona) sul sistema stesso e il suo
utilizzo. Inoltre, durante i teleconsulti si dovrà garantire l’assistenza, o almeno la reperibilità,
in modo da risolvere prontamente eventuali problemi che si potrebbero venire a creare. Tali
attività di supporto tecnico sul sistema e di organizzazione, potrebbero richiedere la necessità
di trascorrere dei periodi (ciascuno nell’ordine delle poche settimane) a Ngozi.
Didattica È infine prevedibile, che uno sviluppo del progetto porti ad una collaborazione del
Dipartimento anche a livello didattico con l’Università di Ngozi, per cui si potrebbero organizzare corsi di informatica con la conseguente necessità di trascorrere del tempo a Ngozi. A tal
proposito, si fa notare come la lingua ufficiale a Ngozi sia il francese (oltre alla lingua locale)
mentre l’inglese è in fase di introduzione, e dunque la sua conoscenza è ancora limitata ad un
numero ristretto di persone e ad un livello spesso non elevato. Secondo il Prof. Rossi il problema linguistico è tuttavia limitato, in quanto, secondo la sua esperienza, si riesce comunque
a comunicare destreggiandosi tra le diverse lingue e i gesti. Inoltre in caso di eventuali lezioni
o seminari, sarebbe possibile parlare in inglese con la presenza in aula di un traduttore e il
supporto di materiale (diapositive e testi) in francese o in entrambe le lingue. Detto ciò, è ovvio
che la conoscenza del francese, per le persone coinvolte nel progetto che dovessero interagire in
remoto o in loco con il personale non italiano a Ngozi, costituirebbe un grande vantaggio.
Il Prof. Padovani, tornato ad ottobre da una missione di 10 giorni presso Ngozi, ha introdotto la possibilità del progetto di telemedicina ai medici collaboratori a Ngozi, e tutti si sono
dimostrati interessati a riguardo. Tale attività è quindi sicuramente quella che attualmente più
interessa i medici che lavorano presso l’ospedale di Ngozi e che d’altra parte richiede, all’interno
del Dipartimento di Informatica, una persona che segua personalmente il progetto al fine di
garantirne il corretto svolgimento ed avanzamento. A tal fine si potrebbe prevedere il bando
per un contratto di Assegno di Ricerca. Al vincitore di tale bando potrebbero essere affidati i
compiti richiesti sia dalla terza che dalla prima attività. Tra tali compiti potrebbe rientrare anche il mantenimento dei rapporti e delle comunicazioni tra le due sedi del progetto e la gestione
delle altre persone coinvolte, medici ed eventuali altri ricercatori informatici, che diano la loro
disponibilità a collaborare al progetto a titolo gratuito.
Riferimenti bibliografici
[1] TeleMedicine.
http://sourceforge.net/projects/teleconf/.
12
[2] Central Intelligence Agency (CIA). The World Factbook.
https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/.
[3] Commissione Europea. Un’agenda digitale europea, COM(2010) 245.
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52010DC0245:IT:NOT.
[4] Fondazione Giorgio Zanotto. Progetto Burundi - Università di Verona.
http://www.fondazionezanotto.it/index.php?id=160&option=com content&task=view.
[5] Fondazione pro-Africa. Progetto Ngozi.
http://www.fondazioneproafrica.com/index.php?option=com content&id=86.
[6] A. Gori, A. Taddei, D. Mota, E. Rocca, T. Carducci, G. Piccini, A. Ciregia, P. Marcheschi,
N. Assanta, B. Murzi, et al. Open source teleconsulting system for international cooperative
medical decision making in congenital heart diseases. Computing in Cardiology, 37:481–4,
2010.
[7] Health Level Seven. HL7 standard.
http://www.hl7.org/.
[8] Nexus Mundi Foundation. Chikuni Mission Hospital.
http://s328691085.onlinehome.us/.
[9] Pentaho. Pentaho BI Suite.
http://www.pentaho.com/.
[10] REGOLA s.r.l. TEMPORE - TEleconsulto Medico Piemonte Ospedali in REte.
http://www.regola.it/pagine/pag-int-solut/tempore.html.
[11] Fabio Roccia, Maria Cristina Spada, Bruno Milani, and Sid Berrone. Telemedicine in maxillofacial trauma: A 2-year clinical experience. Journal of Oral and Maxillofacial Surgery,
63(8):1101 – 1105, 2005.
[12] Damien Sandras. EKIGA.
http://www.ekiga.org/.
[13] VideoLAN organization. VLC.
http://www.videolan.org/vlc/.
[14] Wikipedia, L’enciclopedia libera. Burundi.
http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Burundi&oldid=51112763.
[15] YAWL Foundation. YAWL: Yet Another Workflow Language.
http://www.yawlfoundation.org/.
[16] Gunter Zeilinger. dcm4che.
http://www.dcm4che.org/.
13