Libarna romana e il Museo - Corso di Archeologia

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Libarna romana e il Museo - Corso di Archeologia
La domus romana
Capitolo 5
Appunti a cura di Sandro Caranzano , riservati
ai fruitori del corso di archeologia presso
l'Università Popolare di Torino 2007-2008
5.1 – Struttura della casa romana
La tipica domus romana, cosi' come e' stata conosciuta soprattutto dagli scavi di
Pompei, risulta una combinazione dell'antica casa italica formata da un solo cortile
aperto (atrium) su cui si aprivano le stanze e da un giardinetto (Hortus), con la casa
greca (peristylium). E' caratteristico notare come i nomi dei vari elementi del corpo
anteriore siano rimasti quelli latini dell’antica domus italica (atrium, tablinium,
cubiculum, ecc.), mentre invece quelli del corpo posteriore siano derivati dalla
moderna casa greca (peristylium, exedra, triclinium, ecc.).
La domus romana era di pianta rettangolare, solidamente costruita su un solo piano
con mattoni o calcestruzzo (impasto di sabbia, ghiaia, acqua e cemento), e si
differiva dalle odierne case moderne per l’orientamento che aveva verso l’interno
anziché verso l’esterno. Ciò significava che gli ambienti prendevano aria e luce dalle
aperture del soffitto in corrispondenza dei due principali e spaziali ambienti interni
dell'atrium e del peristylium, che costituivano i centri delle due parti in cui la casa
era divisa, rappresentando così la classica abitazione delle popolazioni meridionali e
mediterranee, che invitava alla vita all'aperto.
Esternamente la domus romana aveva un aspetto rigoroso, lineare, e, se c'erano,
poche e strette finestre sulla strada (questo per evitare che dall'esterno potessero
entrare rumori o, peggio ancora, ladri), aperte regolarmente nella muratura esterna,
che era spessa e rozza. Il soffitto era a cassettoni (lacunari) intarsiati o decorati con
stucchi. Il pavimento era ricoperto da mosaici.
Le domus romane erano grandi e spaziose, areate ed igieniche, fornite di bagni e
latrine, dotate di acqua corrente, calda e fredda, riscaldate d'inverno da un
riscaldamento centrale (gli ipocausti, complessi dispositivi che facevano passare
correnti d'aria calda sotto i pavimenti), vetri colorati e decorazioni con mosaici,
affreschi variopinti e statue, erano abitazioni volte a soddisfare i bisogni dei loro
inquilini, abbinandovi bellezza ed estetica, tanto da poter essere considerate forse, e
non a torto, le più comode che siano state costruite fino al XX secolo.
Logicamente il numero e l'ampiezza degli ambienti e dei giardini, l'arredamento e la
decorazione delle stanze variavano a seconda dell'età (repubblicana, imperiale, ecc.)
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e della ricchezza del proprietario. Comunque i vari ambienti erano tutti disposti
intorno a due aree centrali aperte da cui ricevevano aria e luce.
Si e’ detto in precedenza che la casa era formata da due grandi aree al cui centro vi
erano l’Atrium e il Peristylium: nella parte anteriore della casa, al cui centro vi era
l’atrio (Atrium), erano esposte le immagini degli antenati, le statue dei Lari, dei
Mani e dei Penati protettori della casa, della famiglia e di altre divinità, le opere
d'arte, gli oggetti di lusso e altri segni di nobiltà o di ricchezza; qui il padrone di casa
riceveva visitatori e clienti, soci e alleati politici; nella parte posteriore della casa, al
cui centro vi era il peristilio (peristylium), si svolgeva di solito la vita privata della
famiglia, tutta raccolta intorno ad un giardino ben curato (Hortus), che poteva anche
essere circondato da un portico a colonne (porticus) e ornato da statue, marmi e
fontane, dove affacciavano le camere da letto (i cubicola) padronali.
L'entrata si trovava generalmente su uno dei due lati più corti della casa.
La porta, che affacciava sulla strada, era preceduta dall'ostium, che era la soglia
d'ingresso che immetteva direttamente in un corridoio, detto vestibolo (vestibulum),
che, a sua volta, conduceva alla vera e propria entrata (fauces); da qui si passava al
cortile interno, detto atrio (atrium), normalmente quadrato con un'ampia apertura
sul soffitto spiovente verso l'interno detta compluvio (compluvium): di qui scendeva
l'acqua piovana, che veniva raccolta in una vasca rettangolare chiamata impluvio
(impluvium) sistemata nello spazio sottostante; quest'acqua era poi convogliata in
una cisterna sotterranea.
Accanto all'atrio era sempre presente il lararium dove si tenevano le statue dei Lari
e dei Penati, protettori della casa e della famiglia, e dei Mani, per la venerazione
delle anime dei trapassati. Inizialmente, accanto ad essi, veniva alimentato un fuoco
sacro,
che
non
doveva
mai
spegnersi,
pena
l'ira
degli
dei.
Nella parete dell'atrium, posta direttamente di fronte all'ingresso, si apriva una
grande stanza detta tablino (tablinum), la stanza-studio del padrone di casa dove
erano conservati gli archivi di famiglia: aveva gli angoli delle pareti foggiate a
pilastri, era separata dall'atrium soltanto da tendaggi, e aveva un'ampia finestra che
dava sul peristylium da cui riceveva luce ed aria.
Ai lati sinistro e destro dell'atrium si aprivano le stanze da letto chiamate cubicola
(cubicola), e due ambienti di disimpegno aperti (le alae).
Di fianco a una delle due alae poteva essere ubicato il triclinio (oecus tricliniare o
Triclinium), la grande e sontuosa sala da pranzo, che prendeva luce da una apertura
che dava da una parte sul peristylium (che come si vedrà successivamente, era il
grande giardino all'aperto), e dall'altra sull'atrio. Il Triclinium poteva essere
posizionato anche in altri punti della casa, come mostrato nell'immagine della
planimetria.
Attraverso un corridoio chiamato andron, dall'atrio si raggiungeva il peristylium, la
parte più interna e spettacolare della casa. Era qui, nella parte posteriore della casa,
che si svolgeva di solito la vita privata della famiglia, tutta raccolta intorno ad un
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giardino ben curato (Hortus). Il peristilio (peristylium) consisteva in un giardino
(Hortus) in cui crescevano con ordine ed armonia erbe e fiori; era circondato su ogni
lato da un portico (Porticus) generalmente a due piani, sostenuto da colonne: il tutto
arricchito da numerose opere d'arte, ornamenti marmorei, da affreschi, statue,
fontane e oggetti in marmo (vasi, tavoli e panche). Era la zona più luminosa, e
spesso una delle più sontuose. Nel peristilio non era raro trovare anche una piscina.
Nel Peristylium affacciavano anche le camere da letto padronali, generalmente a due
piani, sostenuti da colonne: lo arricchivano numerose opere d'arte e ornamenti
marmorei.Nel peristilio si aprivano due stanze grandi e lussuose: il triclino e
l’esedra.
Il triclinio (oecus tricliniare o Triclinium), la grande e sontuosa sala da pranzo, la
più ampia della casa, dove si tenevano i banchetti con gli ospiti di riguardo. I triclini
erano lussuosi, con affreschi alle pareti e mosaici ai pavimenti.
In epoca imperiale il triclinio fu sostituito come sala per feste e ricevimenti
dall'exedra. La stanza del triclinium era fornita di tre letti, detti triclinari (da qui il
nome della sala), su ognuno dei quali trovavano posto tre persone, sdraiate sul lato
sinistro col gomito appoggiato ad un cuscino: infatti per i Romani il tre era
considerato il numero perfetto. I tre letti, all'interno del triclinio, erano disposti a
semicerchio in modo da permettere facilmente il via vai della schiavitù. Il letto
centrale, il medius lectus, era destinato agli ospiti più importanti, tra i quali vi era il
personaggio più prestigioso in assoluto, che sedeva sulla parte più alta, il locus
consularius.
I triclini laterali erano chiamati rispettivamente imus lectus, destinato alle persone
meno importanti (tra le quali, in segno di umiltà si poneva il padrone), e il sumus
lectus, su cui erano gli ospiti di media popolarità.
Tra i letti triclinari vi era un tavolo che, a seconda della sua forma, assumeva nomi
diversi: quello di forma quadrata era detto cilliba e poggiava su tre piedi, quello
circolare veniva chiamato mensa, e quello utilizzato per le bevande urnarium.
l'esedra (exedra), era un grande ambiente di ricevimento, utilizzato anche per
banchetti e cene, con pavimenti in mosaico e pareti ricoperte di affreschi e marmi
colorati. Sulle due ali del peristylium vi erano le camere da letto padronali (i
cubicola), che erano più ampi e luminosi di quelli che si trovavano nelle ali dell'atrio
ed erano decorati in un modo preciso: il mosaico sul pavimento era bianco con
semplici ornamenti, le pitture alle pareti erano diverse per stile e colore da quelle del
resto della casa e il soffitto sopra il letto era sempre a volta.
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Si affacciavano sul peristylium anche la cucina (culina) che, vista la sontuosità dei
banchetti si potrebbe pensare fosse una stanza grande come sullo stile di quelle
medievali, invece era il locale più piccolo e tetro della casa; uno sgabuzzino occupato
quasi tutto da un focolare in muratura, invaso dal fumo che usciva da un buco sul
soffitto vista l’assenza di fumaioli, con la presenza di un camino, un piccolo forno per
il pane e l’acquaio. La cucina non ha comunque una ubicazione fissa; a volte la si
trovava anche che affacciava nell’atrium, ma e’ caratteristica costante che fosse stata
sempre un ambiente piccolo e buio. Annesso alla cucina c'era il bagno (balneus),
riservato alla famiglia padronale, e le stanze della servitù (cellae servorum); anche
queste non avevano comunque una disposizione fissa (a volte, infatti, si trovavano
nella parte dell’atrium).
In epoca imperiale la domus si fornì anche di una seconda uscita di servizio detta
posticum posta normalmente sul lato della parete più ampia della casa, per
permettere il passaggio della servitù e dei rifornimenti senza ingombrare l'ingresso
principale. Infine, non va dimenticato che nelle domus romane, nonostante fossero
per ricchi, non erano presenti mobili, ma solamente piccoli armadi a muro
(armarium) e bauli usati per riporvi i vestiti, i triclinium, e i letti (cubicula);
pertanto, le decorazioni alle pareti presenti in abbondanza miravano ad arricchire lo
spoglio ambiente. Lo splendore della casa quindi si notava principalmente dalla
qualità di marmi, statue, e affreschi parietali.
Da ricordare comunque tra l'arredo, le sedie, delle quali si conoscono molti tipi,
come la sella o seggiola senza schienale, la sedia con schienale e braccioli (cathedra)
e la sedia con un sedile lungo (longa).
Capitulum III
Da Vitruvio – de Architettura Libro VI
1. Cava aedium quinque generibus sunt distincta, quorum ita figurae
nominantur: tuscanicum, corinthium, tetrastylon, displuviatum,
testudinatum. Tuscanica sunt, in quibus trabes in atrii latitudine
traiectae habeant interpensiva et collicias ab angulis parietum ad
angulos tignorum intercurrentes, item asseribus stillicidiorum in
medium compluvium deiectus. In corinthiis isdem rationibus trabes et
compluvia conlocantur, sed a parietibus trabes recedentes in
circumitionis circa columnas componuntur. Tetrastyla sunt, quae
subiectis sub trabibus angularibus columnis et utilitatem trabibus et
firmitatem praestant, quod neque ipsae magnum impetum coguntur
habere neque ab interpensivis onerantur.
2. Displuviata autem sunt, in quibus deliquiae arcam sustinentes
stillicidia reiciunt. Haec hibernaculis maxime praestant utilitates,
quod compluvia eorum erecta non obstant luminibus tricliniorum.
Sed ea habent in refectionibus molestiam magnam, quod circa
parietes stillicidia defluentia, cum tument fistulae, quae non celeriter
recipiunt ex canalibus aquam defluentem itaque redundantes
restagnant, et intestinum et parietes in eis generibus aedificiorum
corrumpunt. Testudinata vero ibi fiunt, ubi non sunt impetus magni et
in contignationibus supra spatiosae redduntur habitationes.
3. Atriorum vero latitudines ac longitudines tribus generibus
formantur. Et primum genus distribuitur, uti, longitudo cum in
quinque partes divisa fuerit, tres partes latitudini dentur; alterum,
cum in tres partes dividatur, duae partes latitudini tribuantur;
tertium, uti latitudo in quadrato paribus lateribus describatur inque
eo quadrato diagonios linea ducatur, et quantum spatium habuerit ea
linea diagonii, tanta longitudo atrio detur.
4. Altitudo eorum, quanta longitudo fuerit quarta dempta, sub trabes
extollatur; reliquum lacunariorum et arcae supra trabes spatio
tribuatur.
Alis dextra ac sinistra latitudinis <spatium>, cum sit atrii longitudo ab
XXX pedibus ad pedes XL, ex tertia parte eius constituatur. Ab XL ad
pedes L longitudo dividatur in partes tres <semis>, ex his una pars
alis detur. Cum autem erit longitudo ab quinquaginta pedibus ad
sexaginta, quarta pars longitudinis alis tribuatur. A pedibus LX ad
LXXX longitudo dividatur in partes quattuor et dimidiam, ex his una
pars fiat alarum latitudo. A pedibus octoginta ad pedes centum in
quinque partes divisa longitudo iustam constituerit latitudinem
alarum. Trabes earum liminares ita altae ponantur, ut altitudines
latitudinibus sint aequales.
5. Tablinum, si latitudo atrii erit pedum viginti, dempta tertia eius
spatio reliquum tribuatur. Si erit ab pedibus XXX ad XL, ex atrii
latitudine tablino dimidium tribuatur. Cum autem ab XL ad LX,
latitudo dividatur in partes quinque, ex his duae tablino constituantur.
Non enim atria minora maioribus easdem possunt habere
symmetriarum rationes. Si enim maiorum symmetriis utemur in
minoribus, neque tablina neque alae utilitatem poterunt habere, sin
III. - I cortili sono di cinque tipi: tuscanico, corinzio,
tetrastilo, displuviato, testudinato. Sono tuscanici quelli
nei quali le travi che attraversano la larghezza dell'atrio
abbiano dei travicelli sospesi in fuori - detti interpensiva
- e delle gronde - dette colliciae - che intercorrono dagli
angoli delle pareti agli angoli dei travi; altre assi
sostengono le bocche dell'acqua che si raccoglie e cade in
mezzo al compluvium. Nei cortili corinzi le travi e i
compluvi sono disposti nello stesso modo, senonché le
travi che si staccano dalle pareti sono collocate torno
torno su colonne. I tetrastili hanno colonne angolari che
sorreggono i travi e li consolidano utilmente, giacché
queste colonne non sono costrette a sopportare un
grande carico, né sono aggravate dagli interpensivi.
2 - Displuviati poi sono quelli in cui le «deliciae» o i travi
degli spigoli che sostengono il palco del tetto dividono e
gettano fuori l'acqua. Questa forma è molto utile per le
dimore invernali, giacché, essendo i compluvi dritti e non
pendenti all'interno, i triclini hanno più luce; ma presenta
incomodi gravi per i restauri, giacché la massa dell'acqua
piovana che defluisce in basso a mezzo di tubi, spesso non
trova lo sfogo sufficiente, e così ristagna e trabocca
corrompendo l'interno e le pareti di questo genere di
edifici. Cortili testudinati si possono fare laddove non si ha
un carico troppo grave; presentano il vantaggio che in alto
sopra la travatura si possono ricavare spaziose abitazioni...
4-...Le travi dell'ingresso vengano poste sì alte che
l'altezza sia eguale alla larghezza.
5 - Il tablino, se la larghezza dell'atrio sarà di 20 piedi,
sarà eguale a due terzi di essa; se da 30 a 40 piedi alla
metà; se da 40 a 60 ai due quinti. Infatti gli atri più piccoli
non possono avere le stesse relazioni di simmetria dei più
grandi. Se infatti noi useremo le misure più grandi pei più
piccoli, né i tablini, né le alae potranno essere utili; e
viceversa se quelle dei minori adopereremo pei maggiori,
ne verrà fuori una cosa sproporzionata. Ritenni pertanto
di descrivere, genere per genere, le più meticolose ed
esatte relazioni di grandezza, tanto per la utilità come per
l'aspetto...
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autem minorum in maioribus utemur, vasta et inmania in his ea erunt
membra. Itaque generatim magnitudinum rationes exquisitas et
utilitati et aspectui conscribendas putavi.
6. Altitudo tablini ad trabem adiecta latitudinis octava constituatur.
Lacunaria eius tertia latitudinis ad altitudinem adiecta extollantur.
Fauces minoribus atriis e tablini latitudine dempta tertia, maioribus
dimidia constituantur. Imagines cum suis ornamentis ad latitudinem
alarum sint constitutae.
Latitudines ostiorum ad altitudinem; si dorica erunt, uti dorica, si
ionica erunt, uti ionica perficiantur, quemadmodum de thyromatis in
quarto libro rationes symmetriarum sunt expositae.
Compluvii lumen latum latitudinis atrii ne minus quarta, ne plus tertia
parte relinquatur; longitudo, uti atrii pro rata parte fiat.
7. Peristyla autem in transverso tertia parte longiora sint quam
introrsus. Columnae tam altae quam porticus latae fuerint
peristyliorum; intercolumnia ne minus trium, ne plus quattuor
columnarum crassitudine inter se distent. Sin autem dorico more in
peristylo columnae erunt faciundae, uti in quarto libro de doricis
scripsi, ita moduli sumantur, et ad eos modulos triglyphorumque
rationes disponantur.
8. Tricliniorum quanta latitudo fuerit, bis tanta longitudo fieri
debebit. Altitudines omnium conclaviorum, quae oblonga fuerint, sic
habere debent rationem, uti longitudinis et latitudinis mensura
componatur et ex ea summa dimidium sumatur, et quantum fuerit,
tantum altitudini detur. Sin autem exhedrae aut oeci quadrati fuerint,
latitudinis dimidia addita altitudines educantur. Pinacothecae uti
exhedrae amplis magnitudinibus sunt constituendae. Oeci corinthii
tetrastylique quique aegyptii vocantur latitudinis et longitudinis, uti
supra tricliniorum symmetriae scriptae sunt, ita habeant rationem,
sed propter columnarum interpositiones spatiosiores constituantur.
9. Inter corinthios autem et aegyptios hoc erit discrimen. Corinthii
simplices habent columnas aut in podio positas aut in imo; supraque
habent epistylia et coronas aut ex intestino opere aut albario,
praeterea supra coronas curva lacunaria ad circinum delumbata. In
aegyptiis autem supra columnas epistylia et ab epistyliis ad parietes,
qui sunt circa, inponenda est contignatio, supra coaxationem
pavimentum, subdiu ut sit circumitus. Deinde supra epistylium ad
perpendiculum inferiorum columnarum inponendae sunt minores
quarta parte columnae. Supra earum epistylia et ornamenta lacunariis
ornantur, et inter columnas superiores fenestrae conlocantur; ita
basilicarum ea similitudo, non corinthiorum tricliniorum videtur esse.
10. Fiunt autem etiam non italicae consuetudinis oeci, quos Graeci
cyzicenos appellant. Hi conlocantur spectantes ad septentrionem et
maxime viridia prospicientes, valvasque habent in medio. Ipsi autem
sunt ita longi et lati, uti duo triclinia cum circumitionibus inter se
spectantia possint esse conlocata, habentque dextra ac sinistra lumina
fenestrarum valvata, uti de lectis per spatia fenestrarum viridia
prospiciantur. Altitudines eorum dimidia latitudinis addita
constituuntur.
11. In his aedificiorum generibus omnes sunt faciendae earum
symmetriarum rationes, quae sine inpeditione loci fieri poterunt,
luminaque, parietum altitudinibus si non obscurabuntur, faciliter
erunt explicata; sin autem inpedientur ab angustiis aut aliis
necessitatibus, tunc erit ut ingenio et acumine de symmetriis
detractiones aut adiectiones fiant, uti non dissimiles veris symmetriis
perficiantur venustates.
Capitulum IV
1. Nunc explicabimus, quibus proprietatibus genera aedificiorum ad
usum et caeli regiones aptas debeant spectare. Hiberna triclinia et
balnearia ad occidentem hibernum spectent, ideo quod vespertino
lumine opus est uti, praeterea quod etiam sol occidens adversus
habens splendorem, calorem remittens efficit vespertino tempore
regionem tepidiorem. Cubicula et bybliothecae ad orientem spectare
debent; usus enim matutinum postulat lumen, item in bybliothecis
libri non putrescent. Nam quaecumque ad meridiem et occidentem
spectant, ab tineis et umore libri vitiantur, quod venti umidi
advenientes procreant eas et alunt infundentesque umidos spiritus
pallore volumina corrumpunt.
2. Triclinia verna et autumnalia ad orientem; tum enim praetenta
luminibus adversus solis impetus progrediens ad occidentem efficit ea
temperata ad id tempus, quo his solitum est uti. Aestiva ad
septentrionem, quod ea regio, [non] ut reliquae per solstitium propter
calorem efficiuntur aestuosae, eo quod est aversa a solis cursu, semper
refrigerata et salubritatem et voluptatem in usu praestat. Non minus
pinacothecae et plumariorum textrina pictorumque officinae, uti
colores eorum in opere propter constantiam luminis inmutata
permaneant qualitate.
6 - Le imagines, o ritratti degli antenati, risultino, coi
loro ornamenti, di una altezza proporzionale alla
larghezza delle alae...
7 -. I peristili siano trasversalmente più lunghi di un
terzo che in profondità; le colonne, alte quanto la
larghezza dei portici del peristilio; gli intercolumni non
meno di tre e non più di quattro diametri di colonna. Ma
se le colonne sono doriche, i moduli vanno presi secondo
quanto ho detto nel quarto libro sull'ordine dorico, e i
triglifi seguano le regole di quei moduli.
8 - I triclini devono esser lunghi due volte la
larghezza. L' altezza di tutte le stanze di pianta oblunga
sia eguale alla semisomma dei due lati contigui. Ma se si
tratti di esedre o oeci a pianta quadrata, l'altezza si ricava
aggiungendo una metà alla larghezza. Le pinacoteche e le
esedre devono avere dimensioni grandiose. Gli oeci, o
sale corinzie, e tetrastile, e quelle dette egizie, abbiano
per la larghezza e lunghezza le stesse proporzioni che ho
fissato per i triclini; avendo però l'avvertenza che, dato
che ci sono in più le colonne, debbono essere più
spaziosi.
9 - Fra sale corinzie e sale egizie c'è questa differenza:
le corinzie hanno semplici colonne che posano su di un
podio o a terra, e sopra hanno epistili e cornici o di legno
o di stucco, e, sopra le cornici, dei lacunari curvi a calotta
sferica. Invece, negli oeci egizi, sopra le colonne gli
epistili, e dagli epistili alle pareti torno torno si deve
porre in opera una travatura, e un piancito con
pavimento, in modo che vi sia in giro un ambulacro
all'aperto. Sopra gli epistili poi, a piombo colle colonne inferiori, si metta una fila di colonne torno torno, minori di
un quarto (delle inferiori); e al di sopra, sopra gli epistili, e
cornici, un soffitto a lacunari; e (nella parete), in
corrispondenza di ogni intercolumnio superiore, vengono
collocate le finestre, in modo da sembrar d'essere in una
basilica, non in un triclinio corinzio.
10 - Non sono di consuetudine italica quei vani che i
Greci chiamano Ciziceni. Questi danno a nord, e per lo più
su prati e verdure (B). Hanno le porte in mezzo, e sono
lunghi e larghi in modo che vi possano stare, uno di contro
all'altro, due triclini collo spazio per circolari, ed hanno a
destra e a sinistra luce da finestre a imposte, in modo che
stando sui letti si possa vedere il verde attraverso le
finestre.
11 - In questa classe di edifici si debbono applicare
tutte quelle simmetrie che la natura del luogo permette; e
le luci, se non saranno oscurate dall'altezza dei muri,
verranno collocate senza difficoltà; se invece saranno
impedite da ristrettezza o altro, allora sarà il caso che
l'acume e l'ingegno dell'architetto intervengano a
introdurre detrazioni o maggiorazioni nelle misure, in
modo che si consegua una venustà non dissimile dalla
simmetria modulare.
IV. - Ora spiegherò quali siano le proprietà dei generi di
edifici, l'uso, e la loro orientazione più adatta. I triclini
d'inverno e i bagni debbono guardare l'occidente
invernale, perché c'è bisogno della luce pomeridiana, e poi
anche perché il sole, nel pomeriggio, battendo sull'edificio
lo illumina e rende più tiepido tutto il luogo. Le camere da
letto e le biblioteche debbon guardare a est; qui infatti
l'uso richiede la luce del mattino, e parimenti così i libri
delle biblioteche non imputridiranno. Infatti in quelle
biblioteche che guardano a sud e a ovest i libri si guastano
per le tignole e per l'umidità, che i venti umidi apportano e
alimentano, e i libri si inumidiscono e ingialliscono.
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