La citta 29.indd - CAN Capodistria

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La citta 29.indd - CAN Capodistria
Anno 14
Numero 29
Foglio della comunità italiana di Capodistria
Dicembre 2009
Il direttore della Direzione Generale per l'Europa
del Ministero degli Affari esteri italiano, ambasciatore
Mario Salvatore Bova ricevuto dal presidente della
Can costiera, Flavio Forlani. (Foto Katonar)
Il segretario generale del governo Milan M. Cvikl
e Stanko Baluh, direttore dell'ufficio governativo
per le minoranze hanno incontrato a palazzo Carli
i rappresentanti della Can costiera. (Foto Katonar)
Il Sottosegretario agli esteri italiano, Alfredo Mantica,
con il presidente della Giunta di Unione italiana,
Maurizio Tremul. (Foto Katonar)
Il Comune città di Capodistria ha completamente
rinnovato, nei mesi scorsi, i parchi giochi delle unità
periferiche dell'asilo italiano »Delfino blu«
di Semedella e Bertocchi.
Il gruppo vocale Cluster di Genova ha partecipato alla tradizionale rassegna corale di Capodistria, con un concerto
organizzato dal Coro misto »Obala« in collaborazione con la nostra Comunità. Tra i fans accorsi anche Chiara
Vianello della IX classe della »Vergerio« (seconda da sinistra) alla quale cogliamo l'occasione per fare gli auguri
per aver conseguito il primo premio alle recenti Gare di italiano svoltesi a Pola. (Foto Laura Vianello)
La città
Ciao Lino
Inaspettatamente, Lino ci ha lasciato sul finire dell’estate, quando le persone ancora indugiano nella pigra
indolenza estiva e ancora, increduli, sono restii a fare i conti con gli impegni che li aspettano al varco del rientro
vacanziero. Nella quiete pressocchè totale del momento la notizia è rimbalzata e ha avuto vasta eco, nel triste
rituale del passaparola che accompagna solitamente tali tristi circostanze.
Nei giorni del cordoglio si sono smobilitate nel ricordo
di Lino le persone semplici, i connazionali della sua
generazione che hanno condiviso con lui tanti episodi
e momenti di incontro, i cavresani di qua e di là del
confine uniti nel ricordo per l’amico scomparso, ma
anche i rappresentanti istituzionali e le persone che
hanno compartecipato a un ideale di fede e militanza
cattolica che in Lino si è innestato su un’idea ecumenica
del sociale intesa come partecipazione allargata e
pratica di solidarietà. Gli ultimi saluti a Lino, questo
Presidente “anomalo” dal tratto umano e popolare, tanto
distante dal compassato impegno di ruolo degli Italiani
“di professione”, come a volte bonariamente lui stesso
soleva schernire, sono pervenuti dal profondo del cuore,
bufere della vita. Mi sono ritrovato così a pensare a Lino
mentre si inerpica in bicicletta, solitario, su una salita dura
e interminabile, tutta serpentine, di quelle tappe epiche di
montagna che hanno fatto la storia del ciclismo degli anni
d’oro; l’immancabile berrettino e il viso contratto nello
sforzo di quest’ultima immane fatica. E questa immagine
di un Bartali d’altri tempi, volonteroso e generoso nel
gesto sportivo, si è sovrapposta a quella di un tranquillo
signore di mezz’età che aveva deciso di diventare, con
molta umiltà e tra lo scherno e la diffidenza iniziale di
qualcuno, un presidente “operaio”, che non disdegnava
il lavoro pratico e non sfuggiva alle incombenze del
volontariato in una Comunità che aveva eletto a seconda
casa.
rispecchiando quell’innata schiettezza e informalità che
hanno contraddistinto la sua persona e l’operato.
Spesso mi sono ritrovato, nei giorni a seguire, a rievocare
quell’immagine di quotidiana presenza in Comunità: un
coinvolgimento vissuto con vocazione e distante mille
miglia dall’impegno di facciata che a volte accompagna la
routine di tali incombenze. Nella sopraggiunta solitudine
per l’abbandono di una persona cara o per la repentina
fine di situazioni consuete e rapporti consolidati, ci si
ritrova spesso a dover cercare di dare un senso al corso
delle cose, per riordinare la confusione arrecata dalle
Chissà se Lino, in questi anni di impegno alla testa del
sodalizio capodistriano ha sentito l’immanenza del
confronto e il peso del giudizio che incombeva nei suoi
confronti. Perché si sa, tra il generoso Bartali e l’elegante
Coppi il paragone è stato spesso impietoso: i grandi
disquisitori, i critici più sottili, gli snob impenitenti,
perfino la grande massa sempre attratta dai sogni di gloria
e grandezza e altrettanto inclemente nel giudizio nei
momenti di debolezza e declino, la stragande maggioranza
insomma si è sempre schierata per il “campionissimo”
Coppi ai danni dell’amico-rivale Bartali.
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La città
Lino Cernaz, con a fianco la moglie Zdenka, al concerto
dei Solisti Veneti lo scorso Natale ad Abbazia
Di Bartali, Lino condivideva una grande dote: quella di
non mollare mai sorretto da una tenacia inestinguibile,
un “rosigar i calcagni” pur di veder realizzata una sua
convinzione o progetto, un marcarti stretto soffiandoti
sul collo magari per poi lanciarti la borraccia e lasciarti
andare in fuga verso quell’agognato traguardo che si
valuta, campione o gregario, da differenti prospettive, ma
per entrambi altrettanto essenziale da cogliere.
In quindici anni di attività vissuta fianco a fianco, io da
dipendente dedito professionalmente al lavoro in Comunità,
lui dapprima da attivista (vocazione mai dismessa) e
poi in veste di Presidente, abbiamo sperimentato una
strana simbiosi. Il suo contagioso attivismo e inguaribile
positività hanno smussato le punte del mio scetticismo
intellettuale, lui si è confrontato e ha sostenuto progetti di
vario genere e ampia apertura, contando principalmente
su un presupposto di lealtà e concordanza di fini ultimi
nel nostro operato.
Tanti anni addietro, in un mio contributo per il primo
numero de “La città” ebbi modo di esprimermi, allora
in veste di giovane Presidente della Comunità che si
riformava a nuovo in un periodo di delicato trapasso che
aveva caratterizzato nei primi anni ’90 anche le vicende
della Comunità Nazionale Italiana. Il mio intervento era
improntato a un richiamo al risveglio delle coscienze,
in bilico tra orgoglio per quel che siamo e possiamo
rappresentare e coscienza della precarietà della nostra
condizione di minoranza. Chissà che non possa sorreggerci
su questa difficile strada, alla fin fine, anche l’esempio di
una persona che, rischiando di passare alle volte per un
simpatico “rompiscatole”, ha fatto leva in primo luogo
sullo strumento della partecipazione e dell’attivismo ad
oltranza per scardinare quel meccanismo della rassegnata
indolenza, dell’autoreferenzialità piagnona, della chiusura
individuale e qualunquista che condizionano alle volte il
nostro vivere minoritario.
Si prospettano tempi di estrema difficoltà per la Comunità
Nazionale Italiana, che è posta di fronte a un bivio: o
rinnovarsi e trovare le risorse per continuare a riprodursi
come tale, o sparire come soggetto collettivo. Diversi
segnali ci fanno capire che non sarà facile.
Ciao Lino, noi si cerca di andare avanti...
Mario Steffè
Il presidente insisteva sulla necessità di una stretta
collaborazione tra scuola e Comunità. Una delle
iniziative in questo senso è stata l'inaugurazione della
Sezione di scacchi per gli alunni delle elementari.
Minoranze, simposio su biblioteche
Nella sede della CI di Capodistria si è tenuto a metà
novembre il convegno “Il libro e la biblioteconomia
delle comunità nazionali, italiana ed ungherese, in
Slovenia”. All’incontro hanno preso parte tredici
relatori che lavorano nel settore biblioteconomico
della nostra area nonchè dei comuni di Lendava e
Murska Sobota. Obiettivo del simposio fare il punto
sulle attività realizzate in Slovenia per promuovere il
libro, le biblioteche e la cultura delle due nazionalità
autoctone presenti sul territorio sloveno.
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La città
La Città, i titoli di 15 anni
Con questo numero de La Città, il giornalino semestrale della CI di Capodistria compie 15 anni.
Nell’occasione ci è sembrato opportuno fare un elenco dei temi trattati. Ci si accorge di quante cose
siano accadute nella nostra Comunità e di quanto preziose risultino nel tempo talune testimonianze.
La collaborazione di voi lettori è stata sempre fondamentale. Per cui se avete foto, argomenti da
segnalare o storie da raccontare, saremo sempre pronti ad accoglierle anche in futuro.
a.c.
N. 0 – Gennaio 1995
Gli spilungoni del Circolo. Vent’anni di basket (Roberto
Siljan)
N. 1 – Giugno 1995
Attualità
Insieme per voltare pagina (Mario Steffè)
L’augurio del sindaco (Aurelio Juri)
Gli elettori premiano la »Lista per la Comunità«
Come e perchè creare un centro di cultura italiana
(Marco Apollonio)
Ma un progetto simile è rimasto solo sulla carta
(Isabella Flego)
Cultura
Riscoperta del pittore Bartolomeo Gianelli (Alberto Cernaz)
Biografia del Gianelli nelle opere di Francesco Semi
Gli asili italiani a Capodistria nel dopoguerra (Amelia
Buonassisi, Marisa Gandusio)
Cronaca di una »Ginnasiade«. (Martina Gamboz)
Sport
Far conoscere la Comunità pedalando (Emiliano Gandusio)
Attualità
Il senso dell’unitarietà (Maurizio Tremul)
Maratone statutarie al comune (Mario Steffè)
Bilinguismo, migliorarne l’applicazione (Antonio Rocco)
E sui pennoni ritorna la bandiera
Semedella, devozione e riconciliazione (A. Cernaz)
Semedella, l’omelia di padre Umberto Decarli
Sanremo. Riflessione post-festivaliera (Andrea F)
Comunità
Il Gruppo ricerca »Girolamo Gravisi« (Flavio Forlani)
Cultura
Pier Paolo Vergerio il Vecchio (Ive Marković)
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La città
Vergerio, cenni sul cognome
Il catalogo Gianelli
»Co’ Toni Parussola sona la ramonica« (Siora Maria)
Scuola
L’incontro della gioventù a Rimini (Ingrid Maraspin)
Il gruppo »Giovani ecologi« del Carli (Roberta Vincoletto)
Sport
Quelli che il calcetto… (Gianni Miglioranza)
Necrologi: Manlio Vidovich
Lettere
»No go combatù per questo tipo de egoismo« (Tina Tedeško)
Messaggi: Marucci Vascon, Armando Grmek
N. 3 – Dicembre 1996
N. 2 – Luglio 1996
Attualità
Vigilare sul rispetto dei nostri diritti
Commiss. comunale per le questioni della CNI
(Isabella Flego)
Comunità
Costituzione Gruppo folcloristico (Katia Pazzanin – Jošt)
»Musicanti istriani«. Un CD dedicato ai canti popolari
Cultura
Gian Rinaldo Carli, illuminista tra Patria ed Europa (Marco
Apollonio)
Il primo dizionario del dialetto capodistriano
»Corpi-Tjela«, libro di Marco Apollonio
Semedella 1996 (col Coro dei fedeli fiumani)
Scuola
»Istria magna«. Atlante geo-gastronomico (Nicola Klemenc)
»La scola in Belveder«. (Con versi di Domenico Venturini)
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Attualità
Sarò il deputato di tutti (Roberto Battelli)
Branduardi a Capodistria (Roberto Colussi)
Con nastrino o senza il tricolore non sventola (F. Forlani)
Il Club dei consiglieri CNI al Consiglio comunale
Comunità
La rassegna »Histria Jazz«
Bertocchi, presto una CI (Leo Fusilli e Gianfranco Vincoletto)
Rinnovata la Società sportiva della CI (Fulvio Richter)
San Martino in Comunità
Cultura
Libri della Civica accolti alla CI (I. Marković)
Il medico capodistriano Santorio Santorio (F. Forlani)
Piazzale Carpaccio e la colonna di S. Giustina (A. Cernaz)
Rubrica: »L’angolo della creatività« (poesie di Mojca Tonel).
Espressioni capodistriane. (dal dizionario di G. Manzini).
Ricette natalizie (Siora Maria)
Scuola
Si costruisce la nuova scuola a Crevatini
Con la scuola in montagna (Gregor Abram)
»Visto da noi«. Pagina a cura del Ginnasio Carli
Necrologi: Apollinio Abram, Guerrino Vincoletto
La città
N. 4 – Luglio 1997
N. 5 – Gennaio 1998
Attualità
Un programma per non scomparire (Claudio Geissa)
Il Fondo promozione per le attività della CNI
Convenzione RTV Capodistria-Università studi di Trieste
Attualità
50.mo della CI, considerariamolo un punto di partenza (Marco
Apollonio)
Risultati elezioni per i consigli delle CI
Attività consiglieri seggio specifico (Alberto Scheriani)
Bilanci semestrali CI Crevatini (A. Scheriani) e Can comunale
(M. Steffè)
Lo statuto CI e gli ostacoli alla registrazione (M. Tremul)
Semedella, rimessa in funzione la campana
Comunità
»Genitori fantasiosi«, portano in scena le fiabe (Susanna
Bertok – Kuhar)
»Salotto donna«. Iniziativa d’incontro (Isabella Flego)
Mostra etnologica »Come eravamo«
Storia e Cultura
Il Palazzo Pretorio, appena restaurato (A. Cernaz)
Il teatro del Popolo di Capodistria (Giorgio Visintin)
Capodistria e Rovigo ripristinano i legami (I. Marković)
Mostra dedicata a Oreste Dequel.
I Monti di Muggia (Alunni di Crevatini)
Scuola
Shakespeare ed Elisabetta di Gavran. (Allievi del Carli)
Sport
Lo sport a Cap. negli anni ‘50 (Ferdi Vidmar)
Associazione sportiva: orari e responsabili delle squadre
Venite in Comune. Ci sarò (Vicesindaco Bruna Alessio)
Comunità
S. Martino alla CI di Bertocchi
Foto: 30.mo della CI (1977)
Storia e cultura
Quando nacque il Circolo eravamo maggioranza (M. Steffè)
Il Teatro del Popolo di Capodistria, seconda parte (G.
Visintin)
I Marchesi Gravisi (I. Flego)
Scuola
»Lettera ad un’amica« (Samanta Eler)
»Una giornata del 2213« (Valentina Lacovich)
Ex alunne: tre dottori e un avvocato
Sport
Profilo del ciclista Oreste Brainich. (Ferdi Vidmar)
Attività ciclisti
Necrologi: Mario Riccobon, Sergio Perini
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La città
N. 6 – Luglio 1998
N. 7 – Febbraio 1999
Attualità
Capodistria ripristina lo stemma
Nuovo Console: Maria Rosa Chicco Ferraro
Comunità
Ospiti: Fulvio Tomizza, Paolo »Pablito« Rossi
Concerti: Sergio Endrigo (in Museo)
»Carosello club«, imparare giocando
La Filodrammatica di Bertocchi (Franca Kovačič)
Storia e cultura
Sanpieri di Gianni Pellizzer
Sulle tracce della Mitteleuropa (M. Steffè)
La poedia dialettale di Tino Gavardo (a.c)
La tradizione di S. Nazario (don Giovanni Gasperutti)
Antonia Apollonio centenaria (intervista)
Scuola
Asilo: in scena »Il vestito nuovo dell’imperatore«.
Laureati: Mauro Bonifacio, Lorella Flego
Concorso »L’Europa e i giovani« (V. Lacovich)
Attualità
Il nuovo Consiglio della Can
Contro la divisione del Comune (A. Scheriani)
Comunità
Ricordo di Albina e Angelo Lojk.
Costituito il coro »InCanto« diretto dalla console Chicco
Ferraro.
Le gite: Lussino, Monte Maggiore, Firenze.
Varie
Branko, da Musica per voi a Unomattina
(intervista di Marisa Furlan)
Barba Tonin (Antonio Firmi), la memoria di Monte San Marco
Storia e cultura
Libro di Isabella Flego su Girolamo Gravisi
Prešeren tradotto da Giorgio Depangher
50.mo di Radio Capodistria (A. Rocco)
Le trasmissioni del 50.mo (Bruno Fonda)
Un carro allegorico del 1960 (Giovanni Miglioranza)
Ricerca: »I cimiteri dei Monti di Muggia« (V classe
– Crevatini)
Gli affreschi della Rotonda del Carmine (Laura Vianello)
Joannis Kapodistrias. (A. Cernaz)
Scuola
Novennale: Vergerio »scuola pilota«
Poesie di Tara Nanut
Necrologi: Antonia Apollonio, Rosa Riccobon, Stefania
Cernaz, Giuseppina Steffè, Bruno e Silvana Bertok, Dario
Katonar, Maria Vincoletto
15 anni
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La città
N. 8 – Giugno 1999
N. 9 – Dicembre 1999
Attualità
Il Forum transfrontaliero delle donne (I. Flego)
Comunità
La gita Ui-Upt a Perugia e Assisi
Vescovado, scoperta lapide romana
Semedella ‘99 col coro Halietum
Asilo: in scena »La bella e la bestia«
Bertocchi: incontro asili sloveno e italiano
Nasce »Carosello Club«, laboratorio di giochi
Varie
Quando in pescaria se parlava cavresan (intervista a Rosetta
Mondo)
Bossedraga, la patria dei pescatori (intervista a Narciso
Romano)
Quando si pescava nello Stagnon (M. Steffè)
Aneddoti di italiani che hanno prestato servizio nell’esercito
jugoslavo
Storia e cultura
Jana Belcijan vince il »Campiello giovani ‘99«
La stampa italiana a Capodistria dopo il ‘45 (Alessandra
Argenti Tremul)
La prefazione de »Il male viene dal nord« di Fulvio Tomizza
Lettere
Commento al numero precedente. (Marucci Vascon)
Necrologi: Norma Crevatin, Zelmira Čač, Maria e Lionello
Fontanot, Dario Katonar, Letizia Brainich, Virginia Favento.
Comunità
Folhistria, Folkest. Un anno nel segno della musica. (M.
Steffè)
Ambiente, tema in Consiglio comunale (I. Flego)
Esempi di pessime traduzioni
Gita nell’entroterra istriano (Ciacio)
Sportivi: tante attività con scarsi mezzi (Fulvio Richter)
Varie
I Petarossi de Bossamarin (intervista a Nora Urbanaz)
I cortivani Favento-Guzzi di Centora valle (intervista a
Giuseppe Favento)
Religione. Il catechismo in italiano a Capodistria (Ondina
Gregorich)
Capodistria su Internet (Paolo Rasman)
Piatti nostrani di pesce (Bacci, Zetto, Decarli, Pellaschiar)
Detti istriani sul pesce (tratto da G. Vatova)
Pino Auber, il capodistriano volante (A. Cernaz)
Storia e cultura
»I cortivani dell’agro capodistriano« (Giannandrea Gravisi)
La stampa capodistriana nell’Ottocento (A. Argenti Tremul)
Una tomba siamese a Capodistria (L. Nalesini)
»Tonina« di I. Flego premiata in Italia
Folkest ‘99 nel segno di Bregović.
Laureati: Alessandra Argenti Tremul, Dean Krmac
Scuola
Intervista alla preside uscente Nadia Vidovich
La posidonia nella baia capodistriana (Martina Orlando)
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La città
Foto: VIII classe del ‘64 a Capodistria, I cl. del ‘68 a
Bertocchi.
Necrologi: Mario Viola, Giorgio Pausin, Nerina Resinović
(Genzo), Mira Mondo, Pierina Castellani, Luciano e Lidia
Novello
N. 10 – Luglio 2000
Nasce il Gruppo teatrale giovanile
Asilo: in scena »Winnie the Pooh«
Foto: I classe 1968 di Capodistria, I cl. ‘70 di Crevatini
Varie
Il sito web di Ottavio de Manzini (P. Rasman)
Rubrica: Lettera dal Siam (L. Nalesini)
Necrologi: Francesco Semi (intervista a Bruno Maier), Mario
Urbanaz
N. 11 – Dicembre 2000
Attualità
Folkest 2000 a Capodistria con Joe Cocker
Comunità
Riaperta la sede sociale
»Il coro della CI di Capodistria« (intervista a Silvio Stancich)
»C’era una volta una mandolinistica« (Ada Soldatich-Rosch)
»Beati i fioi«. Ancora sulla Filodrammatica (Adalgisa Braico)
Mostre: »Sogni di segni al muro« pubblicità tra 1900 – 1940,
S. Nazario – attrezzi processionali
Serate letterarie: Berti, Šalamun, Tomizza, Matvejević, Luglio.
Gita: Pisa, Lucca e a Roma nel segno del Giubileo.
Storia e cultura
»Versi per una vita persa« di L. Decarli
Una ricerca sui »mascheroni« (F. Forlani)
Brano tratto da »Nonna Tonina« di I. Flego
»S. Nazario tra storia e tradizione« (I. Marković)
Sport
ASCI, costituita squadra di calcio a 11
L’ASCI organizza il Memoriale »Oreste Brainich«
Scuola
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* primo numero con foto a colori (chiesetta di San Tommaso)
Attualità
Per sopravvivere la Comunità deve aprirsi (pres. Lino Cernaz)
Grazie per aver difeso il seggio specifico (Roberto Battelli)
Capodistria e Venezia (intervista a Gianumberto Ferraro)
Fondi veneti per iniziative a Capodistria
L’antico cimitero vicino al Duomo
Nuove tabelle con i nomi dei palazzi
Comunità
Nuova sezione: il Gruppo lavori manuali
Corso di disegno artistico con Martina Žerjal
Il Gruppo dei minicantanti (Senija Geissa)
ASCI, si dimette presidente Richter
Crevatini: Sezione fotografia (Scheriani)
Primo bilancio per la CI di Bertocchi (Forlani)
Fondato lo »Juventus club Koper-Capodistria«
La città
Gita: Da Aquileia a Cividale, nel segno dei patriarchi
Incontro delle ex coriste della CI
Storia e cultura
»La Contrada« a Capodistria (M. Steffè)
Che italiano parlano i nostri alunni? (Emanuela Gherardi)
L’attuazione del bilinguismo (Marialuisa Maier Sponza)
A Isabella Flego il premio »La frontiera«
Il viaggiatore Antonio Zetto (Carla C. Mocavero)
»Ciacole in piassa«: ricordi della Filodrammatica (Lidia
Colarich)
Girolamo Vida, autore capodistriano del ‘500 (A. Cernaz)
La tomba di Giacomo De Grassi a Bangkok (L. Nalesini)
Scuola
Foto: I classe del ‘66, VII cl. del ‘75.
Varie
Rubrica: Come cambia la città (A. Scheriani)
»Muja iera tuto per noi« (Maria Pia Casagrande, Giampaolo
Opara)
Valentina Lacovich a Miss Italia nel mondo (intervista)
Internet, i siti dei giornali (P. Rasman)
Articolo del »Corriere illustrato« del 1956 su Nicolò e Luigia
Zetto
Necrologi: Giuseppe Godina, Romano Farina
N. 12 – Luglio 2001
Attualità
Riflessioni dopo un viaggio a Sarajevo (R. Battelli)
Capodistria al giro di boa (intervista al vicesindaco Scheriani)
Premio comunale alla prof. Nadia Vidovich
30 anni di Tv Capodistria (A. Rocco)
Comunità
Mostre: Forografi CNI, Vittoria Marziari Donati, Pino Auber
Gite: Lago Maggiore e Carso.
Presentazione dei cibi tradizionali di Pasqua
Duomo: concerto Cameristi e Madrigalisti triestini
Visita e concerto dei connazionali di Sissano
Storia e cultura
Sulle tracce del Vergerio nel Baden Wurttemberg (Ada
Soldatich-Rösch)
La seconda edizione di »Tomizza e noi« (M. Steffè)
Raccogliere l’erdità di Giorgio Depangher (citazioni e brani
scelti)
Presentazione Atti XXX del Crs di Rovigno
Nasce a Lubiana l’Istituto di cultura italiana (Donatella Pohar)
Un armo capodistriano andrà alla Regata di Venezia (M.
Steffè)
Palazzo Pretorio torna al centro della vita cittadina (a.c.)
»Pagine grigie della città« (I. Flego)
Scuola
»Artisti in erba«. Allievi del Carli in Comunità (E. Gherardi)
Poesie: Sara Settomini e Marco Loredan
All’»Arillo« del Carli, la palma del miglior periodico
scolastico
Alunni della Vergerio premiati dall’IRSE a Pordenone
»Istria-Veneto: imparare giocando«
Asilo: rappresentazione di »Robin Hood«
Foto: VIII classe del ‘80, IV dell’88, III dell’81.
Sport
Giochi UI, Capodistria in auge a Cittanova
Varie
»El salmastro dela Staion« Intervista a Primo Bertok
50.mo sacerdozio di don Giovanni Gasperutti
Da Fagagna a Capodistria passando per Udine (Mauro
Missana)
Primo quiz a premi
Necrologi: Leo Fusilli, Giorgio Depangher, Luciano Fiorencis,
Giustina Bacci, Antonio Firmi, Anna Perossa
Bertocchi
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La città
N. 13 – Dicembre 2001
N. 14* – Giugno 2002
Attualità
Due parole sulla Finanziaria e sull’Edit (R. Battelli)
Regata storica di Venezia 2001, impressioni e foto (M. Steffè)
A 10 anni dalla guerra per l’indipendenza (Aurelio Juri)
»Se ci ripenso mi vengono i brividi« (Fabio Steffè)
Il discorso di Tremul per la visita di Ciampi a Fiume
Bruno Scapini nuovo Console
Comunità
Un anno di attività alla CI di Bertocchi (Franca Kovačič)
Gite: l’Istria centro-orientale
Poesia: raccolta »Il volo libero« di Edo Zanco
Mostre: »Recycling« di Charles Škapin
Concerti: SAC »Marco Garbin« Rovigno, »New Fellowship
Ministries«
Storia e cultura
Una vita per l’attività culturale delle CI
Tutto su Salara (intervista a Paola Zettin)
Erbe medicinali (P. Zettin)
Scavi: riaffiorano i resti di Egida? (A. Argenti Tremul)
Come si festeggiava la Settimana santa (don G. Gasperutti)
»La preghiera del relojo«, poesia di Tino Gavardo
Renato Caligo: el zago del Domo
Scuola
Meno iscritti alle prime (O. Rossetto)
Il sito web della Vergerio
Foto: I.a classe 1967,
Necrologi: Virgilio Riosa
* L’edizione è contrassegnata per errore con il numero 12.
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Comunità
Folkest a Capodistria: non solo musica
Il progetto “Labirintomare” (M. Steffè)
Libri: “Fondi librari” di I. Marković, XXX Atti Crs, “A Fiume
un’estate” E. Mestrovich, “Gorizia 2001” A. Rupel, “Memorie
storiche” Prospero Petronio (a cura di F. Forlani)
Mostre: Pino Auber, “Artisti in erba” allievi del “Carli”,
“Tradizioni pasquali”, D. Marziari Donati, A. Catellani, G.
Borta, “Ascoltare le pietre bianche”, C. Škapin,
Concerti: Franco Platino, Madrigalisti di Trieste, Gruppi CI
Sissano, Festival operetta, “Una volta se cantava cussì…”, C.
D’Avena, The new fellowship ministries, Stella Splendens
Teatro: “Michelangelo” DI Fiume, La Contrada;
Gite: Breda di Piave, Gruppi CIC a Sissano e Matterada, Istria
orientale, Cherso-Lussino;
Crevatini: gemellaggio con San Ginesio
Bertocchi: Sei anni Gruppo teatrale “La giostra”
Storia e cultura
Capodistria e il mare (R. Battelli)
Bossedraga (intervista a N. Vascon, A. Vascon e N. Romano)
Testi: »La canzone dei pescatori« e »Bossedraga«
Poster: Vele capodistriane (di Tullio Vergerio)
Una notte fra i pescatori (M. A. Malešič)
Luci nel Golfo (Leander Cunja)
A Capodistria non si trovano ormeggi (Arturo Steffè)
La città
“Se xe passion, no se senti fatighe” (intervista a Franco Steffè)
Toponimi di mare dei pescatori capodistriani (Lauro Decarli)
I calafà, i cantieri le barche e io (Giuliano Orel)
Toni Selerato e la Finansa (L. Decarli)
Il Circolo canottieri »Libertas« (tratto da Aldo Cherini)
Capodistria e la vela oggi (Arden Stancich)
Capodistriani alla Regata storica Venezia (M. Steffè)
»Siete proiettati verso il futuro« (intervista a Edda Vergerio)
Poesie di E. Vergerio con traduzione in sloveno
Foto: Vittorio Steffè (Ciacio)
Necrologi: Bruno Maier, Miroslav Žekar, Luciana Fiorencis,
Oscar Sudoli, Alfieri Ponis, Tullio Auber.
Scuola
Rappr.: “Robin Hood” asilo, “M” di W. Allen (Gruppo
giovanile), Gruppo CI “Alighieri”;
Tina Steffè “Partecipare giocando (Veneto), Ivan Rocco
“Vulcano d’oro” (Maribor)
N. 15 – Dicembre 2002
(collaborazione con l’Associazione »Amici della musica« di
Capodistria; Festival »Ethnopolis«
Gite: nei luoghi della Prima guerra mondiale lungo il confine
Serata a ricordo di Bruno Maier a cura di Irene Visintini
Bertocchi: nascono il gruppi teatrale »La Giostra«, balletto,
minicantanti, e lavori creativi. Nuova biblioteca
Storia e cultura
Sarmin dei mii ricordi (Guido Braini)
La testimonianza di una rimasta (Armida Perossa)
I Ciucheti e la Casa de Cristo (Luisa Grisonich)
La guerra e l’immediato dopoguerra (G. Braini)
Sermin nei ricordi de un paolan (Antonio Steffè)
Pianta di Sermino con le case de chi viveva (Mario Derin)
A vendema co la batela (Lauro Decarli)
Arheološkega krsta v Serminu nisem dočakal! (Drago
Svoljšak)
Sermino, una storia millenaria (Leander Cunja)
Sermino, ricordi personali (L. Cunja)
Abitanti, famiglie, censimenti 1880-1945 (L. Cunja)
Microtoponimi di Sermino (A. Cernaz)
I ritmi della campagna (G. Braini)
Scuola
Il concorso »Giovani lettori« della »Vilhar«
Agli allievi del Carli lo »European School Award«
Varie
Lettere dal Siam: Corsica (L. Nalesini)
Ricordo di momenti spensierati passati al Circolo (Maria
Bortolato)
* Numero tematico sulla frazione di Sermino
Attualità
Le minoranze nell’Unione europea (R. Battelli)
Comunità
Mostre: Giovani artisti dell’Accademia di Venezia, »Nel
colore« collettiva di pittori fiorentini
Concerti: Trio d’archi del Teatro Verdi di Trieste
Ornella Rossetto
13
La città
N. 16 – Luglio 2003
N. 17 – Dicembre 2003
Attualità
O tempora, o mores! (M. Steffè)
Radio e Tv Capodistria, prospettive di sviluppo (Antonio
Rocco)
I risultati dell’ultimo censimento (Roberto Battelli)
Comunità
Incontro Liceali del Carli e vertici CNI (Claudio Moscarda)
La CI impari a coinvolgere un pubblico più vasto (intervista a
Lea Širok)
Libri: »Caterina del Buso« di Lauro Decarli e »Sindrome di
frontiera« di Aljoša Curavić
Mostre: »Memorie della miniera«
Gite: Dolomiti.
Storia e cultura
Capodistria nei censimenti demografici (Dean Krmac)
La poesia di Giovanni Fontanotti (intervista a Dora Fontanot)
La galleria A+A di Venezia (Aurora Fonda)
Varie
L’arte di fare il pane (M. Steffè)
I »furlani« della Bonifica di Sermino (intervista a Gianfranco
Vincoletto)
Bepi Betalè, maceta caveresana (Lauro Decarli)
L’ultima Semedela di Romano Bleche
Necrologi: Ermanno Giovannini, Emilio Bonazza
Attualità
Visita on. Carlo Giovanardi
Pesanti tagli ai programmi Rtv (Antonio Rocco)
Influsso dei cartoni animati nell’apprendimento dell’italiano
(Diana Ternav)
Il ruolo della nuova Università (intervista a Lucija Čok)
14
Comunità
Libri: Albino Troian e Claudio Tonel
»Monumenta heraldica justinopolitana« del Crs (Claudio
Moscarda)
Mostre: »Vele al vento« Damian Fischer
Concerti: Ethnopolis, suggestioni etno
Bertocchi: Primo »Incontro delle tre regioni«
Gite: Valle, Sanvincenti, Duecastelli
Storia e cultura
La commedia »Nozze Capodistriane« (Dario Scher)
Cenni sull’autore, Domenico Venturini
Nozze Capodistriane – Testo integrale del Primo atto
La lezione etica di Inge Morath (Franco Juri)
Prosa: »Due donne« di Marco Apollonio
»Una lettera a un amico disabile« di Elsa Apollonio
»Scrivi…« Mateja Vlasič
Varie
Una vita per la scuola di Crevatini (intervista a M. P.
Casagrande)
Compagni di scuola, breve viaggio crepuscolare (R. Battelli)
La città
A Rosa Lojk il »Microfono d’oro«
Lettere: Guido Braini sul pane fatto in casa
Le parole »tedesche« del nostro dialetto (L. Nalesini)
I parchi nazionali dell’Ovest degli Usa (Bruna Argenti)
Necrologi: Silvio Stancich, Dario Desimone, Giuseppe
Angelini, Emma Stopar (Scher), Giuseppina Soldatić, Vittorio
Luglio, Nello Pacchietto.
N. 18 – Giugno 2004
Attualità
La Slovenia nell’Unione europea (Eros Bičić)
La Tv transfrontaliera (Loris Braico)
Decalogo per la convivenza (Alexander Langer)
Targa comunale alla CI “Santorio”
“Senza confini” su Radio Morje (intervista a Luka Juri)
Come migliorare l’italiano dei nostri ragazzi (O. Rossetto)
Folkest: pioggia di note africane
Comunità
Mostre: Artisti di due minoranze, Sapori di festa
Due minoranze un’unica collaborazione (M. Tremul)
Nagovor umetnikov manjšin ob širitvi (Dušan Udovič)
“Calegaria” torna il suono dei mandolini
Ospiti: La Divina commedia in triestin con Nereo Zeper
Concerti: Orchestra “Busoni”, Duo Dellyska, “Tango, mi
amor!” Camerata strumentale italiana, JEFF
Teatro: »I botoni dela montura« Gruppo teatrale per il dialetto
del FVG,
Editoria: “L’armonica diatonica” E. Zonta, presentazione
“La Battana”, “Decalogo della convivenza” di A. Langer
(Associaz. Mediterran), “Edoardo Marzari, un prete scomodo”
Libero Pelaschiar
Gite: Fiera agricola Verona, Istria meridionale
Crevatini: Festa della convivenza, gemellaggio con San
Ginesio
Bertocchi: “Saluto alla primavera”, escursione a Modena.
Storia e cultura
Europa e giovani in un discorso di don Edoardo Marzari
“La signora smarrita” di Umberto Zuballi (L. Nalesini)
Istria Nobilissima, premio fotografia a Damian Fischer
Antonio Elio, patriarca di Gerusalemme
Anton Marti, pioniere della Tv (G. Visintin)
Altro
Elenco dell’avifauna capodistriana (A. Cernaz)
Uccelli di Capodistria e dintorni (Loris Dilena)
L’arte dell’uccellagione (Aldo Cherini-La Sveglia)
Usei e useleti nei proverbi istriani (Giuseppe Vatova)
Uselando in Sarmin (Guido Braini)
Usei e useleti nei soprannomi capodistriani (L. Decarli)
Foto: Il Giro d’Italia a Capodistria (D. Fischer)
Necrologi: Silvio Odogaso, Pietro Monaro, Luciano Kleva,
Nello Pacchietto, Fulvio Lazzari.
Narciso Zucca, Gianni Pellizer e Claudio Marancina
15
La città
N. 19 – Dicembre 2004
N. 20 – Luglio 2005
* Numero tematico sul 50.mo del Memorandum di Londra
Attualità
Progetti Interreg Italia-Slovenia (Roberta Vincoletto)
Un mare che unisce (Flavio Forlani)
Comunità
Mostre: Incisori di Nola, Alice Zen, Umberto Radivo, Guido
Porro
Serate letterarie: Pierluigi Sabatti, Milica Kacin-Wohinz,
Angela Nanetti
Visite: COOPED – Cammina Trieste
CI-Università: Incontro su »Collaborazione nel contesto
europeo«
Gita: Cantina vinicola Verteneglio, Napoli e dintorni
Sociale: ricordo di Silvio Odogaso
Storia e cultura
Per calli, slarghi, Piazza Da Ponte, strade e rati (Guido Porro)
Il curriculum del Rex. Testimonianze.
I camini di Capodistria (Lauro Decarli, Miro Lozej)
Varie
Commenti al n.19 de »La Città« (Milan Rakovac, Tomo Vidic,
Mariella Zorzet)
A Capodistria con una storica tailandese (L. Nalesini, Neung
Lohapon)
Sport
»Coppa S.Nazario«, pesca sportiva
Scuola
All’ombra dei campanili (Erik Scheriani)
I siti web del Carli e di Aldo Cherini
Attualità
Oggi, 50 anni dopo (F. Juri)
Dall’accordo di coalizione – Le Comunità nazionali
Dei pulpiti e delle prediche (R. Battelli)
Forum delle città ionico-adriatiche (A. Scheriani)
Forum giovanile della minoranza (F. Forlani)
Una proposta per far tornare le opere d’arte (M. Tremul)
Da Waters a Dalla passando per la nostra piazza (Andreaeffe)
Comunità
Gemellaggio artisti Litorale e Piemonte
Visita emigranti veneti del Brasile
Laurea: Roberta Vincoletto
Storia e cultura
Bratina-Tomizza: dialogo di due minoranze
50.mo del memorandum: Il contesto storico
Le cronologie di Vlasta Beltram e Aldo Cherini
Il rimasto, cultore di teatro (intervista a Dario Scher)
Il giornalista »diplomatico« (Miro Kocjan)
Il milite della Difesa popolare (Armando Grmek)
Gli americani e i tre villaggi di pescatori (Stefano Lusa)
Il memoriale di Italo Sauro
Lettere: Gianluca da Modena
Necrologi: Mario Argenti, Augusto Norbedo, Eros Bičić,
Mario Abram, Maria Štanta (Fonda), Carolina Pincin.
16
La città
Poesia: »Tuffi vitali« di Luca Basiaco
Necrologi: Dario Scher
N. 21 – Dicembre 2005
Storia e cultura
La peste a Capodistria (I. Marković)
Il trattato di Giovanni de Albertis
»Fragmento del S.r Fabio Fini«
La visita dell’imperatore Ferdinando I (G. Visintin)
Sport
I giochi delle minoranze a Trieste (Arden Stancich)
La passione sportiva di Nerone Olivieri (Ferdi Vidmar)
Torneo: tressette, sponsor Modiano
Scuola
Spettacolo di fine anno, alunni della »Vergerio«
Il club degli studenti italiani di Lubiana (Franco Juri)
Neolaureati: Roberto Bonifacio (intervista) e Veronica Fonda
Varie
Profugo in calzoni corti a Capodistria (Ennio Opassi)
»Chi son mi?« (Edoardo Milani)
Foibe. Intervista con Fran Malečkar (Flavio Forlani)
Il sito web di Radio Capodistria
Lettere: Vinicio Bussani
Necrologi: Maria Coslovich
N. 22 – Luglio 2006
* in retrocopertina 4 vignette di Franco Juri, poster centrale:
»Capodistria 1845«
Attualità
Ghetto. Aljoša Curavić sull’unitarietà della CNI
Krmac: informatizzazione del censimento 1857 (Barbara
Costamagna)
Riscoprire i gioielli nascosti (Žitko, Steffè, Gabršček,
Podberšič)
»Taverna« (Andrea Effe)
Comunità
Partecipazione al Festival di Lubiana
S. Basso: »Itinerari organistici«
Serate letterarie: Isabella Flego, Stefano Tomassini, (in
Pretorio) Dacia Maraini, »Enciclopedia istriana«, »Sindrome
di frontiera« di Aljoša Curavić
Mostre: Tilen Žbona, disegni asili italiani e sloveni
Gite: Fasana e Brioni
Ospiti: filodrammatica Ci Umago, »Teatrino Giullare«
Bologna
Musica: Soraimar, Rudy Linka, Wanda Trent Phillips, Franco
Bussani
Nuovo console Carlo Gambacurta
Attualità
Bossedraga. L’ultimo muro (A. Cernaz)
Italia, ora una legge d’interesse permanente (M. Tremul)
Riacquisto cittadinanza italiana (a.c.)
Phare CBC: »Poeti di due minoranze« (C. Moscarda)
17
La città
Interreg: »Agromin«
Nasce l’Ente »Carlo Combi«
L’Ass. Genitori delle scuole italiane (intervista ad Arden
Stancich)
Comunità
Trio Lazonta in Romagna
Elenco sezioni artistico-culturali della CI
Partecipazione Fiera agricola di Verona
Incontro con delegazione chioggiotta
Mostre: Ugo Pierri, Artisti di Chioggia
Concorso: »Sapori di festa«
Libri: Fulvio Monai, »Commentari« del Tommasini, Pino
Roveredo, Olinto Mileta
Serata: »Istriani al polo« - Francesco Negro, »Le
confraternite« - Rino Cigui
Teatro: »Delitto all’isola delle capre« Dramma di Fiume
Musica: ventennale Marino Kranjac, Juan Garrido Group
Semedella col coro »S.Servolo« di Buie
Gita: Vittorio Veneto
Sociale: »Sardelada 2006«
Storia e cultura
Il castello di Pietrapelosa (I. Flego)
Pietrapelosa: leggende e pianta
Il convento di S. Marta (testo e foto del 1921)
Lo slavista capodistriano Umberto Urbani
»Giornali istriani in italiano« di Monika Bertok (Stefano Lusa)
Koprski duhovnik v boju proti fašizmu (Miro Kocjan)
Poesia: »Dentri stretti nel silenzio« di Edo Zanco
Forum Tomizza – Artistria
Scuola
Il »Girotondo dell’amicizia« (Franca Kovačič)
S. Colombano, la nostra maestra di Capodistria (M.P.
Casagrande)
Asilo: in scena »Cenerentola«
Foto: VI classe del 1974
Sport
Cicloturistica »Sui percorsi di S. Nazario«
13.mo Torneo di pandolo
Varie
La sezione italiana della Bibilioteca centrale (Amalia
Petronio)
Giovanni Prodan, l’ultimo battirame (Ennio Opassi)
Incontro al ZRS: »L’Italia e l’Europa orientale« con Stefano
Santoro
Lettere dal Siam: »Considerassioni, svolando sora
l’Adriatico!«
Un trenino di auguri!!! (Edoardo Milani)
La bicicletta del negozio di Betalè (Mario Vesnaver)
Necrologi: Giulio Manzini, Antonietta Derin, Angelo
Gandusio, Tina Tedeško, Silva Novello, Maria Grazia Maier
18
N. 23 – Dicembre 2006
Attualità
Tv Capodistria sul satellite (Silvio Forza)
Da ne bomo kamenček v čevlju (Rudi Pavšič)
Insieme siamo più forti (M. Tremul)
Una città di nuove opportunità (A. Scheriani)
Eterna Capodistria (F. Juri)
Interreg: »Le maggioranze conoscono le minoranze«
Comunità
Serate: »Scampoli istriani di fine estate«, »Un cavresan a
Bangkok«, »Ritratti: Rigoni Stern«.
Musica: »Cappella civica« Trieste, Sergio Preden
S. Anna: concerto organista Riccardo Cossi
Gite: incontro con le CI di Dalmazia
Libri: Antologia »Poeti di due minoranze« (Zlobec, Guagnini,
Steffè)
Bertocchi: »Saluto alla primavera«
Mostre: Damian Fischer
Storia e cultura
Crevatini: Il rinnovo del cimitero di San Micel
La poesia e gli studi di Paolo Blasi
Il lascito fotografico di Libero Pizzarello (Salvator Žitko)
Brani scelti dai »Commentari« del Tommasini
Il Beato Monaldo da Capodistria e la Summa aurea (a.c.)
L’Istria nel cuoredi Edo Zanco (Ennio Opassi)
Scuola
Interreg: Progetto »Scolaris«
Foto: serie »Istituto Grisoni« di Pino Scher
La città
Laurea: Clio Diabatè
Varie
Considerassioni sula lingua italiana (L. Nalesini)
El manzo istrian (G. Braini)
Capodistriani in America (V. Bussani)
Necrologi: Nives Mandič, Maria Battelli, Valeria Bressan,
Renato Zucca, Giuliano Pellizer, Caterina Fermo
N. 24 – Giugno 2007
Attualità
Il nuovo Centro »Carlo Combi« (Aleksandro Burra)
Incontro Can italiana e ungherese
Interreg – Il progetto SA.PE.VA
Forum Tomizza: »Hic sunt leones«
Comunità
Serate: ambasciatore Pietro Ercole Ago, »Dal Rosa al Bianco e
nero« (8.marzo), Festa della mamma (alunni »Vergerio«),
Conferenze: »Minacce all’infanzia di oggi« (Nicoletta
Bressan)
Musica: presentazione CD »Primo« dei Caligaria in Loggia
Concerti: due arpe »Sound of music«, Marco de Biasi al
Museo, »Grande, grande, grande…« (canzone d’autore
italiana), Ljoba Jenče (in Museo), Gruppi bandistici di Buie e
Maresego
Libri: »Gite per l’Istria«,
Semedella con Cappella civica S. Giusto TS
Sociale: »Sardelada« con la banda »Ongia« di Muggia
Mostre: Gruppo lavori creativi, Gruppo lavori su seta di
Bertocchi, »Adopt an artist«, Aleksander Žerjal
Gita UI-UPT: Bologna e Modena.
Storia e cultura
Il progetto »Istria nel tempo« di Tv Capodistria
Il Dramma di Fiume a Bertocchi
Incontro »Poeti dell’Alto Adriatico«
Carla Rotta alla Biblioteca centrale
La poesia di Bepi Luna
Simposio su Quarantotti Gambini (Nives Zudič Antonič)
Titov miljnik pri Krkavčah (Matej Župančič)
Scuola
Semedella, scuola con vista sul mare
Laureati: Oumar Diabatè
Foto: L’VIII classe del 1967
Sport
Escursione ciclistica »Sui percorsi di S. Nazario«
XI edizione torneo briscola e tressette
XIV torneo di pandolo
Varie
»Ora so cosa significa avere una famiglia« (intervista a Pino
Scher)
I »Calegaria« (intervista con Lean Klemenc)
Testi del CD »Primo« dei »Calegaria«
Tesi di laurea: rapporto bilinguismo-polizia
La casa della Cameral (V. Bussani)
Necrologi: Mario Fafangel
Mario Gandusio (al centro), assieme ad altri due corridori
di Monfalcone, durante l'escursione ciclistica
»Sui percorsi di S. Nazario«
19
La città
N. 25 – Dicembre 2007
Un artista da ricordare: Oreste Dequel (Ferdi Vidmar)
CI Crevatini: la chiesetta di S. Colombano
Quando le chiavi erano piccoli capolavori
Scuola
25.mo asilo di Crevatini
Dean Pellizer primo all’ex Tempore delle scuole della CNI
Varie
Cussì zogavimo una volta (V. Bussani)
I numeri della tombola capodistriana (L. Decarli)
Letere dal Siam: Paesi baltici (L. Nalesini)
Necrologi: Primo Bertok
N. 26 – Giugno 2008
Attualità
Salviamo un edificio della Capodistria storica (F. Juri)
Prodi a Lubiana incontra la minoranza
Le due minoranze dopo Schengen
Interreg: il progetto Agromin
Comunità
Mostre: Pino Gropuzzo, »TriesteèFotografia«, Rajko
Apollonio e Joso Knez, Interars
Serate: »Gramsci: intellettuale del domani«, »Austria…
felix?«,
Teatro: »Goldoni terminus« (Dramma di Fiume), Compagnia
»Pupi e fresedde« di Rifredi
Libri: »Trieste salta il confine« di Maranzana,
»L’Istria bizantina« di Novak (all’Archivio regionale),
»Protestantesimo in Istria« di Miculian
Concerti: Gran galà melodico italiano col pianista Milko
Čočev
Spettacoli: »Fermi tutti…è Capodanno!« con TV Capodistria
e CI Pirano
Bertocchi: Quinto »Incontro delle tre regioni«
Gita: Ciceria e Laurana
Storia e cultura
Una lettera di Kandler sulla toponomastica
Numerazione civica di Capodistria nel 1870
Poster: pianta cittadina del primo Novecento
Giustinopoli dell’Asia minore
L’arte lirica di Rodolfo Moraro (Fabio Vidali)
20
* Speciale odonimi
Attualità
Riconoscimenti della Can comunale, prima edizione
Ive Marković direttore della Biblioteca centrale
Il presidente italiano Napolitano in Slovenia
AIAS premiata dal Comune
Comunità
Serate letterarie: Boris Pahor, Edda Viler
Mostre: Marco Juratovec
Bertocchi: formazione in campo agricolo
Crevatini: gemellaggio con scuola di Dolina
Semedella col coro »S. Vito« di Marano Lagunare
Gita Ui-Upt: Cinque terre
La città
Varie
Le vie di Capodistria (A. Cernaz)
Poster: pianta rielaborata di Giacomo Fino
Piante: Capodistria 1956, Capodistria 1925
Scuola
Laureati: Jana Belcijan, Valentina Lacovich
Necrologi: Bruna Morgan, Paola Zettin, Ennio Opassi, Maria
Basiaco, Claudia Marušič
N. 27 – Dicembre 2008
Attualità
Dei diritti e delle pene (R. Battelli)
Investire sulle persone (M. Tremul)
Visite ambasciatori Verga e Pietromarchi
Campagna elettorale seggio specifico
Interreg: Progetto Mi.Ma.
Collaborazione tra Università
Perchè la lingua si va impoverendo?
Beatificazione don Bonifacio
Comunità
Gita Ui-Upt: Campania
Serate: 25.mo scomparsa di Matteo Scocir
Ospiti: Associazione »Sonček«
Mostre: Elsa Apollonio
Il Gruppo filodrammatico
L’Alpe Adria PUF Festival alla CI
Crevatini: Ex Tempore »Benvenuto autunno«
Storia e cultura
L’insegnamento della fisica nell’Ottocento (Loredana Sabaz)
Il prof. Giuseppe Accurti (Claudio Battelli)
Giovanni Tacco e le regole del buon governo (a.c.)
Una cartolina al dott. Nobile (Edoardo Milani)
»Dieze poesie« di Marco Apollonio (Elis Deghenghi Olujić)
»Lubiani«, raccolta poetica di Edo Zanco
Il »Combi« alla Fiera del libro di Lubiana
Una poesia tradotta da Francesco Combi
Scuola
»Premio Pellizzer« ad Anita Dessardo (intervista)
»Ci siamo messi in gioco« allievi del Carli
Poesie: Mia Dellore, Aleksandra Čirkovič, Luka Zaro, Monica
Santin
Varie
Črt Brajnik, la passione per il documentario
A colloquio con lo scultore Loris Morosini
Più fondi dal bilancio comunale (A. Scheriani)
Conoscere il bilinguismo
Un confine, una storia (V. Bussani)
Letere dal Siam: Giordania
Opassi, l’ultimo articolo
Necrologi: Maria Bisiach, Giovanni Brainich
Matteo Scocir, indimenticato mentore del Gruppo
mandolinistico della CI di Capodistria
21
La città
N. 28 – Giugno 2009
Attualità
Auguri Radio Capodistria (A. Curavić)
A margine del 60.mo (G. Visintin)
Al trasmettitore di Croce Bianca (F. Vidmar)
Nasce il sito della Can comunale
Una libreria italiana nell’area costiera (a.c.)
L’archivio di Tv Capodistria (Ketty Kovačič Poldrugovac)
Interreg: »Santuari Mariani dall’Adriatico alle Alpi«
Comunità
Ospiti: studenti Lombardia e S. Lucia, Accademia italiana
della cucina
Libri: gli »Itinerari« del Sanudo, »L’altra parte del cielo« di
M. Apollonio
Mostre: Artisti del FVG
Concerti: Monica Cesar e Neven Stipanov, Transhistria
electric
Serate: ombudsman Čebašek Travnik, omaggio a Giorgio
Depangher
Nasce il coro »Porporella«
Bertocchi: »Saluto alla primavera«, commedia »Il paese di
carta«
Gita: Istria centrale
Storia e cultura
Chiesa e convento di S. Domenico (Antonio Alisi)
La Casa di pena di Capodistria (Vlasta Beltram)
Crevatini: il disperso che non voleva tornare (M. P.
Casagrande)
22
Canti patriarchini al Duomo (I. Marković)
»Capodistria 1947. L’ultimo confine« di Lucio Gridelli
(intervista)
Scuola
Studenti incontrano i rappresentanti della CNI
Campus studentesco itinerante
I ragazzi del Carli a Barcellona
Presentazione ricerca »Capodistria per sempre«
»Giulio Coniglio« degli alunni di Semedella
Asilo: in scena »Cappuccetto rosso«
Foto: II, III, IV classe di Bertocchi nel 1955
Laureati: Pamela Vincoletto
Varie
II edizione premi Can
Calegaria: sala di lettura intitolata a Tomizza
Raduno della Mailing list Histria
Comune: premiati Aldo Zubin e Fabio Steffè
Letere dal Siam: Montenegro (Lucio Nalesini)
Necrologi: Lidia Kozlovich, Zvest Apollonio, Nazario
Norbedo, Gregor Abram, Giuliana Verardo, Giorgina Pulić.
Uno sketch della Filodrammatica CI con Corrado
Cimador, Sergio Settomini e Franca Kovačič
La città
Nino e i suoi ricordi di Giusterna
Giovanni Kavalič nasce 82 anni fa nella contrada di Giusterna, poco fuori Capodistria. Una zona esclusiva, oggi come in
passato. Prima dell’esodo famiglie capodistriane benestanti vi possedevano delle villette e appezzamenti di terra coltivati
da coloni. Oggi a Giusterna ci sono tante belle case, bar, la piscina coperta e, oltre la strada, la spiaggia pubblica. Abbiamo
incontrato il sior Nino a Isola, dove abita con la sua famiglia dal ‘52, e ne è nata questa chiacchierata.
Da dove provengono i Kavalič?
Mio nono xe nato nel 1871, che me lo
ricordo ben, lu diseva che la fameia iera
vignuda dal Piemonte. E in Piemonte
xe un cognome sai largo, Cavalli. Un
Giovanni Cavalli ga inventà la canna
rigada dei cannoni. Vero xe che i Kavalič
i xe a Maresego almeno dal 1600. Del
nostro ramo xe vignudi a lavorar come
coloni pei signori de Capodistria. E i se
spostava: mio bisnono xe nato in Triban,
mio nono in San Micel, mio papà in
Sermin, e noialtri a Giusterna. Vevimo
soranome Stùr.
Parliamo di Giusterna.
I Stur ven a Giusterna nel 1914. I ga sta in
quela casa indove che son nato mi e che
xe nata mia mama anche fin’al ‘39; dopo
nel ‘39 semo andai star in Provè, sora
el Rex. Lori i xe stai la fina al ‘54, poi
i xe vegnui a Capodistria, sul montaron,
Calle dell’agricoltore num.14. La i ga sta,
e dopo i mii genitori con tre fioi xe andai
a Trieste nel 1962.
Sua mamma?
Macor la iera de nubile. Mio nono de
parte de mama, prima de morir el gaveva
gambià 17 loghi. Miseria iera. Se andava
de un paron al altro. E la che ti andavi
iera sempre pezo, de solito.
Allora i suoi antenati hanno fatto
sempre i contadini?
Difati mi go fatto l’indirizo agricolo della
scola de aviamento, a Capodistria. Noi
ierimo, fora del Ponte de tola , come i
diseva.
Ponte de tola?
Là che xe la Porporela, no? La iera
el ponte, dopo là iera el mareto, ghe
disevimo noi. Dopo iera el canalon
dell’Ara che andava torno Capodistria,
passava soto el ponte de la Muda. El
mareto saria un tochetin de mar, un buso:
là dela Porporela iera quel più grande
– perchè là i pescava, el secondo iera
devanti la ceseta de Semedela, el terso
mareto iera a Giusterna, là che xe ‘desso
el bagno, e l’ultimo dove che finissi le
ultime case verso Isola...ancora desso
se conossi. Se ghe diseva mareto, picolo
mar, perchè andava l’aqua dei tombini in
mar e oltre quei tombini vegniva l’aqua
salada de qua.
Come si chiamava suo padre?
Giusto. Intanto a iera invalido. I andava
a cacia de contrabando. Se tratava de
magnar, no ‘ndava per farse i soldi. E una
volta, mi gavevo tre ani, el ga messo el
s’ciopo carigo sule scale. Scale de legno,
se vedi sarà andà su, ga partì un colpo che
ga ciapà su’ scalin e me ga sfiorà. Lu ga
ciapà el tiro nela man e ‘l ga perso l’uso
dela man destra. Sinquanta giorni a iera
in ospedal Valdoltra.
Dove andava a cacciare?
Torno, qua de noi…i leveri no crepava de
veciaia!
Come faceva a lavorare la campagna
con questa menomazione?
Me domando tante volte: quei che ga i
brassi boni, come che i fa a bater fiaca. Lu
ciodeva el manigo de la sapa, el verzeva
la man, la meteva atorno el manigo e con
quel altra el lavorava. Sei fioi ga tirà su.
Dove abitavate a Giusterna?
Xe una strada che andava, quando xe
vegnù quela volta che ga calà là de Rex
che xe vegnù la tera fina in mar, alora
i passava adiritura co le coriere su per
quela strada de Giusterna e andava fina
indove che xe ‘desso l’ospedal. Dossento
metri dala costa in su, iera la casa. Iera la
casa colonica, iera una canisela – tra casa
e casa – e del altra parte iera la casa dei
paroni. Lori gaveva la luce e la radio. Noi
no, anca se ierimo tacai, un metro e meso
via uno de l’altro. E una ceseta iera.
I proprietari, i Favento, venivano
spesso?
D’estate, lori vegniva un tre mesi. I
portava amichi, i se ga fato la pista de
balo. I veva le luci argentade, che fasseva
luce sula sala de balo.
Quali altre famiglie cittadine avevano
23
La città
campagna a Giusterna?
Una parte che ciapava del mar fina al
Monte San Marco iera i Totto, lavorava
per lori Zorzet, Pecchiari, i Argenti,
Novel. Più in qua iera i Norbedi: una
famiglia Norbedo iera drio el Monte
de San Marco, e un altra xe qua vissin
l’ospedal…i xe ancora qua.
Recentemente è morto Nazario
Norbedo.
Lu iera l’ultimo propietario che vevimo
in Provè. Ela iera vedova la veva l’osteria
in Semedela.
Mi parli della sua infanzia.
Mi son del ‘27. Penso che go gavudo
una scola de mio papà, tremenda. Lu
iera…insoma saveva leger e scriver, ma
iera analfabeta per el resto. Però al me ga
insegnà el modo de no lassarse butar zo.
E questo, no solo mi anche a fradei, ga
restà sta roba. Perchè una volta la parona
la gaveva dito…i se gaveva becà per
qualcossa- »Giusto! E se mi te dassi una
sberla?«. »Mi te inpiro un deo in tel cul
– a ga dito – e te buto oltra la ringhiera«;
e la ga scampà e la se ga serà in casa.
Era la moglie del Favento?
Sì, una dalmata iera ela, Robba de
cognome.
Tornando all’infanzia…
Iera un ordine casa che forsi ogi no xe
più. Mi no go mai portà una camisa,
calze…dei fradei. Ognidun gaveimo
el suo casseton, e là te gavevi; se no te
gavevi jera afar tuo – diseva mama. E noi
no se ciodevimo una roba. I soldi no iera
mai, solo d’estate che i andava a Trieste,
alora iera un pochi de soldi che bisognava
spartir per duto l’ano. E iera un cassetin
che noi passavimo a contarli: mai che
qualchidun gavessi ciolto venti centesimi
fora. Me ga tocà una volta, mi e mio
secondo fradel Eto (Nazario, ndr) che sta
a Capodistria, lavoravimo…iera un parè
de rose cussì…e lavoraimo per la parona.
E cussì che andaimo avanti iera su una
piereta una de sinque lire de argento. E
ciogo sto soldo, vado a casa e ghe digo
»Papà, vara go trovà, ghe digo, go trovà
sinque lire«. »Dove iera?« a me fa. »Là
che vevimo de lavorar, go trovà su una
piera«. »Portighe ala parona subito. La
ga messo per veder se semo onesti!«
Suo marito invece?
Piero, el fradel più vecio del farmacista
Ghino. Lu iera bonissimo, tropo bon. A
vigniva in corte, parlava con noi. Solo
una volta me ricordo, se vedi che lo ga
mandà ela che la iera ancora in leto, e
mio zio gaveva passà davanti ala corte
col caro…perchè gaveva quela jara del
Isonso, quela tonda. E sto caro fa bordèl,
e ‘vevimo l’unica strada per andar de una
parte dela campagna passar per la corte
de lori. E xe vegnù zo e ghe fa a mio
zio »Terminarè de far bordel? Perchè
noi dormimo a sta ora«. E mio zio ga
ciapà la scuria che gaveva pel manzo, la
ga voltada in modo che resti grosso, e
ghe disi »Gavè terminà de far strage dei
poveri? Adesso comanda Mussolini!« El
iera pena vegnù casa de militar. Eco quel
iera, del resto iera una persona ala mano.
E il farmacista Ghino non veniva da
voi?
Lori gaveva una vileta più soto. Ma
de solito vegniva sior Ciso, el papà de
Giorgio (Cesare, ndr). Mi con Giorgio
zogavo zo in corte de lori.
I Favento erano notoriamente
antifascisti, vero?
Sior Ghino sicuro. Perchè lu adiritura
jutava i partigiani co’ le medicine. Quel
savevimo. Iera siora Lina, la parona.
Mia zia andava farghe lavori, d’estate
specialmente. Iera gente bona lori, per
ben.
12.6.1939 – Avviamento professionale »Gian Rinaldo Carli«. Sopra: Dionello Decarli (Carlon), Livio Carini (Conda de
la becaria), Depangher (Stelin), ? , Dagostini, Ravalico, Perini, Fantini, Roberto Purgher, Bacci. Sotto: Giovanni Cavalli
(Kavalič), Luigi Calderon, Michele Dobrilla (fio del muto Dobrila), Sergio Bonivento, Enea Fikfak, Antonio Favento, Pietro
Lonzar (Casto), Ceppi (su pel porto), Romano Decarlo, ? , Mario Depangher.
24
La città
Voi in casa parlavate solo italiano?
No saveva nissun sloven, gnanca nono.
Anzi el vecio iera quasi nazionalista. La la
gaveva anca con San Nasario…cossa ghe
entra…perchè San Nasario xe de Glem,
no? »Quel mona de s’ciavo« diseva.
Andavate in chiesa?
Poco. Noi vevimo la ceseta, fra meso le
due case. Me par che la iera intitolada ala
Madona che ven in setembre, la Madona
picia. Dopo la guera i la ga butada via.
Xe stada butada quela via, quela che iera
dei Burlini Vatovaz, vissin la scola, e
quela del conte Totto che serti coloni ga
tirà via la pila de l’aquasanta per meterla
in stala.
Chi questi?
Lassemo star. Iera i unici de quei coloni
veci, che ga ciapà la tera. E insoma,
disevo, se andava a messa in sta ceseta
una volta al anno, me ricordo che vegniva
el prete Bassa, che se fasseva quele
magnade, bevude, dopo ch’el terminava.
Noi fioi vardavimo. E una roba, per dir…
mia mama no la andava sai in cesa, ma
ne portava noi de pici: una volta ierimo
restai senza luce, e la fa »Nino, ven con
mi un momento«. Verta la cesa semo
andai dentro, vemo tira zo le candele
grosse de l’altar, e ‘vemo portà el seghin
e sul banco, là dove che la gente stava
inzenociada, ela tegniva e mi segavo.
Le candele scurtade le ‘vemo rimesse al
suo posto col pavèr. E ghe fasso cussì,
andando a casa »Mama, ma ‘vemo fato
un pecà cussì a tajar le candele in cesa,
no?« La me fa, con quel modo che la ga
ela »Nino, i poveri pol rubar anche in
cesa«. Varò gavù quei sete oto anni.
Mi parla dei suoi fratelli?
Mi son Giovanni, Nino, el più vecio del
‘27. Po xe Nazario, che ga do ani meno de
mi. Piero del ‘31, poi xe vegnuda Gianna
del ‘42, Giuseppe – Bepi nel ‘45, e nel
‘50 xe vegnù l’ultimo fradel, Italo. Quel
ano me go sposà cussì che ierimo mia
suocera col picio in brasso e mia mama.
La sua famiglia non è esodata. Come
mai?
Prima papà no voleva. Noi no ierimo per
moverse sai. Andar a Trieste, dove, cossa
far? Solo una volta dopo verso el ‘63 lori
i xe andai via. Son andà un giorno su, la
sorela la se veva malà, che la lavorava
ala Tomos…e ghe andava anche ben…e
la xe andada in ospedal a Piran e invesse
de star meio xe stada pezo, col cuor che
ancora ogi la bassila. E la gente, i operai,
invesse de darghe una man, qualcossa, i
ghe ga dito che xe meio che la se licenzi,
cussì la ga restà sensa assicurazion, senza
niente; e la dottoressa…due anca tre
volte ala setimana, la se ga netà i soldi.
Cominciava malamente. Son andà su e
me go ciolto con mi un che iera segretario
del partito qua, komitet, tempo prima..
che ierimo amichi dopo. A Isola el iera
lui. Ghe digo »Ven con mi che desso ti
sentirà quel che parlo coi mii«. Ghe go
fato mama, che tiri fora i conti la roba
come che xe, e iera bastansa soldi de dar
de qua de là. E ghe digo »Gavè fina desso
dà de magnar voi ai siori, e desso xe meio
che i ve daghi lori de magnar«. E cussì i
xe andadi. Veva deciso mama de andar
via, perchè coi fioi pici no la podeva più
andar avanti. Xe andadi papà, mama e i
fioi, i tre ultimi. Papà e mama xe sepelidi
a Trieste. I fradei xe sempre là, ogni tanto
se vedemo. Lori se ga tegnù el cognome
Cavalli, come che iera soto l’Italia.
Voi da quando siete Kavalič?
Mi Cavalich, col -c e -ch che ierimo
soto l’Austria. Dopo qua, la question
dei cognomi iera una roba sempre…de
gratarse. Perchè mi me ga gambià i nomi
adiritura…che quel xe schifoso…mi son
diventà Ivan…che no me go mai ciamà…
mio papà iera Just, mia mama Pavla. Uff,
go vudo storie, no storie…ghe le go fate
mi storie!
A Giusterna c’erano solo case
padronali e coloni o avevano terreni
anche i paolani?
Vegniva paolani. Difati i Casti (Lonzar,
ndr), i Sùca (Zucca, ndr), i Cagatenero
(Scher, ndr), dopo iera i Grio de Pescaria
vecia e…tanti altri, un grumo de
capodistriani.
Che differenza c’era tra coloni e
paolani?
Intanto noi coloni anca viveimo co la
roba che fasseimo, e i paolani bona parte
iera roba che i vendeva. Noi fasseimo
anca per casa, perchè ti dovevi far patate,
roba, quel quel altro. Come mezadri,
metà dovevimo darghe al paron.
Avevate bestiame?
Gaveimo la stala del porco. Per l’afito
dela stala doveimo darghe un parsuto al
paron. In un ano. Dopo gaveimo o la vaca,
o el manzo, una bestia per volta perchè
no iera tanto de darghe de magnar.
Con la riforma agraria i coloni hanno
assunto la proprieta delle campagne
che lavoravano. Anche voi?
Qua la storia la se complica. Nel ‘45’46 mi son andà lavorar nel comitato de
Semedela.
Così giovane?
E…quela volta chi veva le scole. El
segretario che iera Zornada, ga dito che
ga la Quinta, ma drio de come ch’el
scriveva forsi gaveva la Quarta sì e no.
Chi era Zornada, un nativo del posto?
Lori iera vegnudi dopo il ‘900 de Rozzo,
Željko…noi ghe disevimo Desiderio…
iera el fradel più vecio de Angelo. E
lui ga dito »Nino, ti vol vegnir lavorar
qua?« E ghe digo »Bon, vegno«.
Fassevo i permessi per andar a Trieste,
che i lassava una cesta o un saco de
bisi…niente de più. Oltre el confin qua,
Risàn, no se andava. E chi che gaveva
qualcossa, capodistriani specialmente,
quei che iera paolani, vigniva là e ghe
fassevo sti bilietti e zercavo de darghe
25
La città
quanto più. Dopo sta roba me ga costà
caro a mi. Son andà de Pecchiari, che
iera tipografo a Capodistria, ch’el me
fassi dei bilietti verdi, mi gavevo solo de
metter su nome cognome, chili e via. E
iera fato, distrigavo un grumo de gente.
Se ga presentà un giorno do polizioti…
me ricordo ancora adesso…e me fa
»Ti son ti Cavàli?«. Ghe digo »Sì«. »Ti
fassi ti i permessi per ‘ndar a Trieste,
per la roba?«. Ghe digo »Sì«. »Quanti
te ga fato?« Go dito »No so«…altrochè
savevo…e ga dito »Vara che te ga fato più
ti che tuta la parte dela Zona B« che iera
qua fina Umago. E i ga dito »Sta ‘tento!«
e i xe andai via. Un iera un Pecchiari de
Muja, che dopo gavemo anche lavorà
insieme in aquedoto, e un altro iera un
certo Sturman. E insoma, la matina dopo,
vado de Desiderio e ghe digo che no voio
più star qua. »E perchè?« el me fa. »No
go voia mi de finir mal« go dito. Quatro
mesi e mezo vevo lavorà in uficio e se
lavorava anche ben.
E dov’era questo ufficio?
Dove xe la cesa de Semedela, la prima
casa tacada.
Lì vicino c’è un monumento che ricorda
una ex caserma di carabinieri dove la
gente veniva rinchiusa e torturata.
Bale. Ghe go dito a Ernesto Vatovec, ex
combatente, una volta »Ma dove iera sta
preson?«. El se ga messo rider. Là no iera
i carabinieri. A gnanca un chilometro de
Capodistria, per quei pochi contadini che
ierimo, noi no ne ocoreva una caserma
là. Ciaro? Iera a Capodistria la preson
che no ti podevi scampar. Mi so chi che
stava là de casa, i se gambiava: una volta
stava un Sùca, ma Pellarini iera el paron
de quela casa. Iera anche un’ostaria…no
me ricordo come la se ciamava.
Mi elenca qualche toponimo locale di
Giusterna?
La busa de Sùca (Zucca, ndr), el Canalòn
dei Violi…che de cognome lori iera
Zorzet. Là iera un grandioso ròver che,
vanti de andar via, lo ga butà zo; pecà,
iera un monumento, iera. E dopo, a
seconda, de chi che lavorava quel toco:
là dei Caligheti, là dei Franzi…
Verso Isola c’e’ la contrada di Provè.
Cosa la divide da Giusterna?
Un canalon. Provè va vanti fina el buron
sora ‘l Rex e dopo, là del ospedal, semo
za a Vilisàn. Vilisan iera de Capodistria e
ghe xe sta dà a Isola.
Quando? Ai tempi dell’Italia o dopo?
Dopo, bastansa dopo. Difatti Provè, mi
go un libreto che parla del cantier de
Capodistria, cantiere Istria…mi go rivà
lavorar pochi giorni che iera del ‘43, dopo
se ga ribaltà l’Italia, dopo semo andai
fora…e la scrivi ancora, l’ultima volta
che go trovà, scrito »Provè«. Dopo la
guera Provè ga sparì, noi però ciamavimo
sempre Provè.
E’ fertile la terra di queste contrade?
Semedela iera tera forte però iera vin
de ciodi. Frutava sai le vide…che iera i
Bensici, Ceppi, no?...ma el vin no iera
bon per via del argila no riessi ben.
Inveze a Giusterna iera tera mista, ciara.
Noi difatti, i vegniva cior de Trieste i vini.
In Semedela i andava perchè i vendeva
sai più a bon marcà. Qua de noi iera a
1.10, 1.15 al litro e lori i lo vendeva a
90 centesimi. Però quando iera la sagra,
mi me ricordo una volta, iera…cussì che
i ciodeva vin cussì restava sula tavola. El
vin de Semedela no iera bon.
Che tipi di vino si produceva?
Noi
fasseimo
refosco…misto
a
negratenera, e un poco de bianco. Mio
zio, Casto (Lonzar, ndr), gaveva anche
moscato de cipro.
Per il resto, cosa si coltivava tra
Giusterna e Provè?
Bisi…«robe per la barca« disevimo
noi…per andar Trieste. Se portava a
Capodistria col careto tirà del muss.
Lungo la costa, oltre el ponte de tola,
subito a sinistra iera el mandracio.
E’ andato anche lei qualche volta?
Sì. Difati me go carigà de pulisi. Mia
mama fasseva tre mesi, ogni secondo
giorno. Tre mesi a casa e tre mesi al
mercato Trieste. La vegniva a casa, la
sera se andava un poco più tardi che la
dormiva in barca e la matina la iera sul
mercato a Trieste. E ver i fioi casa…iera
dura.
I pescatori venivano a Giusterna?
I vegniva co una casseta de sardoni in
26
La città
spala, povera gente, e me ricordo che
quando che li portava no iera propio
freschi freschi perchè i se li passava sule
spale ore. El pessi becàva un poco in
boca. Qualche volta iera za andà.
Cosa si mangiava a casa vostra?
Mia nona iera brava de cusinar. La
minestra iera una volta al giorno, sicuro.
Polenta e…magnari più boni, come el
brodeto che ancora ogi son mato mi, e i
fasseva savor de sardoni e sardele. Quei
là iera i magnari boni.
Andavate in città?
Andavimo la domenica. Andavimo
perchè gavevimo la mezàta, che i ne dava
un do schei, e andavimo bever su per la
Calegaria…de Celestina se ciamava, iera
un bar. E andavimo a bever el vermouth
che iera poco più caro che el vin.
Le feste…
Giusterna no gaveva sagre, però balo iera
sempre. E no iera mai barufe…pena che
ti andavi fora, verso Bertochi de quele
parti iera sempre qualche caligada.
A Giusterna, all’epoca c’erano famiglie
slovene?
Sì, iera un Dobrinja, vizin de noi propio…,
che el xe andà anche coi tedeschi, xe
morto qualche ano fa a Trieste. Un Pečar,
xe morti duti quanti za là.
Come mai certi andavano con i
tedeschi?
No i andava no, perchè…i li ga ciolti
dentro. Mi go fato sie mesi e mezo dela
TODT. I ne ga ciamà a Capodistria, e se
no ti andavi…i te fasseva far un gireto
col treno, no?
Al ballo venivano anche da
Capodistria?
Diversi. Tanti i vegniva impararse a balar
per dopo mostrar che i sà in cità.
Un’altra famiglia di Giusterna sono i
Babich detti Ortolani.
Nicolò xe el fio, vissin de Eto Norbedo.
Là che iera la casa del conte Totto, drito
su, andando verso San Marco, a metà
monte.
C’erano diverse ville, ma non solo di
capodistriani.
Anche triestini, diversi ebrei. El fradel
de mio nono, lui ga ciapà un toco de tera
de Serafino Bretschneider, se ciamava.
Questo me ricordo, quando iera i tedeschi
che i fasseva i rastrellamenti, iera una
tabela sula porta, iera scrito »Questa
casa è sotto la protezione di Serafino
Bretschneider, di nazionalità svizzera«.
Anche il famoso calciatore Nereo
Rocco aveva una villa, no?
Come no. Una dele due vilete soto, Vila
Maria e Vila Teresa, xe due vile gemele.
Lo ha mai visto?
Lavorava mia zia là, altro che visto.
Veniva a fare il bagno?
Mi no l’ò visto a far el bagno. Lo go visto
zogar con suo cognà la bala in strada,
perchè quela volta passava là un auto
ogni meza ora. Quela volta lu ziogava
con l’Edera.
E i Cobolli di Capodistria?
Coboli Gigli iera un ministro in tempo
de Mussolini e lu ga fato far quela volta
el moleto e la scola in San Marco. Iera
quei tempi che ga fato anche l’acquedoto.
Su fio Giorgio andava de sto Nicolò
Ortolan.
Nino, lei dove ha frequentato la
scuola?
Prima e seconda classe a Giusterna, soto
la Vila Ida. Terza, quarta e quinta go fato
San Marco, la scola nova. E go fato tre
anni de aviamento a Capodistria.
Prima non mi ha risposto sulla Riforma
agraria. Avete ricevuto dei terreni,
come coloni?
La mia familia ga vù la pegola, mentre
i altri tuti i paroni iera italiani, noi
gaveimo una parona slovena. Questo
Norbedo Nazario, sua mama iera Gec,
slovena…vedova, che la veva l’ostaria in
Semedela.
Ma non eravate coloni dei Favento?
Fina el ‘39. E dopo semo andai zo. Semo
andai in Provè. Insoma, lori i ga dito
»Ara che qua xe tera nostra«. Mi son
andà a veder a Capodistria per via de
sta riforma agraria. Mi, tra l’altro, per
la riforma agraria iero andà torno a far i
afiti provisori, quel tempo che lavoravo
al comitato de Semedela. Ghe digo »Se
i ciapa duti, ciaparemo anca noialtri«.
E l’ostia…Fora in strada! E son andà
domandarghe a Capodistria, iera tropo
tardi. Poco dopo semo andai star a
Capodistria sul montaron. Xe vegnù gente
27
La città
de fora. E i xe andai dentro in casa, butai
fora de casa coloni veci de secoli come i
Pecchiari. E dopo xe un’altra familia più
avanti che iera Zorzet, i Violi…lori su per
le scale i altri zo. I se ga tegnù anche oio e
vin che gaveva roba sua, de lori.
Sta gente è venuta dai villaggi
mandando la gente del posto fuori di
casa?
Sì. Pecchiari xe andà star a Capodistria
sula Madoneta là che ‘l gaveva un cognà,
int’una stanza cinque de lori. I Violi i xe
vignui vissin l’osteria zo, iera una casa de
un triestin, li ga messi là.
Ma sti coloni non potevano denunciare
che qualcuno li sta buttando fuori di
casa?
No. Perchè lori iera coloni del conte
Totto.
E che c’entra? Erano pur sempre
diventati proprietari per decreto?
No iera leggi, e se iera no vegniva
rispetade. Xe come ogi sul bilinguismo.
No iera ne chi fasseva le legi, ne chi
– una volta fate – le saveva rispetar e
interpretar. E te gavevi solo a confronti
direti cussì, se te podevi, se ti ieri in un
dato logo una roba l’altra, ti podevi farte
valer. Altrimenti iera niente.
Quanto è andata avanti
quest’anarchia?
Dopo xe vegnù la rogna dela Jugoslavia.
28
Se ga scaregà ex colaboratori dei tedeschi.
Mi andavo per le case…perchè la gente
sà, me conosseva e me contava. Prima
corte che xe qua vanti, iera un dei ustassi
(ustaši, ndr). I xe vignui via de là che i
iera, i ga rivà sbrissar.
Come ricorda gli anni dell’esodo?
Xe le peste che conossevo duti, perchè
i parenti gaveimo a Capodistria noi.
Pensando ogi, iera una roba…grave. Iera
una barafusa dove che la gente no saveva
cossa far, una roba l’altra…pareva che el
massimo che se podeva ver iera quel de
andar via quanto prima. De là (in Italia,
ndr) i tirava e de qua (Zona jugoslava,
ndr) i fracava. E la gente iera in mezo.
Mi, ghe digo, dato che un pochetin iero
conossù anche, no vevimo grane de
nissuna fata con nissun…mi no go vu
storie; go vù storie qualcossa ma me la go
cavada. Ma la gente sà, se ti ghe vadi la
sera sigàrghe…a questo Nicolò Ortolan
cossa ch’el mandarà i fioi in scola
italiana, e Nicolò ga dito »Mi li tegno a
casa. Se no i va a scola italiana i restarà
casa«. E dopo i xe andai in scola italiana.
La città
E mia sorela e i mii fradei ghe xe vignù
anche la carta per la scola slovena, e no
i xe andai.
E lei?
Xe un che quando iera la inaugurazion
de la scola a Isola…mi iero Kavalič, che
me conosseva…e me fa »Mah…sta scola
xe bela granda, tuto quanto, però la xe
tropo granda per i italiani de qua«. E
mi ghe go risposto de colpo, ghe fasso
»Se tuti quei che ga cognome italian i
dovaria vegnir a scola italiana, la saria
tropo picia«. E con questo se ga terminà
el discorso.
Perchè l’esodo coinvolse più le città
che le campagne?
In campagna la gente no veva radio, no iera
giornai, e i raporti coi vicini sloveni…se
se conosseva, se se capiva e alora no iera
quela paura. Invesse là Capodistria, Isola,
Piran, qua i lavorava de una contrada al
altra, qua i se parlava…
Ma anche i paolani avevano contatti
con la gente di fuori, eppur…
I paolani iera gente onesta, bravi de
lavorar, no xe che dir, i ne rispetava noi,
noi podevimo caminar per le campagne
sue, perchè fassevimo i guardiani in certo
qual modo. No tuti lassava andar per la
curta. I Casti iera parenti nostri, i Suchi
iera gente bravissima.
Stavate insieme per fare una cantata?
No, con lori mai. I se tigniva per sè. Per
quel son vegnù anca a Isola mi.
Perchè?
Perchè l’isolan…Capodistria iera una
specie de elite, perchè iera gente studiada
e…quei che no iera studiai sai, tigniva
quel »Ga dito el sior conte!« »Ga dito el
marchese!«, no? A Isola no iera ste robe
qua. E qua per noi iera…come che ierimo
noi fora; noi non vevimo de risponder
solo che al paron e con quel là ti gavevi
de far come che ti savevi.
Per cui trova che capodistriani e isolani
erano diversi?
Molto. Capodistriani…mi go lavorà
in una casa de Cale Porta maggiore,
fassevimo l’inpianto de l’acquedoto mi
e Mario Vascon (stava zo vizin la cesa
de Capussini), in cantina metevimo
tubi, roba…e iera sei o sete bote de vin,
gaveva sto qua. Ma porca Eva, no saria
andà tocar per bever un bicer de vin.
Insoma, caminava sta roba bastansa,
pensavimo quasi andar via…ghe digo
»Dovemo tornar doman per un’ora« ghe
digo »Mario, fazemo ancora un’oreta e
terminemo cussì che no cori tornar domani
e portar i ordegni«. E in quel xe vignù el
capo, un Bizjak, ex combatente…sarà sta
nel ‘48…e ‘l fa »Cossa fassè qua?«. Ghe
digo »Terminemo«. »E ma – ‘l disi - noi
spetavimo su«. Perchè i gaveva de serar
l’oficina. Ghe digo »Portemo subito su
sta roba« E el fa »I ve ga dà qualcossa?«
Digo »Noi no vemo domandà e no ne ga
dà«. Mi vevo una paura mata e quel altro,
guardi, pusà su qualche spina qualcossa,
che mori...lu iera pescador de fameia
e mi capivo che xe pericoloso caminar
sule bote piene. E xe andà su – lu iera el
capo – e ga parlà col paron. Ne ga portà
un litro de vin e tre pomi per omo. No li
‘vemo tocai.
E si è trovato bene a Isola?
Subito me son trovà ben. Seben che
de Capodistria me resta sempre un bel
ricordo, là go girà fino ai 22 anni.
Capodistria e Giusterna sono cambiate
molto negli ultimi anni…
Forsi val quel che ga dito un a Piran,
che a Piran saria bon ma che ghe manca
l’anima.
In una delle ville di Giusterna, nel ‘47
hanno avviato la prima scuola per
marittimi.
Sì. I gaveva una barca de legno, me
ricordo iera anca due mule che studiava.
Insegnava…no me ricordo come che se
ciamava…so che i ghe diseva ‘compagno
John’.
Una macchietta che le torna in mente?
Iera un sloven…Tuljak, se ciamava,
xe morto qualche anno fa, iera un che
lavorava come fameio, per le case de
contadini. Quando che ga terminà la
guera, siben ch’el iera analfabeta, lu
ghe piaseva far come poesie, roba. E el
cantava una volta in osteria »Soto il ponte
di Strugnano iera un cranzo che cagava«
e quel altro ghe diseva »Lassila là«. El
se ga fato un mese de lavori volontari
obligatori.
Cos’erano le rebòte?
Noi le strade se le governavimo soli
da sempre, iera rebota, iera prima de
vendemia. Iera una familia che dirigeva,
do fradei Grio. Lori pensava per la jarìna
per quel quel altro, e se fazeva le strade,
i canai…le tresse ghe disevimo, che no
vegni l’acqua, che no sbreghi.
Su vecchie carte ho trovato il toponimo
Palazzetto. Di cosa si tratta?
El Palasseto xe l’osteria de Giusterna.
Quel iera el Palazeto.
Là dove c’è oggi il Snack bar?
Sì. Rispetto ale altre, iera una casa un
poco più grande. E gaveva sta sala che
iera per balar.
Sembra che Giusterna derivi da
cisterna. Significa che c’è una fonte
d’acqua?
Sicuro che la xe. Andando de Giusterna
verso Capodistria xe quela strada sù con
quele vilete, xe una strada che va dentro.
A destra iera sorgente, iera sempre
acqua…so che gavemo cambià i tubi,
iera de scavar, insoma…cativo perchè
iera sempre l’acqua che boìva fora. E
iera anche un pozo de soto. Là doveva
anche esser sta perchè iera un molo
romano là. Là che xe desso la piscina,
verso Capodistria iera le fondamenta,
se conosseva. Come qua a Isola che se
vedi a San Simon e davanti la fabrica de
matoni in Vilesan.
Ha mai rivisto gli amici di allora?
Se gavemo perso completamente. No
i vol ver da far con la gente de qua. Xe
quela stesa roba che fasseva qualchidun
che vigniva de Trieste qua, i primi, che
vegniva vardai con sospetto…e dove che
i va e cossa che i fa. Iera una roba bruta.
Non è che lei direttamente ha fatto a
loro qualcosa di male?
Macchè…dove…no gaveimo per cossa
gnanca.
Dove andavate a fare il bagno da
ragazzi?
Al Moleto prima de tuto, e dopo – prima
del Moleto, verso Isola, sun quel giro –
iera familie anche, giovini, de Derin. Noi
ierimo in acqua. Andavimo dacordo coi
fioi dei paroni, dela gente.
Andavate più daccordo con loro che
con i paolani ?!
Ma no una volta: diese volte! Xe
dificile spiegar. No so perchè. La Vila
Ida, là stava un ingegner…Dorigo iera
el paron…e quando che i xe vegnui a
inaugurar el monumento a Nasario Sauro,
a Capodistria, lori in quela volta i gaveva
quele radio a galena. I ne ga ciamà su,
me ricordo, e go sta là e i me dava scoltar
insieme coi fioi.
Ricorda la Parenzana? Si fermava solo
a Semedella o anche a Giusterna?
Solo a Semedela. I ne imparava a saludar
quando che passa el treno col saluto
romano. Una volta passa la Parensana, un
mula ga fato sto saluto romano e dal treno
no i ghe ga tirà una pala de bronsi?!….
sà che i gaveva el forno drento. E sior
Ciso, zio de Nazario Norbedo, a bateva le
sine…tin-tin, tin-tin…e el tossiva. Vara,
come che vedaria ‘desso: i muli meteva
sinque schei sui binari che dopo el treno
passava de sora e li mastrussava.
Li metteva anche lei?
Mi no, perchè no li gavevo.
29
La città
Lettere dal Siam
Bangkok, 24 Ottobre 2009
Bolzano, una provincia felice dove vige el… trilinguismo
Caro Alberto, mi son qua al caldo, vardo però sempre le temperature che xe atualmente dale vostre parti e vedo
che el termometro al resta ancorà dale parti basse, magari misurade secondo el mio metro. Ma xe rivado el
momento de la mia solita letterina autunnale e alora me afreto a scriverte. Forsi ti te ricordarà che per diversi
ani, son sta fermo in Alto Adige/Süd Tirol/Süd Tirol (attension, no xe una ripetision fata per sbaglio! Anca la
terza componente etnica, la ladina, ciama el territorio col nome tedesco), che saria la Provincia Autonoma de
Bolzano/Bozen/Bulsan, in piena Mitteleuropa.
Per farla curta, go passà duta la vita in
zone diverse, ma dute caraterizade da
mescolamenti etnici, linguistici e anca
religiosi. Anca qua, in Tailandia, bona
parte dei miei interessi xe indirizzada
al profondo Sud, dove xe in atto una
contraposission anca violenta (ma in
Europa se ne parla solo quando che
i morti, in una volta sola, arriva a 70
– 100), con un stillicidio continuo de
atentati, “esecusioni”, e taiade de teste,
che fa dele “tre provincie più meridionali”
(tradusion in italian de come i le ciama
sui giornai locali in lingua inglese) de
la Tailandia una zona praticamente “off
limits”. Xe gente che no xe e no se senti
tailandese, parla una lingua particolare
apartenente alla fameia malese (el Yawi)
ma, sopraduto, i xe mussulmani convinti,
in un paese che ga el Budismo come
religione di stato.
La situasion se ga agravà in modo
terificante in questi ultimi ani,
particolarmente perché el governo no
riconossi le loro peculiarità, da una
parte, e perché, dall’altra, xe i interessi
dei locali che tendi ala indipensenza e
i serca de profitar dela situasion. Come
no far un confronto con la provincia
de Bolzano, rivisatada da mi sto ano,
dove le oposizioni etniche xe state sai
forti (atentati, tralicci saltai, macchine
brusade, boicotagio dei turisti “italiani”
sirca 40-50 ani fa), ma dove adesso,
salvo qualche frangia de irriducibili de
dute do le parti, ste contraposisioni le se
ga calmà, grazie a una bona lege (anca
se no perfeta), ma sopraduto una lege
applicada al 100%. Niente de pezo che
far una lege (anca bona) e po’ lassarla in
calto. La servi solo per la fassada e no fa
che aumentar i scontenti.
Un per de esempi de la pignoleria con
cui la lege la ven aplicada. Alora qualche
ano fa un malvivente ga copà a Meran
un carabinier (se ben ricordo durante
una rapina). El tipo al xe sta ciapà, i ga
fato el processo e al xe sta condanà. Duto
ben, solo che el suo avocato ga trovà un
cavillo. Fra le carte del processo, al ga
trovà un documento agli atti, che no veva
la tradussion in tedesco. Secondo la lege
sul bilinguismo, ogni documento emesso
da un’autorità del logo, la devi esser
Castel Tirolo, sopra Merano, sede dei Conti di Tirolo e Gorizia
30
bilingue. El cavillo varia anca podù esser
valido se uno dei due (vitima o assasin)
fussi sta de lingua tedesca. Ma i jera duti
do de lingua italiana, per cui la tradussion
in tedesco la saria stada anca superflua.
Ma no fa gnente: “la lege xe la lege”, la
tradusion mancava e el processo xe sta
anulà.
Altra particolarità de sta lege, xe la
“proporzionale etnica”, cioè nei uffici
publici e nell’assegnazion de case
costruide dai enti locali per quei che ga
bisogno val, anca qua, la proporzionale
etnica. Cioè le case le ven assegnade
secondo questa proporzion. Chi xe in
magioranza ghe speta la magioranza de
le case. Jera capità che in un comun in
fondo a una valle senza uscita (come
dir fora del mondo), el comun veva
fato costruir un certo numero de case
popolari. Un tot ai tedeschi (tanti) e un tot
ai italiani (pochi)! No se discuti. Solo che
mentre i tedeschi i gaveva duti o quasi za
la casa, essendo contadini, altretanto no
jera per i italiani, squasi duti ex finanzieri
e carabinieri restai sul posto dopo la
pension. Questi gaveva bisogno dele
case ma i veva poche case a disposission,
quei altri no gaveva bisogno e le case che
i gaveva a disposission le jera tante che
le vansava. Cussì per ani le xe restade
svode e disabitade mentre ghe jera gente
che veva bisogno e no veva dirito de
entrar. Adesso questi inconvenienti i xe
stai superai mediante l’invension dela
“proporzionale morbida” che in pratica
rendi meno rigida l’aplicasion de la lege
e la percentuale la xe un poco variabile,
perché la ten conto anca dele reali
necessità de la gente.
A questi miglioramenti (ma anca ad altri)
ga contribuì la lotta portada avanti da
un grande omo politico sudtirolese a cui
anca “la Città” ga dedicà, tempo fa, el suo
spazio. Se trata de Alexander Langer. Un
omo dale vedute sai aperte. A lui ghe dava
fastidio ste divisioni fra tedeschi e italiani
(ma no dismenteghemo i ladini; li lassemo
La città
de parte solo per render più semplice el
raconto), tanto più che lui, come tanti
sudtirolesi (e istriani) jera de sangue
misto e lui no se sentiva de dichiararse né
italian né tedesco. La lege però disi che
duti i residenti i devi dichiarar el grupo
linguistico de apartenenza. Lu no al veva
volù farlo, perché no al se sentiva né
Italian né tedesco, e al veva perso el posto
de insegnante. Solo dopo l’introdusion
de la “proporzionale morbida” al xe sta
reintegrà.
Xe famosa una frase che al veva scrito:
“E’ sempre complicato spiegare da dove
vengo. ‘Ma allora sei italiano o tedesco?’
Nessuna delle bandiere che svettano
davanti a ostelli o campeggi è la mia.
Non ne sento la mancanza. In compenso
riesco, con il tedesco e l’italiano, a
parlare e a capire nell’arco che va dalla
Danimarca alla Sicilia.”
Al veva fato diversi viagi in Jugoslavia e
al se interesava in modo particolare dela
situasione de Tuzla, città bosniaca dove
se jera mantegnuda una certa cordialità
fra le varie etnie. A lui ghe pareva
che saria sta possibile crear là quela
convivenza, che nol veva rivà a far nel
Sud Tirolo. Ma el 25 maggio del 1995
un gravissimo atentato dove xe morti
settantaun ragazzi, fra i diciotto e i venti
ani, ga mandà in fumo la sua speranza.
Tanto che al reclamava un intervento de
polizia internazionale. Al ga scrito: “Di
fronte agli ultimi eventi in Bosnia, non
è più possibile tentennare: bisogna che
l’O.N.U. invii un cospicuo contingente
supplementare”.
Oviamente la situasion che xe in Alto
Adige adesso la xe sai migliorada, ma
una volta, parlo del periodo fra i 60 e 40
ani fa, la jera sai diffisile. La continua
contraposission fra italian e tedesco, la
jera squasi ossessiva. Per dar una palida
idea de come jera, ve conto un per de
episodi che me xe capitai personalmente.
Una volta jero con un albergator alto
atesin, davanti el suo albergo, che se
parlava del più e del meno. Jera ancora el
tempo de le lire e dei marchi. Passa una
machina targada Bologna (quela volta le
targhe italiane le dava ancora el logo de
provenienza). La se ferma vissin de noi
e un tipo tira fora la testa e ne dimanda
se savemo se l’albergo ga ancora stanse
libere per agosto (jerimo soto Pasqua,
quindi ancora mesi prima de agosto).
L’albergator ghe disi che lu al xe el
proprietario e che no xe camere libere.
La machina parti e mi ghe dimando:
“ma come, siamo appena a Pasqua e hai
Lago de Resia. Xe un lago artificiale prodoto dala costrusion de una grande diga
(finida nel 1950, ma scominsiada prima dela guera), a poche centinaia de metri
dalle sorgenti dell’Adige. El lago infati se ga formà con le acque del fiume Adige,
che ga somerso un intero paese de cui se vedi ancora spuntar el vecio campanil.
già tutto prenotato per agosto?” Lui al
rispondi: “No, è ancora quasi tutto libero,
ma io prendo solo clienti che pagano in
marchi”. Come dir, gnente italiani!
Mi che usavo mediar fra i due gruppi
linguistici, jera i trentini che me ciamava
“el todesc” e i tedeschi che i me ciamava
“der Italiener”. Comunque un giorno jero
in una osteria in un paese de montagna
e i aventori i stava vardando una gara
de sci. Oviamente sintonisai sul canal
austriaco. El telecronista austriaco al
stava descrivendo con estrema perizia
e professionalità la gara, e i aventori i
jera particolrmente tesi, perché stava
per scendere l’alto atesino Peter Mayr,
un beniamin de lori. Ecolo che el Mayr
se prepara e el telecronista austriaco,
ben lontan de imaginar cossa che le sue
parole varia provocà fra breve, fa un
rapido riassunto dela classifica fin a quel
momento e po’ al ga la dabbenagine de
dir (oviamente in tedesco): “Adesso si
prepara a scendere l’italiano Peter Mayr”.
Come un omo solo se ga sentì un boato
uscir da le boche de duti con un coro de
insulti tipo “verfluchter” (maledetto),
contro el povaro telecronista austriaco
reo de ver ciamà “italiano” un sciatore
altoatesino. Quela jera la situasion de
qualche decennio fa.
El nazionalismo estremo, sia de una parte
che dell’altra, porta a situazioni del genere
dove le ragioni no conta più. Ma queste
xe situazioni paragonabili a quele de dute
le regioni con forti “minoranze”, che in
Alto Adige xe però una magioranza.
Ma tante altre situazioni le ne fa veder i
streti raporti invesse fra la nostra region
(Istria, Litorale, Carniola) e l’Alto Adige.
Pochi sa che la Drava la nassi apunto
in Alto Adige (alla sella di Dobbiaco /
Toblacher Feld) e dopo esser entrada in
Austria vissin a Lienz (da tignir in mente
sta località) la percorri duta la Carinzia,
la passa per Maribor, la toca la Croazia
e la sbocca nel Danubio ai confini
con la Serbia. Un fiume veramente
mitteleuropeo. Ancora meno xe quei
che ricorda che el celebre complesso de
fisarmoniche “Oberkrainer” de Slavko
Avsenik, jera un dei complessi più
seguidi e amadi dai sudtirolesi, molti dei
quali no se rendeva gnanca conto che
Avsenik jera, allora, jugoslavo. Forse
anca per el nome tedesco del complesso
“Oberkrainer”. E invesse el jera de un
paese vissin de Bled.
A proposito, quanti sa che Bled xe
gemellada con la città de Bressanone?
E quei pochi che lo sa, forsi no i sa el
perché. Ma perché fin al 1803 per squasi
800 ani e, esattamente nel 1014, Bled
e la sua Contea, jera stada concessa al
vescovo de Bressanone, dall’Imperatore
Enrico II. Con alterne vicende, rivolte e
vari tentativi de qualche famiglia nobile,
fra cui i Auersperg, la contea la xe restada
soto i vescovi de Bressanone fin al 1803,
quando i ga sciolto el Sacro Romano
Impero. La Contea la xe stada, allora,
incorporada nello stato asburgico, mentre
le proprietà le jera restade al vescovo,
ma solo per poco tempo. Dopo qualche
31
La città
Val Venosta. Enormi piantagioni de pomi. Le mele qua prodote le xe fra le
migliori, e ven spontaneo pensar che se trati de una antica coltivazion. Invece
no. La coltivazion dei pomi in Val Venosta (altezza media 700 metri sul mar) la
xe abastanza recente. Ma el svilupo xe sta impetuoso, tanto che adesso un quarto
dela popolasion ativa, la xe impiegada in questa coltura. In centro xe el campanil
de Silandro, uno dei più alti del Alto Adige (94 metri). Con la punta chiaramente
pendente. Disi una legenda che al campanil ghe piaseva vardar le bele ragasse del
paese e al se piegava per vardarle mejo. Una volta al xe restà cussi colpì da una de
queste che al xe restà storto e nol s’à podù più tirar su. La ragazza la jera vergine e
i disi che fin che no passa un’altra vergine nol pol tirarse più su. Al xe restà cussì de
quela lontana volta dela legenda.
ano el vescovo ga vendù duto a un certo
Victor Ruard, proprietario dela feriera de
Jesenice. El castel ga passà invese per
tante mani.
Gnanca in Alto Adige dove i studia con
atension la storia locale, xe molti che se
rendi conto che i famosi Conti del Tirolo
xe in effetti i “Conti de Gorizia”, che i
veva amplià i possessi fin a comprender
anca el Tirolo. In quell’epoca la
denominasion ufficiale jera apunto i
”conti di Gorizia e Tirolo”. La famiglia,
identificada all’inizio come i Mainardini,
jera originariamente una famiglia
nobile bavarese che se veva spostà
verso sud (forsi bandida dalla Baviera),
sistemandose dopo el 1000 a Lienz
(sempre quela cità sula Drava che vemo
parlà prima) e da Lienz, dopo pochi ani,
a Gorizia, dove la ga costruì subito dopo
(ancora nel XI secolo) quel castel.
Iera comunque una famiglia piena de
iniziative, sai reditizie se, come xe vero, i
possedimenti dela famiglia se ga ingrandì
in un spazio de tempo bastansa limitado.
Tanto che nel 1253, Mainardo I veva
ciapà per eredità la Contea del Tirolo,
32
ciamada cussì dalla Località (Tirolo che
se trova proprio sora Meran) dove jera el
castel sede dei Conti (vedi foto).
Insoma i diventava grandi e da “conti di
Gorizia”, i diventa “Conti di Gorizia e
Tirolo”. Denominazion inspiegabilmente
“dimenticata” dai Sudtirolesi, per cui
i Conti de lori i jera e i resta “Conti di
Tirolo”. Ma xe profondamente sbaglià,
voler dimenticar i avvenimenti storici da
cui vien la storia che ne interessa.
Ma come ogni roba, anca la Dinastia dei
Conti de Gorizia ga vudo la sua parabola.
Prima i se ingrandissi sai velocemente
per quei tempi fin a rivar dal Tirolo
all’Adriatico e po’ per divisioni fra i
eredi, i possedimenti dei conti de Gorizia
i se fraziona e i diventa sempre più pici e
numerosi. Za nel 1271 i fradei Mainardo
II e Alberto i se dividi. Al primo ghe resta
el Tirolo, mentre a Alberto (del ramo
propriamente Gorizian), resta la Contea
de Gorizia che riva fin a la val Pusteria
(in pratica dalle sorgenti della Drava in
zo, fin al mar). Ma anca questa no resta
a lungo. Dopo ver ricevù in premio, da
re Rodolfo I (1303), el possesso dela
Bela Krajina ed esserse quindi de novo
ingrandì, la minaccia portada avanti da
Venezia, costringi i Conti a trasferirse
da Gorizia nella più sicura Lienz (sulla
Drava), ma dopo solo pochissimi ani
(1307) ricomincia la suddivision fra i
eredi e quindi, staccado za in precedenza
el Tirolo, la Pusteria con la Carinzia le
passa a Alberto II, mentre a Enrico II,
resta duti i possedimenti veramente
“goriziani”. Ma no basta. Nel 1342
Alberto III ricevi la Contea de Pisin e el
possesso della marca Slovena, tanto che
a sto punto, dalla Pusteria al mar ghe xe
ben quatro diverse Contee Goriziane. Ma
solo poco più de venti ani dopo, Alberto
III cedi duto ai Asburgo. El Tirolo veva
ancora precedù l’Istria nel suo passaggio
all’Austria, arivà per matrimonio.
L’ultima a esaurirse xe la Contea de
Gorizia vera e propria (diventada intanto
Contea Principesca di Gorizia e Gradisca)
che ven incorporada all‘Austria asburgica
nel 1500.
Se parla poco qua de questi colegamenti
che pur ga lassà de noi i suoi segni. Xe
ancora parecchia gente con nomi tedeschi
o de origine tedesca, oramai slavizzai o
italianizzai, ma comunque identificabili,
che ne ga lassà in eredità questa situazione
composita. Penso che un aprofondimento
no saria una roba malvagia.
Lucio Nalesini
Insegne rigorosamente bilingui.
La città
Eugenio Finardi e Jani Kovačič in teatro
Concerto per i 60 anni di Radio Capodistria
Jani Kovačič ed Eugenio Finardi
insieme sul palco a Capodistria
La “punta di diamante” proposta da
Radio Capodistria nell’insieme delle
manifestazioni per festeggiare il
Sessantesimo anniversario dell’emittente,
ovvero il concerto di Eugenio Finardi
e Jani Kovačič al teatro di Capodistria,
ha mantenuto le attese. La serie di
appuntamenti, iniziata a maggio di
quest’anno, si è dunque conclusa con
una serata di musica di classe, cui hanno
potuto prendere parte dal vivo in trecento,
e molti di più probabilmente sulle
frequenze delle due stazioni, italiana e
slovena.
Dopo un’introduzione ricca di dati,
fornita da Andrea F, il primo a salire sul
palco è stato il cantautore sloveno Jani
Kovačič, accompagnato da un quartetto
d’archi. Simpatico nella sua particolarità,
ha saputo coinvolgere il pubblico a più
riprese, chiedendogli di cantare o a
seconda, divertendolo con ragionamenti
buffi, al limite del comico. Poco meno
di una decina di pezzi, per un’ora scarsa
di esibizione, in cui non è mancato il
brano omaggio a Vladimir Vysotsky.
L’hommage allo chansonnier russo
era infatti il fil rouge del concerto, che
nella sua seconda parte ha visto esibirsi
Eugenio Finardi assieme alla sua band,
composta da musicisti di indubbia qualità.
Il cantautore italiano è stato presentato
da Armando Šturman, del programma
sloveno, affiancato eccezionalmente da
Mario Luzzatto Fegiz, critico musicale,
inviato del “Corriere della Sera” e
personaggio televisivo molto noto,
nato a Trieste, il quale è intervenuto
simpaticamente anche con alcuni
ricordi legati a Radio Capodistria. Nella
pausa tra le due esibizioni vi è stato un
momento particolarmente suggestivo,
durante il quale è stata letta “La caccia ai
lupi”, lirica dell’autore russo, presentata
al pubblico nell’idioma originale da
Irina Jurman, russa di nascita, ma che
da anni collabora con TV Capodistria.
Naturalmente anche Finardi ha compiuto
il suo omaggio a Vysotsky, proseguendo
poi con il proprio repertorio concludendo
con “Musica ribelle”, per anni forse il
suo marchio di fabbrica più riconoscibile,
che ha generato applausi scroscianti. La
serata si è conclusa con il brindisi nel
foyer del nuovo teatro cittadino.
Jana Belcijan (La Voce del Popolo)
La platea del Teatro comunale appena ristrutturato
33
La città
Wil coyote
Il concerto di Eugenio Finardi e Jani Kovačič, svoltosi nel teatro
di Capodistria in occasione del sessantesimo anniversario di
Radio Capodistria, è stato un evento per il quale merita spendere
qualche parola in più. Se non altro per congelare i fatti in
quell’attimo in cui vanno a sbattere nella percezione soggettiva
della realtà, in quell’incrocio dove la cronaca diventa esperienza.
Sul bel palcosecnico del nuovo teatro capodistriano due cantanti,
con carriere artistiche differenti e lingue »inconciliabili«, hanno
dato vita ad un evento musicale attuale per il messaggio che
ne è scaturito: la ribellione non conosce barriere linguistiche e
geografiche, è unita nella poesia e la sua portata è universale.
Ma il messaggio che più di tutti è riuscito ad intrigarmi è che le
cose e gli individui possono stare insieme senza conflittualità,
anche se la natura li ha fatti unici, divisi e conflittuali. La
rauca e monotona incazzatura di Jani Kovačič, il Tom Waits
sloveno, si è incontrata con la dolce e potente melodiosità di
Eugenio Finardi sulle canzoni del ribelle Vladimir Vysotsky.
L’evento si è amalgamato in una conduzione bilingue perfetta
sulle onde separate di Radio Koper e Radio Capodistria,
che davano l’evento in diretta, e per un attimo questo
piccolo mondo di frontiera si è conciliato con se stesso.
È bastato poco. È bastata la melodia della canzone scritta
da un emigrante, Dolce Italia; il lamento dell’innamorato
siderale, Extraterrestre; il potente blues classico, Hoochie
Coochie man; la massacrante Caccia ai lupi, di Vysotsky;
è bastata La radio, che “arriva dalla gente, entra nelle
case direttamente, una radio che, se è libera libera, ma
libera veramente piace di più perché libera la mente”.
Stupenda la presenza scenica dell’italo-americano Eugenio
Finardi, notevole la sua capacità di cogliere le peculiarità di un
pubblico eterogeneo, multiculturale, multilingue, di frontiera.
Un pubblico amalgamato da un’iniziativa nata da sinergie che
hanno coinvolto minoranza e maggioranza, soggetti e istituzioni
di questo nostro piccolo e rognoso mondo di frontiera. Un
mondo che piacerebbe a Wil coyote, la canzone scritta da
Finardi nell’89, sulla figura drammaticamente umana del
celebre cartoon: “Siamo come Wil coyote, facciamo progetti
strampalati e non ci arrendiamo mai”.
Il cantautore Eugenio Finardi con il caporedattore
responsabile del programma italiano di Radio Capodistria,
Aljoša Curavić, al termine del concerto
Il critico musicale Mario Luzzatto Fegiz con il giornalista
del programma sloveno Armando Šturman che, assieme ad
Andrea F, ha condotto lo spettacolo
Il Dramma Italiano di Fiume ha portato a palazzo Gravisi lo
spettacolo »Ciao Lucio«. Si tratta di un lavoro con musiche
eseguite dal vivo che ripercorrono la vita e l'opera del grande
cantautore italiano Lucio Battisti, uno dei massimi autori
ed interpreti nella storia della musica leggera italiana le
cui canzoni continuano a entusiasmare le vecchie e le nuove
generazioni. In scena nelle vesti di attori e cantanti Elvia
Nacinovich, Alida Delcaro, Bruno Nacinovich, Lucio Slama
e Toni Plešić con in più la giovane Alba Nacinovich (figlia
di Elvia e Bruno) e la direttrice della compagnia di prosa in
lingua italiana Laura Marchig. 14 i brani scelti dal regista
Nacinovich, tra cui ‘Mi ritorni in mente’, ‘Pensieri e parole’,
‘La canzone del sole’ ‘Io e te da soli’, ‘Un’avventura’,
‘Il mio canto libero’.
34
Aljoša Curavić
La città
WWW.KAMRA.SI
Il portale di storia patria digitale della Biblioteca centrale
Srečko Vilhar di Capodistria
di Ivan Marković *
Cos’è Kamra?
Kamra è un portale informativo regionale che raccoglie
informazioni di storia patria così come sono tradizionalmente
custodite dalle biblioteche pubbliche e dagli altri enti culturali e
istruttivi. L’acronimo KAMRA sta per
K-knjižnice/biblioteche,
A-arhivi/archivi
M-muzeji/musei
RA-regijski/regionali
e permette di accedere a informazioni, documenti, foto e altro
materiale, che le biblioteche pubbliche slovene, i musei e gli
altri enti culturali pubblicano sul web.
Il portale KAMRA avvicina al pubblico la ricca eredità
culturale e le attività delle biblioteche, degli archivi e dei
musei della Slovenia. A tutti quelli che, per vari motivi, non
possono visitare gli enti culturali, facilita l’accesso alla cultura.
Con l’instaurazione di vari partnerariati nella regione (enti
culturali, enti pubblici, economia, organizzazioni parastatali
enti turistici ecc.) si rafforzano i legami e la collaborazione a
livello regionale.
Il portale offre l’accesso unitario ai contenuti digitali, fulltext, informazioni, programmi e a progetti vari, facilitando
e indirizzando la ricerca. Grazie alla personalizzazione dei
contenuti e dei servizi, si sottolinea l’importanza della cultura
regionale e gli utenti hanno la possibilità di prendere parte
attivamente alla vita culturale e sociale del proprio territorio.
Grazie alla collaborazione coordinata dei singoli partner
regionali, le informazioni sono disponibili da un solo punto e
sono create dalle istituzioni più competenti nel loro settore.
Il consorzio
Il portale è sostenuto, finanziariamente e organiz-zativamente,
da un consorzio di cui fanno parte le dieci biblioteche regionali
slovene (tra le quale anche la Biblioteca centrale »Srečko
Vilhar« di Capodistria che copre il comprensorio Carsicocostiero), la Biblioteca nazionale e universitaria di Lubiana e
l’Associazione delle biblioteche pubbliche slovene.
Con la realizzazione del portale KAMRA, i partner del
consorzio, rispondono agli incentivi dell’Unione Europea e
della Slovenia come pure alle richieste degli utenti. Nonostante
l’esistenza di un portale apparentemente simile ovvero la
Biblioteca digitale slovena www.dLib.si, che include nelle
proprie raccolte digitali il materiale di importanza nazionale,
molta eredità culturale locale rischia di restare meno fruibile.
Il concetto basilare del portale KAMRA si basa sulla volontà
di dare a queste organizzazioni locali l’infrastruttura necessaria
che permetterà loro di presentare su internet le loro raccolte
digitali. Le biblioteche regionali slovene, grazie all’acquisto
mirato, la loro attività di consulenza e coordinamento delle
attività locali, hanno conseguito una posizione particolarmente
importante poiché in esse raccolgono il sapere, le informazioni
e il materiale. Le biblioteche regionali coordinano inoltre il
lavoro delle biblioteche nella propria regione, introducono nuovi
servizi per gli utenti e collaborano con le organizzazioni culturali
nel territorio. La collaborazione congiunta nella realizzazione
del portale KAMRA vi avvale di questo specifico ruolo delle
biblioteche regionali e ne fa dei centri tecnologicamente
all’avanguardia in grado di coordinare l’attività culturale nel
proprio territorio di competenza.
I contenuti
I contenuti multimediali del portale KAMRA coprono il
campo della storia patria e generalmente si dividono in due
sottogruppi: Cosa accade in comunità, dove si accede alle base
dati di organizzazioni, ai programmi e alle manifestazioni, e
il secondo sottogruppo intitolato La memoria della comunità
comprendente base dati di diversi partner, base dati in fase di
creazione come risultato di vari progetti e infine i contributi
degli utenti.
I contenuti del portale sono strutturati e muniti di metadata in
formato Dublin Core http://dublincore.org. Lo schema prescelto
di metadata in Dublin Core garantisce, nello sviluppo futuro del
portale, il massimo livello di compatibilità e interoperabilità a
prescindere dalla piattaforma informatica
Il portale è concepito in modo “regionale” ovvero è possibile,
filtrare la ricerca in base alla regione storico-geografica che ci
interessa. All’interno delle regioni si accede poi ai contenuti
veri e propri che sono: Notizie, Avvenimenti, Progetti,
Organizzazioni, Contenuti digitali. All’interno del gruppo
tematico l’utente ha la possibilità di filtrare ulteriormente
i contentuti in base alle categorie di contentuti o al tipo di
contenuto digitale. Nel caso del gruppo tematico Notizie ad
esempio, il filtro permette all’utente la ricerca selettiva delle
notizie in base ai tipi di avvenimenti che lo interessano. I gruppi
tematici sul portale KAMRA sono trattati anche dal punto di
vista dell’attualità. Così, sempre nel caso del gruppo tematico
Notizie, il filtro permette all’utente di vedere la lista delle ultime
cinque notizie pubblicate.
35
La città
La personalizzazione del portale
Com’è ormai in voga nel web, l’utente ha la possibilità di
personalizzare i contenuti del portale. Oltre all’aspetto esteriore
e i filtri di ricerca, l’utente avanzato e interessato potrà egli
stesso creare nuovi contenuti e pubblicarli sul portale, usando
le informazioni e il materiale del portale stesso. Un po’ come in
biblioteca e negli archivi, dove usando le fonti a disposizione
i ricercatori e gli appassionati sono in grado poi di creare
qualcosa di nuovo.
Kamra in lingua italiana
Come partner importante del consorzio che gestisce il portale
per il proprio territorio Carsico-costiero, la Biblioteca centrale
Srečko Vilhar Capodistria ha l’interesse strategico di riempire il
portale di quanti più contenuti riguardante la nostra storia patria
locale. Vista la specificità del territorio e il materiale storico
che la biblioteca, specialmente il suo reparto di Storia patria
gestisce, si è presentata fin dall’inizio la necessità di rendere
operante anche la versione “italiana” del portale. A questo
proposito è già partito in questi giorni, un progetto per rendere
operante KAMRA anche nella nostra lingua. Le cose da fare
sono principalmente due: in primo luogo tradurre in italiano
l’interfaccia grafico e renderlo comprensibile anche agli utenti
italiani e, in secondo luogo, in fase di immissione e gestione dei
dati, che è poi la parte prettamente bibliotecaria, adottare parole
chiave e descrittori in lingua italiana in modo da agevolare
ovvero permettere la fruizione del portale anche in questa
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lingua. La ricerca per parole chiave e descrittori italiani è infatti
elemento imprescindibile per l’effettivo funzionamento della
specifica versione linguistica. A questo proposito il compito
più importante sarà quello di educare quadri competenti (leggi
bibliotecari...) per utilizzare i metadata, di volta in volta, nella
lingua o lingue idonee e creare un cosiddetto cifrario unificato.
Per fare un esempio pratico, ogni elemento multimediale, ad
esempio una cartolina d’epoca in formato digitale, và prima
di tutto descritto attraverso una serie di parole chiave cifrate
che ne determinano uniformemente e inequivocabilmente la
provenienza, la tipologia ecc. Un cifrario unificato è necessario
quindi per ottenere uniformità di descrizione e facilità nella
ricerca, l’utente non “pesca” a casaccio ma consulta un elenco
di parole chiave che descrivono i vari elementi multimediali o
intere raccolte.
Attualità
Il portale KAMRA è già attivo sul web ed è possibile consultarlo
all’indirizzo www. kamra.si.
Per il momento i contenuti sul portale non sono tanti ma sono
destinati a crescere molto rapidamente visto che il portale è
finanziato da fondi ministeriali specifici per la digitalizzazione.
La versione in lingua italiana sarà attiva già tra qualche
mese e come prima cosa sarà disponibile la ricca raccolta di
cartoline d’epoca della Biblioteca centrale »Srečko Vilhar« di
Capodistria.
*direttore della Biblioteca centrale Srečko Vilhar Capodistria
La città
In passerella le collezioni di Ivan Rocco
di Lorella Flego
Occuparsi di moda in Slovenia non è semplice. Il territorio piccolo e spesso troppo chiuso rende difficile esprimere
la propria creatività, difficile trovare il coraggio di essere diversi, di rispettare le esigenze e le regole, a volte
bizzarre, del luogo in cui si vive, ma al contempo essere aperti a ciò che offrono le passerelle internazionali.
Come se non bastasse l’industria tessile slovena sta subendo notevoli cambiamenti e continua a lasciare troppo
poco spazio ai giovani e alle loro idee.
In questo contesto, non facile da gestire, si sviluppa la vena
artistica di Ivan Rocco, oggi stilista riconosciuto a livello
nazionale, una delle leve più promettenti della nuova generazione
che, una volta conclusa l’università tessile, sogna di andare
a Parigi. Passo curioso per un ragazzo che appartiene alla
minoranza italiana, e che forse starebbe più facilmente a Milano,
capitale assoluta del pret a porter. Ma Ivan non è mai stato uno
alla ricerca della strada più facile. Anzi, in maniera determinata
I modelli presentati da Rocco alla Settimana della moda 2008
a Lubiana. Foto Matevž Paternoster
e chiara, con una grande
apertura mentale, ha
sempre guardato alla
moda come ad un modo
di esprimersi. Ed ecco
che Parigi diventa la città
più giusta per uno stilista
che, innanzitutto, vuole
l’eleganza. L’eleganza
dell’alta
moda,
di
quella irraggiungibile
e piena di sogni, che fa
indiscutibilmente girare
la testa e fa pensare ai
grandi nomi di tutti i
tempi: Dior, Chanel,
Valentino.
Lui
nel
frattempo sperimenta:
trasforma il broccato
del divano in una giacca
Ivan Rocco
speciale, il velluto di un
pezzo riciclato dall’armadio della nonna in un blazer d’altri
tempi, poi crea pantaloni seconda pelle che sembrano fuseaux
e abiti di jersey color blu elettrico che, nel suo guardaroba
prettamente nero, sono come un flash psichedelico e di buon
auspicio. Ama i colori scuri, ma promette anche collezioni più
vivaci, chiare, in un futuro vicino, magari già la prossima estate,
purchè nasca un’occasione, una sfilata alla quale presentarsi,
una fiera, un evento. I concorsi nazionali lo premiano, la stampa
ne parla, i critici di moda ne sono entusiasti.
Ho conosciuto Ivan quando frequentava il ginnasio: la sua
timidezza conquistava tutti, la sua serietà e profesionalità ti
lasciava di stucco, la sua fedeltà era apprezzata dagli amici di
sempre. Oggi lo ritrovo uomo, designer con le idee ben chiare,
che gestisce tessuti, modelle e zip come fosse nato tra loro. E per
i lavori più complessi e astratti può sempre contare sulla madre,
che ama cucire e che, molto probabilmente, gli ha trasmesso
questo amore sublime per tutto ciò che è bello. Una volta gli
ho chiesto: «Cosa ti aspetti dal futuro?«, pensando di fargli una
domanda complessa e aspettandomi fiumi di parole su stage
all’estero, concorsi e passerelle vissute da protagonista. »Essere
felice«, mi ha risposto, »perchè se sarò felice io lo saranno
anche le persone che mi stanno accanto«. La sua è quindi una
ricerca della semplicità, perchè le cose semplici sono sempre le
più belle. E forse anche una ricerca delle cose perdute, di quelle
di un tempo, che con i ritmi di vita moderni abbiamo un po’
perso per strada.
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La città
Midas, rete dei giornali delle minoranze
VISITE AGLI ENTI DELL’ETNIA A FIUME E CAPODISTRIA
Una ventina di giornalisti del Midas, l’associazione dei quotidiani in lingua minoritaria e regionale, ha visitato
in estate la casa editrice Edit di Fiume, nonché Radio e Tv Capodistria. Midas è stata fondata nel 2001 su
proposta dei capi redattore dei quotidiani di piu di 10 comunità linguistiche.
I loro desideri si concretizzano in un
coordinamento comune delle loro strategie:
cooperazione nei campi dello scambio
d’informazioni, stampa e pubblicità;
organizzazione di campagne per la
vendita delle loro riviste ed il sostegno
da parte delle istituzioni comunitarie
alle lingue minoritarie e ai loro mezzi di
stampa. 30 quotidiani dalla Spagna alla
Estonia, dalla Finlandia alla Romania
vi hanno aderito e l’organizzazione
cresce ancora. I quotidiani in lingua
minoritaria e regionale giocano un ruolo
fondamentale nella vita quotidiana delle
minoranze. Essi non procurano solo un
servizio quotidiano, che viene offerto
alla maggioranza della popolazione
dai giornali nazionali, ma tutelano e
promuovono
contemporaneamente
queste culture marginali, aiutando le
minoranze presenti a mantenere e a
consolidare la propria lingua sia parlata
che scritta, portando spesso alla luce cin
che la maggior parte della popolazione
ignora.
Oltre 45 milioni di persone nell’Unione
Europea parlano un’altra lingua rispetto
a quella ufficiale dei loro paesi. La
dimensione europea offre la possibilità
di una cooperazione trasversale tra
i quotidiani di lingua minoritaria in
tutto il continente. Midas organizza un
programma di scambio per giornalisti,
dove poter apprendere informazioni e
conoscenze sulla tutela delle minoranze
e diversità culturali in Europa. Per un
riconoscimento dei giornalisti che hanno
adottato degli standards giornalistici
adeguati e si sono occupati di diversità
culturali e tutela delle minoranze, sono
stati istituiti i premi giornalistici Otto von
Habsburg e Midas.
* Per maggiori informazioni vai sul sito
www.midas-press.org
Dopo la pulitura dell'affresco di S. Nazario nella lunetta del portale i tecnici hanno rimontato le impalcature per occuparsi
della pietra bianca con cui è costruita la facciata del Duomo. A spese della parrocchia è stato inoltre rifatto il tetto e la
smaltatura dell'oratorio di S. Tommaso dopo che infiltrazioni d'acqua avevano messo a rischio il Quattrocentesco affresco del
Clerigino. Così come quello in piazza, anche questa preziosa opera verrà curata dalla restauratrice Mira Ličen.
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La città
La Società umanistica di storia, arte e cultura - Histria
Intervista con il segretario Dean Krmac
Il primo agosto si è svolta a Capodistria una iniziativa bella e interessante per quanti si interessano di storia
patria: nel 390.esimo anniversario della compilazione della più antica pianta cittadina giunta a noi – quella di
Giacomo Fino – la “Società umanistica di storia arte e cultura Histria” ha promosso innanzitutto la riproduzione
di questa pianta che in originale si trova all’Archivio di Stato di Venezia, ha redatto un opuscolo di presentazione
del documento e, l’1. agosto è stata organizzata una visita guidata attraverso le calli capodistriane seguendo i
percorsi tracciati da Giacomo Fino. Ne parliamo con Dean Krmac, segretario della Società umanistica Histria.
Parliamo un po’ di questa Società.
Come e quando nasce?
La Società umanistica Histria è una società
molto giovane perché siamo nati nel 2006
e siamo sorti con uno scopo ben preciso.
Oltre a quello che è il discorso della
preservazione degli studi umanistici di
storia patria, il nostro obiettivo principale
era la stesura di un dizionario biografico
istriano. Abbiamo lavorato parecchi
anni al progetto dell’Enciclopedia
istriana – diversi soci e collaboratori
della società figurano tra gli autori e
redattori dell’opera. Un’enciclopedia
Dean Krmac
edita in croato dal Leksikografski zavod
“Miroslav Krleža” di Zagabria. Da anni
si pensa di tradurre l’opera in italiano e
sloveno, ma esiste »Istrapedia«, una sorta
di enciclopedia virtuale che comprende
anche lemmi scritti in italiano. Dopo
questa esperienza abbiamo visto che
c’era bisogno di andare avanti e di aprirci
a nuove proposte.
Chi costituisce il fulcro della Società
Histria?
Ne è presidente il prof. Matej Župančič,
archeologo del Museo regionale di
Capodistria; vicepresidente è Deborah
Rogoznica, archivista presso l’Archivio
regionale e poi ci sono io come
segretario.
Abbiamo vari enti e società che già si
occupano di storia locale qui da noi:
penso principalmente al Centro di
ricerche scientifiche di Via Garibaldi,
la Società storica di Pirano…in che cosa
differisce la vostra attività…mi sembra
di capire un ruolo di maggiore contatto
con quanti si interessano alla storia
patria, ma non sono degli »esperti«…
dunque forse una divulgazione delle
nozioni sul nostro patrimonio storico
per la gente comune, pur rispettando i
canoni della precisione.
Noi ovviamente non ci possiamo
paragonare né al Centro di ricerche
scientifiche, ne al CRS di Rovigno,
abbiamo visto però che ci sono delle
nicchie in cui possiamo inserirci in
quanto ci sono ancora dei vuoti che
magari queste istituzioni…non so se
non possono o non riescono a colmare,
perché magari si occupano di progetti di
più ampio respiro; e allora ci sono queste
possibilità più piccole, ma per questo più
vicine alla gente, nelle quali noi possiamo
inserirci. Ed in questo vediamo la nostra
occasione.
Per chi volesse saperne di più la
Società umanistica Histria ha aperto
anche un sito internet: l’indirizzo
è www.histriaweb.eu. Trovate la
presentazione della società, i progetti,
ma anche recensioni di pubblicazioni.
Che poi riguardano tutta l’Istria e
prendono in esame opere redatte in
varie lingue, soprattutto l’italiano, lo
sloveno e il croato che sono le tre lingue
autoctone principali di questa nostra
meravigliosa penisola.
Noi abbiamo voluto dare subito
quest’impronta panregionale in qualche
modo. Infatti il nome ufficiale della
Società è nelle tre lingue principali della
regione.
Una cosa piuttosto rara al giorno
d’oggi…
Purtroppo, una cosa piuttosto rara, perché
vengono privilegiate talvolta l’una o
l’altra lingua, ma se andiamo indietro non
di molto tempo…anche qui, dai microfoni
di Radio Capodistria si parlava nelle tre
lingue solo una quarantina d’anni fa. Gli
eventi da noi organizzati si svolgono
solitamente in tutte e tre queste lingue
senza che per questo motivo qualcuno si
senta escluso.
Come mai, Società »umanistica«?
Questo termine racchiude molte cose.
Innanzitutto perché ci occupiamo
essenzialmente di discipline umanistiche
(storia, arte, geografia, letteratura …) ma
anche perché desideriamo essere vicini
alla gente. Favorire il lato umano.
Un termine che mi riporta alla mente
le antiche Accademie capodistriane…
In origine avevamo paventato l’idea,
devo dire piuttosto scellerata, di dare il
nome di Accademia alla società, però ci
era sembrato troppo altisonante anche
perché non avrebbe rispecchiato quelle
che erano le nostre intenzioni. Già
»umanistica« è bello squillante…
È possibile aderire alla vostra società?
Certamente. Sul sito web c’è l’apposito
modulo che va compilato ed inviato
assieme al proprio curriculum al nostro
consiglio. Colgo l’occasione per invitare
quanti fossero interessati ad affiliarsi
alla società a farlo tramite il nostro
sito internet, dove si può trovare anche
la descrizione delle attività e gli altri
progetti a cui stiamo lavorando. Ben
vengano nuovi collaboratori e quanti
desiderano includersi attivamente nel
nostro operato.
Dean, dicevamo dei progetti. In un
tempo relativamente breve siete
riusciti a promuovere pubblicazioni,
presentazioni e convegni. Raccontaci
un po’ dei primi risultati archiviati.
Il nostro primo evento di un certo richiamo
è stato il convegno di Pola (31 ottobre
2007) dedicato al 150.mo anniversario
del primo censimento moderno in Istria,
organizzato in collaborazione con il
39
La città
Dipartimento di scienze umanistiche
dell’Università di Pola. Un convegno
scientifico internazionale al quale
hanno preso parte eminenti studiosi di
demografia storica da Italia, Slovenia,
Croazia e Austria. L’anno scorso abbiamo
pubblicato gli atti di un convegno sul
famoso monolite di Carcauze, un progetto
curato da Matej Župančič. Mentre ancora
in precedenza abbiamo preparato un
incontro sul Protestantesimo in Istria…
Per fare tutto questo ci vuole passione,
buona volontà, ma servono anche dei
finanziamenti e coi tempi che corrono
non è facile reperirli: da chi siete stati
sostenuti finora, e forse ora si schiude
la possibilità di finanziamenti europei
per progetti transfrontalieri tra
Slovenia e Croazia…
Il lato finanziario è certamente quello più
difficile. Noi ci muoviamo soprattutto
su base volontaria. Tutte le cose che
produciamo, le facciamo perché abbiamo
passione per questa materia, ma poi
vediamo ripagato il nostro lavoro tramite
la pubblicazione di questi volumi e
la realizzazione dei convegni. Finora,
bisogna dire, non siamo stati molto
ascoltati nelle nostre richieste. Anche
per il dizionario biografico istriano la
difficoltà sta nei finanziamenti: non è
che servano grossi mezzi, ci serve un
incentivo per dare il via all’iniziativa.
Per quanto riguarda le istituzioni devo
dire che ci hanno sostenuto la Regione
istriana, il Comune città di Capodistria,
l’Istituto scientifico austriaco di Lubiana,
il Ministero della cultura sloveno nonché
le istituzioni della comunità nazionale
italiana. Decisivo, anche per tempestività,
è stato però soprattutto l’apporto di
privati cittadini.
Se andrete sul sito bilingue histriaweb.
eu troverete anche la fotocronaca della
presentazione e della visita guidata
per Capodistria in occasione della
riproduzione della Pianta più antica
della nostra città. Krmac, perché
questa iniziativa che ci riporta a
valorizzare un documento del 1619?
Prima di tutto perché tende a preservare
ed a valorizzare il patrimonio storico e
artistico, così come previsto anche da
una delle nostre principali disposizioni
statutarie. Poi, questa è un’iniziativa che,
come dicevo prima, ci avvicina al lato
umano, fuori dai convegni specialistici.
Abbiamo avvicinato la storia della
città di Capodistria alla gente comune
pubblicando la Pianta di Giacomo Fino e
proponendo la riproduzione dell’originale
all’Archivio di Stato di Venezia in modo
che possa essere accessibile a tutta la
citadinanza interessata.
Perché è così importante questa Pianta
cittadina?
È fondamentale perché è la mappa più
antica, di quelle pervenute a noi, del
centro urbano di Capodistria. Attraverso
questa pianta si riesce a risalire a quelli che
sono stati i primordi dell’insediamento
sull’isola. Si vede benissimo come dal
punto di vista urbanistico la città si sia
sviluppata dalla parte alta, dove si trovava
già la parte romana, e poi si sia andata via
via allargando verso sud e verso oriente.
Pregevole anche l’opuscolo con la
presentazione firmata dall’ex direttore
Il prof. Salvator Žitko indica sulla mappa del '600 la zona della Muda, uno
dei punti osservati durante la visita guidata
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del Museo Salvator Žitko.
Il prof. Žitko penso sia uno dei maggiori
esperti, sia di questa carta che della storia
patria per quanto riguarda Capodistria.
Lui ha collaborato in diverse occasioni
con noi, lo abbiamo pregato di voler
aderire a questa iniziativa e lo ha fatto ben
volentieri. E penso che i risultati hanno
dimostrato che ne sia valsa la pena.
Il primo agosto scorso si è svolta la
visita guidata lungo le mura disegnate
nel 1619 da Giacomo Fino. Nonostante
il sole cocente si è presentata una folla di
curiosi incredibile, che pazientemente
ha seguito la guida – il dott. Žitko e il
prof. Likar – attraverso i vari rioni. Vi
aspettavate un seguito del genere?
Assolutamente no. L’afflusso di tanta gente
ci ha colti impreparati. Ci aspettavamo
una ventina di persone, ne sono venute
quasi dieci volte tante. Di tutte le età,
giovani e anziani, addirittura qualche
famiglia coi bimbi nel carrozzino. E a
qualche mese di distanza noto con piacere
che la gente mi si rivolge per chiedere
quando riproporremo la medesima
iniziativa, magari puntando su qualche
altro segmento come l’architettura sacra
per esempio.
E abbiamo camminato per quattro
ore – dalle 10 alle 14 – sotto il sole del
primo agosto.
Con una breve ma preziosa sosta di
rinfresco alla Comunità degli Italiani,
dove ci ha accolti il compianto presidente
Lino Cernaz. Il prof. Žitko ha detto una
cosa divertente. Ha detto “Chissà cosa
avrebbe pensato Giacomo Fino se avesse
saputo che quattro secoli dopo di lui,
la sua pianta di Capodistria avrebbe
suscitato ancora un tale interesse”.
Questo vuol dire che tanta gente si
interessa al nostro passato, ma forse
mancano occasioni che possano
coinvolgere anche i non addetti ai
lavori.
Penso che quanto abbiamo visto il
primo agosto scorso ne sia una palese
dimostrazione. Alla gente manca questo
tipo di occasioni. La gente vuole capire,
vuole conoscere dettagli di storia locale
che magari nei decenni passati non ha
avuto modo di apprendere. Durante la
visita guidata ci sono state rivelate tante
cose, anch’io ho appreso nozioni che
prima non conoscevo.
Una carta, quella del Fino, che si può
stare a leggere per ore, tanto è ricca di
particolari…
Infatti Matej Župančič che ha curato la
trascrizione di tutti i toponimi, ha cercato
La città
di tradurre i testi anche in sloveno per
renderli più vicini alla gente, per aiutare
a comprendere quali edifici, quali strade
si sono conservate e quali no. Tra agosto
e settembre abbiamo esposto la mappa
in Calegaria in ambito al progetto del
Comune di Capodistria “Ravviviamo le
vetrine” e abbiamo notato che i passanti
incuriositi si fermavano a decifrare i
toponimi cercando di orientarsi sulla
posizione.
L’architetto Darko Likar, studia da
anni le mura di cinta di Capodistria:
mura che erano lunghe ben due
chilometri e mezzo. E dice che sarebbe
interessante riportarle alla luce laddove
sono appoggiate alle case o dove ne
rimangono solo le fondamenta. Dean,
sono tante le cose su cui in futuro si
potrebbe lavorare. Noi abbiamo parlato
ora principalmente di Capodistria: ma
l’Istria tutta si presta operazioni di
salvataggio del patrimonio storico…
Esattamente. Penso che l’Istria sia
una vera miniera di patrimonio storico
umanistico e naturale…che va preservato
e analizzato perché possono venire fuori
ancora tantissime cose. Se si pensa
solamente alla Basilica Eufrasiana di
Parenzo, che ho avuto recentemente
modo di conoscere a fondo grazie al
prof. Ivan Matejčić…un patrimonio che
è per certi versi paragonabile a quello di
Ravenna. Per non dire di altre cose più
dislocate all’interno dell’Istria che si
possono studiare, che si possono vedere.
Veramente l’Istria è una miniera e
quindi…non credo che le società storiche
esistenti siano troppe. Ognuna si occupa
di un segmento, ognuna compone alcune
tessere di un mosaico che pian piano si
completa.
Concluso il progetto sulla Pianta di
Giacomo Fino vi siete rivolti subito alle
vostre prossime iniziative di carattere
più “scientifico” per così dire. Quali
sono state?
In occasione della Settimana europea della
mobilità abbiamo preparato a settembre
la conferenza di Zdenka Bonin relativa a
“Lo sviluppo della sanità a Capodistria dal
XIII al XX secolo”. Sempre in materia di
storia della medicina è seguito ad ottobre
a Isola un convegno sulle epidemie
in Istria tra ‘800 e ‘900. La giornata di
studio è scaturita grazie ad una recente
rinascita delle ricerche dedicate alle
malattie nell’area istriana ed è stata resa
attuale anche dal recente manifestarsi, su
scala europea e mondiale, dell’influenza
“A”. La tavola rotonda ha riunito storici,
demografi storici e storici della medicina
proponendo, oltre ai contributi legati
allo studio delle malattie in relazione al
loro influsso sulla popolazione, anche
relazioni legate alla storia delle istituzioni
sanitarie, allo studio delle patologie, alla
descrizione dell’operato dei medici o
al culto come fattore di prevenzione.
L’evento ha goduto dell’alto patrocinio
scientifico della Società Italiana di
Storia della Medicina, dall’Inštitut za
zgodovino medicine di Lubiana e dallo
Hrvatsko znanstveno društvo za povijest
zdravstvene kulture. Vi hanno preso parte
alcuni dei massimi esperti della materia
come i docenti di storia della medicina
Zvonka Zupanič Slavec (Lubiana), Euro
Ponte (Trieste), Ante Škrobonja e Amir
Muzur (Fiume), o i polesi Edi Terlević,
epidemiologo, e Robert Matijašić
che ha tracciato un dettagliato profilo
del pioniere della materia, il piranese
Bernardo Schiavuzzi. A questi si è unita
un’ampia schiera di giovani studiosi
grazie ai quali, si spera, che le ricerche
dedicate a questo fondamentale aspetto
della storia istriana possano avere un
seguito. Un dovuto grazie va anche alla
CAN di Isola che ci ha ospitato negli
splendidi spazi di Palazzo Manzioli.
L’ultimo impegno in ordine di tempo
è stato la Fiera internazionale del
libro Histria in Libris, organizzata in
collaborazione con il Centro Italiano
Carlo Combi e con la Libreria Libris,
un progetto a cui stavamo anche già
pensando da tempo ma che abbiamo
potuto realizzare soltanto grazie al
decisivo apporto degli altri due partner.
Prossimo impegno?
Oltre alla pubblicazione degli atti dei
convegni già svolti, il principale obiettivo
per l’anno prossimo è il centenario della
Prima Esposizione Provinciale Istriana,
tenutasi appunto a Capodistria nel 1910.
Desideriamo proporre una mostra con
un catalogo di foto inedite, ricostruire
al computer una passeggiata virtuale
attraverso i padiglioni dell’Esposizione
e poi riarrangiare la musica originale
che la banda cittadina di Capodistria
eseguì in quella ricorrenza. Abbiamo
passato lo spartito al professor Dario
Pobega, che ha accolto entusiasticamente
la nostra proposta di risuonare questa
marcia sinfonica trionfale “Concordia e
Progresso” del suo predecessore Giuseppe
Mariotti a distanza di cent’anni. Speriamo
di poter portare questa mostra anche in
altre località istriane. Abbiamo avuto
già contatti con Pola, Pisino, Muggia
e Parenzo. Sullo stesso argomento la
Società di studi storici di Pirano sta
preparando ache un convegno scientifico.
Ma la nostra speranza è che anche altre
istituzioni ed altri eventuali interessati si
uniscano alla nostra iniziativa in modo
da celebrare nel modo più opportuno e
decoroso quello che per il suo tempo può
essere descritto come un evento di portata
europea e che ha fatto risaltare i preziosi
valori della nostra penisola anche fuori
dall’Istria.
La gente radunatasi lo scorso primo agosto
sotto gli archi della Taverna
41
La città
«I Giorni dell’Arte» dedicati a Marinetti
Festival incentrato su musica, teatro, danza, poesia e arti visive
Filippo Tommaso Marinetti,
fondatore del movimento futurista.
Con il contributo della nostra
Comunità, anche Capodistria è stata
inclusa tra i palcoscenici del Festival
“I Giorni dell’Arte” organizzato
da “Alpe – Laboratorio di Arte e
Culture” di Trieste, diretto da Alfredo
Lacosegliaz. La sesta edizione della
manifestazione ha continuato a
promuovere il dialogo fra culture ed
etnie in una comune area geografica
di contatto, che pulsa al centro
dell’Europa. L’edizione di quest’anno
ha voluto celebrare il centenario
della pubblicazione Manifesto sul
futurismo di Filippo Tommaso
Marinetti, con spettacoli riguardanti
varie interpretazioni e ricostruzioni di
tale movimento, senza tralasciarne le
espressioni locali (Sofronio Pocarini,
Carolus L. Cergoly). Attorno a
questo nucleo centrale si trovano
poi proposte di cinematografie
contemporanee, di orchestre atipiche
e di mistilinguismi atemporali.
È sorprendente la rilettura del testo
classico “Satyricon” di Petronio,
dove passato e presente convergono
con un’inaspettata attualità rispetto
alla situazione decadente da basso
impero che caratterizza il nostro
tempo. Dopo essersi mosso dal Friuli
Venezia Giulia e aver toccato, nelle
passate edizioni Slovenia e Croazia,
Austria e Bosnia, questo multiforme
festival è approdato per tre giornate a
Capodistria come gioioso veicolo di
intrattenimento culturale e artistico.
TV Capodistria torna a trasmettere via satellite
I programmi di TV Capodistria si possono nuovamente
seguire via satellite sempre su Hotbird -13 gradi
est di Eutelsat, utilizzato dalle maggiori stazioni
televisive, e sulla stessa frequenza sui cui l’emittente
trasmetteva tempo fa in via sperimentale - Frequenza:
12.303 Mhz; Polarizzazione: Verticale; Symbol Rate:
27.500; FEC: ¾ ; Codice di identificazione: TV K-C.
Per i prossimi anni il canale satellitare, posizionato sul
trasponder della RTV di Slovenia sul satellite Hotbird
8, sarà integralmente a disposizione di TV Capodistria.
Si tratta di una nuova tappa fondamentale nella
diffusione del programma italiano di TV Capodistria
volta, soprattutto, a valorizzare ed affermare il suo
ruolo e le sue potenzialità informative e culturali nei
confronti di tutta la Comunità Nazionale Italiana di
Slovenia e Croazia, ma anche rispetto a un pubblico più
vasto, in Italia e in altri paesi, che ha gia`dimostrato di
apprezzare e gradire la programmazione dell’emittente.
La diffusione satellitare di TV Capodistria, si rileva in
una nota firmata dal caporedattore responsabile, Robert
Apollonio, è sostenuta da Unione Italiana, con i mezzi
destinati dal governo italiano per le attività culturali della
Comunità Nazionale Italiana di Slovenia e Croazia, ed è
stata avviata in base ad un accordo con la Radiotelevisione
di Slovenia di cui TV Koper-Capodistria è parte integrante.
TV Capodistria trasmette attualmente dalle ore 14.00 alle
ore 01. Dal satellite è visibile in chiaro la gran parte dei
programmi, in particolare quelli autoprodotti, nonché
quelli di cui l’emittente detiene i diritti per la diffusione
satellitare. In Slovenia, gli utenti in possesso della scheda
42
di decodifica Viaccess possono seguire in chiaro tutta
la programmazione (la scheda può essere acquistata dai
cittadini sloveni che pagano il canone di abbonamento RTV).
Nelle ore in cui, al momento, non vengono trasmessi i
programmi televisivi si possono seguire i programmi
radiofonici di Radio Capodistria. Si tratta di un’offerta
complementare che a partire dalla prossima primavera sarà
integrata con nuovi contenuti e prodotti anche multimediali.
I programmi di TV Capodistria possono essere visti
in diretta oppure rivisti anche su Internet all’indirizzo
web: www.rtvslo.si/tvcapodistria. Nella rubrica del sito
“Oggi in TV”che riporta la programmazione settimanale
dell’emittente, i programmi codificati sul satellite sono
preceduti da un asterisco (*).
La città
Histria in Libris
Salone del libro tematico promosso dal Centro culturale »Carlo Combi«, la libreria
»Libris« e la Società »Histria«
Formazione e Sviluppo “Carlo Combi”
di Capodistria, che è anche il promotore
dell’iniziativa.
Nell’organizzazione
e nell’allargamento del programma
degli eventi collaterali, è stato inoltra
affiancato dalla libreria “Libris” di
Capodistria e dalla Società Umanistica
di storia, arte e cultura “Histria”.
La fiera è rimasta aperta al pubblico dal
12 al 14 novembre. Il pubblico ha potuto
visitare l’esposizione, acquistare volumi,
oppure prendere parte agli incontri
con autori, alle presentazioni di opere
specifiche, nonché ai laboratori creativi
per i ragazzi (attività queste, previste
in sedi dislocate, tra cui la Galleria
Medusa, il teatro di Capodistria, Palazzo
Gravisi-Buttorai e l’Archivio regionale
di Capodistria). Nell’ambito della fiera
è stata riservata particolare attenzione
alla produzione degli appartenenti alla
CNI nel settore librario e nelle attività
culturali atte a promuovere e sviluppare
l’identità della comunità stessa e della
lingua e cultura italiane. Esposte, infatti,
le pubblicazioni più recenti edite delle
varie Comunità degli italiani, nonché
la produzione editoriale della Casa
editrice EDIT di Fiume e del Centro di
ricerche storiche di Rovigno. Preparata,
a detta degli organizzatori »senza
grosse pretese«, la fiera del libro ha
riscontrato un notevole interesse, tanto
che si sta vagliando le possibilità di far
diventare »Histria in Libris« un evento
tradizionale.
Mojca Cerkvenik del Centro culturale
»Carlo Combi«
Al Museo regionale di Capodistria si
è svolta “Histria in Libris”, prima fiera
internazionale del libro nel Capodistriano,
con offerta di autori e case editrici legate
alla penisola. Un salone tematico al
quale hanno partecipato oltre 200 case
editrici di Slovenia, Italia e Croazia,
con più di 1200 volumi. “Tra questi
è stato possibile sfogliare anche le
pubblicazioni di difficile reperibilità,
come quelle di vari musei ed archivi,
che spesso non sono a disposizione del
più ampio pubblico” ha tenuto a rilevare
Mojca Cerkvenik, responsabile del
Centro Italiano di Promozione, Cultura,
»Skozi knjigo je mogoče zelo oprijemljivo pokazati, da je Istra območje treh narodov in treh kultur. Če
ste opazili, smo knjige razvrstili po abecednem seznamu založb, da se slovenski, italijanski in hrvaški
naslovi na razstaviščnem prostoru prepletajo med seboj. K projektu smo pritegnili veliko založnikov in
institucij, ki se ukvarjajo s knjigo, a če si knjigarnar, kjer so vsi ti stiki naravni, to ni tako težak zalogaj.
Pač pa je sejem dobra nadgradnja tvojega dela«.
Ingrid Celestina (Libris)
43
La città
Il saluto del vicesindaco Scheriani durante l’inaugurazione
Ho l’onore quest’oggi di potervi salutare a nome del comune città di Capodistria, a nome del sindaco Boris
Popovič, a nome della Comunità autogestita della nazionalità italiana di Capodistria e anche a nome mio
personale. Dovolite mi da vas pozdravim v imenu mestne občine Koper, v imenu župana gospoda Borisa Popoviča,
v imenu Samoupravne italijanske narodnostne skupnosti Koper in tudi v mojem imenu.
Gentile pubblico, vorrei innanzitutto
ringraziare gli organizzatori per avermi
invitato a intervenire in questa importante
occasione per il nostro Comune.
La manifestazione che si apre oggi,
interamente dedicata al libro, ci dà modo
di fare alcune considerazioni sul tema di
questo incontro.
Avvicinare questo inestimabile patrimonio
culturale, quale è il libro, a tutti i cittadini
è l’obiettivo che ci dobbiamo sempre
proporre e la fiera internazionale “Histria
in Libris” è senz’altro il giusto veicolo
per far conoscere al fruitore la variegata
offerta del fondo librario di quest’area
transfrontaliera da sempre intreccio di
lingue e culture diverse.
Questo è il modo giusto di rapportarci
e di presentare la nostra realtà plurale e
44
multiculturale.
La fiera del libro riesce sicuramente
meglio di tante altre manifestazioni
a cogliere i più disparati e molteplici
aspetti dell’Istria e con ciò la vera
essenza del nostro territorio rifuggendo
da una lettura unica che oserei definire da
“paraocchi”. Dobbiamo essere orgogliosi
e considerarci anche avvantaggiati
rispetto ad altre aree geografiche perché
abbiamo un patrimonio straordinario
che dobbiamo tutti assieme custodire e
promuovere.
Solo la responsabile consapevolezza di
appartenere a un’area portatrice di valori
quali il dialogo e la convivenza può
portare ad un arricchimento dei popoli e
delle culture ivi presenti.
Tutto ciò implica un quotidiano impegno a
coltivare con nuova intensità la ricchezza
culturale dell’Istria e a trovare nei valori
della conoscenza e del sapere, le vere
radici che hanno arricchito la cultura di
questi territori.
La possibilità di dare fisionomia e
soggettività alla multiculturalità non
può che alimentare fiducia, rispetto e
reciproca solidarietà, perché tutto ciò
costituisce un importante elemento di
aggregazione capace di diffondere questi
sentimenti.
Grazie ancora per il vostro importante
contribuito. Hvala lepa.
Alberto Scheriani
Vicesindaco di Capodistria
La città
Repertorio italiano di corrispondenza
alle voci dialettali capodistriane
Tratto dall’appendice al Dizionario storico fraseologico
etimologico del dialetto di Capodistria di Giulio Manzini
N
Nacchere – gnachere
Nappa – fioco, cúfolo
Narcosi – indórmia
Narice – buso del naso
Narrare – contar
Nasale (suono) – gnanfo
Nascere – nasser
Nascondere – sconder, inbusàr
Nascosto – sconto; (di n.) de scondón
Nasello (pesce) – molo
Nasone – nasón, napa, nasopa
Nastro (da collo) – strangolin, veludina
Natante – barca
Natica – culata
Naturale – fisical
Naufragare – fondarse
Nausea – sgionfa, schifo
Nauseabondo – stomegoso
Navigare – navegar
Neanche – gnanca, nanca, manco
Nebbia – calígo
Nebuloso – poco ciaro
Negare – denegar
Negletto – bandonà
Negligentemente – a la carlona
Negoziante – botegher
Negoziare – contratar
Nemico – nemigo (plur. –ghi)
Nenia – naina, loica
Neonato – picio
Neppure – gnanca, nanca
Nerita (mollusco) – naridola
Nero – negro
Nerume – negrume
Nespola (veg.) – nespola, gnespola
Nespolo (veg.) – nespoler
Nessuno – nissun
Nettamente – de trinca
Nevicare – nevegar
Nevischio – brisàda
Nidiata – covada
Nido – nido, gnido
Ninnare – sbrassolàr; dondolar
Nipote – nevodo, nessa
Nitido – ciaro
Nobiluomo – zentilomo
Nocchiero – nostromo, timonier
Nocciola – nosela
Nocciolina apemicana – pestàcio
Nocciolo (veg.) – noselèr
Nòcciolo – osso
Noce (veg.) – (albero) noghèra, (frutto) nósa
Noce marina (mollusco) – capatonda
Nodo – gropo
Nodoso – gropoloso
Noi (pron.) – noi, novaltri, nialtri
Noia – fastidio, secàda
Noioso – secante, piédego, gnaga
Nomade – síngheno
Nomignolo – soranome
Nominare – minsionar
Non – no
Nonostante – abenché, con-tuto-ché
Norma – regola
Nostrano – nostran, domàcio
Notaio – nodaro
Notizia – nova
Noto – conossù, cognossù
Nottata – notolada
Nottola – pipistrel
Novanta – nonanta
Novecento – novessento
Novità –nova
Novizio – novissio
Nube – nuvolo
Nubifragio – brentana
Nubile – puta
Nuca – cópa
Nudo – nudo, despoià
Nulla – gnente
Numerare – contar
Numero – numaro
Nuocere – far del mal
Nuora – niora, gnora
Nuotare – nudar
Nuotata – nudada
Nuovamente – de novo, indrío
Nuovo – novo
Nutrice – bàja, nena
Nutrire - nudregar
45
La città
Bertocchi, l’Incontro delle tre regioni alla VII edizione
Anche quest’anno la Comunità degli Italiani di Bertocchi ha organizzato l’Incontro delle tre regioni, manifestazione che è
ormai giunta alla sua settima edizione. Un incontro questo teso a promuovere la collaborazione e la conoscenza tra gruppi
culturali provenienti da Slovenia, Italia e Croazia.
ha realizzato il suo primo CD “Suoni
da lontano”, che raccoglie i brani più
rappresentativi di questi 10 anni di
attività corale. Con il repertorio proposto,
comprendente, canti “di montagna”,
canti del folklore triestino e nazionale
sono riusciti a trasmettere al pubblico, un
patrimonio di valori che sono alla base
del canto popolare.
Come ogni anno anche a questa edizione
ha preso parte il coro misto BrnistraGinestra della Comunità degli Italiani di
Bertocchi. Il coro, è diretto fin dal suo
inizio da Marko Kocjančič, ed è costituito
da giovani che sono uniti dall’amore per
il canto e per la bella musica. Anche
quest’anno il coro ha entusiasmato il
pubblico proponendo brani di origine
popolare italiana, dalmata e gospel.
A concludere in bellezza la serata è stato
un gruppo di una Comunità amica con
cui da diversi anni collaboriamo quale
la Comunità degli Italiani di Buie. In
questa edizione il sodalizio buiese è
stato degnamente rappresentato da una
formazione alquanto recente, il gruppo
vocale femminile “Forever”. Assieme
dalla primavera del 2007, questo gruppo
vocale, composto da 11 donne si è
costituito con l’intenzione di rilanciare
Il “Coro Alpi Giulie” di Trieste
Ad aprire la manifestazione è stata della tradizione popolare. Il Coro ha al
l’orchestra di strumenti a plettro ed il suo attivo la partecipazione a numerose
gruppo vocale della “Lino Mariani” rassegne regionali e a concorsi nazionali
di Pola. La Società artico-culturale è per voci virili nonché l’organizzazione
un sodalizio di cittadini polesi, che di diversi concerti. Nel 2006 il coro
fin dal 1947 si ritrova, all’insegna del ha festeggiato il suo decimo anno di
volontariato nell’ambito della Comunità attività. In questa particolare occasione
degli Italiani di Pola per coltivare
assieme le più belle tradizioni musicali e
canore di queste terre. Il complesso degli
strumenti a plettro opera nell’ambito della
Società fin dalla sua fondazione e conta
una decina di esecutori. Il complesso è
diretto dal Maestro Ivan Štekar. Il gruppo
vocale, preparato dal Maestro Edi Svich,
ha iniziato invece la sua attività nel 2007
riscuotendo subito grande successo. Il suo
repertorio comprende canzoni popolari e
della tradizione canora italiana e istriana.
Al pubblico in sala i mandolinisti ed
i membri del gruppo vocale hanno
proposto brani di grande effetto e molto
apprezzati dagli spettatori.
In questa edizione abbiamo
ospitato per la prima volta a Bertocchi
il “Coro Alpi Giulie” di Trieste, diretto
dal Maestro Stefano Fumo e fondato nel
giugno del 1996 da un gruppo di amici
amanti della montagna, dei suoi canti e
Il coro femminile “Forever” di Buie
46
La città
e far riascoltare le bellissime canzoni
degli anni 60 – 70, canzoni che sono
tutt’ora ascoltate con piacere da tanti.
Sebbene giovane come formazione e
come esperienza le “Forever”, grazie
all’impegno e alla serietà nel lavoro, hanno
già alle spalle numerose partecipazioni a
varie serate e spettacoli artistico-culturali
sia in Croazia sia in Slovenia.
I quattro gruppi che si sono esibiti nel
corso di questa settima edizione hanno
dimostrato ancora una volta come il bel
canto e le belle note, pure se eseguite a
livello amatoriale, possono entusiasmare
il pubblico e regalare un po’ di serenità e di
spensieratezza. Il canto e la musica hanno
regnato tra i gruppi ospitati anche nel
corso della serata conviviale, dove sono
nate nuove proposte di collaborazione e
nuove amicizie.
Roberta Vincoletto
Gruppo femminile della Cappella Civica a Bertocchi per “Chansons & Canzoni”
Il 23 ottobre scorso, presso la Casa di Cultura a Bertocchi, la locale CI ha ospitato il Gruppo vocale femminile della Cappella
Civica di Trieste in un concerto per coro femminile e chitarra “Chansons & Canzoni”. Il Gruppo vocale femminile nasce
in seno alla più antica Istituzione culturale del Comune di Trieste che fin dal 1538 per volontà dell’Amministrazione,
promuove e sostiene la musica sacra “per servicio d’Iddio, per honore della chiesa cathedrale di s.to Giusto et reputacione
di tutta la Città”.
Il Gruppo femminile, diretto dal sig. Marco Sofianopulo è stato accompagnato, nella serata a Bertocchi, dal chitarrista Marko
Feri. Sono stati proposti diversi canti popolari greci, francesi e spagnoli di autori quali Ravel, De Falla e Satie su adattamenti
di Sofianopulo e Feri. Il maestro Marco Sofianopulo è pianista, organista, compositore, docente al Conservatorio e consulente musicale del Comune di Trieste, per il quale cura l’organizzazione delle stagioni concertistiche nella Cattedrale di
Trieste e in altre sedi istituzionali. Il chitarrista Marko Feri, diplomatosi al Conservatorio di Trieste ha tenuto diversi concerti
in rassegne e festivals internazionali e ha al suo attivo sette CD da solista. È stato generoso d’applausi il pubblico in sala,
coinvolto dalla professionalità dei cantanti e dal variegato repertorio musicale proposto.
La CI di Bertocchi visita la Ciceria
Oltre venti connazionali della Comunità degli Italiani di Bertocchi, il 18 ottobre hanno ammirato le bellezze naturali della Ciceria
accompagnati dal naturalista ed ornitologo, Loris Dilena. Hanno visitato il paesino di Raspo che al tempo della Serenissima era sede
dell’importante Capitanato, si sono recati sul ciglio dell’abisso Bertarelli che sino a pochi decenni fa era il più profondo d’Europa.
Presso Lanischie hanno sostato per osservare la parete rocciosa dove nidifica l’aquila reale ed inoltre al Monte Maggiore si sono
fermati per ammirare la Valle delle meraviglie o denominata anche Valle delle candele. L’escursione si è conclusa in un paesino
nei pressi di Laurana per visitare la 36° edizione della Marunada, la tradizionale Festa dei marroni.
47
La città
Attività del gruppo letterario della CI di Crevatini
È consuetudine del nostro gruppo partecipare a vari concorsi letterari vista la nostra attività che si svolge sotto l’ attenta guida
della maestra Casagrande, ora nostra mentore che ci lascia ampio spazio per esprimere i nostri pensieri, non ci obbliga a fare ma
con furbizia ci fa lavorare: »Se volete partecipare al concorso, tanto per dire di aver partecipato, se vinciamo bene”. Come si fa a
dire di no? E infatti quest’anno abbiamo quasi sbancato alla nona edizione del concorso della Mailing List Histria. Su 104 lavori
individuali il primo premio se lo è aggiudicato Diana Sellibara allieva della seconda classe del Ginnasio Carli di Capodistria, su
39 lavori di gruppo Noemi Medved della seconda classe del ginnasio e Maja Maraš terza classe del ginnasio e Sara Podreka terza
classe della Scuola Media Pietro Coppo di Isola si sono aggiudicate il secondo premio.
Ascoltando un brano di musica
Vedendo questo titolo mi sono preoccupata. Quale tipo di brano,
canzone intendono? Una legata all’Istria, un brano popolare o
di musica classica?
Il dubbio è svanito quando ho pensato che la musica è universale,
non la si può limitare. Essendo profondamente legata ad essa ho
pensato che soltanto una canzone che mi sapesse parlare poteva
essere quella giusta. Prima ancora di ricordarmene il titolo
sentivo che qualcosa si era acceso dentro di me e sapevo quale
fosse.
Ricordo quando da piccola passavo le mie estati dai nonni in
Croazia. Mentre mio nonno lavorava nell’orto la nonna cercava
dei vecchi spartiti musicali che venivano custoditi in alti armadi
lontani dalla mia portata. Quando li portava giù nel mio mondo
di bambina mi sentivo attratta da tutti quei strani segni posti
su cinque righe. Era una scrittura misteriosa che solo i grandi
potevano decifrare e nemmeno tutti i grandi.
Poi mia nonna mi faceva cantare, canzoni in italiano e dialetto
e io ridevo affascinata da quei suoni. Chi lo sa se mio nonno mi
ascoltava mentre curava i suoi pomodori e le sue zucchine, in
realtà non lo saprò mai.
Lui era il direttore della banda del paese, ha anche insegnato
la materia cercando di inculcare ai giovani la bellezza e la
classicità della musica e dei brani delle nostre terre.
Ci teneva ad insegnarmi a suonare vari strumenti ma io trovavo
sempre di meglio da fare e nessun legame profondo mi ancorava
alle vecchie canzoni delle bande e delle persone semplici ed
umili.
Crescendo mi sono creata autonomamente gusti e idee musicali.
Non amavo le influenze altrui. Oggi ascolto un certo tipo di
musica non molto in voga tra i giovani, ma è unico perchè piace
a me.
La musica italiana non mi era mai entrata particolarmente
dentro, la mia priorità erano i grandi artisti americani del
rythem’n’blues.
Ho vissuto lontano da dove abitavo, con ciò intendo dire
che sono un’italiana nata da genitori cittadini croati che vive
in Slovenia. Raramente mi sono posta la domanda da dove
attecchiscano le mie origini. Non ho mai vissuto un disagio, più
che altro la definirei indifferenza.
Ma a 16 anni non si può sapere chi si è. Io vivendo in un ambiente
quasi ‘’trilingue’’ tra confini vicini ma troppo lontani tra
nazionalismo, differenze, uguaglianze, differenze, … ho sempre
preferito esserne estranea pensando che prima o poi me ne sarei
andata in un altro paese per scrivere la mia storia personale
altrove. In fondo oggi il mondo non sembra avere confini.
48
Ma poi su un libro ho letto una cosa curiosa ‘ una persona non
può conoscersi a fondo se ignora le proprie origini’’.
Avrei potuto farmi guidare dalle melodie che mi suggeriva
mio nonno, che amava tanto, ma ho preferito crearmi
un’alternativa.
Poi un giorno la bellezza mi rapii, fu una melodia soave,
semplice, contorta, viva, melanconica, lontana, presente che
mi aprii qualcosa dentro. Era la canzone più celebre di Luigi
Tenco ‘’mi sono innamorato di te”. Era stato come un sogno nel
bel mezzo della notte, come una poesia mai scritta, qualcosa
di incompleto ma perfetto, lontana da me ma vicina alla mia
anima.
E’ stato uno dei primi artisti che mi ha fatto assaporare la
bellezza della lingua italiana, per poi scoprirne altri.
Ognuno deve capire da sé, come disse Jim Morrison non esiste
esempio migliore da seguire se non sé stessi.
Nessuno ti può insegnare se il tuo cuore non è pronto ad
apprendere.
La musica è qualcosa di inspiegabile che non si può descrivere
a parole. In tre minuti può parlare al tuo cuore, alla tua anima
a tutti i tuoi sensi senza passare sotto un’analisi razionale. Una
formula matematica va capita o imparata a memoria per essere
ricordata. Le parole delle canzoni si imparano solo ascoltandole
e vivendole.
Diana Sellibara
Il Coro »Aida« di Muggia, diretto da Lidia Vuch
Patrignani, ha accompagnato la messa in italiano
celebrata nel ricordo della beata capodistriana
Giuliana Malgranelli e lo scomparso presidente della
CI di Capodistria, Lino Cernaz. Si ringrazia per
l'organizzazione il signor Darij Gregorič.
La città
Da una ricerca effettuata dal Gruppo etnologico della Comunità degli Italiani di Crevatini
presentiamo alcuni brani.
Racconti accanto al fuoco
Un tempo era consuetudine, nelle sere d’inverno, sedere accanto
al fuoco che ardeva nel camino e sgranare il granoturco. Questi
preziosi chicchi servivano per nutrire le persone e gli animali.
Una volta macinati e ottenuta la farina giallo dorata la famiglia
la usava per fare la polenta che non sfamava ma saziava e per
nutrire il pollame. Del granoturco non si buttava via nulla: i
tutoli servivano per alimentare il fuoco nel camino, i chicchi
per nutrire le galline, le foglie per riempire i materassi, perciò
per avere un buon giaciglio le foglie dovevano essere lisciate
per bene. All’inizio venivano poste in un trogolo, quello che si
usava per pulire il maiale quando veniva ammazzato. Attorno
ad esso si riunivano i membri della famiglia e anche i vicini che
avevano piacere nell’aiutare. Le foglie venivano pulite e stese.
Durante la serata i giovani intrattenevano i presenti con i canti,
con danze ed era un modo di favorire il corteggiamento tra i
giovani che sfociava in matrimonio.
Le foglie pulite e asciugate servivano a riempire i materassi
(paion), per fare sporte per la spesa, ciabatte e sottopentole.
Gli uomini più anziani invece riparavano gli attrezzi agricoli,
alcune donne si dedicavano al rammendo degli abiti da lavoro e
al lavoro a maglia. I bambini si dedicavano all’apprendimento
dell’A B C.
Noemi Medved (4a classe)
Il lavoro delle donne di casa
Mentre gli uomini si occupavano del lavoro dei campi o
andavano a lavorare al cantiere, le donne si prendevano cura
della casa, dell’orto e degli animali da cortile e delle mucche
che ogni famiglia in campagna aveva. Davano loro da mangiare
ciò che si produceva nelle campagne, granoturco, farina gialla,
semola che si otteneva quando si portava il grano a macinare
al mulino.
Le mucche nella bella stagione venivano portate al pascolo
dai ragazzi di casa, mentre nella brutta stagione rimanevano
al caldo della stalla a mangiare il fieno che era stato falciato,
essiccato, e messo al riparo nei fienili.
Ogni giorno le mucche dovevano essere munte, il latte veniva
posto nei speciali contenitori, nei “stagnacchi”, alcune donne
erano addette alla raccolta dei contenitori che venivano caricati
sui carri e portati a Muggia e venduti nelle case private.
Queste donne erano conosciute come “mlekarze” dalla parola
slovena mleko che significa latte. Alcune donne per non pagare
il trasporto del carro facevano un rotolo con un fazzoletto lo
“svitec” lo ponevano sulla testa dove mettevano il secchio del
latte mentre altri due li tenevano in mano e a piedi, giù per Cerei
andavano a Muggia a vendere. Una mlekarza famosa sul nostro
Monte era Emma del latte.
Arianna Božič (2a classe)
La vendita del latte in città dai
ricordi della bisnonna
“Cinquant’anni fa nelle nostre campagne si doveva lavorare duro
per poter sopravvivere. Si viveva del lavoro dei campi e della
vendita del latte degli armenti che ogni famiglia aveva nella
stalla. Come ogni famiglia contadina anche noi possedevamo
mucche da latte. Io avevo il compito di mungerle tre volte al
giorno, era un lavoro che andava fatto a mano. Dopo aver munto
le mie mucche mi recavo dalle famiglie del paese che avevano
armenti come noi e mi facevo dare il loro latte. Ne raccoglievo
circa cinquanta litri che mettevo negli appositi contenitori.
Al mattino presto li deponevo sul dorso dell’asino e, a piedi,
mi recavo a Capodistria dove m’imbarcavo sul vaporetto per
andare a Trieste. Lasciavo l’asinello in custodia in una stalla
a Capodistria.
Una volta giunta a Trieste mi recavo di casa in casa a offrire il
latte. A seconda delle necessità delle famiglie usavo: le misure
del latte.
Il lavoro era molto faticoso: si doveva girare a piedi tutta la città.
Alla fine con i secchi vuoti e con un po’ di soldini in tasca e a
volte con qualche regalo che mi facevano le signore ritornavo
al vaporetto che mi riportava a Capodistria, recuperavo il
fedele somarello e ritornavo a casa. Con i soldi così duramente
guadagnati ho potuto far crescere bene i miei cinque figli fra i
quali c’è tua nonna Bruna.
Lara Eler (3a classe)
Valentina Petaros collabora a Fida e Sida, due progetti
della Società dalmata di storia patria che riguardano
i fondi d'archivio conservati in Slovenia, Croazia e
Montenegro. L'obiettivo è quello di redigere le guide di vari
fondi inserendone le caratteristiche in un database.
49
La città
Freschi di stampa
»Il tesoro dei padri« di Ulderico Bernardi
Viaggio tra i proverbi delle tre Venezie
»Trieste piena de peste«,
»Citanova, chi no porta
no
trova«,
»Rovigno,
piena de inzegno, spaca i
sassi come el legno«, »A
Piran bon pan«… Proverbi
come saggezza popolare,
proverbi come massime
che contengono in forma
essenziale norme, giudizi o
consigli tratti tra esperienze
concrete, proverbi come
come scrigno di storia e di
memoria. C’è una scienza
che studia i proverbi, la
paremiologia, dove si
incontrano
linguistica,
storia, sociologia e molte
altre discipline, anche perché i proverbi rappresentano un
patrimonio culturale da difendere e preservare. E sono molti gli
studi e i repertori di e su i proverbi.
Meno frequente, invece, è considerare i detti popolari come
una narrazione storica, psicologica, sociale che getta luce sul
carattere e sulle vicende di una o più regioni. E’ quello che fa, e
molto bene, Ulderico Bernardi con “Il tesoro dei padri” (Santi
Quaranta, pagg. 202, euro 12,00), raccogliendo i “Proverbi
delle tre Venezie”, come spiega il sottotitolo, in un racconto
compiuto che va dalle comunità venete del lago di Garda
fino all’Istria passando per Trieste. Non è un elenco di detti
e motti, ma un vero e proprio racconto, anzi un trattato sulle
genti venete, colte nel loro quotidiano ma inserite in un vasto
panorama storico e ambientale. Una “geografia dell’anima”,
per usare un’espressione dello stesso Bernardi – penna felice,
già ordinario di sociologia alla Ca’ Foscari di Venezia grande
esperto di tradizioni popolari – che traccia le sue mappe lungo i
percorsi del vivere comune: la cucina, il lavoro, le feste, l’amore,
le credenze, i mesi e le stagioni, i comportamenti, la famiglia e
naturalmente tutti i caratteri di ogni “piccola patria”.
A metà tra il saggio di linguistica e un testo sociologico, “Il
tesoro dei padri” si legge come il compendio di una o più
epopee, ha il sapore delle storie raccontate davanti al focolare
e offre una prospettiva originale su alcuni eventi delle nostre
terre: i commerci, le guerre, i governi. In proposito echeggia
spesso, nelle pagine di Bernardi, quella “capacità del popolo
minuto di reagire con ironia alla retorica dei governanti”,
coniando proverbi alla bisogna. Come quando di fronte alla
retorica trionfante del fascismo “smentita nel concreto dalla
realtà quotidiana” nacque il detto: “Va là, va là Benito, ti m’à
ciavà pulito, ti m’à calà la paga, ti m’à creà l’afito”.
Nel suo libro Bernardi pone più volte l’accento anche sulla
continuità della sua materia: specchio di una lingua e di un
carattere, i proverbi mutano nel tempo. E per questo vanno
conosciuti e custoditi: “Un grande Paese – nota l’autore – cessa
di esistere come nazione quando fin nelle sue piccole comunità
50
locali si arresta la circolazione d’affetti e di ricordo tra passato
e presente, cede il vincolo che tiene unite le generazioni e non
c’è modo di ricomporre quel consenso attraverso attraverso il
tempo con cui si definisce la tradizione”.
Piero Spirito (Il Piccolo, 27.9.09)
Ricordando Manlio Cortelazzo
È morto all’età di 90
anni Manlio Cortelazzo,
insigne studioso padovano,
decano dei dialettologi
ed etimologisti italiani.
Cortelazzo era professore
emerito di Dialettologia
italiana all’Università di
Padova; autore di centinaia
tra volumi e saggi in
riviste scientifiche, italiane
ed estere, il suo nome
è legato soprattutto al
“Dizionario
etimologico
della
lingua
italiana”,
pubblicato da Zanichelli e
Dal Mattino di Padova
curato nella prima edizione
assieme a Paolo Zolli.
Un suo altro merito è la promozione degli studi dialettologici
negli anni Settanta, quando dirigeva il Centro di Studio per la
Dialettologia Italiana del Cnr. Nel 2007 diede alle stampe il
“Dizionario veneziano della lingua e della cultura popolare
nel XVI secolo” (L a linea, 2007).
Il suddetto Dizionario è un un’opera di oltre 1500 pagine
che contiene esempi e citazioni da testi originali raccolti dal
prof. Cotellazzo in 40 anni di ricerche d’archivio. »Emerge,
sfogliando queste pagine – scrive il saggista Ivan Crico l’immagine di una Venezia che è, al tempo stesso, gelosa
custode del proprio passato, fucina ribollente di nuove idee e
porto aperto su cui attraccano, dai mari e dalle terre più remote,
bastimenti carichi non solo di mercanzie, opere d’arte, ma
anche di parole, che sono parole arabe o fiorentine, greche o
tedesche, dalmate o spagnole. Venezia allora, come New York o
Londra oggi, accoglie nel suo grembo d’acqua e luce le voci del
mondo, se ne lascia compenetrare senza mai alla fine - com’è
accaduto anche in queste città - rinunciare a quella che è stata
la sua prima voce«.
Pirano-Venezia 1283-2003
Questo è il titolo del terzo volume della serie Acta historica
adriatica della Società di studi storici e geografici di Pirano. In
questo volume, Kristjan Knez, ha raccolto gli atti del convegno
sul tema dei rapporti tra Pirano e Venezia tenutosi nella città di
Tartini nel 2003. Il testo è corredato dalle foto di Gianfranco
Abrami. Pagg. 184.
La città
Saluto all’amico Lino
In un pomeriggio di fine agosto
eccezionalmente caldo, mitigato di tanto
in tanto da un leggero vento, mi ritrovo ai
piedi del colle di San Canziano, preso da
un senso di profonda tristezza. Incredulo,
sono qui a salutare per l’ultima volta Lino,
un amico vero, mancato troppo presto alla
famiglia ed agli affetti. Quest’uomo dal
carattere mite ed essenziale, possedeva
qualità di pregio, non comuni al giorno
d’oggi. Prevaleva in lui un rimarcato
altruismo, che abbinava ad una grande
generosità. Il suo modo di rapportarsi agli
altri era chiaro, schietto, non ambiguo,
fatto di parole e gesti che invitavano alla
cordialità: le persone se ne accorgevano
e di conseguenza, istintivamente, lo
apprezzavano.
Trascorsi 50 anni dall’esodo, che ci
aveva divisi nel lontano 1952, ci siamo
poi rivisti a Trieste nel 2002, in occasione
di una “rimpatriata” tra vecchi compagni
di scuola delle elementari, con lo scopo
di festeggiare l’anziana maestra. Una
bella serata in una trattoria carsica ci
ha riavvicinati, ci ha dato l’opportunità
di riscoprirci, di parlare di tante cose
riguardanti la storia e la situazione
politica della nostra Città. Un po’ alla
volta, la nostra amicizia è maturata, tra
un confronto di idee ed uno scambio di
opinioni, rivangando anche il lontano
periodo in cui frequentavamo la scuola.
Negli ultimi sette anni Lino per me è stato
il punto di riferimento, di collegamento
con la mia Città natale.
Mentre rifletto su queste cose, nel piazzale
antistante l’ingresso al camposanto si è
raccolta in silenzio molta gente, arrivata
da varie parti dell’Istria e da fuori, per
onorare l’amico scomparso. Passando
accanto alle persone, odo parole di stima
e affetto pronunciate a voce bassa.
Ricordo le sue costanti iniziative per
l’introduzione della lingua italiana nella
pratica religiosa, secondo le antiche
tradizioni. Ma ciò che più stava a cuore a
Lino, era il sincero desiderio di ricomporre
un vero dialogo tra le diverse anime degli
esuli e dei “rimasti”, affinché si potessero
aprire opportunità di riavvicinamento
con la segreta speranza di unire le parti
in un rapporto di umana comprensione.
Purtroppo ciò si è avverato solo in
parte, forse perché non è stato capito o,
maliziosamente, tacciato di faziosità e di
questo, spesso, se ne rammaricava.
Lo rivedo ancora infaticabile organizzatore
di incontri culturali e di serate piacevoli,
alle quali talvolta partecipavamo
anche noi del gruppo “ex scolari”, era
soddisfatto e compiaciuto per la nostra
presenza e quando la serata volgeva al
termine ci si salutava con un brindisi alla
nostra amicizia e l’impegno di ritrovarci
presto per un’altra occasione.
Durante gli incontri al Circolo si parlava
di tante cose, presenti e passate e la
memoria, inevitabilmente, ritornava al
luogo natio, a quando ignari del nostro
dramma, potemmo vivere solo il tempo
breve di un’età felice. Si discuteva dei
mutamenti, che a vista d’occhio stavano
trasformando la nostra antica città, ormai
coinvolta in un progresso inarrestabile,
a volte irriverente nei confronti della
sua originaria bellezza architettonica.
L’aumento della popolazione e le nuove
esigenze dell’uomo moderno, hanno
reso questi cambiamenti opportuni e
necessari, a discapito dell’aspetto storico
che caratterizzava la città per la sua
peculiare impronta veneta.
Noi, malgrado tutto, sentiamo ancora
di appartenere al nostro civile passato
e desideriamo conservare per sempre
la nostra indole “de cavresani”, pur nel
mutamento di usi e costumi imposti dalla
società moderna.
Desidero, per concludere, ricordare
ancora Lino ai tempi della scuola “in
Beveder”, dove con gli occhi della
memoria, lo rivedo alto e magro, in
apparenza timido e taciturno, più grande
di me per età e statura, attento alle lezioni,
sempre ben preparato in storia e molto
abile con l’aritmetica. Qualcuno gli aveva
affibbiato un nomignolo e non so per
quale ragione lo chiamavano “formagìn”.
Nell’aula scolastica occupava un banco
dell’ultima fila addossato alla parete
laterale. Mi aveva colpito la sua aria
sempre un po’ malinconica, di bambino
privato forse troppo presto della presenza
paterna, vissuto in una famiglia povera,
ma dignitosa. Figlio unico di madre
vedova, che nei momenti più difficili
del dopoguerra, seppe affrontare la
situazione con coraggio e spirito di
sacrificio, riuscendo ad allevarlo ed
educarlo secondo i più sani principi.
Grazie, Lino di essermi stato amico.
Vinicio Bussani
Lino Cernaz, primo da sinistra, con i compagni della terza classe elementare
51
La città
Una stagione…insieme a Franco
W: Go visto… co tiravi su la posta…come ti fassi a remar
c’un remo solo?F : A ssia voga?W: Cussì’ se disi?F : Hè!…Facile! T’impari ‘nca ti, se ti vol!
W: Mai più!...
F : ‘Ara: pe’ mostrarte, dopo scola, te compagno casa
co la batela de mio sio!
W: A la tien in staion?
F : Hè.Qua in Sampieri, drio i blochi novi! ‘L va a guati
co’ le nasse…
battute e pantomine, le sparavi durante le lezioni!
Le partite di calcio furono una costante del sodalizio nel quale
mi avevi coinvolto ancor più duraturo e memorabile. Per i tanti
campionati rionali dei quali eri regolarmente fra i promotori e
che movimentavano le nostre domeniche pomeriggio. Anche
estive!
Sul fango sabbioso derivato dagli scavi condotti sul lato di
Bossedraga per il nascente porto commerciale. Non di meno per
i campionati inter-classe ed inter-scuole che ci videro iniziatori
ed appassionati compagni d’avventura. Galvanizzati dalla tua
inesauribile e »contagiosa« voglia di fare. Anche nei giorni (ed
erano la maggioranza!) nei quali la notte era stata breve per te,
Dovevamo esser in sesta o settima classe e la giornata era limpida. che arrivavi trafelato al campanello della prima ora, reduce da
Non ricordo bene se fosse autunno o primavera. Superammo il 2-3 ore di mare con tuo padre, per guadagnarvi il pane.
Qual xe ‘l pessi più bon per ti? – gli chiesi una voltatratto di fango sabbioso che, in prossimità dei blocchi (i nuovi
Mah – rispose un po’ perplesso – mio pare
condomini, insomma) citati da Franco,
disi l’angusigolo. E me par che no l’ abi
avevamo adottato come ottimo campo
torto!
di calcio, fango che aveva parzialmente
Ma xe anca un che se ciama baràcola?...
già riempito il nostro Staiòn e stava
Ah ma quel xe n’altra roba! – replicò
inesorabilmente mutando fisionomia alla
ridendo.
città. Un centinaio di metri più avanti,
Non gli chiesi spiegazioni ma, in
raggiungemmo due batane (ma, oggi direi
seguito, arguii che doveva esser un pesce
meglio sampierote, perchè di queste si
bizzarro e non troppo sveglio se, con
trattava) ormeggiate su pali.
quell’appellativo, Franco talvolta usava
La più lunga apparteneva allo zio di
apostrofare qualcuno di noi che aveva
Franco. Che di mestiere faceva il »pek«
combinato o semplicemente pronunciato
ma che evidentemente aveva tenuto
una scemenza.
ugualmente vivo il legame con le tradizioni
Avevamo finito la scuola ottennale
di famiglia.
da poco quando la barca divenne una
Sèntite a prova! - mi sollecitò Franco
sospirata realtà anche per me. Ovviamente
mentre mollava la cima e sfilava uno dei
di seconda (o forse terza) mano. E faceva
remi poggiati sui paglioli. Per qualche
sempre acqua!
decina di metri, dove l’acqua era bassa,
Provai a chiedergli consiglio.
spinse la barca puntandosi sul fondo,
Un che podaria stagnartela - sentenziò
a mo’ di pertica, poi, guadagnata una
- xe Toni Parussola, che bateva stope in
settantina di centimetri di profondità,
portò il remo a poppa, poggiandolo sulla Aprile 1964. VIII classe della Scuola cantier.
scalmiera (che tutte le sampierote avevano elementare italiana di Capodistria. A sta qua in San Tomaso, rente la
In piedi: Willy Gortan, Aurelio
capela, poco prima de casa mia. Ti pol
a metà dello specchio) e spalle rivolte a
Juri, Elio Verardo, Pino Brezich.
domandarghe.
prua, prese a mulinare l’impugnatura del
Accucciati: Marino Orlando e
Tempo no ghe manca ‘desso! - Toni
remo alternativamente a destra e sinistra,
Franco Steffé
venne a casa mia »co’ i ordegni in t’un
mentre la barca procedeva sempre più
veloce e, a dispetto della mia sorpresa, incredibilmente dritta! saco« e fece del suo meglio ma, il problema, anche se meno
Arrivammo rapidamente alla foce del Fiumisin (il Cornalunga) drammatico, rimase.
che continuammo a risalire di gran carriera mentre le onde che La bora, che ci aveva accompagnato in un’altra memorabile
produceva la barca nel canale, muovevano l’alta vegetazione gita invernale in bici fino a SottoCovedo, sopraggiunse, anche
sulle rive e, faceva scappare in immersione rapida, qualche in senso metaforico, sulle nostre esistenze. Ognuno a seguire il
immancabile »magnabalini«, come a Franco piaceva chiamare suo itinerario. Più o meno fortunato.
quegli uccelletti acquatici che, in altre navigazioni in Staion, Di quegli otto anni condivisi, son rimaste tuttavia in me (e forse
non solo!?..) più che tracce soltanto.
avremmo preso di mira con i »flobert«!
La lezione di »ssiavoga« fu comunque per me un rientro a casa Direi che Franco ha portato con la sua esuberante presenza, non
emozionante. Ora potrei anche dire…unico! Non solo perchè unicamente testimonianza di generosità. Ci ha fatto compartecipi
sedimentato fra i ricordi della fanciullezza che, com’è noto di parole, modi di sentire, d’intendere, ormai perduti. Perchè
sono i più nitidi e longevi ma, perchè regalo di un compagno eredità di modi di vita, costumi (fortunatamente- avresti forse
generoso e spontaneo. Delle cui invenzioni umoristiche, ho detto..) superati, appartenenti al passato. Ma per questo anche
rischiato molte volte in classe di ...stirarmi il diaframma dalle preziosi e irripetibili. Grazie Franco.
w.g.
risate. Controllate a fatica del resto, anche perchè, spesso,
52
La città
In Memoriam
Crevatini
In questi ultimi tempi abbiamo perduto persone che molto hanno fatto per il buon funzionamento della nostra
comunità. Vogliamo ricordarle con affetto, lo stesso che loro hanno dato a noi: i coniugi Gisella e Beniamino
Scheriani, Oreste Prassel, la signora Alba Crevatin, il giovane purtroppo prematuramente scomparso Gregor
Abram e Gianfranco Marzi al quale vogliamo dedicare alcune parole ma che possono valere per tutti loro.
Nel mondo le cose cambiano, ma gli amici come Gianfranco ci sono sempre, dicono quello che pensano perché ci
vogliono bene, perché c’è la loro lealtà c’è il loro affetto.
Con Gianfranco abbiamo condiviso cose belle e cose brutte. Abbiamo avuto bisogno gli uni degli altri. Per tutta la
vita i nostri pensieri, le nostre azioni si sono intrecciate e ciò ha fatto che ci si legasse ancora di più.
Il nostro affetto per lui sarà un sentimento duraturo che la sua dipartita non potrà mai mutare. Sebbene ora non sia
più tra noi la sua presenza, il suo sorriso burbero, che a volte nascondeva grandi dolori, rimane.
La CI di Crevatini
Capodistria
Anna Auber – A fine luglio abbiamo salutato la nostra
cara Anna Auber di Salara, d’anni 68. Donna dal dolce
sorriso, Anna trascorse l’infanzia in una numerosa
famiglia, i Dellosto. Il destino ha voluto sottoporre lei e
il marito Bruno a dure prove. Anna ha seguito in prima
persona il calvario di sua figlia, strocata da un male
incurabile e non si è arresa. Voleva vivere per i suoi cari,
specie per i suoi due nipoti. La sua tenacia le ha consentito
di vedere l’esame di maturità di Marco. Avrebbe
desiderato vedere anche la loro laurea. Quel giorno nonna
Anna sarà certamente presente nei loro cuori.
Alfredo Auber –Alfredo nasce nel ‘39 in una famiglia di
coloni in località Perariol.
Amava trascorrere il
tempo in campagna,
un lavoro pesante al
quale si dedicava con
infinito amore. Spesso
ha collaborato col nostro
giornalino nell’ambito
di ricerche su toponimi
e specialmente nomi di
uccelli. Alfredo lavorò
prima nel mobilificio Stil e
poi alla Tomos. Da giovane
pensionato, malgrado la malattia, ha continuato a
uselàr, a fare il suo giretto fino al mercato, a salutare gli
amici del Circolo. Quando saremo in Ponte, alla Muda,
ripenseremo a te e forse ci parrà di rivedere quell’uomo
co’ la bareta che sorridendo ci diceva »Adio! come xe?«.
Angelo Tavernise – Nato nel 1933 a San Lucido
(CS), visse a Roma dove si laureò in giurisprudenza
per lavorare poi in tutta Italia e all’estero nel mondo
dell’auto. Nel ‘98, su invito si un suo amico del
Consolato, visitò Capodistria. Partecipando alla festa
di San Martino in Comunità conobbe Mariella con la
quale qualche anno più tardi convogliò a nozze. Dal
loro appartamento in Brolo visitava spesso la CI dove
partecipò anche a una recita. Amava leggere; ad una
serata organizzata dalla CI “Dante Alighieri” di Isola
interpretò versi del Trilussa. Lo ricorderemo come uomo
che regalava perle di saggezza, un uomo che ha scelto
di trascorrere il tramonto della sua esistenza in Istria,
splendida terra tra colli e mare che forse gli ricordava la
Calabria delle sue radici.

53
La città
Calegaria - "2"
Uscito il nuovo album del complesso capodistriano
A tre anni dall’album d’esordio “Primo”, il complesso Calegaria esce con una nuova raccolta dal titolo “2”. Il gruppo,
guidato da Leonardo Klemenc che si avvale della collaborazione di numerosi musicisti, prosegue nell’opera di valorizzazione
della tradizione musicale istriana interpretata in chiave moderna. In copertina l’album presenta la rielaborazione di una
grafica della pittrice Ljerka Kovač. La pubblicazione del CD è stata sostenuta dall’Unione Italiana, dal Centro regionale
RTV Koper-Capodistria e dalla Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria nell’ambito del programma
culturale della Comunità autogestita della nazionalità italiana di Capodistria, con il cofinanziamento del Ministero per la
cultura della Repubblica di Slovenia e del Comune città di Capodistria.
Che cosa significa, esattamente, musica folk?
Quali suoni implica e quali eventualmente esclude?
E cosa significa musica pop?
E cosa significa musica rock?
Sono domande probabilmente, e fortunatamente, destinate a
rimanere senza risposta certa, univoca - perchè tracciare linee
di confine, in musica, è impossibile almeno quanto tentare di
unificare i gusti di chi ascolta, il semplice “piace” o “non piace”.
Perciò nell’approcciare un disco nuovo, da ascoltare o da
recensire, quindi sia che si tratti di un ascolto personale, di
piacere, che di un ascolto professionale, di lavoro, più che di
queste immaginarie e restrittive linee di confine mi trovo spesso
a pensare piuttosto a cosa comunica la musica di un album, quali
immagini e percorsi suggerisocno le sonorità che sono state scelte
per vestirla e mandarla nel mondo (come si farebbe con una propria
creatura vivente), e soprattutto quale potrebbe essere il motivo,
anzi la motivazione, che anima il lavoro dei musicisti in oggetto.
Nel caso di “2”, il secondo album dei capodistriani Calegaria,
dal titolo ermetico e matematico in netto contrasto con la musica
e la copertina colorite e tangibilmente umane, nostrane, ciò che
colpisce in questo senso è l’assoluta mancanza di tutti quei
motivi che in genere, a ben vedere troviamo spesso in molti
gruppi di oggi, generazionalmente più giovani e contemporanei.
Difatti, non c’è traccia del voler seguire una qualche corrente,
o moda, o stile che “fa tendenza”, o del voler inseguire un
sogno di fama e ricchezza, di grandi palcoscenici e ville da
rockstar assediati da orde di fan urlanti, del parare con una
chitarra un qualche disagio giovanile, o anche semplicemente
del voler competere all’interno di una qualche scena musicale.
Questo loro secondo disco continua ed espande, maturandola,
la linea del precedente, “Primo”: musica di ieri, del nostro ieri
(in cui “nostro” significa orgogliosamente e specificamente di
questi luoghi, centrata su queste terre, esattamente come il nome
stesso del gruppo è centrato sull’arteria principale della vecchia
Capodistria), registrata e suonata con gli strumenti, i mezzi
e l’orecchio di oggi, per il semplice piacere di ascoltarla e di
ritrovarla, rispondendo ad un “richiamo interno” dei componenti
del gruppo verso queste radici troppo spesso sbiadite che, ad un
certo punto delle loro vite di adulti maturi ed inseriti nella società
che viviamo, li ha spontaneamente riuniti attorno ai loro strumenti.
Ed ecco che, alla pari dell’assenza dei motivi di cui si diceva
sopra, si spiega anche l’assenza del più consueto approccio
purista, quasi archeologico a ciò che in genere chiamiamo
musica folk, o musica etno - niente ricostruzioni o ricreazione
di suoni antichi, ma libere reinterpretazioni, riarrangiamenti,
che sorprendentemente dimostrano come, anche in una veste
molto più contemporanea ed anche se registrate con tecnologia,
strumenti e metodi solitamente propri del pop e del rock, queste
canzoni (tutte del repertorio popolare) conservino e veicolino
comunque la loro natura e la loro storia - e quindi la nostra.
Andrea F
La Città è il foglio semestrale della CI di Capodistria. Responsabile Alberto Cernaz. Stampa Pigraf s.r.l.
Isola. Tiratura 1300 copie. Si invia gratuitamente ai soci. Indirizzo: Comunità degli italiani, Via Fronte
di liberazione 10, 6000 Capodistria. EMAIL: [email protected]
Copertina: Platea del Teatro comunale durante il concerto Kovačič-Finardi (foto Edi Dečman).
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
I brani contenuti nel CD:
1. A Bossedraga
2. Varda che note splendida

5. Quindici ani avevo
6. Se ti la vedessi
3. Fame le nine
7. La bela al mulino
4. E la rosa
8. La rosada

9. Sen jo vido gore dole

10. Vuoi che ti compri

11. Tute le bele vedo
12. Io parto per l'America


Uno scorcio della manifestazione gastronomica »Sladka
Istra – Istria dolce«, una delle iniziative più indovinate
promosse dall'Ufficio comunale per il turismo.
L'ex calciatore Alessandro »Spillo« Altobelli ospite
negli studi di Radio Capodistria, tra i giornalisti sportivi
Primož Čepar e Corrado Cimador.
La Sede regionale RAI di Trieste e TV Koper –
Capodistria hanno celebrato i primi dieci anni di attività
della TV Transfrontaliera presentando due edizioni
speciali di Lynx Magazine e un concorso per gli studenti
delle scuole medie superiori delle regioni di confine
Italia – Slovenia. I protagonisti fotografati
da Alberto Lutman.
»Sguardi-Pogledi: La fotografia del Novecento in
Friuli e nella Venezia Giulia« è il titolo della mostra
fotografica ospitata dal 20 novembre a Capodistria
(Museo, CI »Santorio«, Pretorio). Le opere, proprietà
del CRAF (Centro Ricerca e Archiviazione della
Fotografia), sono state esposte a cura di Gianfranco
Ellero e Walter Liva. (Foto Jana Belcijan)
Marina Simeoni, nuovo Console generale d'Italia a
Capodistria. (Foto Gianni Katonar)
Il Consiglio della Comunità degli italiani »Santorio
Santorio« in una delle recenti riunioni.