REG. I SETT._Commento
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REG. I SETT._Commento
COME REGOLARSI NEL DISCERNIMENTO Sintesi del testo: SILVANO FAUSTI, “Occasione o tentazione. Arte di discernere e decidere” – Ed. Ancora, pp 61-102 [313] Regole per sentire e riconoscere in qualche modo le varie mozioni che si producono nell'anima, per accogliere le buone e respingere le cattive. Queste regole sono adatte soprattutto alla prima settimana. Innanzi tutto devi avvertire i moti del cuore, se non li avverti sei incosciente e non agisci, bensì sei solo agi(ta)to dalle tue pulsioni. A questa avvertenza puoi giungere attraverso il raccoglimento, il silenzio e la riflessione su te stesso. Ma non basta avvertire, occorre anche che, se vuoi veramente essere libero • Che tu conosca e capisca se questi moti portano al bene o al male, altrimenti sei irresponsabile; • e poi bisogna che tu trattenga ciò che è bene e respinga ciò che è male. I moti dell’animo non sei libero di averli o meno, li devi per forza subire, ma l’esercizio del tuo libero arbitrio consiste propriamente nel dissentire o assentire a ciascuno di essi. Questo esercizio è fondante alla tua personalità, perché ogni volta che acconsenti ad un moto avvertito cresce in te quel seme di cui esso è apportatore, e, d’altra parte non acconsentendo ai moti avvertiti, tu ne stai divellendo le radici. Di fatto noi tutti abbiamo l’esperienza di avvertire moti negativi e pur conoscendo che sono tali, alle volte vi acconsentiamo facendo proprio quello che sappiamo essere sbagliato (cf Rm 7,15). In questi casi puoi ancora esercitare la libertà di disapprovarti: “È male, non lo vorrei, ma me ne dispiace!” È una tua prerogativa intoccabile, che ti rende capace di rispondere anche là dove ancora sei irresponsabile. Questa soglia ultima della libertà è concessa anche alla persona più schiava. Il male compiuto senza il deliberato consenso non è male morale, ma afflizione. La responsabilità prima e fondamentale della persona si esercita nell’ambito del dissenso/consenso verso ciò che sente e conosce. Dall’incapacità personale di fare il bene conosciuto o di non fare il male conosciuto nasce poi nella persona il grido di aiuto a Dio che non ci farà gridare invano: Nessuno può uscire dal peccato con le proprie sole forze, come nessuno può fare il bene senza l’aiuto di Dio. [314] Prima regola. A coloro che passano da un peccato mortale all'altro, il demonio comunemente è solito proporre piaceri apparenti, facendo loro immaginare diletti e piaceri sensuali, per meglio mantenerli e farli crescere nei loro vizi e peccati. Con questi, lo spirito buono usa il metodo opposto, stimolando al rimorso la loro coscienza con il giudizio della ragione Quando vai di male in peggio, il nemico ti adesca col piacere e Dio ti rincorre con il rimorso. Il male cerca sempre di apparire bene, ma non ci riesce mai del tutto. Il nemico è un comunicatore seducente che cerca di spacciare il bene come male e il male come bene. Il piacere ha sempre l’apparenza di bene appetibile ai sensi, ma non è sempre bene. Non bisogna confondere piacere e felicità: • Il piacere è soddisfazione dei propri bisogni corporei – intellettuali – affettivi, prescindendo dalla relazione con l’altro; • La felicità è la soddisfazione che viene da una relazione: è apertura, amore verso l’altro Nessun piacere appaga l’uomo perché è fatto per amare. Non bisogna quindi fare una cosa solo perché ti dà un piacere immediato. Il piacere è il criterio d’azione dell’animale ed è governato dall’istinto per la conservazione dell’individuo e della specie mediante il procurarsi del cibo e l’esercizio della sessualità. Anche la persona umana è sensibile al piacere, ma è chiamata a viverlo in maniera umana, anzi divina! Quando piacere e felicità coincideranno, allora sarà “bello” il bene piacerà e anche il piacere sarà bene, non apparenza di bene. Fino a che viviamo e non siamo ancora perfetti, dobbiamo accettare la conflittualità tra piacere e felicità. Il piacere cercato per sé, al di fuori di una relazione positiva, crea frustrazione, assuefazione e dipendenza. Per capire se ciò che ti attira è bello o brutto, dolce o amaro, bene o male, vedi sempre il “dopo”, anche dell’esperienza altrui, oltre che della tua: se dà gioia anche dopo, è da Dio, se dà rimorso, è dal nemico. Infatti, il bene lo paghi subito, ma meno di quello che pare; il male, invece, lo paghi dopo e ben più di quanto supponi. Il bene lo paghi prima, ma dopo ti appaga, il male è offerto gratis, ma lo paghi dopo e tanto e non ti appaga per niente. La caduta dei progenitori, prototipo di ogni caduta, descrive con finezza psicologica come si infiltra la suggestione del nemico: ti adesca al male facendotelo apparire «buono, bello e desiderabile» (Gen 3,6). Nessuno farebbe il male se sapesse prima che è cattivo, brutto e indesiderabile! Dio, che fa verità, lo fa apparire male: attraverso il rimorso esci dall’inganno, riconoscendo di aver sbagliato. Bisogna però distinguere tra: • Senso di colpa - Il senso di colpa è il dolore perché la propria immagine di sé si è spezzata, è una mancanza di stima per se stessi, un non potersi più amare. Esso porta a chiudermi in me stesso e genera disperazione • Rimorso o pentimento – È il dolore per non aver saputo corrispondere all’amore. Esso porta a chiedere perdono e genera speranza. (cf 2Cor 7,8-10). PASSI BIBLICI Gen 3 – Svela il meccanismo del male come bene apparente e del rimorso conseguente. 2 Sam 11,1ss– Davide sedotto dalla bellezza di Betsabea. 2Sam 12,1ss – Natan porta Davide a scoprire il suo male. 2Cor 7,8-10 – Paolo contrappone la tristezza che viene da Dio a quella che viene dal nemico. [315] Seconda regola. In coloro che si impegnano a purificarsi dai loro peccati e che procedono di bene in meglio nel servizio di Dio nostro Signore, avviene il contrario della prima regola. In questo caso, infatti, è proprio dello spirito cattivo rimordere, rattristare, porre difficoltà e turbare con false ragioni, per impedire di andare avanti; invece è proprio dello spirito buono dare coraggio ed energie, consolazioni e lacrime, ispirazioni e serenità, diminuendo e rimuovendo ogni difficoltà, per andare avanti nella via del bene. Se nel male il nemico ti incoraggia e Dio ti scoraggia, nel bene il nemico ti scoraggia e Dio ti incoraggia. È naturale che sia così. Cambiando tu campo, il tuo alleato diventa il tuo avversario e viceversa. Non meravigliarti quindi se il nemico ti lasciava in pace quando lo servivi da buon suddito, e ti combatte ora che vuoi riprenderti la tua libertà. Sappi che la tua tentazione non è peccato: è di per sé una occasione di crescita, non di caduta. Anche Gesù fu tentato! La tentazione inizia quando scegli di fare il bene, non prima: «Figlio, se ti presenti a servire il Signore, preparati alla tentazione» (Sir 2,1). La prima tentazione tipica di chi inizia è questa: «Io non ce la faccio. Non è per me! Come faccio ad andare avanti così?» Il nemico rattrista e appesantisce con difficoltà immaginarie. La tentazione agisce facendoti fissare la difficoltà, per incantarti e immobilizzarti, perciò guarda in alto verso il Signore, e il tuo piede non cadrà nel laccio del cacciatore (cf Sal 25,15). I due spiriti li distingui sempre bene dal risultato: uno ti impedisce e l’altro ti fa andare avanti nel cammino della libertà. Ogni pensiero di sfiducia, oscurità e tristezza, che ti impedisce di andare avanti nel bene o che ti fa credere o sentirti non amato o meno amato da Dio, è da respingere. Il nemico ha facilmente buon gioco perché siamo istintivamente più sensibili al male che al bene. Devi imparare a renderti insensibile alla tua sensibilità, a non dipendere cioè troppo dalle tue sensazioni e dai tuoi umori. Qualche volta il nemico ti blocca con l’atteggiamento “critico”: ti sembra di essere buono e intelligente perché individui subito e ovunque il male. Ma così diventi solo un po’ acido e malevolo. In realtà vedere il bene esige molto più acume e rende ben disposti e propositivi. Oltre alla sensibilità al male, c’è, in profondità, anche una consonanza al bene, che dà grande calma e coraggio. Bisogna imparare ad avvertirla e a coltivarla. Ogni pensiero di fiducia e speranza, di gioia del cuore e luce della mente, di pace e di forza, che ti facilita il cammino, ridimensiona gli ostacoli, ti fa andare avanti nel bene e ti rassicura sull’amore di Dio per te, è da Dio. Guarda a Lui, alla sua promessa e ai buoni sentimenti con i quali ti attira verso di sé e camminerai con scioltezza. PASSI BIBLICI Rm 7,14,15 – Paolo descrive la lotta interiore Es 14,10-14 – Il popolo vuole tornare in Egitto [316] Terza regola: la consolazione spirituale. Si intende per consolazione quando si produce uno stimolo interiore, per cui l'anima si infiamma di amore per il suo Creatore e Signore, e quindi non può amare nessuna delle realtà di questo mondo per se stessa, ma solo per il Creatore di tutte; così pure quando uno versa lacrime che lo portano all'amore del Signore, sia per il dolore dei propri peccati, sia per la passione di Cristo nostro Signore, sia per altri motivi direttamente ordinati al suo servizio e alla sua lode. Infine si intende per consolazione ogni aumento di speranza, fede e carità, e ogni gioia interiore che stimola e attrae alle realtà celesti e alla salvezza dell'anima, dandole tranquillità e pace nel suo Creatore e Signore. Il linguaggio base di Dio è consolare. Consolare è stare con chi è solo, Lui è l’Emmanuele, il Dio con noi e noi siamo sempre soli senza di Lui, Egli è la sola compagnia che vince la nostra solitudine perché fatti per stare con Lui (cf Mc 3,14). Il suo Spirito è Paraclito, cioè colui che è chiamato ad essere vicino, a consolare e difendere. I sentimenti che manifestano la sua presenza si descrivono in termini di amore per Lui e in Lui per ogni creatura. Dio è amore, e l’amore è sempre presente dov’è amato. È presente come fuoco e acqua, vita e gioia di chi ama, in un dinamismo che fa crescere in forza, lucidità e pace. Amare è “ri-cordare” l’altro, “portarlo nel cuore”, “averlo dentro” come “inter-esse” primo sul quale regoli ogni azione. Se ami, il tuo piacere è piacere all’altro, che diventa norma del tuo sentire, pensare e agire. Attenzione, un amore simile è solo per l’Altro con la “A” maiuscola, l’Assoluto che slega la tua libertà. Diversamente è idolatrico: non ti fa crescere, ma diventa un rapporto di vittima-carnefice. L’altro è da amare nella conflittualità, talora anche violenta, dei limiti e del male. Ci sono tre principali consolazioni: 1. La prima è la più sensibile, ma anche la più pericolosa proprio perché sensibile e facilmente ci si attacca il cuore per il piacere che procura. Inoltre come rapidamente viene, rapidamente se ne va. La consolazione meno sensibile è, meglio è, bisogna guardarsi dal ricercarla. La consolazione sensibile può sia fecondare che devastare lo spirito, soprattutto quando la persona va alla sua ricerca (ghiottoneria spirituale). Guardati dal cercarla: ma anche se non la cerchi, facilmente ti attacchi e ti inorgoglisci se ce l’hai. Inoltre può essere prodotta non solo da Dio, ma anche da noi stessi o dal nemico. Se la persona va alla ricerca delle consolazioni spirituali è pressappoco un animale spirituale! 2. La seconda è assai poco sensibile, o addirittura insensibile: si tratta di una crescita nella fede – speranza – amore. È come una vena sotterranea che gorgoglia, ma solo all’interno. A questa categoria appartengono quelle consolazioni, profonde e sostanziali, che consistono in una crescita nella forza dello spirito, che ti fa andare avanti nella libertà dell’amore verso Dio e il prossimo. Esse sono il frutto infallibile promesso a chiunque prega con cuore sincero e fiducioso. Sono il dono dello Spirito (cf Lc 11,13). Sono cibo dei forti, spesso accompagnato da aridità nella preghiera e da forte lotta contro moti contrari. Qui per sé non sono possibili inganni, se non la tentazione di impadronirsi del dono di Dio, come fece Adamo. 3. La terza è poco sensibile o lo è in modo soave e leggero: Sono sentimenti, avvertibili solo nel silenzio e da una sensibilità raffinata, che guidano al bene, e possono essere presenti anche se in superficie possiamo sentire violenti moti contrari. Questi sentimenti sono: un’intima letizia, un’attrazione verso Dio e la sua promessa che senti più reale della realtà e ti eleva nelle difficoltà, una serenità e pace che ti fa trovare in Lui il tuo riposo. La consolazione non toglie la lotta, anzi è forza per non soccombere e vincere. Paolo parla di consolazione che lo consola in ogni tribolazione (cf 2Cor 1,1,7). Si tratta di una visita del tuo Signore, con Lui ti senti felice perché a casa tua, pregusti la caparra del Paradiso e ne sei attratto. Individuare e conoscere, custodire nel cuore e far memoria ed eucarestia delle visite del Signore, è la parte più bella del cammino spirituale: è la parte positiva che aiuta a camminare meglio, è un canto più bello e soave che incanta le sirene e ti libera dalla loro seduzione. La consolazione ti spinge a operare bene: sentila, riconoscila e acconsenti ad essa senza però impadronirtene! È importante che tu conosca i vari tipi di consolazione, che sono i vari modi con cui Lui è con te. Allora sai dove Lui pascola il suo gregge (cf Ct 1,7) e puoi cercarLo dove si trova in quel momento: lì Lo trovi e non altrove. Spesso non Lo trovi, non tanto perché non Lo cerchi o Lui si nasconde per fare con te il suo giuoco (cf nona regola), quanto perché Lo cerchi dove in quel momento non è per te. Sei allora come Elia che non lo trovò dove lo aspettava (cf 1Re 19,11s), sei come la Maddalena che chiede proprio al Signore dove è il suo Signore (cf Gv 20,15), perché pensava che fosse altrove. Se ti è vicino col fuoco dell’amore, non cercarLo tra le lacrime. Se ti è vicino con l’acqua delle lacrime, non cercarLo nel fuoco. Se ti è vicino con l’aumento della fede, speranza e carità, non cercarLo nel fuoco e nell’acqua. Se ti è vicino nell’intima letizia e nell’elevazione del cuore, non cercarLo nel fuoco, nell’acqua o nell’aumento delle virtù. Se ti è vicino nel riposo sereno in lui e ti senti a casa, sta’ tranquillo e non cercarLo in nessuna emozione. Non chiederti dove è nascosto. Lì massimamente presente nel silenzio di tutto. Lui è l’essere del tuo essere. E tu, superata la coscienza di te, sei immerso in Lui. PASSI BIBLICI Gal 5,22 – La consolazione descritta come frutto unico e multiforme dello Spirito 1Cor 13,4-7 – Attraverso verbi di azione, Paolo enumera le 14 caratteristiche dell’amore che si manifesta nei fatti. [317] Quarta regola: la desolazione spirituale. Si intende per desolazione tutto il contrario della terza regola, per esempio l'oscurità dell'anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l'inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni: così l'anima s'inclina alla sfiducia, è senza speranza e senza amore, e si ritrova pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore. Infatti, come la consolazione è contraria alla desolazione, così i pensieri che sorgono dalla consolazione sono contrari a quelli che sorgono dalla desolazione. Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, il nemico ti dà desolazione spirituale. Il suo nome è diavolo che significa “divisore”. La sua azione, contraria a quella dell’Emmanuele, ti divide dalla sua “compagnia”, ti lascia desolato, abbandonato, con quei sentimenti di tristezza che ne seguono. Prima ti divide da Dio e dalla sua parola, quindi da te stesso («sono nudo!» rispose Adamo), poi dagli altri, e infine dalla natura: tutta l’esistenza, dal nascere al morire, è divisione, trauma, fatica (cf Gen 3,10-24). Separato da Dio, di cui sei immagine, pedi la tua identità. Rotta la tua relazione fondante, si spezzano anche le altre. Resti solo, “desolato”, appunto,. In una solitudine sempre maggiore e senza confini, avvolto nell’oscurità del nulla, senza sapere chi sei, da dove vieni e verso dove vai. Sei turbato e sconvolto, pieno di paura, sospeso in un vuoto vorace che invano cerchi di riempire con illusori piaceri. Sei agitato, incapace di agire, senza fiducia, senza speranza e senza amore. Il suo nome è anche satana, che vuol dire “accusatore”, è il contrario di Paraclito. Dopo averti condotto nelle tenebre punta il dito contro di te per convincerti che quella situazione è la tua giusta punizione dalla quale non ne potrai mai più uscire. La consolazione è quando sei in armonia con Dio e trovi nella calma e nell’abbandono confidente in Lui la tua forza (cf Is 30,15). La desolazione è quando sei in contrasto con essa, per colpa tua o per insinuazione del nemico. Allora sei senza pace come gli empi: un mare agitato che non può calmarsi e le cui acque tiran su melma e fango (Is 57,20s). Conosciamo tutti la desolazione meglio della consolazione, anche perché il male è più percepibile del bene: senti più una puntura di uno spillo che il benessere di tutto il corpo. Essa fa parte dell’esperienza quotidiana, con o senza colpa tua, come rimorso o come afflizione: è il luogo tipico della tentazione, propria di chi lotta contro il male. Se, quando cerchi il male, il nemico ti alletta col piacere apparente, quando vuoi uscire dalla schiavitù, ti ostacola con la desolazione, dispiacere apparente. Il pericolo è fermarti a dialogare con essa, fino a cadere sempre più nell’angoscia, in un inferno che è assenza di quanto desideri e presenza di quanto temi. Se nella consolazione senti “movimento intimo” e “fuoco”, qui avverti “blocco” e “oscurità”: sei infelice, fermo, in una vita invisibile. La desolazione ha un triplice linguaggio, opposto a quello della consolazione: C’è una desolazione sensibile, con oscurità, turbamento, attrattiva al male, agitazione, ribellione e repulsione al bene: è l’opposto della consolazione sensibile. In sé non è un male. È solo una prova, con forte pericolo di caduta, ma anche opportunità di purificazione C’è una desolazione sostanziale, un calo di fede, speranza e amore, opposta alla consolazione sostanziale, non sensibile. Questo calo – non però la sensazione di esso! – è sempre un male. Può portare all’infedeltà, alla disperazione, all’indifferenza o addirittura all’odio verso Dio. È l’accidia, nemico mortale della vita spirituale. La pigrizia e la mancanza di entusiasmo per ciò che è bene, la tristezza per il male che vedi o temi, diventano la tua prigione ovattata, la gabbia che ti chiude sempre di più nell’amarezza e nella scontentezza di te e di tutto. C’è infine una desolazione quasi insensibile, opposta alla consolazione corrispondente, che si traduce in assenza di gioia, di pace e di ogni buon sentimento, con i sentimenti contrari o, peggio, di tepore e apatia, che possono portare all’accidia. Non dare ascolto a questi sentimenti che ti bloccano, liberatene ricorrendo a quelli contrari. La parte negativa, e fondamentale, del cammino spirituale è togliere quel “pieno di vuoto” che ti impedisce di accogliere la pienezza di Dio. Nel silenzio e nel raccoglimento, la prima cosa è stanare questi pensieri negativi. Le desolazioni, se non avvertite e riconosciute, portano al male e dal male al peggio. Sentile e riconoscile, ma dissenti da esse, non coltivarle. Sono l’albero della morte. Dio le permette solo perché, prese con pazienza e fiducia, siano per te opportunità di crescita. C’è una desolazione che immancabilmente ti coglie quando leggi la Scrittura. Senti con sfiducia la distanza tra te e quanto la Parola propone. «Che c’entri con noi?» (Mc 1,24), ti chiedi con i demoni davanti a Gesù. Sotto c’è la presunzione di volerla possedere e la disperazione di non riuscirci. Ricordati allora con umiltà che ogni brano del Vangelo non è innanzitutto ciò che devi fare tu, ma quanto il Signore fa per te, se tu lo desideri e lo chiedi con fiducia. PASSI BIBLICI Gal 5,19-21 – La desolazione e le sue conseguenze: le opere della carne. Giobbe – Giobbe mostra come comportarsi nella desolazione,senza prendersela con Dio, Giobbe “prende bene” anche il male Giona – Giona è il prototipo contrario: “prende - male”, addirittura con ira, ciò che è bene.. [318] Quinta regola. Nel tempo della desolazione non bisogna mai fare cambiamenti, ma rimanere saldi e costanti nei propositi e nella decisione in cui si era nel giorno precedente a quella desolazione, o nella decisione in cui si era nella consolazione precedente. Infatti, come nella consolazione ci guida e ci consiglia soprattutto lo spirito buono, così nella desolazione lo fa lo spirito cattivo, e con i suoi consigli noi non possiamo prendere la strada giusta. Nella desolazione sei portato a prendere delle decisioni delle quali poi ti pentiresti. Tali decisioni hanno il carattere dell’urgenza: vorrebbero essere immediate. Il male ha bisogno di essere fatto “subito”, perché, se ci pensi, non lo faresti più! Il male infatti si consuma in fretta, mentre il bene cresce nella pazienza. Per dare la vita è necessaria una lunga gestazione; per toglierla basta un istante! Per salire su una cima ci vuole tempo e fatica; per precipitare a valle basta un niente! Quando c’è nebbia, non cambiare il cammino che avevi visto quando non c’era, tienilo con fermezza e non lasciarlo per sconforto. Quando trovi difficoltà a eseguire i buoni propositi, non abbandonarli. È normale essere combattuti dal male se lo combatti. Va’ avanti tranquillo in ciò che avevi stabilito di fare. Quando, per esempio, nella preghiera sei arido e pieno di distrazioni e senza voglia, più attento ad una mosca che a Dio, vorresti smettere di pregare, se non altro per rispetto! Allora non desistere. Offri al Signore quella situazione e prega solo un minuto di più. Ne vedrai i vantaggi! PASSI BIBLICI Ger 42- 43 – I giudei che non seguono i consigli di Geremia moriranno proprio come temevano. Es 16,2ss; 17,1ss – Israele nel deserto, davanti alle difficoltà, vuol tornare in Egitto. 1Re 19,1ss – Elia, al contrario, nel momento della desolazione, torna al deserto, nell’intimità con Dio, e riscopre la propria vocazione [319] Sesta regola. Durante la desolazione non dobbiamo cambiare i propositi precedenti; però giova molto reagire intensamente contro la stessa desolazione, per esempio insistendo di più nella preghiera e nella meditazione, prolungando gli esami di coscienza e aggiungendo qualche forma conveniente di penitenza. È necessario resistere a queste tentazioni e pregare più intensamente, anche se ti pare di perdere tempo. Pregare in desolazione è utilissimo: ti fa capire che a te non interessa né Dio né la preghiera. Questa è una grande scoperta, che ti associa a tutti i peccatori. Presentala a Dio e alla sua misericordia! La tua tenebra finalmente esce alla luce, ed è grande dono. Se preghi solo quando sei consolato, ti potresti addirittura illudere di essere santo. Resistere e contrastare la desolazione, non lasciarsi prendere dalla massa oscura che ti assale è la massima libertà dal male. È una lotta tua, ma è anche una “pedagogia” divina, con la quale il Padre educa il figlio, temprandone l’amore. PASSI BIBLICI Gen 32,23-32 – La lotta di Giacobbe con Dio. Mc 14,32-42 – Gesù nel Getsemani rivela il vero nome di Dio: Abbà, Padre… Eb 4,14-5,9 – Le grida e le lacrime di Gesù vengono ascoltate per la sua pietà (eulàbeia= prendere bene). Eb 12,1-12 – Tenere fisso lo sguardo su Gesù [320] Settima regola. Chi si trova nella desolazione, consideri che il Signore, per provarlo, lo ha affidato alle sue forze naturali, perché resista alle diverse agitazioni e tentazioni del demonio; e può riuscirci con l'aiuto di Dio che gli rimane sempre, anche se non lo sente chiaramente. È vero, infatti, che il Signore gli ha sottratto il molto fervore, il grande amore e la grazia abbondante; però gli ha lasciato la grazia sufficiente per la salvezza eterna. Nella desolazione pensa che essa ti è data per vincere non per soccombere. La tentazione è una prova. La parola greca peîra, da cui peirazo (=tentare), significa prova, tentativo, esperimento, quindi esperienza, conoscenza. Solo così si fa “esperienza” e si diventa “esperti” e “periti”, superando il “pericolo” di “perire”. La stessa desolazione sarà l’occasione per convertirti – ne hai sempre bisogno! -, per essere realista, conoscendo i tuoi limiti e diventare umile, acquistando fiducia in Dio. Ogni esperienza comporta una certa fatica, oggi siamo disabituati alla fatica e normalmente si fatica quando qualcosa non funziona bene. Non è così nella vita spirituale, la fatica non è disfunzione o errore: è semplice mancanza di allenamento. Invece di lamentarti, affrontala. L’abitudine ti allenerà, fino a darti il piacere di agire senza sforzo. Abbi quindi fiducia nella lotta: vedrai che ti irrobustisce spiritualmente, e questa è già vittoria. Dice una storia zen che un grande guerriero giapponese, di nome Nobunaga, decise di attaccare il nemico, sebbene il suo esercito fosse numericamente solo un decimo di quello avversario. Era sicuro che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi. Durante la marcia si fermò a un tempio scintoista e disse ai suoi uomini: «Dopo aver visitato il tempio, butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino». Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà. «Nessuno può cambiare il destino», disse a Nabunaga il suo aiutante dopo la battaglia. «No davvero», rispose Nabunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutte e due le facce. E la nostra moneta ha sempre solo testa, da quando lui ha preso su di sé la croce. PASSI BIBLICI 2Cor 12,7-10 – “Ti basta la mia grazia”. 1Sam 17,38-51 – Davide vince Golia. Sal 27; 34; 91 – Salmi di fiducia in situazioni disperate [321] Ottava regola. Chi si trova nella desolazione si sforzi di conservare la pazienza, che si oppone alle sofferenze che patisce; e pensi che presto sarà consolato, se si impegna con ogni diligenza contro quella desolazione, come è detto nella sesta regola. Ciò che rende insopportabile la desolazione è pensare che durerà molto, per non soccombere è indispensabile sapere che la difficoltà è transitoria ed è preludio a un dono maggiore. Questo vale per ogni vessazione interna o esterna: la difficoltà proiettata nel futuro, ti succhia le energie e ti distrugge il presente. Questo però è puro lavoro di fantasia, che esaurisce le tue energie nella preoccupazione, ancora prima che tu passi all’occupazione. Il 90% delle forze è sprecato per resistere a difficoltà irreali, che (ancora) non ci sono, o non ci saranno mai; il resto per contrastare ciò che avviene lo stesso, e che poi scorre assai ben! L’immaginazione della sofferenza futura è più dolorosa e angosciante di qualunque dolore presente, al punto che arrivi a farti del male reale per non sentire quello immaginario. Questo è veramente insopportabile. Infatti nessuno è in grado di sopportarlo, per il semplice motivo che non c’è, e forse non ci sarà mai, almeno così come lo prevedi. Puoi sempre e solo portare quel carico che c’è qui e ora. La tua capacità è adeguata solo alle difficoltà di oggi:.«A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6,34). Ridimensiona quindi sulla realtà le tue fantasie e sii fiducioso. Se c’è nebbia, ciò che hai visto quando c’era il sole c’è ancora. Non pensare che sia reale quello che (non) vedi quando sei desolato! PASSI BIBLICI Mt 11,12 – Il regno dei cieli soffre violenza Rm 5,3-5; Gc 1,2-4; 1Pt 1,6s; 4,13s – Atteggiamenti positivi nella prova 2Cor 4,7-18 – Partecipazione alla passione di Cristo attraverso le tribolazioni della vita At 14,22 – È necessario passare attraverso molte tribolazioni per entrare nel regno dei cieli. Lc 24,26s.44-46 – La necessità della croce [322] Nona regola. I motivi principali per cui ci troviamo desolati sono tre: il primo, perché siamo tiepidi, pigri o negligenti nelle pratiche spirituali, e così la consolazione spirituale si allontana per colpa nostra; il secondo, perché il Signore vuole provare quanto valiamo e quanto andiamo avanti nel suo servizio e nella sua lode, anche senza un'abbondante elargizione di consolazioni e di grandi grazie; il terzo, perché sappiamo con certezza e ci convinciamo, così da sentirlo internamente, che non dipende da noi acquistare o conservare una grande devozione, un intenso amore, le lacrime o alcun'altra consolazione spirituale, ma che tutto è dono e grazia di Dio nostro Signore; ossia perché non facciamo il nido in casa d'altri, elevando la mente a superbia o vanagloria con l'attribuire a noi stessi la devozione o altre forme della consolazione spirituale. Come interpretare la desolazione? Quando su un pendio di ghiaccio stai iniziando a scivolare, non è ben che ti metta a pensare perché stai cadendo. Innanzi tutto fermati! Questo è quanto dicono le regole precedenti. Dopo con calma puoi vedere quali sono le cause che ti hanno messo in pericolo, per saperti regolare in seguito. È il male che ti dà tristezza e ti prova, non Dio. Lui per sé ti dà gioia e ti approva, e non può tentare nessuno (cf Gc 1,13). Come con Giobbe è sempre il nemico che affligge e tenta. Dio lo permette per un nostro maggior bene: veramente “tutto” concorre al bene dell’uomo (cf Rm 8,28). Anche il male, una volta che c’è, è il luogo dove sovrabbonda la grazia (cf Rm 5,20) – anche se non per questo dobbiamo fare il male (cf Rm 3,8; 6,1.15)! Le cause della desolazione possono essere tre. Il male fatto da te, il male che è in te, il male che è nel mondo. La prima causa della desolazione è il male che tu fai. È colpa tua, perché «zoppichi con due piedi» (1Re 18,21), sei addormentato, fiacco, pigro e negligente. Invece di fare quello che piace a Dio, fai quello che piace a te, è quindi giusto che se tu Lo abbandoni, senta pure il suo abbandono, non perché Lui ti abbia abbandonato, ma perché tu hai abbandonato Lui. L’oscurità che senti è un richiamo alla luce, campanello d’allarme per un maggior impegno. Assumiti la tua responsabilità. Non fare come Adamo che dava la colpa ad Eva e come quest’ultima che la dava al serpente! Tu vinci il male nella misura in cui sei effettivamente capace di assumerti la responsabilità in prima persona. Quindi invece di difenderti e deprimerti, ripiegandoti in te stesso, riprendi con maggior generosità e coraggio a seguire Colui che hai abbandonato e che mai ti abbandona. PASSI BIBLICI Lc 23,40-43 – Il buon ladrone riconosce le sue colpe ed entra per primo in paradiso Os 2,4-15 – La devastazione è richiamo alla conversione 2Cor 4,7-18 – Partecipazione alla passione di Cristo attraverso le tribolazioni della vita Ez 18,23-32 – Un forte appello alla responsabilità personale La seconda causa della desolazione è il male che hanno fatto a te gli altri o le tue stesse malefatte,, le cui ferite e il cui ricordo ti chiudono in te stesso e ti tengono in ostaggio. La desolazione per questo tuo egoismo, naturale dopo il peccato, è salutare, mediante essa, con un paziente lavoro di interpretazione, elaborazione e integrazione, dio vuole purificare il tuo amore liberandolo dal tuo egoismo, origine immediata di ogni male che fai. Questo tipo di desolazione avviene quando, esaminandoti bene, ti pare di essere vigilante e disposto a fare ciò che piace a Lui. Eppure mentre prima ti sentivi contento di essere col Signore, ora sei desolato, o meglio, arido, non provi gusto di Lui. Sei come in un deserto, senza acqua, senza consolazioni, impaurito, turbato, malinconico, esposto a ogni pensiero negativo, tentato di scoraggiarti e abbandonare tutto. Tutto il male che hai sperimentato, con o senza tua colpa, viene a galla, ti assedia e ti vuol bloccare su tutti i fronti. Questo fenomeno, in forma attenuata, capita a tutti quelli che cercano il Signore. Quando avviene in forma più forte e prolungata, è chiamata “la notte dei sensi”. Quando è così, non avvilirti e ringrazia Dio. Ti sta facendo un dono: vuole che tu ami Lui e non il tuo piacere di lui. Lui ti fa vedere la sua mano vuota perché tu finalmente alzi lo sguardo verso il suo volto. Desidera che tu passi dalle consolazioni di Dio al Dio delle consolazioni, dall’amore dei suoi doni all’amore di Lui. A questo punto delicato del cammino, se non stai attento, rischi di cadere; non sentendoLo più ti scoraggi e smetti di pregare, o ti accontenti di sostare nel penoso limbo della mediocrità. È invece il momento di fare il salto qualitativo. Affronta questa aridità come spogliazione dei tuoi gusti e chiamata a un amore più vero per Lui. In questa situazione la tua preghiera, che neppure ti pare degna di questo nome, è come una “flebo”: senza che tu avverta nessun gusto – anzi senti solo la noia dell’ago che ti punge – Dio ti alimenta direttamente. Non fare come quelli che dicono: «Che vantaggio ho avuto a seguire il Signore?». È una cosa veramente «dura ai suoi orecchi» (cf Ml 3,13-15) e al suo cuore: tu stimi i suoi doni più di Lui! È in pratica il disprezzo per Lui. Apprezzi l’anello del fidanzamento più del Fidanzato! All’inizio della vita spirituale Dio ti dà piacere solo perché sei debole e vuole controbilanciare l’attrattiva del male. Ma quando questo non ti piace più e ti piace solo piacere a Lui, allora cessano i suoi piaceri, perché cerchi solo Lui. E così gli piaci totalmente. E questo, se ami, è il tuo piacere, fonte di ogni gioia. Sta’ quindi attento a non cercare il piacere tuo invece che suo. Le tecniche di preghiera, in specie quelle orientali, rischiano di servire a trovare il proprio io invece di Dio. Il proprio benessere, la pace e serenità psicologica, le proprie sensazioni e palpitazioni interiori, possono essere utili, ma non vanno confusi con la mistica. La “pulsione mistica”, come quella sessuale, può consumarsi in un autoerotismo spirituale, finire nella ricerca del proprio piacere invece di sfociare nell’amore gratuito verso l’Altro. PASSI BIBLICI Os 2,16-25 – Il deserto luogo privilegiato per riprendere il dialogo d’amore con Dio Il Cantico dei Cantici – È tutto un nascondersi dell’Amato come stimolo al desiderio e alla ricerca. Lc 11,9-11 – Nella preghiera escono le nostre proiezioni negative su Dio – le nostre durezze, i nostri veleni -, per lasciar luogo al dono dello Spirito La terza causa della desolazione non è né il male che fai, né quello che hai fatto o subito, ma è piuttosto l’aria malsana che respiriamo tutti, il male del mondo: la non conoscenza di te e di Dio, del quale ognuno ha la sua parte. Questa desolazione è ancor più dura, ma ancor più salutare della precedente. In essa affronti ed estingui la sorgente stessa del male, per giungere alla libertà piena che ti dà la conoscenza della verità tua e di Dio. Più che di desolazione e aridità, si tratta di notte, di buio fitto nello spirito. Ti senti lontano dal mondo e da Dio, e questo ti tortura! Sei come separato da Colui che ami, sospeso nel vuoto, senza il gusto di nulla, nel disgusto di te stesso e di tutto. Anche la preghiera non ti dà alcun piacere o sollievo. Avverti sordità dall’altra parte e cecità in te. Sei sgomento di non scorgere nessuna luce. Quel poco che ti è dato vedere è solo il male che ti assedia dentro e affligge. Di e da Dio nessun cenno di approvazione o benevolenza. Ti senti sprofondare nel nulla, esposto all’accidia e all’angoscia, tentato di disperare di Lui, maledicendoLo per la sua assenza, o di presumere di te, facendo di te e del tuo vuoto, coi suoi riempitivi fantastici o reali, il tuo dio. Questo fenomeno in forma attenuata, capita a tutti quelli che davvero cercano il Signore; se si presenta in forma più forte e prolungata, si chiama “la notte dello spirito”, in cui uno siede alla mensa degli empi, computato tra loro, come Gesù (cf Lc 22,37; Is 53,12), partecipe del loro banchetto, saturo fino alla nausea del loro cibo amaro. Accetta con coraggio questa notte, corta o lunga, dura o durissima che sia. È l’opportunità per la vittoria definitiva, la liberazione dal male del mondo che ti ritrovi nel cuore e nel cui cuore ti ritrovi. Con il fatto che la consolazione non sia a tua disposizione, il Signore ti vuol far capire che tu, senza di Lui, nulla sei e nulla puoi; e Lui, per sua grazia, è Colui che ti fa essere e potere tutto. Ti accorgi che non puoi appropriarti del dono. Sarebbe distruggerlo, come fece Adamo, dal cui male vieni così guarendo proprio con questa medicina omeopatica. Inoltre capisci meglio che la consolazione è dono suo: è puro amore suo per te, senza che tu possa o debba in alcun modo meritartelo. Capisci cioè che tutto è grazia, che Lui è tutto e tu sei niente! Così cresci in umiltà e fiducia, sapendo che tutto è grazia: ti svuoti di ogni pretesa e resti in attesa dei doni di Dio e di Lui stesso come dono. Lui infatti desidera donarti se stesso e vuole che tu, con pazienza, Lo attenda, non accontentandoti d’altro che di Lui, il Quale è nulla di ciò che pensi o vuoi, eppure è tutto ciò che tu desideri Grande cosa è questa desolazione, che tanto ti pesa e che, immancabilmente, se non sei paziente, costituisce il pericolo della caduta nella disperazione o nel tepore che fa vomitare Dio (cf Ap 3,15s), oltre che te. Condurre una vita spirituale mediocre è squallido come rassegnarsi ad un matrimonio fallito. In questa situazione in cui credi che sia inutile pregare, la tua preghiera è come una “trasfusione”, nella quale Dio misteriosamente ti comunica il suo sangue, la sua vita, il suo stesso Spirito. In questa notte abita la sua luce. Con questo vuoto lui crea in te il “suo” spazio: ti dà l’umiltà che ti svuota di te e la fiducia che ti riempie di Lui. L’umiltà senza fiducia è depressione, la fiducia senza umiltà è presunzione. Depressione e presunzione sono i due nemici mortali. Sono sempre insieme, anche se di solito ne vedi solo uno: quello meno forte in quel momento. PASSI BIBLICI Gen 15,1ss – La fiducia di Abramo Gen 18,1ss – Dio mantiene la promessa quando umanamente non era più pensabile che la mantenesse [323] Decima regola. Chi si trova nella consolazione, pensi come si comporterà nella desolazione che in seguito verrà, preparando nuove forze per allora. La consolazione ti è data per caricare le batterie e accumulare energie nella tua lotta quotidiana contro il male, per amare e servire meglio il tuo Signore. PASSI BIBLICI Gen 41,1ss – Il sogno del faraone d’Egitto delle sette vacche grasse e sette vacche magre. Ez 16 – La storia d’Israele è letta simbolicamente come un tentativo di impadronirsi e inorgoglirsi dei doni del Signore Dt 8,7-20 – La tentazione del “possesso” della terra promessa è la via dell’esilio. È un ripetere il peccato di Adamo, che lo portò dal giardino al deserto. [324] Undicesima regola. Chi è consolato, procuri di umiliarsi e di abbassarsi quanto può, pensando quanto poco vale nel tempo della desolazione senza quella grazia di consolazione. Invece chi si trova nella desolazione pensi che può fare molto con la grazia di Dio, che è sufficiente per resistere a tutti gli avversari, e con la forza che riceve dal suo Creatore e Signore.. PASSI BIBLICI Mc 14,26-31 – Pietro, un esempio di esaltazione che porta alla sconfitta. Lc 1,46ss – Maria è il modello di chi nell’esaltazione si umilia. [325] Dodicesima regola. Il demonio si comporta come una donna, perché per natura è debole ma vuole sembrare forte. Infatti è proprio di una donna perdersi d'animo quando litiga con un uomo, e fuggire se l'uomo le si oppone con fermezza; se invece l'uomo incomincia a fuggire e a perdersi d'animo, crescono smisuratamente l'ira, lo spirito vendicativo e la ferocia della donna. Allo stesso modo è proprio del demonio indebolirsi e perdersi d'animo, e quindi allontanare le tentazioni, quando chi si esercita nella vita spirituale si oppone ad esse con fermezza, agendo in modo diametralmente opposto; se invece chi si esercita incomincia a temere e a perdersi d'animo nel sostenere le tentazioni, non c'è al mondo una bestia così feroce come il nemico della natura umana nel perseguire con tanta malizia il suo dannato disegno. Chiaramente bisogna tener presente il condizionamento culturale che portò sant’Ignazio a formulare questa eccellente regola con meno eccellente esempio in cui poca è la considerazione della donna e questo dà fastidio ai nostri orecchi moderni. Ma, tenuto presente questo condizionamento il contenuto della regola è prezioso. Si tratta di capire bene che il demonio è debole se noi siamo forti e la nostra forza è Dio e Dio è sempre con noi. Se affrontiamo il nemico convinti della presenza di Dio in noi abbiamo già vinto, se si intromette la paura siamo vinti Paura e fede in noi convivono sempre, ma in proporzione inversa. Lo spazio che occupa una è tolto all’altra. A volte la nostra fede è forte per piccole difficoltà; se queste sono maggiori, ci viene paura. Allora è il momento di chiedere il dono di una fede maggiore: «Credo, aiutami nella mia incredulità» (Mc 9,24). Siamo infatti «di poca fede» (Mt 6,30, 8,26), e dobbiamo domandare: «Aumenta la nostra fede» (Lc 17,5). Ognuno realizza quello che si pro-pone, che si pone-innanzi. La paura ti pone innanzi il male che temi: ritieni vere le cattive fantasie, quindi dai loro corpo e le realizzi. La fede ti pone innanzi Dio e le sue promesse: le ritieni vere e quindi le realizzi. Il bene e il male lo fai tu, a seconda se segui la paura o la fiducia. Quando senti paure non nasconderle e non nasconderti, sarebbe peggio. Conoscile e riconoscile come opera del nemico. Invece di restare pietrificato davanti ad esse, volgi il tuo sguardo verso il Signore e abbi fiducia in Lui: il tuo volto sarà raggiante (Sal 34,6). PASSI BIBLICI Sal 23,91 – Salmo di fiducia nella prova. Mc 5,1-20; 9,14-29 – Il male, con la sua potenza devastante, viene sconfitto dalla presenza del Signore Gesù. [326] Tredicesima regola. Così pure il demonio si comporta come un frivolo corteggiatore che vuole rimanere nascosto e non essere scoperto. Infatti un uomo frivolo, che con discorsi maliziosi circuisce la figlia di un buon padre o la moglie di un buon marito, vuole che le sue parole e le sue lusinghe rimangano nascoste; è invece molto contrariato quando la figlia rivela le sue parole licenziose e il suo disegno perverso al padre, o la moglie al marito, perché capisce facilmente che non potrà riuscire nell'impresa iniziata. Allo stesso modo, quando il nemico della natura umana presenta a una persona retta le sue astuzie e le sue lusinghe, vuole e desidera che queste siano accolte e mantenute segrete; ma quando essa le manifesta a un buon confessore o ad altra persona spirituale che conosca gli inganni e le malizie del demonio, questi ne è molto indispettito; infatti capisce che non potrà riuscire nella malizia iniziata, dato che i suoi evidenti inganni sono stati scoperti. Il nemico quale mezzo usa per farti paura? Il suo mezzo è la menzogna. Con essa ti terrorizza per incatenarti e farti fare ciò che temi. La menzogna, però, per funzionare ha bisogno del nascondimento, o – che è lo stesso – proporsi pubblicamente come ovvia, comunque sempre senza un confronto calmo e obiettivo. Come nell’Eden il serpente si nascose dietro la parola di inganno – affermò impunemente e senza prove il contrario di Dio (cf Gen 3,1-5) – così anche Adamo, ascoltata la sua parola, sentì subito il bisogno di nascondersi a Dio dietro il cespuglio e a se stesso e agli altri con foglie di fico. Quanto vuoi nascondere, innanzi tutto a te stesso, è quanto devi verbalizzare a te e a persona esperta e coinvolta. Non solo a te, che ti faresti da specchio, o a persona inesperta o coinvolta, che ti farebbe da specchio deformante, alimentando le tue paure con le sue. Rivelare a persona esperta e fidata il male che vuoi tener nascosto addirittura a te stesso, nell’inconscio, è sbugiardare il bugiardo. Chiunque fa il male odia la luce (cf Gv 3,20). Le sue opere sono tenebrose e non vogliono essere svelate. Il nemico è menzognero e omicida fin dal principio 8cf Gv 8,44); ti tiene nelle tenebre e vuole impedirti di uscirne. Davanti alla verità, la menzogna si dissolve come la notte davanti al sole. Vedrai come le tue difficoltà, quando le riconosci e le manifesti a persona esperta, cessano, o almeno si ridimensionano, perdono il loro alone di minaccia e assumono contorni reali. Come sarebbe stata la storia se Eva, alla suggestione del serpente, invece di nascondersi, si fosse presentata a Dio per chiedergli spiegazioni?… Questa è una legge spirituale, ancor prima che psicologica. PASSI BIBLICI 2Sam 11-12 – L’atteggiamento tenebroso di Davide nei confronti di Uria al fine di rubargli la moglie e come Natan fa luce su questo. 1Re 21,1ss – Il re Acab fa uccidere Nabot fraudolentemente per rubargli la vigna. [327] Quattordicesima regola. Così pure il demonio si comporta come un condottiero che vuole vincere e fare bottino. Infatti un capitano, che è capo di un esercito, pianta il campo ed esamina le difese o la disposizione di un castello, e poi lo attacca dalla parte più debole. Allo stesso modo il nemico della natura umana ci gira attorno ed esamina tutte le nostre virtù teologali, cardinali e morali, e poi ci attacca e cerca di prenderci dove ci trova più deboli e più sprovveduti per la nostra salvezza eterna. Qual è lo stratagemma che il nemico usa per farti credere la sua menzogna? Qui sta la sua astuzia: attaccarti sui punti deboli, dove sei più sprovveduto e incline a cadere e quindi a temere. Dove sei debole – e la carne è sempre debole (cf Mc 14,38), perché non disposta ad accettare il proprio limite -, hai più paura e sei disturbato nell’intendere e nel volere. Le tue concupiscenze, che sono i tuoi bisogni più forti, sono anche i tuoi punti deboli, dove sei più facile preda dell’inganno. Per questo devi essere ben cosciente. Invece di chiudere gli occhi e lasciare che il male entri in te, sii vigilante e confida in Dio. In sintesi: la strategia del nemico è incuterti paura. Allo scopo si serve della menzogna, e per questo si inserisce nei tuoi punti deboli, dove la tua volontà, più fiacca, e la tua intelligenza, più confusa, ti rendono più fragile. Riconosci quindi i tuoi punti deboli, manifesta ciò che vuoi tener nascosto e non aver mai paura delle tue debolezze, ma solo confida in Lui. Il male lo fai sempre per paura e depressione, là dove il tuo limite non accettato ti fa sentire la sua minaccia. Allora, timoroso e triste, cerchi conforto regredendo all’istinto. Qui ti attacca il nemico che, dopo averti spaventato, ti alletta con l’esca del piacere apparente e immediato… si può forse negare l’ultimo pasto al condannato a morte? Il Signore però non ti abbandona: agisce in direzione opposta incoraggiandoti a riconoscere la tua verità e, nel tuo limite, a incontrare Lui. PASSI BIBLICI Gen 25,29-34 – Esaù, per avidità di cibo, perde la primogenitura. 1Sam 15,9ss – Saul perde la regalità per avidità di beni. 1Re 11,1ss – Salomone, il sapiente, viene traviato dal suo debole per le donne.