Problemi emergenti nella sperimentazione

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Problemi emergenti nella sperimentazione
Vol. 5, N. 2, Aprile-Giugno 2004
Politiche sanitarie
Problemi emergenti nella sperimentazione clinica controllata
in medicina generale e pediatria di libera scelta
Alberto Donzelli
Servizio di Educazione Sanitaria, Asl Città di Milano
La presente nota affronta due problemi particolarmente rilevanti nella ricerca scientifica: a) l’individuazione di priorità dal punto di vista del Servizio
sanitario nazionale (Ssn) e degli interessi della comunità dei cittadini e b) la scelta degli sperimentatori.
Per mantenere le argomentazioni nei limiti definiti dal quadro normativo è bene anzitutto richiamarne i passaggi più significativi, con riferimento ai due
problemi segnalati.
d.m. 15 luglio 1997: Recepimento delle linee guida dell’Unione europea di buona pratica clinica per
l’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali (Linee guida UE di buona pratica clinica).
(…)
5.6. Selezione dello sperimentatore
5.6.1 Lo sponsor è responsabile della selezione dello sperimentatore/istituzione.
(Commento: si intende che lo sponsor sceglie l’istituzione sperimentatrice e non il singolo medico di
quella Cattedra universitaria, di quel Dipartimento
ospedaliero, di quel Centro di ricerca, o di quella Asl).
5.9. Accordi finanziari
Gli aspetti finanziari riguardanti la sperimentazione devono essere documentati in un accordo sottoscritto tra lo sponsor e lo sperimentatore/istituzione.
(Commento: ciò consente di chiarire il significato
di “sperimentatore/istituzione”, che va intesa come
Asl, e non certo come singolo medico sperimentatore).
d.m. 10 maggio 2001: Sperimentazione clinica
controllata in medicina generale e in pediatria di libera scelta.
(…)
Art. 3 Non è consentito agli sperimentatori di
intrattenere rapporti economici diretti con lo sponsor; ogni eventuale rapporto di natura economica relativa agli sperimentatori deve essere intrattenuto
dall’Asl che deve provvedere alla stipula della convenzione.
3.1. Sarà compito di ogni Asl attraverso una sua
struttura all’uopo individuata:
3.1.6 sorvegliare che le attività di sperimentazione clinica controllata, come singoli progetti e nel loro complesso, siano coerenti e non interferiscano
con le priorità di assistenza, formazione, ricerca
dell’Asl e verificare che quanto richiesto dalla sperimentazione garantisca comunque l’assistenza terapeutica ai pazienti non inclusi nella sperimentazione e non rechi pregiudizio ai compiti previsti dagli accordi convenzionali ivi compresi quelli decentrati;
3.1.7 predisporre e sottoscrivere la convenzione
che regola gli aspetti finanziari e assicurativi con lo
sponsor (…) nonché l’eventuale remunerazione ai
singoli sperimentatori.
Linee guida regionali (lombarde) applicative
del Decreto del Ministro della sanità 10 maggio
2001 in materia di sperimentazione clinica controllata in medicina generale e pediatria di libera scelta.
(…)
Presso ogni Dipartimento dei servizi sanitari di
base delle Asl è costituita (…), con delibera del Direttore generale, la Commissione per la sperimentazione clinica composta dal Responsabile del Dipartimento, dal Direttore sanitario, dal Direttore amministrativo e dal Responsabile del servizio farmaceutico
o loro delegati; tale commissione, con il supporto di
segreteria del Dipartimento, svolge le seguenti funzioni:
• individua, in base alla valutazione della tipologia degli assistiti in carico, sulla specifica
esperienza professionale e dei curricula formativi, anche in accordo con il proponente la ricerca, i medici da includere negli elenchi di coloro
che possono partecipare alle singole sperimentazioni;
• sorveglia che le attività di Sperimentazione
clinica controllata (Scc), come singoli progetti
nel loro complesso siano coerenti e non interferiscano con le priorità di assistenza, formazione, ricerca della Asl (…) e non rechino pregiudizio ai
compiti previsti dagli accordi convenzionali ivi
compresi quelli decentrati;
(Commento: ribadisce il concetto fondamentale,
già presente nel d.m., che l’Asl può autonomamente
negare il consenso a sperimentazioni che interferiscano con le proprie priorità, indipendentemente
dalle valutazioni di competenza del Comitato etico,
al quale potrebbero non essere neppure sottoposte, a
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A Donzelli: Problemi emergenti nella sperimentazione clinica
meno che lo sponsor non chieda di avere comunque
un parere di quel Comitato etico);
• predispone lo schema della convenzione che
regola gli aspetti finanziari e assicurativi con le
aziende proponenti la ricerca;
• definisce il monte ore che ogni medico può
destinare alla sperimentazione e la relativa remunerazione (…).
4.2. La Commissione per la sperimentazione clinica, valutata l’opportunità di eseguire la ricerca, individua i medici partecipanti alla stessa sulla base
dei criteri di cui al punto 3.4.
(Commento: la normativa chiarisce inequivocabilmente che la scelta dei medici sperimentatori
per una singola sperimentazione è competenza dell’Asl).
Alle Case Farmaceutiche
Alle Contract Research Organizations
Alle Fondazioni con Interesse nell’Area della Salute
Oggetto: sponsorizzazioni di studi nell’ambito della medicina generale e della pediatria di libera scelta
L’Asl Città di Milano, in ottemperanza a quanto previsto dal decreto del Ministero della sanità (…) “Sperimentazione clinica in medicina generale e pediatria di libera scelta” (e dalle linee guida regionali applicative), ha costituito
la Commissione per la sperimentazione clinica, quale struttura tecnica che, in stretta collaborazione con il Comitato
etico dell’Asl, permetterà la realizzazione (…).
Considerato che sia il decreto ministeriale sia le linee guida regionali sono esplicite nel dichiarare che è compito
di ogni Asl sorvegliare affinché le attività di sperimentazione siano coerenti e non interferiscano con le proprie priorità di assistenza, formazione e ricerca, la Commissione sopra citata ha stilato una serie di criteri di valutazione preferenziali da applicare a proposte di studi clinici nell’ambito della medicina generale.
I criteri, recentemente approvati dalla Direzione dell’Asl, permettono una rapida individuazione delle priorità di
ricerca in medicina generale secondo le linee programmatiche della nostra azienda, definendo la posizione dell’Asl
Città di Milano (…)
I criteri sopra citati prevedono una valutazione positiva e di priorità per studi inerenti:
• aree di grande impatto in termini di sanità pubblica (modificazioni di stili di vita in termini di fumo, attività fisica,
alimentazione e altri fattori di rischio comportamentali, prevenzione della patologia cardiovascolare e neoplastica,
delle malattie degenerative dell’anziano, delle patologie psichiatriche), con prospettive di portare a conclusioni che
aumentino il valore dell’assistenza medica primaria (valore = efficacia netta in termini di salute / risorse);
• efficacia e fattibilità di screening con prospettive di rapporto costo-efficacia o costo-utilità altamente favorevole;
• efficacia di tecnologie diagnostiche di grande utilizzo e a basso costo;
• studi su molecole a costo contenuto per patologie per le quali sono al momento utilizzate terapie ad alto costo;
• studi da condursi interamente nella medicina generale, con l’utilizzo di tecnologie semplici, senza l’invio a specialisti o a secondi livelli.
Definite queste priorità, e tenendo conto della possibilità dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera
scelta di dedicare solo una parte del loro tempo e impegno alla ricerca, è evidente che minor interesse sarà riservato a:
• studi di confronto fra farmaci analoghi a scopo prevalentemente registrativo o di confronto fra forme farmaceutiche dello stesso farmaco in assenza di un forte razionale clinico;
• studi di confronto fra posologie diverse in assenza di un forte razionale clinico e/o di sanità pubblica;
• studi con farmaci ad alto costo per patologie per cui esistono già valide terapie;
• studi con end-point esclusivamente biochimici o fisiopatologici, in assenza di quesiti clinicamente rilevanti;
• studi in cui non sia salvaguardata la centralità e l’autonomia del medico di medicina generale nella produzione
di nuove conoscenze.
Riteniamo che nella prima categoria citata ci sia spazio per molti studi a partenza da vari tipi di sponsor: certamente case farmaceutiche, ma anche case produttrici di alimenti, di tecnologie semplici, senza dimenticare associazioni di
cittadini e di pazienti.
È a tutti loro che ci rivolgiamo, per ricevere proposte di sperimentazione che utilizzino al meglio le nuove opportunità che si aprono nella medicina generale e nella pediatria di libera scelta.
Consci della sfida che ci aspetta, inviamo a tutti cordiali saluti
Il Direttore generale
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1. L’individuazione di priorità dal punto di vista
del Servizio sanitario nazionale e degli interessi
della comunità dei cittadini
Notoriamente nulla garantisce che gli interessi
commerciali della maggior parte degli sponsor siano
allineati, se non molto parzialmente, con le priorità
espresse dal punto di vista del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e da quello degli interessi della comunità dei cittadini. Troppo spesso il Ssn e le sue articolazioni accettano passivamente questo stato di cose e stanno a rimorchio delle scelte dell’industria,
senza nemmeno provare a prendere l’iniziativa per
esplicitare il proprio punto di vista e per attrarre gli
sponsor e le proposte più funzionali.
L’Asl Città di Milano ha voluto dare un importante
segnale in tale direzione, indirizzando alle case farmaceutiche e ad altri potenziali sponsor la lettera pubblicata a pagina 101. Un primo importante feed-back a tale
iniziativa è subito giunto dall’Università, con l’adesione
alla posizione espressa dall’Asl da parte del Consiglio
Direttivo del Centro per la Ricerca Clinico Farmacologica e Terapeutica della Facoltà di Medicina.
2. La scelta degli sperimentatori
In proposito, per andare con il massimo di trasparenza nella direzione della prevenzione di possibili
conflitti di interesse, l’Asl ha inteso fare un passo in
avanti anche rispetto alle condizioni garantite dalla
normativa nazionale e regionale. Queste ultime, come si è visto, attribuiscono a un organismo aziendale la titolarità di scelta dei singoli medici sperimentatori. Le organizzazioni sindacali della medicina
generale di Milano volevano invece riservare tale
ruolo esclusivamente allo sponsor, e/o a se stesse all’interno del comitato aziendale, o entrando a far
parte organicamente della commissione Asl per la
Scc, che invece la normativa concepisce come un organismo della dirigenza Asl.
L’Asl, al prezzo di un duro confronto con le organizzazioni sindacali della medicina generale, ha approvato il regolamento esposto nel riquadro a destra.
Come si può vedere, il punto più qualificante e
innovativo è il n. 10, che consente, dopo aver recepito ogni ragionevole requisito ed eventuale criterio
preferenziale richiesto dallo sponsor per gli sperimentatori, di rescindere eventuali fili di interessi non
esplicitati che possano legare qualche sponsor a
qualche sperimentatore sia nella specifica sperimentazione proposta sia nella serie di sperimentazioni
successive cui un medico di famiglia può essere interessato a partecipare nel corso degli anni a venire.
In questo modo, infatti, non solo il Servizio sanitario, ma anche ogni singolo medico ha la garanzia che
la sua partecipazione a future sperimentazioni non
Passaggi per l’individuazione dei medici
sperimentatori
Progetto di ricerca bupropione/Mmg
1. Disponibilità dell’elenco dei Mmg sperimentatori (numero 147 al 30/8/2002) e delle informazioni richieste sulle rispettive schede.
2. Indicazione da parte dello sponsor del numero
di Mmg sperimentatori richiesti (15, max 20, per questa specifica sperimentazione; … per il corso di formazione specifico ad essa propedeutico).
3. La Segreteria tecnica della commissione per la
Scc in Mg invia allo sponsor la griglia-tipo delle informazioni disponibili sugli iscritti al Registro.
4. Lo sponsor segnala eventuali requisiti di accesso e criteri preferenziali non vincolanti, sia tra quelli
previsti nella griglia, sia – eccezionalmente – segnalando ulteriori requisiti o criteri di cui l’Asl non abbia
ancora raccolto le informazioni necessarie (ciò però
inevitabilmente allungherebbe i tempi preliminari all’avvio della sperimentazione).
5. La Commissione Asl eventualmente discute requisiti e criteri preferenziali e li concorda con lo sponsor.
6. La Segreteria tecnica/commissione Asl procede
quindi alla prima scrematura dei medici iscritti alla luce di quanto concordato.
7. La Segreteria tecnica della commissione comunica il risultato di tale operazione ai medici iscritti che rispondono a quanto concordato con lo sponsor e chiede loro una dichiarazione di interesse e disponibilità a partecipare al progetto di ricerca (di cui
allega il riassunto con gli impegni generali previsti e
indica le condizioni di remunerazione), entro un
tempo definito, incluso l’impegno a partecipare al
corso di formazione specifica, che si svolgerà di norma il sabato mattina, riconosciuto ai fini del debito
formativo obbligatorio ex Acn (e, dove possibile, anche ai fini dei crediti Ecm), ma senza oneri di sostituzione o remunerazione aggiuntiva rispetto a quella
prevista per i casi seguiti dai Mmg nel progetto sperimentale.
8. I medici interessati rispondono formalmente.
Ciò dà presumibilmente luogo a un’ulteriore “auto”
selezione, con ulteriore riduzione dei potenziali sperimentatori.
9. Se tale numero coincide (o risulta addirittura
inferiore) al numero previsto dallo sponsor per la sperimentazione (in tal caso lo sponsor potrà decidere di
richiedere soltanto i requisiti minimi di accesso, rinunciando ai criteri preferenziali) si procede alle convocazioni per lo specifico corso di formazione propedeutico all’avvio della sperimentazione clinica.
10. Se invece il numero fosse ancora superiore, si
conviene di effettuare un sorteggio pubblico in data e
luogo comunicato ai medici interessati e allo sponsor,
che vi potranno assistere, per selezionare il numero necessario di potenziali sperimentatori da fare partecipare al corso.
A Donzelli: Problemi emergenti nella sperimentazione clinica
possa essere influenzata dalla risposta, più o meno
gradita allo sponsor, della quota di sperimentazione
di cui ha la responsabilità.
Si aggiunga che il metodo indicato consente di
estendere tale garanzia anche nei confronti di eventuali pressioni che dovessero nascere in qualche Asl
(neppure la dirigenza Asl, infatti, può essere considerata immune in assoluto da potenziali conflitti di
interesse) a massima garanzia dell’indipendenza di
ciascun medico sperimentatore.
L’impostazione dell’Asl è stata dunque trasparente e preoccupata dell’indipendenza dei risultati
della Scc al punto di rinunciare a prerogative pur riservatele dalla normativa (come la scelta dei medici
sperimentatori) in cambio dell’affermazione di un
principio di garanzia ancora superiore.
Alcune organizzazioni sindacali della medicina
generale hanno pensato, nel corso del dibattito, di
contrapporre a questa impostazione un “compromesso”, costituito dalla scelta di una parte degli sperimentatori a cura dell’Asl e dalla scelta di un’altra
parte attribuita allo sponsor (o a rappresentanti della
categoria dei medici di famiglia). Tale soluzione, poco coerente con le logiche di un Rct (Randomized
clinical trial) e forse più con quelle di un “Lct” (Lotted clinical trial), non ha tuttavia trovato spazio e al
termine di un lungo dibattito sviluppatosi in più Comitati aziendali è passata la posizione dell’Asl (che
tra l’altro era stata immediatamente accettata dal primo sponsor rivoltosi all’Asl per una Scc).
Sintetizzando, si potrebbe proporre lo schema
che segue in merito agli interessi strategici delle parti in causa.
A chi può convenire e a chi no una selezione
indipendente dei medici di famiglia sperimentatori
A chi conviene?
Alla comunità dei cittadini risultati probabilmente
più validi e trasferibili
Al Ssn
Alla credibilità della ricerca,
e della Scc in medicina
generale in particolare
A Farmindustria (concorrenza corretta)
Ai Mmg e Pls che vogliono fare Scc
(maggior equità/opportunità d’accesso)
Alla cultura e credibilità della medicina generale
§
§
}
§
§
§
§
A chi può non convenire?
A singole aziende farmaceutiche/sponsor
che vogliano avvantaggiare il proprio prodotto
Ai vertici di qualche organizzazione che aspirino
ad essere gli interlocutori delle suddette
aziende/sponsor
A chi temesse che in tal modo gli sponsor
farebbero affluire meno fondi
§
§
§
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2.1 Per quale motivo è diventato così importante
garantire la credibilità della ricerca biomedica?
In effetti “si dà ancora spesso per scontato che la
scienza medica operi secondo le cosiddette ‘regole
mertoniane’, cioè secondo valori individuati negli
anni Quaranta. In realtà le cose stanno cambiando
assai rapidamente, via via che la ricerca risulta sempre più sostenuta da imprese commerciali e sempre
meno da fondi pubblici: i valori della ricerca collegiale e soprattutto disinteressata stanno scomparendo, schiacciati da altre necessità (si pensi solo alle
implicazioni della sempre più frequente brevettabilità delle scoperte). La forza e i conflitti di interesse
che possono imprimere rilevanti distorsioni sulla comunicazione scientifica medica sin dalla fonte sono
perciò sempre più potenti e sempre meno contrastabili. (…) Le falsificazioni in senso proprio avvengono a monte del processo di comunicazione (…) uno
dei punti deboli del moderno sistema di comunicazione della scienza consiste indubbiamente nella dichiarata e provata incapacità a riconoscere preventivamente le frodi” (Liberati, 1997). Da questo punto
di vista il movimento internazionale dell’evidencebased medicine da solo rischia di somigliare a un gigante dai piedi di argilla: un gigante nella valutazione della qualità metodologica delle ricerche, che
però non riesce a individuare distorsioni che potenti
interessi introducono nel rispetto delle regole metodologiche che l’Ebm ha sinora messo a punto.
Uno studio epidemiologico sui trial clinici randomizzati relativi a 12 specialità mediche pubblicati
(Kjaergard et al, 2002) ha mostrato che un conflitto
di interessi di natura finanziaria (dichiarato) risultava significativamente associato con le conclusioni
degli autori, che tendevano a favorire maggiormente
l’intervento del braccio sperimentale rispetto a trial
non finanziati solo da organizzazioni for profit. L’associazione non era spiegabile con una inadeguata
qualità metodologica, con una maggiore potenza statistica, con il tipo (farmacologico o no) di intervento
sperimentato, con il tipo di intervento di controllo
(ad esempio, placebo o farmaco attivo) o con la specialità medica implicata.
Recentemente sono state pubblicate anche due
revisioni sistematiche su risultati e qualità nella ricerca sponsorizzata dall’industria farmaceutica. Una
prima revisione sull’impatto dei conflitti finanziari
nella ricerca biomedica (Bekelman et al, 2003) ha
mostrato che gli studi finanziati dall’industria, benché altrettanto rigorosi dell’insieme degli altri studi,
trovano di regola risultati favorevoli allo sponsor.
Questa revisione ha però incluso solo pubblicazioni
in lingua inglese, considerando un numero più limitato di lavori.
La più ampia revisione di Lexchin et al (2003) ha
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incluso 30 studi e dimostrato che le ricerche finanziate da case farmaceutiche hanno più probabilità
(OR 4,05; 95% CI 2,98-5,51) di avere risultati che
favoriscono lo sponsor rispetto a studi con sponsor
differenti.
Le spiegazioni per questa distorsione sistematica
includono la selezione di un confronto inappropriato
(in relazione alle dosi utilizzate o alla scelta stessa
del farmaco “standard”) per il prodotto studiato e diverse forme di “publication bias”, mentre si è potuta
completamente escludere l’ipotesi che la distorsione
fosse attribuibile a un’inferiore qualità metodologica
degli studi finanziati dall’industria, a testimonianza
del fatto che la disponibilità finanziaria consente di
acquisire ottime competenze metodologiche e che
l’analisi valutativa classica dell’Ebm, basata sulla
qualità metodologica degli studi, non è in grado di
mettere al riparo dagli effetti dei conflitti di interesse determinati dalle convenienze degli sponsor.
La drammatica caduta di credibilità della ricerca
finanziata da interessi commerciali richiede:
• da un lato, uno sforzo di elaborazione che includa in una struttura formale di valutazione dei risultati della ricerca anche il concetto, appunto, di
“credibilità” (una proposta in tal senso è avanzata in Donzelli e Sghedoni, 1998).
• dall’altro lato, interventi più risolutivi di quanto
non sia stato finora messo in campo nelle pur lodevoli iniziative delle maggiori riviste scientifiche mediche o proposto in occasione dei convegni e delle conferenze di consenso che hanno affrontato il tema dei conflitti di interesse.
Si premette la convinzione che il modo più sicuro
per stimolare una ricerca scientifica meno viziata da
gravi distorsioni e più coerente con gli interessi di salute della comunità dei cittadini (e di farne scaturire
linee guida capaci realmente di ottimizzare le risorse
disponibili ai fini della salute) sarebbe quello di riformare il sistema premiante, e in particolare il sistema
di finanziamento degli erogatori, o almeno della
maggioranza di essi (Donzelli e Sghedoni, 1998). In
assenza di ciò, si dovrà essere preparati al fatto che
nelle stesse sedi di produzione delle conoscenze,
nonché nella fase della loro organizzazione in linee
guida o nell’implementazione di queste ultime, siano
impegnati esperti portatori o rappresentanti di interessi in conflitto con quelli del Ssn. Gli argini che la
metodologia e i “criteri condivisi” per la produzione
di conoscenze scientifiche (o di linee guida cliniche)
possono erigere contro la pressione di tali interessi
sono importanti, ma in genere da soli insufficienti.
Nell’attesa, forse utopica, della riforma strutturale sopra indicata, una riforma meno radicale e ragionevolmente fattibile potrebbe essere quella di seguito descritta.
Si è visto che le convenienze degli sponsor si sono dimostrate in grado: 1) di condizionare i risultati
della ricerca e 2) di determinarne gli oggetti e gli
obiettivi.
Per integrare opportunamente il punto 2, il Ssn
potrebbe impegnarsi direttamente a finanziare quelle ricerche che hanno maggiori probabilità di aumentare rapidamente il valore dell’assistenza sanitaria, dove per valore si intende il rapporto fra l’efficacia netta in termini di salute e le risorse impiegate, a partire da quelle che, mantenendo un’efficacia
almeno pari, promettono una marcata riduzione dei
costi, e pertanto di solito risultano meno appetibili
per l’industria. Per questo tipo di ricerca l’intervento
dello Stato è probabilmente insostituibile ed è inoltre
comprensibilmente conveniente dal punto di vista
del Ssn.
Per tutta la rimanente ricerca, che rappresenta la
proporzione maggiore, non è realistico pensare che
Stato e ricercatori possano fare a meno del finanziamento dell’industria. Oggi quest’ultima contatta, direttamente o tramite una Contract research organization (Cro), un Centro di ricerca di fiducia e commissiona la ricerca. In genere il lavoro dei ricercatori è
ben remunerato, e alcuni potrebbero sentirsi condizionati a non deludere le aspettative dello sponsor,
ad esempio accettando di sottoscrivere clausole contrattuali restrittive sulla pubblicazione dei risultati,
etc, sia per ricevere la commessa sia per essere più
facilmente destinatari di commesse future. È stato
provato che di fatto ciò tende a innescare distorsioni
sistematiche nei risultati della ricerca.
In alternativa, tuttavia, potrebbe essere avviato un
meccanismo simile a quello della randomizzazione
proposto dall’Asl Città di Milano per la selezione di
sperimentatori idonei, che aspirino a partecipare a una
Scc in numero eccedente le necessità dello sponsor.
In questo scenario importanti agenzie pubbliche
(Ministero della salute, Agenzia per i servizi sanitari
regionali, regioni/Agenzie sanitarie regionali o loro
consorzi…) potrebbero procedere alla mappatura e
all’accreditamento (previa verifica dei requisiti) dei
centri di ricerca che si dichiarino in grado di condurre Scc nei vari campi. I requisiti di accreditamento
dovrebbero essere sufficientemente severi da garantire l’industria che giustamente pretenda un servizio
efficiente e di alta qualità, il che è ovviamente anche
nell’interesse del Ssn e dell’intera comunità.
Gli sponsor industriali interessati allo sviluppo di
un farmaco o di una tecnologia biomedica sarebbero
invitati a rivolgersi a tali Agenzie presentando progetto di ricerca e stanziamento (oltre ad eventuali requisiti preferenziali dei centri di ricerca da selezionare, che l’Agenzia potrà accogliere in casi particolari, con motivazioni adeguate e non strumentali),
con diritto a presenziare al sorteggio pubblico, tra
A Donzelli: Problemi emergenti nella sperimentazione clinica
tutti i centri specificamente accreditati, di quello a
cui sarà effettivamente affidata la ricerca.
In questo modo le probabilità di affidamento presenti e future a uno specifico centro di ricerca non
dipenderanno da eventuali compiacenti soddisfazioni delle attese dello sponsor, né di alcun altro portatore di interessi, e si sarà fatto un passo avanti sostanziale a tutela dell’indipendenza della ricerca
scientifica, pur senza rinunciare ai finanziamenti industriali.
Ovviamente tale percorso, che richiederebbe in
partenza una coraggiosa presa di posizione da parte
di grandi Agenzie, necessiterebbe di tempo per affermarsi, non potendo verosimilmente essere imposto
con decreto, ma dovendo affidarsi a scelte volontarie
delle industrie, che tuttavia potrebbero essere opportunamente incentivate ad incamminarsi in tale direzione. Una volta avviato, però, è probabile che il
processo diventi catalitico. Infatti la credibilità di ricerche che abbiano seguito questo percorso sarebbe
maggiore, e tale caratteristica potrebbe essere adeguatamente divulgata e tenuta in considerazione da
decisori e prescrittori, creando una pressione sociale
nei confronti delle altre industrie perché adottino a
loro volta un percorso analogo, finché questo arriverà a costituire la modalità dominante e ordinaria.
Di nuovo, a chi potrebbe convenire tutto ciò?
Certamente al Ssn e alla comunità dei cittadini, che
potrebbero contare su ricerche con risultati più validi e trasferibili, ma anche alla credibilità della ricerca, che sembra ne abbia sempre più bisogno. Inoltre
ai ricercatori e alla loro integrità. Infine la scelta suggerita favorirebbe una più equa ripartizione dei fondi di ricerca e delle opportunità di accesso, in presenza di adeguati requisiti di qualità.
Infine è possibile che anche Farmindustria, che
rappresenta l’insieme delle industrie del settore, ravvisi vantaggi nel favorire condizioni di concorrenza
più corretta tra le proprie rappresentate, apprezzi il
fatto di avere subito risposte chiare anche su linee
produttive su cui forse non è il caso di investire e, nel
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caso di risposte positive interessanti e altamente credibili, di avere parte delle spese di promozione verosimilmente sostenute dalle stesse strutture del Ssn,
che avrebbero in questi casi un interesse perfettamente allineato. Inoltre, in una situazione in cui si
sta approdando a un tetto anche per la spesa farmaceutica pubblica, può diventare relativamente ininfluente per l’organizzazione che rappresenta l’insieme delle case farmaceutiche sapere che si spende il
denaro pubblico per l’uno o per l’altro farmaco, purché il flusso complessivo di denaro sia garantito, e
possibilmente sia accresciuto con la legge finanziaria successiva, grazie alla migliore reputazione generale del settore e alla più credibile documentazione della sua efficacia relativa nel contesto del Ssn.
A chi potrebbe invece non convenire? A singole
aziende farmaceutiche/sponsor che vogliano avvantaggiare il proprio prodotto in un’ottica di breve-medio periodo, come pure ai vertici di qualche organizzazione che aspirino ad essere gli interlocutori delle
suddette aziende/sponsor, e a chi temesse che in tal
modo gli sponsor farebbero affluire meno fondi, specie per motivi che non avessero strettamente a che
vedere con la ricerca e con le sue esigenze. Ma il Ssn
e il sistema sociale non dovrebbero essere troppo
sensibili a tali motivazioni.
Bibliografia
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