A Verona l`angolo di una banca diventa galleria d`arte Apre

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A Verona l`angolo di una banca diventa galleria d`arte Apre
 A Verona l'angolo di una banca diventa galleria d'arte Apre UniCredit Art Gallery con la mostra Il Mondo degli Oggetti Opening: venerdì 14 giugno 2013, ore 17:30 Dal 17 giugno per tutta l'estate Ingresso libero, dal lunedì al venerdì dalle 8:30 alle 17:00 Verona, venerdì 14 giugno 2013. All’interno della rinnovata Agenzia di via Garibaldi 1 si trova anche UniCredit Art Gallery, il nuovo spazio espositivo di UniCredit aperto alla città. La mostra Il Mondo degli Oggetti, inaugura questo progetto con una selezione di opere contemporanee della UniCredit Art Collection, che raccontano quello che gli oggetti rappresentano nel nostro vivere quotidiano. Opere di sei artisti, due italiani e quattro stranieri, che stimolano riflessioni intorno agli oggetti: raffigurandoli, integrandoli o interagendo con essi per aprire a nuove prospettive e punti di vista sulla realtà. Oggetti per dare voce alla storia dei luoghi (Börüteçene), oggetti come punto di contatto tra uomo e materia (Penone) o come dialogo creativo (Rhode). Che siano presenze misteriose e inattese (Galvani), accumulazioni (Friberg) o assemblaggi complessi (Johansson), gli oggetti abitano i nostri spazi, sono costantemente in dialogo con noi, raccontano e testimoniano il nostro tempo e la nostra storia. L’apertura di UniCredit Art Gallery è una testimonianza del costante impegno del Gruppo a favore del territorio e del suo sviluppo sia economico che culturale. Artisti: Handan Börüteçene, Maria Friberg, Andrea Galvani, Michael Johansson, Giuseppe Penone, Robin Rhode UniCredit Art Gallery Agenzia UniCredit, via Garibaldi 1, Verona Opening: venerdì 14 giugno 2013, ore 17:30 Dal 17 giugno per tutta l'estate Ingresso libero, dal lunedì al venerdì dalle 8:30 alle 17:00 Ufficio stampa UniCredit Cultura
Sec Relazioni Pubbliche e Istituzionali
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Gli autori e le loro opere: Giuseppe Penone Geometria nelle mani, 2004 Serie di 6 fotografie, 29 x 38 cm ciascuna Tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera, Giuseppe Penone -­‐ nato nel 1947 a Garessio, Torino; vive e lavora tra Torino e Parigi -­‐ inizia il suo percorso artistico sul finire degli anni Sessanta, manifestando sin da subito un interesse nello stabilire punti di contatto tra uomo e natura. Le fotografie della serie Geometria nelle mani sono strettamente legate ad un’opera antecedente, del 1979 intitolata Cocci, dove l’artista ha adattato le mani attorno ai frammenti di un vaso, come per ricomporlo in modo da contenere dell’acqua. Nelle mani, ferme in posizione a conca, ha fatto successivamente versare del gesso liquido. Nel processo di solidificazione, il gesso si è legato al coccio ricostruendo il vaso nelle parti rotte, ma conservando l’impronta delle mani che lo trattenevano. In Geometria nelle mani l’artista ha ripetuto la stessa operazione, questa volta stringendo tra le mani dei piccoli solidi geometrici. Sono immagini stampate in negativo, dove la zona in ombra, la cavità formata dall’accostamento delle mani, appare ancora più luminosa, bianca come il gesso che da lì a poco l’avrebbe invasa. Andrea Galvani La morte di un' immagine #10, 2006 Fotografia, 105 x 100 cm Nato a Verona nel 1973 Andrea Galvani vive e lavora a New York dal 2008, anno in cui ha vinto una residenza a Location One, centro impegnato nella promozione di giovani artisti internazionali. La sua ricerca si esprime prettamente attraverso la fotografia con l’obiettivo di indagare lo statuto dell’immagine e, di riflesso, le dinamiche percettive e fenomeniche che ne regolano la fruizione. Nell’opera La morte di un’immagine l’artista invita ad attraversare un universo visivo dove si manifesta un accadimento inatteso: palloncini neri ad elio fluttuano nell’aria disponendosi con regolarità, quasi fossero elementi posizionati per bilanciare la composizione dell’immagine. La presenza di elementi estranei, inattesi ma che sembrano seguire un loro ordine, crea così un discontinuità: decostruisce l’immagine iniziale (da qui il titolo) per aprire a nuovi significati. Robin Rhode BALLAD TO BALLET, 2008 Serie di 6 fotografie, 49.5 x 49.5 ciascuna Raccontando in un’intervista i motivi di ispirazione della sua ricerca, Robin Rhode -­‐ artista sudafricano nato nel 1976 a Cape Town, vive e lavora a Berlino -­‐ ricorda una sorta di rito di iniziazione giovanile diffuso per le strade di Johannesburg, dove i ragazzi costringevano i più giovani del gruppo ad interagire con dei murales mimando particolari azioni (ad esempio facendo finta di pedalare su delle bici disegnate sui muri). Partendo da questa pratica l’artista ha ragionato sulla possibilità di creare uno spazio di pura immaginazione dove il corpo di un performer (l’artista stesso, o un suo alter ego) interagisce con oggetti d’uso comune e con disegni molto sintetici, vicini agli interventi di street art. Nell’interazione tra una mano ed un compasso, la serie di nove fotografie BALLAD TO BALLET mette in scena un dialogo creativo dall’impianto ritmico. Rhode ha all’attivo mostre presso importanti spazi istituzionali, oltre che partecipazioni in biennali, tra cui quella di Venezia nel 2005, di Dakar nel 2006 e di Sidney nel 2008. Tra le principali personali: nel 2010 espone al LACMA di Los Angeles, nel 2009 alla galleria Perry Rubenstein di New York, nel 2008 all’Hayword Gallery ed alla galleria White Cube di Londra, nel 2007 all’Haus der Kunst di Monaco, nel 2006 al FRAC Champagne-­‐Ardenne. Michael Johansson Days and Names, 2010 Scultura, assemblaggio 60 x 70 x 25 cm Le prime opere dell’artista svedese Michael Johansson -­‐ nato nel 1975 a Trollhättan, Svezia; vive a lavora a Malmö -­‐ nascono da un'intuizione semplice: riportare gli oggetti ad uno stato primitivo. Comincia così a creare strani kit di montaggio per oggetti ordinari: phon, frullatori, biciclette, ma anche letti, barche, motorini. Successivamente inizia con lo sperimentare un processo opposto, basato sull’assemblaggio, che sta portando avanti tuttora, per esplorarne le valenze simboliche degli oggetti, gli slittamenti di significato nel corso del tempo e la loro storia in relazione all’utilizzo che ne è stato fatto. La scultura qui presentata dal titolo Days and Names, è un’opera che ben esemplifica la metodologia di lavoro di Johansson: partendo da un semplice tavolino l’artista lo ha riempito con valigie, scatole e raccoglitori per archiviazioni di dati, con pazienza certosina, fino ad occupare letteralmente ogni centimetro disponibile del suo spazio fisico. Maria Friberg belonging, 2011 Fotografia, 64 x 100 cm La ricerca di Maria Friberg -­‐ artista svedese nata nel 1966 a Malmö, vive e lavora tra New York e Malmö -­‐ riflette sulla relazione tra uomo e natura, sulle gerarchie sociali e sui rapporti di potere, toccando trasversalmente problematiche identitarie che ruotano attorno al corpo. Attraverso immagini destabilizzanti, in grado di sfidare preconcetti e nozioni consolidate, i lavori di Friberg si muovono su un doppio binario: da un lato indagano alcuni aspetti e paradossi della società contemporanea, dall’altro si appellano all’interiorità degli individui, nel tentativo di invitarli a recuperare, grazie ad un approccio di meditazione e concentrazione, un rapporto più autentico col mondo. Nella fotografia dal titolo belonging un bambino siede in solitudine su una montagna di oggetti e cianfrusaglie: una calzante metafora di una società sempre più asservita al consumo che alimenta il profondo isolamento degli individui. Handan Börüteçene Waters That Tie / Waters That Untie 2007 Installazione composta da 12 fotografie ( 40 x 60 cm ciascuna) e abito ingemmato La ricerca di Handan Börüteçene -­‐ artista turca nata nel 1957 a Istanbul, città dove vive e lavora -­‐ riflette sul passato inteso come recupero della memoria e delle radici culturali su cui si fonda la storia e l’identità dei luoghi. Nell’installazione qui presentata, realizzata nel 2007 per l’Oratorio di San Ludovico a Venezia, l’artista cerca di riannodare i fili che legano Oriente ed Occidente attraverso la “memoria bizantina” che accomuna le città di Venezia e Istanbul. Un abito di seta ingemmato con autentiche maioliche di età bizantina è circondato da una serie di fotografie che testimoniano il suo pellegrinare sui siti di architetture dell’epoca: tra arte, storia e archeologia, l’artista amplifica echi lontani portando alla luce una dimensione di suggestione e sogno, non avulsa da una riflessione sul turismo contemporaneo spesso distratto dal cogliere il reale portato storico dei luoghi.