Sempre più Citizien Science - Osservatorio Astronomico di Brera

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Sempre più Citizien Science - Osservatorio Astronomico di Brera
L’Orizzonte degli Eventi
Sempre più
Citizen (of) Science
N
on molto tempo fa (v. “le Stelle”
n. 101, pp. 8-9) scrivevo in merito
alla grande quantità di dati (astronomici, ma non solo) che si vanno accumulando negli archivi dei maggiori istituti
e nei cassetti di molti ricercatori, nonché
delle difficoltà di stare al passo con la loro
analisi, comprensione e utilizzo.
Gigabyte e petabyte
In una singola notte di osservazione il solo
VST (il VLT Survey Telescope), da poco entrato in funzione a Cerro Paranal, può arrivare ad accumulare oltre 100 gigabyte di
dati, grazie all’efficienza con cui scansiona
il cielo australe. Se poi consideriamo anche
i quattro VLT e VISTA, sempre situati a
Cerro Paranal (v. “le Stelle” n. 93, pp. 48-56),
e tutti gli altri telescopi disseminati per il
mondo, ci rendiamo conto di come la mole
di dati che viene attualmente acquisita in
un anno si misuri in petabyte (un petabyte
equivale a un milione di gigabyte) e sia destinata a continuare ad aumentare con un
tasso di crescita previsto di circa un fattore
2 ogni anno.
Quando il Large Synoptic Survey Telescope (con
uno specchio di 8 metri di diametro che illuminerà un rivelatore da 3,2 gigapixel con
un campo di vista di 10 gradi quadrati) diventerà operativo – la prima luce è prevista
per il 2018 – produrrà dati al ritmo di 10
petabyte all’anno.
Per poter godere appieno di questa messe
di nuove osservazioni sarà necessario superare ovvie limitazioni dovute alla disponibilità e alla potenza dei calcolatori da dedicare alla loro riduzione e analisi, nonché
alla difficoltà di insegnare alle macchine,
attraverso opportuni software, a risolvere
problemi o classificare immagini.
10 • Le Stelle n. 104 • Marzo 2012
Ma saranno soprattutto le limitazioni
commesse alla disponibilità di manodopera a incidere sulla capacità di ottenere un
ritorno completo e tempestivo dagli investimenti fatti nella costruzione delle nuove
infrastrutture. Saranno dunque necessari
nuovi approcci e nuove soluzioni per riuscire a estrarre le informazioni contenute
nei dati a un ritmo paragonabile a quello
con cui i nuovi dati vengono acquisiti.
La citizen science
Un primo passo innovativo è stato fatto già
qualche anno fa con il programma scientifico SETI@home (setiathome.berkeley.edu) che contemplava l’utilizzo di un
numero enorme di personal computer distribuiti sulle scrivanie di tutto il mondo e
collegati attraverso Internet tra di loro e ai
server del progetto SETI. Chi lo desiderava
poteva scaricare un software che, quando il
computer non era dedicato ad altro, analizzava dati radioastronomici provenienti
dallo spazio, cercando segnali attribuibili a
intelligenze extraterrestri.
Iniziato nel 1999, già nell’ottobre del 2000
il programma era stato scaricato da più di
due milioni di volontari che avevano donato al progetto un totale di oltre 400.000
anni di CPU per complessivi 4,3 ∙ 1020
flops. In meno di due anni, SETI@home
era diventato, grazie alla disponibilità di
una moltitudine di persone, il più grande
progetto di calcolo distribuito esistente e il
più grande supercomputer in operazione.
SETI@home tuttavia sfruttava solo una
piccola parte delle risorse disponibili,
quella relativa al mero tempo di calcolo di
computer altrimenti inutilizzati. Ignorava
invece il grosso della potenza disponibile,
quella rappresentata dai cervelli dei pos-
Piero Bianucci
Tommaso
Maccacaro
Istituto Nazionale
Giornalista
scientifico.
di Astrofisica, Milano
sessori dei computer, i quali non venivano
minimamente coinvolti.
È nata così quella che oggi viene comunemente chiamata crowd science o, meglio ancora, citizen science. Di questo la rivista ha
già parlato (v. “le Stelle” n. 99, pp. 60-63) ma
è importante tornare sull’argomento ricordando che è stato il progetto Galaxy Zoo
(www.galaxyzoo.org) a fare quest’altro
importante passo, scoprendo che in giro
per il mondo vi sono moltissime persone
che non solo sono disponibili a prestare
a una buona causa qualche ora di calcolo del propio computer, ma che sono anche interessate a dare una mano e a farsi
coinvolgere in progetti scientifici giudicati
interessanti, mettendoci il loro tempo e la
loro intelligenza, e aiutando a scoprire fenomeni prima sconosciuti come l’Hanny’s
Voorwerp (v. “le Stelle” n. 66, pp. 12-13; “le
Stelle” n. 102, pp. 10-11).
Galaxy Zoo nasce nel 2007 con lo scopo
iniziale di classificare più di un milione di
galassie fotografate dal telescopio robotico
che aveva condotto la Sloan Digital Sky Survey (SDSS). Nella prima giornata di operazioni il progetto ricevette classificazioni
di galassie al ritmo di circa 70.000 all’ora
e in un anno si contarono quasi 150.000
partecipanti.
Qualche anno dopo, sempre in ambito
astronomico, è partito il progetto Planet
Hunters (exoplanets.astro.yale.edu/
science/citizenscience.php) che mette a disposizione del pubblico i dati raccolti
dal satellite della NASA Kepler, invitando
chi lo vuole a scrutare le curve di luce delle
stelle osservate per trovare quei minuscoli ma regolari abbassamenti di luminosità
che possono indicare il transito di un pianeta extrasolare.
L’Orizzonte degli Eventi
È di qualche mese fa la notizia della scoperta, proprio da parte del programma
Planet Hunters, di due pianeti extrasolari che
erano sfuggiti all’analisi del team di Kepler.
Non solo astronomi
Se all’inizio sono stati alcuni gruppi di
astronomi a coinvolgere nei loro progetti
di ricerca i normali cittadini, ottenendo
un’inaspettata partecipazione e un grande
successo, ora sono molti i progetti di ricerca, e nei più svariati campi, che si aprono
al pubblico fornendo strumenti di analisi e
coinvolgendolo a livelli diversi nell’estrazione di quelle informazioni che sono alla
base delle scoperte scientifiche.
Attualmente vi sono diversi progetti attivi e
molti si sono organizzati sotto un ombrello
comune chiamato Zooniverse (www.zooniverse.org) che viene prodotto, mantenuto
e organizzato dalla Citizen Science Alliance,
una collaborazione transatlantica di università e musei dedicata al coinvolgimento
del pubblico nella scienza.
Oltre ai progetti di astronomia già menzionati, ve ne sono altri per studiare il Sole
o la Luna o per scoprire supernovae. Ma
ci si può anche dedicare a comprendere il
linguaggio delle balene, classificando pezzi
registrati delle loro conversazioni (www.
whale.fm), oppure a tradurre frammenti
dei papiri di Oxrhynchus (www.ancientlives.org) rinvenuti in Egitto tra la fine
dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, o
anche a recuperare osservazioni meteorologiche registrate nei diari di bordo delle
navi della Marina Militare inglese in servizio in varie parti del mondo durante gli
anni della Prima Guerra Mondiale (www.
oldweather.org), aiutando così la comprensione dei cambiamenti climatici.
L’importanza della citizen science non sta solo
nel contributo, importante, dato all’analisi
dei dati e misurabile in termini di risultati
e pubblicazioni scientifiche. Sta anche – e
forse soprattutto – nel nuovo rapporto che
si è instaurato tra pubblico e ricercatori, tra
scienza e società.
Da un lato è uno stimolo, per gli scienziati,
ad aprire cassetti e armadi pieni di dati e
Il logo del progetto Zooniverse.
Un’immagine tratta dal sito del videogioco Foldit illustrante una proteina umana.
a rendersi conto che anche i non professionisti, se dotati degli strumenti giusti e di
ragionevoli istruzioni, possono contribuire
alla risoluzione di vari problemi.
Ed è anche uno stimolo, sempre per gli
scienziati, a ingegnarsi per capire quali
problemi possono trovare soluzione attraverso il contributo di una moltitudine di
persone interessate a essere coinvolte in un
progetto scientifico; ma anche per capire
quali strumenti sviluppare o inventare per
facilitarne la partecipazione e il contributo.
Dall’altro lato, è la testimonianza dell’interesse di molti a partecipare alla costruzione
della conoscenza. Dice uno dei Planet Hunters coinvolto nella scoperta dei due pianeti
extrasolari: «I’m in that paper as one of the citizen scientists, and I can’t overstate how exciting it
is for me. It’s really such a small thing, but being
a tiny part of the team makes me feel directly connected to the incredible, ongoing journey of scientific
discovery» («Sono stato citato nell’articolo
che parla della scoperta come un “citizen
scientist” e non riesco a rendere l’idea di
quanto questo sia eccitante per me. Il mio è
soltanto un piccolo contributo, ma far parte in qualche modo del gruppo mi fa sentire direttamente connesso con l’incredibile
progresso delle scoperte scientifiche»).
Se la divulgazione è importante per far
crescere il livello della cultura scientifica, il
coinvolgimento è enormemente più incisivo. La citizen science rappresenta dunque lo
strumento che permette il tanto auspicato
passaggio dal Public Understanding of Science
al Public Engagement with Science and Techno-
logy: dalla «comprensione pubblica della
scienza» al «coinvolgimento pubblico nella
scienza e tecnologia».
E non è finita…
Sono passati solo cinque anni da Galaxy
Zoo e dalla nascita della citizen science. È
dunque immaginabile che nel futuro prossimo vengano sviluppati nuovi modi per
coinvolgere, con benefici reciproci, strati
sempre più ampi della società nella ricerca
scientifica e contribuire così a far crescere
quella società della conoscenza che caratterizza la nostra realtà e che dominerà il
nostro futuro.
È ancora tutto da inventare, ma già si vedono i primi spunti innovativi.
Foldit (fold.it/portal/info/science),
per esempio, è un videogioco sviluppato
all’Università di Washington che permette
di ripiegare e manipolare la struttura delle
proteine, in modo da aiutare i ricercatori
nello studio di alcune malattie.
Sfrutta l’abilità umana di risolvere facilmente quei rompicapi tridimensionali
(come i modi di ripiegarsi delle proteine)
che richiedono immense risorse computazionali. Con questo gioco, in circa tre
settimane è stata recentemente decifrata la
struttura di un enzima fondamentale per
la diffusione del virus dell’AIDS, riuscendo dove la scienza provava, senza venirne a capo, da quasi quindici anni (www.
cs.washington.edu/homes/zoran/
NSMBfoldit-2011.pdf).
E siamo solo agli inizi! Le Stelle n. 104 • Marzo 2012 • 11