Cile: un paradiso per gli astrofili

Transcript

Cile: un paradiso per gli astrofili
Cile: un paradiso per gli astrofili
di Massimiliano Di Giuseppe
Pagine: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7
Si spengono le luci dell’aereo nel lungo volo notturno Madrid-Santiago del Cile e una ventina di bizzarri
personaggi inizia ad agitarsi e a fare schiamazzi col naso incollato all’oblò, osservando l’incredibile cielo dei
10.000 m di quota, tra gli sguardi un po’ perplessi delle hostess e degli altri passeggeri.
Ormai questo è un rituale obbligato, da quando il Gruppo Astrofili Columbia di Ferrara, ha iniziato ad
organizzare in collaborazione con Coelum, l’agenzia di viaggi CTM Robintur di Modena e la coop Camelot, viaggi
astronomici in giro per il mondo, per osservare eclissi, piogge di meteore ed altri fenomeni celesti.
Questa volta la meta è il Cile, per ammirare da uno dei cieli migliori al mondo, per caratteristiche di trasparenza
e seeing, il raro fenomeno offerto dalla presenza contemporanea di due comete visibili ad occhio nudo la Linear
C/2002 T7 e la Neat C/2001 Q4. Si coglie inoltre l’occasione per visitare, grazie all’aiuto dell’astronomo Renato
Falomo, alcuni tra i più importanti osservatori astronomici di questo paese.
Il viaggio raccoglie un buon numero di partecipanti, oltre al sottoscritto,
Ferruccio Zanotti, Davide Andreani, Germano Dalfra, Giulio Nobile, Claudio
Balella, Fausto Ballardini, Diego Pizzinat, Viviana Beltrandi, Giuseppe Michelini,
Liliane Tiar, Paolo Minafra, Claudio Vitucci, Bruno Giacomozzi, Esther Dembitzer
e Maurilio Grassi. Prima dell’alba, dopo aver contato tutta notte parecchie Eta
Acquaridi, scrutando dal finestrino, abbiamo il primo impatto con la Linear T7,
che ci appare ad occhio nudo accanto a Mercurio,
senza coda, come una luminosa stella sfuocata.
Anche se manca ancora una settimana al momento
della sua massima luminosità, capiamo tuttavia subito che, pur essendo una cometa
più che rispettabile, siamo lontani dalle ottimistiche stime di magnitudine che la
davano vicina alla 0.
Poco dopo il Sole illumina le cime delle Ande e fa un certo effetto notare come
l’immensa perturbazione che ci ha tenuto compagnia per tutto il sorvolo della foresta
Amazzonica, si arresti ora di colpo contro queste aride montagne. Attorno alle 7.00 del mattino del 14 Maggio
arriviamo a Santiago, e qui ci attende il successivo volo per La Serena, in cui noleggiamo i fuoristrada che ci
portano fino a Vicuna, campo base per le escursioni dei prossimi giorni.
Al tramonto, siamo tutti pronti nel giardino con piscina del nostro residence Hosteria Vicuna, per saggiare la
strumentazione al seguito, tra cui il vecchio Dobson da 25 cm autocostruito, un Pentax APO da 75 mm, un
Maksutov 90 e un Maksutov-Cassegrain 180, gentilmente fornito dalla ditta "Il Diaframma". Rivedo con
emozione, dopo 5 anni il meraviglioso cielo cileno: Alfa Centauri e la Croce del sud allo zenit, poi a sud la
Grande e la Piccola nube di Magellano, immerse in una moltitudine di stelle che lasciano letteralmente senza
fiato.
Ma la vera star della serata, verso cui si concentrano le prime foto e osservazioni, è la cometa Neat Q4, ancora
immersa nei bagliori del crepuscolo. E’ ben visibile ad occhio nudo nel Cancro, vicino al Presepe, e si indovina la
sottile coda di circa 3°, che diventa facile al binocolo, mentre con strumenti più grandi appare evidente la
colorazione verde della luminosa chioma.
La stima della magnitudine è compresa tra la seconda e la terza ed anche in questo caso, registriamo una
luminosità inferiore rispetto alle prime previsioni che prevedevano il 7 Maggio al perielio un valore di 0,9. Dopo
qualche ora di osservazione, la stanchezza si fa sentire e ci concediamo un meritato riposo prima delle visite
previste il giorno dopo agli osservatori di Las Campanas e La Silla. E così il 15 maggio, dopo 2 ore e mezzo di
auto da Vicuna, e dopo circa 200 Km in direzione Nord-Est, siamo nei pressi del complesso di osservatori
americani di Las Campanas, tra cui spiccano i due telescopi gemelli del Magellan Project, entrambi con uno
specchio primario di ben 6.5 metri a cui è applicato il sistema dell’ottica attiva.
Gli osservatori si trovano a 2300 m sulla cima del Cerro Manqui e sono nati da una
collaborazione tra l'Istituto Carnegie di Washington, le Università di Harvard, Michigan, Arizona e
del MIT . Insieme alle guide visitiamo l’interno dell’enorme cupola che ospita il Magellan I,
operativo dal Settembre 2000 e dedicato all’astronomo Walter Baade. Ha una configurazione
ottica variabile Cassegrain- Nasmyth- Gregory su montatura
altazimutale.
Dopo un veloce sguardo dall’esterno al Magellan 2, inaugurato nel
Settembre 2002 e dedicato all’astronomo Landon Clay ci spostiamo
successivamente di una trentina di km per raggiungere gli osservatori dell’ESO ( European Southern
Observatory) di La Silla, a 2350m di quota.
Il nome del luogo deriva dalla conformazione orografica , che ricorda quello di una
sella. All’ingresso ci accoglie Hernan Illanes, l’addetto dell’ESO ai tour guidati e
veniamo condotti, dopo una proiezione introduttiva , a visitare l’NTT ( New
Technology Telescope), un riflettore da 3,5 metri, su montatura altazimutale in
configurazione Ritchey Chretien. E’stato il primo telescopio ad
applicare la rivoluzionaria tecnica dell’ottica adattiva, ovvero uno
specchio flessibile controllato elettronicamente per adattarsi alle
variazioni del seeing dovute alla turbolenza atmosferica. Anche la
cupola, di dimensioni piuttosto ridotte, ha lo scopo di ridurre la turbolenza e
l’edificio si muove assieme al telescopio, analogamente al TNG ( Telescopio
Nazionale Galileo delle Canarie), che riprende la stessa tecnologia e che visitai
nel Novembre ’99, in occasione della spedizione di Coelum a La Palma per la
pioggia delle Leonidi.
Entriamo poi nella gigantesca cupola di 30 m che ospita il vecchio riflettore da
3,6 m , realizzato nei primi anni 70, con una robustissima montatura a disco
polare. Quindi Hernan ci conduce alla grande parabola di 15 m del radiotelescopio SEST (
Swedish Submillimeter Telescope), utilizzato dall’87 per investigare le frequenze comprese tra i
70 e i 365 Ghz.
Il giorno 16 sfuma purtroppo la visita all’osservatorio di Cerro Tololo, a causa di rigide misure di sicurezza
imposte dopo gli attentati dell’11 Settembre, nei giorni non aperti al pubblico.
La nostra spedizione quindi si divide in 2: alcuni raggiungono il suggestivo Paso de Aguanegra a 4800 m di
quota al confine con l’Argentina, mentre altri, tra cui il sottoscritto, preferiscono prepararsi alle osservazioni
serali, rintracciando il sito osservativo utilizzato 5 anni fa, ovvero uno spiazzo a circa 1000 m di quota con un
ampia visibilità su tutto l’orizzonte e immerso nella più completa oscurità, lungo la
tortuosa strada a strapiombi che collega Vicuna a Ovalle.
Siamo prossimi all’inverno australe e il Sole tramonta attorno alle 18.00, facendo
calare la temperatura a 7 gradi, anche se ci conforta una totale assenza di vento e
umidità. La Neat Q4 si mostra con facilità con una coda di gas di una decina di gradi e
col binocolo si intuisce anche la seconda coda di polveri. Il cielo in questi anni si è
mantenuto superlativo e la Via Lattea esplode sulle nostre teste fra grappoli di stelle
e nebulose brillanti e oscure.
Passiamo in rassegna gli oggetti australi più famosi ( Omega Centauri, lo Scrigno,
Centaurus A ecc. ) e poi andiamo alla ricerca di qualcosa di più difficile puntando il
Dobson all’interno della Grande Nube, nella costellazione del Dorado per osservare
ad esempio il piccolo ammasso aperto NGC 1910 di 1’di diametro e la nebulosa
diffusa NGC1936, ben visibile e di aspetto rettangolare. Nel Tucano accanto alla
Piccola Nube e al brillante globulare 47 Tucanae, individuiamo il meno noto NGC 362,
di dimensioni medio piccole ( 12’,9) ma ben risaltabile ( magnitudine 6,6) sul fondo nerissimo del cielo. Infine
un terzetto di galassie nel Pesce Volante NGC 2397, 2434 e 2442, piccole nubecole al limite delle possibilità
dello strumento, La magnitudine e le dimensioni sono rispettivamente: ( 13-2’,2);(11,2-2’,5) e ( 11-6’).
Il mattino dopo partiamo in pullman per Choros per la prevista visita guidata con una piccola imbarcazione alle
Isla Damas, sulle cui scogliere osserviamo numerose colonie di leoni marini, pinguini di Humboldt e altri uccelli
acquatici. Il 18 maggio, abbandoniamo Vicuna e prendiamo l’aereo per Antofagasta, importante città costiera
del Cile e da qui in fuoristrada ci dirigiamo a S.Pedro de Atacama, il caratteristico pueblo a 2300 m nel cuore
del deserto, ai confini con il Salar de Atacama.
All’arrivo in hotel una robusta mangiata di ottima carne cilena unita alla stanchezza del viaggio e alla quota ci
induce a rinunciare alle osservazioni, ci rifaremo il giorno dopo. Il mattino è dedicato alla visita di S.Pedro, del
suo museo archeologico, della pittoresca chiesetta e dei negozietti di artesianas,
tutti tradizionalmente costruiti in pietra. Le attrazioni principali sono però gli
splendidi panorami naturali della zona circostante, come la suggestiva Valle della
Luna, che visitiamo nel pomeriggio, aspettando un tramonto che ci regala colori
indimenticabili tra le dune e le stravaganti forme assunte
dalle rocce modellate dal vento.
Qualche nube che staziona sopra la valle, ci costringe a
spostarci verso ovest , dove il cielo è sgombro, salendo
su un passo a 3200m di quota. Il cielo è più buio e ricco di stelle che a Vicuna (
impressionante il rigonfiamento galattico nei pressi del Sagittario e dello Scorpione) ed ecco che la cometa
Linear T7, divenuta visibile al tramonto, và a formare finalmente la coppia con la Q4. Ad occhio nudo ci appare
come una nuvoletta nella costellazione della Lepre a 70° circa di distanza dalla Q4, mentre al binocolo ci mostra
una chioma bianco-azzurra, luminosa e sviluppata, che stimiamo di una magnitudine compresa tra 2 e 2,5 ed
una coda debole e filiforme di 5-6°.
Pur non essendo due “grandi comete”, sono comunque entrambe ben visibili ad occhio nudo e la loro
contemporanea presenza in cielo, rappresenta una rarità assoluta. Rimaniamo a contemplare lo spettacolo
alcune ore, poi, vinti dal freddo, ritorniamo sui nostri passi. Il giorno 20 di buon mattino, procediamo verso il
Salar de Atacama e la laguna Chaxa, dove il bianco del sale si alterna al rosa dei fenicotteri alla ricerca di alghe
e poi arriviamo al confine con la Bolivia, a 4000m, alle lagune d’alta quota Minique e
Miscanti, con le acque turchesi che risaltano sotto gli omonimi vulcani tra il bruno del
terreno ed il giallo delle sterpaglie andine. Il riposo notturno è breve, poiché alle 3.30
partiamo per raggiungere la caldera del Tatio e i suoi geyser.
In piena oscurità attraversiamo guadi e affrontiamo dure salite, immaginando gli
strapiombi che sprofondano nelle tenebre oltre il bordo degli stretti sentieri sterrati.
Un’ora dopo siamo già oltre i 4200 m e decidiamo di fermarci per ammirare la lingua
lucente della luce zodiacale che da est si assottiglia fino allo zenit e oltre nel
tenuissimo chiarore del Gegenschein. Scendiamo dalle auto, la Via Lattea sembra un fiume impetuoso che
divide a metà la volta stellata, mentre le nubi di Magellano sono luminosissime, quasi sovraesposte: mai visto
nulla del genere!
Quasi non mi accorgo dei 15 gradi sotto zero e del vento gelido che mi sta ibernando.
A malincuore abbandoniamo le osservazioni e procediamo nuovamente; inizia ad
albeggiare quando siamo sulla caldera del Tatio a 4300 m ed il cielo ad est inizia ad
assumere un colore blu elettrico. Coi primi raggi del sole, i fumi bianchi dei geyser si
innalzano nel cielo limpidissimo, dalle spaccature del terreno in un paesaggio degno
dell’inferno dantesco. Passeggiando tra gli zampilli bollenti dei vulcanelli, osserviamo
con meraviglia l’ombra della nostra testa sui fumi, contornata dall’aureola della
“gloria”, un fenomeno ottico piuttosto raro.
In serata osserviamo ancora la coppia di comete dalla Valle della Luna, con al centro un sottile spicchio di Luna
crescente, un elemento in più che contribuisce ad abbellire questo splendido quadretto celeste e grazie alle
eccezionali condizioni atmosferiche osserviamo chiaramente la luce cinerea della Luna fino alla sua scomparsa
sotto l’orizzonte! L’indomani, 22 Maggio, caricati i bagagli sulle jeep, abbandoniamo il nostro residence Hotel
Kimal, poichè ci aspetta un interessante fuori programma, consigliatoci da Romano Serra del planetario di
S.Giovanni in Persiceto (BO) e grande collezionista di meteoriti.
Andremo alla ricerca del cratere meteorico Monturaqui, situato un centinaio di km a sud di S.Pedro, in un
territorio impervio e assolutamente fuori dalle rotte turistiche. Mai come in questo caso ci viene in aiuto il GPS
di Davide, utilizzato anche nei precedenti spostamenti assieme ai Walkie-Talkie, poichè al di là di un ultimo
spettrale paesino chiamato Tilomonte, non esistono più strade e dobbiamo affidarci alle coordinate in nostro
possesso. A passo d’uomo, cercando di schivare i macigni più taglienti, dopo 2 ore , siamo ancora in marcia:
mancano 4Km all’obbiettivo, poi 2 poi 500m, la freccia del GPS è sull’obbiettivo.
Ci fermiamo, scendiamo dalle auto, siamo saliti a 3000 m e ormai il cratere dovrebbe essere sotto i nostri occhi
.Invece nulla. Prendiamo diversi abbagli con profili tondeggianti dell’altopiano o con canyon e dobbiamo
ricorrere diverse volte alle foto del cratere, poi finalmente vediamo in lontananza gesticolare festanti Paolo e
Claudio: l’hanno trovato! E’ bellissimo, con un diametro di 460 m, profondo 50 e con al centro una vistosa
chiazza bianca di sale. Questo cratere si è formato dopo un impatto avvenuto 100.000 anni fa con un corpo
ferroso di 13,4m .
La spedizione è entusiasta, consapevole della difficoltà della ricerca e raccogliamo diversi campioni di quella che
potrebbe essere breccia da impatto. Ma il Sole sta rapidamente calando ed è opportuno abbandonare quel luogo
sperduto e tornare su strade più buone prima che faccia buio. L’impresa non è semplice e la jeep di Diego
rimane incastrata con le ruote tra grossi macigni e occorre l’aiuto degli altri equipaggi per ricuperarla. Ci
tuffiamo nel bianchissimo Salar de Atacama e raggiungiamo nella notte Antofagasta ed il nostro albergo Diego
de Almagro Costanera.
23 Maggio: è il giorno dell’importantissima visita al Cerro Paranal , con i suoi
giganteschi telescopi del VLT ( Very Large Telescope).
Percorriamo nuovamente i lunghissimi rettilinei della strada Panamericana verso sud
, poi svoltiamo per una strada sterrata , in direzione Tal Tal alzandoci nuovamente
di quota. Il cielo è cristallino, non una nuvola, non facciamo fatica a credere che a
memoria d’uomo in questa zona non sia mai piovuto, e che ci sia una media di 330
notti serene all’anno. Attraversiamo un paesaggio di un’aridità assoluta che ricorda
Marte in modo impressionante.
Poi, in mezzo al nulla, troviamo un monolito con la scritta ESO Paranal Observatory ed una strada che si
inerpica fino a 2635m sull’omonima montagna : l’emozione è grande, ecco le 4 sagome squadrate dei colossali
osservatori, campeggiare sulla cima spianata del Cerro Paranal! Siamo di fronte ad Antu (il Sole), Kueyen (la
Luna ), Melipal (la Croce del Sud ) e Yepun ( Venere), così come sono stati chiamati gli osservatori nella lingua
Mapuche locale. Troviamo ad attenderci di nuovo Hernan che ci fa visitare, l’unità UT2 ovvero Kueyen. Ognuno
dei 4 telescopi principali, dal 2001 tutti operativi, possiede uno specchio di ben 8,2 m di diametro e sono in fase
di realizzazione ( i lavori dovrebbero terminare nel 2006 ), altri 4 telescopi ausiliari di 1,80m, che daranno vita
al VLTI, un gigantesco interferometro, che verrà impiegato per le osservazioni ad altissima risoluzione.
Per ora , ci mostra Hernan, è stato realizzato il primo di questi ausiliari, ovvero l’AT1 ed inoltre sono stati
compiuti i primi test, ottenuti combinando i raggi lunimosi di 2 dei 4 telescopi principali, con risultati veramente
incoraggianti. I telescopi principali sono equipaggiati sia con il sistema di ottica attiva che con quello di ottica
adattiva, chiamato NAOS-CONICA.
Nel modo interferometrico, i 4 telescopi forniranno la stessa capacità di un singolo specchio di 16 m, rendendoli
lo strumento ottico più grande del mondo. Il VLTI ha come obbiettivo la risoluzione di 0,001 secondi d’arco alla
lunghezza d’onda di un micron nel vicino infrarosso ovvero un oggetto di 2m sulla superficie lunare!
Troveranno posto sul Cerro Paranal, nei prossimi anni anche altri 2 osservatori: il VST, di cui purtroppo è
andato in frantumi recentemente lo specchio di 2,5m durante il trasporto ed il VISTA con un diametro di 4m. La
visita si conclude nella sala di controllo in cui ci vengono mostrati sul computer i valori del seeing medio del
luogo, pari a 0,66 arcsec, con punte di 0,14 . Oggi purtroppo la temperatura si è abbassata ed il seeing
sicuramente ne risentirà in negativo, ci avvertono gli astronomi.
Salutiamo Hernan che ci dà il permesso di fare osservazioni nelle vicinanze dell’osservatorio, con la
raccomandazione di non accendere per nessun motivo i fari delle auto o torce elettriche, per non disturbare il
lavoro degli astronomi. Il cielo è splendido e al tramonto, l’ultimo lembo di Sole, prima di scomparire dietro
l’orizzonte, ci regala un flash blu-viola, rarissimo fenomeno di rifrazione atmosferica, visibile solo in condizioni
eccezionali di limpidezza.
Mangiamo il consueto panino e attendiamo che lo spicchio di Luna tramonti dietro le cupole del VLT, poi, al
cospetto di questi giganti che guardano dall’alto, la nostra ben più limitata strumentazione, diamo inizio alle
osservazioni. Nella Croce del Sud individuiamo l’ammasso aperto NGC 4337 e nella Vela, NGC 2547 ( mag 5
dim 15’), simile ad M38 nell’Auriga. Mi sposto nell’anonimo Hydrus, o Idra maschio, e
qui osserviamo la galassia NGC 1511 ( 12-3’,3), una pallida nube tondeggiante. Il
freddo si fa intenso, con sferzate di vento gelido e fra una pausa e l’altra, siamo
costretti a riscaldarci in auto.
La nostra vista ormai è perfettamente adattata all’oscurità e solo allora , notiamo
verso nord una piccola cupola di luce: è Antofagasta! Anche il sito astronomico più
importante del mondo comincia a soffrire i problemi dell’inquinamento luminoso…
Terminiamo le osservazioni con l’ammasso aperto NGC 5715 nel Compasso, piccolo e allungato ( 10- 6’) e con
la nebulosa planetaria NGC 3195 di 36”, grigio azzurra, nel Camaleonte, molto vicino a Sigma Octantis, la stella
polare del sud.
Un luminoso bolide che si frammenta mette il
suggello a questa indimenticabile notte al
Paranal ed il giorno dopo si conclude la
nostra permanenza ad Antofagasta con una
visita alla caratteristica scogliera la Portada,
prima del volo per Santiago. A questo punto
salutiamo alcuni amici della nostra spedizione che tornano in Italia , mentre io Ferruccio, Esther, Claudio,
Beppe, Liliane , Paolo Bruno e Giulio, decidiamo di proseguire questo incredibile viaggio con 4 giorni di
permanenza alla misteriosa Isola di Pasqua, situata a circa 4000 Km al largo delle coste cilene in pieno Oceano
Pacifico.
Finalmente si realizza il sogno di vedere da vicino le enigmatiche statue dei Moai, uno dei misteri della cultura
del Pacifico, in un’isola in cui si confondono mito e realtà. Veniamo accolti all’aeroporto di Hanga Roa da un
clima umido, che purtroppo pregiudicherà le ultime osservazioni astronomiche e dalle tipiche ghirlande
polinesiane, familiarizzando subito con gli isolani dal carattere allegro e informale. Il giorno dopo, 27 Maggio,
siamo pronti per il primo incontro con i misteriosi Moai e con le jeep a noleggio ci addentriamo nell’interno
verdeggiante di Rapa Nui ( nome dell’isola nella lingua locale), dominata da alti coni vulcanici.
Ecco in lontananza le 7 statue di Ahu Akivi ( ahu sta per piattaforma ove solitamente poggiano i Moai), rivolte
verso il punto in cui il Sole tramonta. Secondo la leggenda rappresentano i primi 7 esploratori, che sbarcarono
sull’isola, provenienti dalle lontane isole polinesiane, mandati dal re Hotu Matu’a. Scendiamo dalle auto e con
timoroso rispetto ci avviciniamo alle in quietanti sagome, che incuranti dei visitatori continuano a fissare
l’oceano con le loro orbite vuote.
I giorni successivi visitiamo i più importanti siti archeologici dell’isola, tra cui i 15 altissimi Moai (alcuni alti più
di 10 m) di Ahu Tongariki, il cratere Rano Raraku, la vera e propria officina dei Moai, in cui queste gigantesche
statue venivano scolpite e poi trasportate in tutta l’isola, il villaggio cerimoniale di Orongo in cui si compiva il
crudele rituale dell’Uomo Uccello e la statua di Ahu Huri a Urenga, rivolta verso il punto in cui sorge il Sole il
solstizio d’inverno. Il viaggio si conclude con un tuffo nel Pacifico, dalla splendida spiaggia di Anakena, con
tanto di palmeto e sabbia bianchissima, da cui spuntano i Moai di Ahu Nau Nau, in un connubio insolito e unico
al mondo.