Il quesito. Una società Vostra Associata ha ricevuto
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Il quesito. Una società Vostra Associata ha ricevuto
,OTXHVLWR Una società Vostra Associata ha ricevuto da parte dell’INAIL (Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) la richiesta, a quanto risulta informale, di comunicare l’identità di tutti i fiducianti per conto dei quali detiene le azioni di una società per azioni, presso la quale l’Istituto aveva effettuato un accesso ispettivo. La richiesta informale non è stata accompagnata da alcuna motivazione a giustificazione dell’interessamento. La società fiduciaria non ha ritenuto di dar immediato seguito alle richieste avanzate dall’Ente previdenziale, nel dubbio che l’eventuale comunicazione dei dati richiesti potesse costituire comportamento lesivo del diritto alla riservatezza del fiduciante. Ci è stato pertanto chiesto di esprimere un parere sulla legittimità del comportamento tenuto dalla Vostra Associata e, più in generale, di valutare se una società fiduciaria possa legittimamente e, eventualmente, a quali condizioni, opporre il c.d. segreto fiduciario ad un ente previdenziale . /HTXHVWLRQLJLXULGLFKHVRWWHVHDOTXHVLWR La valutazione della possibilità da parte di una società fiduciaria di opporre legittimamente ad un ente previdenziale (nella specie, l’INAIL) il segreto sull’identità dei fiducianti implica l’analisi delle seguenti questioni: • la sussistenza in capo alla fiduciaria del diritto/dovere di riservatezza in merito all’identità dei propri fiducianti; • i limiti posti dalla legge al dovere di riservatezza; • i poteri ispettivi degli enti previdenziali ed in particolare di INPS ed INAIL. L,OGLULWWRGRYHUHDOODULVHUYDWH]]DVXOODLGHQWLWjGHLILGXFLDQWL Come è noto, la legge sulle società fiduciarie (legge 23 novembre 1939, n. 1966) afferma che le società fiduciarie possono svolgere “O¶DPPLQLVWUD]LRQHGHL EHQL SHU FRQWR GL WHU]L” (art. 1), subordinando l’ inizio delle operazioni di dette società ad una previa autorizzazione del Ministero dell’ Industria (art. 2). La questione relativa all’ esistenza del c.d. segreto fiduciario si pone per il fatto che, ad una prima analisi testuale, non v’ è una disposizione che espressamente lo stabilisca. Tuttavia, il principio della riservatezza fiduciaria è un dato acquisito, capace di trovare un duplice fondamento, sia convenzionale che, soprattutto, normativo1. In primo luogo, la natura convenzionale del suddetto principio discende dal mandato senza rappresentanza ex artt. 1705 e ss. c.c. cui, in prima approssimazione, può essere assimilato il contratto fiduciario. Infatti allo scopo di affidare alla società fiduciaria il compito di amministrare i beni perconto di terzi(secondo quanto previsto dall’ art. 2, legge n. 1966/1939), il fiduciante deve conferire alla stessa un mandato che può prevedere la spendita del nome della sola fiduciaria, mantenendo invece riservato il nome del fiduciante. La natura del rapporto fiduciario che si instaura tra mandante e mandatario configura, quindi, il principio di riservatezza quale dovere del fiduciario nei confronti del fiduciante. In tal senso la prevalente dottrina. Si veda, in particolare, M. Nuzzo, 6RFLHWjILGXFLDULH, in Enc Dir.; A. Jannuzzi, in /H VRFLHWj ILGXFLDULH, Milano 1988, pp. 81 e ss.; F. Di Maio in /D VRFLHWj ILGXFLDULD H LO FRQWUDWWR ILGXFLDULR QHOOD JLXULVSUXGHQ]D H QHOOD SUDVVL GHJOL RUJDQL GL FRQWUROOR, Padova 1995, pp. 497 e ss.; F. Di Maio, /D ULVHUYDWH]]D ILVFDOH QHOO¶DWWLYLWj ILGXFLDULD in /H VRFLHWj 1990, pp. 1133 e ss.; N. Mazzacuva, in /HVRFLHWj 1987, pp. 345 e ss. 1 2 Inoltre, il diritto/dovere della fiduciaria alla riservatezza trova riconoscimento normativo nella legge n. 1966/1939 nonché nel R.D. n. 239 del 29 marzo 1942, che ne offre una specificazione disciplinando l’ ipotesi di intestazione di titoli azionari di terzi in capo alla società fiduciaria. Tali disposizioni riconoscono giuridicamente il fenomeno dell’ intestazione fiduciaria e dunque non possono non aver considerato, almeno indirettamente, il principio GHTXR intrinsecamente connesso con l’ esercizio dell’ attività fiduciaria. Infatti, consentendo alle società fiduciarie l’ intestazione di titoli azionari in nome proprio, ma per conto di terzi, si finisce per riconoscere e ricondurre nell’ ordinamento l’ elemento causale della riservatezza, elemento tipico proprio del negozio di intestazione fiduciaria2. Il contratto fiduciario può quindi essere ricostruito quale contratto atipico causale3 (la causa è appunto la “fiducia”) ad effetti reali (si caratterizza, infatti, per la tutela reale riservata al fiduciante quanto ai beni intestati al fiduciario e per la separazione fra il patrimonio della fiduciaria ed i beni propri del fiduciante); lecito in quanto riconosciuto dal legislatore (con la l. n. 1966/1939 ed il R.D. n. 239/1942) e diretto a conseguire interessi meritevoli di tutela. Con la stipulazione del contratto fiduciario, il fiduciante soddisfa un duplice interesse: o affidare l’ amministrazione dei propri beni ad un professionista (interesse la cui meritevolezza non può certo essere posta in dubbio); 2 Al riguardo, la Corte di Appello di Trieste, con una recente pronuncia, ha affermato che nel rapporto fiduciario “OD VHJUHWH]]D GHO QRPH GHO YHUR SURSULHWDULR DSSDUH IRQGDPHQWDOH SHU JLXVWLILFDUHO¶LQWHUHVVHVWHVVRDVWLSXODUHXQWDOHFRQWUDWWR”, App. Trieste n. 35 del 2004. 3 Come non hanno mancato di fare dottrina e giurisprudenza:App. Trieste n. 35 del 2004, App. Milano 21 gennaio 1994 e Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031; per la dottrina, M. Nuzzo, 6RFLHWj ILGXFLDULH, in Enc. Dir. ; F. Di Maio, /D VRFLHWj ILGXFLDULD H LO FRQWUDWWR ILGXFLDULR QHOOD JLXULVSUXGHQ]D H QHOOD SUDVVL GHJOL RUJDQL GL FRQWUROOR, Padova, 1995, pp. 497 e ss.; F. Di Maio, /DULVHUYDWH]]DILVFDOHQHOO¶DWWLYLWjILGXFLDULD, in /HVRFLHWj, 1990, p. 1133 e ss. 3 o disporre che i rapporti con i terzi siano formalmente conclusi dal fiduciario (ed anche la liceità di questo elemento non può essere negata aprioristicamente, dovendosi, al contrario, valutare caso per caso la eventualità che con tale peculiarità contrattuale le parti abbiano inteso frodare la legge). Il riconoscimento legislativo del contratto fiduciario come negozio contrassegnato nella causa dalla “fiducia” e la meritevolezza degli interessi che mira a realizzare qualificano come obbligo della società fiduciaria la riservatezza sul nome del fiduciante, obbligo che viene meno solo laddove diversi e contrapposti principi dell’ ordinamento ne determinano una deroga. Da ciò segue che la riservatezza si configura come specifico obbligo del fiduciario, al quale derogare è lecito su indicazione del fiduciante ed è invece doveroso qualora vi sia una specifica previsione normativa che, nella fattispecie concreta, privilegi la trasparenza. LL ,O UDSSRUWR LQWHUFRUUHQWH WUD SULQFLSLR GL ULVHUYDWH]]D H SULQFLSLR GL WUDVSDUHQ]D Le sopraindicate conclusioni portano a focalizzare l’ attenzione sui rapporti fra il ridetto principio di riservatezza, proprio del negozio fiduciario, e il principio della trasparenza cui pure si ispira il nostro ordinamento. La trasparenza viene in rilievo nei casi in cui esista un preminente interesse pubblico capace di derogare al generale diritto di SULYDF\ dei privati. Si pensi, ad esempio, alle esigenze della circolazione dei beni e della tutela dell’ affidamento dei terzi, alla necessità di preservare i contraenti deboli o di garantire la correttezza dell’ attività amministrativa. La riservatezza, in sostanza, è il principio generale vigente nei rapporti fra privati; esso cederà il passo alla trasparenza nella misura in cui vi siano espresse disposizioni di legge, dettate da interessi pubblici o generali preminenti, che la sanciscano e ne definiscano i confini. Dunque, soprattutto in relazione al contratto fiduciario, la cui 4 caratteristica causale principale abbiamo visto essere proprio la riservatezza, le società fiduciarie potranno generalmente opporre ai terzi interessati, come alla autorità pubblica, la sussistenza del diritto/dovere al segreto circa le generalità del fiduciante, salvo che esistano speciali disposizioni di legge che espressamente vi deroghino. In altri termini, si deve ritenere generalmente sussistente in capo alla fiduciaria “il diritto al segreto” e, al contrario, considerare il contrapposto principio di trasparenza come “speciale” e, conseguentemente, tale da prevalere solo nei casi particolari in cui una norma preveda espressamente un obbligo di GLVFORVXUHper superiori e manifeste esigenze di natura pubblicistica.4 Il fondamento di quanto affermato si può desumere - a nostro avviso - sulla base di due considerazioni essenziali: a) innanzitutto, dalla circostanza, già riferita, che il contratto di intestazione fiduciaria e il relativo principio di riservatezza trovano un riconoscimento non solo a livello privatistico, ma anche a livello legislativo generale nell’ ambito della citata legge n. 1966/1939; b)in secondo luogo, dal fatto che il legislatore, nei casi in cui ha inteso derogare al principio di riservatezza – circostanza oggi, invero, sempre più frequente – per l’ esigenza di tutelare superiori interessi pubblicistici, vi ha sempre provveduto in maniera espressa, mediante apposita previsione normativa (si veda quanto segue al paragrafo successivo). A ben vedere, ogni deroga espressa al principio di riservatezza appare, al contempo, 4 In tal senso, e limitatamente al potere dell’ amministrazione finanziaria di acquisire elementi di rilievo tributario, Di Maio afferma che “ VH QRQ F¶q O¶HVLJHQ]D GL FHQVLUH LO SDWULPRQLR PRELOLDUH QD]LRQDOHQRQVLYHGHTXDOHVRVWHJQRSRVVDDYHUHODSUHWHVDGLLPSHGLUHDOFLWWDGLQRGLULFHUFDUH OD ULVHUYDWH]]D GHL SURSUL EHQL” e che “ ODGGRYH VL q YROXWR UHQGHUH REEOLJDWRULR OD GLFKLDUD]LRQH GHO SRVVHVVR GHL EHQL SURGXWWLYL GL UHGGLWR« LO OHJLVODWRUH OR KD HVSUHVVDPHQWH VWDELOLWR VLFFKp SDUHFRUUHWWRDIIHUPDUHFKHQHOVLOHQ]LRGHOODOHJJHQRQqFRQVHQWLWRLQWURGXUUHLQYLDVXUUHWWL]LDLO SULQFLSLRGHOODGLFKLDUD]LRQHREEOLJDQGRLOGHWHQWRUHDUHQGHUHQRWRO¶RJJHWWRGHOODGHWHQ]LRQH$ VRVWHJQRULOHYRFKHRJQLTXDOYROWDVLqLQWHVRDIIHUPDUHO¶HVLVWHQ]DGHOODQHFHVVLWjGLFRQRVFHQ]DVL q LPSRVWR O¶REEOLJR GHOOD FRPXQLFD]LRQH«” , Di Maio, FLW, p. 500; vedi, inoltre, N. Mazzacuva, FLW, pp. 345 e ss.; U. Morello, )LGXFLDHQHJR]LRILGXFLDULRGDOODULVHUYDWH]]DDOODWUDVSDUHQ]Din 7UXVWLQ,WDOLDRJJLa cura di I. Benvenuti, Milano 1996, pp. 90 e ss. 5 un’ implicita conferma della fondatezza dello stesso e della sua portata generale.5 LLLVHJXH'HURJKHROLPLWD]LRQLDOSULQFLSLRGHOODULVHUYDWH]]D Sembra opportuno richiamare alcune disposizioni che configurano deroghe o limitazioni espresse al principio generale della riservatezza: - Ai sensi dell’ art. 115, n. 3, del d.lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998 “ OD &RQVRE SXz FKLHGHUH DOOH VRFLHWj R DJOL HQWL FKH SDUWHFLSDQR GLUHWWDPHQWH R LQGLUHWWDPHQWH DVRFLHWj FRQ D]LRQLTXRWDWHO¶LQGLFD]LRQHQRPLQDWLYDLQEDVHDL GDWLGLVSRQLELOLGHLVRFLHQHOFDVRGLVRFLHWjILGXFLDULHGHLILGXFLDQWL” . - L’ art. 25 legge n. 646 del 13 settembre 1982 (cd. legge antimafia) prevede, in capo al nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, il potere di verifica della posizione fiscale delle persone nei cui confronti sia stata emessa sentenza di condanna o misura di prevenzione per reati di stampo mafioso. Inoltre, la disposizione GHTXR, in combinato disposto con l’ art. 2 bis comma 3, l. 575 del 31 maggio 1965, attribuisce espressamente alla Guardia di Finanza “ LOSRWHUHGL ULFKLHGHUH DJOL XIILFL GHOOD 3$ DJOL LVWLWXWL GL FUHGLWR H DOOH VRFLHWj ILGXFLDULH LQIRUPD]LRQLHFRSLHGHOODGRFXPHQWD]LRQHULWHQXWDXWLOHDLILQLGHOOHLQGDJLQL…” . - Secondo quanto dettato dall’ art. 21 del Testo Unico in materia bancaria e creditizia, d.lgs. n. 385 del 1° settembre 1993, “ OHVRFLHWjILGXFLDULHFKH Al riguardo A. Jannuzzi sostiene che “ VXVVLVWD LQ SULQFLSDOLWj LO ULFRQRVFLPHQWR VLD SXUH LQGLUHWWR GHO OHJLVODWRUHDOO¶HVLJHQ]DGHOOD ULVHUYDWH]]DDIDYRUHGHOOHVRFLHWjILGXFLDULHDOORUFKp SUHYHGH FDVL GHWHUPLQDWL QHL TXDOL VROWDQWR HVVH VRQR WHQXWH D GLFKLDUDUH OH JHQHUDOLWj GHJOL HIIHWWLYL SURSULHWDUL GHL WLWROL DSSDUWHQHQWL D WHU]L DG HVVH LQWHVWDWH ILGXFLDULDPHQWH DPPHWWHQGR FRVuLPSOLFLWDPHQWHODVSHUVRQDOL]]D]LRQHGHOWLWRODUH«,QYLDJHQHUDOHSRLVLGHYHULEDGLUHFKHL OLPLWL DOOD WXWHOD GHO GLULWWR DOOD ULVHUYDWH]]D D IDYRUH GHOOH ILGXFLDULH VRQR ILVVDWL HVSUHVVDPHQWH FRQ VSHFLILFKH GLVSRVL]LRQL GL OHJJH« H QRQ VRQR DPPHVVL DOWUH LSRWHVL HG DOWUL PRGL SHU LQIUDQJHUHLOGLYLHWR´ A. Jannuzzi, FLW, pp. 81 e 85. In tal senso si è espressa anche la App. Trieste n. 35/2004, affermando che “ OD UHJROD GHOOD ULVHUYDWH]]D GHYH ULWHQHUVL LQVLWD QHOO¶DWWLYLWj GHOOH VRFLHWjILGXFLDULHWDQWRFKHVRORLQGHWHUPLQDWLFDVLFRQGHWHUPLQDWHIRUPHHOLPLWLSUHYLVWLGDOOD OHJJHLOILVFRHOHDOWUHDXWRULWjSXEEOLFKH«SRVVRQRULFKLHGHUHDOOHVRFLHWjILGXFLDULHQRWL]LHVXL ORURILGXFLDQWL´. 5 6 DEELDQR LQWHVWDWR D SURSULR QRPH SDUWHFLSD]LRQL LQ VRFLHWj DSSDUWHQHQWL D WHU]L FRPXQLFDQR DOOD %DQFD G¶,WDOLD VH TXHVWD OR ULFKLHGD OH JHQHUDOLWj GHL ILGXFLDQWL” . La medesima disposizione prevede anche il dovere della Banca d’ Italia di informare la Consob delle richieste (di informazioni) che interessano società ed enti con titoli negoziati in un mercato regolamentato. - La materia, peraltro, in cui forse meglio si manifesta il processo normativo che porta a ritenere il principio della riservatezza, causa “ fiducia” , non derogabile se non per espresso intervento dello stesso legislatore è, senza meno, quella fiscale. Si ricordi, innanzitutto, che la prima e fondamentale deroga al principio della riservatezza del negozio fiduciario è stata prevista dall’ art. 1, ultimo comma, del R.D. n. 239 del 1942, il quale così sancisce: “ OHVRFLHWjILGXFLDULHFKHDEELDQR LQWHVWDWR D SURSULR QRPH WLWROL D]LRQDUL DSSDUWHQHQWL D WHU]L VRQR WHQXWH D GLFKLDUDUHOHJHQHUDOLWjGHJOLHIIHWWLYLSURSULHWDULGHLWLWROLVWHVVL” . Tale disposizione non ha carattere generale, ma si inquadra nell’ insieme di disposizioni dettate dal legislatore, per consentire, appunto, la comunicazione delle generalità dei fiducianti per finalità specificamente di carattere tributario6. Qualora, infatti, si ritenesse esistente, in capo alla fiduciaria, un diffuso dovere di comunicazione dell’ identità del fiduciante, del tutto priva di giustificazione, e dunque irragionevole, risulterebbe la puntuale e specifica normativa dettata a partire dal 1942, proprio al fine di consentire all’ autorità pubblica (in particolare, l’ amministrazione finanziaria) di ottenere comunicazione dell’ identità del fiduciante. 6 Dato mai messo in dubbio, se non da una isolata sentenza del tribunale di Pordenone poi riformata dalla più volte citata App. Trieste n. 35/2004, né dalla dottrina più autorevole (si veda, ad esempio, M. Nuzzo, 6RFLHWjILGXFLDULD, in Enc. Dir., nota 33), né dalla giurisprudenza (oltre a App. Trieste n. 35/2004, si veda App. Milano 21 gennaio 1994 e Cass. n. 10031 del 14 ottobre 1997). 7 Proprio nella materia fiscale le società fiduciarie, quanto ai rapporti fra esse e i fiducianti, sono sempre state assoggettate, sia pure con evidenti limiti e garanzie, ai poteri istruttori dell’ autorità tributaria. Ciò è stato, tuttavia, in base ad una specifica disposizione che autorizza il fisco a superare il segreto fiduciario. L’ art. 32, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, come anche interpretato dal noto parere del Consiglio di Stato n. 2345 del 2003, consente all’ Amministrazione finanziaria di richiedere il nome del fiduciante, a condizione peraltro che la richiesta sia nominativa e che sia avanzata nell’ ambito di un’ indagine svolta nei confronti di un preindividuato contribuente. In buona sostanza, l’ ufficio finanziario non può limitarsi a chiedere chi sia l’ intestatario di un determinato conto fiduciario (dall’ oggetto al soggetto), bensì deve indicare alla società fiduciaria il nominativo di un contribuente e chiedere se esistono conti a questi intestati fiduciariamente (dal soggetto all’ oggetto). La disciplina fiscale appare indubbiamente significativa sia perché conferma la necessità di una norma DG KRF per poter derogare al dovere di segretezza, sia per il fatto che tale deroga – ove prevista – deve rispettare condizioni e limiti tali da non violare la sostanza del negozio fiduciario, negozio – come più volte ripetuto – espressamente tutelato dall’ ordinamento in quanto portatore di interessi meritevoli di tutela. LY ,SRWHULLVSHWWLYLGL,QSVH,QDLO Occorre ora richiamare la disciplina regolatrice dei poteri di indagine degli enti di previdenza e assistenza sociale, al fine di verificare se configurino una deroga al diritto/dovere di riservatezza della società fiduciaria. Anticipiamo che, dall’ analisi della normativa dettata in materia, emerge che i compiti ispettivi di Inps ed Inail sono finalizzati all’ assunzione di dati e informazioni relativi alla sussistenza e tutela del rapporto di lavoro, alla corretta 8 applicazione dei contratti collettivi, all’ assolvimento degli obblighi contributivi e previdenziali, nonché alla sicurezza sul lavoro. L’ attività di accertamento, dunque, non potrà che essere realizzata ai predetti fini. Conseguentemente, gli enti previdenziali non hanno il potere di richiedere ed ottenere dalla fiduciaria intestataria della partecipazione sociale la spendita del nome del fiduciante, dato che non solo manca ogni esplicita previsione in tal senso, ma neppure sembra sussistere alcuno dei tipici interessi che soggiacciono all’ azione degli Istituti. Non si ha infatti in questo caso, un accertamento volto alla tutela del lavoro o della legislazione sociale. Ai funzionari addetti alla vigilanza di Inps, Inail (nonché ENPALS e servizio per i contributi agricoli) ed agli addetti alla vigilanza presso gli ispettorati del lavoro il decreto legge n. 463, del 12 settembre 1983, come convertito in legge n. 638 dell’ 11 novembre 1983, attribuisce i seguenti poteri: o accesso in tutti i locali di aziende, stabilimenti, laboratori, cantieri ed altri luoghi di lavoro; o esame di libri paga e matricola, documenti equipollenti ed ogni altra documentazione, compresa quella contabile, che abbia diretta o indiretta pertinenza con l’ assolvimento degli obblighi contributivi e l’ erogazione delle prestazioni; o assunzione dai datori di lavoro, dai lavoratori, dalle rispettive rappresentanze sindacali e dagli istituti di patronato dichiarazioni e notizie attinenti alla sussistenza di rapporti di lavoro, alle retribuzioni, agli adempimenti contributivi e assicurativi ed all’ erogazione delle prestazioni; o estrazione di copia controfirmata dal datore di lavoro del libro paga e matricola; 9 o esercizio dei poteri riconosciuti agli ispettori del lavoro in materia di assistenza e di previdenza sociale, ad eccezione di quello di contestare le contravvenzioni; o richiesta a qualsiasi amministrazione che abbia redatto verbale ispettivo di trasmetterne copia congiuntamente ad ogni altra notizia utile. In ogni caso, agli ispettori di Inps, Inail, Enpals ed altri enti equiparati non spetta la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria7. La circolare Inps n. 12 del 28 Gennaio 1991 specifica che l’ accertamento ispettivo si compone dei seguenti momenti: o accesso al posto di lavoro; o identificazione delle persone presenti; o acquisizione delle dichiarazioni; o riscontro di quanto sopra con i documenti; o esame circa l’ esatta applicazione dei contratti di lavoro ai fini della verifica sia della congruità delle retribuzioni corrisposte, registrate e denunciate, sia ai fini del diritto a godere delle varie agevolazioni contributive; o esame della documentazione contabile e fiscale dell’ azienda finalizzata all’ individuazione di emolumenti non denunciati all’ istituto per i più vari motivi; o confronto con le denunce retributive presentate all’ Istituto. Più di recente il Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 15 settembre 2000 consente all’ Inail di effettuare controlli finalizzati alla verifica dell’ effettiva realizzazione degli interventi previsti dai programmi per i quali le imprese abbiano fruito di finanziamenti e contributi concessi dall’ Istituto. 7 La qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria spetta invece, nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le attribuzioni conferite dalla normativa vigente, al personale ispettivo in forza presso le direzioni regionali e provinciali del lavoro, secondo quanto stabilito dall’ art. 6 d. lgs. 23 aprile 2004, n. 124. 10 Il d. lgs. n. 124 del 23 aprile 2004, allo scopo di razionalizzare le funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, ha previsto che il personale ispettivo possa: o vigilare sull’ esecuzione di tutte le leggi in materia di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, di tutela dei rapporti di lavoro e di legislazione sociale ovunque sia prestata attività di lavoro a prescindere dallo schema contrattuale tipico o atipico di volta in volta utilizzato; o vigilare sulla corretta applicazione dei contratti e accordi collettivi di lavoro; o fornire tutti i chiarimenti che vengano richiesti intorno alle leggi sulla cui applicazione esso deve vigilare; o vigilare sul funzionamento delle attività previdenziali e assistenziali a favore dei prestatori d’ opera compiute dalle associazioni professionali, da altri enti pubblici o privati, escluse le istituzioni esercitate direttamente dallo Stato, dalle Province, dai Comuni per il personale da essi dipendente; o effettuare inchieste, indagini, rilevazioni su richiesta del ministero del lavoro e delle politiche sociali; o compiere le funzioni che ad esso vengono demandate da disposizioni legislative o regolamentari dettate del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Infine, il D. L. n. 536 del 30 dicembre 1987, convertito in legge n. 48 del 29 febbraio 1987, prevede che Inps, Inail e amministrazione finanziaria, al fine di realizzare efficacemente i controlli incrociati ex d.l. n. 463 del 1983, si comunichino reciprocamente i dati di cui siano in possesso. In ultimo, è necessario menzionare anche le norme8 che dispongono l’ obbligo assicurativo in tutti i casi di società organizzate e/o dirette prevalentemente con il 8 L’ art. 1 della l. 662 del 1996 e la Circolare Inps n. 163 del 21 luglio 1997, e la l. n. 133 del 20 maggio 1997. 11 lavoro dei soci e dei loro familiari, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati nell’ impresa, per i soci di s.r.l. che partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza nonché per i soci unici di società a responsabilità limitata operanti nel settore dell’ artigianato. L’ identità del titolare di una partecipazione in società di capitali potrebbe, quindi, rilevare a questi fini.9 9 Elenchiamo di seguito altre disposizioni in materia di poteri ispettivi degli enti previdenziali: • Gli articoli 12, 14, 16, 18 ,19, 21, 24, 28, 83, 87, 88, 89 e 95 del d.P.R. n. 1124 del 30 giugno 1965, in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Tali norme attribuiscono all’ Inail il potere di chiedere informazioni sui fatti rilevanti ai fini della valutazione del rischio e della determinazione del premio di assicurazione, nonché quello di compiere ispezioni sul luogo di lavoro per accertare la veridicità di quanto dichiarato dal datore di lavoro; • la Circolare Inps n. 113 del 24 maggio 1982, relativa all’ attività di vigilanza, recupero crediti e garanzie ipotecarie. Essa prevede, al fine di semplificare e favorire il recupero dei crediti contributivi vantati dall’ Istituto, che l’ area riscossione tributi invii immediata segnalazione all’ aerea vigilanza di ogni notizia relativa ad omissioni contributive che comporti la necessità di svolgere accessi ispettivi; la realizzazione di intese di collaborazione con tutti gli organismi dai quali sia possibile attingere notizie utili al fine di reperire la massima completezza e certezza dei dati nella fase di accertamento e qualificazione del credito contributivo e di individuazione dell’ identità del debitore: • la Circolare Inps n. 280 del 22 dicembre 1984 che prevede la possibilità di istituire commissioni istruttorie presso gli uffici dell’ Istituto per l’ istruttoria dei ricorsi amministrativi; • la l. n. 222 del 12 giugno 1984 che riconosce all’ Inps il potere di sottoporre ad accertamenti sanitari, per la revisione dello stato di inabilità o di invalidità, il titolare dell’ assegno o della pensione di invalidità; • la legge n. 88 del 9 marzo 1989 sulla ristrutturazione dell’ Istituto nazionale di previdenza sociale e dell’ Istituto nazionale per l’ assicurazione contro gli infortuni sul lavoro che ribadisce il potere del consiglio di amministrazione di dettare il regolamento per le procedure di accertamento di competenza degli Istituti; • la Circolare Inps n. 125 del 5 giugno 1993 che assegna gli accertamenti istruttori necessari per i procedimenti amministrativi alle commissioni istruttorie costituite in seno agli uffici dell’ Istituto; • il d.lgs. n. 38 del 23 febbraio 2000 che istituisce il Casellario Centrale Infortuni attribuendogli il compito di archiviare, conservare, comunicare i dati relativi a casi di infortunio professionale e non professionale e di malattia professionale che comportino invalidità permanente o morte; di elaborare i dati mediante procedure informatiche che consentano l’ ottimizzazione della loro utilizzazione anche in forma aggregata dai soggetti autorizzati. In relazione alle verifiche ispettive per l’ evasione e l’ elusione assicurativa, il decreto stabilisce anche che l’ Inail, sulla base delle risultanze dell’ istruttoria per la liquidazione della prestazione infortuni o malattia professionale, provvede ad effettuare adeguati controlli ispettivi circa la regolarità assicurativa delle aziende di riferimento, nell’ ambito dei piani di attività concordati con l’ Inps; 12 In ogni caso, anche a voler ammettere la possibilità per gli enti previdenziali di esercitare i medesimi poteri dettati dall’ art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, ove esistesse una norma a consentirlo, l’ attività di accertamento non potrebbe che esercitarsi nominativamente10. Dunque, i funzionari di Inps e Inail non potrebbero chiedere al fiduciario il nominativo del fiduciante, come d’ altra parte è precluso anche all’ amministrazione finanziaria, prima di aver svolto delle indagini circostanziate nei confronti del fiduciante relative all’ eventuale elusione o evasione degli obblighi contributivi11.. Né, tanto meno, tale richiesta potrebbe essere indirizzata dagli enti previdenziali alle amministrazioni finanziarie in sede della trasmissione reciproca di informazioni prevista dalla legge. * * * * &RQVLGHUD]LRQLFRQFOXVLYH Alla luce di quanto sopra esposto, la risposta al quesito oggetto del presente parere è, a nostro giudizio, affermativa, nel senso che il comportamento tenuto dalla Vostra Associata, rispetto alle richieste dell’ Inail, risulta legittimo, poiché manca una speciale disposizione che consenta alla fiduciaria di derogare al generale dovere di segretezza. • nel 2002, al fine della lotta al lavoro sommerso e dello scambio dei dati, è stata stipulata una convenzione tra Inps e Siae (Circolare Inps n. 109 dell’ 11 giugno 2002). Essa prevede sia lo scambio di dati fra i due enti, sia lo svolgimento da parte della Siae di accessi presso aziende finalizzati all’ acquisizione di informazioni e di documentazione utile all’ accertamento della riscossione dei contributi Inps. 10 Anche in considerazione del fatto che i poteri ispettivi riconosciuti agli ispettori di Inps ed Inail sono significativamente inferiori rispetto a quelli di competenza degli ispettori del lavoro e della polizia tributaria (si veda l’ art. 6 del d. lgs. n. 124 del 2004). 11 In sostanza, ove pure disponessero dei medesimi poteri di cui all’ art. 32 d.P.R. n. 600/1973, i funzionari degli istituti previdenziali potrebbero solo chiedere alle società fiduciarie se esse risultino intestatarie di azioni di un determinato soggetto già nominativamente individuato. 13 L’ ordinamento giuridico pone a carico delle società fiduciarie un dovere generale di riservatezza strumentale al mandato loro espressamente conferito e funzionale al conseguimento del loro stesso oggetto sociale. Tale dovere, che si esprime nel c.d. segreto fiduciario, ben può subire deroghe o limitazioni in funzione della occasionale e circostanziata prevalenza di interessi di carattere pubblicistico, che impongano un “ sacrificio” di quelli privatistici che nel rapporto fiduciario si esprimono e trovano tutela. Il bilanciamento tra tali contrapposti interessi avviene, tuttavia, in sede normativa ed attraverso disposizioni di carattere speciale che espressamente deroghino, in tutto o in parte, al principio generale, immanente nel sistema, dell’ opponibilità del segreto fiduciario. Ebbene, le disposizioni normative che disciplinano le attribuzioni dell’ Istituto Nazionale per l’ assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, così come quelle relative all’ Inps, pur assegnando, come visto, alcuni poteri ispettivi e di controllo, al fine dell’ accertamento del rispetto degli obblighi previdenziali, non contengono alcun esplicito riferimento alla possibilità di imporre alle società fiduciarie la spendita dei nominativi del fiduciante. Il legislatore, infatti, si limita a conferire all’ ente in questione esclusivamente poteri di indagine tesi alla verifica del tipo di attività svolta dalle imprese e della conseguente - eventuale - necessità di stipulare un contratto di assicurazione anti-infortunistica. Del resto, la salvaguardia della salute e dell’ incolumità dell’ individuo sul luogo di lavoro, quale finalità per la quale l’ INAIL istituzionalmente opera, prescinde dalla necessità, da parte dello stesso ente, di conoscere l’ identità delle persone nell’ interesse delle quali la fiduciaria opera. Con riferimento al caso di specie, pertanto, non essendo dato rinvenire nell’ ordinamento una norma speciale che attribuisca all’ INAIL (né, come visto, all’ INPS) il potere di imporre in via autoritativa una deroga al “ segreto fiduciario” sul fondamento di un interesse pubblicistico prevalente, si può a nostro avviso 14 concludere nel senso della legittimità del comportamento tenuto della Vostra Associata che ha negato all’ Istituto l’ accesso ad informazioni riservate relative al fiduciante . Fabio Marchetti Eleonora Olivieri 15