Il Grido

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The Dubliners
Giovanna Gentile · 22 dicembre 2014
Al Teatro la Comunità di Giancarlo Sepe va in scena l’ultima replica dell’anno di “The
Dubliners” di James Joyce. Presentato al Festival di Spoleto 2014, lo spettacolo ha
registrato il tutto esaurito per due mesi. Nella sala del teatro, eletto sede dei lavori
sperimentali del regista, addetti ai lavori, attori, registi e appassionati di teatro si sono
immersi nella nebbiosa e ovattata Dublino degli inizi del ‘900, intraprendendo un
viaggio nel tempo alla ricerca di quella atmosfera di cui è intriso il testo di Joyce.
Dopo aver affrontato l’infanzia, l’adolescenza e la maturità, lo scrittore lascia a “I
morti” (The Deads) – l’ultimo dei quindici racconti di “Gente di Dublino” – il compito di
trasmettere al lettore un lieve messaggio di speranza attraverso la presa di coscienza
della situazione di stallo in cui versano i due protagonisti, emblemi di una società
paralizzata e spoglia di valori morali. Grazie alla poetica maestria di Sepe e alla
bravura dei nove attori, rivive sulla scena, come in The Deads, l’immagine di una
borghesia decrepita, immersa nell’insignificante apatia, che festeggia svogliatamente
qualcosa di indefinito, replicando gli stessi riti: si lascia che il tempo scorra senza che
nessuno si preoccupi di prendere in mano la propria vita e le proprie passioni. E così
Gretta, moglie di Gabriel, nipote prediletto delle tre signorine Morkan, artefici del
ballo annuale che riunisce la borghesia irlandese, si accorge di aver vissuto da sempre
nel passato, immersa nel ricordo di un amore mancato. Dal canto suo Gabriel, sposato
per ragioni di convenienza, prende coscienza della mediocrità nella quale si è lasciato
scivolare durante gli anni del matrimonio.
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Al centro della spazio scenico il protagonista è un grande tavolo rettangolare sul quale
è adagiata una tovaglia di fiori: crisantemi rossi, gialli e bianchi vengono rimestati
ossessivamente dalle mani dei nove personaggi. L’immagine che Sepe restituisce al
pubblico è acre; gli attori sono in scena immersi in uno stato di coscienza alterata: i
corpi distesi a terra si dibattono in spasmi epilettici in quello che sembra essere un
risveglio, ma è solo l’inizio di un’agonia. I corpi si risvegliano e risalgono il tavolo,
letto di morte di quella che sarebbe potuta essere la loro vita: uno spartito musicale,
un libro, una lettera forse contenente una promessa. Una litania lontana sembra
accompagnarli nella lamentosa ricostruzione della vita non vissuta per mancanza di
coraggio. Vengono portate in processione intorno al tavolo, le sagome di cartone di
loro stessi, a celebrare il rito funebre del rassegnato abbandono delle proprie vite:
la santificazione dello stato apatico.
Sepe regala ancora una volta al pubblico un racconto per immagini forti, che ben si
adattano al periodo storico vigente. La capacità metaforica che accosta la perdita dei
valori del nostro tempo a quella del popolo irlandese è sorprendente. La poetica delle
immagini è altissima e solenne. In un momento storico in cui l’arte è capace di
rappresentare la crisi sociale e dei valori, ma non di indicare una strada, Sepe porta in
scena il pensiero di grandi autori come Joyce e il messaggio di consapevolezza come
chiave di volta per uscire dalla situazione di paralisi morale. Un tentativo riuscito, che
apre la strada alla riflessione sul ruolo del teatro contemporaneo.
Titolo: The Dubliners | Autore: James Joyce | Adattamento: Giancarlo Sepe | Regia:
Giancarlo Sepe | Musiche: Davide Mastrogiovanni e harmonia team | Scene: Carlo de
Marino, Lorenzo Castelli | Costumi: Carlo de Marino | Interpreti: Giulia Adami, Lucia
Bianchi, Paolo Camilli, Federico Citracca, Manuel D'amario, Giorgia Filanti, Domenico
Macri', Caterina Pontrandolfo, Guido Targetti. Voce Pino Tufillaro. | Durata: 60 |
Produzione: Bis Tremila srl | Organizzazione: Teresa Rizzo | Applausi del pubblico:
Scroscianti | In scena Teatro La Comunità repliche fino al 21 dicembre, dal giovedi al
sabato ore 21 – domenica ore 18.
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