Coca-Cola Workers Bulletin

Transcript

Coca-Cola Workers Bulletin
Bollettino Parmalat
N. 1 - 2003
Unione internazionale dei lavoratori nei settori alimentazione, agricoltura, tabacco, alberghiero, catering e affini.
Nasce il Bollettino dei
lavoratori Parmalat
Secondo le cifre del 2002, Parmalat
conta circa 36.300 dipendenti (in calo
rispetto ai 39.700 del 1999) in 30
paesi.Dalle informazioni di cui
disponiamo, i lavoratori Parmalat sono
organizzati dai sindacati affiliati alla
UITA in almeno 13 di questi paesi:
Canada e USA; Brasile, Argentina e
Paraguay; Italia, Spagna, Portogallo,
Francia, Germania, Ungheria;
Sudafrica, Mozambico e Australia. I
lavoratori Parmalat sono anche
sindacalizzati in Uruguay e Zambia.
Attraverso questa nuova pubblicazione,
speriamo di portare ai sindacati e
lavoratori informazioni sull’azienda e
sui sindacati onde fornire agli affiliati
uno strumento organizzativo per
migliorare la loro presenza in seno alla
Parmalat e, laddove possible,
raggiungere sindacati in paesi dove
l’UITA non ha ancora una presenza
nell’azienda. Saremo lieti di ricevere
commenti e interventi dai nostri lettori.
Incontro dei rappresentanti
dei lavoratori Parmalat di
tutto il mondo in settembre
2003 in Canada
Con lo scopo di promuovere la sua
strategia rivolta alla creazione di una
solida piattaforma per i diritti sindacali
e di contrattazione per gli affiliati di
una stessa azienda, L’UITA sta
organizzando una riunione
internazionale dei sindacati che
rappresentano i Iavoratori Parmalat per
il 27 e 28 settembre 2003. La riunione
si terrà a Port Elgin (provincia
dell’Ontario, Canada) nel centro di
formazione del sindacato ospitante, il
Canadian Auto Workers Union.
Bolletino Parmalat Nr. 1 - 2003
Parmalat spesso all’ordine del giorno
A livello regionale, si sono tenute
riunioni di lavoratori della Parmalat: già
dal 1996 in America Latina e
ultimamente, in dicembre 2002,
nell’ambito di una riunione sulle
principali società transnazionali nel
“Cono Sud”, oltre che in Europa, dove il
Comitato aziendale europeo (CAE) si
riunisce ogni anno dal 1996. Questa
invece sarà la prima riunione a livello
mondiale e darà agli affiliati UITA
l’opportunità di contribuire, con le loro
singole esperienze, alla costituzione di
una strategia sindacale comune.
Si è anche già discusso di Parmalat in
marzo 2001, durante la Conferenza
Mondiale dell’UITA dei lavoratori delle
industrie lattiero-casearie. Allora si fece
notare che le società transnazionali,
inclusa la Parmalat, mostrano
benevolenza e simpatia verso i
sindacati laddove questi sono forti o
dove la legislazione così esige, mentre
dove sono deboli o assenti, trovano
modo di applicare la legge a proprio
vantaggio o di sfruttare senza vergogna
vuoti giuridici per ostacolare la
sindacalizzazione. A proposito delle
attività di acquisizione della Parmalat, i
partecipanti, e soprattutto quelli
provenienti dalle due Americhe,
affermarono che non avevano ancora
sentito alcun effetto positivo: nessun
nuovo investimento o nuovi posti di
lavoro. Nella dichiarazione conclusiva, i
partecipanti chiedevano all’UITA di
esaminare la possibilità di convocare
una riunione internazionale sulla
Parmalat.
Sviluppare una strategia globale
Nell’imminente riunione internazionale,
speriamo di giungere alla formulazione
di una strategia, nel contesto del lavoro
che l’UITA svolge a livello settoriale e
aziendale, sulla base di una larga
1
intesa relativa ai problemi ed alle
priorità nel gruppo Parmalat. Gli
affiliati avranno così l’occasione di
esporre i problemi specifici dei loro
membri e d’identificare un
denominatore comune per le azioni
future. Saranno esaminati e concordati
anche gli obiettivi di una strategia
Parmalat comune, oltre che discutere
gli sviluppi e gli eventuali seguiti.
L’UITA e Parmalat: le origini
Le organizzazioni regionali dell’UITA in
America Latina ed in Europa
cominciarono ad avere rapporti con
Parmalat nella metà degli anni ’90,
mentre i rapporti dell’UITA con la
direzione del gruppo furono avviati nel
1999, a seguito di una serie di vertenze
in America Latina ed in Sudafrica, che
provocarono azioni da parte dell’UITA e
del sindacato di coordinamento
Parmalat FAT-CISL (oggi FAI-CISL).
Nel suo paese d’origine, Parmalat
pretende di essere un’azienda
socialmente responsabile e va fiera di
avere buoni rapporti con i sindacati.
Purtroppo, la sua politica di rapporti
sindacali proattivi in Italia ed in Europa
non l’ha sempre accompagnata nella
sua espansione verso i mercati
oltreoceano. Man mano che l’azienda
s’impiantava in paesi con tradizioni e
normative in materia sindacale
estremamente diverse, l’UITA ed i suoi
affiliati italiani hanno dovuto ricordare
alla Parmalat l’impegno proclamato di
mantenere buoni rapporti con i
sindacati.
Dopo interventi in una vertenza
sindacale in Paraguay nel 1998, l’UITA
ha continuato ad esercitare pressione
sull’azienda nel 1999 a proposito di
situazioni in Nicaragua e nella
Repubblica dominicana e di una
contrattazione collettiva
particolarmente difficile in Sudafrica.
Un incontro informale tra l’UITA e la
direzione Parmalat avvenne in
dicembre 1999, per esplorare la
possibilità di creare un rapporto
durevole, partendo dall’idea che è
meglio affrontare problemi conflittuali
prima che si trasformino in lotte
sindacali di grandi dimensioni con
azioni a livello internazionale.
2
Nel frattempo, i sindacati negli USA
riferivano di difficoltà nell’ottenere
riconoscimento e nel negoziare
contratti collettivi con Parmalat. In
Canada, l’azienda stava stravolgendo le
politiche di rapporti sindacali positivi
esistenti nelle aziende che aveva
acquisito. Una seconda riunione si
svolse in dicembre 2000, quando
l’UITA introdusse il principio di un
accordo globale in materia di diritti
sindacali.
L’interesse degli azionisti contro i
diritti dei lavoratori
Per spiegare la discrepanza tra il
preteso impegno dell’azienda a
mantenere buoni rapporti sindacali in
Europa e il suo recente comportamento
in America del nord, centrale e del sud,
la direzione della Parmalat ha parlato
dell’influenza degli analisti finanziari
(che penalizzano le società
sindacalizzate in Nord America
attribuendo loro rating inferiori) e del
contesto politico in cui l’azienda si
trova ad operare (che in America Latina
significa non rischiare di mettersi
contro i poteri economico e politico,
per i quali i sindacati sono una
minaccia). La Parmalat non ha voluto
impegnarsi in un accordo globale,
affermando però di voler continuare ad
incontrare l’UITA in modo informale.
In una terza riunione, svoltasi in
maggio 2001, le discussioni su un
accordo relativo ai diritti continuarono,
prendendo lo spunto da una vertenza a
proposito della chiusura di un forno
Parmalat negli USA, dove le misure
relative agli esuberi presentate al
sindacato locale erano inadeguate.
Grazie all’intervento dell’UITA, la
situazione migliorò quando la filiale
USA rinunciò ai servizi dello studio
legale anti-sindacale, dapprima
Bolletino Parmalat Nr. 1 - 2003
consultato, e cominciò a negoziare
direttamente con il sindacato.
Alla riunione annuale del CAE Parmalat
in dicembre 2001, l’azienda avviò una
discussione sulle norme in materia di
lavoro, sulle differenze culturali e la
responsabilità sociale delle imprese. Le
sue conclusioni furono deludenti ed
inaccettabili: pur denigrando
l’atmosfera anti-sindacale negli USA
(ma ribadendo le affermazioni
precedenti secondo cui un’impresa
sindacalizzata non può competere negli
USA) e deplorando il contesto politico
fragile nel quale i sindacati si trovano
ad operare in alcuni paesi dell’America
Latina, l’azienda affermò di non avere
le competenze per applicare le proprie
norme in materia di relazioni industriali
nelle sue attività oltreoceano.
“secondo le norme in vigore”
L’azienda ebbe l’opportunità di
dimostrare la sua politica di non
intervento nel gennaio 2002, quando la
divisione forno della Parmalat in nord
America lanciò una campagna antisindacale in risposta ad una richiesta di
riconoscimento di un sindacato in un
impianto nello stato dell’Illinois.
Malgrado l’intervento dell’UITA e degli
affiliati italiani, la campagna continuò e
l'elezione andò perso. Rispondendo ad
una lettera del coordinatore del CAE
Parmalat, il presidente e CEO
dell’azienda, Calisto Tanzi espresse
soddisfazione perché la facenda si era
svolta "secondo le normali relazione
industriali codificate nell'ordinamento
giuridico e nella prassi di quel paese".
Anche se i rapporti tra l’UITA e la
direzione Parmalat ci hanno permesso
di intervenire in vertenze e di discutere
di problemi relativi ai diritti dei
lavoratori, l’assenza di una struttura
aziendale per le risorse umane ha
ostacolato i nostri sforzi, rendendo
difficile qualsiasi progresso verso un
accordo quadro sui diritti sindacali con
quest’azienda. Tuttavia, alla fine del
2002, l’azienda ha nominato un
responsabile per le risorse umane per il
gruppo (il secondo, dopo un breve
tentativo l’anno precedente) e sta
creando una struttura.
L’UITA continuerà a servirsi del suo
rapporto con l’azienda (un
riconoscimento de facto) per
promuovere i diritti dei lavoratori e
rafforzare i sindacati che
rappresentano i lavoratori Parmalat
fino ad ottenere un accordo sui diritti
sindacali. Si chiede agli affiliati di
aiutarci a mantenere la pressione
sull’azienda continuando lo scambio
d’informazioni sulle sue attività, le sue
strategie ed il suo comportamento
dovunque opera.
Parmalat e la Responsabilità
Sociale
Parmalat dimostra di preoccuparsi di
rating finanziari, di rendiconti di analisti
e cose simili, ma che dire di analisi
sociali e di fondi d’investimento etici?
Nel giugno 2001, l’Observatório Social,
creato dal Centro nazionale brasiliano
del lavoro (CUT) in cooperazione con
alcuni istituti accademici, pubblicò dati
sulle condizioni dei lavoratori e la
politica sociale della filiale brasiliana
Parmalat, basati su rilevazioni che
aveva effettuato nella seconda metà del
2000, usando gli indicatori delle
convenzioni dell’OIL sulle norme in
materia di lavoro.
Bolletino Parmalat Nr. 1 - 2003
I dati erano generalmente negativi.
Anche se era stato rilevato che la
libertà sindacale era rispettata in varie
sedi di lavoro, in altri impianti i
sindacati avevano riferito di
ostruzionismo, ritorsioni e
discriminazioni da parte della
direzione. Il ricercatore
dell’Osservatorio sociale aveva anche
rilevato discriminazioni contro le
lavoratrici nell’attribuzione delle
mansioni e nelle promozioni, scarso
impegno in materia di tutela
dell’ambiente, poca attenzione ai
problemi di malattie professionali e di
sicurezza, l’assenza di strategia per
3
promuovere consapevolezza in materia
di sicurezza e salute e di
coinvolgimento dei sindacati nell'
elaborazione di programmi. Lo studio
constatò in quel momento che
l’azienda non faceva uso diretto di
lavoro minorile, ma espresse
rincrescimento per il fatto che
un’azienda che commercializza
prodotti soprattutto destinati ai
bambini e che usa immagini legate
all’infanzia per la propria pubblicità
non abbia programmi di tutela contro il
lavoro minorile nei confronti dei suoi
fornitori.
La relazione completa si trova sul sito
dell’Osservatorio (in portoghese)
www.observatoriosocial.org.br). Un
riassunto in portoghese, in spagnolo ed
in inglese in formato PDF è scaricabile
dal sito.
All’inizio del 2002, un’agenzia francese
di rating degli investimenti etici (poi
assorbita da Vigeo, l’agenzia di rating
lanciata da Nicole Notat, ex segretario
generale della confederazione nazionale
francese dei lavoratori CFDT) attribuì a
Parmalat una bassa graduatoria per le
risorse umane, soprattutto a causa
della scarsa trasparenza su questioni
relative ai lavoratori. Si era rilevato che
l’azienda non forniva dati per tutto il
gruppo su temi importanti per le
risorse umane, quali la salute e la
sicurezza, il dialogo sociale e la
formazione. Parimenti, non esistevano
dati sui suoi rapporti con i fornitori né
certificazioni di siti produttivi,
situazione che deplorava anche
l’Osservatorio sociale in Brasile. Vigeo
ha deciso di non includere Parmalat nei
suoi rating sulla responsabilità sociale
delle aziende per il 2003.
La Parmalat è stata anche oggetto di
un certo numero di commenti negativi
in un rapporto stilato in giugno 2003
dalla agenzia Britannica per lo sviluppo
Action Aid (www.actionaid.org). In
questo studio, intitolato “Impatti sullo
sviluppo di un accordo d’investimento
all’OMC”,la Parmalat era citata per il
suo impatto negativo sul settore
lattiero-caseario in Brasile ed in
Sudafrica, sulla base del ruolo cruciale
che ha avuto nel consolidamento e
nell’industrializzazione del settore in
quei due paesi. Il testo indicava che in
Brasile l’azienda aveva assorbito
cooperative per la lavorazione del latte
e provocato un calo dei prezzi pagati
agli allevatori, eliminando molti di
questi dal mercato, mentre
l’introduzione sul mercato di latte UHT
aveva soppiantato il latte pastorizzato.
Il rapporto indicava anche che TNC
basate in Europa importavano latte in
polvere in Sudafrica a scapito della
produzione locale e tra queste
Parmalat sembrava chiaramente
preferire la produzione di prodotti
lattiero-caseari sfusi, mentre Danone
era indicato come esempio positivo
grazie allo sviluppo di prodotti ad alto
valore aggiunto che spingono la
domanda di latte, mantengono e
sviluppano il settore caseario e creano
occupazione.
Parmalat ha ripetutamente affermato la
sua volontà di “innovazione” e di
"qualità" per i suoi prodotti, mentre si è
visto che questi obiettivi sono stati
trascurati quando si trattava delle sue
responsabilità sociali. Pur riconoscendo
l’importanza dell’ “immagine” per
trasmettere l’idea di qualità, l’azienda
ha preferito trascurare l’importanza
delle azioni che potrebbero migliorare
l’immagine che essa spera di
trasmettere. Rimane da vedere per
quanto tempo ancora l’azienda potrà
ignorare le critiche relative al suo
comportamento e l’evoluzione verso
una resa dei conti a livello sociale.
Rampe du Pont-Rouge, 8 CH-1213 Petit-Lancy/Ginevra, Svizzera
tel.: + 41 22 793 2233 fax: + 41 22 793 2238 www.iuf.org/[email protected]
Agosto 2003