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"Il sardo limba (da) blues", Claudia Aru presenta il suo
nuovo disco - VIDEO
12 Luglio 2013 ore 10:47
Categoria:
Notizie / Interviste
URL della pagina:
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Data scaricamento: 16 Marzo 2017 ore 00:53
Lillica Babajola è l’ultima fatica della cantautrice villacidrese. Una super coccinella giustiziera tira le orecchie ai maleducati che sporcano il mondo: “Su caddozzu
non è solo il brutto ceffo tarchiato, ma anche la bella signorina in tacchi”
Lillica Babajola è il nuovo singolo della cantautrice Claudia Aru. Tornata in Sardegna dopo un lungo
girovagare, la 32enne “villacidrese al 100%” è pronta per passare un’estate di concerti nella sua terra
Dopo sei mesi dall’uscita del disco ‘Aici’ arriva il nuovo singolo. Cos’è, per Claudia Aru, Lillica
Babajola?
Lillica è una canzone molto ironica. Lei è un personaggio per bambini, un super eroe coccinella pronta
a punire i maleducati che sporcano l’ambiente, le spiagge, le campagne. Con questa canzone cerco di
dire che la maleducazione è un problema trasversale. Su caddozzu non è solo il brutto ceffo tarchiato e
tatuato: è anche la bella ragazza con i tacchi; è il sindaco che baratta il bene pubblico per il proprio
interesse, che chiude gli occhi davanti a una discarica abusiva per esempio. Ma è anche la coppia
innocente che si apparta in campagna e lancia i fazzoletti fuori dal finestrino dell’auto. Insomma, la
maleducazione non è la prerogativa di una categoria o di una certa classe sociale. Io penso che
dovremmo smettere di essere troppo egoisti, del resto noi qua siamo solo di passaggio. Lillica è una
giustiziera che rimprovera i maleducati, li prende proprio per le orecchie e li porta in un luogo segreto in
campagna per una lezione. Penso che dovremmo iniziare a considerare l’immondizia come una
ricchezza. Cosa stiamo lasciando ai nostri figli? Colline piene di schifezze! Il riciclo è la carta vincente.
Per questo motivo aderisco alle campagne Rifiuti zero e Non bruciamoci il futuro. (ascolta la canzone)
Claudia Aru, foto di Roberto Pili
Il testo è interamente in campidanese: come mai questa scelta?
Sono stata fuori dalla Sardegna a lungo, tra Bologna, Roma, New York. E poi sono tornata, per scelta.
Ci credo e provo a credere in questo progetto. Uso il sardo, prevalentemente, ma anche l’inglese e lo
spagnolo. Però preferisco cantare in sardo. Perché? Beh, posto che la globalizzazione ha fallito sia da
un punto di vista culturale che economico, penso che per uscire dalla brutta crisi nella quale siamo
l’unica strada sia quella di riscoprire le nostre specificità. Tra le altre cose il sardo nel blues ci sta che è
una meraviglia. Io credo molto nel sardo e penso che senza il mio lavoro sarebbe molto meno
affascinante. Dobbiamo svecchiare quell’idea secondo la quale il sardo sia solo folk: non è vero. Il
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sardo va bene per dire qualsiasi cosa. Siamo ‘usciti anche in Penisola’ con il progetto e devo dire che la
musicalità della nostra lingua piace a tutti. Ma fondamentalmente piace a me, perché questa sono io. Io
racconto la mia vita che è in campidanese, sarei bugiarda a fare diversamente.
Vivere di musica è un sogno o una possibilità?
Diciamo che in un mercato che agonizza noi galleggiamo, nel senso che qualche serata la facciamo e i
nostri dischi li vendiamo. Giriamo l’Isola e non solo, veniamo da un tour che ci ha portati a Modena,
Gorizia, Tolmezzo, Genova e Torino. Abbiamo già i contatti per qualche data in autunno, speriamo di
andare in Catalogna – terra molto sensibile alle lingue un po’ speciali. L’estate invece la passeremo
qua. E io devo dire che sono molto contenta, anche se la lamentela è lo sport nazionale sardo. Mi piace
spiegare il mio progetto con una metafora, io lo vedo come un compasso: con un piede bello saldo a
terra e l’altro che si muove. Il mio sogno è quello di essere sardamente internazionale!
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