Arte e Restauro

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Arte e Restauro
Arte e Restauro
Edito dall’Accademia di Belle Arti “Fidia”- Stefanaconi (VV)
Aut. Trib. Vibo Valentia n°2 del 07/02/2012 - n°1
Rivista Bimestrale di Arte e Restauro n°1 - Marzo/Aprile – Aut. Trib. Di Vibo Valentia n°2 R.P. del 07/02/2012 - Distribuita in Omaggio
Direttore - Imperio Assisi
CONVITTO NAZIONALE DI
STATO
ISTITUTO OMNICOMPRENSIVO
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ACCADEMIA DI BELLE ARTI “FIDIA”
SOMMARIO:
4
“ARTE e RESTAURO”
EDITORIALE
di Michele Licata
5
Bimestrale edito da:
ANCHE PER CARITA “PARENTALE” STAVOLTA
DIFENDO “I PIZZITANI”
L’ANTICA “OSPITALITÀ” E “ONESTÀ DEL POPOLO DI PIZZO”
Accademia di Belle Arti “Fidia”
Contrada Paieradi 89843 Stefanaconi (VV)
Tel. 0963/262952 fax 0963/262015
di Imperio Assisi
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9
LA FONDAZIONE MIRO’
Direttore:
di Giuseppe Neri
Imperio ASSISI
13 LA FAVOLA CHE NON C’E’
Vice Direttore:
Michele LICATA
di Rosetta Pititto
Coordinatore editoriale e Art direction:
17 RESTITUZIONI 2001 - 2011
Dieci anni di attività del nucleo Carabinieri tutela patrimonio
culturale di Cosenza
di Francesca Cannataro e Valentina Cosco
Dimitri LICATA
Stampa a cura del laboratorio di Grafica
ABA FIDIA
Aut. Trib. Vibo Valentia n°2 del 07/02/2012
21 CORPO ELETTRONICO
di Simona Caramia
25 I QUATTROCENTO ANNI DEL LICEO “M. MORELLI”
di Domenico Sorace
27
APPUNTI DI FILOLOGIA TESTUALE E RESTAURO
DEL CINEMA
di Roberto Pasanisi
Dove puoi trovare la rivista in omaggio:
Edicola di: F. Selvaggio
Piazza Municipio - Vibo Valentia
Atri :
Galleria d’Arte:
Erinys Art Gallery via E. Gagliardi, 71
In copertina: scultura in terracotta di Michele Licata
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Vibo Valentia
Arte e Restauro 4
Editoriale
Con la pubblicazione del secondo numero della
rivista, desideriamo che la nostra voce oltrepassi i confini Provinciali e Regionali, considerato l’interesse che
ha suscitato negli addetti ai lavori e in coloro che ringraziamo, hanno voluto inviare i loro articoli per la
pubblicazione. Tutto questo ci spinge a continuare il
nostro impegno con maggiore passione e dedizione.
La nostra responsabilità, inoltre, sarà rivolta
verso i tanti giovani e per dimostrare loro che anche in
questa terra martoriata da avvenimenti mostruosi e non
dignitosi, si possono realizzare sogni e passioni. Ed è
giusto prendere esempio da coloro i quali non hanno
voluto lasciare questa terra e continuano a operare alle
volte anche in silenzio, ma con la dignità di essere
consapevoli della propria meridionalità e calabresità. E
che tutto quello che fino ad ora è stato realizzato e
fatto per loro e per la loro crescita.
Lottare qui nella propria terra per un posto di
lavoro è un impegno che tutti dobbiamo assumerci per
costruire un domani migliore, in una dignità professionale e personale.
Qualche giorno fa abbiamo presentato il primo
numero della rivista con tutti i collaboratori, e lo abbiamo fatto con grande entusiasmo, purtroppo i soliti
Secondo è pubblicizzare le opere da restaurare
e restaurate, nel contempo aprire un dibattito sul come
intervenire attraverso un restauro conservativo atto a
preservare nel tempo la memoria storica - artistica
delle opere, numerose, di questo territorio.
Vogliamo comunicare due importanti eventi di restauro che a breve saranno realizzati nei laboratori
dell’Accademia di Belle Arti Fidia.
La prima è un’opera di grande pregio artistico e
di devozione di tutta la comunità vibonese, appartenente alla chiesa di Maria SS. Rosario e all’ Arciconfraternita, il “Cristo Morto” scultura in legno policromo tra le più importanti esposte alle venerazione dei
cittadini nella manifestazione del Venerdì Santo.
La scultura realizzata in legno pregevole di
noce, il quale pur essendo un legno molto forte e duro,
l’umidità e la corrosione degli insetti xilofagi, ne hanno compromesso la struttura e la conservazione.
L’altra è una Scultura policroma in pregevole
legno di tiglio, opera del Maestro De Lorenzo Domenico, Antonio, Francesco, Saverio, originario di Tropea come si legge nel documento di battesimo ritrovato
nell’archivio diocesano di Tropea. La scultura datata
1801 rappresenta la Madonna delle Grazie e si trova
nella Chiesa di Maria SS. delle Grazie in Arena (VV).
personaggi e responsabili dei giornali, qualcuno invitato personalmente, si sono astenuti dall’essere presenti,
o inviare un collaboratore, preferiscono,forse, che nei
Michele Licata
Laboratorio Restauro Pittorico
loro giornali vengano evidenziati i noti e “più importanti” fatti di cronaca nera.
Non ve dubbio che il nostro è un territorio fragile, questi atteggiamenti lo rendano ancora di più
fragile e vulnerabile e questa è una delle cause che
allontanano i giovani dalla terra di origine e ad andare
via. Come avevamo già evidenziato nel primo numero,
la pubblicazione della rivista “ARTE E RESTAURO” oltre a quanto già detto, due scopi principali.
Primo, far conoscere l’Arte moderna e contemporanea, anche con brevi nozioni storiche e promuovere le iniziative che sono messe in atto da Musei, Pinacoteche, Gallerie e Associazioni.
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L’antica “ospitalità” e “onestà” del popolo di Pizzo
ANCHE PER CARITA’ “PARENTALE”
STAVOLTA DIFENDO I “PIZZITANI”
di Imperio Assisi
A Pizzo, stupenda e storica Città della nostra
l’avranno certamente commesso, altrimenti non po-
meravigliosa Calabria, affondano le mie “radici” per
tremmo spiegarci perché sono stati loro affibbiati gli
parte materna. Quando Dio creò questa località, era
“infamanti” “epìteti” di: “Pizzitani mangiagarge”;
senz’altro in vena di “ divina elargizione” e non si
“Pizzitani ammazza Re”; “Pizzitane ciangiuline” o
risparmiò di dotarla di ogni più rara bellezza.
“prefiche a pagamento”, e covo di donne, in parte,
Per distinguerla dalla massa dei paesi costieri
di “facili costumi”.
del Lametino, la posizionò su un cucuzzolo di terra
arenaria, a strapiombo su un
mare cristallino, che
sembra baciarla e cullarla perennemente.
Per “divina distrazione”,
Quanto
al
primo
spregiativo
epiteto:
“mangiagarge”, il più grande e serio studioso del
dialetto calabrese, Gerhard Rohlfs, si limita a dire:
dotò, però, gli
abitanti del luogo di un dialetto così unico, con
ac-
“soprannome dato agli abitanti di Pizzo”, ma, per non
intaccare la suscettibilità degli abitanti, più non dice e
cento e intonazione così graffianti, da far spavento
rinvia
perfino alle più “racchie” cornacchie. Venale peccato,
“gargia” il cui significato ci farebbe pensare che i
subito rimediato, con l’assegnare a tutte le ragazze del
nostri Napitini erano (absit iniuria verbo), persone
posto una “grazia” tanto singolare da “calamitare”,
che “parlono assai”, dalla “grande avida e criticona
fin dai tempi remoti, tutta la gioventù maschile dei
gola”, dalla “gargia o branchia” sempre aperta.
Paesi circostanti.
alla
ricerca
dell’etimologia
della
parola
I miei Nonni materni, di puro sangue pizzitano,
Da Mileto, garantisco personalmente, si parti-
invece, mi dicevano che il “marchio” si riferiva alla
va con sgangherate biciclette o con lo “sbuffante”
golosità dei Pizzitani nel mangiare il pesce appena
trenino delle Ferrovie Calabro-Lucane.
pescato, ancora vivo, specialmente le fresche alici,
Sostare a Pizzo significava andare in “estasi”
per una fragranza di salsedine, di gialle ginestre che
quasi lambivano la battigia marina, bearsi del perenne
avidamente divorate o meglio “ingozzate” assieme
all’intera lisca.
Castello “Murat” Aragonese Pizzo Calabro (VV)
sole, della rarità di trovare qui un dolce e raro zibibbo
o della possibilità di assistere alla disumana e cruenta
“mattanza” dei tonni, imprigionati nella “camera”
della morte.
La tonnara di Pizzo era una delle più attive
del circondario, merito delle antiche famiglie dei Callipo e dei Sardanelli. Pizzo,insomma, era un piccolo
compendio delle bellezze dell’Universo.
Una terra, così divinamente e naturalmente“dotata”, dovrebbe
essere abitata solo da gente
senza macchie e senza dolo. E invece NO. Proprio
NO!!.
Qualche “peccatuccio” i Padri
Napitini
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La Storia non ha ancora lavato l’onta orribile dei Pizzitani per aver ammazzato un Re, senza colpa grave,
senza averlo prima
sottoposto a un giusto, serio,
“regale” processo.
Era il 13 ottobre 1815 e in una triste cella del maniero
Aragonese venne fucilato Re Gioacchino Murat, dopo
una breve prigionia di neppure 15 giorni. A testimoni
del “finto” processo furono chiamati dei “vastasi”,
ignoranti fino al punto di autentificarsi con un marcato segno di croce. Quella di “Pizzitani regicidi” è un’
onta che, a distanza di duecento anni, neanche le perenni “chiare e dolci acque” della fontana “cento
cannelle” hanno potuto ancora lavare.
Accettate,
quindi, miei cari quasi compaesani, questa disonorevole storica “patacca” da appendere al gonfalone dei
vostri “fasti e nefasti”.
Accettate con storico “scorno” e umiltà la nemesi storica che vuole che le colpe dei Padri ricadano quasi
sempre sugli innocenti figli.
E veniamo alla più blasfema e, per me, “immeritata”
calunnia attribuita alle graziose donne pizzitane, falsamente bollate come ciangiuline, (prefiche) a pagamento, oltre che di “facili costumi”.
Da giovane, mi recavo a Pizzo, come già detto, per
motivi parentali, presso il laboratorio di sartoria della
Nonna materna, Gregorina La Torre (detta pure “a
Cichirra?), laboratorio affollatissimo di
statuarie
ragazze, senza trucco e senza parti del corpo ricostruite o gonfiate. Tutta roba genuina, come mamma
la fece”.
Ebbene, i molti tentativi di approccio
“falliti” mi autorizzano a dire che trattasi solo di …
calunnie, assolutamente infamanti e immeritate.
L’epìteto di “Perfide puttane”, che troviamo in un
poemetto erotico definito dalla gioventù maschile del
tempo “capolavoro” è, a mio avviso, frutto di chi, a
quei tempi, pur andando a Pizzo sovente
per
“comprare amore”, sarà rimasto a “bocca asciutta”.
Uno di questi “virtuali puttanieri” potrebbe essere
stato l’illustre poeta Vibonese, Vincenzo Ammirà,
autore di quel “clandestino” poemetto erotico che
celebra i meriti di una carnosa calabrisella di facili
costumi, di nome “CECIA”.
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Pizzo Calabro (VV) alla fine degli anni 50
L’opera, proibita dalla legge, ma conosciuta interamente a memoria da tutti i giovani, s’intitola “LA
CECEIDE” un’antesignana della universale “Bocca
di Rosa” del grande Fabrizio De André. Alla morte di
questa grande “BENEFATTRICE”, dice Ammirà,
tutta
la gioventù maschile calabrese prese parte al
FUNERALE.
Erano presenti: POVERI, RICCHI, PROFESSIONISTI, PREVITUNCOLI, tutti dietro al feretro per
l’estremo addio a chi, in vita, aveva fatto tanto bene.
Al funerale, dice il Poeta, parteciparono pure “tricentu
pizzitane chi tutte a paga furu mi si: le chiù celibri
puttane di lu perfidu paisi”. Assolutamente NO! Le
donne di Pizzo non sono tali, né il Paese era così malvagio. Si sa che “fama volat” e che trecento
“benefattrici” del sesso maschile al proprio funerale
rappresentano un record invidiabile per qualsiasi sia
pur castissima pacchianella.
In Calabria non esiste forestiero
che, visitando la
stupenda Pizzo, magari dopo aver visitato il Castello,
Piedigrotta, la Chiesa di San Giorgio, San Francesco,
dopo aver ammirato dallo “spuntone” un tratto di
costa incantevole, non ripeta i versi del nostro Ammirà. “…apri l’occhi Cecia mia, apri l’occhi ca lu vidi… stu
tia...”.
spettaculu di natuta, tuttu,tuttu é
pe
Le prefiche di Pizzo erano conosciute in tutta la Calabria; erano denominate “ciangiuline” perché, previo
“vil denaro”, si recavano in “missione di pianto”
ovunque si sentisse il bisogno di omaggiare i “meriti”,
si fa per dire, del “caro estinto”, che esse,magari, mai
avevano conosciuto o visto. Ci pensavano i necrofori
a dare elementi
biografici, assolutamente esemplari,
anche quando l’estinto ne aveva combinato una più del
diavolo. Al via, e al suono struggente della banda,le
prefiche pizzitane che seguivano il feretro,partivano
con i pianti a dirotto e tanta era l’immedesimazione
che invano avresti detto che si trattava di dolore a
pagamento e non di straziante viva partecipazione al
dolore di un familiare. Che provette attrici le nostre
prefiche pizzitane. Da giovane “tentai” più volte di
“sfruculiare” mia Nonna sul perché alla bella città di
Pizzo venivano “affibbiate” tante cattive nomee.
Particolare di “Ichthus” Pesce della Chiesetta di “Piedigrotta”
Pizzo Calabro (VV)
La risposta, a difesa dei suoi paesani, era sem-
Nel 1784, appena un anno dopo l’orribile terremoto
pre la stessa ma mai motivata e convincente: “Cu nci
che distrusse buona parte della Calabria, un certo abate
misi a brutta nomea, avi mu ncia caccia”; “Roba
Giovanni Battista Fortis, insigne naturalista, fra i più
disprezzata è tantu amata e desiderata”; “sciò, sciò,
conosciuti in Italia e in Europa, dovendo andare da
cu di fora veni ccà, e non nci resta, u faci prestu u
Napoli in Sicilia, fu costretto a sostare a Pizzo dove
sindi
ebbe modo di studiare il fenomeno dei terremoti e le
va..”.
E,
purtroppo,
cara
Nonna,
le
“disonorevoli medaglie” non sono state ancora divel-
conseguenti rovine che il sisma aveva prodotto.
te dal gonfalone dell’albagia pizzitana. Ma per farti
“Pizzo, scrive il nostro viaggiatore e geologo, era
stare in pace nell’aldilà, ti dico che della tua Pizzo si
distrutta da capo a fondo, per quanto ne dicono le
dirà ancora tanto male e si spargerà anche tanto fan-
descrizioni degli ultimi disastri di Calabria. Era una
go, ma nessuno mai potrà negare che i tuoi paesani
città baronale abitata da circa cinquemila persone, il
sono stati “ospitali e onesti” fino all’inverosimile.
popolo addetto alla navigazione la rendeva l’Emporio
Ecco la prova mia indimenticabile Nonna!!.
di quelle contrade; Il terreno su di cui giace è di tufo
Interno Chiesetta di “Piedigrotta” Pizzo Calabro (VV)
arenario e pochissimo consistente per conseguenza
nel caso d’un terremoto gagliardo. Nove persone sole
vi perirono, secondo la relazione pubblicata dal Cav.
Vivenzio. Anche Pizzo mi ha fatto amico dei Calabresi, appunto perché le prime impressioni decidono
delle nostre affezioni. Io vi ho trovato un onestissimo
albergatore che mi colmò d’attenzione e mi fece
pagare così poco che io credevo sempre ch’egli avesse errato nei conti a suo danno. Nel partire dalla di
lui casa prima del giorno, essendo ancora mezzo addormentato, lasciai il mio orologio appeso nella stanza.
Arte e Restauro 9
Io mi trovavo di già lontano da Pizzo,diretto verso la
le donne di Pizzo saranno pure “ciangiuline” e, quin-
“sporchissima” Monteleone, quando me ne avvidi e
di, provette “prefiche”; saranno ineguagliabili per
nell’atto che mi disponevo a ritornarmene indietro,
bellezza e,quindi “esca” per la
fui raggiunto da un “famiglio” del buon uomo, che
maschile di tutto il Vibonese; storicamente siate stati
mi aveva seguito correndo, per ordine del suo padro-
è vero implacabili e insensibili “ammazza Re”… ma
ne me lo riportava. Ora va a trovare tanta rettitudine
siate orgogliosi che la vostra “ospitalità” e la vostra
e cortesia nei grandi alberghi della colta Italia.Quel
“onestà” sono riconosciute e codificate da diversi
buon albergatore si chiama BRUNO DI MARCEL-
secoli.
novella
gioventù
LO. Possa egli un giorno venire a sapere ch’io gli
Per consolarvi, miei cari quasi paesani, vi
sono grato ! Ed esso e la sua buona famiglia si con-
dico che ogni Comune ha la sua infame macchia. Di
fermeranno nell’esercizio delle virtù ospitali e della
Mileto, ad esempio, si dice che era il paese delle tre
probità”.
“P”: Preti, Porci e Pignatari… e gli abitanti della
Il nostro geologo paragona la familiarità e
storica Monteleone, oggi Vibo Valentia, venivano ap-
l’onestà della famiglia di Bruno Di Marcello a quella
pellati: “CARDIJARI” e “MUNDIZZARI”; gli abi-
unica che gli era stata dimostrata presso l’albergo di
tanti di Soriano sono da secoli immemorabili “bollati”
Ponte nei Grigioni.
con l’onorifico “epìteto” di “MUSTAZZOLARI”, e
Miei cari Napitini, certamente sarete ancora denomi-
gli abitanti di Tropea: “nobili pezzenti”.
nati “mangiagarge”;
Tramonto a Pizzo Calabro (VV)
Arte e Restauro 10
LA FONDAZIONE MIRO’
di Giuseppe Neri
Dedicare la propria attività alla contemporaneità
dell’arte è stato il verbo di Mirò, quando decise di creare nella Barcellona, già aperta alla pittura di Picasso,
la Fondazione, mentre lo stesso Comune di Barcellona
organizzava una retrospettiva dell’artista. Siamo nel
1968, in occasione dei 75 anni di Mirò. Incoraggiato
dall’amico Joan Prats, Mirò mise a disposizione del
pubblico permanentemente le opere private, di sua
proprietà, e il disegno vero era quello di aprire la fondazione agli artisti contemporanei, creare un centro
vivo, nella Barcellona ormai preziosa perché vivaio di
artisti “nuovi”, con le grandi tendenze dell’arte del
secolo XX. Luis Sert, amico di Mirò, nel 1932 progettò l’edificio che doveva ospitare la Fondazione. Il Co-
Mirò – Paysage au lapin et à la feur
(Paesaggio con coniglio e fiore).
Olio su tela, cm 129,9 x 195,5
mune cedette molte aree fabbricabili e si fece carico
dei costi di costruzione. Lo stesso Sert, intanto, ospitava nell’ Esposizione Universale d’Arte Contemporanea di Parigi “Guernica” di Picasso.
Entrata Parco Fondazione “Mirò” Barcellona (Spagna)
“Montsserat” di Gonzalez, “La Fontana di Mercurio”
di Alexander Calder e “Il mietitore” di Mirò. Ma, la
Fondazione ottenne i riconoscimenti dovuti nel 1975.
Dagli abbaini, a forma di cilindro penetra verticalmente la luce solare, così vengono fugate le ombre e non
influiscono sulle opere d’arte esposte. Interni ed esterni sono
motivati con cemento bianco per dare
all’ambiente i ritmi della contemplazione e per dare al
colore delle tele molto risalto, nel biancume che significa anche ordine, pulizia, bellezza, candore. Ventitrè
opere di Mirò vengono cedute in deposito dalla Gallery K. AG, quindi la Fondazione si arricchisce di
11.000 pezzi, 217 dipinti, 178 sculture, 9 opere tessili,
molte ceramiche, 8000 disegni, bozze e appunti del
maestro Mirò. Tutta la donazione è stata fatta dallo
stesso artista, mentre Jean Prats, amico intimo di Mirò, regala quasi tutte le opere in suo possesso, per dare
alla fondazione il preziosismo dovuto.
Arte e Restauro 11
Una sinfonia di colori nelle sale si aggiunge
allo splendore dei capolavori, per cui lo spettatore rimane incantato dalla soavità e bellezza dell’arte contemporanea. Certo visitare la fondazione, senza avere
studiato i movimenti dell’arte del XX secolo,
La pittura, la vita degli artisti spagnoli, i loro
insuccessi e successi, non permette di capire, di gustare, di conoscere quel quadro intenso di vita della pittura spagnola del XX secolo. Accostarsi alle Fondazioni
significa studiare prima le collezioni ivi depositate e
l’estesa produzione che si concentra nella vita dei modelli espositivi.
Infatti, nella Fondazione Mirò si possono vedere dipinti, fotografie, sculture, oggetti di balthus, Bissier, Duchamp, Ernst, Gonzales, Lam, Llorens Artigas,
Miró Interno olandese II, 1928
Olio su tela, 92 x75
Manolo, Man Ray, Masson, Matisse, Moore, Penn,
Penrose, Tanguy, Torres Garcia, opere di artisti
dell’altra “generation”, Adami, Brossa, Català Roca,
Chillida, Guston, Monterwell, Newmann, Rauschem-
Nel 1976 Aimè Maeght cede un’importante
collezione di incisioni di artisti contemporanei.
Non avrebbe voluto Mirò creare un monumento
berg, Saura, Tapies.
in memoria della sua vita e delle sue opere, ma solo un
Mirò – Artigas, Plaque (Placca),
recto e verso, 1945 Ceramica smaltata,
cm 24 x 27 x 6,5
“dinamismo” dell’opera, un centro d’arte dinamico,
infatti, dal 1980 al 1997, la Fondazione si arricchisce
di: opere grafiche complete, pittura, scultura, ceramica,
tappezzeria, teatro, tele su “Equilibrio nello spazio”,
arte tantrica, tapies, pittura nordamericana, suggestioni
olfattive.
La prima parte dell’edificio ospita i Primi disegni di Mirò: Palma de Maiorca, Eremo, Pavone, Serpente, Esercizio di tatto, quindi l’ambiente familiare:
Mont–roig, vita di Padrelbes. Bellissimo, ricco di suggestioni pittoriche, Il ritratto di una bambina, donato
da Joan Prats, così
La Fattoria, capolavoro della
“tappa dettagliata” che segna un vero momento di passaggio nel percorso artistico di Mirò poiché contiene i
germi della produzione successiva, l’ammirazione per
gli astri, il rispetto del lavoro agricolo, l’interesse per
la domesticità, le curiosità per gli insetti e per gli animali domestici. In altre sale vi è l’atmosfera del periodo parigino: La terra lavorata Paesaggio catalano, Il
guanto bianco, altri capolavori che danno una svolta
alla sua opera ed esplorano nuovi percorsi espressivi.
Arte e Restauro 12
Si susseguono la serie di paesaggi, chiari di luna, rosso
di rondini che esprimono la libertà espressiva e la
lettura globale di una realtà interpretata da Mirò in
modo ormai moderno, astratto, contemporaneo, ma
vivo per la solidità e la grandezza dell’uso dei colori,
dietro cui si nasconde l’inquietudine della sua vita e
del ramo grande dei pittori spagnoli, da Picasso a
Dali’.
Mirò – Paysage (La Lièvre) [Paesaggio (La Lepre)], autunno 1927.
Olio su tela, cm 129,6 x 194,6
Arte e Restauro 13
Arte e Restauro 14
LA FAVOLA CHE NON C’E
di Rosetta Pititto
Le favole son tutte belle, per ognuna il magico finale
Vissero Felici E Contenti, che i bimbi aspettano ansiosi e preoccupati, perché non può non tornare in vita
Cappuccetto Rosso o Pollicino smarrire la strada del
ritorno, la carrozza diventare zucca, Pinocchio ed il
suo babbo finire in pasto alla balena e, addirittura, non
far comparire un angelo buono, laddove c’era un malefico diavoletto. Le favole raccontano di fate pazienti,
maghi prodigiosi, baci del risveglio, l’incantesimo che
si scioglie e la morte che si trasforma in vita.
Che ne sanno i bimbi del pianto e del dolore, per loro
le favole sono sogni, i sogni non hanno soldi, son fatti
apposta per regalare sorrisi e tenere sorprese, raccontare la vita per come loro la vedono a quella età, con gli
occhi dell’innocenza e della fiducia. La favola culla il
sonno che arriva, ma non prima e non senza sentire il
Marc Chagall – La Mariée (1950).
fantastico Vissero Felici E Contenti, e con la voce che
s’impasta di sonno continuano a chiedere Ancora An-
vie, sorprende e mostra, sottrae e ridà, trasforma e con-
cora!
fonde. Favola che non somiglia a nessun’altra, quasi
Dormono quando tutti gli eroi sono stati messi al sicu-
una favola che non c’è. Perché Dayana non è una favo-
ro ed il buio della notte si tingerà di colori scintillanti.
la, ma la favola stessa. Dayana, la piccola principessa
Ce n’è una di favola, che ancora non hanno imparato a
non c’è, o meglio, c’è più di una volta.
conoscere, dove non troveranno il finale magico, nel
Favola straordinaria, prodigiosa, delicata e leggera,
momento giusto e nel posto giusto.
quasi eterea. Che apre dicendo “Visse Felice e Conten-
Si stupiranno, spaventandosi, e continueranno a ripete-
ta”, ma non chiude con “C’era Una Volta”. Bimba già
re Ancora Ancora, sperando che la mamma lo tiri fuori
principessa, inghiottita dall’acqua insieme al suo papà,
in fretta, come il mago fa uscire fuori dal suo cilindro
che le è scivolato di mano, in un’inutile disperata pre-
un coniglietto, che prima non c’era.
sa, proprio mentre si pavoneggia con il vestito di gala
Occorrerà rassicurarli, rispondendo ai loro perché, che
al gran ballo, quasi fosse una donna.
vanno avanti come interminabili filastrocche, spiegare
Mamma, mamma!!
che le favole, talvolta, sono un po’ bizzarre, non se-
Pensa al suo vestito, ormai rovinato, con qualche
guono lo stesso clichè, stanno un po’ con la testa
strappo, perché è rimasta impigliata. Si sforza di tenere
all’ingiù, cominciano nel modo in cui dovrebbero fini-
gli occhi aperti, attorno è tutto buio, sente voci lontane
re e finiscono nel modo in cui dovrebbero cominciare.
e confuse, rumori assordanti e non riesce ad emettere
Una favola nuova, insomma, che cammina per altre
un solo grido.
Arte e Restauro 15
Comincia ad avere paura la principessa, oltre che tanto
freddo, e le forze le stanno venendo meno.
Riprova a chiamare qualcuno, ma non esce alcun suono, qualcuno che si prenda cura di lei e le faccia ritrovare il suo papà, perché i grandi sono come la fata
turchina, e con lui vicino niente di brutto le può accadere.
Mamma, mamma!!
Dayana piange sommessamente, cerca di stare sveglia,
sa che non si deve addormentare.
Chi la può tirare fuori di là se si dovesse addormentare?
Per fortuna ci sono le magie delle favole e le torna in
mente il risveglio della bella addormentata, che la tranquillizza.
La riassale la paura, ha tanta paura la principessa sola,
vorrebbe essere lontana da quell’inferno freddo e buio,
non vede l’ora di tornare a casa e raccontare a tutti che
anche lei ed il suo babbo sono usciti sani e salvi dalla
bocca della balena.
Marc Chagall Belarus 1887-1985 (After) Sirène
gli occhi aperti, attorno è tutto buio, sente voci lontane
e confuse, rumori assordanti e non riesce ad emettere
un solo grido.Proprio come nei suoi sogni più brutti,
quando la paura le toglieva il fiato, Mamma, mamma!
Dove sono gli altri, perché nessuno mi viene a cercare? Dov’è il mio papa?
Dayana si agita, cerca di non lasciarsi sopraffare dalla
forza dell’acqua, che la sta risucchiando.
Non morirà in quel modo, sa che arriverà la fatina buona, quella che risolve tutto, lei crede, eccome, ai miracoli delle favole. Forse che il lupo cattivo non era stato
ucciso dal cacciatore e Pinocchio riportato in vita da
una bacchetta magica? Quante volte aveva sentito
quelle favole, quante volte aveva aspettato Visse Felice E Contenta.., che puntuale era arrivato.
La principessa Dayana è una bambina buona, dolce ed
obbediente, perché per lei non dovrebbe funzionare?
Ripensa alla sua vita, alle persone che più la amano, ai
suoi giocattoli, alla sua casa, al sicuro ed al riparo di
tutto, ed ha voglia di piangere.
Mamma, mamma!!
Arte e Restauro 16
Marc Chagall “La Promenade” La Passegiata.
Olio su tela cm 170 x 163,5
Non ha importanza se nessuno le crederà, le favole si
Avverto il tuo calore, riconosco il tuo profumo e le tue
ascoltano per come sono, senza dubitarne, senza sciu-
mani che mi accarezzano, con quelle parole che mi
parle, agli incantesimi non si fanno domande: avven-
sussurri sempre: Sei La Mia Principessa!
gono e basta.
Mamma, perdonami, non volevo farti soffrire!
Mammina, tu mi crederai, vero? Sì, qualche volta una
Ero felice di fare quel viaggio.
bugia l’è scappata, tutti i bambini dicono piccole bu-
Mi hai visto euforica nei preparativi della partenza,
gie, ma le mamme sanno leggere nei cuori dei propri
cercando di non dimenticare nulla.
figli senza sbagliarsi mai.
Sei stata brava a nascondere la tua apprensione, non
Mamma, mamma, tu mi stai cercando, lo so!
volevi farmi pesare quanto ti sarei mancata, si trattava
Io non morirò e ci ritroveremo! Ecco, sento la tua vo-
di pochi giorni soltanto ed al rientro ti avrei raccontato
ce, m’infonde coraggio, mi dice che ce la farò, che
ogni cosa.
tornerò da te, perché senza di me non potresti vivere.
Piccola principessa al ballo!
Marc Chagall “La Maison bleue” La casa Azzurra.
Olio su tela cm 66 x 97
Arte e Restauro 17
Proprio come Cenerentola, a mezzanotte a casa, ma la
tua carrozza è diventata zucca!
Scivola sempre più in basso, si sente imprigionata in
una massa d’acqua di cui non regge la forza.
La principessa triste teme che la fatina buona non arriverà più, che le favole sono un’invenzione degli adulti
e che la realtà sia un’altra cosa.
Allontana la strega cattiva, l’orco minaccioso ed i folletti malefici e rientra nella favola.
Non ce la fa più a tenere gli occhi aperti, vuole dormire soltanto.
Per vincere il sonno comincia a parlare, parla con la
sua mamma, il suo papà, la sua amica del cuore, con i
suoi peluches, è libera di parlare con chiunque le venga in mente per farsi coraggio, tanto nessuno le risponderà, piccola principessa!
Mamma, mamma! Quel nome, quel volto, mentre la
Marc Chagall “Moi et le Village” Io e il Villaggio
Olio su tela cm 191,2 x 150,5
vita, l’abbandona lentamente e dolcemente.
(…)
collina silenziosa, l’avvolge la luce del cielo color
Osserva smarrita, la principessa alata, deve avere dor-
zaffiro, che si tocca con la terra.
mito tanto, forse ore o giorni, il tempo si è fermato.
Cresce nel suo cuore tranquillo una perfetta beatitudi-
Prova a tirarsi su, ma sta volteggiando leggera, come
ne, una gioia sconfinata, che va aldilà di ogni umana
fosse una piuma.
comprensione sentendosi pervasa da una felicità bellis-
Respira una pace infinita tutt’intorno, la pace di una
sima, che né rime e parole riusciranno mai a descrive-
Marc Chagall “L'Ecuyere” La Cavallerizza
Olio su tela 100 x 82
re.
Un profumo che stordisce, il profumo dell’aria nelle
terse mattine d’estate, e tutto è così fresco e chiaro.
Piccolo angelo, la principessa Dayana, che non conosce più costrizioni, ed eterea fluttua tra le nuvole e
l’azzurro.
Deve volare ora, e senza indugiare oltre in quello spettacolo che la stordisce e l’incanta, per ricongiungersi a
sua madre, già in pena.
E’ importante rassicurarla che niente le sia successo,
piuttosto qualcosa di impenetrabile le è accaduto.
L’inizio di una nuova vita.
Vola alto, molto alto, dove solo gli eletti possono arrivare, per poi rientrare, e spassosamente riuscire, dalle
pagine di una favola sublime, perché nessuno meglio
di lei, ora sa, che i miracoli sono come le magie delle
favole.
Difficile credere, ma accadono.
Arte e Restauro 18
Restituzioni 2001 - 2011
Dieci anni di attività del nucleo Carabinieri tutela patrimonio culturale di Cosenza
di Francesca Cannataro e Valentina Cosco
“Il recupero più importante mai fatto è quello che deve
L'iniziativa, superando il momento puramente
ancora avvenire”. È questa l’affermazione d’intenti
celebrativo, suggella la stretta collaborazione tra la
alla base del quotidiano operare del Comando Carabi-
Soprintendenza per i BSAE della Calabria e il Nucleo
nieri Tutela patrimonio culturale. “Restituzioni 2001 –
TPC di Cosenza e vuole, inoltre, testimoniare l'alacre
2011. Dieci anni di attività del Nucleo Carabinieri
lavoro condotto per preservare e tutelare i beni cultura-
Tutela patrimonio culturale di Cosenza”, mostra ap-
li calabresi, non solo dagli attacchi delle più agguerrite
pena inaugurata a palazzo Arnone, a cura di Fabio De
consorterie criminali, ma anche dalla "leggerezza" con
Chirico – Soprintendente per i Beni Storici Artistici ed
cui essi spesso si considerano, paesaggio compreso.
Etnoantropologici della Calabria – nasce dalla volontà
Tredici le opere d’arte, diverse per tipologia e
di rendere visibile il percorso effettuato fino alla resti-
pertinenza territoriale, che resteranno in mostra nella
tuzione alla collettività delle opere tutelate, recuperate
Galleria Nazionale di Cosenza, fino al 6 maggio. Ope-
e restituite dal Nucleo Carabinieri Tutela patrimonio
re testimoni silenziose e al contempo eloquenti del
culturale di Cosenza. Un lavoro silenzioso e attento
grave danno che la collettività avrebbe subito in caso
che si svolge su tutto il territorio nazionale e sul quale,
del loro mancato recupero.
questa esposizione, ha voluto accendere i riflettori.
Arte e Restauro 19
I manufatti esposti documentano, infatti, nel loro insieme e nella diversità della loro natura, l’attività svolta
sul territorio calabrese dai Carabinieri del Tpc di Cosenza, comandati dal Capitano Raffaele Giovinazzo.
Ci parlano e raccontano le storie di tutela, recupero, salvaguardia, che hanno restituito alla collettività
un patrimonio altrimenti perduto.
Ogni reperto, ogni dipinto, ogni opera esposta è
la storia di un illecito commesso e di un’offesa subita
dal patrimonio culturale calabrese e nazionale, ma è
anche il racconto di un felice ritrovamento.
Ammirando i capolavori restituiti e raccolti in
questa mostra, si ha l’immediata percezione che tasselli importanti della nostra storia sono stati salvati.
Il progetto scientifico, curato dalle dottoresse
Francesca Cannataro e Valentina Cosco attraverso
l’esposizione di una selezione dei più importanti beni
culturali recuperati nell’ambito di alcune operazioni
condotte dal Tpc di Cosenza, vuole essere un concreto
approccio volto a testimoniare aspetti delle realtà sociali locali e universali, un “archivio della memoria”
con valore documentario di dieci lunghi anni di attivi-
Stele di horo sui coccodrilli
ex voto egizio
tà.
Askos delle murgie di Strongoli (KR)
unguentario bronzeo raffigurante una sirena
Restituzioni 2001-2011 vuole assolvere anche
al più elevato compito di far crescere nei cittadini la
consapevolezza di quello che rappresenta il patrimonio
artistico e culturale per la Nazione, sottolineando allo
stesso tempo le difficoltà che pure permangono, nel
custodire, nel tutelare, nel salvaguardare la ricchezza
del nostro Paese.
I beni culturali costituiscono l’identità di un
popolo: minare il patrimonio archeologico, storico,
artistico e paesaggistico di una nazione significa infliggere a quest’ultima una ferita permanente, produrre
danni di assoluto rilievo che vanno al di là della materiale perdita delle opere sottratte alla fruibilità delle
genti, in quanto esse sono indispensabili alle generazioni future per meglio comprendere il filone storico,
culturale e sociale da cui provengono.
Il patrimonio culturale, quindi, quale espressione più alta del popolo che lo ha creato, va tutelato da
tutti i cittadini..
Arte e Restauro 20
Ritenendo che non esista tutela, soprattutto quella territoriale, senza condivisione e piena consapevolezza
della società civile, si è pensato di esporre tredici opere d'arte eterogenee per materia e provenienza, testimoni silenziose e al contempo eloquenti del grave danno che la collettività avrebbe subito se non fossero
state mai recuperate.
Tra i capolavori in mostra, si annoverano: la
cinquecentesca tavola raffigurante la Madonna in trono con Bambino di Pietro Negroni, altre due tavole,
attribuite rispettivamente ad ignoto pittore di scuola
negronesca e al Cavalier Francesco del Cairo, annoverabile tra i più interessanti esponenti del barocco lombardo, la Natura morta con pavone e tacchino di Paolo
Porpora che rappresenta al meglio uno dei generi pittorici di maggiore successo della pittura napoletana del
Seicento, La fuga in Egitto di Francesco de Rosa, detto
Pacecco, testimonianza importante per una più corretta
conoscenza di uno degli artisti più noti del panorama
seicentesco napoletano, la Madonna del Riposo del
Anfora Calcidese con cavalcata di giovani
Pascaletti e Minerva e Venere di Paolo de Matteis.
Tra i recuperi di natura ecclesiastica è la magni“Madonna in trono con Bambino” di Pietro Negroni
fica Pisside del Pellicano alla cui base è leggibile la
dicitura “Arciprete Pellicano 1812”, realizzata in argento, la pisside rievoca il simbolo eucaristico del pellicano che si squarcia il petto per nutrire i suoi piccoli,
allegoria del Cristo che sacrifica se stesso per salvare
l'umanità.
A documentare la decennale attività del Nucleo TPC
di Cosenza vi sono anche alcuni manufatti di natura
archeologica di grande pregio: la piccola Stele di Horo
sui coccodrilli, una sorta di ex-voto, in basalto scuro,
prezioso manufatto egizio, rappresentante, sul fronte,
Horo fanciullo divino e, sul retro, in quattordici linee
di testo geroglifico, un carme esorcistico; l’Askos delle Murgie di Strongoli, piccolo unguentario bronzeo,
che raffigura una sirena, la mitica creatura per metà
umana e per metà uccello; l’Anfora calcidese con cavalcata di giovani, di fattura magnogreca. Di rilievo
anche le due cinquecentine: la philosophia di Bernardino Telesio e l’Hymnorum Sacrorum Liber, due preziosi volumi a stampa.
Arte e Restauro 21
ERINYS ART GALLERY
Modern & Contemporary
Via E. Gagliardi 71– tel. 0963.301233
www.erinysartgallery.com - [email protected]
Arte e Restauro 22
CORPO ELETTRONICO
di Simona Caramia
Corpo Elettronico, ultimo evento organizzato
Assistiamo al collasso del tempo cronologico,
dalla Fondazione Rocco Guglielmo, presso il Com-
gli eventi si spazializzano, diventando tangibili in ter-
plesso Monumentale del San Giovanni di Catanzaro, è
mini architettonici; così ogni video-istallazione - in
«una mostra ragionata sul più sfuggente dei linguaggi
mostra - vive di una spazialità autonoma, dilatandosi e
artistici: il video» afferma Gianluca Marziani, direttore
conquistando fisicamente la stanza che le è stata desti-
artistico della stessa Fondazione, «nello specifico della
nata. Ma l’innovazione - tecnologica - non può che
video-istallazione e di tutte le sue possibili implicazio-
avere le sue basi nella tradizione: le opere selezionate
ni» precisa Andrea La Porta, curatore della rassegna. Il
mostrano evidentemente la loro aderenza ai linguaggi
progetto nasce dalla volontà di fare chiarezza su un
classici dell’arte (la pittura e la scultura) e al contempo
linguaggio giovane che dagli anni Sessanta vive una
se ne allontanano, permettendo una esperienza percet-
graduale ascesa.
tiva più incarnata.
Tutta l’attenzione è rivolta all’arte elettronica
Partendo dalla realtà, i sedici artisti (Alessandro Ama-
italiana, cercando di restituire la vivacità e la comples-
ducci, Matteo Basilè, Alessandro Baveri, Bianco-
sità del nutrito scenario contemporaneo. Sedici i lavori
Valente, Luca Bolognesi, Canecapovolto, Giuseppe
in mostra, accomunati non da una tematica specifica,
Colonnese, Sandro Cuccia, Theo Eshetu, Ehab Halabi
ma da una “intermedialità del medium”. Si evidenzia
Abo Kher, Masbedo, Antonello Materazzo, Andrej
una riflessione lucida e razionale dei due curatori che
Mussa, Studio Azzurro, Gianni Toti, Zimmerfrei) rie-
tracciano le linee di una ricognizione esaustiva sulla
laborano nel video tempo e spazio canonici, esaudendo
videoart - se non nella selezione dei lavori, nella pun-
un tentativo di comunicazione universale che permette
tualità delle reali possibilità della virtualità -, anche
di cogliere ed identificare l’artisticità nella capacità
attraverso seminari e informazioni mediatiche, come la
immaginifica di rielaborare soggettivamente il feno-
creazione di un sito dedicato interamente alla mostra e
meno oggettivo.
agli artisti. Centrale appare l’esperienza totale della
A seguire i pensieri critici di alcuni studenti
fruizione delle opere, legata anche alle peculiarità inte-
dell’Accademia di Belle Arti Fidia, Domenico Barba-
rattive proprie della video-istallazione. Se tali lavori
lace, Sabrina Donato, Giuseppe Politi, che hanno
necessitano di una fruizione non-distratta, in virtù di
analizzato attentamente la mostra “Corpo Elettroni-
una diversa sintassi spazio-temporale che costruisce la
co” e le opere (video monocanale o video-
narrazione del video stesso, il legame percettivo tra
istallazioni) .
pubblico e opera - tutto sbilanciato a favore di
quest’ultima - si impone veementemente. Difatti, al
sottotitolo della mostra “Videoarte tra materia, segno e
sogno” dovrebbero essere integrati “spazio e tempo”,
che
scandiscono
l’interrelazione
dell’opera
con
l’ambiente circostante e con il possibile fruitore.
Arte e Restauro 23
Alessandro Bavari
l’ambiente bianco, penetrando con violenza in ogni
Il suo video, Metachaos, propone una visione simulta-
spazio, dando vita ad un unico mondo buio. Tutto di-
nea di due ambienti che coesistono parallelamente.
venta molto violento: anche la musica, più veloce,
Da un tunnel in primo piano, che sembra risucchiare
porta all’agitazione. Dei fili neri prendono possesso di
anche il fruitore suscitando in lui ansia, si giunge ad un
questa nuova realtà, in cui i corpi mutano continua-
ambiente apparentemente calmo, bianco, leggero come
mente, si agitano come formiche. Tutto si muove
i corpi che lo abitano. Parallelamente a ciò vive un
velocemente come se fosse animato da una tempesta:
ambiente macabro, un mondo nero: si avverte un
la realtà scoppia, si scioglie in un mare in burrasca.
“sentimento di distruzione”. La musica è coerente a
Alla fine il caos regna.
tutto ciò che succede. Dal vuoto cadono tre corpi pronti all’attacco e pian piano spuntano da essi delle punte,
come fossero radici nere che forano, distruggono
Fotogramma del Video “Metachaos” di Alessandro Bavari
Arte e Restauro 24
Domenico Barbalace
Masbedo
Contemporaneamente fumo rosso si alza dal luogo in
Questa video-istallazione, Schegge d’incanto in fondo
cui l’uomo continua a dibattersi tra le funi del paraca-
al dubbio, permette al fruitore di vivere una vera e
dute: in quel momento, l’uomo si in ginocchia e resta
propria esperienza sensoriale, poiché egli viene coin-
immobile, perplesso davanti al paracadute, ormai
volto in uno spazio d’azione, nel quale è imposto
sgonfio. Non esiste un conflitto diretto tra i due, ma
dall’artista un tempo già definito. L’opera colpisce in
piuttosto un rapporto d’inconciliabilità delle lotte indi-
particolar modo per l’impatto tecnologico e cinemato-
viduali, l’impossibilità di condivisione delle ambizioni
grafico di altissimo livello che sorregge un racconto di
e dei fardelli con cui la società investe tutti, uomini e
grande significato: il malessere sociale. Il video si di-
donne. I Masbedo lasciano allo spettatore la risoluzio-
vide in due parti che ruotano rispettivamente intorno
ne del dubbio riguardo alla volontà femminile, che a
ad una figura maschile e ad una femminile. Il primo
tratti pare voler salvare, a tratti abbandonare, i simboli
individuo è un uomo che lotta convulsamente, ma in-
del focolare domestico. È evidente, invece, il rapporto
vano, con un paracadute nero che il vento continua a
di causa-effetto innescato dal segnale rosso di dolore
gonfiare. La seconda figura è una donna ritratta
che la donna lancia metaforicamente all’uomo:
nell’atto di trainare faticosamente comuni pezzi di
quest’ultimo abbandona il paracadute e la sua lotta, per
mobilia mediante un fascio di cavi, che rischiano altri-
rimanere fermo e inerme, senza punti di riferimento.
menti di perdersi negli abissi. L’azione giunge al suo
culmine quando la donna riesce ad approdare su una
Giuseppe Politi
roccia deserta, dove accende un segnale di pericolo.
Particolare della video installazione “Schegge d’incanto in fondo al dubbio” di Masbedo
Arte e Restauro 25
Matteo Basilè
la distrazione che ci investe è tale da dimenticare ciò
La sua video-installazione, The Saint are coming, si
che stavamo osservando. Ci invade così un forte senso
avvale di una fotografia molto essenziale. In tutto il
d’ansia, la musica e allo stesso modo le immagini
video si ritrovano giochi prospettici e di riflessione,
cambiano ritmo e frequenza, diventando più aggressi-
che
attraverso
ve. Ci investe la presenza forte di una donna nera, ri-
l’accostamento di alcune immagini, che si susseguono
coperta completamente di polvere bianca: l’immagine
in un ritmo frenetico, dando al fruitore una sensazione
è un chiaro emblema della società passata, in cui il
di irrequietezza. Le figure che ci vengono proposte
colore diverso della pelle era denigrato. Così proprio
sono l’incarnazione della società: una società vecchia,
lei - ricoperta di polvere bianca - sembra adattarsi alla
seppur ingentilita, legata a stereotipi; una società che
nostra cultura. Basilè rivolge una denuncia per far ri-
decide di svelarsi e di abbandonare i soliti costumi,
flettere il fruitore, ponendo l’attenzione a quelli che
impressionando, come nel caso della donna evidente-
sono sempre stati considerati scarti della società, ulti-
mente troppo anziana con i capelli tinti di colori sgar-
mi tra gli ultimi, uomini a cui viene tolto un futuro e
gianti, che soffre, poiché vittima di una realtà che non
una dignità; il fruitore riceve una nuova visione
le appartiene. Ricorre un ritorno alla mitologia con un
dell’arte: dove c’è posto davvero per tutti, dove la don-
Minotauro che combatte una guerra ormai persa e un
na di colore “colorata” tiene in braccio una vita umana
Icaro metallico che arde proprio come nel mito delle
nata disagiata. I loro volti non chiedono altro che
ali in cera. Incorniciata tra linee spigolose di marmo,
“pietà”.
fa
storico
“riflettere con se stesso”, proprio come l’uomo deve
all’inganno, alla quale si sovrappongono alternativa-
essere coerente con il suo vivere e deve riflettere per
mente le immagini di un occhio riflesso e di un forte
poter vivere bene.
ingannano
l’ingresso
l’occhio
una
del
“papessa”,
fruitore
richiamo
colore rosso, che creano un distacco improvviso:
Particolare della video installazione “The Saint are coming” di Matteo Basilè
Arte e Restauro 26
Ulteriore suggestione il mare messo a
Sabrina Donato
I QUATTROCENTO ANNI DEL LICEO “M. MORELLI”
DI VIBO VALENTIA
di Domenico Sorace
Quest’anno il Liceo Classico “Michele Morelli” di Vibo Valentia celebra i suoi quattrocento anni di
Questa fu la promessa iniziatica del
“Morelli”; questo fu il raccolto che ne ebbi.
vita. Un traguardo importante, che rivela la vocazione
Una promessa, come ogni studente sa,
culturale e formativa attorno a cui si è schiusa la vicen-
intrisa di fascino e dramma, di proposizione e ne-
da della nostra comunità.
gazione, d’illusione e delusione, di approdi e par-
Ho frequentato quella scuola nel magma iroso
e talvolta estremo degli ultimi anni settanta, anni di ter-
tenze.
E
tuttavia,
in
questa
effusione
rorismo ed ideologismo, di rivoluzioni tentate ed evolu-
d’incertezze, in questo esplorare laico ed inquieto,
zioni sognate, di dualismi irreparabili ed irriducibili, di
ogni approdo, ogni fuga lasciano traccia di sè, si
ripensamento globale dell’occidente culturale ed etico.
depongono nell’anima, fecondandola,
E ne rammento il vigore creativo, l’impietosa ed entu-
consolandola.
ferendola,
siasmante difficoltà, le contraddizioni formative e gene-
In definitiva, al netto di aoristi, deponenti,
razionali che il periodo implicava. Ho spesso pensato al
perifrastiche, ablativi, casi, declinazioni, difettivi,
filo che lega la mia non più breve vita ai cinque anni
direi che il dono più prezioso del “Classico” è
vissuti al “Morelli” di Vibo Valentia. Ebbene, ho moti-
l’indomito ed incomprimibile desiderio di solleva-
vo di credere che quell’esperienza abbia profuso buona
re il velo dell’opacità, di ragionare sull’uomo ed il
parte degli elementi che, nel tempo, si sarebbero rivelati
suo destino, di cercare Dio, magari semplicemente
decisivi e, forse, dirimenti.
per ricusarlo, perderlo, blandirlo, sognarlo.
Ed invero, dedicarsi agli studi classici non ha
E così, nel cammino dei nostri anni, tra le
valenza puramente formativa, ma rivela un progetto
fatiche del vivere, nel pericoloso pencolare tra pau-
complessivo, che riguarda l’Uomo ed il valore etico,
ra e dolore, libertà e felicità, affiorano i mondi che
estetico e filosofico della vita
ci furono compagni. Ritorna l’Ulisse ingegnoso,
Il liceo Classico non prepara ad un professione,
che attraversa un’intera vita per tornare da dove era
poiché non ne ha l’attitudine; né disegna una prospetti-
partito; ritroviamo l’ardore degli eroi, le cui mem-
va concreta e visibile, poiché la sua scena formativa ed
bra scavate dalla spada raccontano il grido
etica è fondata sul contrario, l’invisibile.
dell’onore e della dignità; ritorna la cupa torre di
Dunque, chi sceglie il Liceo Classico sa di ave-
Recanati, dalle cui feritoie lo sguardo tremulo ma
re di fronte una prospettiva paradossale e, per certi ver-
vivo del giovane Giacomo tesse le più limpide ed
si, parossistica: legarsi a matrici e ragioni che non hanno
inclite parole, e si ritrovano le urne ed i cipressi di
il crisma della certezza, né della verità. Sa, in altri ter-
Foscolo che, sapide, ci avvertono di quanto dolore
mini, di dover accettare il principio per cui la vita non è
e quanta dignità risieda nella malìa del vivere.
destino, ma cammino, e si avvale di schiuse logiche ed
E ci si accorge, nel correre vorticoso degli
assiologiche che ne costituiscono, ad un tempo, il fasci-
anni, che per essere migliori occorre esserlo da
no ed il dramma supremo.
giovani. Come capitò a Leopardi, che scrisse le sue
Arte e Restauro 27
cose più fresche a ventanni, a Boccioni, che dipinse il
futuro alla stessa età, agli eroi del risorgimento e della
resistenza, da Mameli a Morelli, dai Rosselli ai Cervi
e, per restare ai nostri tempi, a Steve Jobs e Steve Vozniak, che, all’alba del loro terzo decennio, reinventarono il mondo, avendo la visione limpida del futuro.
Ecco perché è doveroso rendere omaggio,
dopo 400 anni di lezioni, al Liceo Classico “Michele
Morelli”, una scuola che – pur negli inevitabili limiti
degli uomini e dei tempi che l’attraversano - ha accolto ed accoglierà migliaia di giovani, schiudendo
loro il lato carsico della vita, le porte libere dell’etica,
l’esercizio audace della verità, rendendo possibile il
gioco più audace e divertente, quello di pencolare pericolosamente tra essere e non essere, tra spazio e tempo, tra luce ed ombra, tra divino e laico, nel supremo
segno della libertà e della bellezza.
Liceo Ginnasio “M. Morelli” di Vibo Valentia
Arte e Restauro 28
APPUNTI DI FILOLOGIA TESTUALE
E RESTAURO DEL CINEMA
di Roberto Pasanisi
Già gli anni ’70 e ’80 sono stati un periodo di crisi del
Ma l’uomo non è destinato ad essere una cosa, se di-
cinema a più livelli: non solo economica, ma anche per
venta una cosa viene distrutto, e ancor prima che que-
quanto riguarda la sperimentazione formale; un cine-
sto avvenga, egli è disperato e vuole uccidere la vi-
ma che sempre meno si manifesta come linguaggio ed
ta.» (Erich Fromm, Psi coanalisi dell’amore. Necrofi-
esperienza estetica originale sul mondo, divenendo
lia e biofilia nell’uomo [1964], Roma, Newton Com-
sempre più uno spettacolo per le masse affamate dello
pton Editori, 19849, pp. 74-75 passim). Cfr. anche
status socio-culturale derivante dal consumo di arte, di
l’apologo chapliniano di Modern Times (1936), non-
quell’arte definita da Walter Benjamin «feticcio-
ché quelli - letterarî - di Aldous Huxley (Brave New
merce».
World, 1932), George Orwell (1984, 1950), Ray Bra-
«Uno degli arcani di cui il meretricio [della modernità]
dbury (Fahrenheit 451, 1953), Roberto Vacca (La
divenne depositario solo con l’avvento della grande
morte di Megalopoli, 1974) e - cinematografici, epoca-
città, è la massa. La prostituzione inaugura la possibili-
li espressioni del"immaginario collettivo’ - di Stanley
tà di una comunione mistica con la massa. Ma
Kubrick (A Clockwork Orange, 1971), Douglas Trum-
l’avvento della massa è contemporaneo a quello della
bull (Silent running, 1971), Boris Sagal (The Omega
produzione di massa». (Walter Benjamin, Angelus
man, 1972), Richard Fleischer (Soylent green, 1973) e
Novus. Saggi e frammenti [1955], tr. it., Torino, Einau-
Norman Jewison (Rollerball, 1975).
di, 1981, p. 137). «In verità, la civiltà industriale-
Particolare di una pellicola danneggiata
burocratica che è risultata vittoriosa in Europa e in
Nord-America ha creato un nuovo tipo di uomo che si
può descrivere come l’uomo dell’organizzazione, come l’uomo automa, e come l’homo consumens [o oeconomicus]. Egli è, per di più, homo mechanicus; con
ciò intendo un uomo-aggeggio, profondamente attratto
da tutto ciò che è meccanico e orientato contro ciò che
è vivo. [...] Il nostro scopo principale è di produrre
cose, e nel corso di questa idolatria per le cose, noi ci
trasformiamo in beni di consumo. Le persone vengono
trattate come numeri. [...] L’approccio agli uomini è
astratto, intellettuale. Ci si interessa alle persone come
ad oggetti, alle loro proprietà comuni, alle regole statistiche del comportamento di massa, non agli individui
viventi. Tutto questo si accompagna al crescente ruolo
del sistema burocratico. In giganteschi centri di produzione, in città giganti, gli uomini vengono amministrati
come se fossero cose; [...]
Arte e Restauro 29
Il gusto popolare, diceva Gramsci, «si è formato non
- L’interpolazione: ovvero l’aggiunta, localizzata o
alla lettura e alla meditazione intima ed individuale
diffusa che sia, di elementi non presenti nel testo origi-
della poesia e dell’arte, ma nelle manifestazioni collet-
nale. Le interpolazioni nei testi letterari sono dei meri
tive, oratorie e teatrali» (Letteratura e vita nazionale,
errori, delle sviste; nel testo cinematografico, invece,
Torino 1966, p. 68): quello del pubblico giovanile, in
la maggior parte delle interpolazioni sono delle scelte
particolare, che è divenuto in questi ultimi anni signifi-
volute, che vanno a colmare delle lacune presenti, fino
cativa parte in causa, anche per il suo accresciuto pote-
ai casi di interpolazioni accidentali e, perfino, di pitto-
re economico diretto, si è costituito attraverso i mass
grafie, ovvero di ripetizioni.
media e gli universi culturali della musica giovanile,
- L’alterazione: riassume tutte le altre corruzioni che
rock specialmente. «Si osservi come norma generale
non toccano la quantità del testo, ma la sua qualità.
che quanto più freddo è il messaggio, secondo la defi-
Esistono quindi varie tipologie di errori: gli errori di-
nizione di McLuhan, e più scarsa è la sua precisione,
retti che si verificano all’atto della prima copia; gli
più iterativo dev’essere il messaggio per compensare
errori indiretti, ovvero quando ci troviamo di fronte a
il “rumore” della comunicazione.» (Román Gubern,
copie esatte di testi tuttavia già corrotti; errori critici,
Immagine e messaggio nella cultura di massa [1974],
che sono dei tentativi di emendare un testo riconosciu-
Napoli, Liguori, 1976, p. 191).
to come corrotto che, però, producono delle ulteriori
In tale quadro, solo la filologia letteraria può insegnar-
corruzioni testuali.
ci non più a leggere e interpretare soltanto un testo
Una differenza di fondo tra il testo letterario e il testo
filmico,
cinematografico è che nel cinema la copia non è con-
ma a possederlo nella sua interezza e
ricostruirne una sua pur incerta ermeneutica.
sultabile e leggibile, ma diventa a sua volta supporto
Tuttavia, sia nel cinema che in letteratura, la copia
per quell’altro testo che è la proiezione. Insomma il
tramanda sì il testo, ma anche le sue corruzioni e alte-
testo del film è quello depositato sulla pellicola, un
razioni, dato che ogni copia contiene degli errori.
testo di cui la proiezione e il pubblico sono parte inte-
Una prima suddivisione di massima può svolgersi lun-
grante. Il film come testo per il pubblico è soggetto ad
go tre paragrafi:
altre corruzioni che non sono classificabili in una filo-
- L’omissione: ovvero un testo può essere incompleto
logia tradizionale, romanza o classica che sia.
in quanto presenta delle parti mancanti concernenti
Codeste altre alterazioni le possiamo dividere in altre
singole specifiche di testo; ma nelle omissioni diffuse
tre tipologie: quelle ‘sociali-spettacolari’, dove la peg-
il testo è corrotto nella sua completezza e nella sua
giore delle ipotesi è che un testo restaurato non possa
linearità.
essere visto per il cattivo funzionamento dei sistemi
A destra particolare di una pellicola prima del restauro; a sinistra dopo l’intervento di restauro
Arte e Restauro 30
cinetecari;
oppure ‘redazionale’, vale a dire l’intento di riportare
quelle ‘mediologiche’, che derivano dalla trasmissione
il movie alla sua forma originale – e comprende come
di un testo attraverso altri canali (ad esempio televisio-
cruciale la ricostruzione delle parti mancanti.
ne e home video) che sono diversi da quelli originaria-
Ogni tipo di intervento deve essere reversibile; il che
mente previsti; quelle ‘industriali’, causate da una
significa che ogni documento deve essere a sua volta
scorretta immissione sul mercato: ad esempio, una
documentato. Gli obiettivi che un restauratore deve
titolazione arbitraria rispetto all’originale.
porsi, nel momento in cui opera su una pellicola, sono
La preservazione di un film si divide fra attiva e passi-
fondamentalmente tre: la volontà dell’autore; riportare
va. La ‘preservazione attiva’ raggruppa tutte le prati-
la pellicola alla sua prima proiezione pubblica; e la
che e procedimenti, dall’esame alla selezione tecnica:
resa dello stato della ‘copia testimone’. La materia
conservazione e aggiornamento delle schede, sorve-
filmica è composta da tre strati: ‘substrato di
glianza dei siti e classificazione del materiale custodi-
base’ (supporto), ‘emulsione’ (dove si rivelano i foto-
to. Infine si ha il restauro tecnico, trattamento superfi-
grammi) e ‘vernice’. Un intervento restaurativo inter-
ciale , duplicazione e controllo della qualità.
viene sulla materia e non sulle immagini. Uno dei
Invece la ‘preservazione passiva’ è sintomo di deposi-
campi di intervento del restauro è, ad esempio, la
to e storage; si tratta di custodire i materiali d’archivio
‘lacuna’, ovvero un’interruzione di tessuto figurativo e
in ambienti ottimali e di non esporli a rischi meccanici.
narrativo: essa può essere puntuale, locale o estesa.
Il restauro si distingue dalla ricostruzione in quanto
Il restauro cinematografico deve provvedere non solo
questa è funzionale alla presentazione pubblica di una
alla restituzione del film, ma deve ristabilirne anche la
certa pellicola, e si compendia con il rifacimento del
funzionalità.
montaggio.
Il restauro è dunque il riconoscimento dell’opera d’arte
Il restauro può essere ‘tecnico’, ovvero l’eliminazione
in quanto tale: essa viene riconosciuta nella sua consi-
dei difetti o dei danni di tipo chimico;
stenza fisica e nella sua duplice polarità, estetica e
storica.
A destra particolare di una pellicola prima del restauro; a sinistra dopo l’intervento di restauro
Arte e Restauro 31
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