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IN-DEPTH ANALYSIS
ID
1
Gli attacchi terroristici
del 26 giugno 2015
o
‘Venerdì nero’
3 LUGLIO 2015
Punto di situazione e
analisi prospettica della minaccia
Gli attentati verificatisi venerdì 26 giugno 2015 in Francia, Tunisia, Kuwait e Somalia hanno portato
nuovamente all’attenzione dei media l’ormai annosa e grave questione del terrorismo d’ispirazione
jihadista, e soprattutto delle azioni dell’organizzazione terrorista Stato Islamico (anche noto con la
sigla IS, acronimo della dizione inglese Islamic State)[1]. Il fatto che in un solo giorno si siano verificati quattro attacchi terroristici, di portata molto significativa e in Paesi importanti e tra loro molto
eterogenei, ha indotto alcuni organi della stampa mondiale a ribattezzare il 26 giugno 2015 come
‘venerdì nero’. Gli eventi del 26 giugno hanno avuto una preoccupante eco a pochissimi giorni di
distanza, tramite un attentato compiuto il 29 dello stesso mese in Egitto, dove l’esplosione di un’autobomba ha provocato la morte del procuratore generale.
GLI ATTACCHI DEL 26 E 29 GIUGNO 2015
FRANCIA: la mattina del 26 giugno un uomo è stato trovato decapitato nei pressi di una fabbrica della Air Products (una compagnia statunitense produttrice di gas industriali), a poco
più di 30 km da Lione, con al suo fianco una bandiera con scritte religiose in lingua araba e
alcune iscrizioni sul suo corpo. La vittima, Herve Cornara, era il manager di una compagnia
di trasporti del luogo ed era il capo del presunto responsabile dell’attacco. La vittima sarebbe stata uccisa, forse con l’aiuto di un complice, da Yassin Sahli, uomo di 35 anni di origine
maghrebine, sospettato di avere avuto in passato rapporti con un gruppo islamico salafita.
Secondo la ricostruzione offerta dalle autorità francesi, dopo aver ucciso la vittima e averne
depositato il cadavere all’esterno della fabbrica, Salhi sarebbe riuscito ad introdursi nel sito
con un furgone, in quanto atteso per una consegna. Superato l’ingresso, con il suo veicolo
avrebbe poi forzato un secondo perimetro di sicurezza, una recinzione. A quel punto sarebbe
sceso dal veicolo e sarebbe corso in direzione di un deposito di bombole di gas, appiccando
un incendio. I vigili del fuoco di una vicina stazione, avvisati da un dipendente della fabbrica, sarebbero poi sopraggiunti poco dopo a spegnere l’incendio, mentre uno di loro avrebbe
bloccato l’attentatore prima dell’arrivo delle forze di sicurezza. Dopo l’attacco incendiario,
chiusosi con un bilancio di 2 feriti, l’uomo ha inviato dal suo cellulare un selfie in cui posava
con il corpo dell’uomo precedentemente decapitato. Il messaggio è stato inviato a un numero
canadese. Dopo alcune prime presunte dichiarazioni relative ad una sua vicinanza allo Stato
Islamico e altre formazioni religiose estremiste, Sahli ha confessato di aver ucciso il suo datore
di lavoro per motivi personali, negando una matrice terrorista dell’attacco.
TUNISIA: nella tarda mattinata del 26 giugno quasi 40 persone sono state uccise in un attacco
terroristico, poi rivendicato dallo Stato Islamico, effettuato sulla spiaggia di un hotel vicino
Sousse, nel nord-est del Paese (circa 140 km a sud di Tunisi). Secondo le ricostruzioni dell’episodio, due attentatori sarebbero giunti sulla spiaggia occultando sotto asciugamani ed ombrelloni delle armi da fuoco (tra cui un kalashnikov), per poi iniziare a sparare sui turisti. Tra
le vittime ci sono molti cittadini occidentali, tra cui britannici, tedeschi, belgi e irlandesi. Uno
dei due responsabili dell’attacco, secondo alcune fonti precedentemente impiegato nella struttura turistica colpita, è stato ucciso dalle forze dell’ordine tunisine, l’altro sarebbe stato arrestato dopo una fuga di poche ore. Il 28 giugno nella città di Sousse centinaia di persone hanno
poi partecipato a una marcia di solidarietà per le vittime dell’attacco. Il governo tunisino ha
annunciato di voler rafforzare le misure anti-terrorismo, anche chiudendo le moschee sospettate di essere centri di formazione e reclutamento dell’IS e di altri gruppi estremisti (cfr. anche
allegato a fine report). Insieme all’attacco del marzo scorso nel museo del Bardo, l’attentato in
questione segna un innalzamento del profilo delle azioni terroriste in Tunisia.
[1] Già ISIS o ISIL, ovvero Islamic State of Iraq and Syria (o Islamic State of Iraq and al-Sham) o Islamic State of Iraq and the Levant.
Utilizziamo qui il termine ‘jihadista’ consapevoli dell’originaria estraneità del relativo concetto al fenomeno terrorista, e delle sue
strumentalizzazioni da parte dei gruppi terroristi che dichiarano più o meno espressamente di ispirarvisi.
1
KUWAIT: almeno 28 persone sono state uccise e oltre 200 sono rimaste ferite in un attacco suicida di un terrorista contro una grande moschea sciita a Kuwait City, capitale del Kuwait. Al
momento dell’attentato, avvenuto durante la preghiera del venerdì nella moschea Imam al-Sadeq, si sarebbero trovate circa duemila persone. Si tratta del primo attentato ad alto impatto in
Kuwait da oltre venti anni. L’azione è stata rivendicata tramite un comunicato di un gruppo
affiliato al ramo saudita dello Stato Islamico. L’attentatore sarebbe stato un cittadino saudita,
che avrebbe fatto esplodere una cintura esplosiva ad elevato potenziale indossata poco prima
di entrare nella moschea (raggiunta in automobile tramite l’aiuto di un complice, che aveva
precedentemente prelevato l’attentatore nei pressi dell’aeroporto di Kuwait City).
SOMALIA: circa 50 persone sono state uccise in un attacco del gruppo terroristico di Al Shabab contro una base militare ospitante forze dell’Unione Africana. L’attentato è avvenuto nel
sud della Somalia, nella località di Leego, lungo la strada che collega la capitale Mogadiscio e
la città di Baidoa. Il presidio era controllato da soldati del Burundi appartenenti alla missione
dell’Unione Africana in Somalia (Amisom), che conta oltre 20mila soldati nel Paese. Durante
l’attacco le milizie di Al-Shabaab avrebbero utilizzato granate e mitragliatrici.
EGITTO: il 29 giugno un’auto-bomba è esplosa, intorno alle 10 del mattino, nel quartiere
est della capitale denominato Heliopolis, al passaggio dell’auto del procuratore generale Hisham Barakat, deceduto a seguito dell’attacco esplosivo (molto probabilmente azionato con
un telecomando a distanza). L’azione è stata rivendicata da una cellula vicina alla Fratellanza Musulmana, movimento islamista di opposizione di cui Barakat aveva disposto nei mesi
scorsi l’arresto di numerosi militanti (ma alcune fonti locali hanno invece attribuito l’azione a
Wilayat Sinai, gruppo terrorista affiliato allo Stato Islamico).
2
ATTENTATI 26/29
GIUGNO 2015
LIONE
(26-06-2015)
Morti: 1
Feriti: 0
KUWAIT CITY
(26-06-2015)
Morti: 27
Feriti: 227
SOUSSE
(26-06-2015)
Morti: 38
Feriti: 40
IL CAIRO
(29-06-2015)
Morti: 1
Feriti: 9
LEEGO
(26-06-2015)
Morti: 30-50
Feriti: ND
Osservando frequenza, diffusione ed intensità degli episodi terroristici degli ultimi anni, si può affermare che gli attacchi del 26-29 giugno 2015 rappresentano in effetti un campione particolarmente
significativo, sia per la loro intensità complessiva sia per essere avvenuti in uno spazio geografico
sensibilmente dilatato e in un lasso di tempo molto circoscritto.
A partire da questi dati alcuni commentatori hanno ipotizzato che dietro tali episodi vi sia stata una
regia strategica ben precisa, ascrivibile all’organizzazione terrorista Stato Islamico e volta a destabilizzare in un solo colpo, come in un gioco ad effetto domino, la tenuta politica e psicologica dei Paesi
occidentali e di alcuni Stati arabi loro alleati.
Ora, che lo Stato Islamico sia in guerra contro l’occidente e buona parte del mondo musulmano (non
solo arabo) è ormai evidente; quel che forse è meno chiaro, almeno in alcuni settori della politica,
dell’economia e tra gli stessi mezzi d’informazione, è che in realtà non tutti gli attacchi sopra descritti sono il frutto di una pianificazione o volontà dell’IS.
Quasi certamente la mano dell’IS è stata presente negli attentati compiuti in Tunisia e Kuwait. Non
solo perché le due azioni sono state espressamente rivendicate dall’organizzazione guidata da Abu
Bakr al-Baghdadi, ma anche perché entrambe sono state condotte con modalità operative che lasciano presumere almeno una qualche pianificazione, in cui gli assalitori hanno forse rappresentato
solo il ‘braccio operativo’ dell’attacco, ovvero l’ultima fase dell’offensiva. In altri termini, in entrambi i casi il successo dell’attentato è da imputarsi, oltre che ai mezzi impiegati, anche a probabili
preventive azioni di ricognizione, che hanno consentito di colpire gli obiettivi scelti quando erano
relativamente poco protetti e significativamente frequentati. I target degli attacchi inoltre, anche se
tra loro molto diversi, evidenziano in realtà una forte correlazione strategica: se infatti nel primo
caso è stato colpito un sito turistico frequentato in larga prevalenza da ‘nemici’ occidentali, come
peraltro confermato dalla nazionalità della maggior parte delle vittime, in Kuwait l’attacco è stato
diretto contro la comunità sciita, cioè l’altro avversario fondamentale del gruppo di al-Baghdadi,
che mira a rinforzare una ben determinata fazione radicale della componente sunnita dell’Islam
(colpendo gli sciiti ma anche attori arabo-islamici a connotazione sunnita, statuali e non, che tentino
di contrastare gli obiettivi e le azioni dell’IS).
3
SUNNITI E SCIITI: LE ORIGINI STORICHE DI UN ANTAGONISMO INTRA-ISLAMICO
La divisione tra sunniti e sciiti all’interno dell’Islam si verifica a meno di cinquant’anni dalla
nascita della religione musulmana. Dal 661 d.C. ad oggi, le due anime dell’Islam hanno corso
vie separate, talvolta entrando in conflitto. Del resto è proprio da una disputa, dogmatica e
dinastica, che si sviluppa questa frattura. Nel 632 muore Maometto, profeta dell’Islam. Al
suo trapasso inizia il periodo dei c.d. “califfi ben guidati”, che succedono al profeta alla guida
dell’Islam: Abu Bakr, ‘Umar ibn al-Khattab, ‘Uthman bin ‘Affan e ‘Ali bin Abi Talib. Quest’ultimo, cugino e genero di Maometto, diviene quarto califfo dell’Islam dopo l’assassinio di Uthman; riceve però l’opposizione di Mu`awiya, parente di Uthman e governatore della Siria,
carica dalla quale verrà prontamente rimosso da Ali. Ha così inizio la prima ‘guerra civile’
dell’Islam. Se i primi tre Califfi favoriscono un’osservanza ‘ortodossa’ della legge coranica,
gettando le basi per la corrente maggioritaria dell’Islam, quella sunnita, da Ali si genera invece lo sciismo, componente storicamente minoritaria. Alla morte di Ali si ha la vera scissione:
Mu`awiya, sopravvissutogli e divenuto primo califfo della dinastia omayyade, costringe alla
pace Hasan, figlio e successore di Ali, che muore di lì a poco; suo fratello Husain, considerato nuovo erede, viene annientato dalle truppe del califfo nella Battaglia di Kerbela del 680:
l’evento segna lo scisma definitivo. Lo sciismo ha dei capisaldi che lo differenziano anche
dogmaticamente dal sunnismo: Ali sarebbe stato nominato successore da Maometto in persona, pertanto i primi tre califfi non sarebbero legittimi; l’Imam, una volta designato, è l’unico
possibile interprete della legge di Allah, infallibile e incontestabile; il Corano si è creato nel
tempo e vige una “giustizia divina”, in grado di restituire all’uomo il libero arbitrio sul bene e
sul male; inoltre, gli sciiti credono nella preghiera di intercessione nei confronti degli Imam. Il
sunnismo, invece, riconosce tutti i primi califfi (anche Ali, ma non in qualità di primo Imam);
attua, nel corso dei primi secoli, la creazione della legge sharaitica; prevede un’applicazione tendenzialmente letterale del testo sacro, considerato eterno; la preghiera d’intercessione
equivale ad idolatria. Vi sono poi punti di disaccordo minori.
Attualmente gli sciiti costituiscono una percentuale che comprende tra il 10 e il 15% del mondo islamico (che va ben oltre l’area dei Paesi arabi), con ulteriori divisioni interne in sette.
Dopo il 700 d.C. la contrapposizione tra le due dottrine raramente è sfociata in conflitti aperti
o violente dispute. Il mondo musulmano infatti, dalla dominazione araba dei primi secoli
all’Impero Ottomano, ha vissuto più o meno pacificamente, a dispetto di dette divisioni dottrinali. Sono gli anni recenti ad averci consegnato forse le maggiori fasi di contrasto tra sciiti
e sunniti. Contrasto che è emerso anche a seguito di potenti strumentalizzazioni da parte di
movimenti islamisti, più o meno radicali. In realtà, concentrandosi sulla regione mediorientale, si nota che a sfruttare questa spaccatura sono state spesso anche fazioni politiche non
religiose, che intendevano affermare il proprio potere su base etnica, clanica o tribale nel
grande gioco delle minoranze e maggioranze etno-culturali dei Paesi dell’area (come nei casi
di Bashar al-Assad in Siria e Saddam Hussein in Iraq). Oggi, se l’Iran da certi punti di vista
ambisce a rappresentare lo ‘sciismo di stato’ (concetto che pure contrasta con alcuni capisaldi
dello sciismo: nessuna guida temporale è difatti riconosciuta poiché a prevalere è la spiritualità islamica, ovvero l’unica guida pura dei 12 Imam), Iraq, Siria e Yemen presentano forti
comunità sciite (in Iraq costituiscono la maggioranza). Tali comunità sono meno numerose
nelle ‘petro-monarchie’ arabe del Golfo, a maggioranza sunnita e anche per questo su posizioni spesso antagonistiche rispetto a quelle dell’Iran e di altri attori non statuali sciiti (tanto da
essere state accusate, talvolta, di sostegno diretto o indiretto a gruppi sunniti anche quando
dediti ad attività terroristiche). È bene osservare, tuttavia, che questa divisione intra-religiosa
si è tramutata in violenza principalmente quando si è sovrapposta a dinamiche di potere e
interessi economici. Ad esempio l’attuale guerra civile siriana risponde, in larga parte e almeno nelle sue origini, ad una contrapposizione largamente politica e socio-economica tra
una minoranza dominante (la fazione sciita ‘alawita’ del presidente Bashar al-Assad) ed una
maggioranza (quella sunnita) dominata. Sostenitore e sostenuto dall’Iran è il movimento sciita Hezbollah, con base storica nei campi profughi palestinesi in Libano e Cisgiordania, oggi
schierato (per logiche geopolitiche più che per dispute dottrinali) al fianco delle truppe governative in Siria. Lo Stato Islamico, che arriva ad affermare la rinascita del Califfato sunnita
per mezzo del suo Leader, Abu Bakr Al Baghdadi, si scaglia apertamente contro le comunità
sciite e di altre sette islamiche, considerandole al pari degli infedeli (a differenza, è interessante rilevarlo, di quanto fatto da al-Qaeda, che pur ergendosi a campione del fondamentalismo
sunnita wahabita, tende a praticare il terrorismo contro obiettivi filo-occidentali a non sciiti).
Infine si deve però ricordare, in questo quadro, come non si possano escludere in via assoluta
alleanze de facto tra gruppi sunniti e sciiti: può essere il caso dello storico allineamento tra
Hamas ed Hezbollah in chiave anti-israeliana, seppur non senza frizioni, periodi di crisi e più
o meno temporanee rotture (come verificatosi ad es. rispetto alla guerra siriana, che almeno
a fasi intermittenti ha portato le due fazioni a schierarsi secondo logiche di appartenenza settaria o confessionale).
Una regia dello Stato Islamico si può invece escludere in relazione agli altri attacchi. In Francia, stando alle risultanze investigative emerse sinora, l’attentato sarebbe il frutto di un’azione autonoma,
compiuta a quanto pare in larga prevalenza per motivi legati al vissuto ‘socio-professionale’ dell’attentatore. Ciò non di meno preoccupa il fatto che questi abbia legittimato l’azione, almeno in una
prima fase, facendo ricorso a simboli e motivazioni religiose, a denotare la forza propagandistica
che realtà come al-Qaeda o lo Stato Islamico possono veicolare anche verso elementi non direttamente appartenenti a cellule terroriste, ma colpiti da un disagio psicologico o socio-economico in
cui l’ideologia jihadista può evidentemente fare breccia (facilitando gravi comportamenti devianti).
Una direzione strategica dello Stato Islamico può essere esclusa anche dall’attacco verificatosi in
Somalia. Il gruppo terroristico Al-Shabaab infatti, che nasce peraltro alcuni anni prima dello Stato
Islamico, agisce in maniera autonoma rispetto alle milizie di al-Baghdadi, come mostrato peraltro
dal fatto che l’affiliazione transnazionale del gruppo sia attualmente riconducibile ad al-Qaeda, che
rispetto all’IS si pone espressamente in posizione alternativa o concorrente. Inoltre il gruppo in questione, per quanto animato da un’interpretazione radicale della religione islamica, agisce per scopi
politici ed economici propri, intimamente connessi allo scenario somalo e a quello di alcuni Paesi vicini come Kenya e Uganda (tanto da risultare relativamente autonomo rispetto alla stessa al-Qaeda).
Infine una presunta regia dello Stato Islamico può essere esclusa probabilmente anche rispetto all’attentato del 29 giugno nella capitale egiziana, dove la responsabilità dell’attacco, coerentemente con
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le modalità operative e l’obiettivo dell’attentato, ricadrebbero sul gruppo terroristico Moqawma al
Shabia, vicino al movimento di opposizione della Fratellanza Musulmana (anch’esso considerabile,
per storia, obiettivi e modalità operative, e pur a fronte di possibili contatti tra i rispettivi esponenti,
essenzialmente indipendente dall’IS).
Ora, il fatto che lo Stato Islamico abbia responsabilità solo in alcuni degli attentati in esame, non
deve tuttavia indurre a sottostimare il fenomeno del terrorismo internazionale d’ispirazione jihadista. Questo, fondamentalmente, per due ordini di motivi: primo, per quanto relativamente indebolito da misure militari e di contrasto finanziario attuate sul piano internazionale, lo Stato Islamico
continua ad operare in porzioni significative dei territori iracheno e siriano (dove gli stessi raid aerei
della coalizione multinazionale a guida americana hanno dato risultati alterni e non risolutivi). Ciò
è mostrato tra le altre cose da suoi recenti attacchi nella città di Kobane, nel nord della Siria, al confine con la Turchia[2]. Inoltre la presenza dello Stato Islamico starebbe crescendo anche in Egitto, ove
suoi affiliati hanno compiuto attacchi contro le forze di sicurezza nell’area del Sinai il 1 luglio, e in
Yemen, dove la mattina del 30 giugno alcuni militanti della branca yemenita dell’IS hanno compiuto una serie di attacchi kamikaze nella capitale Sanaa, attualmente controllata da milizie sciite locali
(Huthi), causando secondo fonti locali oltre 130 morti e più di 300 feriti (sebbene questo bilancio
possa essere sovrastimato secondo altre fonti)[3]. In aggiunta, pare che negli ultimi giorni gruppi
affiliati all’IS abbiano attaccato più o meno simultaneamente tanto porzioni di territorio israeliano
quanto postazioni del gruppo sunnita Hamas in Palestina (ritenendolo religiosamente ‘impuro’),
denotando una possibile volontà destabilizzante, magari a fini egemonici, rispetto all’intero scenario del Medio Oriente[4].
Infine, l’IS continua a rappresentare un’insidiosa minaccia anche al di fuori della regione mediorientale, dimostrandosi capace di reclutare militanti o fiancheggiatori sostanzialmente in ogni continente (da inviare poi nei vari teatri di crisi ove sono presenti milizie legate allo Stato Islamico, o da
impiegare attivamente negli stessi Paesi di reclutamento in attività di proselitismo o per compiere
attacchi)[5]. Tale capacità è amplificata dal fatto che essa può anche accompagnarsi a fenomeni di
‘auto-reclutamento spontaneo’, dettati essenzialmente da dinamiche emulative riconducibili, almeno in buona parte, alle capacità di attrazione ideologica dei messaggi veicolati dalla propaganda del
Califfato[6].
In secondo luogo, come mostrato proprio dagli attacchi avvenuti tra il 26 ed il 29 giugno, il terrorismo transnazionale d’ispirazione jihadista, che pure non esaurisce il fenomeno terrorista, va ben
oltre lo Stato Islamico[7]. Nel corso degli ultimi mesi del resto la sovrabbondanza di notizie ed analisi riguardanti la formazione di al-Baghdadi ha messo parzialmente in ombra il ruolo e le attività
di altri gruppi dell’universo jihadista, i quali però risultano non soltanto ancora attivi, ma soprattutto non necessariamente intenzionati ad affiliarsi all’IS. Per quanto infatti alcuni di questi gruppi
[2] Tra il 25 e il 26 giugno i miliziani dell’IS hanno ucciso oltre 200 civili nella città di Kobane. Una seconda offensiva, nella città di
Hassakeh, nel nordest del Paese, ha provocato secondo l’ONU la fuga di oltre 60mila persone. Il 25 giugno lo Stato islamico era infatti rientrato a Kobane, che nel gennaio del 2015 era stata liberata dalle forze armate curde siriane, con il sostegno di attacchi aerei
americani e dei peshmerga iracheni. Fu una vittoria anche simbolica, che dimostrò che l’IS non era invincibile. Il 27 giugno i combattenti curdi hanno poi respinto l’offensiva e ripreso il controllo su buona parte di Kobane.
[3] Gli attacchi hanno colpito la moschea sciita di Badr, con un’autobomba al momento della preghiera; subito dopo, un altro attentatore kamikaze si è fatto esplodere nel mezzo della folla in fuga; infine, un ultimo uomo avrebbe azionato una cintura esplosiva
nella moschea di Al-Hashahush. Tra le vittime degli attacchi vi sarebbe anche l’Imam della moschea di Badr, Zayd al Muhatwari,
importante autorità religiosa Huthi. Il segretario delle Nazioni Unite ha condannato con fermezza gli attacchi.
[4] Tanto che una delle conseguenze degli attacchi su Israele sarebbe stata quella di portarne le forze armate a replicare contro Hamas,
suo tradizionale nemico, in queste circostanze però apparentemente estraneo agli attacchi anti-israeliani.
[5] Solo per limitarci ad un esempio, tra le ‘aree islamiche’ di acclarata penetrazione di elementi affiliati o vicini all’IS si possono annoverare anche diversi territori situati in Asia Centrale e Caucaso, da dove provengono del resto numerosi degli attuali combattenti
dello Stato Islamico in Siria e Iraq.
[6] Sulla propaganda dell’IS ci permettiamo di rinviare a: Ifi Advisory, Lo Stato Islamico. Una realtà che ti vorrebbe comunicare, 11 pp.,
marzo 2015 (documento disponibile su richiesta). Su possibili effetti della propaganda dell’IS durante il Ramadan si veda anche l’articolo Hundreds Killed in Grisly Attacks Tied to Islamic State During Ramadan, pubblicato il 27 giugno 2015 sul sito web di Radio
Free Europe.
[7] Sull’incongruenza tra terrorismo e terrorismo religioso, e jihadista in particolare, basti pensare che secondo dati del centro di
ricerca New America in un Paese come gli USA, dall’11 settembre 2001 ad oggi, l’estremismo di destra ha provocato un numero di
vittime quasi doppio (48 morti) rispetto al jihadismo radicale (26).
5
abbiano deciso di unirsi alle bandiere nere del Califfato, come accaduto ad esempio in Libia, altri
hanno voluto rimarcare ideologie, scopi ed azioni diverse da quelle dell’IS. In questo senso vi sono,
oltre alla già menzionata Al-Shabaab, anche altre formazioni, che come la prima hanno invece (più o
meno ufficialmente) giurato fedeltà ad al-Qaeda. Del resto che ‘la base’ sia ancora operativa è dimostrato tra l’altro dalle attività di AQMI (al-Qaeda nel Maghreb Islamico) e AQAP (al-Qaeda on the
Arabian Peninsula), ovvero due tra le più pericolose declinazioni regionali della galassia qaedista,
le cui azioni, pur relativamente calanti, continuano a sussistere. Tutto ciò evidentemente comporta
un pericoloso elemento di competizione all’interno del mondo jihadista, che sembra avere tra le sue
più pericolose conseguenze quella di poter aumentare sensibilmente il numero di attentati (d’altro
canto già piuttosto elevato, come evidenziato peraltro dall’allegato riportato alla fine di questo report, relativo ad attentati d’ispirazione jihadista commessi su scala internazionale negli ultimi due
mesi). Il rischio di un eventuale aumento degli attacchi appare particolarmente plausibile in questa
fase di Ramadan, quando la predisposizione a compiere attentati da parte di cellule estremiste potrebbe risultare più marcata (gli stessi attacchi compiuti il 26 giugno in Tunisia e Kuwait erano stati
preceduti da proclami dell’IS che invitavano alla guerra contro apostati e infedeli).
In proposito il team analitico di Ifi Advisory non esclude che da qui alla conclusione del mese sacro del Ramadan, iniziato quest’anno il 18 giugno e la cui fine è prevista per il 17 luglio, si possano
verificare altre azioni terroristiche a medio o alto impatto, condotte o da gruppi affiliati allo Stato
islamico o da cellule legate ad al-Qaeda.
Tra i Paesi più esposti al rischio vi sono non solo gli Stati occidentali in generale e quelli arabo-islamici, specie se dotati di risorse o strutture petrolifere, ma anche Paesi la cui economia risulta significativamente connessa agli introiti del settore turistico (si pensi ad esempio al Marocco e soprattutto
al Kenya, dove tra l’altro la preparazione delle locali forze di sicurezza è ancora sensibilmente arretrata rispetto al livello della minaccia).
Del resto mirare a siti legati al comparto del turismo consentirebbe alle formazioni terroriste di
centrare simultaneamente un duplice obiettivo: da una parte gli Stati occidentali, colpendoli magari al di fuori dei propri territori ma in modo comunque diretto, ovvero uccidendone e ferendone
i cittadini che si recano all’estero come turisti; dall’altra una voce dell’economia fondamentale per
gli introiti dei Paesi non occidentali di cui i terroristi vogliono indebolire i regimi. Questa del resto è la logica strategica che molto probabilmente ha ispirato l’attacco del 26 giugno in Tunisia, ed
inoltre un attacco effettuato in Egitto circa quindici giorni prima, quando una cellula di tre terroristi
ha tentato di far saltare in aria, senza riuscirvi, un bus di turisti di fronte al complesso templare di
Karnak, situato nell’importante località storica di Luxor (già teatro di un grave attentato nel 1997,
quando il bilancio fu di quasi 60 morti). Del resto un significativo calo dell’afflusso turistico è tra le
conseguenze più probabili di un attentato, in generale e contro siti turistici in particolare; inoltre,
tanto nel primo caso quanto nel secondo, l’intervallo temporale necessario a ristabilire il medesimo
flusso potrebbe risultare piuttosto dilatato (cfr. anche grafici nella figura sottostante).
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Una strategia dunque, quella dei gruppi terroristi, orientata non solo da dettami ideologici, ma anche da concreti moventi di carattere politico ed economico. D’altro canto che alla base delle attività
jihadiste vi sia l’acquisizione di consenso sociale, ma anche di una significativa dimensione lucrativa, è testimoniato con evidenza dalla ‘lotta’ condotta dalle stesse cellule legate allo Stato Islamico in
Nord Africa e Medio Oriente, dove tra gli obiettivi degli uomini di al-Baghdadi vi è anche lo sfruttamento di importanti risorse del settore oil&gas. Tale movente, quasi mai dichiarato e adombrato
dalla retorica ideologico-religiosa dell’organizzazione, attentamente pianificata per ‘conquistare i
cuori e le menti’ degli strati gerarchici più bassi del movimento, è dimostrato tra le altre cose dal
fatto che tra i leader politico-militari dell’IS si contino diversi esponenti di vertice del regime Bath
iracheno, al potere durante l’era di Saddam Hussein e ispirato da un’ideologia prevalentemente
laica (e la cui identità si fondava anche in chiave antagonistica rispetto ai movimenti islamisti, specie se orientati da una visione radicale dell’Islam)[8]. È inoltre acclarato il coinvolgimento di gruppi
qaedisti, ad esempio in Nord-Africa e alcune zone del Sahel, in attività illecite come narco-traffico
e tratta di esseri umani, condotte peraltro non solo a mero scopo di auto-finanziamento. Lo stesso
gruppo Al-Shabaab doveva buona parte dei suoi finanziamenti alle attività dei pirati somali, senza contare che le sue più recenti manovre strategiche di posizionamento territoriale, avvenute per
rispondere al consolidamento delle attività governative e internazionali in Somalia, sono derivate
anche dall’esigenza di conseguire una soddisfacente attività lucrativa (raggiunta, almeno in parte,
orientando le proprie forze verso la riconquista di fasce territoriali costiere indispensabili per avviare e gestire traffici illeciti di varia natura, inclusi quelli relativi allo sfruttamento economico degli
aiuti internazionali umanitari destinati alla popolazione somala).
Per quanto riguarda lo scenario del nostro Paese, allo stato attuale mancano elementi circostanziati
relativi a molto probabili e imminenti attacchi contro il territorio nazionale o cittadini e interessi
italiani[9]. In ogni caso, come mostrato dal breve focus sottostante, la minaccia non può essere sottostimata.
L’ITALIA E IL TERRORISMO JIHADISTA
In Italia, in cui il seme jihadista ha radici che risalgono alla seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso, periodicamente avvengono arresti di sospetti terroristi (prevalentemente qaedisti)
che intendono pianificare e realizzare attentati, in territorio italiano o in altri Stati (generalmente europei o comunque dell’area mediterranea, incluso il versante nord-africano). Ad aver
contribuito nel corso degli anni alla diffusione del fenomeno del jihad militante nel nostro
Paese vi sono un insieme di fattori di natura socio-economica e socio-religiosa, tra cui l’aumento dei fenomeni di immigrazione (per quanto il nesso causale sia molto minore che nella
percezione di alcuni settori della società italiana), la predicazione radicale in alcune moschee
(come ad esempio quella di Milano) e, infine, l’aumento graduale della diffusione di internet
e dei social media, che ha notevolmente amplificato le possibilità di propaganda radicale. Nel
corso degli ultimi anni il fenomeno, presente oggi in prevalenza in alcuni contesti urbani medio-grandi del centro e soprattutto del nord, è risultato in fase crescente, come mostrato dalla
crescita del numero di indagini e arresti di settore.
Nel corso del 2014 le autorità, che durante gli ultimi anni hanno sensibilmente intensificato gli
strumenti normativi e operativi dell’anti-terrorismo sul piano interno e internazionale, hanno
decretato 13 espulsioni nei confronti di individui legati a cellule estremiste, mentre da dicembre 2014 a giugno 2015 le espulsioni sono state oltre 30. Nell’ultimo semestre, fra gli episodi
più rilevanti che hanno viste impegnate le forze di sicurezza italiane contro la minaccia jihadista si contano i seguenti:
[8] È appena il caso di notare come l’indebolimento dei gruppi jihadisti, e dello Stato Islamico in particolare, possa e debba passare
anche attraverso un sapiente uso contro-informativo di tutti gli elementi materiali alla base delle loro attività, specie laddove in contraddizione con i loro principi ideologico-religiosi.
[9] Su generici proclami di minaccia rilasciati precedentemente contro l’Italia, in particolare dall’IS, rimandiamo a: Ifi Advisory, Lo
Stato Islamico in Libia e le Minacce contro l’Italia, 16 pp., febbraio 2015 (documento disponibile su richiesta).
7
• 1 luglio 2015: i carabinieri del Ros hanno arrestato a Roma due immigrati magrebini con
l'accusa di terrorismo internazionale; un terzo indagato si troverebbe già in carcere in Marocco per lo stesso reato. I due avrebbero costituito una cellula qaedista intenzionata a
realizzare attacchi terroristici in Italia e nel Nord Africa; conducevano anche attività di
indottrinamento e addestramento attraverso un sito internet.
• 24 aprile 2015: un’operazione di polizia ha condotto allo smantellamento di una rete terroristica affiliata ad Al Qaeda con base operativa in Sardegna. L’indagine ha coinvolto sette
province italiane; tra i 20 pakistani arrestati vi sarebbero anche i responsabili della strage
al mercato di Peshawar del 2009 e gli ideatori di un attacco suicida contro il Vaticano, poi
non realizzato, che avrebbe dovuto avere luogo a marzo 2010.
• 11 aprile: due fratelli tunisini di 29 e 30 anni sono stati espulsi dall’Italia con un provvedimento della procura antimafia di Venezia. Per i due, trovati in possesso di sei computer e
diversi telefoni cellulari, l’accusa è di svolgere attività estremista attraverso internet.
• 27 marzo: in provincia di Lucca (Toscana), un trentatreenne di origini magrebine viene
espulso dall’Italia per propaganda radicale e filo-jihadista.
• 22 gennaio: all’aeroporto di Catania, un individuo di origine albanese diretto a Londra viene arrestato dalla polizia poiché trovato in possesso di documenti falsi e di una pen drive
contenente sue foto in posa con un kalashnikov e diversi file con documenti falsi.
Anche in Italia preoccupa inoltre il fenomeno dei foreign fighters, cittadini votati alla causa
del jihadismo e recatisi nei teatri siriano e iracheno per combattere tra le fila dell’IS e altre formazioni estremiste, e che potrebbero tentare di condurre azioni ostili sul territorio italiano una
volta rientrati in patria (sebbene questo fenomeno assuma nel nostro Paese dimensioni significativamente minori che in altri Stati europei, anche grazie ad alcune precipue caratteristiche
della comunità islamica residente in Italia, in generale e in relazione alla condizione delle sue
fasce più giovani). In quest’ambito, tra i casi menzionabili, appare particolarmente rilevante
ed interessante quello di Maria Giulia Sergio, originaria di Torre del Greco (Napoli). Trasferitasi a Milano, dove nel 2009 si converte all’Islam e sposa un cittadino marocchino, assume il
nome di Fatima Aa Zahra. Successivamente si sposta in Toscana, dove entra in contatto con
estremisti operativi nell’area dei Balcani. Di lei si perdono poi le tracce quando, nel settembre
2014, arriva in Turchia all’età di 27 anni, secondo i servizi di sicurezza italiani per spostarsi
in Siria e sostenere attivamente lo Stato Islamico, a quanto pare con la complicità del secondo
marito, di nazionalità albanese, e della suocera. Il primo luglio 2015, i genitori e la sorella della
giovane vengono arrestati insieme ad altre otto persone nell’ambito di un’inchiesta della Digos
di Milano, che porta alla luce connessioni tra la famiglia Sergio e un gruppo radicale albanese.
Del resto, mentre la Farnesina ha aggiornato gli avvisi relativi alle aree a più esposte al rischio in
alcuni Paesi, nei giorni immediatamente successivi agli attacchi del 26 giugno il Ministero degli Interni ha dichiarato che è stato innalzato il livello di allerta anti-terrorismo.
Pur non entrando nel merito di questa decisione, IFI Advisory ritiene necessario che anche tutte
le società private ed enti non governativi nazionali interessati valutino prontamente, in assenza di
allarmismi e senza necessariamente ‘alzare di livello’ i sistemi di allerta e sorveglianza già apportati
(o rinforzare in modo radicale le misure di security in atto), l’opportunità di potenziare sia l’attività
di intelligence sia i dispositivi a protezione del proprio personale e altri obiettivi sensibili, sia sul
territorio nazionale che all’estero.
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ALLEGATO - ATTENTATI AD “ISPIRAZIONE JIHADISTA”
(* elenco non esaustivo e relativo al periodo compreso tra il 1° maggio e il 2 luglio 2015, concentrato su attacchi attribuibili ad elementi o gruppi legati, seppure in maniera diversa, al jihadismo militante)
FILIPPINE
DATA
29 maggio
LOCALITA’
Jolo
GRUPPO
TERRORISTICO
Abu Sayyaf
DESCRIZIONE
Esplosione di un ordigno dinanzi ad una moschea nei
pressi di un comando di polizia nella zona di Julasirim
Kasim. L’attentato, attribuito al gruppo Abu Saayaf, ha
causato il ferimento di 11 poliziotti e 5 civili.
PAKISTAN
DATA
LOCALITA’
13 maggio
Karachi
24 maggio
Karachi
29 maggio
Mastung
11 giugno
Peshawar
GRUPPO
TERRORISTICO
DESCRIZIONE
Sei persone non identificate a bordo di 4 motociclette
hanno sparato contro un autobus appartenente alla
comunità ismailita (setta dell’Islam sciita) causando la
Jundallah
morte di 45 persone. L’attacco inizialmente rivendicato
da diversi gruppi, tra i quali Tehrik-i-Taliban e Stato
Islamico, è stato successivamente attribuito al gruppo
sunnita Jundallah.
L’esplosione di un ordigno attivato a distanza ha causato la morte di 3 persone e il ferimento di 4 poliziotti nei
Separatisti Baluchi pressi di un parcheggio motociclistico. L’attacco aveva
come obiettivo il figlio del presidente pakistano che era
transitato nella zona poco prima dell’esplosione.
Attacco contro due autobus da parte di un gruppo di
Sconosciuto
miliziani non ancora identificati. Il bilancio è di almeno
21 morti.
Due poliziotti hanno perso la vita. In un attacco da parte
Taliban
di uomini non identificati, verosimilmente appartenenti
a una cellula terroristica.
AFGHANISTAN
DATA
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
3 maggio
Warduj
Taliban
4 maggio
Kabul
Taliban
10 maggio
Kabul
Taliban
DESCRIZIONE
Attacco da parte di militanti taliban a un posto di blocco
dell’esercito a Warduj nel nord-est del Paese. Almeno 17
soldati sono rimasti uccisi.
Attentato suicida contro un autobus che trasportava
personale governativo: un morto e 15 feriti.
In seguito ad un attacco suicida contro un autobus su
cui viaggiavano dipendenti pubblici, hanno perso la
vita 3 persone e altre 10 sono rimaste ferite.
I
14 maggio
Kabul
Taliban
Attacco taliban ad un hotel di Kabul nel quale si stava
tenendo un evento culturale. Il bilancio è di 14 morti
(tra cui un americano, un italiano e quattro indiani).
17 maggio
Kabul
Taliban
Un’autobomba è stata fatta esplodere all’entrata dell’aeroporto internazionale della città. L’obiettivo dell’attacco
era una vettura della polizia della Missione europea in
Afghanistan, EUPOL, ma gli agenti a bordo sono rimasti incolumi. Sono morti l’attentatore e due donne che si
trovavano vicine al luogo dell’esplosione. L’attacco è stato
rivendicato dai taliban.
19 maggio
Kabul
Taliban
Attacco suicida nei pressi del parcheggio del Ministero
di Giustizia afghano, rivendicato dai talebani. Quattro
persone sono morte e oltre 40 sono state ferite.
25 maggio
Distretto
Nawzad,
Provincia
Helmand
Taliban
Attacco a compound della polizia causa la morte di 19
agenti.
Kabul
Taliban
Attacco contro edificio che ospita il parlamento afghano, a Kabul, compiuto da un commando di sei terroristi
taliban, successivamente uccisi dalle forze di sicurezza.
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
22 giugno
IRAQ
DATA
3 maggio
Baghdad
Stato Islamico
8 maggio
Kanaan
si sospetta
Stato Islamico
8 maggio
Balad Ruz,
Governatorato di
Diyala
si sospetta
Stato Islamico
10 maggio
Taji
Stato Islamico
10 maggio
Tarmiyah
Stato Islamico
12 maggio
Baghdad
Nessuna
rivendicazione
28 maggio
Baghdad
Stato Islamico
1 giugno
Randi
Stato Islamico
DESCRIZIONE
Due autobombe sono esplose a tarda notte nel distretto
di Karrada, molto frequentato per i locali e ristoranti
notturni: almeno 19 persone sono rimaste uccise.
Un attentatore suicida si è scagliato con la sua auto contro
una folla di credenti all’uscita della moschea sciita Imam
Hussein uccidendo 4 persone e ferendone 18.
Un’autobomba è esplosa nei pressi della moschea sciita di
Al Zahraa, dopo la preghiera del venerdì; poco dopo un
attentatore suicida si è fatto esplodere in mezzo alla folla
di fedeli. Almeno 8 persone sono morte e oltre 40 sono
rimaste ferite.
Un’autobomba è esplosa in un mercato all’aperto uccidendo 3 persone e ferendone 8.
Un’autobomba è esplosa contro un checkpoint delle forze
di sicurezza, uccidendo 5 militari e ferendone 10.
Un attentatore suicida si è fatto saltare in aria e due ordigni sono esplosi durante una marcia sciita: 6 persone
sono morte mentre altre 20 sono rimaste ferite.
Due autobombe sono esplose nei pressi di due hotel (hotel Babylon e Cristal), frequentati da funzionari stranieri,
giornalisti e membri di organizzazioni non governative. Il
bilancio complessivo è di 10 morti e almeno 30 feriti.
Tre attentatori suicidi, che viaggiavano su veicoli corazzati, hanno attaccato una stazione di polizia a nord di
Ramadi. Il bilancio è di 41 morti e 63 feriti.
II
13 giugno
27 giugno
Hajjaj
Baghdad
Stato Islamico
Quattro autobombe (SUV) sono state fatte esplodere da
attentatori suicidi, nei pressi di una stazione di polizia
sulla strada tra Tikrit e Baiji: 11 agenti sono morti, mentre altri 27 sono rimasti feriti. Tra gli agenti deceduti, 4
apparterrebbero alla milizia sciita Popular Mobilisation
force che sta combattendo a fianco delle forze di sicurezza irachene. Secondo alcune gli attentatori sarebbero
un britannico, un tedesco un palestinese ed un kuwaitiano.
Nessuna
rivendicazione
Nella capitale due ordigni sono esplosi nei pressi di due
mercati di strada, rispettivamente nel distretto di Obeidi
(zona est) e in quello di Doura (zona sud), provocando
complessivamente quattro morti.
SIRIA
DATA
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
DESCRIZIONE
25 giugno
Kobane
Stato Islamico
Dopo aver fatto esplodere tre autobombe, decine di militanti dello Stato Islamico entrano di sorpresa a Kobane
occupando alcune zone della città e massacrano circa
200 civili. Nei combattimenti con le forze curde rimangono uccisi circa 60 miliziani.
26 giugno
Hasakeh
Stato Islamico
Attentato suicida da parte di un militante dello Stato Islamico, che ha causato la morte di almeno 20 persone.
ARABIA SAUDITA
DATA
LOCALITA’
22 maggio
Dammam
(Provincia
Orientale)
29 maggio
Kodeih,
Qatif
(Provincia
Orientale)
GRUPPO
TERRORISTICO
DESCRIZIONE
Stato Islamico
Un’autobomba è esplosa davanti alla moschea sciita
Imam Hussein, l’unica della città, durante la preghiera
del venerdì. Le vittime sarebbero 4.
Stato Islamico
Un attentatore suicida si è fatto esplodere all'interno della
moschea sciita Imam Ali. Le vittime sarebbero almeno
20.
KUWAIT
DATA
26 giugno
LOCALITA’
Kuwait City
GRUPPO
TERRORISTICO
Provincia di
Najid, gruppo
affilato allo Stato
Islamico
DESCRIZIONE
La moschea sciita di Al-Imam al-Sadeq è stata teatro di
un attentato suicida: 28 persone sono morte e più di 200
sono rimaste ferite. E’ il primo attentato i questo tipo nel
Paese.
III
YEMEN
DATA
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
22 maggio
Sana’a
Stato Islamico
17 giugno
Sana’a
Stato Islamico
20 giugno
Sana’a
Stato Islamico
29 giugno
Sana’a
Stato Islamico
DESCRIZIONE
Una bomba è esplosa nei pressi di una moschea sciita
ferendo almeno 13 fedeli.
Tre autobombe sono esplose nei pressi delle moschee
sciite di Hashush, Kibsi e al Qubah al Khadra, nella
capitale. Un’altra ha colpito l’ufficio di Ansarullah, ala
politica del movimento degli Houthi. Il bilancio è di 31
morti e almeno 60 feriti.
Un’autobomba è esplosa vicino alla moschea sciita Qiba
al Mahdi. Sarebbero almeno 2 i morti e 6 i feriti.
Un’autobomba è esplosa durante una veglia funebre
nel distretto di Sha’oub. I morti sarebbero 28. Secondo
alcune fonti, obiettivo erano due fratelli considerati tra
gli esponenti di vertice dei ribelli sciiti Houthi. Lo SI ha
rivendicato la responsabilità dell'attacco, affermando
che esso era diretto contro il “nido degli sciiti nella capitale yemenita”.
FRANCIA
DATA
26 giugno
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
Saint-Quentin-Fallavier
(Lione)
Nessuna
rivendicazione
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
DESCRIZIONE
Un individuo, dopo aver ucciso e decapitato il suo
datore di lavoro, è entrato con la sua autovettura in un
impianto industriale e ha cercato di far esplodere alcuni
contenitori di gas e acetone prima di essere bloccato da
un vigile del fuoco e consegnato alla polizia. Poco lontana è stata trovata la testa della vittima e una bandiera
islamica con scritte in arabo.
EGITTO
DATA
16 maggio
3 giugno
DESCRIZIONE
El Arish
Fratellanza
Musulmana
oppure
Stato Islamico
Tre magistrati e il loro autista sono assassinati in un
agguato nella zona di El Arish (Nord Sinai). Le autorità
attribuiscono la responsabilità a militanti della Fratellanza Musulmana. Tuttavia, il 21 maggio Abu Osama
Al-Masry, leader del Wilayat Sinai (già Ansar Bayt
al-Maqdis, affiliato allo Stato Islamico), ha annunciato
una campagna di attacchi contro i giudici, come rappresaglia per le pesanti condanne da essi inflitte ai militanti
del gruppo e ai leder e agli attivisti della Fratellanza
Musulmana.
Giza
Nessuna
rivendicazione
Nella zona di Haram, a Giza, due agenti del corpo di polizia che protegge i siti turistici e archeologici sono uccisi
da individui armati.
IV
10 giugno
29 giugno
1 luglio
Luxor
Nessuna
rivendicazione
Nelle vicinanze del tempio di Karnak, a Luxor, un fallito
attacco terroristico prende di mira un autobus turistico.
Un attentatore suicida si fa saltare in aria, un secondo
viene ucciso in uno scontro con le forze di sicurezza e
un terzo viene ferito. L’episodio (insieme a quello del 3
giugno a Giza) sembra segnare un cambiamento di strategia da parte dei gruppi eversivi, che hanno cominciato
a prendere di mira il settore turistico per danneggiare
l’economia del Paese e indebolire il governo.
Heliopolis
(Cairo)
Moqawma al
Shabia
(vic. Fratellanza
Musulmana)
oppure
Wilayat Sinai
(affil. Stato islamico)
In un attentato nel sobborgo di Heliopolis della capitale è rimasto ucciso il procuratore generale dell’Egitto
Hisham Barakat. L’azione è stata compiuta con un’autobomba o un ordigno posto sotto una vettura vicina
a quella della vittima. Otto persone sono rimaste ferite
nell’esplosione. Barakat è la vittima egiziana di più alto
livello di azioni terroristiche dal 2013.
Sheikh
Zuweid
Stato Islamico
(Nord Sinai)
Alcune centinaia di militanti bene armati hanno attaccato simultaneamente posti di blocco dell’esercito e
stazioni di polizia a Rafah e Sheikh Zuweid. Secondo le
autorità, negli scontri a fuoco che sono seguiti, durati
parecchie ore, circa 100 militanti e 17 soldati sono stati
uccisi. Le forze governative hanno fatto uso di aerei,
elicotteri da combattimento e mezzi corazzati. Sono stati
gli scontri più violenti verificatisi nella penisola del Sinai
dopo l’inizio della campagna terroristica contro la nuova
dirigenza de Il Cairo. Le autorità hanno attribuito la responsabilità degli attacchi allo Stato Islamico o a gruppi
ad esso affiliati.
TUNISIA
DATA
26 giugno
LOCALITA’
Sousse
GRUPPO
TERRORISTICO
Stato Islamico
DESCRIZIONE
Nella zona turistica di El Kentaoui, nell’area di Sousse,
un individuo, Seifeddine Rezgui, uccide a colpi di arma
da fuoco 38 persone, quasi tutti turisti occidentali che risiedevano nel complesso alberghiero Imperial Marhaba
Hotel. Rezgui è poi stato ucciso dalle forze di sicurezza.
L’azione è stata rivendicata dal gruppo Stato Islamico.
L’episodio potrebbe indicare che i gruppi terroristici
vogliono colpire i resort balneari nella stagione estiva
per danneggiare il settore turistico, uno dei più vitali
dell’economia nazionale, e tentare di compromettere
così il processo di stabilizzazione. Il 27 giugno molti
turisti stranieri hanno in effetti lasciato il Paese. Le autorità hanno deciso la chiusura di 80 moschee, accusate
di diffondere propaganda estremista, e il rafforzamento
delle misure di sicurezza nei pressi di siti archeologici
e resort turistici. Il presidente ha anche annunciato il
richiamo dei riservisti dell’esercito; saranno schierati nei
luoghi turistici e dentro gli alberghi.
V
CIAD
DATA
15 giugno
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
N’Djamena
Boko Haram
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
DESCRIZIONE
Due attentati suicidi coordinati prendono di mira nella
capitale il commissariato centrale della polizia e la scuola di polizia: 33 persone rimangono uccise e 100 ferite. Si
tratta del primo attacco del genere a N’Djamena.
MALI
DATA
27 giugno
Nara
Ansar Dine
28 giugno
Fakola
Ansar Dine
2 luglio
Collegamento
Al Qaeda nel Mastradale Timghreb Islamico
buctu-Goundam
DESCRIZIONE
Un gruppo di miliziani attacca una base militare a Nara,
nei pressi del confine con la Mauritania. Negli scontri a
fuoco muoiono tre soldati e nove guerriglieri. Anche in
questo caso, vari gruppi rivendicano l’azione, ma quella
più attendibile è ritenuta quella di Ansar Edine.
Alcuni miliziani attaccano la città di Fakola, vicina alla
frontiera con la Costa d’Avorio, prendendo per breve
tempo il controllo di una parte di essa. Prima di venire
respinti dalle forze di sicurezza i guerriglieri bruciano
e saccheggiano diversi edifici pubblici. Vari gruppi
rivendicano l’azione, ma quella più attendibile è ritenuta quella di Ansar Edine, che ha minacciato i governi di
Mauritania e Costa d’Avorio perché li accusa di collaborare con le autorità del Mali.
Sei caschi blu delle Nazioni Unite (in maggioranza
militari originari del Burkina Faso) rimangono uccisi e
cinque feriti in un agguato sulla strada che collega Timbuctu e Goundam. L’azione è rivendicata da Al Qaeda
nel Maghreb Islamico.
NIGERIA
DATA
LOCALITA’
GRUPPO
TERRORISTICO
30 giugno
Monguno
Boko Haram
1 luglio
Kukawa
Boko Haram
DESCRIZIONE
Nelle vicinanze di Monguno, nello stato del Borno,
miliziani di Boko Haram uccidono 48 uomini dopo la
preghiera in moschea. Nei mesi scorsi Monguno era
caduta sotto il controllo del gruppo estremista, prima di
essere riconquistata dalle forze di sicurezza nigeriane.
Cinquanta terroristi di Boko Haram attaccano la località di Kukawa, nei pressi del Lago Ciad uccidendo 97
persone, fra le quali donne e bambini. La maggioranza
delle vittime stava pregando nelle moschee della città.
VI
SOMALIA
DATA
26 giugno
LOCALITA’
Leego
GRUPPO
TERRORISTICO
Al Shabaab
DESCRIZIONE
Militanti di Al Shabaab hanno attaccato una base dell’AMISOM a Leego (lungo la strada che collega Mogadiscio
a Baidoa), uccidedo circa 50 soldati (per la maggior
parte del Burundi) e riuscendo ad occupare la base. Il
giorno seguente le truppe dell’AMISOM e l’esercito
somalo hanno ripreso il controllo della base.
STATI UNITI D’AMERICA
DATA
3 maggio
LOCALITA’
Garland,
Dallas
(Texas)
GRUPPO
TERRORISTICO
Stato Islamico
DESCRIZIONE
Due uomini hanno cercato di attaccare il Curtis Culwell
Center dove era in corso una mostra di vignette satiriche sul profeta Maometto. I due individui hanno
aperto il fuoco su una delle guardie che presidiavano
l’ingresso del Centro ma sono stati uccisi dalla polizia
di Garland. Uno dei due assalitori, il trentenne Elton
Simpson, era stato indagato nel 2006 dall’FBI per aver
cercato di unirsi a formazioni jihadiste in Somalia ed era
stato incarcerato nel 2010. Il suo complice, Nadir Soofi,
di 34 anni, era di origine somala. I due avrebbero agito
autonomamente, anche se appare assai probabile una
qualche forma di collegamento, anche solo mediatico,
con gruppi radicali jihadisti. Lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco il 5 maggio, con un comunicato audio
che definiva i due responsabili come “soldati del Califfato”. E’ il primo attentato rivendicato dall’IS negli USA.
VII