La ricerca oncologica si fa internazionale
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La ricerca oncologica si fa internazionale
VITA DA RICERCATORE Vincenzo Costanzo La ricerca oncologica si fa internazionale Da Napoli agli Stati Uniti per poi tornare in Italia, a Milano, passando dall’Inghilterra: un lungo percorso nella ricerca con una rana come inseparabile compagna di viaggio “ ERC: LA RICERCA PARLA EUROPEO L’ ” Europa sostiene la ricerca e lo fa anche attraverso i fondi (come quelli che hanno sostenuto i progetti di Vincenzo Costanzo) che ogni anno lo European Research Council (ERC) mette a disposizione dei ricercatori impegnati in diversi campi del sapere. Dalla biologia alla genetica, passando dalla matematica e dalle scienze informati- 4 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2016 che, nel corso di circa un decennio l’organizzazione ha finanziato oltre 6.000 progetti e investito nella ricerca poco meno di 10 miliardi di euro. Ricevere il finanziamento significa vedere riconosciuto a livello internazionale il valore del proprio progetto di ricerca, ma arrivare a questo traguardo non è così semplice: l’ERC nasce nel 2007 con l’obiettivo principale di sostenere l’eccellenza nella ricerca e oggi solo il 10 per cento circa delle domande riceve una risposta positiva e il successivo finanziamento. Il motivo di tanta selettività? Soprattutto l’obiettivo primario di finanziare progetti innovativi che vengano portati avanti sul territorio europeo, senza limiti di nazionalità o di età, ma che superino l’esame di un gruppo di esperti disposti a investire su un progetto e su una persona. E a quanto pare il sistema di selezione messo in campo funziona. Tra i beneficiari dei finanziamenti ERC ci sono ben sei premi Nobel, ultimo, ma solo in ordine di tempo, Bernard L. Feringa, vincitore assieme a due colleghi, del Nobel per la chimica nel 2016. “Un traguardo che ci riempie di orgoglio anche perché l’ERC ha visto tra i suoi beneficiari tanti Nobel nel corso di soli nove anni di vita” spiega il presidente dell’ERC Jean-Pierre Bourguignon, che poi aggiunge: In questo articolo: IFOM ciclo cellulare ERC grant “N a cura di CRISTINA FERRARIO asco come medico, ma in realtà ho sempre fatto il medico solo per amici e parenti”. Si presenta così Vincenzo Costanzo, napoletano classe 1973, ricercatore dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare (IFOM) di Milano dove dirige il programma “Metabolismo del DNA”, da un ufficio ravvivato da un divanetto rosso. D’altronde l’approdo al bancone di un laboratorio, invece che nelle corsie, sembra un destino segnato fin dall’inizio della carriera. Gli anni di formazione alla Facoltà di medicina di Napoli sono stati infatti subito caratterizzati da un interesse molto forte, una vera e propria passione, per la scienza in genere e per il DNA in particolare. È questa naturale predisposizione ad andare a cercare le cause prime delle malattie che porta lo studente Vincenzo, attraverso un internato in chirurgia oncologica prima e in patologia generale poi, verso una meta già ben definita: scoprire che cosa “si rompe” nel DNA quando comincia la trasformazione di una cellula in senso tumorale. “Capii che era importante comprendere cosa permetteva al DNA di rimanere stabile nella cellula sana e studiai questi meccanismi di base utilizzando un sistema molto efficiente, basato sugli estratti di uova di Xenopus laevis, una rana che ancora oggi ‘mi aiuta’ nelle mie ricerche” aggiunge sorridendo Costanzo. Che cosa ha di speciale questo estratto di uova di rana? “La risposta è tanto semplice quanto affascinante” spiega l’esperto, che definisce questa sostanza come “vita liquida”. Alcuni geni presenti nelle cellule di un organismo intero sono infatti essenziali per la vita ed eliminarli per studiarne la funzione ucciderebbe l’organismo stesso. L’estratto di uova di rana contiene il patrimonio genetico della cellula di provenienza e permette di ricreare in laboratorio la maggior parte delle reazioni che normalmente avvengono nella cellula con però un vantaggio enorme: può essere manipolato senza che questo porti alla morte cellulare o addirittura dell’intero organismo. Dagli ovociti si ottiene “vita liquida” per la ricerca “Questo premio conferma come il sostegno dell’ERC alla ricerca innovativa in Europa sia un investimento di successo per la scienza e per l’Europa intera”. Gli investimenti non si fermano, anzi aumentano: nel 2017 l’organizzazione metterà a disposizione dei ricercatori 1,8 miliardi di euro, la cifra più alta mai raggiunta dal 2007. Un bell’auspicio per chi, come Costanzo (già beneficiario di due finanziamenti ERC), porta avanti il proprio lavoro anche grazie all’Europa. Gli scienziati italiani, infatti, risultano spesso tra i vincitori ma purtroppo, quasi nella metà dei casi, lavorano presso istituzioni all’estero. Oltre oceano Gli Stati Uniti fanno parte da sempre della vita di Vincenzo Costanzo. “Da piccolo mi trasferii là con la mia famiglia, per seguire mio padre che era ingegnere aeronautico. Erano gli anni settanta a Seattle, era l’America bella e tecnologicamente avanzata, quella che contribuì a farmi crescere con il mito della scienza e con una grande curiosità verso i meccanismi che stanno alla base di ciò che vediamo” dice il ricercatore. E negli USA Costanzo torna presto, per portare avanti le ricerche iniziate negli anni universitari con tante estati passate nei laboratori d’oltre oceano. Dopo la laurea inizia il dottorato all’Università di Napoli, ma lo conclude a New York, lavorando alla Columbia University nel laboratorio di Jean Gautier, esperto di Xenopus e uno dei padri dello studio del ciclo cellulare, cioè dei processi che portano alla duplicazione di una cellula. “Ricordo con piacere gli anni negli Stati Uniti, dove arrivai grazie anche all’aiuto di uno zio che viveva lì e all’amicizia con Max Gottesman, un professore della Columbia che mi prese in simpatia e al quale ogni tanto facevo da cuoco o da ‘cat-sitter’ in cambio di un divano dove dormire” ricorda Costanzo. Ma un punto fondamentale dell’esperienza a stelle e strisce è il primo di quelli che il ricercatore chiama i suoi “eureka moment”, momenti nei quali arriva l’idea che poi dà la svolta a livello professionale e forse anche personale. È sera, ci sono le luci di New York sullo sfondo e arriva l’idea che vale a Costanzo e ai suoi collaboratori numerose pubblicazioni su riviste scientifiche di primo piano: inserendo nell’estratto di ovociti di Xenopus frammenti di DNA si blocca il ciclo cellulare e non avviene nessuna replicazione. “Abbiamo così capito che il danno al DNA era servito come segnale di stop: era proprio il DNA ‘rotto’ a bloccare la macchina della replicazione cellulare” dice il ricercatore, che con questa intuizione mette a punto un sistema in vitro per studiare tutte le proteine coinvolte nella replicazione del DNA e nella risposta al danno. Tanti successi e un ambiente di lavoro ottimale, ma gli Stati Uniti co- Costanzo minciano a stare stretti a Co- in IFOM, stanzo: “A New York mi trova- l’istituto vo benissimo, ma sentivo che che ospita la mia esperienza statunitenil suo labose si era conclusa, e positivamente”. Colpa o merito anche ratorio dell’incontro con Luisa, poi diventata sua moglie, e conosciuta nel corso di un seminario tenuto a Napoli dal ricercatore: “Lei era tra il pubblico perché amica di una mia cugina” ricorda. Il Nobel della porta accanto Il passo successivo è dunque lasciare gli Stati Uniti, magari per tornare in Italia, ma la situazione della ricerca italiana al momento non si dimostra favorevole e così Vincenzo Costanzo si deve “accontentare” dell’Inghilterra. DICEMBRE 2016 | FONDAMENTALE | 5 VITA DA RICERCATORE Vincenzo Costanzo Nella foto Vincenzo Costanzo insieme al gruppo che guida in IFOM “Risposi quasi per caso a un annuncio nel quale si cercava un junior group leader per guidare un proprio laboratorio al Clare Hall Institute di Londra” ricorda lo scienziato che si trova proiettato nella realtà londinese di uno dei laboratori più all’avanguardia nella ricerca europea e mondiale. “L’esperienza inglese è stata per me enormemente importante dal punto di vista sia professionale sia personale” spiega Costanzo, che nel frattempo aveva sposato Luisa e, dopo un periodo da pendolare tra Napoli e Londra (“Tutte le hostess e i piloti della compagnia che utilizzavo ormai erano miei amici” racconta divertito) si trasferisce con la moglie in una casetta fuori dalla capitale britannica e vicina al laboratorio. Al Clare Hall Institute, il giovane ricercatore è decisamente in buona compagnia. “Condividevo gli spazi di laboratorio con Tim Hunt, Nobel per la medicina nel 2001 per i suoi studi sulla ciclina, e spesso scambiavo opinioni con Thomas Lindahl, direttore del Clare Hall e premio Nobel per la chimica nel 2015 per il lavoro sui meccanismi di riparazione del DNA. Entrambi mi avevano voluto accanto a loro sin dall’inizio. Sento di aver vissuto un sogno” confessa Costanzo, che in un ambiente tanto 1 2 3 4 stimolante e con il sostegno economico dell’ERC (vedi il box a pag. 4) ha il suo secondo “eureka moment”. Con un esperimento che combina biochimica in vitro e microscopia elettronica riesce infatti a comprendere il ruolo di molecole fondamentali per la stabilità del genoma degli organismi superiori: Rad51 e BRCA2, quest’ultimo noto perché assieme a BRCA1 predispone al tumore della mammella. Si tratta di osservazioni importanti che aprono la strada anche alla comprensione dei meccanismi d’azione di alcuni farmaci già esistenti e allo sviluppo di nuove terapie mirate. A questo punto però anche l’esperienza inglese arriva al termine. “È stato difficile decidere di lasciare un ambiente come quello in cui mi trovavo con una posizione stabile in un centro internazionale ma, un po’ per nostalgia e un po’ per il fatto che i miei migliori collaboratori a Londra venivano dall’Italia, ho deciso di ritornare”. L’obiettivo è comprendere la stabilità del genoma La ricerca si fa bella “In Italia c’è la bellezza in ogni aspetto della vita: nel cibo, nel clima, nella gente” spiega Costanzo, ma la bellezza da sola non può bastare. Uno degli in- Nel 2016 vogliamo affrontare in particolare quattro grandi sfide: 1-immunità e cancro, 2-prevenzione, 3-cancro e ambiente e 4-indentificazione dei bersagli per cure mirate. Le ricerche di Costanzo rispondono alla sfida 4. Per approfondire vai su www.airc.it/sfide 6 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2016 centivi più forti a tornare nel Bel Paese arriva senza dubbio dalla destinazione finale, l’IFOM di Milano, una struttura di ricerca all’avanguardia che non ha nulla da invidiare a tante realtà internazionali, in cui ha anche ritrovato Lindahl come consulente scientifico. “E poi hanno giocato un ruolo importante AIRC, con la sua visione lungimirante del sostegno alla ricerca, e la Fondazione Armenise, che premia i ricercatori italiani che hanno trascorso un periodo all’estero” spiega Costanzo che nel capoluogo lombardo coordina un gruppo di quindici ricercatori focalizzati sul metabolismo del DNA. Ed è tutto italiano il terzo “eureka moment” che porta a rivelare per la prima volta la natura del centromero, una struttura posta al centro del cromosoma che si è duplicato e che è fondamentale perché il materiale genetico si distribuisca in modo corretto nelle cellule figlie. “Sono convinto che questa struttura sia fondamentale per la ricerca oncologica in quanto il suo malfunzionamento è comune a tutti i tumori” precisa prima di raccontare come lavora e come è formato il suo gruppo di ricerca. “Ci sono persone che arrivano da tutto il mondo e tutti ci rapportiamo gli uni agli altri alla pari, felici di scambiarci opinioni ed esperienze non solo professionali ma anche culturali” dice. Nostalgia dell’Inghilterra e degli Stati Uniti? “Direi di no, IFOM è l’evoluzione naturale del mio percorso e Milano è una città in crescita, una via di mezzo tra la vecchia idea di quartiere e metropoli come Londra e New York con i suoi grattacieli. Inquinamento dell’aria a parte, Milano è la città giusta per noi ora” commenta con un riferimento anche alla moglie Luisa, fisioterapista. “Resta fissa nella mia mente una frase che mi disse anni fa Tim Hunt: l’importante non è avere la risposta esatta, ma porsi la domanda giusta” conclude. “Credo che porsi sempre domande e confrontarsi con gli altri sia la chiave del successo di ogni ricerca”.