mondo etrusco – cecilia sensi

Transcript

mondo etrusco – cecilia sensi
17 Settembre 2013, Diario del dottor Tarcon Coppadoro
Il mondo è morto, ma noi viviamo.
Sono passate settimane dalla Tempesta che ha annientato le città, il tempo, la nostra esistenza, ma la
notte mi sveglio ancora urlando. I fulmini che spaccano il cielo, le grida, l'odore di polvere e fuoco
e sangue. Una mano grigia sotto un cumulo di macerie, le ossa che affiorano come fiori sbocciati
sulla pelle. E poi, il silenzio della prima mattina: senza confini, senza esitazioni, senza
comprensione. Solo una luce indifferente che bagnava l'orizzonte, l'arco di una stella che non ha
mai ascoltato le nostre preghiere. Un'aria che non era più adatta alle nostre voci e al nostro pianto. È
allora che ho capito che la Terra non ci apparteneva più. Ma siamo uomini, e la cosa che gli uomini
sanno fare meglio è rialzarsi, dopo ogni umiliazione e dolore e sorpresa, e continuare a camminare.
Perciò abbiamo fatto così: ci siamo rimessi in piedi, con il cuore spezzato e i pantaloni sporchi di
piscio, e abbiamo tentato di ricostruire un angolo di ciò che conoscevamo. Uno scampolo di casa.
Ora viviamo in un campo di tende di tela cerata alla periferia di quella che una volta era
l'orgogliosa, bianca Pisa; abbiamo un medico, un capanno pieno di provviste razziate dal
supermercato, e lance di pietra appuntite per difenderci dalle altre bande: le pistole sono
ingannatrici, perché hanno pochi colpi e muoiono quando sei di fronte ad un altro disperato pronto a
morderti per un pezzo di pane. Con quello che è successo, anche la nostra crosta di educazione, quel
ricamo complicato di convenzioni e sogni che chiamavamo civiltà, si è spento; perché la fame
mangia la mente e senza un futuro conquistare il cibo pugnalando un nemico è così facile. Oh, non
sarà sempre così, lo so; prima o poi l'umanità tornerà a crescere, e supererà di nuovo la soglia sottile
tra la disperazione di sopravvivere e l'ambizione di vivere. Forse è per questo che ho raccolto questo
quadernetto, e sto scrivendo queste righe: per provare a coloro che ci seguiranno che anche noi
eravamo capaci di sentire e pensare; che anche noi eravamo uomini. Perché non lo dimentichino.
Perché io non lo dimentichi.
23 Settembre 2013
Ciò che è accaduto è assurdo, bizzarro, grottesco; eppure è molto più vero del mondo di polvere e
cose spezzate che abbiamo abitato in questo ultimo mese. E c'è questa sensazione, questo tremolio
appena sotto la pelle; l'impressione di danzare, e di farlo sull'orlo di un abisso, o di una nuova
strada. Ieri era una giornata d'azzurro e oro, una di quelle mattine di fine Settembre che nella nostra
terra sono tanto dolci e tanto strazianti. Stavo esplorando i boschi sul crinale della collina, cercando
qualche lepre o qualche altra preda abbastanza facile per le mie modeste capacità, e arrivai fino al
fiume; uno scampolo di luce ricamava la terra. Mi fermai, rovistando nello zaino e
inginocchiandomi sull'erba. E fu in quel momento che apparve.
Era alto poco meno del mio fianco, ed era candido: la pelle era diafana e chiara come lo scheletro di
una conchiglia, le mani pallide e nervose, i capelli piume sottili intorno al volto. Una ragnatela
vischiosa scintillava intorno al corpo. Ma era il suo volto a incatenarmi: perché due occhi grandi e
innocenti mi osservavano da un intrico di crepe fragili, come fessure nel gesso. Impiegai qualche
momento a capire che erano rughe.
Di fronte a me c'era un bambino vecchio.
Tentai di parlare, ma la voce non affiorò. Lui tese il braccio verso di me, le dita magre e piccole
come zampe d'uccello. -Io sono Tagete.- disse -E sono qui per portarvi le parole dello Spirito. Per la
seconda volta.Ed è così che Tagete venne a salvarci di nuovo.
L'ho avvolto nel mio giaccone, e l'ho riportato all'accampamento: gli ho chiesto chi fosse, dove
fossero i suoi genitori, da quando fosse solo. Non ha risposto a nessuna domanda: si è limitato a
mangiare la pappa di fave che gli abbiamo offerto, valutandoci con il suo cristallino sguardo di
giovane. Ora dorme nella mia tenda, e non riesco a dimenticare il suo viso stravolto da un tempo
che non ha mai vissuto. E io lo guardo, e danzo sull'abisso.
25 Settembre 2013
Stamattina Tagete, dopo aver bevuto con me una delle ultime confezioni di latte, si è alzato in
piedi, e mi ha preso la mano; il suo tocco era freddo e leggero come una lacrima di neve. -Tarcon, è
arrivato il momento.Mi fermai, indeciso. -Il momento di cosa?-Voi uomini avete di nuovo bisogno di imparare le parole che risvegliano il mondo, e che schiudono
le porte del cielo e della terra; voi uomini avete di nuovo bisogno di sentire la voce degli dei, e di
parlare nella lingua che appartiene loro. Ho aggrottato la fronte, incapace di capire, incapace di comprendere i tremiti nello stomaco. Era un
discorso insensato, il delirio di un bambino spaventato. Allora perché le sue parole erano roccia
liquida, e nel suo sorriso c'era il riflesso di tutti i sorrisi di tutti i secoli?
Avrei dovuto ridere, e continuare ad affilare la mia lancia; avrei dovuto ignorarlo, e ricordare che il
mio universo era cenere e fame e colline nude. Ma non lo feci.
-Credevo che gli dei non avessero bisogno di una loro lingua.-Gli dei di cui parlo sono più antichi e più imperfetti del tuo.- La sua voce, me ne rendevo conto
solo adesso, era lenta, e oscillava come il corpo di una danzatrice. -Dei che amano e muoiono come
gli uomini, ma che meglio di loro conoscono le trame segrete di ciò che è, e di ciò che potrebbe
essere. -.
Mi inginocchiai di fronte a lui, con attenzione; riuscivo appena a respirare. -Che cosa mi stai
offrendo, bambino?-.
Le sue dita mi sfiorarono la tempia. -Ti sto offrendo il potere che i tuoi antenati hanno scelto di
dimenticare. E la possibilità di salvare il tuo popolo.Poi iniziò a parlare, e la caccia, la vita, tutto ciò che avevo abbandonato, non ebbero più importanza.
Mi chiamo Tarcon Coppadoro, sono un archeologo, e sono il nuovo profeta della Disciplina.
17 Settembre 2213, Diario di Fiammadora Centovetri
Non dovrei scrivere; è il primo insegnamento della Disciplina: le parole sono fessure nella trama dei
mondi, e sigillarle nell'inchiostro è impedire per sempre che si rimargino. Ma amo troppo i libri di
Tarcon e le storie che posso leggervi, tanto da ritenerli spesso i migliori compagni della mia
esistenza; e una parte di me vorrebbe solo che anche le mie pagine potessero fare davvero
compagnia a qualcuno.
Mi chiamo Fiammadora, ho diciassette anni, e sono una discepola del quarto grado dell'Accademia
degli Auguri di Tuscia. Ricordo ancora l'orgoglio dei miei genitori quando a tredici anni ho iniziato
a scorgere i ricami del cielo, e l'aruspice della mia città mi ha scelta come sua adepta per apprendere
gli incanti e le danze che piegano le forze sotto la pelle del mondo, per parlare con le voci annidate
nel cielo e nella terra. Nessuno sa chi siano: alcuni li chiamano demoni, altri dei.
Con il mio maestro, ho appreso molto dei fondamenti della mia scienza. Della Tempesta che
annientò il mondo, e delle ombre racchiuse intorno a coloro che sopravvissero; del pallido Tagete, il
bambino dagli occhi di fanciullo e la lingua di saggio; del coraggio di Tarcon, che vide morire la sua
vita e ne donò una nuova all'umanità. E delle discipline su cui fondò il suo nuovo mondo. Vie per
modulare il flusso del sangue e del suolo; vie per invocare l'aiuto degli spiriti che turbinano sopra le
vene del cielo. Con quelle forze, abbiamo ricostruito le nostre città, abbiamo rianimato le nostre
macchine, abbiamo plasmato auto che non toccano le strade e navi che solcano venti stellari.
Sono giovane, ma ho viaggiato molto: ho visitato tutte le dodici grandi capitali della Disciplina.
Rivedo ogni cittadina della Dodecadopoli: la cupola di vetro e adamantio dell'Osservatorio di
Parigi; la sala d'oro bianco degli Amplificatori Neurali di Praga; il giardino di ulivi nel cuore della
fortezza d'acciaio rosso di Barcellona. Tutti siamo adepti di Tagete, e sacerdoti degli dei umani che
vivono nel mondo e nelle ombre; tutti facciamo parte della Lega del Leone d'Oro. Sono fiera di ciò
che sono; e non solo per il potere, non per l'autorità che noi Auguri possediamo. Ma perché nulla
come sentire le fresche correnti della vita solcarmi la pelle, giù nel profondo, giù nelle ossa, mi fa
sentire così fiera di essere umana, così certa del mio posto.
Eppure, so che altri ci odiano; peggio, ci disprezzano. E so che altri ritengono che tutto questo, che
quella che gli incauti chiamano magia, sia un potere infido, poiché mai davvero nostro. Si fanno
chiamare “La Gorgone d'Argento”; per molti, sono solo i ribelli. Uomini e donne che vogliono
conoscere di nuovo la tecnologia come la intendevano i nostri avi, che studiano la tecnica,
l'ingegneria, la biologia: che costruiscono con le mani e le cinghie e curano con minuti strumenti
d'acciaio. I governi e la Gorgone si combattono da quando sono rinati dopo la Tempesta: troppa
paura, da entrambe le parti. Troppa paura per una forza che non possiamo comprendere appieno;
troppa paura di chi sceglie una strada diversa, e insinua il dubbio. Il dubbio che trema sotto tutta la
nostra bellezza, tutte le nostre meraviglie, tutta la luce con cui abbiamo faticosamente rischiarato un
mondo a pezzi: che il potere non sia inesauribile e non sia senza prezzo.
E che questi dei, così umani, siano anche capricciosi.
Dagli appunti di Fiammadora, lezione di Storia della Disciplina
Elenco delle dodici capitali della Disciplina, e relative specializzazioni:
Tarquinia: prima città dei Nuovi Auguri, fondata dallo stesso Tarcon duecento anni fa. Sorta sulle
rovine della città etrusca, è costruita come una rosa di mattoni e legno intorno al Primo Tempio, la
grande torre che affonda nella terra e si innalza nel cielo al tempo stesso, e che viene adoperata da
secoli per le iniziazioni al Mondo dei Simboli, o mondo spirituale. Nella Biblioteca, un immenso
salone sotterraneo ricavato dal tufo, sono conservate le copie originali degli scritti della Disciplina.
Salerno:Qui è stata sviluppata maggiormente la Melothesia, o magia curativa. Invocando gli occhi
e la fermezza di mano degli spiriti, gli adepti sono infatti in grado di manipolare e riequilibrare gli
umori dei malati.
Roma: Sede della controversa Congrega dell'Uno, che tenta di intrecciare la Disciplina e la perduta
religione dei Cristiani e ritiene gli Spiriti angeli dimenticati.
Parigi: Sede del più grande osservatorio augurale d'Europa, equipaggiato con i più aggiornati
Fulgurascopi per la rilevazione e l'interpretazione dei fulmini.
Barcellona: Rinomato per la lettura delle foglie scritte dei suoi olivi, in grado di rigenerarsi durante
la notte e di incidere da sé i responsi sui germogli. Maggior centro di studi di Cleromanzia., o Arte
delle Sorti.
Praga: Costruita interamente in acciaio e oro bianco, si dice che un tintinnio possa riecheggiarvi per
ore intere: i suoi Amplificatori Neurali permettono, per la prima volta, la diretta comunicazione con
gli Dei.
Tintagel: Edificata intorno all'enorme tronco di una quercia piantata dagli spiriti stessi, è rinomata
per la particolare tecnica adoperata dai suoi Auguri grazie a cui, connettendosi con caschi
biosensibili alle radici, si proiettano fino al regno degli dei Ctoni: la difficoltà e il pericolo di tali
tentativi ha guadagnato loro il rispettato nome di Viaggiatori.
Budapest: O Capitale del destino, è celebre per la Ragnatela, ovvero la grandiosa proiezione visiva
della rete di relazioni e dipendenze di tutti gli Auguri contemporanei. Immensamente utile per
monitorare la salute e il potere di ogni comunità, per il suo spaventoso potere può essere animata
solo da tre sacerdotesse, dette le tre Laime.
Costantinopoli: Capitale della lettura dell'incenso o Libanomanzia, deve la sua ambigua fama alle
voci di illeciti legami fra adepti e spiriti. Secondo una delle leggende, da una di queste unioni
sarebbe nato un abominio, un essere né corporeo né immateriale, né uomo né donna, né mortale né
immortale, venerato dal popolino.
Mosca: Detta anche il Porto del Cielo, è il più grande centro di Ingegneria Alchemica attualmente
attivo, e primo costruttore di Astronavi. I suoi adepti sono detti Astromanti.
Amsterdam: La Città dei Veleni deve il suo nome alla setta di Auguri rinnegati, le Chimere, che vive
nelle sue viscere, piegando tanto le forze del mondo da distorcere il proprio corpo.
Oslo: La Capitale delle Metamorfosi, è la sede dei maggiori esperti di Proiezione Elementale,
ovvero di trasferimento temporaneo della propria psiche nel corpo di animali. I pionieri di questa
tecnica sono chiamati, dalla creatura con cui più sovente si immedesimano, Popolo delle Renne.