Diario da Brazzaville
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Diario da Brazzaville
I POF sono invitati a partecipare alle 12 Journèes de pathologie de l'Afrique francophone (5-9 febbraio 2013) e a coordinare\ il 1° atelier de telepathologie. Il direttivo incarica il vicepresidente (Agostino Faravelli). Di seguito il suo diario di viaggio e il file pdf con la sua relazione Parigi, 4 febbraio 2013 Eccomi qui un'altra volta! Ogni volta che parto per un viaggio impegnativo ho sempre la sensazione che sia l'ultimo. La destinazione: il Congo Brazzaville e da Brazzaville la cittadina di Oyo a 400 kilometri dalla capitale dove dovrei arrivare questa sera (ammesso e concesso che mi vengano a prendere all'aeroporto e che non succeda come a Kinshasa dove una volta raccattata la delegazione francese gli italiani sono stati dimenticati all'aeroporto senza nemmeno avere uno straccio di indirizzo dove farsi portare da un taxi). L'obiettivo di questa settimana appena avviata è partecipare alle Journèes de pathologie e, sulla base della "tronfia" lettera di invito, coordinare la giornata dedicata alla telepatologia in quanto, secondo loro, ESPERTO INTERNAZIONALE. Ma come sono arrivato a questo viaggio? L'anno scorso, prima dell'estate, mi scrive Dangou (figura di rilievo dell'OMS-Africa) e mi dice di avere segnalato il mio nome ai patologi di Brazzaville in quanto esperto, appunto, di telepatologia, per coordinare la sessione prevista all'interno delle Journèes de pathologie a Brazzaville all'inizio di febbraio. La notizia ovviamente mi inorgogliva e do la mia disponibilità. Fino a metà dicembre 2012 nessuno mi contatta per cui abbandono l'idea. Il 15 dicembre mi trovo a Parigi per vedere il lavoro di Letizia Buoso e incontro per caso Philippe Camparo, l'amico patologo francese. Sembrava che non vedesse l'ora di incontrarmi per scaricarmi la patata bollente della sessione di Brazzaville. Cosa era successo? Probabilmente i patologi francesi (organizzatori dietro le quinte del convegno), non pensano minimamente di mettere un italiano a gestire una sessione così complessa e decidono di affidarla a Camparo il quale si rende conto di non essere in grado di farlo ma non riesce a trovare quello che resta con in mano il cerino acceso. Mai più si aspettava di vedermi a Parigi e così mi molla il cerino. E così eccomi qui ad aspettare la partenza per Brazzaville. So soltanto che dovrò parlare sabato mattina 9 febbraio dopo una settimana durante la quale si parlerà di non so che cosa visto che non mi hanno nemmeno mandato il programma. Tanto per cambiare emergono i loro limiti nell'organizzazione: mi hanno chiesto 4 volte di inviare un abstract che avevo già inviato 3 volte, mi hanno mandato 2 gg prima di partire la lettera di invito per avere il visto direttamente all'aeroporto, non so nemmeno in quale albergo sarò sistemato e, come dicevo prima, spero solo che si ricordino di venirmi a prendere. Ma l'Africa è così. Dovrei già averlo capito... Il mio "angelo custode" dovrebbe essere una dottssa francese che si è data disponibile a vegliare su di me. Dovrebbe viaggiare con me e con tutta la delegazione francese per cui dovrebbe essere una garanzia. Si vedrà! Per ora sono qui all'aeroporto CDG di Parigi alla GATE L49 da dove partirà il volo AF per Brazza e non ho ancora visto nessuno. Oggi la giornata è cominciata presto Sveglia 4,15 Taxi 5,15 per Linate imbarco ore 6 partenza 6,55 Il tutto con una certa difficoltà di movimento nell'attesa che le pastiglie facessero effetto nonostante la modifica forzata dei tempi di assunzione. Salgo sull'aereo. senza avere ancora individuato e comunicato con le due patologhe francesi. Appena salito mi dirigo verso il mio posto nella speranza di stare da solo per tutto il viaggio. Dai che forse ce la faccio! sembra non arrivi nessuno E invece no. Mi si avvicina un tipo obeso, sudaticcio con maglletta in origine forse azzurra. Mi guarda e con un grugnito mi fa capire che sarà il mio compagno di viaggio fino a Brazzaville (a meno che non sia un patologo, non si sa mai!) Si siede e comincia la lotta per appropriarsi del poggiabraccio che divide i nostri posti. Vince lui, anche perchè trovo insoportabile avere il mio braccio appiccicato al suo. La prima cosa che fa è mettersi a dormire e russare. Intanto mi guardo attorno a la mia coppia di patologhe. Le trovo! Facciamo due chiacchiere due che mi bastano per capire che pare ci siano solo loro due. Non sanno quanti siano i patologi locali. Se tanto mi da tanto mi si profila all'orizzonte un convegno in cui se mi va bene i docenti si parleranno tra loro. Ma stasera saprò qualcosa di più. Torno al mio posto dove l'obeso passeggero che sembra grugnisca solo in inglese, sta guardando un film super violento in attesa del pasto tra un pisolo e un risveglio. Le hostess ci portano il menu: pollo in umido con mostarda oppure ravioli con ricotta e spinaci. La scelta è scontata solo che quando tocca a me mi rendo conto drammaticamente che i ravioli sono finiti. Il mio pasto è terminato prima ancora di cominciare. La hostess commossa e impietosita mi propone due pezzettini extra di camembert, che accetto. Il mio compagno svuota il vassoio lasciando solo la plastica dura (posate e scodelline). Tutto sparisce sotto gli occhi increduli dei passeggeri più vicini. Grugnisce e si riaddormenta. Il resto del viaggio procede senza note di interesse particolare a parte la vista impressionante del fiume Congo che in realtà è un agglomerato di fiumi che si intersecano l'uno nell'altro pieni di acqua fangosa. L'arrivo a Brazzaville, a parte la botta di caldo umido (35°) all'uscita dal portellone dell'aereo già dai primi percorsi interni mette in evidenza un aeroporto lontano mille miglia da quello di Kinshasa: pavimenti lucidi, vetrate alla CDG, scale mobili... Certo la burocrazia è sempre africana per cui per fare il visto ci mettono 30-40 minuti ma tutto sommato ci viene risparmiata l'aggressione dei disperati che ti chiedono soldi per portare una valigia rubandola dalle mani di un altro disperato. Ad accoglierci il prof Ngolet, il cattedratico di Brazzaville. Questi capi universitari africani sembrano fatti con lo stampino. Mi promette che dimenticherò la disorganizzazione di Kinchasa vissuta nel 2009.... Tralascio l'arrivo all'hotel di Brazzaville perchè tragitto e albergo periferico non si differenziano da quelli già visti in altre città anche a 3000km da questa (vedi Antananarivo, Lusaka, Kinshasa, ecc). In albergo hanno internet ma il segnale è debolissimo. Per far partire una mail senza foto ci vuole almeno mezz'ora. E io in questo posto dovrei parlare di telepatologia. Almeno c'è l'aria condizionata! martedì 5 febbraio, Brazzaville. Appuntamenton alle 7 per raggiungere l'aeroporto. Con un "leggero" ritardo (solo 2 ore) arriva il bus che ci carica (siamo 8) e raggiunge un altro hotel dove carica gli altri (una ventina ). Ma in aeroporto ce ne sono altrettanti, forse più). Dovremmo essere in tutto circa 80, compresi i giornalisti e i fotografi Lì ci aspetta un jet privato (dopo ho saputo messo a disposizione direttamente dal presidente del Congo B). La destinazione è Oyo, il villaggio dove è nato il presidente che per sua volontà deve diventare una specie di centro scientifico-culturale del paese. Saliamo sull'aereo: la delegazione francese e i prof africani vengono fatti accomodare nella businness class. Dopo qualche minuto scoprono che si erano dimenticati della delegazione italiana e vengo fatto accomodare accanto al prof Ngolet, l'organizzatore dell'evento. Partiamo e cominciamo a chiaccherare del mio progetto telepatologia. All'inizio sembra irritato dai miei movimenti involontari e mi chiede di fermarmi perchè lo mettono in agitazione. Quando gliene spiego la causa non sa più che dire e vorrebbe scavarsi una fossa ma tant'è lui si è calmato. Mi ascolta con attenzione mentre parlo e ad ogni mia parola vede realizzato il suo sogno. In effetto in questa cittadina dove siamo diretti, questa Oyo, è appena terminata la costruzione di un ospedale super moderno tutto da attrezzare dove lui, che non sa nemmeno cosa voglia dire la parola TELEPATOLOGIA intende costruire un centro africano di TELEPATOLOGIA appunto. Alle mie parole si eccita e mi garantisce un futuro glorioso al servizio della scienza, benedetto dal presidente del Congo B e dai soldi dell'ENI. Mi invita a seguire tutte le sue mosse quando saremo a Oyo. Ogni tanto gli viene da soffiarsi il naso. Be' ma che problema c'è? Il fatto è che per soffiarsi il naso chiude la narice sinistra e soffia forte con la destra. Il risultato è che si riempie la mano destra di snaricchio. Si pulisce la mano con un fazzoletto e ricomincia la stessa procedura con l'altra narice. Penso a quante volte mi aveva dato la mano... Ma eccoci arrivati dopo solo mezz'ora di volo! Aeroporto moderno ma deserto, un minibus che con 4 viaggi porta tutti noi e i bagagli a Oyo. Questa è una cittadina che sembra finta. Da l'idea di un set cinematografico dove realizzare delle fictions congolesi. Ci portano nel nuovissimo MUNICIPIO dove pero sono già evidenti segni di mala-manutenzione: muri con muffa, scarichi dei cessi intasati, porte del bagno che non si chiudono perchè storte. Stessa cosa le camere dell'albergo dove siamo alloggiati: non esiste internet anche se in giardino ci sono du parabole di 3 metri di diametro, il frigobar è rotto anche se mai usato. Insomma tutto nel tipico stile congolese. Il corso che doveva cominciare questa mattina alle 9 inizierà nel pomeriggio alle 14. In realtà comincerà alle 16,30. E' un continuo passare dalla camera con il condizionamento ai corridoi dell'albergo dove la temperatura a mezzogiorno penso sia arrivata a 40°. Nell'attesa dell'inizio delle lezioni mi metto a chiacchierare con la delegazione francese. Il loro capo, che conosco, si mostra preoccupato perchè deve stendere un progetto per lo screening vaginale in non so quale paese africano. Lo lascio parlare finchè intervengo io raccontandogli che noi lo abbiamo già fatto e con successo. Lui, in quanto francese DOC che mai ritiene di dover imparare qualcosa da chi non è francese, risponde alle mie proposte con le sue confuse idee sul tema. Io me ne vado e lo lascio ai suoi problemi. Dopo qualche minuto mi siedo nell'aula torrida dove si sarà la lezione e accanto a me si siede un simpatico giovane patologo congolese che conosco da tempo. Comincia a parlarmi di Marco che aveva conosciuito a Kinshasa e di altre storielle locali. Vedo da lontano il patologo francese di prima che si avvicina al giovane congolese e lo invita ad andarsi a sedere da qualche altra parte. Lui prende il suo popsto, estrae dalla borsa un block notes e comincia a farmi domande e a prendere appunti, chiedendomi se non devo per caso andare a Parigi prossimamente. Così comincia a scrivere, scrivere, scrivere sottolineando tutti i più piccoli particolari..... Ma ecco che finalmente sembra abbiano deciso di far partire il corso con un ritardo accumulato oramai di quasi 7 ore. Entra Ngolet, il professore, e dietro di lui il prefetto della regione e il sindaco di Oyo e la responsabile della delegazione francese, Michelle de Villeneuve (che da quando le ho detto che ho il Parkinson mi fa da angelo custode. Comincia il sindaco (i soliti 20 minuti di discorso di cui 15 di saluto alla lista delle autorità. Poi Ngolet: 45 minuti di discorso anche lui con 15 minuti di saluto. Questa volta alla delegazione italiana, cioè a me, viene data una rilevanza straordinaria. Questo mi preoccupa perchè adesso mi trovo nelle condizioni di non poter fare brutta figura. Insomma tra il caldo che attanaglia e i discorsi di questi io comincio a non sopportare più la sedia. Dopo quasi un'ora si fa un'altra mezzora di intervallo con bevuta e finalmente alle 17,30 comincia il convegno vero e proprio. Inizia con una lezione di due ore secche di un francese sui tumori cerebrali. Bella lezione se non fosse durata 2 ore e se non ci fosse stata una temperatura che forse era calata a 39°. Al termine della lezione (alle 19,30) attacca un altro francese con una lezioncina di mezzora sulla malattia del sonno da puntura della mosca tze tze. Alle otto ero in uno stato di prostrazione che mi faceva dubitare se sarei riuscito a camminare fino alla mia camera da letto. Ci sono riuscito, anche se a fatica. Cena insignificante. Prima di tornare in camera sono riuscito a fatica a convincere un cameriere a darmi un bicchiere di latte. Mi ha trattato come fossi un pazzo dicendomi che era impossibile ma l'intervento della responsabile (che pensa che ai pazzi bisogna sempre dare ragione) lo ha convinto che era meglio accontentarmi. Così mi sono rintanato nella mia fresca camera a mangiarmi qualche biscottino e a raccontare la giornata. Purtroppo manca totalmente internet e il cellulare non va così non riesco nemmeno a mandare un SMS. E ora a letto. Domani (pare) si comincia alle 8 mercoledì 6 febbraio Finalmente una colazione con un po' di latte anche se in polvere Giornata tutto sommato insignificante spesa tra noiose comunicazioni, tentativo fallito di trovare una connessione internet decente (10 minuti per la posta su un IPAD in prestito) ma soprattutto ala ricerca disperata di un posto con l'aria condizionata. Il clima è insopportabile soprattutto a causa della elevatissima umidità. Si vive con in mano la bottiglia dell'acqua talmente è continua e inarrestabile la sudorazione. Domani si profila una giornatina interessante. A metà mattinata la visita all'ospedale del presidente. Ngolet mi ha affidato una relazione estemporanea da fare dopo la visita che verrà fatta da un gruppetto selezionato tra cui ci sono anch'io. Ho chiesto un ora di tempo per preparare la relazione Dovrò sforzarmi di essere il più diplomatico possibile. Ho appena finito di sistemare la relazione per domani immaginando già cosa ci faranno vedere e cosa vogliono sentirsi dire Domani dovrei incontrare anche Dangou. Mi incuriosisce molto sentire cosa mi dirà. giovedì 7 febbraio Colazione alle 7 e via per la sala del convegno. Dangou è appena arrivato. Apparentemente sembra il solito Dangou. Rimarrà fino a sabato per cui dovrei riuscire a capire la sua reazione alla mia presentazione per capire da che parte tira l'aria all'OMS. Ha aperto lui con una bellissima presentazione sul canco dell'utero in Africa. Subito dopo siamo partiti per l'ospedale di Oyo pochi km fuori dalla cittadina sempre più finta. Ed eccolo finalmente l'ospedale. Da quello che ho capito è stato regalato dai cinesi in cambio probabilmente di commesse. All'ingresso c'è persino scritto OSPEDALE in cinese. Una struttura molto bella ancora da avviare ma in stadio decisamente avanzato. I capi mi chiedevano se la struttura era adeguata a farci un servizio di telepatologia. Fagli capire che per fare un servizio che funzioni è sufficiente avere una stanza, un computer, una testa che crede nella telepatologia e una buona connessione internet: la connessione non c'è e la testa nemmeno per cui.... Immagino poi i 4 patologi di Brazzaville radicati nella loro città con tutti i privilegi del caso come potranno reagire a trasferirsi con la famiglia in un posto nuovissimo a 400 km. dotato dei massimi comforts e attrezzature sportive Dicono che li ingolosiranno con premi economici particolari. Vedremo. Intanto io devo trovare il sistema per dirglielo nella presentazione estemporanea prevista per il primo pomeriggio. Ecco qualche foto. All'uscita un nugolo di giornalisti ci assale sperando di trovare nelle nostre parole qualcosa che assomiglia a "ma non vedete che questo è un posto che morirà ancora prima di nascere? E' la tipica cattedrale nel deserto!". Torniamo a casa e mi chiudono in una stanza almeno supercondizionata a montare la mia presentazione. La faccio e la rifaccio almeno 6 volte ma non riesco a trovare il taglio che li diverta senza offenderli lasciando loro lo spazio per pensare che stanno facendo una cosa che magari è anche giusta. Quando tocca a me l'uditorio è sfinito dal caldo e dalle ultime noiosissime presentazioni di una banalità esasperante. Quella più ineressante è quella di un chirurgo di Kinshasa che riattacca le dita. La causa principale il taglio netto di dita rimase chiuse nella porta dell'automobile. Mi aiutano la brevità e qualche foto (vedi Kabongo , universitario di Kinshasa con la sua cravatta AORTIC multiafricana fatta con le bandiere). Tutti si divertono e si mettono in attesa dell'arrivo del prefetto di Oyo al quale tocca chiudere ufficialmente i lavori. Il prefetto attacca con un discorso insensato, con qualche difficoltà nell'eloquio che mi fa pensare ad un collega di malattia, con in più il problema di essere un politico. Attacca il sindaco che ci molla un cd amatoriale fatto da lui che è un amante del cinema sulla città di Oyo che fino a pochi anni fa era un villaggio che ha avuto la fortuna, o la disgrazia, di dare i natali all'attuale presidente del Congo B. Finalmente anche lui la smette ed io sono già pronto con la mia borsa in mano per scappare nella mia camera d'albergo condizionata. Una mano sulla spalla mi blocca: è Mokassa il responsabile dell'organizzazione. Mi guarda e sembra dirmi:"dove credi di andare? guarda che adesso c'è la foto di gruppo con il prefetto!". Immaginate una foto di gruppo in cui si è 84 + il prefetto e il sindaco... Ogni commento è superfluo. Mi piacerebbe adesso avere quella foto solo per poter vedere la mia faccia. Bene, anche oggi la giornata è passata. Sono stanchissimo!!! non vedo l'ora di buttarmi sul letto. Domani ci aspetta un viaggio in pullman di 400 km per tornare a Brazzaville. Partenza alle 8. Speriamo almeno di vedere il vero Congo e di raggiungere una connessione internet decente venerdì 8 e sabato 9 febbraio Anche questo viaggio sta ormai per finire e devo ancora capire se lo sforzo che mi è costato è servito o servirà a qualche cosa. Sono le 17 di sabato e sono qui sotto la veranda dell'hotel dove mi hanno sistemato ieri pomeriggio, sicuri che ci fosse una connessione decente. Il cielo è grigio scuro, l'umidità è soffocante, sta per cominciare a piovere. Già due ore fa è passato un piccolo nubifragio con gocce talmente pesanti che al contatto con le tegole di alluminio sembrava fossero sassi. Ogni tanto passa un filo d'aria fresca ma dura poco. Il sudore mi attanaglia. Tra due ore con un taxi raggiungerò l'aeroporto e se Dio vuole domattina dovrei essere a Milano. Ma cominciamo da ieri mattina, venerdì, giornata cosiddetta di riposo, dedicata al turismo: "Vedrete il vero Congo! Sarà una giornata indimenticabile!". Ed è vero! Levata alle 7. Il tempo di fare una colazione con pane e latte in polvere e Nescafè. Andiamo ai pullman con i nostri bagagli che ci hanno seguito dovunque. Un pullman ha due piani e aria condizionata. Io arrivo un po' tardi e mi tocca il minibus da 22 posti, carico all'inverosimile. Come succede sempre qui si parte sempre almeno con 40-50 minuti di ritardo stando seduti dentro il minibus con la temperatura che intanto lievita insieme all'umidità. Ci portano dei panini tipo piccole baguettes molli con dentro materiale n o n d e fi n i b i l e ( t o n n o ? prosciutto?maionese? altro?). Le infilo da qualche parte insieme ad una bottiglietta di acqua. Finalmente si parte. Apro totalmente il finestrino per cercare di asciugare il sudore mettendo la testa praticamente fuori. La strada è abbastanza buona, diritta e senza buche. Il paesaggio è interessante. Comincia con una foresta praticamente impenetrabile. Ai bordi della strada piccoli aggregati di case col tetto di paglia. Forse uno che non è mai stato in Africa rimarrebbe colpito. A me sembrano uguali a quelle già viste da altre parti. L'autista procede ad una velocità allucinante, ma tutti lo elogiano perchè ci farà arrivare prima. Io sono letteralmente terrorizzato. Fortunatamente ci sono un sacco di interruzioni per lavori in corso che obbligano a rallentare. Ai lati della strada ogni tanto qualche tomba isolata. Subito la associo a qualche morto per incidente. P.oi andando avanti mi rendo conto che sono cimiterini del villaggio. Prima sosta: villaggio con mercato. Mi gratto la testa e la faccia e vedo unghie completamente nere. Ecco cosa significa tenere la testa fuori dal finestrino! Si riparte. Dopo mezz'ora altra sosta. Pipì su un mucchio di spazzatura sotto il controllo di un servizievole giovane patologo africano. Le due patologhe francesi vengono invitate ad aspettare l'arrivo della savana. Sperano di riuscirci. Il viaggio non finisce più. I miei sentimenti sono lacerati dal desiderio di arrivare presto e dalla paura di arrivare morti. Una vecchia "mama" come le chiamano qui racconta a voce alta storie e barzellette in lingua locale che fanno scoppiare letteralmente i viaggiatori in risate esplosive. Io non capisco nulla e il viaggio continua. Ogni tanto c'è qualche squarcio della foresta dove appare qualche scorcio suggestivo del fiume... e qualche deliziosa donna congolese Intanto le mie unghie sono sempre più nere. Estraggo dalla tasca un fazzoletto per asciugarmi il sudore, lo guardo: mi sembra un fazzoletto di un minatore del Sulcis. completamente nero. Finalmente arriviamo in una Brazzaville congestionata dal traffico tanto per cambiare. Ci mettiamo un'altra ora per arrivare al punto di smistamento. L'organizzazione del convegno fa schifo: tutti vengono fatti scendere dai pullman, tutti i bagagli scaricati. Vengono assegnati gli hotel: "voi 7 all'hotel Horizon, voi 5 al Florida, voi nove al Brazzaville. Rimettete i bagagli sul pulmino. Si riparte!" All'arrivo agli hotel si scopre che alcune delle camere prenotate sono state riempite perchè la prenotazione non era stata confermata. Alcuni restano, altri tornano indietro. Ngolet è incazzato come una biscia e non si rende conto che la colpa di tutto è sua. Alcuni, vista la situazione se ne tornano a casa loro incazzati. Per quanto mi riguarda io sono visibilmente stravolto e non vedo l'ora di buttarmi su un letto almeno per 10 minuti. Mentre con una certa difficoltà mi mantengo in piedi in attesa di un mezzo qualunque che mi porti all'hotel, Ngolet mi comunica che dobbiamo andare nella sede del convegno di sabato mattina a vedere se tutto è a posto. Io lo guardo e lui capisce che sto pensando intensamente: "Ma sei scemo? sono stravolto e dall'esterno mi vedo assomigliare a Nuvolari alla fine della MIlle Miglia con faccia e collo neri e tu non mi concedi nemmeno una pausa di 10 minuti?" Lui capisce perfettamente senza che glielo debba spiegare, mi carica sull'auto di una sua assistente che mi scarica all'hotel. Qui mi faccio una doccia e mi asciugo con un telo bianco che nonostante il lavaggio risulta nero come il carbone. Ritorno sotto la doccia, mi lavo testa e faccia con acqua bollente e finalmente sono tornato del mio colore abituale. Mi butto sul letto e vedo di dormire almeno 20 minuti. Come se mi fossi seduto su un interruttore parte il motore di un flessibile in cortile che si mette a tagliare piastrelle di marmo. A quel punto mi vesto ed esco dove l'assistente di Ngolet mi carica sulla sua condizionata BMW e mi porta alla... MAISON BLEU dove si svolgerà l'ultima parte del convegno che ruoterà sulla mia relazione. Ngolet tiene enormemente alla riuscita di questo 1° atelier di telepatologia anche se non sa nemmeno di cosa si parlerà. Mi chiede cos'è lo scanner, se è lo stesso strumento che usano i radiologi per fare la TAC. Io, mentre lui farnetica e riceve telefonate di congressisti incazzati perchè non sanno in quale hotel andare, mi rendo conto che la connessione è maggiore di quella che è in hotel, praticamente zero ma insufficiente per fare quello che pensavo. Riesco fortunosamente almeno a comunicare a Claudio e agli altri che non verranno coinvolti e comincio a ripensare a tutta la riunione. Tralascio i dettagli tecnici. Basti sapere che sono rimasto lì fino alle 7 quando era ora di andare a cena in un ristorante tipico. Essendo io il "gioiello" dell'atelier di sabato vengo scortato direttamente da Ngolet che mi riporta in albergo e ricomincia ad affrontare i congressisti incazzati che non sanno nemmeno dov'è il ristorante. Finalmente arrivo con Ngolet al ristorante !dove alcuni , non si sa come sono riusciti ad arrivare. La cena prevede i soliti piatti a base di pesce siluro, manioca (una specie di pezzi di copertone Michelin ma bianco), del sakasaka (un trito di verdure varie dal sapore di bachelite fusa), del riso bianco scotto, delle fette di banana fritta e altre porcherie che tralascio di precisare... Meno male che c'era della birra fresca ( pagata da noi a parte perchè non inclusa nel pasto previsto) e del pane che sapeva di pane anche se elastico. La calura era ancora insopportabile e dopo poco che avevo finito di mangiare (si fa per dire) mi faccio riportare da Ngolet in albergo, La stessa idea ce l'hanno in 5 che, come fanno solitamente gli africani salgono in macchina sedendosi dove capita pur di riuscire a chiudere la porta. Io ero davanti e un congressista congolese extralarge apre la porta e si siede sulle mie gambe sbattendo più volte la porta che non si voleva chiudere essendo bloccata dalle sue larghe natiche. Finalmente sai chiude ed io resto schiacciato tra il sedile e il suo culo. Meno male che erano pochi km...scendo comunque dolorante dall'auto. In albergo avrei dovuto mettere a posto la mia presentazione del giorno successivo, cosa che ho rimandato al mattino. E così si è conclusa la giornata di relax. Sabato mattina comincia presto, alle 7 e senza colazione. Alle 8 si parte per la MAISON BLEU. Il programma degli interventi è esattamente quello che ho steso ieri pomeriggio con Ngolet Il primo a parlare è Ngolet che comincia a lodare le mie competenze internazionali nel campo della telepatologia (detto da lui che non sa nemmeno di cosa si stia parlando....) della fortuna che ha di potermi avere lì al primo atelier di telepatologia. Dopo di lui prende la parola il responsabile ministeriale (un medico) del progetto nazionale di telemedicina che sostanzialmente invita i presenti a proporre un progetto nazionale. Lui confessa che sa molto poco sul tema telepatologia ma sa che un bel po' di fondi sono stati stanziati per la telemedicina e che il momento è favorevole purchè una proposta di progetto sia inviata al ministero. A questo punto tocca a me. Espongo il mio progetto-provocazione di creare in ogni stato africano una serie di lab periferici senza patologo e senza microscopio connesi via satellite con centri di riferimento nazionali o internazionali. Resto in attesa di critiche pesanti che non arrivano ma in compenso arrivano entusiastiche approvazioni sia dai patologi africani che dai patologi della delegazione francese. Michel, la patologa-angelo custode si avvicina alla fine della lpresentazione e mi dice "il tuo francese contiene qua e là degli errori non gravi ma devo dirti che è proprio in quei momenti che è più affascinante" Meno male! Dopo di me due presentazioni della delegazione francese privi sostanzialmente di interesse (due lavori vecchi di una decina di anni. Alla fine si decide di mettere insieme tutte le idee emerse per poi stendere un progetto pilota da presentare al Ministero della sanità affidando a me il ruolo di coordinatore della gestione della telediagnosi e ai francesi (in particolare a Beatrice Vergier) il coordinamento della teledidattica. Vedremo nei prossimi mesi cosa succederà. Ecco quello che è successo a Brazzaville-Oyo. Le prospettive sono interessanti anche se la potenza dei francesi in questa parte del mondo è tale da far temere una loro azione di forza per prendere in mano la situazione. Ma fondamentalmente chi se ne frega se alla fine ci guadagnano qualcosa quei poveri africani. La cosa negativa, direi molto negativa, è stata l'assenza di Jean Marie Dangou che a Oyo mi aveva detto che avrebbe partecipato all'atelier. Il consenso del progetto da parte dell'OMS credo sia fondamentale e adesso devo capire perchè non si è presentato Alle 13 tutto era finito e alle 14 eravamo a mangiare nello stesso posto della sera prima con identico menu. Alle 15 ero in albergo a rilassarmi in attesa della partenza per Parigi. In aeroporto ancora due aneddoti: 1- mi comunicano che il volo Parigi - Milano è stato sospeso per neve 2- al metal-detector uno degli addetti mi chiede di vedere il mio portafoglio per sapere quanti euro contiene. Lì per lì rimango un po' basito e penso a qualche recente legge sulla esportazione di capitali di cui non ero al corrente. Visto il contenuto (qualche banconota da 50 e qualche altra da 20 euro) mi chiede una banconota da 50. Io lo guardo e gli chiedo che cazzo mi sta chiedendo. Vista la mia reazione mi chiede di averne almeno una da 20. Al mio rifiuto mi chiede le due banconote accartocciate e unte da 1000 franchi congolesi ( valore 50 centesimi ) di euro. Per togliermelo dai piedi gliele do e lui tutto felice se le mette in tasca...Ogni commento è superfluo