Occhio alle meduse

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Occhio alle meduse
Occhio alle
meduse
di Ferdinando Boero
A
Una iniziativa che può
ampliare le conoscenze
sulle invasioni di questi
scomodi “vicini di
spiaggia”
chi va per mare, come i soci
della Lega Navale Italiana, sarà capitato, in questi ultimi
anni, di aver notato
che ci sono sempre più
meduse e animali gelatinosi in genere. I più
attempati ricorderanno
che, nei primi Anni 80,
il Mar Mediterraneo era
già stato invaso da questi organismi, soprattutto
dalla medusa Pelagia, ma poi, per un paio di decenni, se ne erano visti sempre di meno.
Certo, a volte, localmente, sono riapparse, anche in gran numero, ma niente di allarmante.
Ora, invece, da cinque o sei anni, sono divenute
una costante delle nostre estati. La prima cosa che
viene da chiedersi, allora, è: come mai? Cosa si
potrebbe fare?
Ovviamente si può far finta di nulla, attendendo che il fenomeno passi, come abbiamo fatto negli scorsi cinque anni. Ma non basta.
Le meduse pungono i bagnanti e riempiono le
reti dei pescatori, danneggiando pesca, turismo e
anche salute pubblica, visto che qualcuna ci può
mandare all’ospedale. L’anno scorso, in Sardegna,
si è verificato il primo caso di puntura mortale, e
una turista ha perso la vita, toccata da una Caravella Portoghese, la famigerata Physalia.
Nell’attesa che chi tiene i cordoni della borsa
della ricerca si renda conto della necessità di studiare il fenomeno, nel 2009 è stata lanciata una
campagna di “scienza
dei cittadini”, chiedendo a tutti di inviarci
notizie sulle meduse
che più o meno occasionalmente, hanno la
possibilità di avvistare.
Ho potuto sviluppare questa iniziativa in
quanto presidente di
un comitato della Commissione per il Mediterraneo (CIESM), convincendo inoltre la Commissione a investire 3.000 euro per realizzare un poster da distribuire lungo tutte le nostre coste, un
poster che mostrasse le specie di meduse (e altre
specie di plancton gelatinoso) presenti in Mediterraneo, distinguendo quelle che pungono (urticanti) da quelle innocue, e fornendo una serie di istruzioni su come mandare con urgenza, all’indirizzo
di posta elettronica [email protected], una segnalazione.
Il poster è stato realizzato dal grafico Fabio Tresca che ha elaborato i magnifici disegni eseguiti
dall’artista Alberto Gennari (entrambi dipendenti
dell’Università del Salento), ed è la bellezza di
questo poster ad aver garantito un così grande
successo alla campagna, denominata “Occhio alla
Medusa”, in fase sperimentale nel nostro Paese.
Alla campagna, oltre all’Università del Salento,
come membro del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) e alla
Commissione per il Mediterraneo, ha aderito anche l’associazione ambientalista Marevivo. Il suc-
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La rutilanza dei colori di questa Addaura Cotylorhiza
tuberculata, detta anche Medusa Cassiopea, non deve far
dimenticare la sua pericolosità; in apertura, una Fisalia, detta
anche Caravella Portoghese, dai lunghi e, spesso, mortali
tentacoli
cesso della campagna 2009 si è replicato nel 2010,
con l’entrata in campo della rivista Focus, che ha
pubblicato il poster ed ha aperto un sito web da
dove poter inviare direttamente le segnalazioni:
http://www.focus.it/meduse/.
Quest’anno, finalmente, siamo riusciti ad attirare l’attenzione degli enti finanziatori e l’Unione
Europea ha lanciato il progetto Vectors of Change, e
una parte dei finanziamenti sarà utilizzata proprio
per studiare le meduse. Con noi hanno iniziato a
lavorare anche il collega Stefano Piraino, professore presso l’Università del Salento, e il dott. Paolo
D’Ambrosio, Direttore dell’Area Marina Protetta di
Porto Cesareo. Ma la scienza dei cittadini resterà
un punto di forza delle nostre attività, perché è
giusto che la scienza sia un patrimonio comune e
non resti nella cerchia ristretta degli accademici.
L’arrivo di specie sconosciute
Negli anni scorsi i media hanno ripreso le nostre attività in modo molto efficace e le segnalazioni sono arrivate a migliaia, permettendo addirittura di individuare alcune specie che nei nostri
mari non si erano mai viste, come lo ctenoforo
Mnemiopsis leydi (arrivato dal Mar Nero), e le meduse Phyllorhiza punctata (entrata dal Canale di
Suez) e Catostylus tagi (entrata da Gibilterra).
8.000 chilometri di coste italiane sono stati tenuti sotto osservazione per due anni e la presenza
delle meduse si è rivelata molto abbondante, con
molte specie distribuite in modo ineguale lungo
le coste. Quella che era sembrata un’impressione
popolare, “ci sono tante meduse“, è stata formalizzata con dati forniti dai cittadini alla comunità
scientifica. Gran parte delle segnalazioni degli anni scorsi è stata fatta da bagnanti, mentre poche
sono le segnalazioni dal mare aperto.
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Quest’anno, la campagna ricomincia e sarà
estesa a tutto il Mediterraneo e, mentre il poster è
in corso di traduzione in tutte le lingue dell’area,
si è aggiunto un altro partner a questa impresa: la
Lega Navale Italiana.
State attenti, quindi: se vedete animali gelatinosi (sapevate che in inglese le meduse sono dette jelly
fish?) durante le vostre escursioni, fotografateli,
anche con un telefonino, cercate di identificarli
utilizzando il poster e valutate la loro presenza secondo le modalità descritte nel medesimo, quindi
inviate la vostra segnalazione attraverso la pagina
di Focus (http://www.focus.it/meduse/). Diventerete parte di un sistema di ricerca scientifica e farete fronte alla scarsa attenzione che, nel nostro Paese, ricevono tutte le questioni relative alla natura.
I risultati delle campagne passate sono arrivati
sulla prestigiosa rivista britannica Time, che ha
dedicato due articoli a questa iniziativa e che potrete trovare in questi siti: http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,1931659,00.html e
http://www.time.com/time/health/article/0,8599,
2012178,00.html.
Le meduse sono bellissime, sono la prima attrazione negli acquari marini di tutto il mondo.
Alcune sono più o meno pericolose, ma altre sono
innocue e possono essere osservate senza alcun rischio, anche se è meglio comunque non toccarle.
Incontrare una Rhizostoma, bianca, col bordo
azzurrino, molto grande, è un’esperienza bellissima, perché il nuotarle accanto e guardare i pesci
che si raggruppano sotto il suo ombrello, ci permette di capire di più cosa ci riserva e ci offre il
mare. Lo stesso vale per la Cotylorhiza, gialla, simile a un mazzo di fiori.
La delicata e diafana Pelagia noctiluca, di dimensioni contenute,
in genere entro i 10 cm, emana una debole luminosità, è molto
comune nel Mediterraneo ed è molto urticante
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La Phyllorhiza punctata, medusa tipica del teatro dell’Oceano
orientale, esiste in famiglie sia innocue che urticanti
Se invece vedete una Pelagia o una Physalia,
state lontani. Se siete punti da una medusa e sentite un dolore fortissimo, simile a una scarica elettrica, allora vi può aver punto la Physalia, detta
anche Caravella Portoghese.
Il dolore potrebbe farvi perdere la calma e potrebbe mettere in pericolo la vostra vita, non per
l’efficacia del veleno, ma per un eventuale affogamento causato dal panico.
Il primo consiglio, quindi, in caso di un “incontro ravvicinato” di questo tipo, è: state tranquilli, non perdete la calma, ma tornate a riva o
salite sulla barca. Se il dolore è davvero forte, come se vi avesse toccato un ferro rovente, probabilmente si tratta di Physalia. Molta gente è stata
punta da questo animale galleggiante, e gli effetti non sono stati letali ma il caso di morte dell’anno scorso ci dice che è meglio non sottovalutare queste punture. Meglio andare all’ospedale
più vicino.
Come comportarsi
Se vi sono rimasti dei tentacoli attaccati al corpo, rimuoveteli con una carta di credito, o con la
tessera sanitaria, o qualcosa di simile, adoperandola come se fosse la lama di un rasoio, in modo
da “radere” la zona interessata e rimuovere così i
tentacoli.
Non sfregate comunque la zona della puntura.
Non bagnatela con acqua dolce: l’acqua dolce attiva ulteriormente gli organi con cui le meduse ci
iniettano il loro veleno.
Questo veleno è però termolabile, ed è quindi
disattivato dalle alte temperature. Il consiglio è di
applicare oggetti caldi sulle ferite, come pietre o
sabbia scaldate dal sole, oppure la copertura di un
motore fuoribordo, facendo comunque ben attenzione a non ustionarvi.
Fatto questo, andate a un pronto soccorso bal-
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neare o in farmacia, evitando cure empiriche. Magari in barca avrete qualche pomata per le punture di medusa, ma è meglio chiedere in farmacia.
Ogni anno vengono sviluppati nuovi prodotti, ed
è il farmacista a conoscere in modo professionale
tutte le novità.
E ora torniamo alla nostra domanda: perché
ci sono sempre più meduse? Ovviamente non lo
sappiamo, perché non c’è ricerca scientifica su
questi argomenti, però possiamo fare un certo
numero di ipotesi che, poi, dovrebbero essere
vagliate.
Una di queste è che la pesca industriale abbia
rimosso gran parte dei pesci dal mare, e che questo abbia lasciato uno “spazio ecologico” alle meduse che, in quanto predatori, hanno un ruolo simile a quello dei pesci.
Me se la grande espansione della pesca è un
fenomeno globale, altrettanto possiamo dire
dell’abbondanza di meduse: esiste quindi una
forte correlazione tra la diminuzione dei pesci e
l’aumento di quest’ultime.
L’arrivo di specie tropicali nel nostro mare,
inoltre, è probabilmente collegato al riscaldamento globale, che favorisce le specie adattate agli
ambienti caldi e che ampliano la loro distribuzione nel nostro mare, a partire per esempio dal Mar
Rosso, utilizzando il Canale di Suez per entrare
nel Mare Nostrum.
Ora che sapete la nostra storia, se potete darci
una mano, farete un servizio alla ricerca scientifica e magari vi entusiasmerete a osservare questi
bellissimi animali.
Non sappiamo bene cosa mangiano (si dice
plancton, uova e larve di pesci, ma gli studi sono
scarsissimi), non sappiamo chi le mangia (a parte
i pesci luna, le tartarughe, e qualche altra specie
ittica) e quindi ogni osservazione sarà la benvenuta. Pare che i predatori di meduse, vista la disponibilità di cibo, siano in aumento, se riuscite a documentare eventi di predazione sulle meduse, farete un servizio alla ricerca scientifica.
Se avete dubbi scrivete, saremo felici di rispondervi, ma prima di tutto mandate subito le vostre
segnalazioni, attraverso Focus o direttamente al
mio indirizzo di posta elettronica citato all’inizio
dell’articolo.
Emanuele Prontera, l’anno scorso, ha svolto la
tesi di laurea sulle campagne e ha curato Meteomedusa sul sito di Focus, sarà ancora lui a prendersi cura di questo aspetto. Spero che non ne incontriate ma, comunque: occhio alle meduse. ■