Spigoli fragili in getti a grafite lamellare

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Spigoli fragili in getti a grafite lamellare
L’ANGOLO DEI DIFETTI
Gianni Pasini
Emanuele Savini
SPIGOLI FRAGILI IN GETTI DI GHISA LAMELLARE
Il CRIF – Centro di Ricerca per
l’Industria Fusoria si è trovato di
recente ad affrontare un problema
di difettosità nei getti piuttosto
insolito e la cui risoluzione si è
rivelata particolarmente articolata.
Una fonderia di ghisa aveva
segnalato il ripetersi frequente di
rotture, distacchi e scheggiature
in corrispondenza degli spigoli di
un’elevata quantità di getti in ghisa
lamellare. L’entità e la frequenza di
questi difetti erano tali da inficiare
la funzionalità e l’estetica delle
fusioni. L’inconveniente aveva
condotto non solo allo scarto di
singoli pezzi isolati ma, in alcuni
casi estremi, a quello di interi lotti
di produzione.
FONDERIA ma rz o 2012
Due esempi della manifestazione
del difetto e della fragilità degli
spigoli sono mostrati nelle
Figure 1 e 2. La Figura 3, che fa
riferimento a un provino ricavato
dal getto, evidenzia invece la
zona di innesco della rottura dello
spigolo.
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Il genere di difetto descritto
è solito presentarsi
occasionalmente, in particolar
modo in corrispondenza di colate
che presentino un tenore di silicio
troppo elevato. Tale anomalia
viene solitamente rilevata con
prontezza grazie ai regolari
controlli sul processo produttivo,
e corretta, andando ad apportare
modifiche al caricamento del
forno e alla post-inoculazione. Nel
caso analizzato, la frequenza con
cui era avvenuta la rottura degli
spigoli e l’entità stessa del difetto
erano tali da suggerire la presenza
di un differente e preciso fattore
scatenante, ancora incognito e
da debellare per mezzo di azioni
correttive mirate.
Si è deciso quindi di avviare una
serie di indagini micrografiche
sui getti più colpiti dalla
difettosità e i risultati sono
apparsi in linea con le previsioni:
le zone interessate da fragilità
evidenziavano una notevole
presenza di ferrite all’interno della
matrice metallica. In particolare,
mentre a cuore si osservava una
struttura con grafite lamellare
di distribuzione uniforme in
matrice perlitica, la zona dello
spigolo era caratterizzata da una
matrice ferritico-perlitica e grafite
lamellare con distribuzioni non
omogenee, di Tipo B («Rosette»)
o di Tipo D secondo la norma
UNI EN ISO 945-1:2009. Le
Figure 4 e 5 mettono a confronto
una micrografia riferita alla zona
difettosa, in cui sono evidenti
le distribuzioni rispettivamente
di Tipo B (Fig. 4a) e D (Fig. 5a)
e la notevole diffusione della
fase ferritica, con una a cuore
del getto (Fig 4b e 5b). In figura
6 sono invece riportate due
immagini micrografiche (con e
senza attacco chimico) riferite allo
spigolo di un getto conforme.
La presenza della ferrite nella
ghisa a grafite sferoidale può
essere desiderata e molto
vantaggiosa. Essa permette infatti
di ampliare l’offerta al cliente,
attraverso il controllo rigoroso del
processo e della composizione
chimica: ghise sferoidali ferritiche
come la EN-GJS-400-18 sono
caratterizzate da una buona
duttilità a bassa temperatura,
sconosciuta alle tipologie
perlitiche.
Al contrario, la presenza di ferrite
nella ghisa lamellare risulta
dannosa, andando a diminuire
la resistenza della matrice. La
formazione della fase ferritica
è particolarmente favorita in
quelle zone che subiscono un
raffreddamento rapido, come nel
caso di spigoli e parti a spessore
sottile, quando l’analisi chimica
presenta elevate concentrazioni
di elementi ferritizzanti. In queste
zone inoltre (come si può notare
nelle figure 4a e 5a), la grafite
sottoraffreddata assume spesso
distribuzioni particolari (Tipo B o
Tipo D), anch’esse propedeutiche
a un decadimento delle proprietà
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meccaniche. Se l’analisi chimica
finale della ghisa porta alla
formazione di ferrite, l’effetto
della presenza di quest’ultima
sommato alla distribuzione
degenerata della grafite causerà
la formazione di spigoli fragili
soggetti a rotture e distacchi.
I tecnici del laboratorio
hanno quindi condotto analisi
spettrometriche su vari campioni
ricavati dai getti risultati difettosi:
un fattore ricorrente è risultato
essere il tenore elevato di titanio,
spesso superiore allo 0,02 %.
Il titanio è un potente elemento
ferritizzante e grafitizzante; leghe
di titanio sono spesso utilizzate
nella produzione di ghisa a
grafite compatta, andando a
favorire, nelle quantità adeguate,
la precipitazione della grafite
in forma vermiculare. Per la
medesima ragione, questo
3
Fig. 1. Esempio di rottura spigoli su un
getto in ghisa lamellare
Fig. 2. Esempio di rottura spigoli su un
getto in ghisa lamellare
Fig. 3. Principio di rottura spigolo
evidenziato su provino ricavato da getto
elemento rappresenta un
“veleno” per la ghisa a grafite
sferoidale, promuovendo
in aggiunta la formazione di
carburi dannosi per le proprietà
meccaniche e la lavorabilità delle
fusioni. Nella produzione di ghisa
grigia, il titanio viene invece
spesso aggiunto come inoculante
per favorire la precipitazione
grafitica, prevenire la
degenerazione della distribuzione
lamellare e combattere
eventuali difetti in prossimità
della superficie dei getti dovuti
4
a)
b)
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a)
b)
Fig. 4. Getto difettoso n. 1.
a) Micrografia 200x, zona di rottura
spigolo: grafite lamellare con
distribuzione di Tipo B, ferrite
contornante le “rosette” di grafite.
b) Micrografia 200x, a cuore: grafite
lamellare con distribuzione di Tipo A,
matrice perlitica.
Fig. 5. Getto difettoso n. 2.
a) Micrografia 50x, zona di rottura
spigolo: grafite lamellare con
distribuzione di Tipo D, notevole
presenza di ferrite nella matrice.
b) Micrografia 200x, a cuore: grafite
lamellare con distribuzione di Tipo A,
matrice perlitica.
Fig. 6. Getto conforme.
a) Micrografia 100x, spigolo: grafite
lamellare con distribuzione di Tipo A.
b) Micrografia 100x dopo attacco
chimico, spigolo: grafite lamellare con
distribuzione di Tipo A, matrice perlitica.
6
a)
b)
con lega di titanio ha prodotto i
danni sopra esposti.
Alla luce di questa esperienza, il
Centro di Ricerca ha suggerito le
linee guida per la compilazione di
un’istruzione di lavoro destinata
agli operatori del Laboratorio
Chimico della fonderia, con
indicazione delle azioni correttive
su inoculazione, aggiunta di
oligoelementi e regolazione della
quantità di silicio qualora il livello
di titanio nella ghisa in uscita dal
cubilotto superi determinati valori
di soglia. In tal caso, andranno
subito effettuati controlli sui
materiali di carica in modo
da individuare con prontezza
l’elemento responsabile ed
eliminarlo dal caricamento.
Il problema del livello di titanio
nei materiali di carica è oggi
concreto e di rilevanza crescente,
considerando che questo
elemento può essere presente
in vari materiali ferrosi di riciclo,
come per esempio lamiere
verniciate o rottami provenienti
dal settore automobilistico. Non a
caso, l’esecuzione di un controllo
regolare e attento sui materiali in
ingresso in fonderia è uno degli
aspetti di crescente interesse per
le fonderie moderne, risultando
fondamentale al pari del rigoroso
controllo del processo per la
produzione di getti in linea con
le caratteristiche richieste dal
cliente. Questo aspetto, pur
necessitando in realtà di ben
altra attenzione, resta infatti
oggi ancora diffusamente
demandato alla coscienze e
all’autocertificazione dei fornitori.
FONDERIA ma rz o 2012
all’effetto dell’azoto (microrisucchi
dispersi o fessure “a virgole”).
A partire dalle considerazioni
sopra esposte, il laboratorio
è stato in grado di risalire alle
ragioni della difettosità diffusa
verificatasi nel caso in esame.
Il problema è risultato essere
causato dalla sovrapposizione
di più fattori: in particolare, la
presenza anomala di un elevato
tenore di titanio nei materiali di
carica del cubilotto, che sommato
alle alte concentrazioni di silicio
e all’eventuale post-inoculazione
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