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Commentary, 9 novembre 2015
LA DISCESA IN CAMPO DELLA GERMANIA
NEL CONFLITTO IN SIRIA
UBALDO VILLANI LUBELLI
L
a decisione della Germania d’intervenire in Siria
segna una svolta nella storia della recente politica
estera tedesca. Dopo che la Repubblica Federale si
era astenuta dall’intervenire in Iraq (2003) e in Libia
(2011), ora il governo di Berlino, sorprendendo gran parte
dei commentatori, ha deciso di appoggiare il governo
francese nella battaglia allo Stato Islamico (IS). La Germania ha così abbandonato la dottrina del non-intervento
di cui si era fatta interprete dopo le conseguenze (considerate fallimentari a Berlino) delle guerre in Afghanistan e
Iraq [1].
©ISPI2015
Se le astensioni dalle guerre precedenti erano condizionate
da ragioni interne (Iraq) e da motivazioni commerciali e
geo-politiche (Libia), la scelta di partecipare alla missione
militare in Siria ha una duplice spiegazione. La prima legata al nuovo ruolo internazionale della Germania, la seconda relativa alla necessità di Angela Merkel di rilanciarsi
politicamente a livello interno e così ricompattare il fronte
conservatore dopo le divisioni degli ultimi mesi per la gestione dei rifugiati.
Sin dalla crisi dell’eurozona la Germania, pur senza cercarlo direttamente, ha acquisito un sempre maggiore peso
e una crescente responsabilità nelle crisi internazionali.
Fino a ora Angela Merkel aveva utilizzato il suo potere e la
sua capacità di persuasione per privilegiare la via diplomatica, anche su tavoli diversi, come la Grecia, l’Ucraina e
la Crimea. La lotta all’IS però è diversa, gli attentati di Parigi ne sono stati l’ulteriore conferma. Pur riconoscendo
l’importanza di trovare una soluzione politica in Siria con
un accordo tra le varie fazioni in campo (oltreché con la
Turchia con cui il governo tedesco dialoga da tempo), la
complessità del quadro siriano e del pericolo che rappresenta l’IS per l’Europa (anche in Germania) ha costretto il
governo di Berlino a non potersi tirare indietro.
Qui s'inserisce anche il secondo, fondamentale, fattore che
ha spinto il governo tedescoall’azione militare. La crisi dei
rifugiati ha rappresentato il momento più delicato per
Angela Merkel da quando è cancelliere. Il punto di rottura
con i cristiano-sociali e una parte della Cdu, partner di
governo e di partito, è stato molto vicino. Del resto,
nell’ultimo anno il fronte conservatore ha dovuto incassare
sconfitte pesanti, dall’annullamento del Betreuungsgeld
(sistema con il quale si sostenevano le donne a rimanere a
casa per accudire i figli) al pedaggio autostradale per gli
stranieri fino al terzo pacchetto di aiuti alla Grecia. Con
l’apertura ai rifugiati si è toccato il punto di non ritorno. La
linea del cancelliere, pur di grande responsabilità politica,
ha rischiato di mettere realmente in crisi la coalizione di
governo (non ovviamente sul fronte dell’alleanza con i
Ubaldo Villani-Lubelli, Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università del Salento. Autore di Enigma #Merkel,
twitter@uvillanilubelli
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Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI.
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recente intervista che: «per un intervento delle truppe di
terra avremmo bisogno di un chiaro mandato delle Nazione Unite. E in ogni caso dovremmo comunque chiederci se noi, come europei e occidentali, siamo le persone
giuste per un simile intervento. I terroristi islamisti non
aspettano altro che americani ed europei inviino le truppe
di guerra, in modo da alimentare la loro propaganda contro
l’Occidente». Inoltre, ha aggiunto Gabriel, «dovremmo
interrogarci sulle nostre responsabilità della nascita dell’IS.
Noi socialdemocratici siamo orgogliosi che Gerhard
Schröder si sia opposto alla guerra in Iraq (2003) che la
CDU, al contrario, voleva appoggiare».
socialdemocratici ma con i cristiano-sociali). La decisione
di partecipare militarmente alla missione in Siria è anche
una concessione strategica ai conservatori che spesso cavalcano con eccessiva retorica i temi della sicurezza e degli
immigrati. Da sempre molto brava a fiutare il sentimento e
le emozioni dei tedeschi, Merkel ha capito che buona parte
dell’elettorato ritiene giusto appoggiare le azioni militari
della Francia. Secondo il DeutschalndTrend ben il 58% dei
tedeschi è favorevole. In questo modo Merkel spera di
togliere anche argomenti all’estrema destra di Alternative
für Deutschland che negli ultimi mesi, nei sondaggi, ha
visto crescere di molto i suoi consensi. Con la partecipazione alla missione in Siria il Cancelliere appare forte e
deciso dopo che con la crisi dei rifugiati aveva mostrato un
volto forse fin troppo benevolo. Una mossa che molto
probabilmente le riconsegnerà buona parte del consenso
perso negli ultimi mesi e che dimostra come il cancelliere,
diversamente da tante analisi troppo semplicistiche, sia
tutt’altro che arrivato al capolinea.
L’intervista di Gabriel apre una serie di interrogativi
sull’intervento in Siria che, vista la storia recente delle
guerre contro il terrorismo islamico, rischia di destabilizzare ancora di più una zona il cui caos è stato creato in gran
parte dalle forze occidentali con la guerra in Iraq e la caduta di Saddam Hussein.
Nella coalizione anti-IS al momento ognuno sembra perseguire i propri interessi nazionali, la Turchia bombarda
principalmente i curdi, i russi rafforzano Bashar al-Assad,
la Francia attacca l’IS. In questo quadro confuso la posizione del governo tedesco è certamente in seconda linea e
sembra più interessata a sfruttare la situazione per rafforzarsi a livello interno. Tuttavia, l’intervento di Berlino resta
paradossale perché, come ha sottolineato Robin Alexander
sulla Welt, la Repubblica federale ha intrapreso ufficialmente una guerra al fianco del regime di al-Assad da cui
fuggono migliaia di cittadini che vengono accolti in Germania.
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Le scelte di Berlino in politica estera sono ancora una volta
condizionate da fattori non strettamente legati al campo di
intervento specifico. In ogni caso Berlino interverrà con sei
tornado con compiti di proteggere gli aerei francesi. Del
resto, i tornado tedeschi, che risalgono a una tecnologia
degli anni Ottanta, non sembrano neanche i più adatti a
operazioni militari chirurgiche come quella in atto in Siria.
Saranno, invece, 1200 i soldati tedeschi che parteciperanno
alla missione. Si tratta del maggior numero di militari impegnati, sebbene, ricordiamolo, non sia previsto alcun utilizzo di truppe di terra. Lo stesso vice cancelliere, il socialdemocratico Sigmar Gabriel (SPD), ha ricordato in una
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