sentenza - Corriere del Mezzogiorno

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sentenza - Corriere del Mezzogiorno
N. 23907/14 R.G.N.R.
N. 4623/14 ( +11067/15 ) R.G. G.I.P.
eo RT E
N. 16/15 ( + 25/15) Reg. Gen.
N. 6/16 R. G. Sent.
D'A
s s I s E ·o I
Ro MA
REPUBBLI CA ITALIA NA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
-L'anno duemilasedici, il giorno 24 del mese di maggio, in Roma
LA lii CORTE D' ASSISE DI ROMA
composta dai Signori:
1.
EVELINA
CANALE
Presidente
2.
3.
4.
5.
PAOLO
COLELLA
Giudice a latere
CARDINALI
PAOLO
MICHELINI
MARCO
ARCANGELI
FRANCESCO
Giudici
6.
FORGIONE
GIACOMO
popolari
7.
DE SANTIS
GIOVANBATTISTA
8. DE DOMINICIS
VINCENZO
con l'intervento dei Pubblici Ministeri, Dott.ri Eugenio ALBAMONTE ed Antonino DI
MAIO e con l'assistenza del Cancelliere Dott.ssa Maria Teresa Gardi, ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nella causa penale con rito ordinario
1
CONTRO
1. DE SANTIS Daniele, nato a Roma il
arrestato il
4.05.14 dalla DIGOS e dalla Squadra Mobile della Questura di
Roma; ordinanza Gip di convalida dell'arresto ed applicazione
della custodia cautelare in carcere in data 7.05.14;
attualmente detenuto p.q.c. e/o la e.e. Milano" Opera",
presente
assistito e difeso di fiducia dall' Avv. Tommaso R.V: Politi, con
studio in Roma, alla Via Lima n.31.
2. ESPOSITO Alfonso . nato
1v1 dichiaratamente
dom. in
arrestato il 4.05.14
dalla DIGOS e dalla Squadra Mobile della Questura di Roma;
ordinanza Gip di convalida dell'arresto ed applicazione dell'obbligo
di presentazione alla P.G. in data 7.05.14, revoca della misura
cautelare il 24.07.14,
. libero assente
assistito e difeso di fiducia dagli Avv.ti Francesco Longhini ed
Antonella Matrisciano, del foro di Napoli , ivi con studio, alla Via
Giambattista Marino n. 13,
3. FIORETTI Gennaro
, dichiaratamente
dom.
, arrestato il
2
4.05.14 dalla DIGOS e dalla Squadra Mobile della Questura di Roma;
ordinanza Gip di convalida dell'arresto ed applicazione dell'obbligo di
presentazione alla P.G. il 7.05.14 ;
libero assente
assistito e difeso di fiducia da Avv. Alfonso Tatarano , del foro di Napoli,
ivi con studio , alla Via San Pasquale n.35,
IMPUTATI
Tutti:
A) del reato p. e p. dall'art. 588, comma 2, c.p. perchè, in concorso e
previo accordo tra loro e con altri rimasti ignoti, fronteggiandosi tra di loro,
utilizzando armi comuni da sparo e vari oggetti atti ad offendere,
partecipavano ad una rissa a seguito della quale:
• riportava lesioni personali ESPOSITO Alfonso ed m specie una
ferita di striscio da arma da fuoco al primo dito mano dx ,con
sospetta lesione del tendine ed escoriazioni regione frontale,
giudicate guaribili in gg. 1O;
• riportava lesioni personali FIORETTI Gennaro ed in specie ferita da
arma da fuoco alla regione mediale del braccio destro e frattura da
scoppio al braccio sinistro, con prognosi di gg. 58 e postumi di
indebolimento permanente e bilaterale della funzione prensile;
3
• riportava lesioni personali ESPOSITO Ciro ed in specie, ferita da
arma da fuoco, penetrante il torace, con proiettile ritenuto m
corrispondenza dello speco ve1iebrale, shock emorragico, ferita
lacero contusa alla mano sn ,che ne determinavano la morte avvenuta
in Roma il 25 giugno 2014;
• riportava lesioni personali DE SANTIS Daniele ed in specie frattura
e lussazione esposta tibiotarsica e perone destro; fratture costali e
fratture ossa nasali e processi trasversi L 1 e L2, ferita lacero contusa
ed ematoma frontale, ematomi franto-parietali
abrasive sulla pancia ed estese
ecchimosi
lombare, fino ai piedi, bilateralmente oltre a
sx
nella
e
dx,
regione
lesioni
lesioni
dorso
cutanee
da
possibile arma da taglio al fianco sx e dx , con prognosi superiore a
40 gg, ed esiti permanenti consistiti in sfregio permanente del volto,
ostiomelite cronica probabilmente insanabile con indebolimento
significativo della funzione deambulatoria.
DE SANTIS Daniele:
B) del delitto p. e p. dagli artt. 575, 577, comma 1, n. 4, in relazione
all'art. 61 n. 1 c.p., perché, attingendolo ESPOSITO Ciro al corpo con
diversi colpi di pistola meglio descritta al capo E), gli cagionava ferita da
arma da fuoco, penetrante il torace con proiettile ritenuto in corrispondenza
dello speco vertebrale, shock emorragico, ferita lacero contusa alla mano sn
che ne determinavano la morte avvenuta in Roma il 25 giugno 2014;
Con l'aggravante di aver agito per futili motivi, in specie per ragioni di
rivalità calcistica.
4
C) del delitto p. e p. dagli artt. 582 comma 1, 585 comma 1 (in relazione
all'art. 577 n.4 ed art. 61 n.1) e 2, nr. 1, c.p., perché, con l'arma meglio
indicata al capo E), cagionava ESPOSITO Alfonso lesioni personali ed in
specie una ferita di striscio da arma da fuoco al I dito mano dx con sospetta
lesione del tendine ed escoriazioni regione frontale, giudicate guaribili in
gg. 1O. Con l'aggravante di aver agito per futili motivi, in specie per ragioni
di rivalità calcistica. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con l'uso
delle armi.
D) del delitto p. e p. dagli artt. 582 comma 1, 583 co. 1° n. 1 e 2, 585
comma l(in relazione all'art. 577 n.4 ed art. 61 n.1) e 2, nr. 1, c.p.,
perchè, con l'arma meglio indicata al capo E), cagionava FIORETTI
Gennaro lesioni personali ed in specie ferita da arma da fuoco alla regione
mediale del braccio destro e frattura da scoppio al braccio sinistro con
prognosi di gg. 58 e postumi di indebolimento permanente e bilaterale della
funzione prensile. Con l'aggravante di aver agito per futili motivi, in specie
per ragioni di rivalità calcistica. Con l'aggravante di aver commesso il fatto
con l 'uso delle armi.
E) del delitto p. e p. dagli artt .23, comma 1 n. 2), 3 e 4 I. 18 aprile 1975
n. 110, perché illegalmente deteneva e portava in luogo pubblico l'arma
comune da sparo, tipo pistola , marca BENELLI - semiautomatica, MOD.
B80 - cal.7.65, priva di matricola in quanto abrasa e munita di caricatore,
utilizzata per la commissione dei reati sub A), B), C) e D) .
F) dei reati p. e p. dagli artt. 81 cpv.,612 co. 2° c.p., 6 bis, 6 ter ed 8 ter
L.n. 401/1989, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, in occasione della manifestazione sportiva Napoli- Fiorentina
5
disputata a Roma il 3 maggio 2014, durante il trasferimento dei tifosi del
Napoli verso lo stadio Olimpico, era in possesso di un numero imprecisato
di bombe carta, certamente superiore a 3,
e urlando frasi di minaccia
quali:"Vi ammazzo tutti! vi faccio saltare in aria! Scendete giù!", le
lanciava contro il pullman della Ditta Paganelli che trasportava verso lo
Stadio 80 tifosi (tra i quali donne bambini ed un disabile) appartenenti al
Club Milano-Napoli Partenope, in modo da creare un pericolo concreto per
l'incolumità dei passeggeri.
ESPOSITO Alfonso e FIORETTI Gennaro:
G) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 582 comma 1, 583 co. 1. n. 2) e co. 2
nn. 1) e 4), 585 comma 1 (rif. Art. 577 n. 4) e 61 nr. 1), comma 2, nr. 2,
c.p., perché, in concorso tra di loro e con altri soggetti non identificati,
utilizzando oggetti atti ad offendere, nonché con pugni e calci, cagionavano
a DE SANTIS Daniele lesioni personali ed in specie frattura e lussazione
esposta tibiotarsica e perone destro; fratture costali e fratture ossa nasali e
processi trasversi L I e L2, ferita lacero contusa ed ematoma
frontale,
ematomi fronto-parietali sx e dx, lesioni abrasive sulla pancia ed estese
ecchimosi nella regione dorso lombare, fino ai piedi, bilateralmente oltre a
lesioni cutanee da possibile arma da taglio al fianco sx e dx con prognosi
superiore a 40 gg, ed esiti permanenti consistiti in sfregio permanente del
volto, ostiomelite cronica probabilmente insanabile con indebolimento
significativo della funzione deambulatoria.
Con l'aggravante di aver commesso il fatto con l'uso di strumenti atti ad
offendere.
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Con la recidiva aggravata in quanto specifica e reiterata, solo per il De
Santis.
In Roma, il 3 maggio 2014.
PARTI CIVILI:
1) ESPOSITO Giovanni, n. a Napoli, il 16.12.60,
2) ESPOSITO Michele, n. a Napoli, il 19.01.90, entrambi ivi leg. domiciliati , c/o l'
Avv. Sergio PISANI, con studio alla Piazza Vanvitelli n. 15;
3) LEARDI Antonella, n. a Napoli, il 22.01.83, ivi leg. dom. c/o l' Avv. Angelo
PISANI, con studio alla Piazza Vanvitelli n. 15;
4) ESPOSITO Pasquale,
ivi leg. dom., c/o l' Avv. Damiano DE ROSA, con studio al Centro Direzionale, Isola
F 12,
5) DE SANTIS Daniele, come sopra generalizzato,
difeso in tale qualità dall'Avv. Tommaso POLITI,
6) FIORETTI Gennaro,come sopra generalizzato,
difeso in tale qualità dall' Avv. Alfonso TATARANO,
7) ESPOSITO Alfonso, come sopra generalizzato
difeso in tale qualità dall'Avv. Francesco LONGHINI,
8) COMUNE DI NAPOLI, n.p. del Sindaco p.t., leg. doro.in Napoli, c/o
l'Avvocatura Comunale .
7
CONCLUSIONI
I PUBBLICI MINISTERI :
chiedono che l'imputato DE SANTIS Daniele sia riconosciuto responsabile di tutti i
reati a lui ascritti; ritengono che non possono essere a lui riconosciute circostanze
attenuanti generiche e - ritenuti avvinti tutti i reati a lui contestati dal vincolo della
continuazione -debba essere applicata la pena dell'ergastolo.
Nei confronti di ESPOSITO Alfonso e FIORETTI Gennaro, ritengono possa essere
loro riconosciuta la circostanza attenuante ex art. 62, n.2, c.p., considerata
equivalente alle aggravanti contestate; considerato reato più grave quello di cui
al
capo G e ritenuti i fatti avvinti dal vincolo della continuazione, chiedono la condanna
ad una pena di tre anni di reclusione ciascuno.
LE PARTI CIVILI:
Avv. Damiano DE ROSA per la P.C. ESPOSITO Pasquale:
" voglia la Corte d'Assise condannare DE SANTIS Daniele alla pena di legge così
come richiesta dal PM e conseguentemente condannare l'imputato al ristoro dei danni
cagionati alla costituita parte civile da liquidarsi in separata sede; condannare l'impu=
tato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile nel presente
procedimento penale e per la difesa innanzi al Tribunale Penale di Roma, rimetten=
dosi alla valutazione di Questo Ecc.mo Giudicante, per la relativa quantificazione
delle spese legali.
Voglia la Corte munire la sentenza, per quanto concerne le emanande statuizioni
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civili, della clausola di provvisoria esecutività e condannare l'imputato DE SANTIS
Daniele ad una provvisionale, immediatamente esecutiva, rispetto al danno già subito
dalla parte civile per la morte del proprio congiunto, rimettendosi anche per detta
quantificazione alla valutazione dell'Organo Giudicante".
Avv. Angelo PISANI per la P.C. LEARDI Antonella:
"voglia la Corte d'Assise condannare DE SANTIS Daniele alla pena di legge, così
come richiesta e formalizzata dal PM a conclusione della propria requisitoria e
condannarlo , in conseguenza al ristoro dei danni cagionati alla costituita p.c. a
seguito del decesso del proprio congiunto, da liquidarsi in separata sede;
voglia condannare l'imputato DE SANTIS Daniele al pagamento delle spese
processuali sostenute dalla parte civile nel presente procedimento penale e per la
difesa innanzi al Tribunale Penale di Roma, rimettendosi alla valutazione di Questo
Ecc.mo Giudicante, per la relativa quantificazione delle spese legali; voglia munire
la sentenza, per quanto concerne le emanande statuizioni civili, della clausola di
provvisoria esecutività; voglia condannare l'imputato DE SANTIS Daniele ad una
provvisionale, immediatamente esecutiva, rispetto al danno già subito dalla parte
civile per la morte del proprio congiunto, rimettendosi anche per detta quantifica=
zione alla valutazione dell'Organo Giudicante".
Avv. Sergio PISANI per le P.P.C.C. ESPOSITO Michele ed ESPOSITO
Giovanni:
"voglia la Corte d'Assise dichiarare la penale responsabilità di DE SANTIS Daniele
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come da richiesta dal PM, formalizzata nella propria requisitoria; condannare
l'imputato DE SANTIS Daniele al ristoro dei danni tutti cagionati alla costituita p.c.
a seguito del decesso del proprio congiunto, da liquidarsi in separata sede; voglia
condannare l'imputato al pagamento delle spese processuali sostenute dalle parti
civili in tutte le fasi del presente procedimento penale, rimettendosi alla valutazione
di Questo Ecc.mo Giudicante, per la relativa quantificazione; voglia munire la
sentenza, per quanto concerne le emanande statuizioni civili, della clausola di
provvisoria esecutività; voglia condannare l'imputato DE SANTIS Daniele ad una
provvisionale, immediatamente esecutiva, rispetto al danno già subito dalle parti
civili per la morte del proprio congiunto, rimettendosi, anche per detta quantifica=
zione alla valutazione dell' Organo Giudicante; voglia condannare il DE SANTIS
Daniele alla pubblicazione, a sue spese, della sentenza di condanna".
Avv. Alfonso TATARANO per FIORETTI Gennaro, n.q. di parte civile nei
confronti di DE SANTIS Daniele:
"voglia la Corte -previa affermazione della responsabilità penale dell'imputato e la
conseguente condanna alla pena ritenuta di giustizia- condannare DE SANTIS
Daniele al risarcimento dei danni patrimoniali e morali subiti dalla parte civile nello
·ammontare ritenuto di giustizia, ritenendo la sentenza provvisoriamente esecutiva; in
subordine, chiede la condanna del DE SANTIS al pagamento di una somma da
liquidarsi in separata sede nonché al pagamento di una provvisionale non inferiore
ad E. 20.000,00, oltre alla condanna alle spese, ai diritti ed agli onorari per
10
il giudi=
zio, comprensivi di I.V.A. e C.P.A., come da nota spese depositata"
Avv. Francesco LONGHINI, per ESPOSITO Alfonso, n.q. di parte civile nei
confronti di DE SANTIS Daniele:
" voglia la Corte - previa affermazione della penale responsabilità dell'imputato e
della sua condanna alla pena che riterrà equa - condannarlo al risarcimento dei danni
materiali e morali patiti dalla parte lesa, che si stima equo determinare nel loro
ammontare in E. 20.000,00; in caso di condanna generica, voglia la Corte disporre
ex art. 539, c. 2°, c.p.p., una provvisionale immediatamente esecutiva nella misura
di E. 10.000,00, la refusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile,
quantificate in E. 10.620)00, comprensive di onorario, spese, I.V.A. e c.p.a., come
da nota spese depositata".
L'Avv. Tommaso POLITI per DE SANTIS Daniele, n. q. di parte civile nei
confronti di ESPOSITO Alfonso e FIORETTI Gennaro :
" voglia la Corte - accertata la penale responsabilità degli imputati ESPOSITO
Alfonso e FIORETTI Gennaro -condannarli alla pena ritenuta di giustizia ed al
risarcimento dei danni in favore della parte civile DE SANTIS Daniele, che quan=
tifica in E. 200.000,00; in subordine, qualora la Corte ritenga di non poter quantifi=
care il danno patito, si chiede ne demandi l'accertamento al Giudice Civile, dispo=
nendo una provvisionale di E. 50.000,00, incluse spese, competenze ed onorari, come
da nota depositata".
L'Avv. Alfredo AVELLA, per conto dell'Avvocatura Comunale, nell'interesse
della parte civile Comune di Napoli:
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" chiede che la Corte condanni l'imputato DE SANTIS Daniele alla pena ritenuta più
equa e per l'effetto al risarcimento dei danni sofferti dalla collettività cui il Comune
è ente esponenziale, in uno alle spese ed agli onorari; chiede che la C01ie determini
equitativamente il danno risarcibile, anche con condanna specifica ; di condannare
l'imputato , ex art. 539, comma 2°, c.p.p., a con-ispondere , a titolo risarcitorio al
Comune, la somma di E. 250.000,00 con clausola di provvisoria esecutività".
GLI IMPUTATI:
Avv. Tommaso POLITI per DE SANTIS Daniele:
" chiede - in relazione ai capi d'imputazione relativi all'omicidio ed alle lesioni l'assoluzione dell'imputato perché il fatto è stato commesso in presenza di una
causa di giustificazione ( nella fattispecie la legittima difesa ) ; in relazione al reato
di rissa, chiede l'assoluzione con formula " perché il fatto non sussiste" e per il reato
di porto d'arma, assoluzione con formula " perché il fatto non sussiste " quanto meno
ai sensi dell'art. 530, 2° comma, c.p.p." .
Avv. Alfonso TATARANO per FIORETTI Gennaro:
" chiede l'assoluzione in relazione al capo A dell'imputazione con formula " il fatto
non sussiste" o " l'imputato non l'ha commesso"; in relazione al capo G, assoluzione
con formula " l'imputato non l 'ha commesso".
Avv. Francesco LONGHINI per ESPOSITO Alfonso:
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" chiede l'assoluzione con le formule " il fatto non sussiste", o " l'imputato non lo
ha commesso" o ex art. 530, 2° comma, c.p.p. in relazione al capo d'imputazione sub
A; per quanto attiene al capo sub G, chiede l'assoluzione con fmmula " l'imputato
non l'ha commesso" o ex art. 530, 2° comma, c.p.p."
AVV. Antonella MATRISCIANO per ESPOSITO Alfonso:
"chiede l'emissione di una sentenza di assoluzione " per non aver commesso il fatto"
in relazione a tutti i capi d'imputazione ".
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Il Viale di Tor di Quinto è caratterizzato da una doppia carreggiata, in cui ad un certo punto
sulla destra, andando verso lo stadio, c'è il poligono di tiro e subito dopo, al civico 57, una
stradina parallela alla strada che porta al poligono di tiro che ha sùbito alla sua sinistra il
Ciak Village, cioè un teatro amatoriale, e più sopra il Circolo Boreale, un circolo sportivo
dove spesso si disputano partite di calcio e altri eventi sportivi, che è frequentato da ragazzi
e dove appunto vive il De Santis, con funzioni di inserviente - guardiano.
Il giorno dei fatti si era verificato un grande afflusso di tifosi, sia della Fiorentina che del
Napoli, e quello stesso pomeriggio vi era stato in piazza Mazzini, nonostante le misure di
sicurezza adottate, un primo violento contatto tra i tifosi della Fiorentina e i tifosi del
Napoli, che aveva richiamato proprio in quella zona diverse pattuglie di forze dell'ordine,
proprio per scongiurarne la degenerazione in eventi più gravi.
Il teste responsabile dell'ordine pubblico quel giorno, quando succedono i fatti, si trova in
piazza Mazzini e si trova lì quando, appunto, Irene Di Emidio, il Vice Questore che per
prima soccorre Fioretti Gennaro, raggiunto dai colpi di arma da fuoco di cui si è parlato, fa
la prima comunicazione radio alla sala operativa, dicendo che c'è un ferito certamente
attinto da colpi di arma da fuoco e che ci sono degli scontri su Viale Tor di Quinto. La
stessa comunicazione il dottor Parente la riceve dal sostituto commissario Fratini Franco,
che si trova sul cavalcavia di Tor di Quinto, il quale vede la Di Emidio soccorrere un
ragazzo, chiaramente ferito, vede che subito dopo ci sono degli scontri, cioè dei tifosi che
scavalcano il guardrail e si spostano sulla loro destra e capisce che sta succedendo qualcosa.
E anche lui dà subito comunicazione radio di questi fatti.
Il dottor Parente, appresa la gravità della situazione, si sposta subito da Piazza Mazzini al
Viale di Tor di Quinto dove arriva dopo un'ora, perché ovviamente il traffico è
congestionato dall'ingente afflusso di pubblico e quando arriva trova già la presenza della
Polizia Scientifica, dell'ispettore Carlaccini della Digos, che è stato il primo ad arrivare sui
luoghi, il primo a fare l'intervento nel Ciak Village, il primo a trovare il De Santis e a
rinvenire anche la pistola. Ovviamente da quel momento partono tutte le indagini, si
individuano intanto i testimoni oculari reperibili, innanzitutto i gestori del Ciak Village,
3
Donatella Baglivo, Ivan La Rosa e Anna Valli, si trova e si reperta la pistola, si individua il
pullman che era stato preso di mira dal De Santis con le bombe carta, si identificano le
persone che erano state in grado di vedere i fatti dall'interno del pullman e si sentono a
sommarie informazioni.
Nel contempo vengono effettuati accertamenti nei confronti del De Santis dai quali emerge
che costui è un personaggio ben conosciuto alla Digos, perché è un esponente molto noto
del tifo ultras romanista, di estrema destra.
Si fanno le indagini anche sulle ore precedenti ai fatti vissute dal De Santis, si individuano le
due prostitute con cui si era accompagnato la notte e si identifica Vincenzo Agresta, l'altro
amico con cui aveva passato la notte.
Si acquisiscono inoltre i diversi video, tra cui in particolare quello dell'Azzarelli, testimone
presente ai fatti, che li aveva ripresi col suo telefonino, documento di eccezionale
importanza per l'immediata ricostruzione degli accadimenti.
La Corte ha anche sentito il Vice Questore De Astis, dirigente della Digos, responsabile
dell'ufficio che si occupa della tifoseria, che ha spiegato come i rapporti tra la tifoseria della
Roma e la tifoseria del Napoli, dopo un periodo di gemellaggio, si sono interrotti nell'87, a
seguito di una partita Roma - Napoli, perché un giocatore del Napoli, Bagni, fece il gesto
dell'ombrello. Da quel momento i rapporti tra le due tifoserie sono diventati violenti e infatti
la partita Roma - Napoli è diventata una partita altamente pericolosa, tanto che per molti
anni sono state vietate le trasferte dei tifosi napoletani a Roma e viceversa. Ha poi descritto
la geografia della tifoseria romanista, divisa in due grandi fazioni, quella dei Fedayyin, che
sono di estrema sinistra, e quella dei Boys, che sono di estrema destra. I Boys poi si sono
sciolti e sono confluiti in Padroni di casa o Casa Pound, sempre di estrema destra. Ebbene,
in questa galassia di Ultras il De Santis è un personaggio di spicco, si colloca prima nei
Boys, che sono appunto i tifosi ultras di estrema destra della Roma e addirittura viene
cacciato dai Boys perché ritenuto troppo violento. Proprio per questo fonda un proprio
gruppo di tifosi, sempre di estrema destra, chiamato Gruppo Monteverde, a capo dei quali si
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rende protagonista di tutta una serie di violenze durante manifestazioni sportive che gli
fruttano denunce, condanne e provvedimenti di divieto di assistere a manifestazioni sportive.
La Corte ha sentito l'ispettore di Polizia Alfredo Carlaccini, l'operante della Digos dislocato
sul territorio a bordo di una pattuglia che, dopo aver sentito attraverso la comunicazione
radio della Di Emidio che c'è un ferito da armi da sparo, arriva per primo sul posto.
La Corte ha visionato le immagini che mostrano la sua macchina dall'altra parte della
carreggiata rispetto all'ingresso nel Ciak Village e lui che scende, scavalca il guardrail e
vede che c'è un ragazzo privo di sensi a terra. Si tratta di Ciro Esposito. Viene addirittura
aggredito dai tifosi napoletani, perché vorrebbero che lui lo caricasse sulla macchina e lo
portasse in ospedale. L'ispettore ha spiegato che cercò faticosamente di far capire loro che
muovere un ferito da terra, a meno che non ci sia un medico o un infermiere, è una cosa
piuttosto pericolosa . Quindi, dopo aver calmato i tifosi napoletani, cercò di capire che cosa
realmente era successo. E tutti indicavano la stradina che porta al Ciak Village come
praticamente il teatro degli eventi e il luogo in cui si nascondeva l'uomo che aveva sparato.
Quindi chiede l'autorizzazione, in quanto in questo caso quando ci sono armi da sparo deve
chiedere l'autorizzazione all'ufficio, per potere fare un sopralluogo e un'ispezione,
autorizzazione che gli viene concessa, e quindi, insieme al collega che monta di pattuglia
con lui, entra per primo nella stradina che va al Ciak e si rende subito conto di quello che è
successo. Vede il sangue per terra, vede i bossoli, magliette, bastoni, un cappellino, vede il
cancello del Ciak completamente divelto, entra e vede anche lì una situazione sintomatica di
scontri violenti: il sangue per terra e il selciato tutto bagnato. Parla con i gestori, vede la
Baglivo, vede Ivan La Rosa e finalmente individua il De Santis all'intemo del capannone
chiuso. Il De Santis, che in un primo momento si spaventa, perché essendo il Carlaccini in
borghese lo confonde con un tifoso napoletano, lo tranquillizza, gli spiega che è della Polizia
e cerca di farsi dire che cosa è successo. A questo punto ovviamente chiama i rinforzi,
chiama l'autoambulanza e nel frattempo incomincia a raccogliere i primi elementi di prova
per ricostruire i fatti.
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Quando il Carlaccini entra sa già che sono stati sparati colpi di arma da fuoco, lo sa perché lo
dice la Di Emidio, che ha visto un ragazzo, Gennaro Fioretti, con un dito spappolato.
Quindi, quando entra, per esperienza personale e per protocollo d'indagine, la prima cosa
che cerca è l'arma del delitto e quando vede il De Santis, quello che lui ritiene abbia sparato,
chiede allo stesso della pistola, ma questi: "mi disse inizialmente che non ce l'aveva, che
non c'era, non c'era nessuna pistola. Però io, facendomi all'indietro e dicendo ad altri
colleghi che in quel momento erano sopraggiunti, ho detto 'ok ragazzi, facciamo una
perquisizione, cerchiamo questa pistola'. E allora mi ha sentito la signora Baglivo, la
proprietaria del Ciak, dicendomi che era stata rinvenuta una pistola e che, per paura che
fosse nuovamente utilizzata da altre persone, era stata messa all'interno di un secchio
dell'immondizia, che era esterno al capannone, ma attiguo alla porta d'ingresso".
Le indagini sono continuate sul posto, il Carlaccini ha trovato i bastoni e tutto quello che poi
è stato repertato e fotografato dall'ispettore Martinelli della Polizia.
La Corte ha escusso anche il Vice Questore Irene Di Emidio, che dirigeva quel giorno il
servizio al casello Roma est, era responsabile del servizio scorta ai pullman e, con la
pattuglia Genova 2, aveva dato la prima comunicazione radio dell'accaduto alla sala
operativa. Ella ha dichiarato che attorno alle 17:30, in prossimità del cavalcavia numero 5
di via Flaminia, una persona, con accento napoletano, con un dito della mano visibilmente
squarciato, correva verso di lei urlando: 'c'hanno sparato, c'hanno sparato i romanisti, ci
hanno sparato, l'ambulanza, chiamate l'ambulanza'.
La persona è stata poi identificata per Alfonso Esposito, appunto ferito alla mano e al dito.
L'ispettore Franco Fratini, in servizio al commissariato Flaminio Nuovo, che si trovava sul
cavalcavia di Viale di Tor di Quinto, ben visibile nei video visionati dalla Corte, trovandosi
in una posizione privilegiata, da cui vede tutto Viale di Tor di Quinto, ha raccontato nella
sua deposizione di aver visto la Di Emidio Irene essere raggiunta da un tifoso napoletano
visibilmente ferito, un gruppo di tifosi napoletani spostarsi e raggiungere la viuzza che
conduce al Ciak village, entrare e uscire più volte, quindi di essersi subito reso conto che ci
6
erano stati degli scontri, che era successo qualcosa di grave e di averne dato subito
comunicazione anche lui alla sala operativa e alla Digos.
Gli altri ufficiali di Polizia giudiziaria sentiti dalla Corte non hanno aggiunto
elementi
rilevanti alla ricostruzione dei fatti.
Grande valenza probatoria e cognitiva ha avuto pure la ricostruzione dell'intervento della
Polizia Scientifica operato dall'ispettore Martinelli, consacrato nei rilievi tecnici di cui si è
avvalsa la Corte.
Fondamentale è stato l'apporto probatorio di un gruppo di testimoni "privati", che hanno
contribuito alla ricostruzione dei fatti in maniera assolutamente rilevante, essendosi trovati
sulla scena del delitto a vario titolo e per diverse ragioni.
Essi sono raggruppabili tra loro in base all'angolo visuale da loro avuto nel momento degli
accadimenti.
Il primo è il gruppo di testi che frequentavano il Ciak Village e il Circolo Boreale.
Il secondo invece è quello dei passeggeri del pullman bersagliato dal De Santis.
Poi il teste Azzarelli, che è quello che ha videoripreso materialmente il momento in cui Ciro
Esposito e gli altri tifosi napoletani scavalcano il guardrail e infilano la stradina che conduce
al Ciak village, nel cui filmato si sentono nitidamente gli spari in rapida
successione.
La teste Anna Valli, anziana signora che è stata sentita con una certa difficoltà per problemi
inerenti alla tarda età, ha riferito: "Ci siamo affacciati fuori dal teatro, sul cortile antistante il
cancello che chiude la struttura, dopo aver sentito i botti, i boati, etc. e abbiamo visto un
uomo corpulento e basso, che urlava e inveiva delle frasi che non ho ben compreso, mentre
passava davanti al cancello del teatro, dirigendosi verso Tor di Quinto". "Nella circostanza
vedevamo sopraggiungere altre cinquanta persone ...". In sostanza i testi che si trovavano
nei pressi del Ciak hanno riferito che, dopo aver sentito alcuni scoppi, hanno visto il De
Santis proveniente dal Circolo Boreale, attraversare il cancello del Ciak, percorrere la
stradina e dirigersi, urlando e imprecando nei confronti dei tifosi napoletani, verso Viale Tor
Di Quinto.
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Il teste Ivan La Rosa, compagno della teste Baglivo, uno dei gestori del teatro, ha raccontato
che il 3 maggio del 2014 si trovavano tutti all'interno del Ciak Village, hanno sentito il
rumore di petardi e sono usciti fuori. Si sono affacciati, hanno percorso la stradina che porta
a Viale di Tor Di Quinto e si sono voltati verso destra, verso il cavalcavia, perché lì hanno
avvertito il maggior numero di "botti" e visto dei fumogeni, di vari colori. Ad un certo punto
hanno visto un gruppo di tifosi napoletani che entrava nella stradina del Ciak Village, li
sorpassava, e poi hanno visto che questo gruppo di tifosi stava malmenando, pestando
letteralmente il De Santis, persona da loro conosciuta. Ha raccontato cosa è successo dopo,
cioè il tentativo di soccorrere il De Santis, la difficoltà nel portarlo dentro, proprio vista la
sua mole e viste le condizioni in cui si trovava, di aver ritrovato la pistola e di averla lanciata
all'interno del cortile del Ciak, proprio per evitare che qualcuno potesse ancora utilizzarla,
(come detto, la pistola verrà presa poi dalla Baglivo e da lei nascosta nel contenitore
dell'immondizia).
La Corte ha sentito anche Donatella Baglivo, colei che gestisce il teatro Ciak Village, sito
proprio in Viale di Tor di Quinto numero 57. Anche lei sente questi spari, questi botti
insieme a Ivan La Rosa e alla signora Valli, i predetti escono insieme prima nel cortile
antistante il teatro, poi si recano su Viale di Tor di Quinto e lei osserva i fumi prodotti dalle
esplosioni. Ad un certo punto anche lei vede un gruppo tumuoltuoso di persone risalire il
vialetto che porta al Ciak e, una volta giratasi all'indietro, preoccupata per la signora Valli e
per il suo compagno, vede invece a terra il De Santis malmenato dalle persone che aveva
visto imboccare la stradina. Cerca di prestare aiuto, cerca di portare il De Santis dentro, ma
racconta di almeno tre ondate successive di tifosi napoletani che entravano, picchiavano il
De Santis poi, temendo l'arrivo della Polizia, uscivano, quando vedevano che la Polizia non
era ancora arrivata, rientravano di nuovo e pestavano di nuovo il De Santis. Ella si adopera
per prestargli aiuto, per spingerlo con tutte le sue forze verso la parte coperta del teatro,
nasconde la pistola ritrovata per terra nel sacchetto della spazzatura, butta l'acqua su tutto
ciò che aveva preso fuoco per evitare che il teatro si incendiasse e per tentare di placare gli
animi, cerca infine più volte di chiamare la Polizia. La Baglivo parla della presenza sul
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posto di almeno altre cinque, sei persone, evidentemente sodali del De Santis che, una volta
che il De Santis viene sopraffatto dal numero imponente di tifosi napoletani, scappano verso
il Circolo Boreale e poi si disperdono sulla montagnola che è delimitata dal circolo.
Testualmente ha dichiarato: "quando mi sono girata io ho visto un gruppo di gente di spalle
che correva in direzione dei campi sportivi, un gruppo di gente che scappava e gli altri che li
inseguivano".
Tra i testi privati presenti sui luoghi del Ciak Village e del Circolo Boreale, la Corte ha
escusso anche Luigi Proietti, il pensionato che gestisce il bar sito all'interno del Circolo
Boreale che ha dichiarato che il 3 maggio verso le tredici ha aperto il bar e dopo circa
mezz'ora è arrivato il De Santis per consumare un panino e una birra e poi lo ha visto
ritornare intorno alle quattordici e trenta, le quindici, riprendere un'altra birra e ancora
tornare verso le sedici, allorché, avendo preso un'ulteriore birra, sentendo il rumore di
petardi, ha detto: "vado a vedere che cosa sono questi botti, perché voglio un po' sistemare
questa cosa". Il Proietti è un teste importante non solo perché, appunto, assiste ai fatti, ma
perché fa riferimento importante alla pistola posseduta dal De Santis. Ha detto testualmente:
"posso aggiungere che alcune mamme dei bambini che giocano nella Boreale si sono
lamentate il giorno successivo che un bambino ha visto il De Santis con la pistola e questo
bambino è un bambino che aveva visto il De Santis impugnare una pistola e non aveva
dormito per paura tutta la notte".
Benedetta Mariani, che è la madre di uno dei bambini che gioca quel pomeriggio al Circolo
Boreale una partita di calcio, ha riferito che la partita è finita verso le diciassette, ma è stata
costretta ad aspettare fino alle sette e mezza di pomeriggio per andare via, poiché la Polizia
aveva bloccato la stradina di accesso al circolo e che mentre era sulla macchina con il
bambino aspettando di potere uscire, ha visto quattro, cinque persone allontanarsi dal luogo,
raggiungere il muro di cinta e la rete posti tra il Circolo Boreale e la collinetta che porta alla
tangenziale, e scappare attraverso un buco della rete, allontanandosi dal teatro degli eventi.
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Evidentemente si tratta delle stesse persone che vede la Baglivo Donatella di spalle scappare
subito dopo gli scontri, subito dopo che Ciro Esposito cade per terra e subito dopo che De
Santis viene aggredito dalla moltitudine di tifosi napoletani.
Maria Grazia Di Fabio, teste che vive all'interno del Circolo Boreale, che era uscita
ad
accudire dei cani, ha raccontato: "ho visto queste persone... anche perché, come penso sia
noto anche qui ai Giudici e quant'altro, io all'epoca abitavo lì, sono uscita dalla stanza per
andare a prendere i cani e metterli dentro. Nel fare questo due, trecento metri dalla seconda
stanza fino all'area cani che è giù in fondo, mi sono passati davanti un gruppo di persone,
saranno state sei o sette persone che scappavano, c'è una piccola salita, mettendosi con le
spalle all'entrata del .... che c'è tuttora sulla destra, che poi è un pezzo di terreno sterrato,
che ha l'uscita sulla tangenziale, prima dell'entrata del traforo di Corso Francia, del tunnel
di Corso Francia".
Evidentemente si è riferita alle stesse persone viste dalla Mariani e dalla Baglivo.
La Corte ha escusso anche una delle due donne, e ha acquisito le dichiarazioni dell'altra,
risultata irreperibile, che hanno trascorso la notte precedente ai fatti nell'abitazione
dell'imputato: Andrei Ruxandra e Dumitru Irma.
La prima ha raccontato che già dagli ultimi giorni del mese di aprile del 2014 viveva a casa
del De Santis, al Circolo Boreale, e che aveva rapporti sessuali mercenari con lui e altri suoi
due amici, Vincenzo Agresta e Luigi Capponi. Ha raccontato che il De Santis normalmente
faceva uso di cocaina e che lei si era fermata fino alla notte del 2 maggio. Quella notte
tuttavia aveva chiamato una sua amica, la Dumitru, in arte Natasha, perché la raggiungesse.
Costei la aveva raggiunta intorno alle due, tre nella notte tra il 2 e il 3 maggio, avevano
avuto un rapporto sessuale con il De Santis, avevano consumato cocaina e si erano
addormentati. La mattina dopo la Andrei si era svegliata e non aveva trovato il De Santis,
che era tornato verso mezzogiorno, le aveva dato un assegno e aveva preso un oggetto non
meglio identificato dal cassetto della camera da letto. Testualmente: "Verso le ore dodici è
ritornato Daniele e mi ha consegnato euro quattrocento per le prestazioni, verso le ore
quindici mi ha consegnato un assegno di euro duecento privo del nominativo, che dovevo
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Infine la Corte ha considerato, sia pure nella sua versione difensiva, l'ammissione del fatto
da parte dell'imputato De Santis e le dichiarazioni degli altri imputati, concordemente tese
ad esludere la propria partecipazione alla rissa e ad accusare il De Santis.
Tra il materiale audiovisivo, i filmati della Digos, visionati in aula, hanno offerto lo scenario
globale, il contesto generale in cui si sono svolti i fatti, mentre il video girato dal teste
Azzarelli riprende il momento in cui Ciro Esposito, Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito
scavalcano il guardrail, attirati dalle richieste di aiuto provenienti da un pullman fermo di
fronte al Ciak, bersagliato da bombe-carta scagliate dall'imputato, entrano nella stradina che
porta al Ciak, passano attraverso i pulmann fermi in fila, scompaiono dal campo di ripresa e
si sentono, dopo pochi secondi, in modo nitido, quattro esplosioni di arma da fuoco, in
rapida successione.
Fra i testi escussi Diego Parente, il dirigente della Polizia di Stato in servizio all'epoca dei
fatti presso la Digos, ha illustrato quali erano stati i criteri adottati dalla Polizia quel giorno,
il 3 maggio del 2014, per prevenire incidenti e tutelare l'ordine pubblico in occasione di un
evento così importante come la finale di Coppia Italia, tra due squadre, due tifoserie
certamente importanti, in quanto anche di dimensioni nutrite, e cioè quelle del Napoli e della
Fiorentina. Ha spiegato che i criteri in questi casi sono consolidati: si dividono le vie di
accesso allo stadio in due grandi direttrici, una nord e una sud, in modo che una tifoseria,
quella della Fiorentina in questo caso, affluisca allo stadio dalla direttrice sud e quella
napoletana dalla direttrice nord, proprio per evitare scontri, tafferugli e quant'altro, cioè
proprio per evitare il più possibile contatti di vario tipo tra le due tifoserie.
Ha spiegato che nel caso di Napoli - Fiorentina del 3 maggio del 2014, la direttrice
assegnata ai tifosi napoletani era appunto quella nord, che sfocia proprio su Viale di Tor di
Quinto, che quindi, dopo un breve controllo dei pullman ai caselli autostradali, i pullman
venivano indirizzati sulla tangenziale che porta sul Viale Tor di Quinto, dove le auto private
avevano zone di parcheggio previste e i tifosi, una volta arrivati, potevano incolonnarsi e
arrivare facilmente allo stadio poco distante.
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Motivi della decisione:
La Corte, in esito all'istruttoria dibattimentale, ha acquisito un patrimonio probatorio
esaustivo e completo su cui ha fondato la propia decisione.
Innanzitutto si è avvalsa del materiale audiovisivo, disponibile in abbondanza, essendo stati
ripresi i fatti, durante il loro accadimento, con videocamere e cellulari ed essendo state
registrate le conversazioni telefoniche e le comunicazioni radio attinenti i fatti stessi.
Poi ha utilizzato le testimonianze sull'attività svolta dal personale della Polizia presente ai
fatti o convenuto in seguito agli stessi, undici tra rappresentanti della Digos, della Squadra
Mobile e di appartenenti ad altri uffici della Questura di Roma che, a vario titolo, sono
intervenuti nel teatro degli eventi.
La Corte ha altresì fruito della vasta documentazione fotografica raccolta dalla Polizia in
sede di rilievi tecnici e della documentazione medica relativa alle lesioni subite dagli
imputati e dalla vitima nel corso della vicenda.
Ha inoltre acquisito le deposizioni di numerosi testi oculari, almeno dodici, di cm uno
escusso innanzi al G.I.P. in sede di incidente probatorio, che hanno riferito la loro
percezione diretta, sebbene, ovviamente, da angoli visuali diversi, di ciò che è avvenuto e
che hanno potuto raccontare e in alcuni casi addirittura videoriprendere i fatti.
La Corte per di più ha avuto a disposizione più perizie e consulenze già esperite in sede di
incidente probatorio e nel corso delle indagini che hanno consentito una ricostruzione
dinamica, tecnico-scientifica dei fatti.
Fra i testi escussi tre sono oculari, sono cioè persone che hanno visto direttamente l'odierno
imputato De Santis sparare: Domenico Pinto, Raffaele Puzone e la stessa vittima
dell'omicidio, Ciro Esposito che, ancora in vita, durante la sua degenza in ospedale, prima
dell'esito letale della stessa, richiesto di narrare i fatti da Angela Tibullo, professionista
incaricata dalla famiglia di Ciro Esposito, riconosce in Daniele De Santis, con dichiarazioni
registrate dalla Tibullo e ascoltate dalla Corte, 'il chiattone', (lo chiama così), che gli aveva
sparato.
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tenere e riconsegnarlo al suo rientro, in quanto a suo dire doveva uscire per fare delle cose.
Ho notato che Daniele in quell'occasione era molto strano, agitato, inoltre prima di uscire
Daniele ha prelevato da un cassetto di biancheria un oggetto che non sono riuscita a vedere
perché io ero al computer collegata su Facebook, dicendomi che andava a comprare da
mangiare, a prendermi le sigarette e a fare altre cose, senza specificarmi cosa, per poi
ritornare . Alla mia domanda perché fosse così agitato, lui mi ha risposto 'tesoro, stai
tranquilla che è tutto a posto, devo fare una cosa e poi tomo subito"'.
La Dumitru ha confermato le dichiarazioni dell'amica.
Esauriti i testi provenienti dal Circolo Boreale e dal Ciak Village, la Corte ha sentito quelli
che si trovavano sul pullman a due piani del Milano Club Partenopea, partito da Milano e
oggetto dell'attacco da parte dell'imputato, a bordo del quale si trovavano anche bambini.
Tali testi sono: Francesco Ferrante, Salvatore Ferrante, Aquilino Palma, Camillo Cimmino e
Angelo Mancuso.
Francesco Ferrante, di professione metronotte, ha raccontato il viaggio, ha riferito che una
volta arrivati a Viale di Tor di Quinto si è formata una colonna di pullman, perché alla testa
c'erano i tifosi napoletani a piedi che procedevano lentamente. Il suo pullman si era fermato
per una decina, quindicina di minuti proprio all'altezza della stradina che conduce al Ciak
Village. Testualmente ha dichiarato: "Sì, noi eravamo incolonnati e la situazione era molto,
abbastanza tranquilla. C'erano molte persone a piedi sul lato. Sulla destra io ho il teatro e
alla sinistra il guardrail, con altri tifosi di fede diciamo azzurra, napoletana,
che
si
accmgevano ad andare tranquillamente a piedi allo stadio. Noi commentavamo ridendo:
beati loro che stanno mangiando un panino, perché camminavano tranquilli senza incidenti e
senza niente... sì, è successo che mentre io ero in posizione
proprio
davanti,
davanti
all'autista, perché eravamo fermi, quindi mi sono alzato e stavo parlando con l'autista e con
la ragazza che era al mio fianco, appunto stavamo commentando un po' le cose sulla partita
e nell'attimo in cui mi sono girato, diciamo a tre, quattro metri da me, ho visto una persona,
un individuo che ha esploso un ordigno che non era dalle dimensioni, da come è esploso . ...
non mi sembrava un classico petardo, ma era stato lanciato proprio verso il
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pullman,
all'altezza diciamo... il pullman è doppio, proprio in mezzo al fascione che divide i due
piani. L'esplosione è stata forte tanto da farci insomma... Sì, ci siamo spaventati in quel
momento lì, e dopo che ha lanciato il primo ci siamo un po' allarmati, perché abbiamo visto
che aveva lanciato il secondo e che inveiva nei nostri confronti abbastanza diciamo... con
toni minacciosi, indicandoci a farci scendere dal pullman. Era una persona abbastanza
robusta, diciamo obesa, io ero al pullman, diciamo nella posizione bassa, quindi poteva
essere più o meno su un'altezza di un metro e settantacinque, un metro e ottanta, più o
meno, adesso non posso dirlo con precisione. Aveva un cappellino nero, era vestito di
scuro. . . sì, poi ho saputo che era Daniele De Santis perché ho visto le foto. Il primo ordigno
non l'ho visto lanciare, l'ho solo intuito, perché lui quando ha lanciato il primo ordigno
stava già accendendo il secondo, era abbastanza gioioso di quello che aveva fatto, quasi
contento, perché si girava su se stesso come per dire... invitandoci a scendere giù dal
pullman, lui voleva che noi scendessimo dal pullman, perché con i segni con la mano
faceva
... voglio dire faceva questo gesto con la mano, per dire venite giù, venite giù. E poi ci
urlava, sì, le frasi erano diciamo tipo vi rompo, vi spacco, ma più che altro lui, più che con le
parole diceva ... Ci invogliava a scendere giù dal pullman, cosa che noi stavamo facendo,
perché le nostre urla ... a questo punto, quando abbiamo visto il pullman che era avvolto da
una nuvola di fumo, ci siamo anche spaventati. I bambini pensavano che il pullman in quel
momento lì potesse prendere fuoco, quindi noi volevamo scendere. Però l'autista non ce l'ha
permesso questo, per ordine pubblico ha detto 'no, io ho l'ordine di non aprire il pullman,
per qualsiasi motivo, in questo caso c'è un'emergenza abbastanza grave', ma lui non ha
voluto aprire il pullman". A domanda del Pubblico Ministero: "dopo la seconda bomba?"
"Sì, questo lancio l'ho visto, era semi di spalle, perché lui si era spostato, aveva lanciato
anche verso il pullman. Noi istintivamente quando ha lanciato ci siamo ovviamente girati,
abbiamo sentito soltanto l'esplosione diciamo del secondo boato, abbastanza forte, anche
perché è esploso quasi all'altezza della seconda porta d'uscita, quindi creava più un vuoto,
in modo tale che potesse rimbombare all'interno dell'abitacolo". E a domanda del Pubblico
Ministero: "sì, era in atto una terza esplosione, solo che non è riuscito diciamo nell'intento,
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perché le ragazze e i ragazzi che erano sopra di noi picchiavano sui vetri per chiedere aiuto a
qualcuno, perché la situazione era veramente non bella e in quel momento là che c'era un
po' di agitazione sul pullman, tra lo scendere, tra il fumo che si inoltrava nell'abitacolo, a
questo punto abbiamo visto diciamo dei ragazzi che si sono accorti di quello che stava
succedendo e hanno cercato di fermare il De Santis e ci sono passati proprio davanti al
pullman, mi sono passati tre o quattro ragazzi. Lui, il De Santis, quando ha percepito,
diciamo, che ha visto delle persone che andavano verso di lui, ha cominciato a desistere dal
terzo attacco, ed è andato verso l'interno del vialetto, cioè verso il Ciak, è scappato, sì, però
era uno scappare non veloce, perché... Un po' per la sua mole, un po' la sua non agilità di
movimento, è stato fermato quasi subito. Cioè lui capendo di essere, di non farcela a
scappare, a correre, si è girato su se stesso, si è girato, dal momento che si è girato saranno
passati tre secondi, si è vista una nuvola di fumo, di fumogeni, non so chi li avesse tirati,
non certo i tifosi del Napoli, perché non erano dentro il vialetto e da lì abbiamo sentito,
almeno io personalmente avevo sentito le quattro, i quattro colpi di arma da fuoco in rapida
successione. E Ciro Esposito, Ciro Esposito è stato il primo a raggiungerlo, forse perché
magari più magro, più agile, più atletico, è uscito, è stato uno dei primi a cercare di fermarlo.
Sì, era particolarmente agile e con un piccolo zaino a tracolla di colore beige con le bretelle
arancione e riusciva a placcarlo, sì, proprio a placcarlo. Sì, subito dopo praticamente come
arriva il placcaggio noi non vediamo più niente, però si sentono i quattro colpi di arma da
fuoco. Sì, io li distinguo i colpi d'arma da fuoco, perché sono trent'anni che ho il porto
d'armi, sono trent'anni che sparo e quindi erano colpi di arma da fuoco". Il Ferranti ha
quindi ha descritto il De Santis che tira uno, due ordigni, che con toni minacciosi invita i
tifosi napoletani, provocandoli, a scendere dal pullman e ad affrontarlo, insultandoli.
Il teste ha pure videoripresa la scena successiva in cui si vede il Ciro Esposito uscire dalla
stradina portato a braccia dagli altri tifosi napoletani ormai già privo di sensi. La stessa cosa
dice Palma Aquilino che è sempre sul pullman di cui prima. Palma Aquilino è il Presidente
del club Napoli Partenopea. Anche lui racconta appunto del viaggio, dell'incolonnamento a
Viale Tor di Quinto e del fatto che era
seduto anche lui sul lato destro del pullman e che
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quindi nesce a vedere in mamera nitida, in mamera chiara questo soggetto grasso,
certamente robusto, che con vari gesti li incitava a venire giù, ad uscire dal pullman e a
raggiungerlo. Ad un certo punto anche lui si preoccupa, sente i ragazzi e i bambini che si
spaventano, che battono i vetri, vede un gruppetto di tifosi napoletani che si stacca dalla
colonna, che attraversa il guardrail, che passa davanti al pullman e che raggiunge il De
Santis e poi anche lui, non riuscendo a vedere nient'altro, sente però anche lui con certezza
assoluta i quattro colpi in rapida successione.
Il Cimmino, altro appartenente al club Milano Partenopea, anche lui sul pullman, ha riferito
che si trovava nella parte superiore del pullman insieme al figlio, un bambino di otto anni, e
che ad un certo punto, essendo seduto sulla destra nella parte superiore, si era accorto,
sporgendosi, che un uomo piuttosto robusto tirava un ordigno contro il pullman, poi ne
tirava un secondo, il bambino si metteva a piangere, spaventato e il pullman si riempiva di
fumo. Preoccupato e agitato, vedeva un gruppetto di tifosi napoletani che si staccava dalla
colonna, che attraversava la strada scavalcando il guardrail, raggiungeva il De Santis che
si dirigeva correndo verso il Ciak Village e anche lui sentiva quattro colpi dal rumore
diverso da quello dei petardi.
Anche il Mancuso, passeggero del pullman iscritto al club Milano Partenopea,
ha
raccontato dell'incolonnamento e di aver visto il De Santis scappare ed essere raggiunto.
Poi non ha visto altro, tranne il fumo delle esplosioni provenienti dal Ciak Village, ha
sentito, dopo di esse, gli spari in rapida successione e, dopo, ha visto Ciro Esposito portato
fuori ormai privo di sensi.
Questi quattro testi, dunque, hanno visto tutti un uomo corpulento che ha inveito prima
contro gli occupanti del pullman, ha lanciato un primo ordigno, ha continuato ad inveire e a
minacciare invitandoli a scendere, e nel farlo ha acceso un secondo ordigno, che è esploso
contro il pullman, poi l'uomo è fuggito, rientrando nella stradina da cui era sbucato, nel
mentre, attirati dalle urla e dalle richieste di aiuto provenienti dal pullman, sono accorsi
Ciro Esposito e gli altri, scavalcando di corsa il guardrail, passando davanti al pullman, ben
visibili ai passeggeri, e infine dirigendosi contro il De Santis.
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A quel punto il De Santis è scappato, rallentato dalla sua mole di persona obesa e dall'età
non più giovanissima, ma è stato raggiunto e placcato da Ciro Esposito, più agile e più
veloce di tutti e, subito dopo il placcaggio, dopo tre, forse quattro secondi, si sono sentiti i
quattro colpi in rapida successione.
Dal punto di vista di Ciro Esposito e del gruppetto di tifosi che, con Ciro Esposito, allarmati
dalle esplosioni provocate dal De Santis e dalle richieste di aiuto provenienti dai passeggeri
del pullman bersagliato, hanno scavalcato il guardrail e inseguito il De Santis, la Corte ha
acquisito nozione di quanto è accaduto nel momento successivo ai fatti narrati nella
testimonianza del Ferrante, (cioè, in sostanza, su chi ha sparato), dal Cirnrnino e dal
Mancuso, dall'audizione della fonoregistrazione delle dichiarazioni convergenti rese alla
Tibullo prima del decesso da Ciro Esposito e dalle dichiarazioni del teste Domenico Pinto,
che seguiva il gruppetto capeggiato da Ciro Esposito.
Domenico Pinto è un tifoso napoletano, amico e cugino di Ciro Esposito. È arrivato a Tor di
Quinto in auto, perché quelli del suo gruppo si erano dati appuntamento proprio nei
parcheggi limitrofi a Viale Tor di Quinto, dove pensavano di lasciare la macchine per poi
fare ritorno a piedi dopo la partita. Arrivati quasi contemporaneamente, si sono incolonnati
insieme agli altri tifosi sulla carreggiata opposta al Ciak Village, in direzione dello stadio.
Giunti all'altezza del negozio di ceramiche gestito dal teste Azzarelli, autore del video
visionato dalla Corte, hanno sentito delle forti esplosioni e hanno notato ragazzi e adulti che
cominciavano a battere sui vetri di un pullman a due piani incolonnato davanti a una
stradina che conduce al Ciak Village. Hanno visto una persona obesa, riconosciuta
successivamente nel De Santis, dapprima incitare loro stessi a raggiungerlo e poi iniziare a
fuggire verso il Ciak Village. Il teste non è entrato nella stradina, ma ha visto da appena
fuori quello che vi accadeva. Appena il De Santis è entrato nella stradina, dopo qualche
metro, Ciro Esposito lo ha raggiunto, c'è stata una brevissima colluttazione, forse Ciro
Esposito è riescito a dargli uno schiaffo, forse un pugno, comunque c'è stata una brevissima
colluttazione e, subito dopo, il De Santis ha estratto la pistola e ha sparato.
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Il teste Pinto, letteralmente, ha dichiarato: "sì, sì, lui ci vede e ci chiama, ci indica di andare
verso di lui e il signor Esposito lo rincorre e lo prende, no lui scappa verso il vivaio, il
cancello, lui scappa, cioè prima ci dice di venire e poi ... E poi sì, sì, si mette a scappare, si
volta, si volta con le spalle e corre via e corre. Quando .... Esposito lo prese per le spalle, lo
acchiappò, loro ebbero una breve colluttazione, lui si girò ed ebbero una breve colluttazione,
ma una frazione di secondi, cioè una manciata di secondi, si spinsero, il signor Esposito, se
non ricordo male, perché adesso ... Forse gli diede un pugno, uno schiaffo e lui prese la
pistola e sparò. Loro, quando lui prese la pistola, il signor Esposito si girò per scappare. Poi
ci siamo voltati e abbiamo visto il signor Esposito a terra, siamo rientrati per soccorrere lui,
cioè il signor Esposito Ciro, ma il signor De Santis impugnava ancora l'arma. No, puntò
l'arma verso di noi, perché noi stavamo soccorrendo il signor Esposito, lo stavamo
prendendo per portarlo fuori e lui aveva ancora l'arma in pugno e tentò di sparare, però si
inceppò, finirono i colpi, non lo so questo, questo non lo so, non lo so dire, però è stato
fortunato, la pistola non ha esploso più, però da dietro i cespugli ci arrivavano fumogeni,
bombe, di tutto, pietre, bulloni, di tutto. Sì, sì, io ho personalmente ho visto tre o quattro
persone ma tutti incappucciati con caschi integrali, tutti, erano sette, otto metri più indietro e
loro poi iniziarono a scappare verso la vallata e non li ho più visti".
Coerenti con questa deposizione sono le dichiarazioni rese da Ciro Esposito alla criminologa
Tibullo incaricato dalla famiglia di sentirlo per cercare di raccogliere elementi di prova per
ricostruire i fatti. Dall'ascolto della registrazione fatta in ospedale dalla Tibullo durante il
decorso postoperatorio di Ciro Esposito, un giorno in cui il ragazzo stava particolarmente
bene, il venticinque maggio del 2014, si desume che costei, insieme agli avvocati della
famiglia, lo aveva interrogato, prima parlando in generale, per vedere se era in grado di
rispondere e di capire le domande, e poi addentrandosi sui fatti specifici oggetto del
processo. E allora aveva rivolto una domanda precisa a Esposito Ciro, cioè esattamente gli
aveva chiesto chi gli avesse sparato: "Lui ci raccontò perfettamente che era andato con
quattro suoi amici a vedere la partita Napoli - Fiorentina, perché dice che lui amava il
pallone e avevano parcheggiato vicino, a pochi chilometri dallo stadio. Mentre si recavano
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per andare nella direzione dello stadio, ad un certo punto sentono urlare delle persone, però
non capiva che cos'era, che cosa stava succedendo e immediatamente lui con questi suoi
amici dice che si trovava nella carreggiata opposta dell'autobus, si è messo a correre. Lui
diciamo ha scavalcato il guardrail e immediatamente si è ritrovato una persona che lui
definisce 'u chiattone' che era pelato e che mi descriveva avere dei guanti. Ma me lo ha
descritto molto bene, vestito di scuro, me l'ha descritto molto bene". A quel punto la Tibullo
ha mostrato al giovane la fotografia del De Santis, che ovviamente ormai era nota perché
pubblicata sui giornali, e dice... "La persona ritratta in foto è quella di cui mi
stai
parlando?" e il De Santis: "È questo, è questo il 'chiattone' che mi ha sparato".
La Corte, poi, ha avuto a disposizione le perizie, esperite con incidente probatorio, e le
consulenze tecniche.
Le perizie sono varie, sui diversi aspetti tecnico-scientifici dei fatti oggetto di accertamento:
il GIP ha espletato una perizia sulla dinamica delittuosa svolta dal tenente colonnello Fratini,
una perizia biologica svolta dal dottor D'Errico, una perizia balistica svolta dal generale
Cerati, sull'arma e sui proiettili, e una perizia microscopica svolta dalla dottoressa Salis e
dal dottor Scatamacchia sulle tracce biologiche.
La Corte si è avvalsa anche della consulenza disposta dal Pubblico Ministero in sede di
indagini preliminari e affidata al professore Ciallella Costantino, consulenza medico legale
che il professor Ciallella ha svolto in un primo momento sulla persona di Ciro Esposito e
poi sul suo cadavere, e poi anche sugli altri feriti, cioè sulle persone che hanno riportato
lesioni a vario titolo a seguito dei fatti delittuosi, che sono appunto il De Santis, Alfonso
Esposito e Fioretti. Il professore Ciallella ha riferito, per quanto riguarda il De Santis, che lo
stesso ha subito sostanzialmente quattro tipi di lesioni. Ha ricevuto intanto una serie di
traumatismi pluridistrettuali di tipo contusivo con ecchimosi ed ematomi che sono stati
arrecati sicuramente con mezzi contusivi e corpi contundenti; ha ricevuto anche una serie di
lesioni superficiali, di natura diversa, tali da non essere state rilevate al momento del
ricovero in ospedale, in corrispondenza della coscia e del fianco di destra e di sinistra, che
sono sicuramente frutto di ferite penetranti prodotte da anna bianca; poi ha avuto una ferita
17
lacero-contusa a carico della regione frontale, che può essere sicuramente qualificata come
sfregio ed è attualmente affetto da una ostiomelite cronica in esito a un focolaio fratturativo
riportato a carico della gamba destra, che sicuramente provocherà una malattia certamente o
probabilmente insanabile, con indebolimento significativo della funzione deambulatoria.
La deposizione del professore Ciallella è stata importante in ordine alla ricostruzione dei
fatti con particolare riferimento alla chiusura del cancello che delimita Viale Tor di Quinto
con il vialetto che porta poi al Ciak e al Circolo Boreale. Il Ciallella su questo punto,
sollecitato dal Pubblico Ministero, ha dato una sua precisa spiegazione della dinamica.
Questo cancello, secondo le dichiarazioni rese dal De Santis, era aperto e lui, durante la
fuga, aveva cercato di chiuderlo, per evitare ovviamente di essere raggiunto, ma nel
tentativo di chiuderlo si era procurato la frattura al piede che poi avrebbe avuto ulteriori
conseguenze a causa del pestaggio dei tifosi napoletani. Ma il consulente Ciallella ha
prospettato una ricostruzione diversa della dinamica: "la frattura del piede riportata dal De
Santis, ha comunque un momento cinetico relativo al corpo, quindi io quello che ... Anche
nell'esperienza traumatologica comune, per questo tipo di frattura, queste diciamo legate al
corpo in movimento in genere, è la caduta il momento fondamentale, lo schiacciamento non
sarebbe stato sufficiente". Il consulente Cialella ha smentito, quindi, la tesi del De Santis,
secondo cui egli nello scappare avrebbe cercato di chiudere il cancello e si sarebbe
schiacciato il piede in questo tentativo, poiché la frattura riportata avrebbe invece più
plausibilmente una natura di tipo cinetico, sarebbe stata causata cioè da una caduta con tutto
il peso del corpo piuttosto che dalla compressione provocata da un cancello, ancorchè
pesante.
Il dottor Ciallella ha visitato anche Alfonso Esposito, ferito al primo dito della mano destra.
A domanda del Pubblico Ministero , su dove si trovava Alfonso Esposito quando è stato
attinto dallo sparo, se cioè era vicino al De Santis, il consulente ha risposto: "la estrema
vicinanza degli spari deve essere supposta anche da parte di Esposito Alfonso, il cui sangue
è addirittura presente sulla parte inferiore della pistola .... e la cui giacca antipioggia è
risultata nettamente positiva ai residui dello sparo". Quanto a Gennaro Fioretti,
18
essendo
stato attinto da due proiettili, egli ha riportato due ferite di maggiore entità, descritte nel
relativo capo di imputazione, una al braccio e una al polso. Circa la posizione del Fioretti
rispetto agli altri corrissanti e in particolare rispetto al De Santis e a Ciro Esposito, alla
domanda del P.M.: "ci può dire se la dinamica dello sparo implica il fatto che Fioretti
Gennaro fosse comunque vicino all'area di fuoco?", la risposta del consulente è stata: "sì,
questo lo posso confermare senz'altro, tenendo conto di tutti gli elementi, anche diciamo di
quelli extra biologici e comunque in prossimità , tenendo conto che sono anche due colpi in
rapida successione, perché di fatto sinistra-destra sono due colpi e tenendo anche presente
che le traiettorie balistiche extra terminali tendono comunque alla divergenza. Quindi per
essere stato attinto da due proiettili in due segmenti così ravvicinati, la vicinanza è da
assumere come il dato caratterizzante ".
Più complesso il quadro per Ciro Esposito. Dalla consulenza esperita prima sulla persona e
poi sul suo cadavere, è emerso che il predetto è morto il venticinque giugno, a seguito di un
decorso post-operatorio lungo e purtroppo inutile, che è stato colpito non da uno, ma da due
colpi, di cui uno, mortale, quello all'emitorace destro, l'altro alla mano sinistra, che è stato
classificato come un proiettile di striscio, avendone l'aspetto tipico, detto del 'semicanale',
che si è fomato nel punto in cui il proiettile ha sfiorato la mano. Richiesto su dove si
trovasse Ciro Esposito nel momento in cui è stato attinto dai due colpi di arma da fuoco, il
consulente Ciallella ha risposto che sicuramente si trovava in una posizione compresa tra i
trenta e i cinquanta centimetri di distanza dal soggetto che ha sparato, come dimostrato dalle
caratteristiche del foro di entrata al torace e dal tipo di ferita alla mano. Alla domanda se lo
sparatore si trovasse allo stesso livello della vittima o se per caso fosse a terra, la risposta,
è stata: "le due persone erano più o meno allo stesso livello, in stazione eretta entrambi".
Cioè entrambi erano in piedi, quindi a conferma della dinamica descritta dai testi oculari, tra
i quali è da annoverare anche Raffaele Puzone, che è stato sentito dal G.I.P., con incidente
probatorio nell'udienza del 6 giugno 2014, (e le cui dichiarazioni sono pienamente
utilizzabili non risultando lo stesso essere stato mai indagato). Il Puzzone è persona che è
presente ai fatti, seppur in una posizione arretrata rispetto al gruppo di tifosi napoletani che
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ha raggiunto il De Santis, di cui non faceva parte, anche se li conosceva di vista. È stato lui,
assieme ad altre due persone, a prestare soccorso a Ciro Esposito e a portarlo a braccia
fuori dal vialetto, scena ripresa dal filmato visionato dalla Corte.
Secondo la sua deposizione egli, all'inizio della vicenda, stava percorrendo lo stesso
cammino del gruppo di Ciro Esposito, leggermente indietro rispetto a loro di qualche decina
di metri. Si trovava all'uscita di un parcheggio in terra battuta, che è situato qualche decina
di metri prima del punto dove poi Ciro Esposito e gli altri hanno attraversano la strada,
come raffigurato da una foto visionata dalla Corte, che mostra un gruppo di tifosi, tra cm
anche Ciro Esposito, riconoscibile da un vistoso zainetto in spalla. Il Puzone quindi si
trovava all'uscita di quel parcheggio e il gruppo di Ciro Esposito e gli altri, invece, a una
decina di metri circa più avanti. Egli era situato in modo da poter vedere attraverso il varco
tra il pullman oggetto dell'attacco del De Santis e
il mezzo che lo precedeva
immediatamente nella colonna formatasi e quindi aveva una visuale diretta sul campo di
azione del De Santis, successivamente campo d'azione di Ciro Esposito e degli
altri. Ha
potuto vedere, cioè, quello che nel video visionato dalla Corte, non è visibile, dopo
l'ingresso di Ciro Esposito e degli altri nella stradina. Infatti, dopo che era passato il primo
gruppo di tifosi napoletani che aveva scavalcato il guardarail, tra i quali c'era anche Ciro
Esposito, lui li aveva seguiti, posizionandosi indietro rispetto agli altri, più o meno tra i due
pullman, e da lì aveva assistito alla fase finale della scena. Egli, sostanzialmente, attratto
come gli altri dall'esplosione dei fumogeni, ha sentito le urla del De Santis che offendeva e
invitava le persone che stavano sul pullman a scendere, minacciandole di ammazzarle,
quindi, dopo il flagore delle esplosioni, dopo le urla e le minacce del De Santis, ha visto il
gruppo dei tifosi, tra i quali anche Ciro Esposito, accorrere e si è avvicinato alla stradina che
conduce al Ciak Village, senza inoltravisi.
Quando, diradatosi il fumo dei petardi, ha
recuperato la visibilità, ha notato la sagoma del De Santis, descritto quale persona
corpulenta, che già si era avviata, correndo, seppur non a velocità eccessiva, verso l'interno,
ha visto gli altri che lo inseguivano, ha visto che stavano per raggiungerlo e, ad un
20
certo
punto, ha visto che il De Santis perdeva l'equilibrio, si rialzava e nel rialzarsi estraeva
direttamente la pistola.
Alla vista della pistola, come tutti gli altri, secondo quanto raccontato anche dal Pinto, si è
riparato dietro la sagoma del pullman, perché si trovava appunto tra il pullman e un furgone,
ha sentito i quattro spari e quando gli spari sono cessati si è riaffacciato vedendo, a questo
punto, una situazione di quiete, ovvero un corpo a terra che altre due persone vicine non
riuscivano da sole a sollevare, si era quindi avvicinato anche lui, e avvedendosi che si
trattava della persona che lui conosceva di vista, ovvero Ciro Esposito, ha aiutato gli altri a
tirarlo su e insieme a loro lo ha trascinato, (come rappresentato nel filmato visionato dalla
Corte), fino al centro della carreggiata, dove tutti insieme hanno atteso l'arrivo
dell'ambulanza.
In sede di incidente probatorio, come detto, sono state esperite quattro perizie. Innanzitutto
la perizia balistica che ampiamente riferisce circa le caratteristiche della pistola, il fatto che
recasse matricola abrasa, il fatto che effettivamente aveva esploso quattro colpi, come
comprovato dal rinvenimento a terra dei relativi bossoli, oltre a una pallottola inesplosa.
Tutti questi reperti vengono indicati come univocamente riferibili alla pistola
successivamente rinvenuta. Nell'esame innanzi al G.I.P. il perito ha dato ampi riscontri
anche delle modalità con le quali è stata rinvenuta l'arma: come risulta anche dalle
fotografie scattate dal teste Martinelli, la pistola viene rinvenuta scarrellata, cioè con tutto il
carrello portato indietro e la canna nuda esposta in avanti. Il perito ha spiegato che questa è
la posizione che assume la pistola quando sono stati esplosi tutti quanti i colpi in quanto a
quel punto c'è un meccanismo che blocca l'arma in fase di quiete. Per quanto riguarda il
proiettile inesploso trovato a terra, ha riferito chiaramente lo stesso perito che per cadere a
terra inesploso, deve essere stato, come si dice in gergo, 'scarrellato', cioè in qualche modo
l'utilizzatore dell'arma ha portato indietro il carrello mentre già c'era un colpo in canna e il
proiettile è stato espulso. Nella ricostruzione del perito tale espulsione, stante le
caratteristiche di funzionamento di una pistola semiautomatica, deve essere avvenuta o
prima di esplodere il primo colpo o dopo aver esploso l'ultimo, dal momento che si è
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trattato di quattro spari consecutivi esplosi senza soluzione di continuità. La prima ipotesi
consiste nell'azione dello sparatore che, dimentico di aver già spinto il colpo in canna,
tirando indietro il carrello per azionare la pistola, forse data la concitazione del momento,
con gesto automatico e irriflesso "scarrella" nuovamente provocando, così, l'espulsione del
colpo in canna che rimane inesploso. L'altra ipotesi è che l'arma si sia inceppata al
momento di esplodere il quinto e ultimo colpo e che lo sparatore, per disincepparla, abbia
azionato il carrello, espellendo così il colpo in canna. In questa ipotesi il proiettile fuoriesce,
non ce n'è però uno successivo e quindi la pistola rimane bloccata con il carrello tirato
indietro, nella posizione in cui poi è stata rinvenuta, posizione che assume, comunque
quando non ci sono più colpi nel caricatore. Stando alla deposizione del teste Pinto, questa
sarebbe la ricostruzione più accreditabile.
E' stata svolta poi dal G.I.P. la perizia biologica, cioè la perizia sui DNA estratti dalle tracce
biologiche presenti sugli oggetti rinvenuti sulla scena del crimine. Essa ha accertato che le
varie macchie di sangue che sono state rinvenute, (in particolare un esteso imbrattamento,
così descritto dalla Polizia scientifica che lo ha fotografato) rilevate per terra in prossimità
del luogo dove sono stati trovati i bossoli e altri reperti, dove verosimilmente il De Santis ha
stazionato più a lungo, perché lì si sono svolte un paio delle quattro o cinque ondate di
aggressione nei suoi confronti, probabilmente proprio quelle più violente; dette tracce
ematiche sono riferibili al De Santis. Il perito ha acclarato la presenza di tracce del DNA del
De Santis in una serie di reperti, per esempio c'è un collo di bottiglia che viene rinvenuto
all'interno del giardino del Ciak Village che reca tracce di sangue di De Santis; c'è un
coltello che viene ritrovato successivamente all'esterno perché qualcuno evidentemente
l'aveva preso, portato via con sé e poi se n'è disfatto andando verso lo stadio, che reca degli
aloni di sangue di De Santis. Ci sono dei bastoni recuperati all'interno del Ciak Village nel
giardino e un manico di una scopa in alluminio, che recano tutti quanti tracce ematiche di
De Santis. Poi c'è un berretto marca Atlantis che viene trovato nei pressi del luogo dove
sono stati esplosi e rinvenuti i bossoli, alle spalle del punto dove, con elevato grado di
credibilità, si trovava il De Santis quando ha sparato, berretto che pure è a lui attribuibile
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perché reca all'interno delle tracce di sudore e di epidermide nelle quali è stato riscontrato il
suo DNA. All'interno del Ciak Village sono stati rinvenuti anche due guanti neri di pelle;
uno dei due, il guanto sinistro, reca all'interno tracce di sudore e di epidermide riferibile a
De Santis, si tratta delle normali tracce che rimangono sugli indumenti dopo averli indossati.
Entrambi i guanti non recano tracce ematiche, né all'interno, né all'esterno.
E' risultato dalla perizia biologica che la pistola presenta due gruppi di tracce ematiche. La
parte posteriore, quindi il calcio, la zona che copre il grilletto, il grilletto, la parte zigrinata
che sta in fondo al carrello, recano tracce di sangue riferibili al De Santis. Sulla parte
anteriore della pistola invece sono presenti tracce di sangue di Esposito Alfonso, sia su
quella parte di canna che rimane nuda per effetto dell'arretramento del carrello, sia sulla
parte anteriore del carrello.
Ancora, altre tracce di sudore da cui è stato estratto il DNA di Ciro Esposito, sono state
rinvenute all'interno del cappello marca Y3, che è, quindi, quello calzato da Ciro Esposito
che però reca poi sulla visiera una traccia di sangue appartenente a De Santis.
Si tratta, questo è stato chiarito bene anche dal consulente della difesa del De Santis, di un
alone di sangue, di una strisciatura di sangue, quindi non è una macchia, non è uno schizzo,
non è una goccia, è un alone di sangue, come se il cappello avesse lambito una qualche
superficie dove si trovava del sangue di De Santis.
Il cappello Franklin Marshall, rinvenuto anche questo in prossimità del punto dove sono
stati esplosi i colpi d'arma da fuoco, reca all'interno tracce di sudore da cui è stato
estrapolato il DNA di Gennaro Fioretti.
E poi, tra i reperti, c'è una giacca a vento, imbrattata del sangue di Alfonso Esposito,
riconosciuta come propria da lui stesso.
In incidente probatorio è stata esperita anche una perizia di microscopia elettronica, che
serve per rilevare le tracce caratteristiche dello sparo, che consente, cioé di rilevare sulle
mani delle persone sottoposte a stub, metodo di prelievo delle particelle-spia dalle mani
delle persone o su indumenti, se c'è stata o no esposizione a polvere da sparo.
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In tale perizia, eseguita da appartenenti al RIS dei Carabinieri, si distinguono due tipi di
possibili risultati: il rilievo di particelle di metallo, solamente compatibili con detta
esposizione, o il rilievo di particelle caratteristiche, univocamente riferibili all'esposizione
alla nube gassosa provocata da uno sparo di arma da fuoco.
Sono caratteristiche quelle che contengono il piombo, il bario e l'antimonio, sono solo
compatibili quelle che contengono solo due di questi tre elementi.
Dalla perizia microscopica è risultato che dallo stub sulle mani del De Santis sono state
rilevate circa cento particelle, tutte quante compatibili, ma non univocamente riferibili a uno
sparo di arma da fuoco, mentre particelle caratteristiche, univocamente riferibili allo sparo
di arma da fuoco sono state rilevate sui suoi guanti, la coppia di guanti rinvenuta all'interno
del Ciak Village e repertati.
Sono l'unico indumento del De Santis che riporta tracce univoche di sparo di arma da fuoco,
tracce caratteristiche non rinvenute né sulle mani, né sulla felpa, né sul passamontagna, né
sul berretto del De Santis, su cui sono state rilevate solo particelle compatibili.
Un altro indumento che ha particelle univoche, riferibili esclusivamente allo sparo di arma
da fuoco, è la giacca di Alfonso Esposito, così come il berretto Y3 che aveva in testa Ciro
Esposito su cui sono state rilevate dieci particelle univoche.
Sul berretto Franklin e Marshall del Fioretti e sulle sue mani invece sono state rilevate dieci
particelle soltanto compatibili, così come sulle mani e sugli indumenti della Baglivo.
Sulle mani del De Rosa, che ha dichiarato di aver maneggiato la pistola, perché ad
un certo punto l'ha raccolta da terra, è stata rilevata una particella univoca e cinque
particelle compatibili, mentre sui suoi abiti sono state rilevate particelle soltanto compatibili.
Dalla perizia balistica, da raccordare con la consulenza medico-legale del professor Ciallella,
di cui si è già parlato, si è rilevata la presenza di cinque proiettili sulla scena del crimine:
quattro sono stati esplosi, uno è inesploso, quindi l'imputato ha sparato quattro colpi, che
coincidono con le quattro esplosioni avvertite dai testi e dalla Corte stessa visionando il video
Azzarelli. Quattro esplosioni di colpi che hanno provocato in totale cinque ferite, perché
verosimilmente lo stesso proiettile ha causato due ferite al Fioretti,
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una
al braccio destro, che lo ha trapassato dall'interno verso l'esterno e l'altra al polso sinistro.
Il medico legale ha spiegato che è plausibile che sia stato attinto prima il polso della mano
protesa a difendersi, e poi il braccio.
Alfonso Esposito, invece, ha riportato una ferita di striscio al primo dito della mano destra
con la caratteristica scanalatura all'incavo tra il pollice e l'indice.
Anche Ciro Esposito è stato attinto da due colpi di arma da fuoco, uno al torace e uno alla
mano sinistra. Il medico legale ha riferito, a proposito della traiettoria di questo proiettile,
che è stato sparato ad altezza d'uomo da soggetto che si trovava in piedi di fronte a Ciro
Esposito, in piedi a sua volta. Il fatto poi che Ciro Esposito sia stato attinto non frontalmente
ma nel lato destro del torace è riconducibile all'istintivo gesto di rotazione su se stesso da
destra verso sinistra compiuto per sottrarsi al tiro della pistola che era puntata contro di lui
che lo ha esposto in modo leggermente laterale rispetto al colpo che ha subito.
Infine con incidente probatorio un esperto in scienze criminalistiche, facente parte del
R.A.C.I.S. dei Carabinieri, il tenente colonnello Paolo Fratini, è stato incaricato di operare,
sulla base dei dati tecnici acquisiti, la ricostruzione della dinamica dei fatti.
Premesso che, pur potendosi avvalere di tutti gli apporti scientifici che ritenga utili, la
ricostruzione ultima dei fatti compete al Giudice e non ad altri e che il Giudice è il
"peritus peritorum" , deve cioè sottoporre sempre a vaglio critico-logico le
risultanze dell'attività peritale, la Corte osserva che in realtà detto perito non ha solo
utilizzato le altre perizie testé illustrate per la sua ricostruzione, ma anche tutto il
materiale probatorio rinvenuto nel fascicolo degli atti di indagine compiuti fino allora,
trasmesso al G.I.P. per svolgere gli incidenti probatori, ivi comprese le sommarie
informazioni testimoniali e la documentazione sanitaria, da lui visionata però solo in parte
perché quella completa era nel frattempo nella disponibilità del consulente Ciallella.
Egli aveva a disposizione soltanto i certificati medici per cui nella sua relazione lamenta la
lacunosità di detta documentazione tanto da avere avuto notizia solo dal difensore del De
Santis delle "gravi ferite da arma da taglio" riportate dallo stesso nell'occorso.
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Quindi ha analizzato i dati scientifici, prove documentali incomplete e alcune prove
dichiarative, ancora parziali, che lo hanno portato a concludere, per esempio, che ci siano
state solo due ondate di aggressione nei confronti del De Santis dopo che lo stesso aveva
sparato, mente la teste Baglivo e il De Rosa hanno riferito che in realtà le ondate sono state
almeno quattro.
Ciononostante la perizia Fratini per diversi passaggi è attendibile, sebbene, non conoscendo
elementi testimoniali che in quel momento non erano confluiti nel fascicolo a sua
disposizione, esclude che il De Santis potesse indossare i guanti al momento m cm
maneggia la pistola mentre il teste Domenico Pinta, ha riferito in dibattimento, all'udienza
del 26 gennaio 2016, proprio che il De Santis al momento in cui maneggiava la pistola
utilizzava i guanti. Dà quindi una serie di spiegazioni, basate su questo presupposto, con
riferimento alle tracce di sangue del De Santis rinvenute sul calcio della pistola. Il perito
afferma che il De Santis lascia tracce del proprio sangue sulla pistola perché, nel momento
in cui la estrae ha, in qualche modo, la mano sporca di sangue, il che vuol dire che non
indossa guanti e che è stato ferito prima di estrarre la pistola. C'è da dire però che, seppure i
guanti ritrovati all'interno del Ciak Village sicuramente appartengono a De Santis perché
dentro ci sono le tracce del suo sudore e della sua epidermide da cui si è estratto il suo
DNA, detti guanti ad un certo punto gli devono essere caduti per terra dopo che lui stesso o
un soccorritore glieli ha sfilati. I guanti, come illustrato dalle foto della Polizia scientifica,
vengono rinvenuti distanti tra loro e all'interno del Ciak Village, all'interno del giardino,
non sul luogo in cui sono stati sparati i colpi. Poi la forma in cui vengono rinvenuti poggiati
a terra è quella di guanti strappati frettolosamente dalle mani, sfilati senza neanche tirarli
per le punta delle dita, come normalmente si fa, ma facendoli scorrere partendo dal collo del
guanto verso il polso. Infatti sono rattrappiti, ripiegati su se stessi e in parte con le dita
rientrate all'interno della parte che ricopre il palmo della mano, che è la forma tipica che
assume il guanto quando viene sfilato di fretta. La circostanza che ha riferito il teste Pinta, e
cioè che i guanti erano indossati dal De Santis al momento in cui maneggiava la pistola,
deve ritenersi quindi attendibile non solo perché confermata dal reperimento dei guanti
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nelle condizioni descritte, ma anche perché sono l'unico indumento del De Santis che
presenta le tracce caratteristiche di sparo di arma da fuoco. Le uniche tracce univoche,
esclusivamente riferibili allo sparo si trovano proprio sulla parte esterna di detti guanti.
Questi dati divergono dalla corrispondente ricostruzione del perito Fratini e del consulente
della difesa, anch'egli sentito dalla Corte, secondo cui i guanti erano invece da qualche
parte, in qualche tasca dei vestiti di De Santis, prima di cadere per terra, ma ciò è altamente
improbabile perché negli indumenti del De Santis, e in particolare nelle tasche, dove pure è
stato reperito un passamontagna, tracce univoche di residui di sparo non ce ne sono, mentre
ce ne sono soltanto sui guanti, sulla parte esterna, più esposta ai residui di sparo: se ne deve
desumere che erano calzati dallo sparatore. Allora però, accertato che lo sparatore
indossava i guanti, si dimostra sbagliata l'altra parte della ricostruzione peritale perché se
indossando i guanti il De Santis fosse stato ferito, il sangue sarebbe stato trovato non solo
sul calcio della pistola, ma anche sui guanti, mentre sui guanti non c'è traccia di sangue
alcuna, né del De Santis, né di altri.
Evidentemente il perito ritiene che il de Santis sia stato ferito, si sia toccato la ferita,
avvertendo il colpo, si sia sporcata la mano di sangue, abbia estratto la pistola e abbia
trasferito il sangue dalla ferita al calcio della pistola.
Ma è evidente che non può essere andata così una volta accertato che indossava i guanti,
perché, altrimenti, si sarebbero dovute trovare sui guanti, oltre alle tracce della polvere da
sparo, anche tracce di sangue che invece sono assenti. Il sangue rinvenuto sul calcio della
pistola è viceversa giustificabile secondo un'altra dinamica, che in parte è stata in qualche
modo indicata da De Santis stesso nell'interrogatorio reso.
Va rimarcato che sono state rilevate sulla pistola, precisamente sul calcio, non solo le tracce
del sangue del De Santis, ma altresì sulla canna dell'arma anche le tracce del sangue di
Alfonso Esposito. Allora l'unica ricostruzione dei fatti che consente una logica e coerente
collocazione dinamica dei dati acquisiti è che il De Santis è stato ferito successivamente
all'esplosione dei colpi, cioè che Alfonso Esposito, ferito alla mano destra tra il pollice e
l'indice per effetto di un colpo di pistola di striscio, ha afferrato con la mano insanguinata la
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canna della pistola, la ha tolta dalle mani del De Santis e lo ha colpito in fronte con il calcio
dell'arma, come del resto ha dichiarato lo stesso De Santis.
Questo è il motivo per cui sul calcio della pistola, su tutta la parte posteriore sono state
rinvenute le tracce del sangue del De Santis. Infatti la fronte, come illustrato dal consulente
Ciallella è una zona particolarmente irrorata da vasi sanguigni e una ferita del tipo di quella
riportata dal De Santis, che tra l'altro ha la forma tipica di una virgola quasi chiusa, risulta
compatibile con un corpo contundente di forma corrispondente al calcio di una pistola e
deve necessariamente aver prodotto un'immediata e consistente perdita di sangue, tale da
lasciare tracce sulla parte posteriore della pistola. L'altro dato per cui appare certo che
Alfonso Esposito ha afferrato la pistola dopo che la stessa ha sparato è che l'arma è stata
rinvenuta scarrellata, cioè con il carrello tratto tutto indietro e con la canna nuda, m
posizione di quiete, dopo che si erano esauriti i colpi e il caricatore era stato svuotato.
Tracce del sangue di Alfonso Esposito sono state rinvenute sulla canna nuda e anche sulla
parte anteriore del carrello: l'unico modo per giustificare la presenza di sangue sulla canna
nuda è ritenere che la pistola sia stata già in quella posizione nel momento in cui Alfonso
Esposito la ha presa, altrimenti ci sarebbero state tracce di sangue sul carrello, ma non sulla
canna nuda. Il fatto che ci siano su entrambe vuol dire inequivocabilmente che la pistola era
già in quella posizione, quando Alfonso Esposito la ha afferrata dopo che il De Santis aveva
esaurito i colpi.
Tutte queste considerazioni, quindi, portano a escludere che vi sia stato un qualche tipo di
ferimento del De Santis prima che egli estraesse la pistola. Infatti non è seriamente
prospettabile l'ipotesi che il De Santis e la sua difesa hanno cercato di accreditare secondo
cui le ferite da punta sulle natiche del De Santis, ( le "puncicature" , nel gergo degli ultras)
gli siano state inferte prima che sparasse, perché i testimoni oculari al momento del contatto
col De Santis non hanno visto alcun tipo di movimento di Ciro Esposito e dei suoi sodali
riferibile ad un accoltellamento, mentre tutti, concordemente, hanno percepito il repentino
gesto del De Santis di girarsi e contemporaneamente di tirare fuori la pistola e sparare. E
poi quelle ferite sono superficiali, nemmeno sono state rilevate e refertate al pronto soccorso
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e quando sono state rilevate e refertate, cioè a sera tardi, al reparto di degenza, non sono
state trattate chirurgicamente, come riferito dal medico legale. Essendo superficiali e inferte
nello spesso tessuto adiposo di un individuo obeso, e praticate in una parte del corpo coperta
dai vestiti, esse non avrebbero mai potuto produrre un sanguinamento tale da sporcare di
sangue la mano dell'accoltellatore. Quindi anche quelle ferite da coltello verosimilmente si
collocano in una fase successiva, e cioè nel corso delle varie aggressioni di cui è stato
oggetto De Santis che si trovava riverso in terra dopo la caduta e ha sicuramente offerto il
fianco e la schiena agli aggressori nel tentativo di trascinarsi arrancando con le mani per
terra, per allontanarsi sempre di più dai suoi aggressori e guadagnare la salvezza. Del resto i
testi che più da vicino e con più completezza hanno ricostruito la vicenda, insieme anche al
video di Azzarelli, non consentono di inserire nella tempistica dell'aggressione, cioè nella
dinamica del contatto che c'è tra Ciro Esposito, il Fioretti e Alfonso Esposito, un qualche
tipo di colluttazione grave che possa aver prodotto un sanguinamento del De Santis. Mentre
gli altri testi sul punto non hanno riferito alcunché, solo il Pinto ha detto che ad un certo
punto Ciro Esposito ha raggiunto il de Santis, forse gli ha dato uno schiaffo, forse un
pugno, ma niente che possa aver provocato un sanguinamento tale da trasferirsi in più
passaggi successivi, prima sulle mani del De Santis, peraltro guantate, e poi sul calcio della
pistola. Infatti, visionando il video girato dal teste Azzarelli, ci si rende conto che i tempi
sono particolarmente ristretti.
Un consulente di una parte civile ha misurato il tempo che intercorre tra quando Ciro
Esposito scavalca il guardrail e quando si sente il primo dei quattro spari. Questo tempo è
stato calcolato in 7 secondi e 69 centesimi, mentre la distanza percorsa prima del contatto è
di 50 metri e 98 centimetri, fino al punto in cui sono stati rinvenuti i bossoli. Tempi così
ristretti bastano solo per percorrere la distanza e nel momento in cui gli inseguitori hanno
raggiunto il fuggitivo, nel momento in cui Ciro Esposito che era il primo ha forse messo le
mani addosso a De Santis, o placcandolo, come riferito dal Ferrante, o dandogli uno
schiaffo, come riferito dal Pinto, niente di più di questo può essere accaduto.
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Il teste Ferrante, nella sua deposizione ha riferito che dal momento in cui ha visto Ciro
Esposito che in qualche modo arrivava a toccare il De Santis, mettendo le mani sulle sue
spalle afferrandolo da dietro, a quando aveva perso di vista la scena, perché subito dopo i
fumogeni esplosi avevano oscurato la visuale e aveva sentito gli spari, ha calcolato il tempo
intercorso in tre, quattro secondi. Questo è un lasso di tempo insufficiente perché possa
essere accaduto tutto quello che ha riferito il De Santis, che cioè un energumeno, quindi non
Alfonso Esposito, le cui caratteristiche fische non corrispondono a tale descrizione, ha tirato
fuori una pistola, gliela ha sbattuta in testa, dopodiché c'è stata una colluttazione, a seguito
della quale è riuscito a strappargliela di mano e a sparare. Tra l'altro i tempi si
restringerebbero anche di più se lo scarrellamento che ha fatto perdere il quinto proiettile
inesploso fosse avvenuto all'inizio piuttosto che alla fine della sparatoria e il teste Pinto ha
dichiarato che il De Santis ha provato a sparare ancora dopo che si era inceppata la pistola.
Peraltro, a smentire le dichiarazioni del De Santis, c'è da considerare che chiunque porti
con sé una pistola e ne abbia quindi qualche dimestichezza, mai la brandirebbe per la canna
carica e col colpo in canna per colpire qualcuno, essendo elevatissimo il rischio che così
facendo faccia partire un colpo diretto proprio contro di sè.
Del resto dette dichiarazioni risultano contraddette da quelle rese ad Angela Tibullo da Ciro
Esposito che lo riconosce come colui che l'ha attinto con due colpi d'arma da fuoco, da
quelle di Domenico Pinto, che è testimone a pochi metri dai fatti, lo vede sparare, gli vede
puntare l'arma e sparare non alla cieca, ma mirando al corpo di Ciro.
E' falso pure quanto dichiarato dall'imputato a proposito della pistola, che cioè non fosse
sua. Non è vero, perché quando l'ispettore Carlaccini, che è il primo poliziotto a intervenire
sul teatro dei fatti, lo ha interrogato sull'arma, il De Santis ha detto di ignorare la presenza di
una pistola. Ebbene, se la pistola non fosse stata sua avrebbe avuto tutto l'interesse a dire
esattamente il contrario e a raccontare quanto invece dichiarato alla Corte e cioè che c'era
una pistola, con cui qualcuno lo aveva colpito in testa, che si era difeso, aveva dovuto
prenderla, strapparla di mano all'aggressore e difendersi sparando.
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Invece tutto ciò non è stato detto al Carlaccini che ha dovuto 1111z1are una perqms1z10ne per
trovarla, finché la Baglivo non gliela ha indicata.
Altra menzogna è quella relativa al cancello che delimita la stradina con Viale Tor di
Quinto, che il De Santis avrebbe cercato di chiudere e sotto cui si sarebbe schiacciato il
piede, secondo la sua versione dei fatti. A giudizio della Corte, si tratta di una ricostruzione
di comodo volta a dimostrare che egli cercava di difendersi da aggressori così violenti da
rompere il cancello, entrare e aggredirlo mentre lui cercava solo di difendersi, ma non è
vera. Infatti il professore Ciallella ha accertato, in base alle sue competenze tecnico­
scientifiche, che la frattura al piede del De Santis non è stata provocata da schiacciamento,
bensì da una rovinosa caduta, a cui ovviamente poi si sono aggiunti colpi violenti durante il
pestaggio subito da parte dei tifosi napoletani sopravvenuti quando sono cessati gli spari e i
feriti sono stati allontanati.
Lo svolgimento dei fatti, ricostruito al di là di ogni ragionevole dubbio dalla Corte in base
alle prove documentali, testiminiali e scientifiche acquisite è diverso.
La presenza di uomini nascosti nella stradina che conduce al Ciak Village che attendono i
tifosi napoletani che inseguono il De Santis lanciando contro di loro bombe carta e ogni
sorta di sassi e oggetti vari è certa perché testimoniata dalle deposizioni di più persone,
anche da punti di osservazione diversi.
Essi non sono stati identificati perché allontanatisi dal teatro degli accadimenti pnma
dell'intervento della Polizia, subito dopo gli spari, così come non sono stati identificati i
tifosi napoletani che, in più ondate, hanno infierito sul De Santis una volta disarmato, a
terra e inerme, nell'impossibilità di muoversi a causa della frattura.
E' altrettanto certo che i soggetti nascosti alla vista della tifoseria napoletana fossero ultras
romanisti, essendo la tifoseria romanista ostile a quella napoletana per fatti risalenti nel
tempo, con atti anche violenti di animosità reciproca protrattisi negli anni.
E' del pari certo che costoro non potevano trovarsi casualmente in quel posto appartato,
conosciuto e familiare solo al De Santis e purtroppo lasciato privo di qualsiasi presidio da
parte della Polizia (benchè fosse noto alla stessa che si trattava della "tana" di un pericoloso
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e facinoroso ultras), propno nel momento in cm vasti raggruppamenti della tifoseria
napoletana gli passavano davanti per raggiungere lo Stadio Olimpico.
E' certo, quindi, che detti "supporters" romanisti erano stati convocati da lui, per
organizzare un vero e proprio agguato contro l'invisa tifoseria partenopea, agguato cessato
immediatamente quando, al termine della sparatoria, i tifosi napoletani accorrevano in
numero soverchiante. Come e quando si sia organizzato l'agguato non è dato sapere alla
Corte, ma in realtà, si tratta di circostanza che non rileva.
In ogni caso la Corte conosce i prodomi degli accadimenti, risalenti alla notte "brava"
precedente in cui il De Santis risulta, tra l'altro, aver assunto abbondantemente cocaina.
E' fatto notorio che detto narcotico produce nell'assuntore un senso di onnipotenza associato
a una correlativa incapacità critica di razionale valutazione di fatti, azioni e circostanze.
Entrambi questi fattori hanno, con tutta evidenza, indotto l'imputato, nella sua azione di
provocazione, a sottovalutare il grave pericolo scaturente dalla reazione voluta e sollecitata
dei napoletani presenti in numero esorbitante in viale di Tor di Quinto e a sopravvalutare
la sua capacità fisica di sottrarsi all'inseguimento, ma hanno al contempo influenzato la sua
scellerata scelta di operare la provocazione con una pistola in tasca carica e con il colpo in
canna. Chi si presenta a queste condizioni ad un evento con le caratteristiche di quello in
esame prevede e accetta l'eventualità di usarla con conseguenze anche letali. E con scelta
altrettanto scellerata, intraprende la sua azione di provocazione, che non si limita ad
aggressioni verbali e gesti di sfida, ma si realizza con una forma di aggressione fisica nei
confronti dell'odiata tifoseria consistente nell'esplosione di due bombe carta e nel tentativo
di lanciarne un'altra contro un pullman di tifosi tanto pacifici da recarsi ad assistere alla
partita perfino con bambini, adolescenti e un disabile al seguito. Inutilmente nel suo
interrogatorio l'imputato ha cercato di accreditare la versione secondo cui egli sarebbe sceso
a chiudere il cancello per evitare che i tifosi napoletani potessero introdursi nel Circolo
Boreale. Tutta la serie delle deposizioni dei testimoni esaminati, il Ferrante, il Mancuso,
Aquilino Palma, Camillo Cimmino riferiscono senza esitazioni che egli li apostrofava:
"Venite giù, venite, venite, venite" e intanto esplodeva gli ordigni, "venite giù, venite"; detta
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circostanza appalesa inequivocabilmente che, invece, De Santis aveva elaborato un piano
preordinato che prevedeva la provocazione contro un pullman di tifosi napoletani inermi.
Quando Ciro Esposito e altri tifosi napoletani sentono le urla dei passeggeri del pullman,
avvertono il pericolo, scavalcano il guardrail, la provocazione contro gli occupanti
del
pullman ha termine e prosegue invece contro di loro. Domenico Pinto dice che ad un certo
punto, prima ancora di scappare, il De Santis si rivolge ai tifosi napoletani, cioè a Ciro
Esposito, incitandoli a raggiungerlo, evidentemente per realizzare il piano già predisposto
che, nel suo progetto folle, doveva concludersi con il pestaggio dei tifosi napoletani che
erano corsi ad inseguirlo dentro il vialetto, là dove sarebbe stato spalleggiato da almeno sei
individui non identificati che ovviamente, alla vista della moltitudine dei tifosi napoletani
accorrenti, non hanno potuto fare altro che scappare.
Quindi la ricostruzione dei fatti è che il De Santis lancia le bombe carta contro il pullman, si
avvede dell'arrivo dei napoletani che stavano affluendo nella stradina, cerca di attrarli
nell'agguato, percorre alla velocità che gli è consentita dalla sua mole un tratto della
stradina, i suoi spalleggiatori cominciano il lancio di bombe carta ed altri oggetti ma, resisi
conto che i tifosi del Napoli, inizialmente nascosti alla loro vista dal pullman, si stavano
riversando in numero soverchiante e minacciosi in direzione della stradina, si defilano. A
quel punto il De Santis, raggiunto da Ciro Esposito e dagli altri, rimane solo, estrae la pistola
e spara quattro colpi ad altezza d'uomo e, come è dimostrato dalla posizione di quiete in cui
è stata rinvenuta la pistola, smette di sparare soltanto quando questa ha esaurito i colpi nel
caricatore. Quando spara ha di fronte a sé ha un gruppo di inseguitori, che gli sono addosso;
il consulente Ciallella ha valutato tra i trenta e i cinquanta centimetri la distanza a cui si
trovava il più vicino che è sicuramente Ciro Esposito, ma gli altri si trovavano comunque
molto vicini e verosimilmente formavano tra di loro un fronte compatto.
E' evidente che, se con quattro colpi il De Santis coglie cinque volte
il
bersaglio,
considerando che uno dei colpi di striscio, verosimilmente quello che ha attinto la mano di
Alfonso Esposito, ha proseguito la sua corsa e ha ferito qualcun altro, la sagoma degli
aggressori doveva essere abbastanza compatta e ristretta di fronte a lui. Quindi spara nel
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mucchio ad altezza d'uomo, sempre all'altezza di organi vitali, perché Alfonso Esposito
viene attinto alla mano, Ciro Esposito alla mano e al torace e il Fioretti viene attinto al polso
e al braccio. Il Fioretti in particolare viene colto in una posizione aggressiva, mentre stava
inseguendo il De Santis, verosimilmente brandendo un'asta di bandiera o qualche oggetto
del genere di quelli poi rinvenuti dalla Polizia, con il braccio alzato per vibrare un colpo.
La diversa, inattendibile, ricostruzione dei fatti della perizia Fratini, secondo cui il De Santis
sarebbe stato in qualche modo ferito a sangue prima di esplodere i colpi d'arma da fuoco,
fatta propria nelle sue tardive dichiarazioni rese in dibattimento dall'imputato, (in sede di
udienza di convalida si era avvalso della facoltà di non rispondere ), mira a posporre la sua
reazione armata rispetto alla reazione aggressiva dei napoletani seguita alla sua
provocazione, per attenuare la sua responsabilità. In realtà il sangue del De Santis è
cominciato a scorrere solo dopo gli spari, o dalla frattura esposta della gamba, riportata in
esito alla caduta, avvenuta sicuramente in prossimità del posto dove sono stati rinvenuti i
bossoli, dopo gli spari o più probabilmente, dalla fronte, zona assai irrorata, dando luogo a
quello che la Polizia scientifica correttamente descrive come imbrattamento di sangue sul
terreno e il perito Frattini enfaticamente, ma impropriamente, descrive come pozza di
sangue. I fatti susseguenti agli spari, al colpo inferto alla fronte del De Santis con la sua
stessa arma ormai scarica, sono consistiti nel tentativo di questi di sottrarsi alla rappresaglia
dei tifosi napoletani che a più ondate si sono riversati nella stradina infierendo
selvaggiamente, anche con le cosiddette "puncicate" (di cui alla documentazione sanitaria)
su lui, ormai inerme e steso al suolo dopo la caduta. Nè può essere condivisa la
prospettazione difensiva secondo cui nell'aggressione di Ciro Esposito e degli altri accorsi
per primi contro il De Santis per punirlo di quanto aveva fatto, sarebbe ravvisabile un
arresto in flagranza di reato da parte dei privati previsto dall'art. 383 C.P.P. Il soccorso della
Baglivo e degli altri al De Santis e l'imminente arrivo della Polizia hanno concluso la
vicenda, vicenda che con lo scambio reciproco di violenze tra gruppi di tifosi romanisti e
napoletani innescato dalla provocazione dell'imputato integrano viceversa gli elementi
costitutivi del delitto di rissa contestato.
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Per quanto riguarda l'ipotizzabilità della legittima difesa, ancorché putativa, invocata dalla
difesa, la Corte osserva che gli orientamenti dominanti, ormai consolidati della
giurisprudenza di legittimità sul rapporto tra il delitto di rissa e la scriminante della legittima
difesa esclude sempre e comunque che in caso di rissa la scriminante possa ricorrere, perché
nella rissa le parti accettano la situazione di pericolo nella quale loro stesse si sono poste
(Cass. 5° sez. 9/1/2008, 2/2/2009, ex plurimis, da ultimo la Sez. 1° della Suprema Corte,
con sentenza n.12740 del 20/12/2011: "l'uso della parola 'necessità' nella formulazione
legislativa della legittima difesa di cui all'art.52 C.P. ha una portata perentoria che esclude,
dal suo rigoroso orizzonte applicativo, qualsiasi caso di volontaria determinazione di una
situazione di pericolo, ivi compreso quello in cui l'agente abbia contribuito ad innescare una
sorta di duello o sfida contro il suo avversario o attuato una spedizione punitiva nei sui
confronti". Nel caso di specie l'accettazione della situazione di pericolo in cui i corissanti
incorrono è sicuramente certa per il De Santis, che ne è tanto consapevole da munirsi di
pistola carica e con il colpo in canna per affrontarla, ben determinato di andare a provocarla.
Ma l'accettazione della situazione di pericolo rispetto alla quale poi non si può invocare la
legittima difesa avviene anche da parte degli altri soggetti rissanti che aggrediscono il De
Santis. Il loro comportamento è legittimo e addirittura commendevole fino a che mettono in
fuga il De Santis, ma il successivo inseguimento non ha più nessuna funzione di protezione
del pullman e dei sui passeggeri, esposti fino allora all'aggressione, che viene meno con il
loro solo comparire sulla scena che già ottiene la cessazione dell'aggressione del De Santis,
con l'interruzione del lancio delle bombe carta e il suo allontanamento precipitoso .
Da quel momento in poi la protrazione dell'azione consistente nell'inseguimento e in quanto
ne è scaturito non ha più nessuna funzione difensiva nei confronti di terzi, ma è solo
un'aggressione punitiva nei confronti del De Santis, rispetto alla quale non può in nessun
modo invocarsi la scriminante.
Tra l'altro se la Cassazione afferma che tendenzialmente nella rissa non è mai configurabile
l'esimente della legittima difesa, tranne in casi eccezionali, perché in essa tutti i soggetti
coinvolti danno causa, con il proprio comportamento, alla situazione di pericolo, dice pure
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che nelle rare situazioni in cui, in astratto, la scriminante si potrebbe configurare, occorre
che la reazione del soggetto che la invoca sia delimitata dai requisiti di proporzionalità e
adeguatezza fissati dall'articolo 52 C.P. La reazione del De Santis nei confronti dei soggetti
che lo inseguono a mani nude o, al massimo, brandendo delle aste di bandiera, consistendo
nell'estrarre una pistola e fare fuoco all'impazzata ad altezza d'uomo fino a esaurire il
caricatore sicuramente non è riconducibile ai parametri di adeguatezza e di proporzionalità
dettati dall'articolo 52 C.P. L'unico margine di legittima difesa che la Cassazione ammette
è l'ipotesi che nel corso di una rissa, a rissa già avviata, vi sia un'azione assolutamente
imprevedibile e sproporzionata, diversa e più grave di quella accettata, assolutamente
spropositata ed esorbitante rispetto a quella messa in atto dai corissanti (Cass. Sez. 1°
14/12/1992, 26/1/1993 , ex plurimis). Essa non può applicarsi nemmeno in favore degli altri
imputati
poiché la loro azione aggressiva è iniziata prima che il De Santis sparasse.
La Corte non può non rilevare, tenuto conto della enunciata ricostruzione dei fatti, come
nelle cronache degli scontri fra tifosi avvenuti in patria,
la tragica vicenda per cui è
processo sia stata un unicum, prima inaudito. In altri episodi mai si è fatto uso di armi da
fuoco, giungendo al massimo all'uso del coltello, ma mai usato per uccidere, bensì sempre e
solo con l'intenzione di procurare ferite superficiali, come quelle subite dall'imputato,
appunto le "puncicate". Ed è indubitabile che l'intensità del dolo dimostrato dal De Santis
fino a lambire le forme della premeditazione, sia massima . Egli, secondo la dinamica dei fatti
ritenuta dalla Corte, preordina, in concorso con altri soggetti, un vero e proprio agguato e
non solo si premunisce di bombe carta, ma anche di una pistola che porta appresso carica e
con il colpo in canna, perché lo sviluppo e la progressione dell'agguato progettato è tale per
cui egli prevede che possa determinarsi una situazione per cui debba sparare.
Quanto alla condotta degli altri imputati, per Alfonso Esposito è indubitabile che è stato lui a
produrre la grave ferita alla fronte procurata al De Santis. Egli, dopo che sono finiti i colpi
di pistola, mentre alcuni dei suoi compagni e altri che sopraggiungevano prestavano le prime
cure a Ciro Esposito riverso in terra, ha intrapreso, assieme ad altri ancora, la prima grave
aggressione nei confronti di De Santis quando era inerme, usando la sua pistola scarica,
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impugnata per la canna come corpo contundente, colpendo in modo molto violento almeno
una volta. Quindi questa lesione è univocamente e esclusivamente attribuibile ad Alfonso
Esposito e questo consente di ritenerne la responsabilità piena sia per il delitto di rissa, in cui
tutti quanti concorrono, sia per le lesioni subite dal De Santis.
Per quanto riguarda il Fioretti
è provata la sua presenza mmacc1osa nella fase
dell'inseguimento con il corpo atteggiato a vibrare un colpo, a brevissima distanza dal
fuggitivo, come dimostrato dal fatto che egli è stato investito dalla "nube" dello sparo e dalla
gravità delle lesioni riportate. Questi fatti asseverano la sua piena partecipazione alla rissa.
Ritiene, quindi, la Corte che sussista, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità
di tutti gli imputati in ordine a tutti i reati loro rispettivamente ascritti, eccezion fatta per le
lesioni inferte al De Santis diverse dalla ferita lacero contusa con ematoma frontale con esito
di sfregio permanente attribuibili, con grande probabilità ad altri rissanti rimasti ignoti,
intervenuti dopo gli Esposito e il Fioretti.
Passando ora al trattamento sanzionatorio, al De Santis possono essere riconosciute le
attenuanti generiche, da ritenere equivalenti alle aggravanti contestate, esclusivamente in
considerazione delle gravissime e invalidanti lesioni riportate nell'occorso. I delitti a lui
ascritti risultano avvinti da evidente unicità di disegno criminoso e, tenuto conto dei criteri
di cui all'art. 133 C.P, in specie la scelleratezza della condotta e la forte intensità del dolo,
pena equa da infliggergli è quella di anni 26 di reclusione ( p.b. per il delitto di omicidio:
anni 23 + mesi 2 per il capo A) + mesi 4 per il capo C) + anni 1 per il capo D) + mesi 6 per
il capo F) + anni 1 per il capo E ), cui segue la condanna al pagamento delle spese
processuali e di custodia cautelare.
Anche l'Esposito e il Fioretti sono meritevoli di attenuanti generiche (da
dichiarare
equivalenti alle contestate aggravanti di cui ricorrono i presupposti oggettivi e soggettivi),
in considerazione sia della loro incensuratezza sia del fatto di aver subito una provocazione
che, sebbene non riconoscibile come attenuante specifica per chi partecipa a una rissa (Cass.
Sez. 5° 17/10/2005, 30/11/2005 n. 43382), può essere presa in considerazione sotto il profilo
delle attenuanti generiche.
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Anche i delitti loro ascritti risultano avvinti da evidente unicità di disegno criminoso e,
tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 C.P., (non può tacersi la gravità del fatto,
commesso in occasione di una competizione sportiva che dovrebbe essere ispirata a ben altri
valori), pena equa da infliggere a ciascuno è quella di mesi otto di reclusione, (p.b. per il
delitto di lesioni: mesi 6 + cont.), cui segue la condanna al
pagamento
delle
spese
processuali e di custodia cautelare.
Sussistono i presupposti per l'applicazione ad entrambi gli imputati di entrambi i benefici di
legge.
Ai sensi degli artt. 29 e 30 cp, il De Santis va dichiarato interdetto in perpetuo dai pubblici
uffici e legalmente interdetto durante la pena.
Ai sensi degli artt. 538 e 539 cpp, lo stesso va altresì condannato al risarcimento dei danni da
liquidarsi in separata sede nei confronti di delle parti civili familiari di Esposito Ciro, di
Esposito Alfonso e di Fioretti Gennaro ed inoltre al pagamento di una provvisionale
immediatamente esecutiva in favore di Leardi Antonella e Esposito Giovanni ammontante
ad € 50.000,00 ciascuno; in favore di Esposito Michele e Esposito Pasquale ammontante a €
20.000,00 ciascuno, ritenendosi per tali importi già raggiunta la prova del danno. Il De
Santis va infine condannato alla rifusione delle spese di costituzione e difesa delle citate
parti civili che, tenuto conto dell'impegno professionale che il presente procedimento ha
richiesto si stima congruo liquidare in € 6.300,00 complessivi per Leardi Antonella; in €
7.500,00 per Esposito Giovanni e Esposito Michele; in € 6.300,00 per Esposito Pasquale .
Il De Santis va pure condannato al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede nei
confronti del comune di Napoli nonché alle spese di costituzione e difesa che liquida in
€ 6.300,00.
Esposito Alfonso e Fioretti Gennaro vanno condannati al risarcimento
del
danno,
da
liquidarsi in separata sede, in favore di De Santis, nonché alla rifusione delle spese di
costituzione e difesa che liquida nella misura di € 6.300,00 complessivi.
Trattandosi di cose pertinenti a reato, va disposta la confisca e distruzione degli oggetti in
sequestro, ad eccezione dell'arma da sparo, di cui va disposta la sola confisca.
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Ai sensi dell'art. 544 III co cpp, attesa la complessità della motivazione, si indica in giorni
sessanta il termine per il deposito della sentenza
P.Q.M.
Visti gli articoli 533 e 535 c.p.p.
dichiara
De Santis Daniele colpevole dei reati a lui ascritti unificati nella continuazione e con
attenuanti di generiche equivalenti alle contestate aggravanti, lo condanna alla pena di anni
26 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare;
dichiara
il De Santis interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e legalmente interdetto durante la
pena;
condanna
il predetto al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede nei confronti di delle parti
civili familiari di Esposito Ciro, Esposito Alfonso e Fioretti Gennaro ed inoltre al
pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva in favore di Leardi Antonella e
Esposito Giovanni ammontante ad € 50.000,00 ciascuno, in favore di Esposito Michele e
Esposito Pasquale ammontante a € 20.000 ,00 ciascuno;
condanna
De Santis alla rifusione delle spese di costituzione e difesa che liquida in € 6.300,00
complessivi per Leardi Antonella, in € 7.500,00 per Esposito Giovanni e Esposito Michele,
in € 6.300,00 per Esposito Pasquale;
condanna
l'imputato al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede nei confronti del comune
di Napoli nonché alle spese di costituzione e difesa che liquida in € 6.300,00.
dichiara
Esposito Alfonso e Fioretti Gennaro colpevoli dei reati a loro ascritti ai capi A) e G) della
rubrica, limitato il capo G) alle sole lesioni di ferita lacero contusa e ematoma frontale con
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esito di sfregio permanente, unificati nella vincolo della continuazione e con attenuanti
generiche equivalenti alle contestate aggravanti, li
condanna
alla pena di mesi otto di reclusione ciascuno oltre alle spese processuali e di custodia
cautelare; pena sospesa e non menzione.
Visto l'art. 530 c.p.p. assolve i predetti dalle residue lesioni di cui al capo G) per non aver
commesso il fatto
condanna
i predetti al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore di De Santis
nonché alla rifusione delle spese di costituzione e difesa che liquida nella misura di
€ 6.300,00 complessivi.
Confisca e distruzione di quanto in sequestro ad eccezione dell'arma da sparo, di cui dispone
la sola confisca.
Giorni sessanta per il deposito della motivazione.
La Presidente
(dott.ssa Evelina Canale)
LJJ,
ILFUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Paolo W!!._SJO
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