PREMIO INTERNAZIONALE DI CRITICA CINEMATOGRAFICA

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PREMIO INTERNAZIONALE DI CRITICA CINEMATOGRAFICA
 PREMIO INTERNAZIONALE DI CRITICA CINEMATOGRAFICA “MAURIZIO GRANDE” Martedì 10 novembre ore 20.30 Cinema Odeon. In collaborazione con Circolo del Cinema “Charlie Chaplin” Con Gioia Costa, Enrico Magrelli, Jean Paul Manganaro, Piero Montani, Jean Louis Comolli, Claudio Scarpelli Il Premio Internazionale “Maurizio Grande” per la critica e la saggistica cinematografica è dedicato alla figura di un grande e appassionato studioso prematuramente scomparso, che ha lasciato alla cultura italiana il lascito prezioso di una feconda attività accademica e di fondamentali studi nei campi della letteratura, della semiotica, del teatro e della cinematografia. Istituito e promosso dal Circolo del Cinema “Charlie Chaplin” di Reggio Calabria, il premio, con il patrocinio, della Regione Calabria e da qualche anno in collaborazione con l’Horcynus Festival, viene conferito all’eccellenza nel campo degli studi filmologici e storici italiani e francesi grazie al lavoro di una giuria italo-­‐francese che designa annualmente due autori, uno per ciascun Paese. I premiati di quest’anno sono, per la sezione francese, Benoit Turquety (assistente nella sezione di Storia ed Estetica del Cinema dell'Università di Losanna. Le sue ricerche sono focalizzate sulla storia e l'epistemologia delle tecniche cinematografiche, e più particolarmente il Cinématographe Lumière, il Kinemacolor, gli apparecchi Paillard Bolex e i dispositivi numerici) e per la sezione italiana Ivelise Perniola (docente di Storia e Critica del Cinema e Cinematografia documentaria all'Università Roma Tre. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Chris Marker o del Film Saggio, 2003; Oltre il neorealismo, 2004; L’immagine spezzata. Il cinema di Claude Lanzmann, 2007. Ha curato Cinema e Letteratura: percorsi di confine, Marsilio 2001, e scritto diversi saggi dedicati al cinema di nonfiction italiano e internazionale). ARCIPELAGHI DELLA VISIONE, IL CINEMA ALL’HORCYNUS FEST Taxi Teheran martedì 10 novembre ore 22.00, Cinema Odeon di Reggio Calabria Anime nere mercoledì 11 nov ore 18.00, Aula Magna Architettura Università Mediterranea Segreti di stato giovedì 12 nov ore 18.00, Aula Magna Architettura Università Mediterranea Arcipelaghi della visione, sezione a cura di Franco Jannuzzi, è lo sguardo che l’Horcynus Festival lancia alla cinematografia del Mediterraneo, per allargarlo all’Europa e al Mondo, alla ricerca di connessioni, contatti, incontri possibili e impossibili. Martedì 10 novembre, subito dopo la consegna del Premio cinematografico “Maurizio Grande”, Inaugura la sezione “Taxi Teheran”, film del 2014 di Jafar Panahi, presentato nel 2015 al pubblico della Berlinale aggiudicandosi l'Orso d'oro come miglior film e il Premio Fipresci. Panahi è stato condannato dalla giustizia iraniana a 20 anni di proibizione di girare film, scrivere sceneggiature e rilasciare interviste, pena la detenzione per sei anni. Ma non c'è sentenza che possa impedire ad un artista di essere se stesso ed ecco allora che il regista continua a sfidare il divieto e ci propone un'opera destinata a rimanere quale testimonianza di un cinema che si fa militante proprio perché non fa proclami ma mostra la quotidianità del vivere in un Paese in cui le contraddizioni si fanno sempre più stridenti. La telecamera incorporata in un telefonino riprende i passeggeri di un taxi che attraversa le strade di Fondazione Horcynus Orca - [email protected], www.horcynusorca.it
Teheran in un giorno qualsiasi. “Raramente la finzione è stata così 'vera' al cinema”, dalla recensione di Giancarlo Zappoli. Mercoledì 11 novembre, alle ore 18.00 nell’Aula magna di Architettura dell’Università Mediterranea, spazio, invece, al film di Francesco Munzi “Anime Nere” e a seguire incontro con Gioacchino Criaco, l’autore del romanzo che ha ispirato il film e co-­‐sceneggiatore. Intervengono: il magistrato Roberto Lucisano, il giornalista dell’ANSA Paolo Diano, il sindaco di Riace Domenico Lucano, il presidente del Circolo Chaplin Claudio Scarpelli. Dalla recensione di Barbara Sorrentini, Cineforum: “Capre e sangue. Un piccolo paese della Calabria che diventa cuore pulsante di traffici di droga, da nord a sud, tenuti insieme da una famiglia, allargata in clan. I riti arcaici, la tradizione pastorizia, la spirale affettiva, fatta anche di odio, tradimento e morte, con l'impossibilità di spezzare i vincoli mafiosi, rappresentano il contesto sociale in cui si svolge Anime Nere di Francesco Munzi, primo film italiano in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2014. Un po' come in Luna Rossa di Antonio Capuano, nel film si seguono i meccanismi umani e psicologici che si scatenano all'interno di un clan, tra istanze vendicative e desiderio di rottura. Come spiega l'autore e co-­‐sceneggiatore Criaco, i tre fratelli protagonisti di Anime Nere sono attraversati da tutti questi elementi: Luigi è un trafficante internazionale di droga; Rocco vive a Milano e fa affari con le imprese riciclando denaro sporco; Luciano vive in Aspromonte e spera di tornare a vivere in una civiltà contadina onesta, ma il figlio adolescente cresciuto in quella sorta di deserto sociale preferisce seguire lo zio trafficante e affiliarsi al clan. Una storia normale, tutto sommato, che non siamo abituati a vedere ma ne constatiamo le conseguenze ogni giorno. Milano, il nord, il controllo del territorio e degli affari in Lombardia è molto imponente da parte della 'ndrangheta e il film riesce a suggerire, in parte, anche questo. Africo, il paese calabrese in cui risiede la famiglia, con le madri e mogli, donne di mafia che vivono nell'omertà e caldeggiano la vendetta, aveva già attirato l'attenzione di Corrado Stajano a fine anni '70. Nel suo libro, questo paesino diventava luogo e metafora di un'Italia malata, di uno Stato incapace di sradicare le radici mafiose dal proprio territorio, anzi, più spesso alimentandone la crescita”. Giovedì 12 novembre, alle ore 18.00 nell’Aula magna di Architettura dell’Università Mediterranea, si propone al pubblico il film Segreti di stato, del regista Paolo Benvenuti (2003). La pellicola, presentata in concorso al Festival del Cinema di Venezia, offre una ricostruzione molto lontana da quella ufficiale della strage di Portella della Ginestra, la prima strage dell’Italia Repubblicana, risalente al I maggio 1947 in cui morirono 11 operai e ci furono vari feriti gravi. Fu condannata per quell’eccidio la banda di Salvatore Giuliano. La storia del film parte da qui, da quando, nel corso del processo che si è svolto nel 1951 a Viterbo, un avvocato, non del tutto convinto dai risultati dell'inchiesta, decide di condurre segretamente altre indagini. Partendo da un piccolo particolare, il calibro delle pallottole estratte dai corpi delle vittime, si dipana un personale filo di Arianna che lo porta a raccogliere nuove testimonianze sul luogo della strage. Il quadro geografico di Portella della Ginestra, un pianoro incolto e sassoso in provincia di Palermo, ha un'importanza fondamentale nelle sue indagini e gli consente di ricostruire una dinamica della strage di gran lunga diversa da quella “ufficiale”. “Il primo a parlarmi della strage di Portella della Ginestra fu Danilo Dolci nel 1996. Durante la sua detenzione nel carcere dell'Ucciardone di Palermo – sottolinea il regista Paolo Benvenuti – in cui era finito per aver capeggiato 40 anni prima uno sciopero di contadini affamati, avvicinò gli uomini della banda di Salvatore Giuliano e li intervistò. Iniziò così una ricerca sistematica che Dolci e i suoi Fondazione Horcynus Orca - [email protected], www.horcynusorca.it
collaboratori condussero per anni in Sicilia occidentale, ascoltando testimoni, vittime della strage e quanti avevano visto cose che non avrebbero mai dovuto vedere. Non conoscevo nulla della Sicilia del Dopoguerra, del Separatismo, delle lotte contadine, del banditismo, degli intrighi politici, dei morti ammazzati. Studiai per anni e – continua Benvenuti – quello che si andava svelando ai miei occhi era una storia di legami inconfessabili tra criminalità organizzata e politica, tra pezzi dello Stato italiano agli albori della Repubblica e il banditismo più efferato e sanguinario. Prima di morire, Dolci mi fece promettere che ne avrei tratto ‘un film semplice, alla portata di tutti, perché gli italiani devono sapere che Portella della Ginestra è la chiave per comprendere la vera storia della nostra Repubblica. Le regole della politica italiana di questo mezzo secolo sono state scritte con il sangue delle vittime di quella strage’. Il film è nato da quella promessa”. MUSICA NOMADE, TRA NOTE E POESIA In vita, MATTANZA in concerto giovedì ore 20.30 al Teatro Cilea (ingresso 5€) Debutto
La sezione Musica Nomade, diretta da Giacomo Farina, porta all’Horcynus Festival nuovi “incontri” musicali, proseguendo il viaggio tra sonorità mediterranee, antiche e moderne, che lo caratterizzano da sempre. Nell’appuntamento di giovedì alle ore 20,30 al Teatro Cilea di Reggio Calabria assisteremo a un incontro tra arti, musica e poesia, in particolare. La poesia come strumento per salvaguardare la memoria e proiettarsi nella realtà contemporanea è il concetto che ha caratterizzato il lavoro di ricerca e creativo in più di 20 anni di attività dei Mattanza. Fin da quando Mimmo Martino, fondatore e tutt’ora ispiratore (a 10 mesi dalla sua scomparsa) del progetto, inaugurava una nuova forma di riscoperta della cultura popolare meridionale, mantenendo saldo il legame con i “conservatori” della saggezza popolare, gli anziani dai quali traeva memorie e ispirazione, ma offrendo l’opportunità ai nuovi “trovatori” di vedere musicate le proprie poesie. Ed è proprio come una lunga poesia che si snoda questo concerto: ogni “quartina”, formata da quattro brani musicali, verrà suggellata da un “ritornello” costituito da due interventi dei poeti ospiti: Maria Costa, Biagio Guerrera, Daniel Cundari e il rapper Kento. Sarà un dialogo fra due linguaggi espressivi da sempre accomunati, in perenne, affascinante equilibrio. Maria Costa (Messina 1926), nata e vissuta nel rione della Case Basse di Paradiso, nelle sue poesie in dialetto messinese custodisce e canta la memoria collettiva della città dello Stretto distrutta dal catastrofico terremoto nel 1908. I suoi versi sono raccolti in diversi volumi tra i quali Farfalle serali (1978), Mosaico (1980), 'A prova 'ill'ovu (1989) e Cavaddu 'i coppi (1993). A lei hanno dedicato servizi e interviste numerosi media e reti televisive straniere (Francia e Russia), e tesi di laurea elaborate nelle Università di Palermo, Messina, Udine, Catania e Siena. La sua figura è celebrata nel cortometraggio “Come le onde” del giovane regista messinese Fabio Schifilliti. Nel 2006 il suo nome è stato iscritto nel registro dei “Tesori Umani Viventi” dall’Unità Operativa XXVIII – Patrimonio UNESCO, Registro Eredità Immateriali della Regione Siciliana. Daniel Cundari (Rogliano, 1983) scrive in dialetto calabrese, italiano e spagnolo. Ha studiato Lettere Moderne e Relazioni Internazionali a Siena e in Spagna. È autore di Cacagliùsi / Balbuzienti (Roma, Fondazione Horcynus Orca - [email protected], www.horcynusorca.it
2006); Il dolore dell'acqua (Roma, 2007) e Geografia feroz (Granada, 2011). Con i precedenti libri di poesia ha vinto numerosi premi, tra cui il G. Guida, l’Internazionale Tropea O.M. Speciale Critica, il Mons Aureus -­‐ Progetto Sud di Palermo. In Spagna, per Geografia feroz, gli è stato assegnato il ‘Premio Genil de Literatura’ di Granada, abitualmente destinato ad artisti iberici. Per i suoi testi è stato invitato al Principato di Monaco, a Nizza, Erlangen, Marbella, Marsiglia, Gdańsk. Nel 2009 è stato il poeta straniero più giovane ospite della Cátedra Federico García Lorca, diretta da Antonio Carvajal. Biagio Guerrera (Catania, 1965) studia canto con Michiko Hirayama. È tra i fondatori del collettivo artistico Famiglia Sfuggita con cui nel 1992 presenta, a Santarcangelo dei Teatri, Idda, poi pubblicata nella raccolta omonima da Il Girasole (Valverde, 1997). L'amore per la musica e la poesia lo ha portato a collaborare con Emanuele Casale, Francesco Cusa, Gianni Gebbia, David Grubbs, Carmelo Vassallo, Stefano Zorzanello. Nel 2003 pubblica, nel catalogo di Mesogea, Dalle sponde del mare bianco, con i Dounia e il poeta tunisino Moncef Ghachem. Molto attivo come curatore e operatore culturale (Associazione Musicale Etnea, Festival Internazionale di poesia Voci del Mondo, Associazione Leggerete, Centro Culturale Zo) dirige insieme ad Aldo Palazzolo il periodico di arte e cultura Charade. Sue poesie sono state pubblicate in varie riviste e antologie. Francesco "Kento" Carlo (Reggio Calabria, 1976) si avvicina al microfono nei primi anni '90, mosso da un naturale approccio antagonista e ispirato dal rap combattente delle posse attive in quegli anni. Trasferitosi a Roma nel 1995, si unisce al collettivo de "Gli Inquilini", con cui -­‐ tra il 2003 e il 2007-­‐ produce 4 album. Nel frattempo consolida il suo progetto tra l'Hip-­‐Hop e il Reggae (tuttora attivo) con i reggini Kalafro Sound Power, il cui disco d'esordio, Solo l'Amore, vede la luce nell'estate 2007. In questi anni Kento si esibisce in tutta la penisola, collabora con decine di artisti, ma soprattutto raccoglie intorno a sé il consenso di un pubblico vasto ed eterogeneo, che mette insieme hiphoppers e militanti, ragazzi delle periferie e intellettuali, critici musicali e artisti di ogni genere. Esce nel 2009 il suo disco d'esordio solista Sacco o Vanzetti e le recensioni – per la maggior parte entusiastiche – attestano l’unicità di questo lavoro trasversale, capace di parlare a gruppi sociali e demografici finora divisi e a volte addirittura contrapposti. Nel 2010 ritorna assieme ai suoi Kalafro con Resistenza sonora, album di rivolta contro l'oppressione della malavita organizzata e delle ingiustizie di uno stato sempre meno a favore del popolo, e con l'omonimo singolo ricevono attenzioni e consensi da tutta Italia. LA NUOVA DRAMMATURGIA DELLE MIGRAZIONI TRA TERRE E MARE A-SOLO. Studi di assenza in pubblico venerdì ore 20.30 al Teatro Cilea (ingresso 5€)
MigrAzioni tra terre e mare è la finestra dell’Horcynus Festival che esplora, attraverso il teatro e la contaminazione dei diversi linguaggi artistici, il tema dell’impegno civile. I contenuti della sezione, diretta da Massimo Barilla, sono fondati sull’area in cui si svolge il Festival: lo Stretto di Messina, punto nodale e di dialogo costante tra terra e mare. Il mito, il viaggio, la centralità del Mediterraneo sono dunque i principali riferimenti ideali. Dopo il successo del 30 ottobre, con il prologo affidato a Mana Chuma Teatro con lo spettacolo “Come un granello di sabbia. Giuseppe Gulotta, storia di un innocente”, venerdì 13 novembre alle ore 20.30 al Teatro Cilea va in scena “A-­SOLO. Studi di assenza in pubblico”, una produzione VolterraTeatro – Carte Blanche – Centro Nazionale Teatro e Carcere – Compagnia della Fortezza, per la regia e Fondazione Horcynus Orca - [email protected], www.horcynusorca.it
drammaturgia di Armando Punzo, con Aniello Arena, musiche originali eseguite dal vivo di Andrea Salvadori. Lo spettacolo è stato realizzato grazie alla collaborazione dei gruppi di creazione artistica condivisa di Pomarance e Volterra (collaborazione artistica Silvia Bertoni, Laura Cleri, Emanuela Dall'Aglio, Alessandro Marzetti, Yuri Punzo, Alice Toccacieli; supervisione tecnica Carlo Gattai, Andrea Berselli; organizzazione generale Cinzia de Felice; amministrazione Isabella Brogi; coordinamento generale Domenico Netti; cura Rossella Menna) e nasce all’interno del “miracolo” che è ormai da diversi anni la Compagnia della Fortezza, fondata nel 1988 come progetto di laboratorio teatrale nel Carcere di Volterra, in Toscana, e diventato, nel corso degli anni, una delle esperienze artistiche e di risocializzazione di detenuti più premiate e apprezzate. L’attenzione rivolta alla qualità artistica da parte della Compagnia della Fortezza ne ha fatto un “caso scuola” che ha rivoluzionato stabilmente le attività artistiche all’interno e all’esterno del penitenziario (con detenuti-­‐attori impegnati anche in tournée) e ha portato alla produzione, in media, di uno spettacolo all’anno. Nella nuova produzione che debutta a Reggio, il protagonista assoluto è l’attore Aniello Arena, che dopo quasi quindici anni di successi con la Compagnia della Fortezza, dopo un ruolo da protagonista nel film Reality di Matteo Garrone (Gran Prix a Cannes 2012), dopo un Nastro d’Argento come miglior attore italiano 2013 e una candidatura, nello stesso anno, ai David di Donatello come miglior attore, si cimenta in un a solo. Il regista Armando Punzo ha chiesto che ad accompagnare l’attore nel percorso di composizione drammaturgica fossero gli spettatori stessi, in un esperimento di creazione artistica condivisa. Attraverso una serie di appuntamenti-­‐prove, due gruppi di cittadini di Volterra e Pomarance sono stati interlocutori diretti del regista e dell’attore, protagonisti attivi della formazione di pensieri e testi, “levatrici” di immagini e atmosfere, nonché testimoni privilegiati della magia della nascita di un nuovo spettacolo teatrale. In questi studi di assenza in pubblico l’artista si confronta allora di volta in volta con il pubblico in sala, chiamato a intervenire, a istituire con l’attore una relazione effettiva guidata da Armando Punzo, per stabilire insieme una qualità della presenza altra rispetto a quella ordinaria, per fare teatro. Aniello Arena ricostruisce così sulla scena una storia senza aneddoti e senza cronologia, in cui ripercorre per suggestioni la sua biografia riscritta, le sue maschere, le sue metamorfosi, le figure ormai storiche a cui ha dato vita negli anni, facendo riemergere le parole e i pensieri che hanno innescato, guidato, modellato il suo personale atto di sospensione, il suo straordinario percorso artistico, filosofico e umano. Fondazione Horcynus Orca - [email protected], www.horcynusorca.it