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Efficacia pratica della terapia con radiofrequenze del piccolo
epatocarcinoma di diametro inferiore a 3.5 cm
A. Salmi, R. Turrini, G. Lanzani, G. Viviani, D. Giacomin, A. Zappella, A. Savio, F. Pirali
Unità Operativa di Gastroenterologia, Dipartimento di Anatomia Patologica, Cattedra di Igiene Università degli Studi di Brescia
Ospedale Sant’Orsola Fatebenefratelli, Brescia
Parole chiave:
Epatocarcinoma;
Trattamento ablativo con
radiofrequenza; Terapia;
Sopravvivenza; Ecografia
Scopo dello Studio. Valutare l’efficacia terapeutica, la ricorrenza di malattia, le complicanze e la
sopravvivenza di pazienti sottoposti a trattamento ablativo percutaneo con radiofrequenze per epatocarcinoma singolo di diametro inferiore o uguale a 3.5 cm oppure multiplo fino a 3 lesioni con
diametro inferiore a 3 cm.
Metodi. In un periodo di 7 anni è stata eseguita terapia ablativa con radiofrequenze in 184 noduli di
epatocarcinoma di 156 pazienti consecutivi non candidabili all’intervento chirurgico diagnosticati in
un programma locale di screening.
L’approccio percutaneo è stato evitato in quanto impossibile o rischioso nel 10.2% dei pazienti in
cui è stata preferita la guida laparoscopica.
Risultati. (1) Nessun paziente è deceduto a causa del trattamento; solo il 3.2% dei casi ha presentato complicanze maggiori; (2) il trattamento ha conseguito una risposta completa nell’83.7% dei
noduli e nell’87.1% dei pazienti alla TC trifasica eseguita ad 1 mese dalla procedura con un tasso
di recidiva locale ad 1, 2 e 3 anni del 10%, 20% e 25%; (3) la sopravvivenza a 3 e 6 anni è stata del
69.3% e 34.6%, ma più elevate 79% e 54% in cirrotici Child A; (4) variabili che hanno inciso significativamente sulla sopravvivenza sono state il grado di funzionalità epatica (p<0.03), (5) la comparsa di nuove lesioni separate dalla prima trattata (p<0.023) e la risposta completa al trattamento in
termini di necrosi (P<0.001) utilizzando la regressione di Cox e calcolando gli hazard ratio e i loro
relativi intervalli di confidenza al 95%.
Conclusioni. La termoablazione con radiofrequenze è un trattamento per piccoli epatocarcinomi
affidabile in termini di sicurezza ed efficacia anche nella pratica clinica seppur in minore proporzione rispetto a quanto descritto nei più recenti report di efficacia dei centri di riferimento.
Effectiveness of radiofrequency ablation for HCCs measuring 3.5
cm or less
Key words: Hepatocellular
carcinoma; Radiofrequency
ablation; Therapy;
Survival; Ultrasonography
Objective. To evaluate the therapeutic effectiveness, local recurrence and complication rates, and
long-term outcomes of percutaneous radiofrequency ablation for hepatocellular carcinoma (HCC)
(isolated nodules measuring ≤ 3.5 cm or < 3 lesions, each measuring ≤ 3 cm).
Methods. Over a period of 7 years, we used radiofrequency ablation as the first-line treatment
for 184 HCC nodules in 156 consecutive diagnosed patients who were ineligible for surgery.
Percutaneous approaches were used in most cases, but laparoscopic approaches were preferred for
safety reasons in 16/156 (10.2%) patients.
Results. There were no treatment-related deaths. Severe complications occurred in 5/156 (3.2%)
patients. Computed tomography (CT) performed one month after the procedure revealed complete
ablation in 154/184 (83.7%) nodules and in 136/156 (87.1%) of the patients. Local recurrence rates
at 1, 2, and 3 years were 10%, 20%, and 25%, respectively. Overall 3- and 6-year survival rates following treatment were 69.3% and 34.6%, respectively. Higher rates (79% and 54%) were observed
in the subset of patients with Child class A cirrhosis. Analysis based on Cox’s proportional hazard
model showed that the following factors significantly influenced survival: liver function (P<0.03),
post-treatment appearance of distant metastases (p<0.023), and CT evidence of complete ablation
(P<0.001).
Conclusions. Radiofrequency ablation can be considered safe and effective for treatment for small
HCCs in general practice settings although our results are not as good as those that have been
reported in specialized referral centers.
Introduzione
L’epatocarcinoma, il quinto più comune
tumore nel mondo, è divenuto in questi
ultimi 20-30 anni più frequente nei paesi
Occidentali a causa di una epidemia silente
virale C [1].
Il tumore si associa infatti a cirrosi epatica
nell’80-90% dei casi ed associato ad essa è
la causa più importante di morte in Europa
[2].
Il miglioramento delle conoscenze dei fatGiornale Italiano di Ecografia 2006; 9(3): 209-217
tori di rischio e delle lesioni a rischio ha
standardizzato la sorveglianza dei pazienti
con malattia cronica di fegato consentendo la diagnosi precoce di HCC in fase di
piccolo nodulo espansivo [3-5]. Terapie
radicali, possibili in circa il 30% dei casi
nei paesi occidentali [6], sono considerate
la resezione chirurgica, il trapianto ortotopico di fegato (TOF), l’ablazione percutanea
209
Efficacia pratica della terapia con radiofrequenze del piccolo epatocarcinoma di diametro inferiore a 3.5 cm
ecoguidata; esse vengono “individualizzate” in considerazione dei fattori clinici generali, della stadiazione della
malattia di base e del tumore.
I pazienti non candidabili all’intervento chirurgico, per
lesioni non anatomicamente resecabili oppure senza una
riserva funzionale epatica adeguata ed in cui il trapianto
non è possibile, possono giovarsi di una terapia ablativa
percutanea. L’esistenza di queste terapie consente anche
ai pazienti a priori non candidabili alla terapia chirurgica o al trapianto l’inserimento nei programmi di sorveglianza per la diagnosi precoce. Le prime esperienze
favorevoli alla terapia locoregionale con alcoolizzazione
risalgono a 20 anni fa poi successivamente confermate in
termini di indicazioni e risultati [10-13].
Attualmente l’ablazione percutanea ecoguidata con
radiofrequenze è considerata, in trial randomizzati, una
tecnica più efficace rispetto all’alcoolizzazione per ottenere la necrosi tumorale [14-17] con un numero inferiore
di sessioni di trattamento [18-20], con minor numero di
recidive locali [19-21] ed apparentemente una miglior
sopravvivenza. Ad ogni modo, l’alcolizzazione ha minori
complicanze maggiori ed è più facile da eseguire per
noduli posti in sede difficile e mantiene ottimi risultati di
sopravvivenza [22].
La terapia con radiofrequenze può essere eseguita per
via percutanea, per via laparoscopica oppure in corso di
laparotomia, [23,24] incrementando la capacità da parte
del chirurgo di eradicare ulteriori localizzazioni neoplastiche rilevate all’ecografia intraoperatoria in corso di
intervento chirurgico.
Inoltre, l’allungamento dei tempi di lista d’attesa per trapianto epatico, ha indotto i centri trapianti a considerare
il trattamento con radiofrequenze (RF) una strategia valida in termini di costo-efficacia in caso ecceda i 6 mesi
[25].
Fig. 1.
a) Ecografia, nodulo ipoecogeno nel 7 segmento;
b) Ago per radiofrequenze nel nodulo;
c) Fase del trattamento con zaffatura iperecogena nel nodulo.
Figure 1.
a) Ultrasound reveals a hypoecoic HCC nodule in segment VII.
b) Radiofrequency needle electrode positioned within the nodule.
c) Treatment phase with hyperechoic image representing tissue
vaporisation.
210
In questo studio prospettico i pazienti sono stati arruolati per il trattamento con RF a partire da un programma locale di screening ambulatoriale con ecografia
addominale periodica presso una Unità Operativa di
Gastroenterologia.
Pensiamo che i risultati di necrosi tumorale completa, di
recidiva locale di malattia, di complicanze e di sopravvivenza a lungo termine rappresentino l’efficacia pratica
della terapia con radiofrequenze nella pratica clinica.
Possiamo aspettarci differenti risultati rispetto a quelli
ottenuti nei centri di riferimento che hanno contribuito
alla ottimizzazione stessa della metodica.
Materiali e metodi
Il nostro studio è stato di tipo prospettico ed ha valutato
l’efficacia ablativa delle RF per l’epatocarcinoma, le
complicanze associate al trattamento e la sopravvivenza
a lungo termine.
I pazienti arruolati sono stati sottoposti a sorveglianza
con ecografia rispettivamente ogni 6 o 12 mesi per cirrosi Child A/B o epatopatia cronica non cirrotica con
diagnosi di epatocarcinoma singolo non superiore a 3.5
cm o multiplo in numero non superiore a 3 e di diametro
non superiore a 3 cm.
E’ stato effettuato lo studio emo-coagulativo e la metodica è stata applicata in pazienti con PT> 50%, conta
piastrinica >30000/mm3 (con infusione di piastrine se <
50000/mm3).
Criterio di esclusione era la cirrosi Child C o l’indicazione a terapia chirurgica o trapianto o precedente trattamento con alcolizzazione o TACE.
Sono stati inclusi 3 pazienti con precedente resezione
chirurgica e, per tutti i pazienti, è stato raccolto il consenso informato scritto in accordo con il Comitato Etico
locale.
Da Luglio 1997 a Dicembre 2004 sono stati inseriti nello
studio 156 pazienti consecutivi (96 maschi, 60 femmine)
con età compresa tra 43-83 anni; età media 70 ± 6.9; 22
pazienti con più di 78 anni tra cui 13 con più di 80 anni.
Nello stesso periodo 4 pazienti con gli stessi criteri di
inclusione che per la sede dei noduli non potevano essere sottoposti a radiofrequenze sono stati sottoposti 3 ad
alcolizzazione ed 1 a TACE.
I 156 pazienti presentavano 184 noduli di epatocarcinoma, di cui nodulo singolo in 130 casi (83.3%), multipli
nei rimanenti 26 (16.7%).
Il diametro dei noduli era compreso tra 1 cm e 3.5 cm
con diametro medio 2.5 cm ± 0.6.
La cirrosi era associata in 137 pazienti (Child A: 106
casi; Child B: 31 casi) mentre in 19 (12.2%) (istologia
effettuata in 12 casi dubbi: 10 ECA HCV, 2 steatosi con
NASH) vi era concomitante epatopatia cronica non cirrotica.
L’eziologia dell’epatopatia era riconducibile al virus C in
136 casi (87.1%), al virus B in 5 casi (3.2%), all’assunzione cronica di alcool in 9 casi (5.7%) e nei rimanenti
6 (3.8%) a emocromatosi, steato-epatite non alcoolica
oppure ad ipotesi criptogenetica.
La diagnosi di epatocarcinoma è stata istologica in 92
casi (59%) con aspetto ben differenziato in 79 (85.9%)
e scarsamente differenziato in 13 (14.4%); nei rimanenti
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A. Salmi et al
casi almeno due tecniche di immagini (ecografia, TC e in
casi dubbi risonanza magnetica) erano compatibili con la
diagnosi oppure una metodica associata a valori di alfafetoproteina maggiore di 400 nanog/ml (easl barcellona).
Solamente 11 pazienti (8%) avevano valori di AFP > 100
ng\ml.
Nella Tab. I sono riassunte le caratteristiche dei pazienti.
Tab. I.
Caratteristiche generali dei 156 pazienti con epatocarcinoma trattato con
radiofrequenze
Table I.
Characteristics of the 156 HCC patients treated with RF ablation.
Characteristics
No (percentage)
Number of patients
156
Age*
70 ± 6.9 (43-83)
Sex: M/F
96 (61,5)/60(38,5)
Etiology: HBV/HCV/alcool/others
5(3.2)/136(87.1)/9(5.1)/6(3.8)
Α-fetoprotein (ng/mL)
0-20
20-100
>100
106(77.9)
19(14)
11(8.1)
Cirrhosis Child-Pug A/B
106(67.9)/31(19.9)
No cirrhosis
19(12.2)
Total number of tumors
184
Number of tumors: 1/2/3
130(83.3)/24(15.4)/2(1.3)
Size of main tumor*
25 ± 6.5 (10-35)
Size of main tumor:
1-20/>20mm
51(32.7)/105(67.3)
US pattern: iper/ipo/iso/mx
37(20.1)/113(61.4)/5(2.7)/29(15.8)
Location of tumor: 2/3/4/5/6/7/8
7(3.8)/3(1.6)/14(7.6)/29(15.8)/25
(13.6)/28(15.2)/63(34.2)/15(8.2)
Tumor staging: Yes/No
Well differentiated
Moderately differentiated
Poorly differentiated
92(59)/64(41)
79(85.9)
11(12)
2 (2.2)
Tretment session*
1.16±... (1-2)
Needle: cooled/hooked
43(27.6)/72.4(113)
*: mean ± SD (min-max)
I trattamenti sono stati effettuati in 140 casi con guida
ecografica percutanea real time (Fig. 1).
Sono state utilizzate due apparecchiature ecografiche:
Ultra Mark 9 Plus (ATL USA) e HDI 5000 (Philips
USA) con sonda munita di accessorio.
Per tutti i pazienti, sono stati eseguiti i test di funzionalità epatica, il tempo di protrombina e la conta piastrinica
che è sempre stata valutata prima del trattamento ed
eventualmente corretta: nessun paziente è stato infatti
escluso dal trattamento per coagulopatia in quanto in
4 casi con piastrine tra 30000 e 50000 si è proceduto a
infusione di piastrine.
In 16 casi (10.2%) in cui l’accesso percutaneo si presentava impossibile o rischioso, i trattamenti sono stati
effettuati in 11 casi mediante laparoscopia di cui 6 casi
con guida ecolaparoscopica in sedi profonde e 5 casi con
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puntura diretta di noduli affioranti alla superficie contigui al tratto gastrointestinale o alla colecisti.
Nei 5 casi rimanenti, il trattamento è stato eseguito in
laparotomia come conversione di resezione chirurgica
precedentemente pianificata.
Gli apparecchi per radiofrequenze utilizzati sono stati
il sistema RITA (medical system, mountain view,
California USA) modello del generatore 500 50 –W
e ago da 15 G con ago a 4 uncini; modello 1500 with
150 –W e ago a 9 uncini), il sistema INVATEC (Brescia
Italy) con ago di 1 mm di diametro espandibile ricciolo
o con ago freddo di 4 mm di diametro esterno e 3 cm di
punta esposta, il sistema RADIONICS (Valleylab USA)
con 20 cm di lunghezza, ago freddo da 18 gauge con 2
o 3 cm di punta esposta. In tutte le apparecchiature il
generatore consentiva il monitoraggio della impedenza e
della potenza erogata e l'ablazione del tramite dell’ago al
termine del trattamento.
Gli aghi quando inseriti nel tumore sono sempre stati attivati per ridurre il rischio di “seeding” tumorale. Quando
ritenuto opportuno e possibile l’ago è stato riposizionato
per una terapia multipla allo scopo di ottenere il migliore
effetto necrotico anche nella periferia della lesione.
La scelta del tipo di ago è stata a discrezione dell’operatore privilegiando l’ago espandibile per lesioni intraepatiche non contigue a grossi vasi, l’ilo o organi cavi,
mentre l’ago tipo freddo non espandibile è invece stato
utilizzato per lesioni più vicine alla superficie o contigue
ad organi cavi, ilo o grossi vasi.
E’ stata eseguita l’anestesia locale con lidocaina idrocloridrica (xylocaina 2%; Astra Zeneca, Milano, Italia)
nel punto di inserzione dell’ago laddove la cute era stata
incisa con un bisturi.
I trattamenti con radiofrequenze sono stati effettuati
in sala operatoria in sedazione cosciente utilizzando il
Propofol (Diprivan; Astra zeneca) ed il Remifentanil
(Ultiva: Glaxo Smith-kline) a dosaggio tale da consentire il respiro spontaneo. La pressione arteriosa, l’attività
respiratoria e cardiaca con elettrocardiogramma sono
stati monitorati durante tutta la procedura. In alcuni casi,
rendendosi necessaria la collaborazione del paziente è
stato introdotto l’ago nella lesione prima della sedazione.
Il tempo impiegato per l’ablazione di un nodulo è stato
in media di 15 minuti, mentre la procedura in toto non ha
mai superato i 45 minuti.
In alcuni casi, principalmente nei tumori con diametro
superiore a 3 cm sono state necessarie due inserzioni
dell’ago elettrodo per trattare in maniera completa tutto
il nodulo e la zona di tessuto circostante.
Tutti i pazienti sono rimasti in ospedale per almeno
una notte. In una minoranza di casi, 6 su 156 (3.8%) la
terapia è stata effettuata in anestesia locale con uso di
Petidina (Molteni Scandicci Italy) e Midazolam (Roche
Milano, Italia) in regime di Day Hospital.
Sono state registrate le complicanze maggiori e minori
legate alla manovra.
I 215 trattamenti con radiofrequenze nei 184 noduli
dei 156 pazienti inseriti nello studio (1.16 trattamenti
in media per nodulo) sono stati effettuati in prevalenza
dallo stesso operatore (A. Salmi) con una lunga esperienza di PEI o con la sua supervisione.
Il periodo di follow-up è risultato compreso tra i 6 e 86
211
Efficacia pratica della terapia con radiofrequenze del piccolo epatocarcinoma di diametro inferiore a 3.5 cm
mesi con una media di 25.3 mesi (dev stand 18.3). Più
precisamente sono stati seguiti 45 pazienti per 1 anno, 38
per 2 anni, 38 per 3 anni, 18 per 4 anni, 7 per 6 anni.
Il protocollo di controllo è stato: TC trifasica ad 1 mese
dal trattamento al fine di documentare e verificare l’avvenuta risposta precoce al trattamento, poi il dosaggio di
alfafetoproteina ed ecografia ogni 3 mesi alternata a TC
spirale ogni 6 mesi. In alcuni pazienti anziani con creatinina elevata, la TC è stata sostituita da RM o ecografia
con mezzo di contrasto SonoVue (Bracco, Italia).
L’obiettivo dei controlli è stato il riconoscimento della
recidiva locale o la comparsa di nuove lesioni.
Fig. 2.
a) TC pretrattamento in fase arteriosa;
b) TC fase arteriosa post trattamento con nodulo avascolare;
c) TC fase portale post trattamento, nodulo avascolare.
Figure 2.
a) CT scan in pretreatment arterial phase.
b) Post-treatment CT scan, arterial phase.
c) Post-treatment CT scan, portal phase.
Fig. 3.
a) Nodulo ipoecogeno dopo mesi da trattamento con RF si nota lo
stampo fibrotico degli uncini dell’ago;
b) stesso nodulo alla TC fase arteriosa con necrosi completa.
Figure 3.
a) Ultrasound shows a hypoechoic HCC nodule several months
after RF ablation. Fibrotic tissue reproduces the array of hook-shaped needles at the tip of the RF electrode.
212
In questi casi il trattamento con radiofrequenze veniva ripetuto solo se i pazienti mantenevano i criteri di
inclusione oppure, in caso di malattia multifocale veniva
effettuata una chemioembolizzazione arteriosa o una
terapia sintomatica quando necessaria.
La risposta per nodulo è stata calcolata sulla base della
necrosi ottenuta dopo 1 o 2 trattamenti: in particolare la
necrosi è stata considerata completa in assenza di aree di
“enhancement” arterioso rilevate alla TC trifasica eseguita ad 1 mese dal trattamento (Fig. 2).
E’ stata definita completa la risposta in caso di assenza di
aree ipervascolari dopo 1 o 2 trattamenti, parziale in caso
di persistenza del 30% del tumore ed è stato definito fallimentare il trattamento in caso di persistenza di oltre il
30% della massa tumorale. In questo caso, dove possibile, vi è stata indicazione a PEI o TACE.
La risposta per paziente è stata calcolata sulla base dei
pazienti senza tumore vitale dopo 1 o 2 trattamenti.
Il follow-up è calcolato dalla data del primo trattamento.
Il controllo a distanza consisteva in TC trifasica ogni
6 mesi (Fig. 3), ecografia addominale ogni 3 mesi con
dosaggio alfafetoproteina ed i comuni test biochimici.
La recidiva locale di malattia è stata definita sulla base
del riscontro TC di enhancement della lesione o della
porzione di tessuto contiguo ad essa oppure in caso di
aumento volumetrico della stessa dopo 1 mese ed ogni 6
mesi.
Abbiamo invece definito nuova lesione un nuovo nodulo
separato da quello già trattato identificato con ecografia
e TC addominale.
Nell’analisi statistica sono stati inclusi 156 pazienti. Il
tasso di sopravvivenza è stato valutato utilizzando il
metodo di Kaplan-Meier. Per il confronto tra le curve di
sopravvivenza è stato applicato il log-Rank test.
E’ stata condotta un’analisi multivariata utilizzando la
regressione di Cox, calcolando gli hazard ratio e i loro
relativi intervalli di confidenza al 95%. Abbiamo uti-
Fig. 4.
a) Nodulo ad ecostruttura mista del lobo dx del fegato.
b) TC con aspetto di tipica ascessualizzazione.
Figure 4.
a) HCC nodule with mixed echostructure in the right lobe of the
liver.
b) CT scan showing post-treatment abscess formation.
Giornale Italiano di Ecografia 2006; 9(3): 209-217
A. Salmi et al
lizzato il software STATA (Stata Statistical Software:
Release 8.0 College Station. TX: Stata Corporation). Nel
modello della regressione abbiamo incluso anche il sesso
e l’età come possibili confondenti. Per tutti i test applicati è stata fissata la consueta soglia dello 0,05% (p=0,05)
per rifiutare l’ipotesi nulla.
Risultati
Sono stati effettuati 215 trattamenti di 184 noduli in 156
pazienti ottenendo una risposta completa in 154 noduli
(83.7%) di cui 150 al primo trattamento, 4 al secondo; dopo il secondo trattamento risposta parziale in 27
(14.7%) e fallimento in 3 (1.6 %). Il trattamento medio
per nodulo è stato di 1.16 avendo stabilito un massimo
di due trattamenti per raggiungere l’end point di efficacia definito in termini di risposta completa, parziale o di
fallimento.
La risposta in termini clinici ovvero definita come percentuale di pazienti con risposta completa parziale o
“fallimentare” è stata rispettivamente del 87.1% (136
casi al primo trattamento, 5 dopo 2 trattamenti), 11% (17
casi) e 2% (3 casi) rispettivamente.
In 14 dei 131 (10.7%) pazienti con risposta completa
dopo 1 solo trattamento, l’area avascolare alla TC trifasica in fase arteriosa era superiore al 100%.
Sono state registrate complicanze maggiori in cinque casi
(3.2%): 1 ascesso intraepatico (Fig. 4), 1 caso di emobilia e 3 di seeding, mentre complicanze minori in cinque
casi (3.2%): 1 ustione cutanea, 1 versamento pleurico
destro e febbre in 3 casi.
Il seeding tumorale è comparso a 17, 19 e 35 mesi dal
trattamento con una media di 23 mesi di distanza dal
trattamento. Alla fine dell’osservazione, dei 156 pazienti
arruolati 42 sono deceduti per cause non riconducibili
alle complicanze.
In particolare le cause di morte state identificate in 40
pazienti: 25 per diffusione tumorale intraepatica e conseguente insufficienza d’organo, 11 per insufficienza epatica dovuta alla cirrosi senza responsabilità del tumore, 3
per neoplasie di altra sede (1 linfoma, 2 a localizzazione
polmonare), 1 per emorragia cerebrale.
Metastasi a distanza sono state rilevate in 4 casi: 2 in
sede di linfonodi addominali, 1 in sede pelvica in paziente con precedente resezione chirurgica di epatocarcinoma
ed infine 1 con localizzazione ossea.
La sopravvivenza globale a cinque anni è stata del 34.1%
con sopravvivenza media di 25.4 mesi.
I risultati attuariali di sopravvivenza dopo 1, 2, 3, 4, 5
anni sono rispettivamente 92.7 %, 85%, 69.3%, 52.8%,
34.6 % anni e la mediana pari a 49.9% (IC) (Fig. 5).
La sopravvivenza per Child A è stata 79% a 3 anni e 54%
a 5 e 6 anni.
I pazienti con nodulo solitario (130 casi) e pazienti
con noduli multipli (26 casi) hanno avuto una curva di
sopravvivenza sovrapponibile come pure i pazienti affetti
da cirrosi epatica di classe A di Child-Pugh e epatocarcinoma associato a non cirrosi.
Sia alla analisi univariata che multivariata si è dimostrata
una correlazione altamente significativa per una migliore sopravvivenza per i pazienti senza cirrosi o cirrosi
Child A rispetto ai Child B, per i pazienti con noduli di
epatocarcinoma di diametro maggiore o uguale a 2 cm,
Giornale Italiano di Ecografia 2006; 9(3): 209-217
Fig. 5. Curva generale di sopravvivenza a 5 anni dei 156 pazienti
affetti da HCC trattati con radiofrequenze.
Figure 5. Survival curve for HCC patients treated with radiofrequency ablation.
Fig. 6. Curva di probabilità attuariale per nuove lesioni (in alto) e
recidiva locale di malattia (in basso).
Figure 6. Curve showing the probability of new lesions or local
progression of disease.
per i pazienti che non hanno sviluppato nuove lesioni e
per quelli con risposta completa al trattamento ovvero
con area di necrosi maggiore o uguale al diametro della
lesione.
Migliore sopravvivenza dei pazienti è stata inoltre dimostrata solo all’analisi multivariata per l’uso di aghi di tipo
“freddo” rispetto a quelli espandibili.
Nessuna differenza di sopravvivenza alle due analisi si è
dimostrata invece per la comparsa di recidive locali dopo
il trattamento.
La recidiva locale del tumore o la sua progressione locale è stata osservata a 1,2,3,4,5 anni nel 5%,20%,25%,
25%,25% dei pazienti rispettivamente (Fig. 6); 7 di 10
pazienti con progressione locale del tumore sono stati
sottoposti a ulteriori trattamenti con radiofrequenze ed in
6 su 7 è stata raggiunta una necrosi completa. I 3 pazienti
con fallimento alla terapia sono stati trattati con embolizzazione arteriosa. La comparsa di nuove lesioni tumorali
a 1, 3, 5 anni è stata del 22%, 62 e 85% rispettivamente
(Fig. 6). La totale ricorrenza di malattia (nuove lesioni
+ recidive locali + malattia multicentrica) è stata pari a
6.5% a un anno, 18.8% a 2 anni, 62% a 3 anni, 70.2% a
4 anni, 85% a cinque anni.
213
Efficacia pratica della terapia con radiofrequenze del piccolo epatocarcinoma di diametro inferiore a 3.5 cm
Tab. II. Analisi univariata e multivariata.
Table II. Results of Univariate and Multivariate Analyses.
Analisi univariata
(log rank test)
VARIABILE
P-VALUE
Analisi multivariata
(cox-regression)
Hazard
Ratio
VARIABILE
P-VALUE
Diametro lesione
(>20 vs < 20)
0.057
0.2
Diametro lesione
(>20 vs < 20)
0.000
Local recurrence
(yes vs no)
0.48
1.4
Local recurrence
(yes vs no)
0.35
Nuove lesioni
(yes vs no)
0.0006
3.2
Nuove lesioni
(yes vs no)
0.023
Cirrhosis
(child a vs no;
child b vs no)
0.000
0.8
Cirrhosis
(child a vs no)
0.76
4
Cirrhosis
(child b vs no)
0.03
Età (>70 vs <70)
0.06
1.1
Età (>70 vs <70)
0.85
Necrosi nodulo
(>100% vs
<100%)
0.002
0.4
Necrosi nodulo
(>100% vs
<100%)
0.01
Tipo di ago
(esp vs freddo)
0.1
5.1
Tipo di ago
(esp vs freddo)
0.000
Discussione
Un programma di sorveglianza per pazienti con malattia
cronica di fegato consente di identificare “piccoli” epatocarcinomi con diametro inferiore o uguale a 3.5 cm
che possono essere curati con trattamenti radicali quali il
trapianto di fegato, la resezione chirurgica o con terapie
loco-regionali che permettono di ottenere un’alta risposta
in termini di necrosi o riduzione della massa tumorale.
Nei paesi occidentali, questi trattamenti possono essere
eseguiti nel 30% dei pazienti [6]. Nei pazienti non candidabili all’intervento chirurgico con cirrosi epatica Child
A o B, i trattamenti percutanei quali l’alcoolizzazione
ecoguidata o la termoablazione con radiofrequenze sono
il miglior approccio terapeutico in quanto sono in grado
di migliorare la sopravvivenza qualora ottengano una
risposta completa al trattamento [26].
La resezione chirurgica comporta, in pazienti con lesione
singola, anatomicamente resecabile e con buona riserva
funzionale epatica, una sopravvivenza a 5 anni del 50%
che, in rapporto ad una mortalità perioperatoria inferiore al 3%, viene considerata come valore di riferimento
minimo per proporre questa procedura [6].
La recidiva complica i 2/3 dei casi: l’invasione microvascolare, la scarsa differenziazione istologica dell’epatocarcinoma e la presenza di piccoli nidi satelliti sono
considerati fattori altamente predittivi di recidiva di
malattia [27,28] e non vi è al momento terapia adiuvante
efficace [6].
Il trapianto ortotopico di fegato è la terapia di scelta in
214
caso di nodulo singolo con diametro inferiore a 5 cm
associato a insufficienza epatica oppure nei pazienti che
presentino fino a 3 noduli, ma con diametro inferiore a
3 cm; tuttavia la carenza di organi limita fortemente la
sua applicazione, la recidiva di malattia post-trapianto
è del 15% [27,29] e sull’esito del trapianto incidono il
coinvolgimento vascolare ed il grading istopatologico
del tumore stesso [29]. La sopravvivenza a 5 anni varia
dal 50 al 70% e dipende dalla percentuale di pazienti in
drop-out in lista di attesa [28] in caso di progressione del
tumore. Come recentemente dimostrato, la termoablazione percutanea con radiofrequenze sembra costituire
un’efficace terapia ponte in vista del trapianto successivo
[25]. Nella nostra Unità Operativa di Gastroenterologia,
è attivo un programma locale di screening per la diagnosi precoce dell’epatocarcinoma nei pazienti con cirrosi
epatica o malattia cronica di fegato anche a priori non
candidati ad eventuale trapianto o resezione chirurgica,
infatti 22 su 156 pazienti trattati presentavano una età
superiore a 78 anni.
I risultati ottenuti andrebbero considerati una prova di
efficacia pratica delle radiofrequenze ovvero di effectiveness piuttosto che un dato di efficacy più propria dei
centri di riferimento che hanno contribuito alla messa a
punto della metodica.
Nel nostro studio prospettico, abbiamo arruolato 160
pazienti consecutivi, non candidati alla chirurgia di cui
4 sono stati trattati con alcoolizzazione percutanea o
embolizzione arteriosa per la sede difficile dei noduli
che non consentivano il corretto e sicuro posizionamento
dell’ago-elettrodo.
La terapia percutanea con RF non è infatti sempre tecnicamente possibile per la sede del nodulo troppo profonda
e craniale oppure per la contiguità a visceri cavi (stomaco, colon, colecisti), nel 9% dei casi come supposto da
Lencioni et al o nel 25% da Ebara et al [17,22].
Al contrario, nella esperienza di Shina et al tutti i casi
consecutivi, di cui peraltro il 40% avevano indicazione
chirurgica, potevano essere trattati con RF.
Dei 156 casi da noi trattati con RF 12 hanno avuto
un approccio laparoscopico e 4 laparotomico (10.2%
complessivamente).E’ importante a nostro avviso non
sottovalutare queste opportunità che consentono la riduzione dei rischi eccessivi dei trattamenti percutanei e di
resezioni chirurgiche precedentemente pianificate [30].
L’incidenza delle complicanze legate alle radiofrequenze
dovrebbe essere minimizzata poiché di fatto il rischio
di mortalità varia dallo 0.3% allo 0.5% e la morbilità
dal 2.2% all’8.9% [31,32]. Nella nostra esperienza non
abbiamo registrato alcun decesso e poche complicanze
maggiori; il seeding tumorale, in sede di parete addominale, è incorso in 3 casi (1.4%) a 17, 19 e 35 mesi dal
trattamento con una media di 23 mesi ma una sua precoce identificazione ha consentito la risoluzione chirurgica
senza impatto sull’ “outcome” del paziente.
In solo 1 dei 3 casi era stata effettuata la biopsia del
nodulo tumorale ed in 2 dei 3 casi è stato utilizzato un
ago espandibile. Il seeding non è stato evitato anche se
è stata posta attenzione a non pungere il tumore senza
successiva applicazione delle radiofrequenze; è possibile tuttavia che cellule tumorali frammiste a sangue
risalgano per capillarità lungo l’ago precocemente prima
Giornale Italiano di Ecografia 2006; 9(3): 209-217
A. Salmi et al
dell’applicazione del calore o durante l’erogazione delle
radiofrequenze per pressione per poi raggiungere la parete addominale successivamente sfilando l’ago.
E’ da rimarcare che la comparsa del seeding tumorale
parallelamente alle recidive locali del tumore può avvenire anche molto tempo dopo la RF.
Abbiamo utilizzato diversi tipi di ago basandoci su scelte
empiriche individuali senza dimostrazione di diversa
efficacia alla analisi multivariata. Sulla base della nostra
esperienza ci sembra utile poter individualizzare il tipo di
ago sul criterio del diametro e della espandibilità, usando
aghi fini in presenza di coagulopatia, aghi non espandibili vicino a strutture vascolari o visceri cavi.
Ciò ha probabilmente ridotto gli effetti collaterali maggiori che sono stati oltre ai 3 seeding tumorali solo 1
ascesso intraepatico ed 1 emobilia risolti con terapia
medica ed endoscopica.
La sopravvivenza generale dei 156 pazienti è stata rispettivamente del 69.3% a 3 anni e del 34.6% a 5 e 6 anni,
significativamente migliore nei 106 casi di cirrosi Child
A rispettivamente di 79% a 3 anni e 54% a 6 anni rispetto
al gruppo B con ridotta riserva funzionale epatica.
All’interno della nostra popolazione vi era un sottogruppo di 19 pazienti (12%) affetti da epatopatia cronica non
cirrotica, coincidente con l’epidemiologia locale [33],
senza differenze di sopravvivenza rispetto alle Cirrosi
Child A. Le cause di morte in 40 dei 42 casi totali sono
state identificate ed in 25 di essi la responsabilità era
imputabile alla progressione e diffusione intraepatica del
tumore. La sopravvivenza a 3 anni dei pazienti con noduli inferiori a 3 cm variano dal 45% al 68% [34], in recenti
studi dal 74% all’81% [20,21,35,36]. La recidiva locale
di malattia a 3 anni varia dal 2 al 18% [20,21,37].
Allo stato attuale delle conoscenze, la sopravvivenza a 5
anni valutata in una coorte di pazienti con noduli inferiori a 3 o 3.5 cm trattati con radiofrequenze è del 40 e 33%
rispettivamente [34,35].
In un recente studio pubblicato da Lencioni et al, in
pazienti con tumori non superiori a 5 cm la sopravvivenza a 5 anni è stata pari al 48% con recidiva locale di
malattia a 3 anni del 10% [17].
Nella nostra esperienza, l’hazard ratio, calcolata all’analisi multivariata ha attribuito una statisticamente significativa maggiore probabilità di sopravvivenza per i
pazienti con buona funzione epatica (cirrosi di classe A
di Child-Pugh o non cirrosi), risposta completa, assenza
di nuove lesioni e diametro del nodulo superiore a 2 cm.
La multifocalità non ha determinato una minore sopravvivenza significativa.
Nella nostra casistica è presente un numero relativamente
elevato di “piccoli” epatocarcinomi, 51 noduli con diametro inferiore o uguale a 2 cm (32.7%) in cui è stata
eseguita la biopsia epatica per evitare di trattare lesioni
non maligne.
Alla analisi multivariata, l’hazard ratio non dimostra
nella nostra esperienza una aumentata probabilità di
sopravvivenza rispetto ai pazienti con nodulo superiore
a 2 cm di diametro: ciò sembrerebbe in contraddizione
con la attesa maggiore probabilità di completa ablazione
tumorale [26] e quindi miglior sopravvivenza [39].
Allo stato attuale di conoscenze, la definizione di epatocarcinoma “precoce” si riferisce al timing diagnostico,
Giornale Italiano di Ecografia 2006; 9(3): 209-217
al piccolo diametro ed al numero di lesioni inferiori a 3,
mentre non vengono considerati i differenti stadi di comportamento biologico.
In riferimento alla RF invece, si potrebbe ritenere precoce o piccolo l’epatocarcinoma di diametro non superiore
a 3 cm per il quale sarebbe possibile, con i sistemi oggi
disponibili ed in una o due sessioni di trattamento, la
completa ablazione tumorale variabile da 76% a 96%
con una media di 1.2/1.4 trattamenti [18,21,39] a 100%
con media di 2.2 trattamenti [20].
Noi abbiamo inserito nello studio i pazienti con noduli
con diametro inferiore o uguale a 3.5 cm e la necrosi
totale è stata ottenuta nell’83.7% dei noduli con una
media di 1.16 trattamenti per nodulo.
Nel 10% dei noduli abbiamo ottenuto una necrosi superiore al diametro del tumore con 1 cm di margine di
sicurezza che dovrebbe essere l’obiettivo ottimale delle
terapie locoregionali percutanee [26,40].
Abbiamo fissato a 2 il numero massimo di sessioni ottenendo con una media di 1.16 trattamenti per nodulo una
completa risposta in 136 pazienti (87.1%), parziale in 17
(11%) con fallimento in 3 (2%).
Nel nostro studio la recidiva locale, intesa come residuo
vitale sottostimato o come progressione locale di malattia è stata a 1,2,3 anni del 10%, 20% e 25% più elevata
rispetto ad altri studi in centri di riferimento.
Nello studio di Shina et al [20] viene descritto il più
basso tasso di recidiva locale a 3 anni che è pari al 2%:
in questo caso i pazienti sono rimasti ospedalizzati fino
alla completa necrosi di tutti i noduli con diametro inferiore o uguale a 3 cm ottenuta con metodo intensivo di
trattamenti consecutivi: sono stati necessari in media 2.2
trattamenti per nodulo pari a circa il doppio della nostra
esperienza.
Problema cruciale per poter confrontare i risultati è quello della sede del nodulo perché, se di facile accesso, si
può pungere più volte nella stessa sessione aumentando
la probabilità di necrosi completa e quindi di assenza di
residui vitali all’interno del nodulo o nella sua immediata
periferia.
Esiste presunzione di sottostima di residui vitali ai controlli TC dopo RF poichè il metodo di verifica dell’efficacia ablativa si basa essenzialmente sulla assenza di
vascolarizzazione arteriosa all’imaging che fallisce nel
25% dei casi alla diagnosi [41].
In fegati espiantati dopo TOF la completa necrosi tumorale dopo 1.4 o 1 sessione per noduli fino a 5 o 3 cm è
stata 70% [25] e 63 % rispettivamente [42].
La mancata risposta completa del tumore al primo trattamento correla con una peggiore sopravvivenza alla analisi multivariata, il tumore in questi casi potrebbe essere
infiltrativo privo di capsula con particolare aggressività
biologica o presentare fattori locali sfavorevoli come la
vicinanza a grossi vasi o in sedi difficili da raggiungere
maggiormente contiguo a grossi vasi. Questi aspetti morfologici sono poco favorevoli al buon esito delle terapie
ablative in situ [39] ed anche alla sopravvivenza delle
casistiche di resezione chirurgica e trapianto [28,43].
La recidiva locale invece, come peraltro il seeding tumorale che può essere rilevato anche a distanza di molti
mesi, pare non influire negativamente sulla sopravvivenza sia per la possibilità di ritrattamento che per la
215
Efficacia pratica della terapia con radiofrequenze del piccolo epatocarcinoma di diametro inferiore a 3.5 cm
possibile scarsa invasività dimostrata dal lento tempo di
raddoppiamento.
In conclusione RF anche nella nostra esperienza di efficacia pratica di casi consecutivi in uno screening locale
presenta senza dubbio prova di efficacia ablativa e di
sopravvivenza anche se proporzionalmente inferiore agli
studi di efficacia dei centri di riferimento.
Rimane tuttavia necessario migliorare la standardizzazione delle RF, la fattibilità in noduli a sede difficile o
a rischio, la efficacia ablativa del metodo per estendere
il margine di sicurezza e ridurre i nidi di tessuto vitale
all’interno o alla periferia della lesione.
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Ospedale S. Orsola Fatebenefratelli
Via Vittorio Emanuele II, 27 - 25100 Brescia
E-mail: [email protected]
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