eugenio morelli - Ordine dei Medici di Pavia

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eugenio morelli - Ordine dei Medici di Pavia
Appunti di Storia della Medicina Pavese:
EUGENIO MORELLI
di Luigi Bonandrini
Eugenio Morelli nasce a Teglio (Sondrio) l’8 marzo 1881; Teglio è un paesino
della Valtellina, tra Sondrio e Tirano,
sulla riva destra dell’Adda. Il padre
Giuseppe è medico condotto, ma è
tutta una famiglia di medici, il fratello
Gerolamo, lo zio Bartolomeo, il cugino
Carlo Besta.
Con il passare degli anni, un’altra folta schiera di medici entra a far parte
del gruppo: i cognati Piero Fojanini e
Virginio Zubiani, i nipoti Bruno Besta,
Spontano Gunella, Giuseppe Fojanini,
Mario e Tino Zubiani.
Portati a termini gli studi classici superiori, il Morelli non ha bisogno di
“scegliere il mestiere”, perchè “non può fare
altro che il medico”; al termine della sua
carriera ricorderà “di essere nato per fare il
medico, ma di aver sempre cercato di fare anche
qualcosa d’altro”. Si iscrive alla Facoltà di
Medicina dell’Università di Pavia, che
frequenta solo per i primi tre anni, per
poi trasferirsi a Firenze. E’ verosimile
che il Morelli abbia seguito nella città
toscana il fratello minore Camillo, il
quale studiava filosofia sotto la guida
di Pino Rajna che era conterraneo
e parente di Morelli, ma non si può
escludere che invece Morelli abbia
voluto seguire Pietro Grocco, uno dei
Eugenio Morelli.
più illustri caposcuola della medicina
italiana, passato da Pavia a Firenze.
Il 6 luglio 1905, il Morelli si laurea a
pieni voti a Firenze; proprio il Grocco è
il relatore della sua tesi di laurea, il cui
titolo è “Esame del liquido cefalo-rachidiano:
valore diagnostico e prognostico”. Il Morelli
frequenta per tre anni la clinica medica
di Firenze, prima come medico interno
e poi come assistente volontario del
“severissimo” Grocco; su consiglio del
grande maestro soggiorna più volte
in ospedali della Germania, e lavora
anche nel laboratorio di chimica farmaceutica dell’Università di Firenze.
I
E’ un eclettico il Morelli, e si dimostra
abile dovunque lavori e qualunque
studio intraprenda, rivelando “di saper ingegnosamente applicare le cognizioni
acquisite alla risoluzione di interessanti
problemi”.
Possiede anche “una estesa cultura ed
abilità sperimentale”, e compie ricerche
sulla saponificazione dei grassi, sugli
indoli intestinali, sui nitrosopirroli,
sull’acetone dell’aria espirata, sugli
enzimi digestivi intestinali.
Nell’ottobre del 1908 il Morelli ritorna
all’Università di Pavia come secondo
assistente universitario della clinica
medica diretta da Carlo Forlanini;
l’artefice di questo trasferimento è
il Grocco, il quale conosceva bene il
Forlanini perchè ambedue allievi di
Francesco Orsi.
La carriera del Morelli è fulminea:
nel 1910 diviene il primo assistente
di Forlanini e consegue la docenza
in Patologia Medica dimostrativa, nel
1913 diviene primo aiuto e consegue
la docenza in Clinica Medica generale;
dal 1913 al 1918 è incaricato di Patologia e Propedeutica Medica dopo
essere stato incaricato di Microscopia,
Batteriologia e Chimica Clinica nel
1911 e nel 1912. Il Morelli “non resiste
al richiamo” neppure del prestigioso
laboratorio di Patologia generale e
Istologia di Camillo Golgi, e così si
ritrova contemporaneamente “allievo”
di tre straordinari maestri, fondatori
di alcune delle più prestigiose scuole
mediche italiane: il clinico Grocco, il tisiologo Forlanini e il patologo Golgi.
Leggendo i giudizi che questi maestri
II
Apparecchio per pnx senza liquido di Morelli.
esprimono sul Morelli, è sorprendente
come tutti ne sottolineino “l’impegno,
la cultura e l’operosità”, a dimostrazione
che il Morelli gode davvero la stima
dei suoi maestri e possiede qualità
non comuni; curioso poi che grandi
capiscuola, in genere poco inclini agli
encomi, indichino un loro allievo come
“geniale”.
I dieci anni che Morelli trascorre come
allievo di Forlanini, “fondamentali per
la sua vita scientifica ed accademica”, sono
densi anche di impegni sociali e bellici.
Nel 1910 Morelli diviene consigliere
provinciale del Mandamento di Tirano e nel 1912 viene eletto membro
della Federazione Democratica Valtellinese, battendosi duramente per
l’assistenza ospedaliera montana, per
i problemi agricoli, per i sussidi ai
contadini, per il miglioramento delle
loro case; originale una sua iniziativa,
la cattedra ambulante di agricoltura
della quale viene eletto presidente.
Allo scoppio della prima guerra
mondiale, il Morelli si trova in prima
linea, come maggiore medico di complemento; è un “ardito” e sul Piave si
guadagna due croci al merito di guerra,
un encomio solenne e due medaglie
d’argento al valor militare. Nelle motivazioni il Morelli viene indicato come
“uomo sprezzante del pericolo, incurante del
vivo fuoco delle mitragliatrici nemiche, mirabile
esempio di coraggio e di altruismo”; come
soldato e come scienziato dimostra un
temperamento “risoluto e dinamico”.
In guerra realizza un nuovo metodo
di cura delle gravi lesioni di guerra
del torace e del polmone, utilizzando
lo pneumotorace artificiale del suo
maestro Forlanini e abbassando la
mortalità dal 35% al 4%. L’esperienza di
Morelli nel campo della medicina militare viene riassunta nel suo libro “La
cura delle ferite toraco-polmonari”, pubblicato con la commovente prefazione di
Forlanini, datata 23 maggio 1918, due
giorni prima della sua scomparsa.
Ritorna alla vita civile il Morelli, e
nel 1919 viene incaricato di Patologia
Speciale Medica, diviene professore
di ruolo della stessa materia nel 1924 e
E. Morelli (a dx) assiste il Forlanini durante un pnx.
dirige l’istituto fino al 1928. Sono anni
di lavoro molto intenso, durante i quali
porta contributi originali, studi, progetti e proposte concrete che imporranno
all’attenzione di tutti “la sua singolare
fisionomia di scienziato”, e porranno le
basi della moderna scuola tisiologica
italiana. Toccante ed appassionato
il ricordo di Giuseppe Zorzoli, suo
allievo: “Morelli era assillato dall’impulso
viscerale di divulgare ed ampliare i concetti di
Forlanini, e la possibilità almeno di arginare
una malattia polmonare, galvanizzava ogni
giorno la sua attività”.
Lavora senza sosta il Morelli il quale,
anche di notte, gira in macchina con il
suo apparecchio per lo pneumotorace;
passa da una città all’altra, “di casa in
casa e di cascinale in cascinale”, per tentar
di salvare con la collassoterapia il più
gran numero possibile di malati.
Fra gli allievi di Morelli a Pavia, nel
triennio 1918-1921, vi è Erminio Pampuri, divenuto poi San Riccardo; il
Morelli giudica il Pampuri “studioso,
diligentissimo, appassionato dello studio
dell’ammalato; i pieni voti assoluti riportati
all’esame di laurea, confermano il suo valore
medico”.
Il Pampuri discute una tesi dal titolo:
“Determinazione della pressione arteriosa con
un nuovo sfigmomanometro”; è uno dei
tanti “fiori all’occhiello” della scuola
medica pavese, poichè lo sfigmomanometro passerà alla storia della
medicina con il nome di Scipione
Riva-Ricci, come il Morelli allievo di
Forlanini.
Durante la permanenza a Pavia, il
Morelli acquisisce e si occupa della
III
Casa di Cura che ristruttura nel piano
assistenziale, assumendo anche la
denominazione del grande maestro.
Nel 1928 l’Università di Pavia perde un
autentico fuoriclasse: il Morelli viene
chiamato a Roma a dirigere la prima
cattedra italiana di Tisiologia, la seconda
al mondo dopo quella di Parigi, fondata nel 1927 da Léon Bernard. La sede
dell’istituto è il vecchio sanatorio di Porta
Furba, intitolato a Bernardino Ramazzini,
grande “novatore” del Settecento, detto
anche “terzo Ippocrate”, il quale per primo
correla e classifica le malattie in funzione
dell’ambiente di lavoro; nell’anamnesi
del malato, dice il Ramazzini, non dobbiamo chiedere soltanto “Di che cosa soffri?”, “Da quanto tempo?”, “Cosa mangi?”, “Vai
di corpo?”, ma dobbiamo anche chiedere
“Che lavoro fai?”.
Il distacco da Pavia è radicale, anche
per gli interessi culturali; a Pavia il
Morelli affina gli studi di medicina
generale, a Roma trasferisce questi
concetti sulle malattie polmonari. Si
può così affermare che senza il Morelli
patologo pavese, non ci sarebbe il
Morelli tisiologo romano.
Sotto la spinta “quasi forsennata” del
Morelli, prende forma la prima scuola
tisiatrica italiana, e gli allievi romani
sono Attilio Omodeo-Zorini, Giuseppe
Daddi, Vincenzo Monaldi, Carlo Panà,
Giusto Fegiz, Bruno Besta e tanti altri
ancora.
A Porta Furba nasce “la guerra organizzata
contro la tubercolosi”, nasce “il sanatorio
tipo” e nasce “il piano sanatoriale italiano”;
affiora ancora una volta la “genialità”
del Morelli, il quale si interessa a tutti
IV
i particolari, dai materiali all’illuminazione, dai lavandini alle sputacchiere,
dalla pavimentazione alle verande.
Percorre tutto il territorio nazionale
“dalle Alpi alle isole”, e decide dove
debbano sorgere i sanatori; come dice
Giorgio Cosmacini, il Morelli trasforma
l’Italia in “un grande cantiere sanatoriale”.
Prendono forma i grandi complessi
sanatoriali, il Carlo Forlanini a Roma,
il Principi di Piemonte a Napoli, il Villaggio sanatoriale di Sondalo con 3.000
letti (oggi Ospedale Eugenio Morelli),
e ben sessanta altri sanatori sparsi in
tutta Italia. Nel 1934 il Morelli inaugura
il nuovo ospedale sanatoriale di Roma
con oltre mille letti e lo intitola a Carlo
Forlanini; è l’omaggio che l’allievo prediletto dedica al suo grande maestro,
ma è anche il ricordo “dovuto” a colui
che è stato il primo ispiratore della
scuola tisiologica italiana. Al Forlanini
di Roma, il Morelli, “instancabile fucina
di idee”, costituisce anche il nucleo
fondatore della chirurgia polmonare,
convinto che non siano “i malati che devono inseguire i chirurghi”; partecipa egli
stesso agli interventi di collassoterapia
extrapneumotoracica e poi ai primi
interventi di exeresi polmonare.
Inventa anche una particolare operazione di toracoplastica, il “Velario
apico-ascellare con apicolisi extrafasciale e
scollamento extrapleurico complementare”,
affidandolo a due allievi, Di Paola e
Zorzoli; l’intervento si attua in un sol
tempo per via ascellare e comporta
la disarticolazione delle prime quattro o cinque costole dai relativi corpi
vertebrali.
Forlanini, Carpi, Da Gradi, Morelli e la signora Piccaluga.
Il Morelli incomincia a “vedere” la malattia polmonare come un problema
sociale e nazionale, e non perde occasione per ribadire i suoi principi: dove
non c’è miseria non c’è tubercolosi, è
necessaria l’azione preventiva, bisogna
distribuire la refezione scolastica, si
deve rendere obbligatoria l’assistenza
all’infanzia, la protezione antitubercolare va estesa a tutti, debbono essere
istituite le colonie postsanatoriali.
Se il suo programma sanatoriale non
procede, il Morelli tenta di superare
con intrepido coraggio tutti gli ostacoli.
Venuti a mancare i fondi per l’Ospedale
di Sondalo, il Morelli si serve di un suo
paziente in cura per tisi, il quadrumviro
della “Marcia su Roma” Michele Bianchi,
per convincere Benito Mussolini a stanziare i necessari finanziamenti. Per far
questo il Duce ordina “lo storno di parte
dei fondi per quattro incrociatori” in favore
del Sanatorio Valtellinese; le navi diventano tre e saranno affondate dalla
flotta inglese nella battaglia di Capo
Matapan. A ricordo e a consolazione
di tutti rimarrà il più grande sanatorio
italiano, per questa ragione soprannominato “incrociatore di Sondalo”.
La personalità del Morelli trova “nella
armonia e nella bontà i suoi alimenti vitali”.
Questo è vero, ma è altrettanto vero
che, seppure raramente, il Morelli soffre di violenti e repentini scatti di ira
dei quali fanno le spese un po’ tutti,
colleghi, allievi e ricoverati; non risparmia nessuno il Morelli, e lancia suoi
anatemi in maniera mirata, andando a
colpire i punti deboli dei suoi bersagli.
La causa di queste sfuriate è quasi
sempre la difficoltà o la incapacità dei
collaboratori di adattarsi ai suoi ritmi
di lavoro o di eseguire con precisione
i suoi ordini. Poi, come d’incanto, in un
V
Villaggio Sanatoriale di Sondalo “E. Morelli”.
istante, la collera svanisce e il Morelli
si mette a parlare dell’amore per i fiori,
del rispetto per le piante, dell’affetto
per gli animali.
Quante accuse gli vengono mosse,
quante critiche per lo sperpero di
mezzi, per lo sciupio di spazi, per il
lusso superfluo dei sanatori; il Morelli
se ne infischia e va avanti per la sua
strada, convinto che “una lunga e accidiosa
degenza” richieda condizioni ambientali
adeguate.
Viene organizzata anche una manifestazione di piazza contro le spese
per i sanatori e il Morelli la commenta con sarcasmo: “Poveracci, non hanno
capito la differenza fra un sanatorio e un
precimitero”.
Il Morelli ha imparato dal suo maestro
Forlanini “a non tenersi lontano dalle polemiche”; in apparenza la detesta, ma poi
il suo spirito irruente prende il soprav-
VI
vento e gli piace lanciarsi nella mischia.
Il Morelli parla di energie morali dei
malati, di senso pratico della medicina,
di sentinella assistenziale avanzata; a
chi gli chiede nuove idee sull'assistenza, risponde che “bisogna risalire dalla
patologia individuale alla patologia sociale”. A
lezione tratta spesso di meto-dologia e
ripete che “la malattia va seguita nella sua
densità e nella sua estensione”; agli esami
esige almeno un minimo di “autonoma
elaborazione comparativa dei concetti”.
Diviene furibondo appena intuisce
la mancata collaborazione tra quanti
lavorano nel suo istituto; il Morelli non
ammette individualismi, non accetta la
ricerca isolata, odia le mentalità grette
e retrive, perchè crede nel lavoro di
équipe e nell’unione delle competenze. Qualche giovane si ribella, balbettando una giustificazione. Il Morelli su
questo argomento è implacabile: “Lei
Ospedale Sanatoriale C. Forlanini di Roma, fondato da E. Morelli.
faccia quel che dico, per il momento penso io
ed è già fin troppo”.
Non perde occasione per motivare e
stimolare gli allievi: “Non asservite a cricche pseudo-scientifiche e imparate a lasciare i
compiti graditi e facili, per prendervi a carico i
più difficili e irti di responsabilità”.
E’ un uomo tenace il Morelli, che sostiene le idee di Forlanini anche quando
era giudicato un folle per la sua dottrina
sul pneumotorace; la fede e l’ammirazione per il maestro, lo portano a
difenderlo in ogni occasione, “anche
contro la sua volontà”, unendo la scuola
“in un sacro indissolubile legame di amicizia
fraterna”. E’ una lezione per molti, anzi,
per tutti, perchè il Forlanini come il
Morelli, oltre al metodo clinico della
obiettività minuziosa e rigorosa logicamente conclusiva, lasciano ai loro
allievi l’impronta umana della pratica
medica “intesa come missione e come carità
verso il prossimo sofferente”, ed anche l’impegno della reciproca stima, affetto e
solidarietà fra tutti i discepoli.
Mette in cattedra e nei primariati
moltissimi allievi, e, al momento del
distacco, il Morelli, divenuto poeta,
li inchioda alle loro responsabilità:
“Messo t’ho innanzi; ormai per te ti ciba”.
E’ un audace e uno spericolato il Morelli e non finisce di stupire, poichè,
all’età di 56 anni, consegue il brevetto
di pilota civile, passando, un anno
dopo, all’aeronautica militare nei
ruoli del Corpo Sanitario con il grado
di tenente colonnello; nella seconda
guerra mondiale viene richiamato
alle armi con il grado di colonnello,
diventando poi generale medico
dell’aeronautica.
Il Forlanini per la sua misantropia, diceva di essere un orso (anche perchè
era allievo di Orsi), mentre il Morelli
VII
preferisce considerarsi “un orso, ma
sempre pronto a divenire un leone”.
Questo temperamento unito alla
“genialità”, porta il Morelli a scoperte
e decisioni “rivoluzionarie” in campo
sociale (unifica i ricoveri senza più
differenza fra assicurati e non assicurati), radiologico (applica l’aspirazione
endocavitaria del Monaldi), microbiologico (scopre un principio attivo inibitore del bacillo di Koch nelle cavie),
organizzativo (istituisce un centro di
statistica sanitaria).
Viene nominato segretario nazionale dei medici, consigliere del CNR,
componente del consiglio superiore
di sanità, e, naturalmente, presidente della federazione italiana contro
la tubercolosi, manifestando grandi
capacità organizzative e manageriali
oltre a quelle scientifiche.
Deputato nazionale dal 1924 al 1939,
poi Senatore del Regno, si dimostra
attento ai problemi agricoli, a quelli
dell’assetto idro-geologico, alle aree
socio-economiche degradate. La sua
produzione scientifica è immensa e,
tra le numerosissime pubblicazioni, va
ricordato il trattato di tisiologia.
E’ un uomo infaticabile che si occupa
di tutto e di tutti, e che riceve riconoscimenti di ogni genere, lauree honoris
causa, presidenze ad honorem, medaglie e stelle d’oro di ogni genere e da
tutto il mondo.
Nel 1956 il Morelli è collocato a riposo;
è una festa grande, durante la quale
colleghi stranieri e italiani, allievi,
amici e malati, rendono omaggio al più
valoroso dei tisiologi. Etienne Bernard,
presidente dell’unione internazionale
contro la tubercolosi, dice al Morelli
che “ce jour de gloire vous était dû”; gli allievi più illustri ricordano le tappe di
una vita straordinaria e le sue qualità
di scienziato, di soldato, di maestro,
di organizzatore.
Il Morelli risponde a tutti gli oratori,
spiegando “come e perchè ha fatto quello
che ha fatto”; ha fatto ogni cosa con
“amore” per andare incontro alle mille
necessità dei malati, per proteggerli
dagli insulti dei pregiudizi e dell’egoismo, per dare un volto umano all’assistenza.
Il Morelli trascorre gli ultimi giorni
di vita pensando alle parole che
avrebbe rivolto in Campidoglio ai
tisiologi italiani e stranieri in occasione del venticinquesimo anniversario
dell’Ospedale Forlanini; è malato da
tempo, e la malattia, ignorata dai più
è affrontata con lo stesso spirito del
combattente valoroso.
Eugenio Morelli muore a Roma il 21
settembre 1960. A suo ricordo le figlie
Giuseppina ed Emilia istituiscono,
presso l’Accademia Nazionale dei
Lincei, la Fondazione Morelli, per
incentivare e premiare le ricerche in
campo pneumologico.
Morelli vuole essere sepolto nel
piccolo cimitero di Teglio e il viaggio
lungo la sua amata Valtellina diviene
una specie di processione; al cordoglio dei grandi si unisce lo sguardo
stupito di tanti bambini che dal ciglio
della strada osservano l’uomo che si
è battuto per dare “un litro di latte a tutti
gli scolari d’Italia”.