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Ciro Abbate Scatole vuote Copertina di Veronica Crisci Artegenica 2 Indice Premessa 5 Introduzione 7 Babbo Natale 8 Il mio amico… 10 Fantasia e realtà 12 Sotto assedio 15 Biografia 22 Bibliografia 24 Contatti 26 3 “Siate affamati, siate folli” disse il cuoco del manicomio. 4 Premessa Vi è mai capitato di inseguire voi stessi? Sì? Bello vero? A me una volta è capitato di inseguire uno che mi somigliava, almeno credevo mi somigliasse. Da quel giorno cambiai le lenti a contatto. Sviste a parte, il punto è questo: per inseguire se stessi, bisogna sapere dove si va, perché conoscere la propria meta è fondamentale, in un mondo in cui un GPS può farti imboccare una ZTL in qualsiasi momento. Rifletteteci. Ho sempre pensato che scrivere un racconto possa paragonarsi al voler raccontare la storia dell’umanità, oralmente, tutta d’un fiato, senza mai prender pause. Un po’, come dire, asfissiante. E’ vero, voi mi direte che si può scrivere in diversi momenti, con tutte le pause che servono e senza rischiare un’embolia. Giusto, è così, ma questa è la mia sensazione… in fin dei conti, io penso pure che dietro al riscaldamento globale, ci sia un complotto delle industrie produttrici di condizionatori d’aria. Capite? Non sono mica credibile. 5 Ed è proprio per superare questa sensazione di asfissia, di smarrimento e per tenere sotto controllo la mia meta, che ho deciso di raccontare piccole storie, legate, ma al contempo divise. 6 Introduzione Le quattro piccole storie che leggerete hanno un tema comune: l’immaginazione; quella di un bambino, nella prima storia; quella di un preadolescente, nella seconda; quella di un adulto, nella terza; quella collettiva, nell’ultima. Il protagonista potrei essere io, potreste essere voi. Forse siete proprio voi i protagonisti. Ho spiato un sacco di gente per scrivere queste quattro storielle. Beh, scherzi a parte, legalmente parlando, i protagonisti potreste essere voi data la semplicità dei temi trattati. Vi auguro buona lettura. Ah, se doveste riconoscervi in queste poche righe, tranquilli, datemi il vostro indirizzo e provvederò a mandarvi il tecnico per rimuovere telecamere e microspie dalle vostre abitazioni. A vostre spese, ovviamente. 7 Babbo Natale Due giorni prima di Natale, frugando nella stanza dei miei genitori trovai il mio regalo. Con un sorrisino beffardo stampato sul viso lo scartai con cautela, aprii la scatola e ci giocai per un po’, poi richiusi e incartai il tutto nuovamente (era un flipper, esattamente quello che avevo chiesto a Babbo Natale nella mia letterina). In quel momento capii due cose: la prima, i miei genitori leggevano la mia corrispondenza, violando la privacy; la seconda, Babbo Natale non esiste. Decisi di tenere per me la scoperta lì per lì, volevo rivelare ai miei di aver capito questa grande verità, proprio il giorno di Natale. Il 25 mi svegliai con il solito entusiasmo, corsi sotto l’albero e lì trovai il mio regalo. I miei genitori mi guardavano sorridendo. Erano felici perché io ero felice. Scartai il regalo e con finto stupore esclamai “E’ quello che volevo, Babbo Natale mi ha accontentato!” I miei sembravano ancora più felici. Mi girai verso di loro, e con ghigno malefico dissi “mamma, papà, vi devo dire una cosa…” “dicci a papà, cosa, cosa?” rispose babbo; “che c’è tesoro?” chiese mamma con gli occhi dolci. “Volevo dire, 8 cioè… che io… buon Natale!” I miei mi abbracciarono, mamma un po’ commossa. Poco dopo andai in cameretta a giocare con il flipper, e pensai “sono così carini, perché distruggere la loro favola…” Fu il primo e l’ultimo gesto compassionevole della mia vita. Ventuno anni fa. 9 Il mio amico… Fu questa conversazione la causa di quel gesto folle; in fondo gli volevo bene. Mi manca molto. “... Ma come fai a non credere in Dio!? Guardati intorno, è ovunque!” “Lasciami perdere, ne abbiamo già parlato!” “No! Voglio comprendere, voglio sapere cosa ti ha spinto lontano dalla fede!” “Nulla in particolare. La fede, si dice sia un dono, giusto? Ok, fa conto che quando mi è stata regalata, dopo aver scartato il pacco… beh, ho deciso di riciclarla. Magari l’ho incartata male…” “Basta! Smettila, tu non capisci! Ma hai mai letto la Bibbia?!” “Sì, e dopo averlo fatto ho cominciato a temere i credenti. Salvo poi comprendere che, molti hanno fede proprio perché non hanno letto la Bibbia; quindi ho fatto pace con il mondo.” Dopo questo breve scambio di battute, lui cominciò a 10 spintonarmi ed inveire contro di me. “Stronzo! Maledetto! Andrai all’inferno!” “Dai, calmati, esageri, non è il caso di usare violenza.” “Non sopporto più la tua blasfemia! Convertiti!!” Mise entrambe le mani intorno al mio collo e cominciò a stringere forte. “Per favore, così mi fai male. Ti prego lasciami. Cosa direbbe il tuo Dio se ti vedesse ora? Ok, magari ho sbagliato domanda, ma lasciami, così mi fai male. Siamo pur sempre amici!” “No! Io ti odio!” Lo disse con uno sguardo tremendo, aveva gli occhi di un pazzo. Dovetti prendere una triste decisione. Con una testata mi liberai dalla presa e con un soprammobile lo colpii forte alla testa. Cadde a terra, morto sul colpo. Quel giorno uccisi il mio amico… immaginario. 11 Fantasia e realtà “La realtà a volte supera la fantasia.” Quante volte l’avete sentito dire? Ebbene, questa piccola storia lo conferma. Un giorno, rovistando tra vecchi articoli di giornale trovai una notiziai ncredibile. Nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1975, a Napoli, una donna di nome Anna venne svegliata nel cuore della notte da botti e fuochi d’artificio. Infastidita dall’accaduto si precipitò alla finestra per manifestare il suo disappunto agli individui, che incuranti dell’ora, si dilettavano con il loro anticipo di capodanno. Purtroppo le proteste non ebbero successo e la donna fu costretta, dopo aver svegliato il marito, che evidentemente aveva un sonno più pesante, a chiamare la forza pubblica. Poco dopo, una volante dei carabinieri giunse sul posto, provocando la fuga dei burloni. Prima di scappare però, uno di loro accese un ultimo grosso petardo che, finendo proprio sotto l’autopattuglia, provocò lo scoppio di un pneumatico con conseguente sbandata, che si concluse contro un palo della luce. L’incidente fu fatale ad uno dei 12 due carabinieri presenti nell’auto, mentre l’altro rimase ferito gravemente. Sul posto accorsero altre pattuglie e un’ambulanza. La signora Anna e suo marito Antonio furono interrogati in quanto testimoni; l’accaduto li sconvolse molto. Dopo le domande degli agenti, i coniugi rientrarono in casa e tentarono di riaddormentarsi, non prima d’aver controllato che il loro unico figlio stesse dormendo beatamente. Poco dopo l’alba, il marito della signora Anna uscì per recarsi a lavoro. Verso le 8:00, il campanello svegliò di nuovo la donna, che accorsa in fretta e furia alla porta, si trovò di fronte un carabiniere e al suo fianco, Giuseppe, il figlio adolescente che credeva a letto. Il carabiniere spiegò alla scossa signora Anna, che suo figlio Giuseppe aveva confessato d’esser stato il responsabile dell’incidente occorso ai colleghi carabinieri e quindi, della morte di uno di loro e del grave ferimento dell’altro. Il ragazzo aveva sistemato sotto le coperte due cuscini per simulare la sua presenza a letto e, radunatosi sotto casa con i suoi amici, aveva posto in essere la sconsiderata parata di botti e fuochi d’artificio. La signora Anna all’apprendere la notizia, cadde svenuta portandosi una mano al petto. Un infarto le stroncò la vita. 13 Il figlio Giuseppe fu processato, condannato e rinchiuso in riformatorio. Il marito Antonio, non resse al dolore e si suicidò qualche mese dopo. “La realtà a volte supera la fantasia.” Quante volte l’avete sentito dire? Ebbene, a quasi quarant’anni dell’accaduto, questa piccola storia conferma che a volte, sì, può succedere. Ma nel caso specifico, non è così, perché questa storia l’ho inventata io. Riposa in pace accanto a tuo marito, cara signora Anna. 14 Sotto assedio Quel giorno mi ero svegliato con uno strano presentimento, ma non avrei mai immaginato uno scenario simile. Roba del genere si vede nei film, non pensi mai che potrebbe capitarti sul serio. Nonostante il grigio presentimento ero di buon umore quella mattina. Decisi di concedermi una giorno vacanza, lontano dagli stress lavorativi, ma soprattutto dallo stress provocato da mia moglie. Le avevo detto che ero fuori per un’importante “missione lavorativa”. Mi recai in banca per un prelievo al bancomat. Giunto davanti al “magico” macchinario, constatai con sommo rincrescimento che era fuori servizio. Pensai “beh, non sarà questo a rovinarmi la giornata…” Entrai in banca e dopo venti minuti in fila giunsi finalmente allo sportello, “salve, vorrei prelevare” dissi gentilmente all’impiegato. Dopo pochi istanti ebbi tra le mani un po’ dei miei soldi da spendere, per la mia ludica giornata anti stress. Un attimo dopo, dal retro della banca piombarono quattro uomini incappucciati, provvisti di mitra, che con tono alquanto deciso esclamarono quasi in coro “tutti 15 fermi! E’ una rapina!” Uno di loro bloccò l’uscita, un altro oscurò le telecamere di sorveglianza con una vernice spray nera, mentre gli altri due iniziarono a radunare tutti i presenti in un angolo della filiale. Io fui strattonato così forte che caddi in terra. “Piano, per favore, non fateci del male…” dissi con voce strozzata dal terrore. Il più grosso dei quattro mi tirò un calcio allo stomaco, provocandomi non poco fastidio. Ero quasi tentato di esclamare “beh, non sarà questo rovinarmi la giornata”, ma anche il più basso dei quattro mi tirò un calcio, convincendomi che il mio ottimismo era decisamente fuori luogo. Quello che sembrava essere il capo, si diresse ad uno sportello, intimando all’impiegato “è inutile che vi nascondete dietro i vetri e cercate di chiamare la polizia o di far suonare l’allarme, abbiamo disattivato tutto, persino i vostri cellulari! L’unico modo per salvare i vostri amati clienti è darci tutti i soldi che avete, e presto!” concluse il malvivente. “Ma, si calmi per favore, noi, non possiamo…” rispose mestamente l’impiegato. “Se non riempi subito i nostri borsoni con tutti i dannati euro che avete, uccideremo tutti gli ostaggi! E per provare che non scherzo, ora ne farò fuori uno, subito!” Ora, credo 16 che chiunque al mio posto avrebbe perso ogni spunto di ottimismo, pur volendo invocare tutti gli dei possibili e immaginabili, pur volendo porre fiducia nella mera casualità o in un freddo calcolo statistico, penso che chiunque al mio posto avrebbe pensato – anche perché mi avevano già quasi ammazzato a calci – “ecco, ora tocca a me. Finiranno il lavoro.” Mentre questi pessimistici pensieri frullavano nella mia mente, beeeng! Uno sparo, e un uomo cadde a terra, morto. Solo in quel momento mi resi veramente conto di quante persone erano lì con me. Eravamo in quattordici, tredici, uno era andato. Undici uomini e due donne, una delle quali abbastanza anziana. Tutti gridavano, il panico diventò incontrollabile, o meglio, stava per diventare incontrollabile, ma si sa, sparare in aria funziona sempre. Tornato il silenzio, gli impiegati cominciarono a riempire le borse con i soldi, mentre tre rapinatori ci tenevano sotto tiro. L’anziana signora si accasciò a terra, svenuta. Il più grosso di loro, quello che aveva lucidato la sua scarpa con la mia pancia, si avvicinò alla donna, scostando bruscamente un signore che stava prestandole soccorso. “Chi ti ha chiesto niente!? Sei un fottuto medico tu!?” 17 chiese il furfante puntando il mitra alla testa del pover’uomo. “Effettivamente sono un medico, potrei aiutare la signora, se lei mi concedesse di farlo…” rispose l’uomo, con il terrore negli occhi. “No! Lascia pure che crepi! Non mi frega un cazzo!” esclamò il degenerato, mostrandosi privo di compassione e smentendo la formula cinematografica che vuole almeno uno dei cattivi, un po’ meno cattivo degli altri. Di fatti, nessuno della banda obiettò a tale esclamazione e al contrario, cominciarono a sghignazzare divertiti osservando la signora che agonizzava sul pavimento. “Ok, siamo tutti morti, non ci lasceranno andare, ci fanno fuori!” pensai. Ma proprio in quel momento, di scatto si alzò da terra l’uomo morto che disse “stop! Cazzo, avevo detto, controllate che non ci siano vecchi! Forza, aiutiamo la signora!” Tra lo sconcerto generale, i rapinatori gettarono i mitra, si tolsero i passamontagna e corsero in soccorso dell’anziana donna. Uno di loro, il più grosso e cattivo, quello che aveva lasciato l’impronta del suo 54 di piede sul mio stomaco, esclamò impaurito “porca troia, ci hai detto tu di essere convincenti e cattivi!” “Sì, ma avevo detto pure niente vecchi!” rispose il morto, con ancora il 18 sangue che gli gocciolava dalla testa. Poi rivolgendosi a me disse “hey, lei, chiami un’ambulanza, cosa aspetta!? Vuole che la vecchia schiatti!?” Un esperimento! Capite!? Un dannato esperimento! Commissionato da psicologi e sociologi americani, per uno studio sul comportamento degli individui “comuni” in situazioni “estreme”. Per ben un’ora, di quella che doveva essere la mia giornata di libertà, fui trattato come una cavia. I rapitori erano attori, ed il morto era il regista. “Signori, calma, verrete risarciti per i danni morali, state tranquilli…” sentenziò il regista resuscitato. “… E fisici!” aggiunsi io. Dopo un’altra mezz’oretta di spiegazioni, colluttazioni, svenimenti post trauma e viavai di paramedici, decisi che era mio diritto non perdere ciò che restava della mia giornata vacanziera; avrei avuto tutto il tempo di far sfogare lo stress post traumatico, con calma, il giorno seguente. Dopo l’ennesimo vaffanculo agli organizzatori di quella farsa fin troppo reale per il mio stomaco, uscii dalla banca 19 e pensando “ora devo divertirmi un po’”, svoltai l’angolo che conduceva al garage dove avevo l’auto e… “ciao cara! Come va tesoro?” Sì, mia moglie, incrociai mia moglie. Mi guardò sbigottita, e per un attimo pensai che era troppo sconvolta per dire qualcosa ma, mi sbagliavo “e la tua missione importante? Eh, brutto figlio di…” esordì la mia dolce metà infuriata. “Ma cara, la mia missione si è appena conclusa… sì, sì, chiedi in banca, ero lì fino a poco fa, dovevo recitare per un’importante esperimento americano.” risposi abbozzando una scalata di specchi olimpionica. “Ah sì? Già, dimenticavo che gli ingegneri elettronici hanno doti nascoste che nemmeno l’Actors Studio può insegnare!” ribatté lei. Le spiegai l’accaduto; la finta rapina, i finti rapinatori e il caos generale. Aggiunsi soltanto un particolare differente, mi spacciai per uno degli attori, un finto cliente. “Ma tesoro mio, ti giuro, mi hanno chiesto di farlo… pensa, gli attori erano così bravi che mi hanno preso a calci sul serio!” 20 La mia metà sembrò calmarsi, mi guardò quasi preoccupata, poi esclamò “vedrai cosa ti farò io a casa! Stronzo!” Era solo la quiete prima della dannata tempesta! Tornando a casa sconfitto pensai “questo sì, che rovina la mia fottuta giornata di vacanza!” 21 Biografia Ciro Abbate, nato a Villaricca il 28 agosto 1985, cresciuto a Giugliano in Campania (NA) in una famiglia (potenzialmente) benestante, scrive le sue prime poesie a diciassette anni e partecipa, negli anni che seguono, a numerosi concorsi dai quali ottiene varie pubblicazioni. Studia poco e male, arrivando al conseguimento del diploma come Tecnico delle industrie elettriche, dopo una travagliata (per colpa sua all’80%) carriera scolastica. Nel 2007 edita la sua prima raccolta poetica dal titolo “Le Perle Nere”, iniziando così la sua silenziosa carriera da scrittore… registrando numerosi consensi, sorrisi e pacche sulle spalle, da amici, parenti e beneauguranti. All’inizio del 2013 pubblica “La carezza delle ombre”, raccolta poetico – fotografica; opera che racchiude un lungo percorso psicologico su se stesso e il mondo che lo circonda. Sempre nel 2013 pubblica in formato ebook “ParaNormal – Sweet Family”, racconto comico a tratti satirico. Giornalista pubblicista dal 2009, pianista improvvisato, fotografo senza più macchina fotografica e persona molto 22 incline all’ironia e all’autoironia (date le circostanze). Ci sarebbe molto altro da raccontare, dall’infanzia alla prima poesia; dal primo libro a quest’ultimo… ma, questa pagina ha lo scopo di informare, non di traumatizzare, quindi le info in essa poste, sono state considerate sufficienti (ordini dall’alto). 23 Bibliografia Poesia “Piccola luce” - Selezionata tra le migliori per il Concorso letterario fotografico Cartman Edizioni 2007 e pubblicata all’interno dell’opera CONFINESENZAFINE, Cartman Edizioni, maggio 2007; Raccolta poetica “Le Perle Nere. Poesie e pensieri” Libro edito da AbbìAbbè Edizioni, settembre 2007; Poesia “Desaparecidos” - Selezionata tra le migliori per il Concorso letterario fotografico Cartman Edizioni 2008 e pubblicata all’interno dell’opera SAREBBEBELLO, Cartman Edizioni, maggio 2008; Poesia “Senno perduto” - Selezionata tra le migliori per la raccolta annuale Nuove Voci Edizione Il Filo e pubblicata all’interno dell’antologia poetica NAVIGANDO NELLE PAROLE VOL. 27, Edizione Il Filo, luglio 2008; Poesia “Rosa d’inverno” - Selezionata tra le migliori per il Concorso letterario fotografico Cartman Edizioni 2009 e pubblicata all’interno dell’opera MIOTUOSUO, Cartman Edizioni, maggio 2009; Poesia “La carezza delle ombre” - Selezionata tra le migliori per il Concorso letterario fotografico Cartman 24 Edizioni 2010 e pubblicata all’interno dell’opera RICORDATIDIME, Cartman Edizioni, maggio 2010; Poesia “Come nel vuoto” - Selezionata tra le migliori per il Concorso di poesia Il Federiciano Aletti Editore 2011 e pubblicata all’interno dell’opera IL FEDERICIANO Libro blu, Aletti Editore, dicembre 2011. Raccolta poetica “La carezza delle ombre” – Photocity Edizioni, febbraio 2013. Racconto satirico in formato ebook “ParaNormal – Sweet Family” – Lulu edizioni, ottobre 2013. 25 Contatti lacarezzadelleombre.wordpress.com [email protected] ciroabbate22 artegenica ciroabbate 26 Copyright © 2014 Ciro Abbate Tutti i diritti riservati 27