Economia aziendale: oggetto e metodo

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Economia aziendale: oggetto e metodo
Economia aziendale: oggetto e metodo
1. L’economia aziendale come scienza.
2. Oggetto e metodo dell’economia aziendale
3. L’evoluzione della disciplina:
a) l’ampliamento dell’oggetto di studio; b) il cambiamento dell’ottica di
osservazione; c) le finalità
4. L’economia politica ed economia aziendale e le altre discipline aziendali
5. L’economia aziendale oggi
1. L’economia aziendale come scienza
L’economia aziendale – o scienza economica dell’amministrazione d’azienda, com’è
stata chiamata in origine – è una disciplina economica che, secondo la definizione che
di essa ne diede il suo fondatore, studia le condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita
delle aziende 1. Vale a dire che ha come proprio oggetto l’azienda e l’attività economica
che in essa si svolge, e come scopo l’individuazione dei principi e delle regole che ne
garantiscono il funzionamento e lo sviluppo.
È considerata una scienza perché ricerca, con metodo scientifico, relazioni, uniformità,
principi che abbiano validità generale e che siano in grado di spiegare come sono fatte
e come funzionano le aziende. È formata da un corpo sistematico di conoscenze che si
è accumulato nel tempo ed è in continua evoluzione.
Il suo campo di osservazione è rappresentato dall’azienda e dai suoi accadimenti, che
sono – l’una e gli altri - espressione del comportamento umano nella società. Per questo
motivo è considerata una scienza sociale e, in quanto tale, rientra nel novero delle
scienze empiriche.
In relazione ai fini cui tende è una scienza positiva e normativa insieme, perché si
propone di conoscere e spiegare la realtà osservata così com’è, e, al tempo stesso, di
indicare precetti e consigli allo scopo di modificarla per farla divenire come vorremmo
che fosse.
1
L’espressione in corsivo è di Zappa. Essa è contenuta nella prolusione, dal titolo Tendenze nuove negli
studi di Ragioneria, pronunziata in occasione dell’inaugurazione dell’A.A. 1926/27 nel R. Istituto
Superiore di Scienze Economiche e Commerciale di Venezia.
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L’economia aziendale, come scienza, nasce dagli studi di ragioneria, in epoca
relativamente recente. Il suo atto di nascita è rappresentato dal testo della prolusione
che Zappa pronunziò in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 1926/27
del Regio Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Venezia. In quella
lezione, dal titolo Tendenze nuove degli studi di ragioneria, il Maestro spiegò le origini
della nuova disciplina, ne definì il contenuto e ne indicò il metodo di ricerca. Come
ramo del sapere, dunque, l’economia aziendale ha poco più di 80 anni, che nel campo
della conoscenza non sono poi tanti.
Si è detto che fu chiamata anche “scienza economica dell’amministrazione d’azienda”2.
Prima della svolta impressa da Zappa, le discipline economiche che si interessavano di
amministrazione aziendale erano la ragioneria e la tecnica amministrativa, alle quali si
era aggiunta da poco la tecnica dell’organizzazione aziendale3.
Ma la ragioneria e la tecnica amministrativa avevano come oggetto di studio
prevalente, se non addirittura esclusivo, rispettivamente, l’arte di tenere i conti e la
pratica del commercio. Le trattazioni di contabilità, per quanto avessero subito
notevole evoluzione dal punto di vista scientifico negli ultimi 60 anni4, erano
2
“Per amministrazione d’azienda in senso lato si intende la complessa attività umana mercè la quale
l’azienda ha vita, dalla sua istituzione alla liquidazione”.
Onida, Economia d’azienda, pag. 131, UTET, Torino, 1971.
Per amministrazione si intende anche l’azione degli organi amministrativi maggiori, che nell’azienda,
esplicano funzioni volitive o direttive. Quando l’intesa in tal senso, l’amministrazione è solo il governo o
il reggimento dell’azienda o di dati sui settori.
La stessa espressione ha anche un significato meno ampio, che è poi quello che le viene attribuito nei
nostri studi, secondo il quale “l’attività amministrativa è formata da tutte le operazioni accessorie e
complementari riguardanti i giudizi di convenienza, e anche quelli di previsione e rilevazione contabile e
statistica”.
D’Ippolito, Istituzioni di amministrazione aziendale, pag. 14, Abbaco s.r.l., Palermo 1966.
3
Taylor e Fayol erano ingegneri vissuti rispettivamente negli Stati Uniti e in Francia a cavallo fra il XIX e
il XX secolo.
4
Nel campo della ragioneria i primi contributi scientifici significativi erano apparsi nella seconda metà
del diciannovesimo secolo con le opere di Villa, Cerboni e Besta, che possono essere annoverati fra i
precursori dell’economia aziendale, quanto meno per il fatto di avere creato le condizioni che ne hanno
favorito la nascita e lo sviluppo.
Francesco Villa (1801 – 1884) fu professore ordinario di Scienza della contabilità di Stato dell’Università
di Pavia dal 1843. Tale insegnamento venne istituito dal governo austriaco nel 1839 nelle facoltà di
giurisprudenza di Padova e Pavia, analogamente a quanto aveva fatto a Vienna, Praga e Leopoli. Villa
ascese a quella cattedra dopo la pubblicazione del trattato La contabilità applicata alle amministrazioni
private e pubbliche, che gli valse il premio messo in palio dal governo per il miglior testo della nuova
disciplina.
Giuseppe Cerboni (1827 – 1917) ricoprì dal 1876 al 1892 l'ufficio di "Ragioniere generale dello Stato”,
istituito nel 1869 dopo pochi anni dall'unità d'Italia. In precedenza si era distinto per i suoi studi sulla
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comunque applicazioni del metodo della partita doppia; di spessore minore erano
invece le pubblicazioni sull’attività commerciale in genere.
Sul fronte della tecnica commerciale, invece, gli studi si erano sviluppati, ramificandosi
per settori di attività, nella tecnica mercantile, in quella bancaria, industriale,
dell’armamento e nella tecnica dei trasporti; e le relative discipline non erano state
ricondotte ad unità, ma erano rimaste come autonome. Esse, fra l’altro, non studiavano
la gestione sotto il profilo economico. Si limitavano a fornire elementi, il più delle volte
disarticolati, utili come primi presupposti tecnici per la conoscenza della gestione.
La tecnica dell’organizzazione era addirittura agli albori, se si considera che i primi
studi erano apparsi negli Stati Uniti nel 1911 ad opera del Taylor e riguardavano
l’organizzazione scientifica del lavoro5.
C’era quindi un vuoto fra il contenuto dell’amministrazione economica di azienda e lo
spazio occupato dalle discipline aziendali.
In questo contesto dottrinale la ragioneria rappresentava, dunque, la disciplina che
aveva subito il processo di maturazione scientifico più ampio. E ciò spiega perché le
Tendenze Nuove - cioè le tendenze alle nuove ricerche - siano partite proprio da essa e
non da altre discipline, come ad esempio, l’economia politica, nel cui oggetto
rientravano e rientrano certamente l’azienda e la sua amministrazione.
Se l’azienda, vista in modo unitario, avesse attratto gli interessi degli economisti,
l’economia aziendale sarebbe stata generata verosimilmente dagli studi di economia
politica e non da quelli di ragioneria.
Va comunque osservato che l’avvento dell’economia aziendale non è legato soltanto
alla evoluzione della ragioneria, ma anche al concorso di altre condizioni, come lo
contabilità di Stato e sulla logismografia, che è, quest’ultima, una forma particolare del metodo di
scritture in partita doppia. Tale tecnica ebbe in Italia singolare fortuna, tanto da essere introdotta
nell'amministrazione statale, centrale e periferica, e poi abbandonata quando Cerboni lasciò l'ufficio di
Ragioniere generale dello Stato.
Fabio Besta (1845 – 1927) ricoprì la cattedra di Ragioneria del R. Istituto Superiore di Commercio di
Venezia dal 1872 al 1918. Nel 1909 pubblicò il trattato la Ragioneria, in tre volumi, che segnò una svolta
negli studi, collocando la disciplina nel novero delle scienze sociali. Promosse gli studi storici e generò la
Scuola Veneta dalla quale uscirono alcuni dei migliori cultori della ragioneria italiana tra la fine del 1800
e i primi del 1900.
5
Taylor pubblicò nel 1911 The principies of scientific management; Fayol pubblicò nel 1916
Administration industrielle et generale.
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sviluppo industriale del Paese, l’influsso delle correnti culturali europee, la
sistemazione teorica degli studi di economia, e la istituzione delle scuole superiori di
commercio a Venezia, Bari, Napoli e Genova.
Questo insieme di circostanze ha contribuito a coagulare nel pensiero economico
italiano tutti gli ingredienti della reazione scientifica. Vi erano – com’è stato osservato6
- teorie economiche fondanti, tradizioni applicative, dinamiche economiche,
sperimentazioni pratiche e doveri accademici7. Per la reazione occorreva la catalisi del
genio che è venuta con Gino Zappa, il quale ha costruito la disciplina nuova
realizzando un congeniale connubio tra oggetto da indagare e metodo di ricerca8.
2. Oggetto e metodo dell’economia aziendale
Lo Zappa avvertì con chiarezza quali erano i limiti della ragioneria e li espose
efficacemente nella sua prolusione9.
Egli riteneva che lo scarso rendimento degli studi di questa disciplina era da imputare
al fatto che si limitavano ad indagare il meccanismo delle rilevazioni contabili senza
considerare il loro contenuto. Si segue, osservava, un procedimento senza sapere dove
6
Canziani, “Le discipline Aziendali Italiane da tecniche a scienza”, in atti del II Convegno Nazionale di
Storia della Ragioneria, Messina, 1993.
7
Lo sviluppo degli studi italiani travolge analogie soltanto parziali, ma collegamenti molto fecondi con
quanto stava accadendo in altri paesi europei, ciò che attesta la presenza di esigenze conoscitive e
tendenze dottrinali omogenee. Si pensi al Gomberg, al Rieger, a Schmalenbach, alle vicende della
fondazione delle Handelshochschulen come istituzioni volutamente separate dalle niversità con le quali si
intendeva dare risposta all’esigenza pressante di formare professionalmente la figura del
<<Betriebswirt>> con competenze nettamente differenziate rispetto a quelle dell’economista generale. Il
richiamo alla realtà delle problematiche aziendali è chiaramente percepibile in questi contesti, di contro
all’astrattezza delle teorie economiche e di altre concezioni che dominano il mondo della cultura europea
dell’epoca”.
Ferraris Franceschi, Problemi attuali dell’Economia Aziendale, pagg. 345/6.
8
Ferrero, Le discipline economico-aziendali e il management d’impresa, Giuffrè, Milano.
9
Egli disse testualmente che chi “…si accinga con mente consapevole ed autonoma allo studio della
ragioneria non può non ricevere sgradita impressione da quelle nozioni che si vogliono esporre come
propedeutiche e fondamentali”. E “…se pur elementari trattazioni si hanno quando si entra nella
particolarità del soggetto, argomenti, una certa caligine par che gravi su quei principi”.
La produzione scientifica appare sterile di fruttuosi risultati. “Al molto lavoro di molti corrisponde un
cumulo non indifferente di opere stampate, ed un tenue risultato”. Quando “il lavoro si svolge in pochi
solchi, superficialmente coltivati, non vi può essere abbondanza di risultati. La coltivazione estensiva del
terreno che è alle soglie di casa propria – sono sempre parole di Zappa – non ha mai dato buoni frutti”.
Zappa G., op. cit. pagg. 10 e 11.
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esso conduca, senza raggiungere la conoscenza del mondo aziendale che quel sistema
di rilevazione può offrire. Da qui la loro aridità, e anche la loro incongrua applicazione,
“nonché quel dissidio che esiste tra teoria e pratica e che viene opportunamente
imputato alle carenze delle dottrine contabili10”. La ragioneria non può ignorare
l’origine economica dei dati che osserva, né può limitarsi ai soli aspetti metodologici
della rilevazione. Non può confondersi con la sola rilevazione contabile, che invece
rappresenta uno dei suoi strumenti; e non può confinarsi nei limiti angusti di uno
studio metodologico che sia avulso dal sistema di accadimenti. Solo quest’ultimo può
dare significato alla metodologia e la può adattare pienamente alle esigenze
conoscitive.
Per comprendere il contenuto la nuova scienza, bisogna partire dalla visione che Zappa
aveva dell’azienda e del suo sistema di accadimenti.
Nell’impianto teorico zappiano l’azienda rappresenta una categoria universale, che va
osservata dal punto di vista oggettivo, cioè come realtà distinta da chi l’ha costituita e
la guida, e come unità dotata di una propria autonomia, le cui scelte riflettono la
composizione degli interessi che in essa di tempo in tempo convergono. Le relazioni, le
uniformità, e i principi idonei a spiegare le condizioni e le modalità di funzionamento
dell’azienda possono essere individuati prendendo in considerazione solo i fenomeni
di natura economica ed esaminandoli in chiave sistemica. Isolatamente considerati
quegli stessi fenomeni sono privi di significato: lo acquistano invece se vengono
opportunamente aggregati e studiati nella unità del sistema del quale fanno parte.
La scissione dei fenomeni aziendali negli aspetti di organizzazione, di gestione e di
rilevazione è infatti un’astrazione alla quale si ricorre per esigenze di studio e di
ricerca; un’astrazione che non crea fenomeni nuovi: mette piuttosto in evidenza aspetti
diversi della stessa realtà e consente di osservarla da punti di vista differenti. Ma ciò
non deve fare perdere di vista che il frazionamento è attuato per scopi di studio.
Lo Zappa avvertiva l’esigenza di “andare oltre le ricerche atomistiche intorno a particolari operazioni e a
casi particolari per poter conoscere e dominare la molteplice realtà e per potere inserire i fenomeni
particolari in vasti complessi dinamici, in relative uniformità di carattere generale”. E così prosegue:
“quando il disorientamento scientifico non più disperde in aberrazioni troppi ingegni e troppe energie si
avranno occhi non solo per vedere, ma per discernere il grande nel piccolo, il simile nel difforme, il
relativamente costante nel variabile, il persistente nel continuo, l’unità nel diverso”.
Zappa, op. cit., pag.
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Non si può comprendere la logica degli accadimenti aziendali se si prescinde dalla
stretta interdipendenza che intercorre fra l’aspetto organizzativo, gestionale e di
rilevazione e dal vincolo sistemico che li lega11.
I motivi che per lungo tempo hanno giustificato l’esistenza di più discipline non hanno
fondamento scientifico: non dipendono dall’autonomia logica dei fenomeni oggetto di
indagine. L’organizzazione, la gestione e la rilevazione sono discipline complementari,
perché gli accadimenti aziendali non sono mai soltanto di natura organizzativa,
gestionale o rilevativa, ma producono riflessi congiunti su tutti e tre gli aspetti
predetti12. Ne consegue che le ricerche condotte senza tenere conto dei collegamenti
esistenti conducono inevitabilmente a conclusioni inattendibili ed infondate13.
Per Zappa l’economia aziendale è la sola scienza che avvince in un tutto unitario lo
studio
dell’attività
economica
aziendale
nelle
sue
molteplici
e
complesse
manifestazioni. È una disciplina che ha confini propri, delimitati dall’oggetto di studio,
ed ha una propria ottica di osservazione, che è di natura esclusivamente economica.
Per questo viene concepita come la dottrina economica dell’azienda, ossia come la
scienza che studia le condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita.
11
Zappa osservava al riguardo che ci troviamo di fronte a uno dei molti casi offerti dalla storia del sapere nei quali
classi di conoscenze che risalgono a un ceppo comune si smarriscono poi in frammentarie autonomie. “Ma quando le
disarmonie spariscono, e per vie non del tutto indipendenti le varie dottrine lentamente convergono verso sintesi più
vicine, quando la cerchia dei fatti nella quale le varie discipline agiscono si fa più definita, le discipline stesse devono
finire per intendersi, per ritrovarsi in concezioni comuni, che concorrono a dare una più corretta interpretazione dei fatti
indagati”.
12
La distinzione fra le discipline, più che una formale separazione di scienze distinte, mette in evidenza la
connessione che esiste fra l’elemento organico, l’elemento tecnico e lo strumento rilevatore della vita
aziendale. Pur se si volesse ammettere la loro autonomia non si potrebbe non tenere presente l’esistenza
di numerosi nessi, palesi e riposti, che le ricollegano. Se le discipline fossero separate il ricercatore
consapevole verrebbe confinato in una sorta di isolamento che lo priverebbe degli strumenti necessari per
le sue indagini. La tripartizione, inoltre, non vede una delle discipline considerate in posizione di
privilegio rispetto alle altre.
Non esiste una gerarchia di dignità fra le stesse o fra i loro cultori “che se poi a qualcuna delle tre parti si
volesse attribuire una prevalente importanza, in ragione ad esempio della utilità che le sue teorie possono
apportare per le applicazioni pratiche, meglio non si potrebbe rispondere – osservava acutamente lo
Zappa – che con la parabola di Menenio Agrippa. Nessuna di quelle tre parti ha possibilità di isolata
esistenza, nessuna di esse, isolatamente considerata, può avere importanza”.
La tecnica amministrativa e la dottrina della organizzazione aziendale non possono ridurre l’importanza
della ragioneria, anzi la avvalorano con un incessante contributo di fatti nuovi e ne accrescano l’efficacia,
la migliorano e la muovano verso più alti gradi.
D’altra parte la conoscenza della gestione e dell’organizzazione delle aziende non può essere piena se si
prescinde dalla rilevazione dei fenomeni considerati. Quelle dottrine, con il loro carattere strettamente
economico, cooperano con le teorie contabili a un solo fine generale: alimentare la visione di più vaste
coordinazioni aziendali.
13
D’Ippolito, Istituzioni di amministrazione aziendale, pag. 328/9, abbaco, Palermo/Roma, 1964.
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In questa nuova prospettiva di studio la ragioneria, pur conservando la propria
autonomia scientifica, diviene parte complementare di un sistema dottrinale più
ampio, all’interno del quale ha strette relazioni di interdipendenza con la dottrina della
gestione e con quella della organizzazione, anch’esse relativamente autonome dal
punto di vista scientifico.
L’economia aziendale costruisce teorie sul funzionamento dell’azienda. Per questo è
una scienza positiva e non normativa, anche se una distinzione del genere non è
assoluta, poiché le uniformità, le relazioni, i principi che spiegano come funziona
l’azienda servono anche per correggere le eventuali disfunzioni o situazioni
patologiche che si possono presentare14.
Nelle ricerche che conduce si avvale di un metodo non esclusivo che può variare in
relazione ai problemi da affrontare15.
3. L’evoluzione della disciplina
L’impostazione data da Zappa ha caratterizzato un periodo fecondo di studi e di
ricerche, che va dalla fine degli anni venti alla fine degli anni sessanta del secolo
passato, nel corso del quale l’economia aziendale si è affermata rapidamente ed ha
avuto consistente sviluppo. Ciò è avvenuto per il contributo dello stesso Zappa, dei
suoi allievi diretti e di altri illustri studiosi16. Gli studi condotti in quel periodo hanno
delimitato una fase del processo evolutivo della disciplina che può essere denominata
come economia aziendale classica.
14
Zappa, op. cit., pag. 34..
Onida, Economia d’azienda, pag. 127, UTET, Torino.
15
Onida, op. cit., pag. 125
“Dalla scienza positiva, frutto dell’analisi economica astratta, possono trarsi, infatti, principi e precetti per
la concreta politica economica dell’azienda, tenendo comunque presente che “la teoria, pur quando si
traduca in principi di politica economica aziendale, è sempre relativa a schemi di relazioni e a modelli
semplificati, non idonei a fornire, da soli, norma immediata all’azione”.
16
Tra gli allievi diretti da Zappa si ricordano P. Onida, T. D’Ippolito, C. Masini; tra gli altri studiosi A.
Ceccherelli L. De Minico, Aldo Amaduzzi, E. Giannessi, S. U. Pagnano.
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A partire dal 1960 lo sviluppo degli studi è proseguito secondo impostazioni teoriche
differenti, peraltro sostenute da un’intensa specializzazione che ha favorito la nascita e
il progredire di nuove discipline collegate alle aree funzionali e a tipologie e classi
particolari di azienda.
Se mettiamo a confronto l’originaria impostazione teorica della disciplina con gli
attuali orientamenti e con la vasta letteratura prodotta, non possiamo fare a meno di
constatare
che c’è stato un significativo ampliamento dell’oggetto di studio, un
mutamento dell’ottica di osservazione dei fenomeni aziendali e una variazione dei fini.
Alle
tradizionali
discipline
che
studiavano
l’amministrazione
aziendale
-
organizzazione, gestione e rilevazione - se ne sono aggiunte di nuove, le ricerche sono
state condotte anche con finalità normative, e non si sono limitate a considerare il solo
aspetto economico dei fenomeni aziendali.
Ci si può chiedere allora se i cambiamenti verificatisi possano essere considerati come
il risultato di un processo di naturale evoluzione ovvero se i principi enunciati da
Zappa siano stati definitivamente soppiantati e risultino incompatibili con quelli che
intanto si sono affermati.
La domanda non è retorica, non solo perché è già stata posta in dottrina, ma anche
perché ci consente di chiarire qual è oggi il contenuto dell’economia aziendale e in
quali rapporti si pone con l’economia politica e con le altre discipline aziendali.
Si tratta dunque di esaminare, nell’ordine, quali sono le conseguenze derivanti:
a) dall’ampliamento dell’oggetto di studio;
b) dal mutamento dell’ottica di osservazione dei fenomeni aziendali;
c) dalla variazione dei fini della ricerca.
Dopo di che ci soffermeremo sul contenuto della disciplina e sui suoi rapporti con le
altre discipline economiche.
a) l’ampliamento dell’oggetto di studio.
Rispetto al periodo in cui Zappa ha esposto la sua teoria è aumentato notevolmente il
numero e la varietà delle aziende; il che ha accentuato le diversità esistenti fra le
singole unità che costituiscono l’universo aziendale. Ora, è noto che quanto più ampio
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ed eterogeneo diviene l’universo, tanto più generali ed astratti appaiono i principi e le
teorie comuni a tutte le unità che lo compongono.
A ciò si aggiunge che anche per effetto dell’impulso derivante dalle nuove conoscenze,
si sono affermati nuovi filoni di ricerche sulle varie tipologie di aziende e sulle relative
aree funzionali. La frammentazione delle indagini ha fatto pensare alla possibilità di
trovare punti di sintesi diversi dall’azienda intesa come categoria universale; ed è stata
avanzata la tesi che l’economia aziendale, concepita secondo l’impostazione zappiana
(unica scienza che avvince in modo unitario lo studio dell’attività economica aziendale,
e lo conduce nei coordinati aspetti dell’organizzazione, della gestione e della
rilevazione), si era trasformata in una disciplina introduttiva agli studi economici
sull’azienda, ed era divenuta un contenitore delle varie discipline autonome
riguardanti tipologie e classi di azienda o singole aree funzionali.
Va osservato al riguardo che la formazione di nuove discipline è strettamente connessa
al progresso scientifico. La specializzazione degli studi genera nuove discipline che
tendono a differenziarsi da quella di origine anche per i segni verbali utilizzati. Ma ciò
non sempre determina il tramonto o la dissoluzione della disciplina originaria. Nel
caso specifico, l’ampliamento dell’oggetto di studio non ha fatto venire meno
l’unitarietà e la visione integrata e sistemica dell’amministrazione d’azienda17.
La scoperta di uniformità e principi riguardanti tipologie e classi di aziende o singole
aree funzionali non ha soppiantato le discipline esistenti; anzi ne ha rafforzato la
validità18.
I nuovi filoni di studio - come il marketing, la produzione, la finanza, la
programmazione e il controllo e la strategia – riconducibili oggi all’economia aziendale
non smentiscono la visione sistemica che Zappa, alla luce delle conoscenze dell’epoca
17
“La specializzazione delle ricerche – osservava Onida – varia anche da tempo a tempo, in relazione allo
stesso evolversi della vita economica delle aziende e dell’ambiente sociale ed ai problemi che nei vari
momenti maggiormente attraggono l’attenzione del paese degli operatori economici e degli studiosi”.
Onida, op. cit., pag. 128.
18
D’altra parte si deve riconoscere che “la dottrina economica dell’azienda, non esclude, dal proprio
oggetto, l’<economia settoriale>, ma ad essa previene con una metodologia propria, per la quale il
<settore> e la sua <economia> scaturiscono dallo studio delle aziende che al settore medesimo
appartengono, variamente assimilate o differenziate nelle condizioni di esistenza e nelle manifestazioni di
vita “.
Ferrero, “I principi istituzionali dell’economia aziendale”, Finanza, Marketing e Organizzazione, 1991,
pag. 22.
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individuò nella interdipendenza delle discipline che allora si interessavano di
amministrazione economica d’azienda.
Se mai è esistita una disciplina unitaria e autonoma della gestione, non c’è nulla di
strano che essa si ramifichi oggi in filoni specifici che riguardano le aree funzionali
dell’azienda. La specializzazione degli studi è un evento inevitabile quando
progrediscono le conoscenze e si affinano le procedure di ricerca, ma nel caso specifico
non dimostra che sia venuta meno la validità della visione sistemica dei fenomeni
aziendali.
È stato opportunamente osservato, che il valore aggiunto dell’economia aziendale
deriva ancora oggi proprio dalla riunione sinergica di conoscenze di gestione, di
organizzazione e di rilevazione. “Uno studioso di accounting che ignori le
problematiche gestionali e organizzative non è un economista d’azienda; come pure un
cultore di studi organizzativi che non ha radici nelle discipline gestionali e
ragionieristiche potrà essere un sociologo uno psicologo ma non
un
economista
d’azienda “19.
b) il cambiamento dell’ottica di osservazione.
A proposito dell’ottica di osservazione degli accadimenti aziendali va precisato che
l’interesse esclusivo per l’aspetto economico sostenuto da Zappa rifletteva un canone
fondamentale del pensiero scientifico dell’epoca: vale a dire la necessità di separare le
sfere dell’attività umana, distinguendo quella economica da quelle sociale e politica. Si
deve riconoscere, però, che quella indicazione è stata interpretata in modo restrittivo
ed è divenuta un criterio discriminante.
Considerare solo l’aspetto economico dei fenomeni aziendali non vuol dire tralasciare
gli altri, specie se da questi ultimi dipende la corretta interpretazione del primo20.
19
Lo specifico della preparazione di un economista aziendale – afferma V. Coda – è una solida cultura di
base nelle aree gestionali, organizzative e ragionieristiche.
Coda, “L’economia aziendale: contenuti, specificità, ruolo”, L’economia aziendale: contenuti, specificità,
ruolo, pag. 59, Roma, 1985.
20
Talora gli aspetti economici dei fenomeni propri dei redditi e dei risparmi degli investimenti e dei
consumi di azienda sovrastano ogni altro aspetto; ma non rado proprio i fenomeni del consumo si
presentano con aspetti demografici, morali, giuridici e sociali che eccedono in rilevanza gli aspetti propri
dei nostri studi.
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“Nell’azienda non si agitano soltanto manifestazioni, aspetti, problemi di ordine
economico, ve ne sono anche molti altri che fanno parte del complesso e nessuno di
questi può a priori essere escluso21”. Se la realtà aziendale è unitaria, anche lo studio di
essa deve essere condotto in modo unitario. L’osservazione del solo andamento
economico dell’attività aziendale non dà una conoscenza piena dell’azienda, né riesce a
fornire indicazioni utili sul piano operativo.
L’analisi dei fenomeni deve necessariamente estendersi agli aspetti e ai problemi che in
essi coesistono, poiché sono tutti genericamente causa della dinamica aziendale. È stato
opportunamente osservato che “sono pressoché insormontabili le difficoltà che
sorgono quando si vuole interpretare il funzionamento dell’azienda proprio nella
dimensione economica, prescindendo dalla psicologia degli individui che in essa
operano, dai loro rapporti interpersonali, dall’evoluzione dei rapporti di potere, dalle
relazioni con l’ambiente economico specifico o generale, dal collocamento rispetto al
contesto
normativo,
dal
posizionamento
rispetto
alla
collettività
e
infine
dall’evoluzione storica sia interna sia esterna all’azienda22”.
c) le finalità.
L’ampliamento dell’oggetto di studio e le modifiche nell’ottica di osservazione dei
fenomeni aziendali hanno contribuito ad accentuare l’aspetto normativo dei risultati
delle ricerche economico aziendali.
Si è già detto che è difficile distinguere in modo netto le scienze positive da quelle
normative; e che le relazioni, le uniformità, i principi, le teorie hanno sempre valenza
operativa. Anche le teorie esplicative degli accadimenti aziendali, se sono davvero
valide, almeno nelle condizioni di tempo e di luogo in cui vengono enunciate, hanno
anche contenuto normativo. Perché è inevitabile che le conoscenze acquisite vengano
anche utilizzate per scopi operativi e diventino una giuda per l’azione concreta.
L’economia aziendale procede continuamente attraverso giudizi di valore, in base ai
quali distingue manifestazioni di vita fisiologiche da manifestazioni di vita
Zappa, Azienda di consumo, pag. 672, Giuffrè, Milano.
21
Ferraris Franceschi, Problemi attuali dell’economia aziendale, pagg. 358/9.
22
Dematté, ivi, pag. 24
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patologiche, e perciò si muove continuamente sul piano del ciò che è e di ciò che dovrebbe
essere, al punto che i due piani vengono inevitabilmente a sovrapporsi e a confondersi
l’uno con l’altro.
Sotto questo profilo non si può parlare di differenze sostanziali fra l’economia
aziendale e le altre discipline aziendali, comprese quelle cosiddette manageriali. La
distinzione secondo la quale gli studi di management hanno un contenuto normativo,
mentre l’economia aziendale ha un contenuto positivo si è rivelata inconsistente.
4. L’Economia politica e l’economia aziendale e le altre discipline aziendali
Per esaminare il rapporto esistente fra l’economia aziendale, l’economia politica e le
altre discipline aziendali conviene partire dalle seguenti domande: l’economia politica
e l’economia aziendale sono scienze diverse o l‘economia aziendale può essere
considerata come una parte dell’economia politica? E se sono diverse, in che cosa si
differenziano? E ancora: in che rapporti stanno l’economia aziendale e le altre
discipline economico aziendali? Gli studi di management rientrano nel campo
dell’economia aziendale?
Affrontando nell’ordine le singole domande va detto subito che in dottrina non c’è
uniformità di vedute né sull’esistenza di due scienze diverse, né su ciò che crea la
differenza fra esse, anche se l’orientamento prevalente è a favore della tesi che sono
diverse, pur se ciò non intacca l’unità scientifica di tutte le discipline economiche23.
Avendo come oggetto di studio l’azienda nelle sue condizioni di vita e di sviluppo,
l’economia aziendale si colloca nel campo di studio dell’economia politica e, in
particolare, nel ramo della microeconomia.
Alle origini della sua affermazione c’è stata l’inadeguatezza dell’economia politica ad
interpretare i comportamenti delle aziende24. E ancora oggi non pare che l’economia
politica si ponga il problema “di comprendere e spiegare i comportamenti delle
23
24
D’Ippolito, Istituzioni di amministrazione aziendale, pag. 294.
Ferraris Franceschi, pag 347.
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aziende in quanto singole unità nelle quali si realizzano i fenomeni della produzione,
distribuzione consumo25”.
L’economia politica analizza i fenomeni della produzione, della distribuzione e del
consumo per scopi di conoscenza del sistema economico generale visto nella sua
globalità, e li studia come fenomeni in sé, prescindendo dall’attività da cui
scaturiscono. È interessata alla funzione che le singole unità svolgono nel complesso
sistema del quale fanno parte, ed è altresì interessata alle relazioni che intercorrono fra
tutte le unità e l’economia e il benessere di determinati sistemi e la collettività; in
questa prospettiva le considera come entità tendenzialmente astratte e ne riconduce il
comportamento alla dinamica del sistema economico.
L’economia aziendale si concentra, invece, sulle aziende - che sono le unità del sistema
economico che realizzano le funzioni della produzione, della distribuzione e del
consumo -, e ne studia l’attività, analizzando le loro manifestazioni di vita e condizioni
di esistenza, al fine di guidare l’azienda verso la creazione di valore nel tempo. Studia
anche il contesto nel quale operano, ma lo fa per capirne il funzionamento.
Osserva le aziende - con i loro caratteri e le loro capacità, con i vincoli, i
condizionamenti e le opportunità che le caratterizzano nel tempo – in relazione ai fini
particolari cui tendono. Non le considera entità astratte che subiscono passivamente
l’andamento del sistema economico generale, ma soggetti attivi che con il loro
comportamento determinano l’andamento del sistema, e sono continuamente alla
ricerca di opportunità favorevoli.
Pur essendoci tra le due discipline identità nell’oggetto di studio c’è, allo stato attuale,
una diversità di scopo conoscitivo, dalla quale scaturisce una significativa differenza
nella prospettiva di analisi; pur interessandosi dello stesso oggetto, le due discipline
non hanno lo stesso orientamento e considerano un diverso ordine di problemi.
Per quanto sia possibile, allo stato attuale, individuare differenze anche nel metodo di
ricerca seguito e negli strumenti utilizzati, non pare tuttavia opportuno soffermarsi su
25
Secondo una nota definizione “l’economia politica o economia è uno studio del genere umano, negli
affari ordinari della vita; essa esamina quella parte dell’azione individuale e sociale che è più strettamente
connessa con il conseguimento e l’uso dei requisiti materiali del benessere.
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questi elementi distintivi, perché tanto il metodo quanto gli strumenti non sono né
unici né esclusivi.
5. L’economia aziendale oggi
A questo punto disponiamo degli elementi per concludere che l’economia aziendale si
presenta ancora come disciplina unitaria e onnicomprensiva; come una disciplina che
pone al centro delle proprie indagini l’azienda e le condizioni e le modalità di
svolgimento dei processi di produzione che la stessa realizza nei vari contesti in cui
opera. Si articola a più livelli: uno generale, riguardante l’azienda come categoria
universale, ed altri particolari che si riferiscono a tipologie o classi particolari e a
specifiche funzioni aziendali26.
Nel suo oggetto rientrano: gli studi sui temi istituzionali, che costituiscono la base
comune di conoscenze necessarie per assicurare la coerenza interna alle varie
diramazioni settoriali (tipologie e classi di aziende) e funzionali (aree funzionali
dell’azienda); quelli su aspetti o parti del sistema aziendale; quelli sui sovra sistemi cui
le singole aziende o le singole unità produttive possono appartenere.
Agli studi di economia aziendale sono interessati non solo i cultori della disciplina, ma
anche il mondo della produzione, nonché coloro che hanno necessità di approfondire
la conoscenza attorno ai processi di produzione economica.
Ciò che rileva e caratterizza quindi gli studi è l’ottica di osservazione dei fenomeni
aziendali: ottica che tende a correlare le singole parti al tutto, privilegiando la visione
sistemica, e si spinge a considerare anche l’ambiente nel quale le aziende vivono ed
operano.
La ricerca economico aziendale non tende a semplificare la realtà osservata: affronta
invece la complessità e scompone il sistema aziendale nei suoi sottosistemi, ne studia le
relazioni che li legano reciprocamente tra loro e con l’ambiente nel quale sono inseriti,
e ricompone i risultati secondo una visione unitaria e complessiva.
26
Viganò E., “L’economia aziendale: contenuti, specificità, ruolo”, Atti del Convegno L’economia
aziendale: contenuti, specificità, ruolo.
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L’economia aziendale mantiene un rapporto privilegiato con gli studi sulla rilevazione,
non solo perché nasce dalla ragioneria, ma per il fatto che l’analisi e valutazione dei
problemi aziendali dipendono in larga misura “dal livello delle informazioni di cui si
dispone e dal livello delle conoscenze sul divenire della vita aziendale e sugli sviluppi
dell’attività economica27”.
Quanto al metodo permane l’originaria concezione liberista, secondo la quale ci si
avvale dell’induzione e della deduzione.
Le conoscenze cui perviene l’economia aziendale non sono assolute ma relative, ed
hanno una capacità predittiva legata alla mutevolezza delle condizioni e delle
circostanze interne ed esterne. Le teorie formulate sono oggetto di un processo di
continua revisione, in funzione del progredire della ricerca e dell’evoluzione della
realtà indagata nei differenti contesti. Se e quando il sistema cambia, anche il
patrimonio conoscitivo viene rivisitato per distinguere, nel vasto complesso delle
affermazioni formulate, quelle che rappresentano il corpus fondamentale e quelle,
invece, che riflettono momenti o circostanze particolari.
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Documento SIDREA.
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