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Inserto della rivista n° 267 • febbraio 2009 • News • Epal • Ecologia Chep • PGS • Vinicaissiers • Biomasse energia • Studio Timcon • Esportazioni California • Sicurezza imballaggi • Ecodesign e norme standard E-Pack è l’organo d’informazione delle attività del Consorzio Servizi Legno-Sughero e di Assoimballaggi. Tratta di economia, tecnologia e innovazione per gli imballaggi in legno, i pallet e i servizi logistici. [email protected] [email protected] Per informazioni: Piazza Agrippa 1 editrice idm srl 20141 Milano Telefono +39 02 89546696 Fax +39 02 89515438 [email protected] www.idm.net Imballaggi in legno news Preferite sentire la cartomante? I mutui americani, la borsa che crolla, il clima alterato, il petrolio che va su e giù, la Cina vicina, il dumping, il mercato parallelo, il buco nell’ozono, le mezze stagioni che non ci sono più, e giù giù fino al classico “non ci sono più le persone di una volta”. Insomma, la specie umana è una delle più noiose e prevedibili che abitano questo strano pianeta: quando arriva al capolinea di un ciclo economico di crescita e sviluppo, quando la crisi imperversa, quando ci si sente stretti fra le maglie di un mercato bloccato si allargano mani e pupille, si corruga la fronte, si lanciano strali di pessimismo e si iniziano ad elaborare ricette su ricette, consigli tattici e strategici, ci si scopre docenti per gli altri, si indicano strade da intraprendere. Parte la macchina dei convegni, delle analisi, degli studi: la più grande invenzione dall’ultimo dopoguerra ad oggi è proprio quella del convegno, perché permette ad ognuno di noi di prendere le distanze dal cuore del problema: la responsabilità individuale. Resto sempre sconcertato dalle notizie relative alle crisi, perché non sono notizie: ogni crisi è prevedibile, perché è l’atto finale di una sommatoria di atti e decisioni consapevoli di ognuno di noi. Perché quindi stupirsi, lamentarsi, giudicare, rassegnarsi, spaventarsi se la congiuntura attuale l’abbiamo tutto sommato costruita giorno per giorno noi, consapevolmente? Perché lamentarsi per un “raccolto” se i frutti nascono da ciò che abbiamo seminato? Insomma, volete sapere come andrà a finire questa crisi? Non chiedetelo a studi previsionali, alle serie storiche dei mercuriali, al confronto incrociato di analisi e controanalisi, come pure evitate di dare 50 euro a una cartomante. E’ sufficiente prendere un foglio di carta, elencare gli aspetti della crisi che più vi attanagliano e domandarvi: “ma quando iniziavano a manifestarsi i segnali, quando i fattori dominanti della recessione si concretizzavano, io remavo contro o seguivo la corrente? Qual è la mia responsabilità? Cosa ho fatto? Come ho agito?” La risposta peggiore che può nascervi dentro è un’altra domanda, è il classico “ma da solo cosa potevo fare?”. E’ la peggiore se siete iscritti a un’associazione, perché far parte di un gruppo non è pagare una quota, o ricevere dei servizi: è prendersi la responsabilità di ciò che accadrà domani, fra un giorno, un mese, un anno, vent’anni. Michele Ballardini, presidente Assoimballaggi PDV verde Andate a Bootle, vicino a Liverpool, e vedrete il primo punto di vendita “Low Carbon”di ultima generazione aperto lo scorso ottobre dalla catena ASDA. Una facciata interamente in legno è la premessa e la promessa mantenuta da questa nuova “macchina commerciale” che vanta numerosi punti di forza ecologici. Il negozio presenta un efficienza energetica del 35% superiore a quella media degli altri punti di vendita della catena grazie a numerosi sistemi di approvvigionamento e gestione: energia solare tramite pannelli fotovoltaici, recupero e riutilizzo dell’acqua piovana per una parte dei servizi idrici generali della struttura. Inoltre, per la costruzione sono state utilizzate materie prime secondarie da riciclo, compresi i mattoni recuperati dai magazzini portuali di Liverpool. Completa l’edificio un tetto d’erba. I 39mila piedi quadrati di questa struttura hanno richiesto un investimento di 27 milioni di sterline e produrranno un beneficio di 142 tonnellate di CO2 emessa in meno e di 349mila kwh di risparmio energetico l’anno. Infine, la nuova installazione creerà 350 nuovi posti di lavoro. E-Pack è l’organo di informazione di Assoimballaggi e di CSLS-Consorzio Servizi Legno-Sughero, enti di servizio alle imprese che operano nel settore degli imballaggi. Il nome E-Pack e il suo logo sono la sintesi visiva e verbale fra gli elementi strutturali comuni alla maggior parte degli imballaggi in legno (tre assi unite da una traversa) e le aree di interesse della pubblicazione (economicità, economia, ecologia, efficienza, EDI, Europa, etica, esportazione, enologia). Inoltre, la lettera “e” è il segno linguistico che significa “congiunzione”: fra imprese, obiettivi, intenti, criteri di gestione. Creata nel 2005 con il supporto tecnico e distributivo della rivista Il Legno, E-Pack considera gli interessi condivisi sia dei produttori di imballaggi in legno, sia degli utilizzatori e dei fornitori di servizi relativi alla produzione e all’utilizzo degli imballaggi. E’ disponibile all’interno della foliazione della rivista Il Legno, in allegato separato e anche on line presso il sito di Assoimballaggi e di CSLS. www.assoimballaggi.it oppure www.legnosughero.info Responsabile di E-Pack è Sebastiano Cerullo. Hanno collaborato a questo numero Andrea Brega, Sebastiano Cerullo, Luca De Nardo, Davide Paradiso, Domenico Corradetti, Claudio Garrone. 50 FEBBRAIO Nudi al naturale Anche la natura produce packaging, e particolarmente sostenibili (bucce, gusci, baccelli), ma con risorse e obiettivi differenti dall’uomo: ha molto più tempo di noi per progettare, modificare e “immettere” sul mercato. Inoltre la natura ha pochi problemi di logistica, distribuzione e consumo. I tempi più lunghi e le risorse più costose alle quali attinge, le permettono però di avere risultati decisamente “smaglianti” rispetto al design dell’uomo. Il fotografo Carlo Valsecchi ha raccolto questa galleria di “nudi” d’autore in cui le cornici sono appena accennate: cassette in legno, plastica e cartone, qua e là solo qualche film trasparente o appena una rete. La fotografia esalta la forza delle strutture materiche plasmate dalla natura, i giochi di luce e cromatici, le disposizioni geometriche della mano dell’uomo all’interno dei contenitori. La presenza discreta del packaging, nelle sue forme quadrate o rettangolari o al massimo nei veli semitrasparenti, definisce e accentua l’irregolarità delle forme dei frutti della terra, da soli e accostati: si crea così il contrasto fra il regolare e l’irregolare che porta l’occhio dello spettatore, come in un quadro fiammingo, a osservare dapprima l’insieme per poi focalizzare la visione all’interno di una singola cassetta e poi dentro a questa analizzare gruppi di frutti arrivando infine al singolo. L’occhio è stimolato a seguire quel percorso istintivo e naturale che ognuno di noi compie quando si accinge all’acquisto, dal grande ipermercato fino al piccolo negozio sotto casa: gli occhi viaggiano sulle distese diagonali dell’esposizione entrando in piccoli mondi variegati e colorati e “palpando” le forme come se fossero le dita di una mano. Cogliere diventa così irresistibile: l’occhio stimola la mano ad allungarsi per appropriarsi dell’immagine. La missione della fotografia sembra proprio questo: riappacificare due sensi così apparentemente differenti eppure così simili cogliendo il nesso consequenziale esistente fra vista e tatto. Carlo Valsecchi, Frutta e Verdura, 5 Continents Editions, Milano 2008, Codice 9788874394395 www.fivecontinentseditions.com Aumenta il contributo, migliora il risultato Il Consiglio di Amministrazione di CONAI, su proposta di Rilegno, ha deliberato la variazione del Contributo Ambientale sugli imballaggi in legno a far data dallo scorso 1 gennaio 2009: dai precedenti 4 euro a tonnellata si passa ad 8, che resta comunque il valore unitario più basso fra quelli applicati nei paesi dell’UE. La decisione si basa su ragioni tecniche e di mercato, strutturali e congiunturali, che rendono necessario questo aumento quale strumento per mantenere gli obiettivi raggiunti e incrementarli. Dal 2005 (anno in cui venne deliberato l’ultimo aumento che modificò un importo rimasto fermo per ben 7 anni consecutivi) il flusso degli imballaggi post consumo gestiti da Rilegno è cresciuto del 49%: in sostanza, in quattro anni sono state valorizzate 316.000 t in più rispetto ai volumi gestiti in precedenza. Con il contributo aumentato allora, dal 2005 al 2008 rilegno ha sostenuto operatori pubblici e privati che si sono impegnati nelle fasi di raccolta e avvio al riciclo, secondo convenzioni ben precise. Gli obiettivi stabiliti per legge sono stati raggiunti e superati ma con un disavanzo di 795.000 euro che Rilegno a colmato attingendo agli accantonamenti effettuati negli anni precedenti. Nel prossimo triennio il Consorzio prevede un aumento della raccolta diretta soprattutto nelle aree in emergenza rifiuti e in quelle più distanti dagli impianti di valorizzazione: ne consegue un aumento dei costi per la raccolta, la riduzione dei volumi e il trasporto, costi che non fanno prevedere una riduzione del disavanzo. A questo fattore si aggiunge la difficoltà del mercato in generale e specifica (che colpisce le aziende riciclatrici, i pannellifici). Con il raddoppio del Contributo, nei prossimi tre anni Rilegno manterrà il sistema in equilibrio e favorirà l’ulteriore recupero grazie allo sviluppo delle raccolte nelle aree del paese meno efficienti. Borsa prezzi Cala la produzione Riduzioni in vista nel vecchio Continente per la produzione di legname di conifera nel primo trimestre 2009. Stando ai dati resi noti dalle associazioni delle segherie dei principali Paesi produttori (Svezia, Finlandia, Austria e Germania) si delinea un calo produttivo oscillante tra il 20 e il 30 per cento (equivalente a 3,5/4 milioni di mc in meno) rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Verso la fine dell’ultimo trimestre del 2008 diverse segherie avevano annunciato fermi della produzione a lungo termine. Ma non è tutto: occorre aggiungere che vi sono anche le restrizioni alla produzione causate dalle condizioni meteorologiche. In Germania l’associazione delle segherie si aspetta un calo del 20/25% nella produzione di legname di conifera per i primi tre mesi, il che equivale a una diminuzione della produzione di 1/1,2 milioni di metri cubi. L’industria delle segherie austriache sta anticipando un ulteriore forte calo percentuale della sua produzione di legname di conifera: le stime parlano di una riduzione del 25/30 per cento nel periodo gennaio-marzo 2009 pari a un volume di 700.000 metri cubi. Anche in Finlandia il primo trimestre dell’anno dovrebbe fare registrare un calo del 30 per cento. La Finnish Forest Industries Federation ipotizza una diminuzione della produzione di quasi un milione di mc di conifere. Dal canto suo, la Finnish Sawmills Association (che rappresenta le segherie di piccole dimensioni) si aspetta un -20 per cento, mentre in Svezia la Swedish Forest Industries Federation prevede che la produzione vada giù del 15 per cento (6/700.000 mc) rispetto al primo trimestre 2008. In tale contesto sia le segherie sia i compratori si trovano in difficoltà a programmare piani produttivi e di acquisto che vadano oltre i primi tre mesi dell’anno, anche se non è da escludere che la produzione di legname di conifera possa aumentare nel secondo trimestre. In ogni caso, carte vincenti per le segherie potranno essere la velocità con cui saranno in grado di reagire ai primi segnali di miglioramento del mercato, la flessibilità del lavoro e i contratti di fornitura mediante i quali le consegne dei tronchi potranno essere effettuate in breve tempo. 51 FEBBRAIO news Alieni verdi? In Europa si contano oggi 5.789 specie di piante aliene, di cui 2.843 totalmente extraeuropee. Belgio, Regno Unito e Repubblica Ceca sono le nazioni dove se ne riscontra il maggior numero, mentre Regno Unito (857), Germania (450), Belgio (447) e Italia (440) sono quelle nelle quali si è registrato il maggior numero di piante acclimatate. Si contano almeno 6 nuovi arrivi ogni anno, ma non tutti trovano nelle 48 fra regioni e nazioni europee oggetti dello studio una nuova e stabile dimora. E’ quanto emerge dal progetto Daisie (2004-2008), condotto nell’ambito del 6° Programma Quadro e pubblicato dalla rivista ceca Preslia. www.preslia.cz/P082Lam.pdf Vasetti in pioppo Listelli di sfogliato di pioppo fissati con graffe metalliche formano la numerosa famiglia di vasi per orticoltori, vivaisti e settori parchi e arredo urbano degli enti locali. Questi vasi risolvono il problema di gestire la fine del ciclo di vita dei vasi in materiale plastico e sono particolarmente adatti per la vendita al pubblico e per lo stoccaggio e il trasporto da parte degli operatori di piantine in fase di sviluppo e pronte per essere messe a dimora. Il vaso si biodegrada dopo l’interramento, ma svolge le stesse funzioni dei vasi monouso in materiale plastico. E’ proposto dalla ditta francese Green Power Concept, specializzata in soluzioni per l’agricoltura sostenibile, il giardinaggio, il florovivaismo. 52 FEBBRAIO Veloce e flessibile Appena 15 giorni di tempo per realizzare un’info point per due delle numerose manifestazioni che hanno animato Torino capitale mondiale del Design per tutto il 2008: la sfida è stata vinta da 35 studenti provenienti da 9 nazioni e tre differenti università che si sono cimentati con la flessibilità creativa ma soprattutto strutturale di un unico tipo di materiale: i listelli in legno 5 cm x 5 messi a disposizione dalla Denaldi Legnami di Casale Monferrato. L’installazione è stata sottoposta al giudizio di un panel internazionale di esperti. Arte e natura senza tempo La ricerca costante dell’essenza nell’arte ha portato lo scultore-pittore Mauro Coccoluto a utilizzare forme semplificate e lineari, al ritorno a un’immagine arcaica e istintiva, primordiale, usando semplici materiali quali i legni che si trovano sulle spiagge o nei boschi. L’abbandono definitivo da parte dell’uomo, dopo averli utilizzati, ha permesso a questi oggetti di sviluppare una loro forma “essenziale”, scarna, privandoli del loro particolare uso per cui erano stati creati; resta la forma di contorno e un debole colore. “Riciclare gli oggetti che l’uomo getta via perché non più necessari al proprio bisogno afferma Coccoluto - è una fonte inesauribile di forme, colori e idee che provengono dal loro utilizzo primario. L’uso che ne faccio applicandoli sulle tele, oltre al piacere visivo, dovrebbe farci riflettere sullo spreco delle risorse del nostro pianeta”. www.macoart.com. Complementi d’arredo Durevoli, resistenti, sicuri, naturali, atossici, riutilizzabili e divertenti: sono gli imballaggi in legno visti da un altro punto di vista, quello dei tanti mammiferi e uccelli presenti nel Bioparco di Roma.Al recinto dei macachi giapponesi, il rocchetto per cavi è uno dei passatempi preferiti dei più piccoli che si divertono a irrobustire gli arti e a imparare l’equilibrio. Ma tanti altri ospiti del Bioparco apprezzano il packaging in legno come complemento d’arredo delle loro aree. Di imballaggi e più in generale di legno hanno bisogno le tante famiglie che abitano la grande struttura romana; spesso, infatti, vanno rinnovati perché consumati dai giochi e dalle intemperie. Saranno particolarmente gradite donazioni, è il caso di dirlo,“in natura”. La Fondazione Bioparco di Roma è un’istituzione no profit che gestisce l’antico zoo e che coopera a livello internazionale per la conservazione delle specie a rischio di estinzione. Tutti gli animali presenti nel parco sono nati e cresciuti in cattività e provengono dalla collaborazione con altre strutture zoologiche o da sequestri effettuati dalle forze dell’ordine in caso di commercio o detenzione illegale. La vecchia concezione di zoo come un “museo vivente”, ha lasciato il posto ha due concetti fondamentali: l’educazione ambientale e la conservazione delle specie minacciate di estinzione. La Fondazione Bioparco ha sviluppato iniziative e progetti rivolti al sociale affrontando temi legati alla solidarietà e li ha uniti all’alto valore emozionale del parco. Sono stati realizzati in una parte del parco un Centro di socializzazione per disabili mentali adulti e un Centro Anziani. Inoltre, è disponibile un per corso sensoriali e per non vedenti, che inizia all’ingresso del Bioparco e si snoda per 500 metri. Il percorso è costituito da strutture tattili tridimensionali e pannelli in braille ed è fruibile in totale autonomia grazie ad un sistema combinato di corrimano in legno e mattonelle tattili. Per informazioni e donazioni: www.bioparco.it. Una nuova segheria Un nuovo impianto di segagione del legno è operativo dallo scorso 12 ottobre presso Barigazzi F.lli, dal 1962 attiva sul territorio parmense e oggi guidata da Edo, Nadio, Cesare e Gianfranco Barigazzi, figli del fondatore Gino. Partner tecnico per il nuovo impianto è Bongioanni, che ha installato una linea per lavorare dai 150 ai 180 metri cubi di legname in un turno lavorativo di 8 ore. I tronchi che possono essere lavorati dall’impianto hanno lunghezze di 2,5 e 5 metri e un diametro massimo di uno. L’investimento è particolarmente importante per un’azienda che produce annualmente un milione di pallet, con 30 dipendenti che operano su una superficie di 40mila mq di cui 10mila coperti. Presente fin dal 1983 e cuore dell’azienda, l’impianto interno di segheria permette quella flessibilità nei prodotti, nei tempi e nei costi che costituisce il tratto caratteristico di Barigazzi. La nuova linea punta ad accrescere la competitività e il livello di servizio dell’azienda parmense, che conferma così la vitalità e il rinnovamento costante dei produttori di pallet, anche in periodi di crisi. Applausi per CAST Lo scorso 19 dicembre sono stati presentati all'Unione Europea i primi esiti del Progetto CAST (acronimo per Contatto Alimenti, Sicurezza, Tecnologia), frutto di un accordo di collaborazione fra Istituto Superiore di Sanità (il referente è la dottoressa Maria Rosaria Milana che ci ha anticipato il felice esito della presentazione) e Istituto Italiano Imballaggio; il progetto intende costituire e attivare un tavolo di lavoro per un confronto tecnico-scientifico operativo tra l’Istituto Superiore di Sanità e le associazioni e consorzi interessati al tema del food contact. Già nei primi giorni del nuovo anno, sono arrivate le congratulazioni da parte dei molti partecipanti che si sono dimostrati interessati al lavoro italiano. La dottoressa Annette Schaefer, funzionario DG SANCO responsabile per la tematica, ha chiesto input all’Istituto italiano sui punti chiave e sui dubbi e la possibilità di ricevere bozze di documenti per una possibile linea guida europea. Già dallo scorso anno Assoimballaggi aveva aderito e sostenuto il progetto CAST, con l’obiettivo finale di realizzare strumenti per le aziende e formare il personale addetto a gestire problemi di contatto alimentare. Non ci sorprende Nominato il 2 giugno 2008, ha ricevuto l’onorificenza lo scorso 15 ottobre a Milano, alla presenza del sindaco di Milano Letizia Moratti e dei rappresentanti delle istituzioni: a Maurizio Ciani è stato conferito il titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. Come ogni cavaliere, Ciani ha corso ma anche “precorso”, perché spesso ha intuito in anticipo i problemi e le relative soluzioni. La capacità di individuare gli elementi complessi di uno scenario e tracciare una linea strategica chiara, semplice e riconoscibile da tutti, non è da tutti. Questo Maurizio Ciani l’ha fatto e ha creato quel terreno fertile, quell’ambiente adatto che ha permesso ad altri imprenditori e dirigenti presenti in associazione la possibilità di coltivare ed esprimere un’analoga capacità e contribuire allo sviluppo delle imprese. Consuntivo del settore Quanti imballaggi in legno si producono, vendono e utilizzano ogni anno in Italia? Quanto pesano importazioni ed esportazioni? Come si suddivide l’offerta per macrotipologie di prodotti? Insomma, quanto vale il nostro settore? Fra poche settimane sarà disponibile un rapporto analitico dettagliato sul comparto: a realizzarlo è stato l’Istituto Italiano Imballaggio, al quale è stato affidato l’incarico dal CSLS, Assoimballaggi, Rilegno, insieme all’ufficio studi di Cosmit. Partecipano allo studio anche i principali pool privati (Chep, PRS, etc). Il progetto, finanziato dal CSLS, colmerà una serie di lacune sui dati del settore, finora coperte da stime abbastanza attendibili ma non sufficienti a chiarire dinamiche reali del mercato. L’Istituto Italiano Imballaggio curerà anche gli aggiornamenti e le revisioni annuali. Scendono i costi Il consiglio direttivo del Consorzio Servizi Legno-Sughero ha deliberato lo scorso dicembre la riduzione del contributo annuale 2009 da 550 a 500 euro; inoltre, l’importo delle 2 ispezioni di base (per le aziende iscritte a un comitato tecnico del CSLS) scende da 810 a 700 euro complessivi, la cui fatturazione non sarà più effettuata dagli organismi ispettivi (SGS e Bureau Veritas) ma direttamente da CSLS. Il risparmio totale per il 2009 è quindi di 160 euro. Si ricorda che le aziende non iscritte a nessuno dei comitati tecnici e che vogliono usufruire dei servizi generali del Consorzio, devono corrispondere, oltre alla quota annuale di 500 euro, un supplemento di 300 euro. 53 FEBBRAIO news Insieme a carta e cartone Dopo quattro anni di lavoro si è concluso il progetto Sustainpack (www.sustainpack.com) che con una dote di 30 milioni di euro e 40 partner (centri di ricerca, università e aziende) ha sondato le possibilità tecnologiche di rendere gli imballaggi cellulosici competitivi al pari delle materie plastiche. Fra i protagonisti futuri di queste applicazioni saranno le nanotecnologie, i materiali compositi, le plastiche da fonti vegetali. Sustainpack apre dunque la prospettiva concreta di un ruolo da protagonisti a materiali che condividono con il mondo degli imballaggi in legno la cellulosa, una risorsa facilmente recuperabile e l’unica in grado di sequestrare la CO2 grazie alle sue origini: gli alberi. Questioni di umidità È noto quanto l’umidità residua del legno condizioni la sua resistenza alla rottura, ma conoscere esattamente le prestazioni meccaniche in relazione al contenuto idrico della fibra legnosa permette di stabilire la qualità del prodotto. Una ricerca “intramontabile” perché sempre valida e di estrema attualità è quella condotta 7 anni fa dai ricercatori CNR Paganini e Pinna dell’Istituto per la Tecnologia del Legno (www.ivalsa.cnr.it); lo studio evidenzia quanto sia l’incidenza di questo fattore sulle prestazioni dei pallet EPAL: per esempio, la sua resistenza alla flessione statica scende del 20% se l’umidità residua passa dal 21,5% al 34%. 54 FEBBRAIO Tornerà in tavola? Un ramo fiorito Plastica di riciclo a contatto con gli alimenti: sull’onda del Regolamento Comunitario 282/2008, che consente di impiegare materie secondarie a contatto con gli alimenti, una parte del mondo dei trasformatori sollecita l’autorizzazione a produrre materie plastiche di recupero destinate al contatto alimentare. Presto potrebbe quindi nascere, accanto al marchio di qualità “Plastica seconda vita”, di proprietà di IPPR (Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo), il secondo marchio “Plastica seconda vita food contact”, sempre nell’ambito dei criteri del primo marchio che, a termini di regolamento comunitario, già garantisce rintracciabilità e marcatura. Quali soluzioni per i container? Una crescita annua costante dal 1990 ad oggi del 10%; e negli ultimi 10 anni, dal 1998, questa crescita si è addirittura quintuplicata. Investireste in un comparto del genere? Ovviamente sì. E’ questo il macrotrend del trasporto via container, approfondito dall’articolo “Le merci vanno in giro per il mondo” apparso a pagina 4 del numero 2-2008 di TÜV SUD Journal, l’house organ di TÜV Italia, ente indipendente di certificazione ed ispezione presente in Italia dal 1987 ed appartenente al gruppo TÜV SÜD fondato nel 1866. Ben 114 sono stati i milioni di container veicolati lo scorso anno, con una crescita del 50% dal 2004 della flotta navale dedicata. Uno sviluppo così vertiginoso non può non richiamare l’attenzione dei produttori di imballaggi industriali, standard e su misura, e soprattutto dei produttori di bancali: interscambio, trattamento ISPM 15, misure e profili che facilitino le operazioni di carico e scarico, che ottimizzino lo spazio utile del vano sono tutte tematiche che saranno affrontate nel prossimo numero di E-Pack. Per chi volesse approfondire l’argomento: www.tuv.it/downloads/tuv_journal/TUV _Journal_08_2.pdf La scomparsa di Mauro Saviola, avvenuta lo scorso 16 gennaio, richiede, secondo la consuetudine, il ricordo dell’impresa che ha creato e dell’importanza che ha avuto per tutta la filiera del legno.Vogliamo qui ringraziare l’uomo, la sua avventura umana, le sue passioni: lo facciamo con una delle poesie che ha riprodotto nella parte più emotiva del sito www.grupposaviola.com , quella dedicata a La voce dell’Albero e che vi invitiamo a visitare. La poesia, di Pablo Neruda, s’intitola Il Ramo Rubato. Nella notte entreremo a rubare un ramo fiorito. Passeremo il muro, nelle tenebre del giardino altrui, due ombre nell’ombra. Ancora non se n’è andato l’inverno, e il melo appare trasformato d’improvviso in cascata di stelle odorose. Nella notte entreremo Fino al suo tremulo firmamento, e le tue piccole mani e le mie ruberanno le stelle. E cautamente, nella nostra casa, nella notte e nell’ombra, entrerà con i tuoi passi il silenzioso passo del profumo e con i piedi stellati il corpo chiaro della Primavera. Fra pochi giorni è primavera: è il tempo che rinnova la vita, che permette all’energia contenuta in ogni essere vivente di ricreare. Per una volta non siamo noi a ricordare Mauro Saviola, ma è la sua esistenza che ci ricorda e ci invita a proseguire il ciclo. Il suo invito è quello di far entrare nella nostra vita quel “silenzioso passo del profumo e con i piedi stellati il corpo chiaro della Primavera”. Significa non aver paura di affrontare le tenebre, le difficoltà della vita, gli ostacoli quotidiani oppure improvvisi, ma lasciarsi sospingere dal desiderio, dalla passione, dal richiamo ineludibile della bellezza e della genesi continua della vita: che poi questo coraggio prenda la forma di un’impresa piccola o grande che sia, che quest’impresa si chiami azienda o famiglia non importa. Importante è uscire dalla notte, e nella notte, per cercare la vita, fidandosi che il nostro piccolo grande sogno, coltivato come un piccolo germoglio dentro ognuno di noi, possa diventare realtà.A Mauro Saviola, che anche oggi ha superato la paura della notte per entrare nella luce. Chiusure “light” E’ il migliore, non solo per la qualità del vino, per il prestigio delle marche dei produttori, per il fascino e la ritualità legata al gesto di aprire una bottiglia: è migliore anche per l’impatto ambientale. Corticeira Amorim ha commissionato a Pricewaterhouse Coopers una LCA del tappo in sughero rispetto a soluzioni in plastica e alluminio. I risultati (completi all’indirizzo www.corkfacts.com) non hanno bisogno di commenti, come si evince da una delle principali tabelle sintetiche di raffronto. E ora il gruppo Amorim e il mondo dei tappi in sughero aspettano la risposta dai materiali concorrenti. FLA in Argentina Dal 24 al 29 novembre scorso si è svolta una missione esplorativa Federlegno-Arredo in Argentina, a seguito della visita istituzionale dell’ex presidente Snaidero a Buenos Aires del febbraio 2008. La missione si è svolta in collaborazione con ICE – Istituto Nazionale per il Commercio Estero – e con FAIMA – Federazione Argentina omologa di Federlegno-Arredo – e con le proprie Camere Regionali. Sono state visitate oltre 20 tra imprese organizzate e “pronte per l’esportazione” e associazioni e la delegazione di Federlegno-Arredo guidata dal Cosimo Messina – membro della Giunta della Federazione - è stata anche invitata a prendere parte ai lavori del Congresso annuale della FAIMA. Obiettivo era verificare: 1) disponibilità di materia prima/semilavorati di buona qualità e possibilità di approvvigionamento; 2) strutture produttive e loro volontà di cooperare con imprese italiane per sviluppare eventuali joint-venture produttive e distributive; 3) esistenza di associazioni tipo Federlegno-Arredo per sviluppare collaborazioni. La disponibilità di materia prima è notevole: 1,2 milioni di ettari di boschi coltivati a pino (54%), eucaliptus (32%), salice (11%) e altre specie. Si è potuto toccare con mano la realtà produttiva locale nell’area del delta del Paranà (con una discreta disponibilità di pioppo e produzione di imballaggi ortofrutticoli) e dell’alto Paranà (con abbondante disponibilità di pino taeda e produzione di segati, elementi per pallet, cornici, rivestimenti in legno, pannelli tipo finger joint). Molto limitate invece le possibilità di approvvigionamento di specie native pregiate. Gli ostacoli principali all’avvio di relazioni commerciali stabili sono di tipo logistico e di gamma limitata di prodotti disponibili. Nel corso dei contatti avviati con le locali associazioni imprenditoriali si è discussa la possibilità di organizzare incontri tra imprese italiane ed argentine nell’ambito di manifestazioni fieristiche specializzate. Controlli ok A partire dall'anno appena trascorso il Consorzio Servizi Legno-Sughero intende monitorare l’attività svolta dagli enti di ispezione incaricati attraverso il grado di soddisfazione dei propri consorziati. E' stato richiesto a tutti i consorziati di compilare volontariamente una scheda di valutazione appositamente predisposta, nella quale si chiedevano giudizi in merito alla professionalità, alla cortesia e disponibilità del personale incaricato, alla chiarezza delle informazioni ricevute e infine un giudizio complessivo sugli enti incaricati per le visite ispettive FITOK. Lusinghieri i risultati ottenuti da entrambe le società ispettive, SGS Italia e Bureau Veritas Italia: su 236 schede di valutazione pervenute, l'85% dei consorziati si dichiara complessivamente soddisfatto dell'operato delle società incaricate sia in termini di professionalità sia di valore aggiunto ottenuto. Anche per il 2009 il Consorzio Servizi Legno Sughero affiderà le visite ispettive FITOK alle stesse società incaricate negli anni precedenti. Ricette anti crisi “Oltre la crisi: modernizzare il Paese” è il titolo del convegno annuale, organizzato da Indicod-Ecr lo scorso 28 gennaio a Milano. Di particolare interesse, alcuni esiti della ricerca dell’istituto SPO per conto di Indicod-Ecr che aveva come obiettivo l’analisi delle percezioni dei consumatori rispetto al livello di modernità del paese e dei suoi principali attori (banche e assicurazioni, sistema sanitario, grandi imprese, grande distribuzione organizzata). Ne è emerso un Paese individualisticamente moderno, dove dal singolo cittadino all’impresa si vive una sensazione come quella “di un artigiano che ha molte idee, anche innovative, ma che non riesce a realizzare”: se da un lato, dunque, l’italiano ha grande fiducia nella modernità individuale, scarsa o nulla è quella nella modernità del sistema-paese. Modernità che viene legata certamente a concetti come l’innovazione e la tecnologia, ma ancora di più alla sua sostenibilità (sociale ed ambientale) ed eticità. Jacques Attali, economista, ha sostenuto che per andare oltre la crisi, tre sono i percorsi necessari: la crescita demografica (“senza figli e senza nipoti, non vi è alcun interesse per la modernità e l’innovazione”), lo sviluppo tecnologico sostenibile e la stabilità politica e finanziaria. Come sono tre anche le riforme che Attali ritiene indispensabili per “sopravvivere” ed uscire dalla crisi: massimizzazione dell’economia della conoscenza (istruzione di base, formazione continua e ricerca); mobilità e trasparenza nelle attività produttive, economiche e finanziarie, indipendentemente dal contesto o dal ceto sociale di provenienza degli individui; governance basata su efficienza, trasparenza e riduzione della burocrazia nell’ottica di elaborazione di una visione ed una strategia a lungo termine, chiara e credibile, tanto a livello di istituzioni quanto di imprese e singoli cittadini. www.indicod-ecr.it/modernizzare 55 FEBBRAIO news Una scultura per Magni La scultura realizzata dall’artista Ferdinando Codognotto e dedicata a Maurizio Magni accoglie i visitatori della nuova biblioteca dedicata al collega recentemente scomparso e che raccoglie una piccola parte del lavoro della sua vita: quello di selezione e valorizzazione di un’ampia bibliografia dedicata al mondo del legno. Nella targa di dedica, queste parole: L’albero di Olivo, simbolo di natura e pace (e anche nutrizione legata al buongustaio Maurizio). La cornucopia, che si sprigiona dalle radici dell’albero, segno di abbondanza, di fantasia di Magni. Simbologie che escono dalla cornucopia: compasso per disegnare la quotidianità; bottiglia, buongustaio di vini; la squadra; la lampadina delle idee; parole, la sua dialettica negli incontri; ingranaggi, che rappresentano il nostro momento tecnologico e rapporto con il mondo telematico; il gufo rappresenta la sua saggezza (con affetto, F. Codognotto, scultore). Stop al BM A seguito della Decisione della Comunità Europea del 18 settembre scorso relativa all'utilizzo del bromuro di metile come prodotto destinato alla protezione delle piante, a partire dalla data della decisione si hanno 18 mesi di tempo per il suo impiego e ne consegue che alla data del 18 marzo 2010 non ne sarà più consentito l'utilizzo per gli scopi previsti. Sul prossimo numero di E-Pack sarà pubblicato un approfondimento sul tema. 56 FEBBRAIO Tre nuovi comitati Nel corso del 2009 il Consorzio Servizi Legno-Sughero avvierà la costituzione di tre nuovi comitati tecnici dedicati a tre aree scoperte e sensibili dell’imballaggio in legno: il primo progetto, avviato in collaborazione con Fedecomlegno, porterà a creare un marchio di qualità tecnica relativo al legname di origine legale. Alla prevenzione nel produrre rifiuti da imballaggio e alla preparazione al riutilizzo nell’ambito del sistema EPAL saranno dedicate le attività di un secondo comitato, mentre il terzo implementerà un nascente progetto di qualificazione dell’imballaggio industriale. RFID al banco di prova Proseguirà nel corso del 2009 la sperimentazione di RFID Logistics Pilot, il progetto lanciato nel 2007 dal Laboratorio RFID dell’Università degli Studi di Parma, che ha presentato a ottobre scorso i primi risultati di test sull’applicazione di questa tecnologia e del sistema Electronic Product Code (EPC) lungo una catena di fornitura reale e sulla verifica dei benefici derivanti. Nel corso di quest’anno si cercherà di studiare differenti risultati e vantaggi estendendo a una catena di fornitura più complessa il prototipo sperimentato nei 5 mesi del 2008; in quel periodo erano stati considerati un solo tipo di prodotto, produttore, distributore e due punti di vendita. Nella prima fase del progetto erano stati coinvolti 12mila cartoni su 800 pallet; incoraggianti sono stati i primi risultati (86% di pallet riconosciuti in automatico, riduzione del 68% dei tempi di controllo presso il produttore, riduzione dell’80% dei tempi di ricevimento e presa in carico presso il centro distributivo). Il progetto RFID Logistics Pilot si distingue dai numerosi in corso per il coinvolgimento interprofessionale e la condivisione non solo sui costi ma anche su scelte progettuali, esperienza portata in dote e sviluppata, elaborazione della metodologia di lavoro. Per i nuovi EPAL... Si ricorda che sono modificate, come da decisione del board EPAL dell’estate 2008, le condizioni (procedure) per l’autorizzazione alla produzione dei nuovi tipi pallet piani EPAL (EUR1, EUR 2, EUR3, e EUR 6) secondo le modalità di seguito indicate: un’azienda che sia già in possesso di regolare autorizzazione per la produzione dei pallet piani 800x1.200 mm, ha immediatamente il diritto di produrre, a livello 1, i nuovi tipi di pallet EUR 2 (1.200x1.000 mm), EUR 3 (1.000x1.200 mm) ed EUR 6 (800x600 mm). Nel caso in cui il primo controllo del lotto da parte della società di controllo abbia esito positivo, il produttore è autorizzato a produrre quel determinato tipo di pallet secondo il livello per il quale è già autorizzato a produrre i pallet EPAL 800x1.200. Si ricorda anche che a partire dal 1 ottobre 2008 il prezzo per le graffe di controllo EPAL è stato aumentato, sempre per decisione del board, da 8,00 euro a 9.00 euro ogni 1.000 pezzi acquistati. Al via i corsi PALOK ’09 Sì è tenuto lo scorso 26 gennaio a Viadana il primo corso 2009 per l’implementazione del progetto PALOK; i prossimi appuntamenti sono per il 27 aprile, alle 14.30, e lunedì 28 settembre, alla stessa ora. La partecipazione al corso di formazione è parte integrante della procedura per ottenere l’accreditamento al nuovo marchio voluto da Assoimballaggi e CSLS, e gestito da quest’ultimo attraverso apposito comitato tecnico, per colmare il vuoto normativo riferito alla portata (carico nominale) sui pallet riutilizzabili e monouso non rientranti in marchi di qualità tecnica. Si ricorda che il marchio è volontario; per ottenerlo, occorrono requisiti associativi, tecnici e prove di laboratorio condotte presso CRIL. L’accettazione della domanda di accreditamento è gestita direttamente da CSLS. Il nuovo marchio ha debuttato a Ecomondo presso l’area ricerca e sviluppo allestita da Conai, accanto al suo stand istituzionale, lo scorso mese di novembre a Rimini. Secal: sistemi all’avanguardia per l’essiccazione e il trattamento fitosanitario di imballaggi in legno e pallet L a Secal è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo per la produzione di essiccatoi per legno di massima qualità e si pone al top tra i costruttori europei. La produzione avviene all’interno del proprio stabilimento a Resana (Treviso) da cui escono impianti con un progetto originale, collaudati e con un’elettronica installata ormai in oltre 2.000 impianti in tutto il mondo. La Secal, sempre attenta ai problemi di risparmio energetico e ai tempi di essiccazione, diventati in questi tempi di crisi economica ancora più importanti per garantire risultati eccellenti, propone diverse ed originali soluzioni, tra le quali: 1) Il concetto costruttivo della cella Secal e del suo isolamento permette di ridurre al minimo le dispersioni di calore e di garantire una lunga vita alla struttura nel suo insieme. 2) I ventilatori in lega d’alluminio, 100% reversibili, hanno massimi e uguali rendimenti in entrambi i sensi di rotazione e ad ogni regime di giri. 3) Il sistema di umidificazione a doppia linea di spruzzaggio, che collegato al flusso di ventilazione, permette di ottenere il più idoneo regime igrometrico in entrambe le direzioni di rotazione dei ventilatori. 4) L’utilizzo di inverter per comandare i ventilatori, permette di ridurre il consumo di energia elettrica e, collegato a una stazione climatica SECAL (composta da 2 anemometri), assicura risparmi energetici medi del 30% e in alcuni casi particolari, anche del 50%. 5) Le funzioni Advanced Drying permettono di stimare il tempo residuo di essiccazione, la data di fine processo e di condurre un’essiccazione assistita e di gestire i costi energetici. schede 6) Il sistema di conduzione e controllo Secal Plus 3000, di propria elaborazione, è il più avanzato presente oggi sul mercato ed è in grado di soddisfare qualunque esigenza dell’operatore per qualunque tipo di essiccazione. Il sistema Plus 3000, collegato al P.C. industriale touch screen e gestito dal software Epl Supervisor, rende l’impianto estremamente versatile e permette il controllo remoto di tutte le sue funzioni, la modifica dei parametri e la ricezione di aggiornamenti software.Via GSM il computer può essere collegato a un telefono cellulare per l’invio di messaggi di tipo SMS per segnalare allarmi o altre informazioni relative ad ogni singola cella. La Secal propone anche le celle per il trattamento termico secondo lo standard ISPM-15, un’importante normativa FAO (Food and Agricolture Organisation) per la regolamentazione delle misure fitosanitarie da applicare agli imballi in legno e ai pallet, nel commercio internazionale. La Secal ha sviluppato proprie esclusive tecnologie e ha messo a punto un proprio software dedicato, attenendosi scrupolosamente alle direttive FAO. In particolare le soluzioni adottate per l’automatismo di controllo e gestione, per la verifica della taratura delle sonde, per il banco prova, per le sonde stesse, e per la registrazione e archiviazione dei dati e per la manualistica a corredo sono, senza dubbio, oggi le più tecnologicamente avanzate reperibili sul mercato. Gli impianti possono svolgere la funzione di solo trattamento fitosanitario dei pallet e degli imballaggi in legno, oppure quella combinata essiccazione/trattamento con sistemi a bruciatore diretto o tradizionali con caldaia. 57 FEBBRAIO marchi & marketing Sistema Epal: responsabilità e costi da condividere EPAL è un marchio internazionale di qualità pre- sente nell’Unione Europea (25 + 2 paesi extra UE), USA, Cina, India e Australia, gestito dall’European Pallet Association. Complessivamente annovera 1.300 aziende omologate, che riforniscono i mercati di oltre 65 milioni di bancali nuovi ogni anno e ne riparano oltre 15 milioni. L’European Pallet Association coopera con le amministrazioni centrali e locali degli stati membri affinché sia riconosciuto e rispettato il valore del marchio EPAL, in forza del beneficio ambientale ed economico a favore, in modo diretto, delle imprese e, in modo indiretto, delle comunità locali e dei consumatori finali. , il marchio internazionale di qualità dei bancali in legno più diffuso in Europa, invita tutti gli operatori economici (produttori, imprese di logistica, distribuzione all’ingrosso e al dettaglio) ad avvalersi, per acquisti ed eventuali riparazioni di bancali, unicamente di aziende omologate ed autorizzate da EPAL stesso. A tal fine, in Italia opera il Comitato Tecnico EPAL Italia (tramite il CSLS Consorzio Servizi Legno-Sughero di Federlegno-Arredo) cui la European Pallet Association conferisce la titolarità nel rilascio delle licenze e nel controllo del mercato: la rete di produttori e riparatori possessori di licenza epal copre tutte le provincie italiane (i nominativi di tali aziende sono disponibili all’indirizzo web www.legnosughero.info). 58 FEBBRAIO “Per gli acquirenti – spiegano dal Comitato Tecnico EPAL Italia - il minor costo per compravendite e riparazioni effettuate presso operatori non omologati EPAL, è legato a bancali provenienti da attività del tutto illecite (come furti, ricettazione e, per la riparazione, il ricorso a componenti di qualità inferiore, e perciò meno costosi). Per le aziende che ritengono meno oneroso rivolgersi ad operatori non omologati, in realtà, il vantaggio è fittizio ed espone a rischi civili e penali da non sottovalutare”. Oltre a considerare l’eventualità di incorrere nei reati di incauto acquisto (Art. 712 c.p.) o ricettazione (Art. 648 c.p.), l’approvvigionarsi presso aziende non autorizzate EPAL non garantisce che i bancali, acquistati attraverso questi circuiti illeciti, rispondano a quei requisiti tecnici di portata fondamentali per la sicurezza di merci e persone durante l’uso del bancale stesso. Il minor costo praticato dagli operatori non omologati, rispetto a quello delle imprese omologate è, in realtà, solo apparente e genera una serie di costi aggiuntivi (di seguito riportati) che vengono poi “scaricati” sulla collettività lungo tutta la catena di fornitura. 1) EPAL è un sistema di interscambio che si basa sull’acquisto di bancali da parte del primo utilizzatore, che ne resta il proprietario e che li utilizza nell’ambito delle sue transazioni commerciali: questi si garantisce, poi, la disponibilità di un quantitativo di bancali equivalente, grazie alle restituzioni da parte dei propri clienti e fornitori che condividono il sistema e accettano di restituire i bancali in numero e qualità del tutto paragonabili a quelli ricevuti. L’acquisto e la riparazione di bancali a marchio Epal effettuato presso operatori non autorizzati, genera di fatto un doppio costo al primo utilizzatore che, costretto a reintegrare le differenze, riversa il costo aggiuntivo in quello delle merci, condividendolo con logistiche, distributori e consumatori finali. 2) Il sistema di interscambio EPAL si basa su principi di sostenibilità ambientale: la struttura del bancale, infatti, è progettata per il suo riutilizzo (i pallet a marchio EPAL non sono monouso, ossia “a perdere”) e la possibilità di ripararlo; inoltre è prodotto con materia prima rinnovabile (legno). Acquisti e riparazioni effettuate presso operatori non omologati comportano, dunque, un doppio prelievo di risorse, eludono il contributo ambientale CONAI e, infine, riducono l’impegno della collettività a favore di sistemi riutilizzabili a basso impatto ambientale. 3) Il ricorso a bancali a marchio Epal provenienti da aziende non autorizzate espone fortemente al rischio di incidenti a merci e persone; in caso di acquisto incauto, evidentemente, non è possibile garantire le prestazioni tecniche previste dai relativi documenti tecnici e garantite dagli operatori omologati. La conseguenza più immediata è la perdita della possibilità di controllo della sicurezza per gli operatori (magazzinieri, carrellisti, autotrasportatori, addetti ai rifornimenti, etc). I danni a merci e persone producono, inoltre, un costo diretto per le imprese e indiretto per la collettività. “Invitiamo pertanto tutti i responsabili acquisti delle aziende italiane – precisano dal Comitato Tecnico EPAL Italia – a verificare sempre l’omologazione dei propri fornitori e, in ogni caso, a considerare attentamente non solo i rischi, ma soprattutto i costi in termini relativi, e non assoluti, legati all’acquisto presso aziende non autorizzate”. IL MERCATO ITALIANO DEI BANCALI IN LEGNO VOLUME (116,8 milioni di unità totali) Nuovi, sia rendere sia a perdere 70 milioni di unità non EPAL 9 milioni di unità EPAL Usati e/o riparati 35 milioni di unità non EPAL 2,8 milioni di unità EPAL VALORE (918 milioni di euro totali) 578 milioni di euro (pallet EPAL nuovi e usati + riparati non EPAL) 340 milioni di euro (pallet EPAL nuovi + riparazioni EPAL) Operatori EPAL: 52 produttori e 129 riparatori Parco bancali EPAL circolante in Italia: 50 milioni di unità Aggiornamento: novembre 2008 59 FEBBRAIO sicurezza Messina al ministro Sacconi: la sicurezza è prioritaria Milano, 11 Dicembre 2008 Prot. n.1603 .08.RM\SC\rp Egregio On.le Maurizio Sacconi Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali e p.c: Egregio On.le Claudio Scajola - Ministro dello Sviluppo Economico Ministero dello Sviluppo Economico Egregio On.le Luca Zaia – Ministro delle Politiche Agricole e Forestali Ministero delle Politiche Agricole e Forestali Oggetto: SICUREZZA SUL LAVORO Ill.mo Signor Ministro, la Federazione che rappresento, aderente a Confindustria, raggruppa tutte le imprese della filiera industriale che va dalla lavorazione della materia prima del legno, sino alla realizzazione dei prodotti in legno per l’arredamento, l’edilizia e l’imballaggio. All’interno di Federlegno-Arredo sono poi numerose le strutture che si occupano specificamente del settore degli imballaggi in legno – tra cui l’associazione Assoimballaggi ed il Consorzio Servizi Legno Sughero – ed in particolare dei pallet in legno, oggetto della presente comunicazione. 60 FEBBRAIO Come è noto, il pallet in legno è uno strumento logistico fondamentale, universalmente utilizzato e capillarmente diffuso, ma anche e soprattutto uno strumento di lavoro, in quanto presente in moltissimi luoghi di lavoro (magazzini, depositi, centri di raccolta, ecc.) riferibili ai settori della grande distribuzione, della produzione, della logistica, del trasporto e così via. Strumento - come detto - fondamentale, ma che pure rappresenta un potenziale ed elevato rischio per i lavoratori che ne fanno utilizzo, ove non possieda le necessarie caratteristiche tecniche minime che ne garantiscano la sicurezza. In particolare, questo problema riguarda il cd. pallet “bianco a perdere” (definito anche spesso pallet “one-way” ovvero, teoricamente, monouso), che non è soggetto a specifico capitolato costruttivo e non reca alcuna marchiatura di qualità. Spinte dalla esasperata (e spesso illecita) concorrenza – ma soprattutto dalla crisi imperante e dallo scarso potere contrattuale nei confronti degli acquirenti, perlopiù grandi gruppi, industrie ed imprese di trasporti – le imprese produttrici di pallet tendono a realizzare prodotti di nuova fabbricazione che non garantiscono la portata e la durata, pur esistendo numerose norme tecniche uniformi (UNI, EN, ISO eccetera) che definiscono le caratteristiche minime di un pallet prodotto e riparato a regola d’arte. Accade, quindi, che in tutti i luoghi di lavoro circolano per la maggior parte pallet bianchi nuovi privi delle seppur minime garanzie di sicurezza, con la conseguenza del verificarsi di numerosissimi incidenti sul lavoro dovuti all’errata utilizzazione e/o alla rottura improvvisa dei pallet su cui spesso circolano merci pesanti e/o pericolose. Il Consorzio Servizi Legno-Sughero sopra citato ha dato avvio ad un progetto per la concessione a titolo gratuito, alle imprese interessate, di licenze del marchio ‘PALOK’, che prevede di sottoporre i pallet a prove di laboratorio sulla portata. Il nome del produttore, la tipologia del pallet, la data di produzione e la portata verrebbero marchiati sui pallet stessi garantendone così la sicurezza quando utilizzati nei luoghi di lavoro. Ma vi è di più. Il problema si aggrava, infatti, considerando che nel complesso delle movimentazioni effettuate - e quindi tutte le volte che sui luoghi di lavoro viene fatto utilizzo di un pallet - la stragrande maggioranza dei casi non riguarda pallet di nuova fabbricazione, ma pallet già usati in precedenza, siano essi o meno stati riparati. Trattandosi di prodotti usati, riparati e/o selezionati da operatori non qualificati o che operano in “mercati paralleli” (allego lettera già inviata su questo tema ai suoi illustrissimi colleghi e una rassegna stampa sul tema), le garanzie di sicurezza sono ancora inferiori. I pallet bianchi a perdere - pur esistendo, ripeto, una norma tecnica di riferimento (UNI EN ISO 18613 “Riparazione dei pallet piatti di legno”) che ne disciplina le corrette modalità di riparazione - vengono di fatto riparati in modo non corretto e assai pericoloso. La circolazione di pallet realizzati, riparati e movimentati a regola d’arte conseguirebbe l’obiettivo di assicurare a tutti i lavoratori condizioni e strumenti operativi sicuri, evitando il verificarsi di incidenti, troppo spesso con esiti gravi. tura obbligatoria - finalizzati ad una corretta tracciabilità. D’altra parte, richiamo la Sua cortese attenzione sul fatto che in Europa è obbligatoria analoga certificazione per i carrelli elevatori nuovi, oltre che l’effettuazione di una perizia tecnica annuale per la verifica della portata e delle condizioni generali. Ebbene, come noto i pallet non rappresentano altro che una naturale “estensione meccanica” dei carrelli elevatori nella movimentazione di merci, per cui sarebbe uno sforzo vano ottenere sicurezza da carrelli elevatori sicuri che utilizzano pallet altamente rischiosi. È, infine, nostra cura metterLa a conoscenza del fatto che il problema della sicurezza è ulteriormente aggravato dall’esistenza di traffici e mercati illeciti nel settore in questione ed incontra la preoccupazione di altre importanti associazioni di settore (allego lettera già inviata da Fedit). Credo, quindi, che un provvedimento normativo in questa direzione possa concretamente contribuire a limitare il numero di infortuni sul lavoro, pur senza gravare in alcun modo sul Bilancio dello Stato o delle Amministrazioni. L’attività di Federlegno-Arredo è da anni tesa a garantire alle proprie imprese un corretto e sicuro svolgimento delle attività imprenditoriali nell’interesse comune a tutti di una maggiore sicurezza sul lavoro. Ove ritenga opportuno, Onorevole Ministro, approfondire le argomentazioni esposte la scrivente Federazione è a Sua completa disposizione, per la formazione di un tavolo di lavoro e l’individuazione di appropriate soluzioni. Grato dell’attenzione che sarà riservata alla presente,Vi porgo frattanto i miei più cordiali saluti. Rosario Messina Presidente Federlegno-Arredo Porto alla Sua rispettosa attenzione, solo a titolo di esempio, i ritagli di stampa allegati, riguardanti un caso di morte “bianca” e un ferito grave solo nelle ultime settimane. Questa, purtroppo, la tragica situazione. Per questi motivi chiedo a Lei, Onorevole Ministro, di valutare quantomeno l’opportunità, attraverso i competenti organi tecnici, che venga istituito l’obbligo di certificazione di portata per i pallet e, inoltre, un sistema di identificazione - anche tramite la marchia61 FEBBRAIO L’ISPM 15 entrerà in vigore anche negli scambi intra UE? sicurezza Trattare o non trattare, questo è il problema. Se http://nematode.unl.edu www.unipd.it/esterni/wwwfitfo/bursaphelenchus.htm 62 FEBBRAIO sia meglio affrontare una revisione normativa dell’ISPM 15, un aumento dei tempi di produzione e dei processi di lavorazione degli imballaggi in legno, un aumento dei costi, un sovraccarico gestionale di tipo documentale, oppure intervenire in modo mirato sul problema, grazie a un coordinamento degli sforzi fra organismi, istituzioni pubbliche e associazioni di categoria. Il recente caso del “nematode del pino” che dal Portogallo ha minacciato le foreste di molti paesi europei accende gli animi e i forni, nonché gli appetiti di chi produce pallet in plastica. Di fronte a due emergenze (la Commissione Europea e il Comitato Tecnico Europeo per la Protezione delle Piante potrebbero legiferare in materia in tempi relativamente brevi e imporre decisioni non condivise; il nematode del pino ma anche altri parassiti potrebbero creare nuovi “casus belli”) le associazioni e gli organismi europei lavorano su due fronti: ricerca di tecnologie di trattamento sostenibili (per l’ambiente e i costi) e maggiore coordinamento. L’obiettivo condivisibile è infatti puntare alla semplificazione salvaguardando l’aspetto economico e la libera circolazione delle merci.Tuttavia, si intravvede all’orizzonte (un orizzonte temporale per fortuna lungo) la progressiva tendenza a sottoporre a trattamenti a prescindere dall’esportazione continentale (vedi le consultazioni fra CFIA canadese e APHIS americana). Ecco gli antefatti, che spiegano e illuminano circa le possibili evoluzioni a breve. Lo scorso 19 agosto 2008 una decisione della Commissione dell’UE ha modificato una precedente decisione (tecnicamente la 2006/133/CE) in relazione alle misure supplementari da adottare contro la propagazione del parassita Bursaphelencus xylophilus, meglio conosciuto come ‘nematode del pino’; infatti, in alcune regioni del Portogallo era accaduto che si fosse diffusa l’infestazione, ma che le misure adottate in conformità ai regolamenti vigenti si fossero rivelate insufficienti a contenere o eliminare il problema. Il rischio era quello che in assenza di misure straordinarie, l’infestazione raggiungesse indirettamente, tramite l’esportazione di manufatti in legno, altre regioni europee. A questo scopo la decisione dello scorso agosto introduceva l’obbligo di passaporto delle piante (direttiva 92/105/CEE) previe ispezioni regolamentari o il marchio ISPM15 attestante i trattamenti termici fitosanitari previsti dalla normativa FAO per un’ampia serie di piante, semilavorati e prodotti finiti provenienti dalle zone delimitate. Il Portogallo si faceva garante dell’applicazione di questa decisione, che restava in vigore fino a successiva revisione del piano di sorveglianza. Erano, e sono tuttora, coinvolti da questa modifica paglioli, distanziatori, supporti, casse, scatole, cassette, fusti e bobine, pallet, pallet a casse e piattaforme in genere.Addirittura, si verificò il caso di un imballaggio industriale marchiato ISPM15 ma sul quale furono trovati ben 22 esemplari di tale insetto, segno che alcuni componenti non erano stati sottoposti a trattamento. A neanche un mese dai fatti, in occasione della VI conferenza del Gruppo di Ricerca Internazionale www.forestry-quarantine.org sulla Quarantena Fitosanitaria (IFQRG), tenutosi a Roma dal 15 al 19 settembre 2008, è stata presentata la proposta di inserire nellISPM 15 il trattamento con fluoruro di solforile e a microonde come tecnologie riconosciute: la decisione definitiva su questa proposta, che potrebbe aprire nuove opportunità in termini di sicurezza e costi su eventuali trattamenti per merci scambiate dentro l’Unione Europea, arriverà non prima di aprile prossimo, quando saranno ratificate le decisioni dell’IFQRG. Proprio in quel periodo, mentre Cuba annunciava di voler implementare il regolamento FAO dall’1 ottobre 2008 e Taiwan dall’1 gennaio 2009, la CFIA canadese e la APHIS americana iniziavano le consultazioni per decidere se eliminare l’esenzione di trattamento per piante e manufatti in legno importati ed esportati fra Canada e Stati Uniti. Nel frattempo lo scorso autunno, su proposta di Brepal, il Comitato Tecnico nazionale britannico e irlandese, il board di EPAL ha convenuto di affrontare il problema nel comitato esecutivo EPAL tenutosi lo scorso 13-14 gennaio: in quella sede sono state prese due decisioni: a partire dal 1° gennaio 2010, se la commissione europea dovesse rendere obbligatorio il trattamento ISPM 15 ed anche l’essiccazione, il comitato tecnico interno adotterà immediatamente il dettato modificando il Regolamento Tecnico EPAL in tal senso. Nel frattempo, però, la possibilità che si renda obbligatoria anche l’essiccazione (la possibilità!) preoccupa diversi paesi europei. Di que- www.fefpeb.eu sto e di altri aspetti legati alla questione fitosanitaria in EPAL potrebbe occuparsene un apposito comitato tecnico, la cui costituzione è tuttavia ancora al vaglio del board stesso.Anche se l’ultima decisione di UIC, elaborata il 10 dicembre scorso, sembrerebbe sorpassare qualsiasi decisione in merito ai soli pallet EPAL. L’Unione si è espressa, a maggioranza, a favore di una direttiva obbligatoria sullo standard ISPM-15 riguardante tutti i pallet EUR prodotti, a partire dal 1° gennaio 2010. Con questa decisione l’UIC ha preceduto la probabile decisione dei Comitati dell’Unione Europea, di introdurre lo standard anche a livello europeo. Contemporaneamente si è voluto prevenire l’eventuale insorgenza di un danno a carico dei pallet, a causa di un comportamento troppo esitante del Gruppo di lavoro UIC responsabile. Si invita, dunque, EPAL a verificare se i propri licenziatari, nella fase di produzione, siano pienamente conformi allo standard ISPM-15 e che sia sicuro che il materiale acquistato per la produzione dei pallet sia conforme al suddetto standard. Qualora le verifiche succitate non diano esito positivo, si renderà necessario il ritiro immediato della licenza di produzione per i pallet EUR. Sempre ad autunno inoltrato FEPEB , in occasione di un board tenutosi a Parigi lo scorso 17 novembre, ha concordato con i rappresentanti una posizione comune sul problema: disponibilità a recepire un dettato normativo comunitario ma soltanto se saranno attentamente considerati: a) i valori legati all’estensione reale del fenomeno nato in Portogallo e le soluzioni effettivamente congruenti a debellarlo b) il rafforzamento della collaborazione fra l’industria del settore e le autorità forestali per armonizzare e ottimizzare il lavoro degli organismi e i sistemi di controllo c) il dato scientifico deve guidare l’intervento, per evitare conseguenze economiche non irrilevanti lungo tutto la filiera nel caso in cui si intendesse estendere i trattamenti ISPM 15 negli scambi intracomunitari d) estendere eventuali obblighi a riparazioni e rilavorazioni ha un impatto considerevoli sui costi e l’organizzazione della produzione nelle aziende del settore e) il settore non è attrezzato per ottemperare a eventuali obblighi di trattamento termico estesi a prodotti destinati a scambi intracomunitari. Fonte immagini: http://www.invasive.org/browse/detail.cfm?imgnum=3948025 63 FEBBRAIO sicurezza Lo scortecciamento nell’ambito della normativa internazionale ISPM-15 Q uando si è adottato lo standard ISPM15 per l’industria degli imballaggi in legno nel 2002, si era addotta la seguente spiegazione: “Quando il legname utilizzato nell’assemblaggio di tutto il materiale da imballaggio è trattato termicamente a 56°C per 30 minuti nella sua parte interna, secondo la norma ISPM 15, i pezzi di legno o il materiale da imballaggio in legno non potranno essere soggetti a nuove infestazioni”. La dichiarazione implicava che gli organismi nocivi da quarantena non avrebbero potuto più infestare nuovamente gli imballaggi in legno dopo il trattamento termico. Con l’introduzione della norma ISPM 15, i gruppi di pressione della plastica hanno chiesto al Comitato dell’Ue incaricato dell’ISPM di promuovere l’uso di tale materiale come unico prodotto da utilizzarsi per la movimentazione mondiale non essendo la plastica veicolo di alcun organismo infestante. Immediatamente l’esecutivo della FEFPEB, la Federazione Europea dei Produttori di Pallet ed imballaggi in legno, si è appellato allo stesso Comitato Ue per l’ISPM dimostrando che il materiale in legno scortecciato e trattato termicamente non favorisce il trasferimento di organismi nocivi da quarantena nel commercio mondiale. Era nata la questione dello scortecciamento. Una dichiarazione sullo scortecciamento contenuta nella norma IPPC-ISPM 15 – Linee Guida per la Regolamentazione del Materiale da Imballaggio in Legno nel Commercio 64 FEBBRAIO Internazionale cita: “Sulla base di giustificazioni tecniche, i paesi possono esigere che il materiale da imballaggio in legno importato, soggetto ad una misura approvata, sia composto da legno scortecciato e riporti un marchio come illustrato nell’Allegato II”. Nell’autunno 2005 l’IFQRG – International Forestry Quarantine Research Group, organo di consulenza dell’IPPC in merito a questioni scientifiche correlate alla quarantena nella silvicoltura e alla diffusione di organismi infestanti del legno, si è riunito a Roma per discutere come dimostrare o confutare come un pezzo di corteccia anche piccolissimo (1 pollice quadrato, ovvero 2,4 cm2) su materiale da imballaggio in legno solido, trattato secondo le misure previste dall’ISPM, possa infestarsi nuovamente, accogliere e nascondere organismi nocivi da quarantena. Presidente dell’IFQRG è il canadese Eric Allen, il quale sta lavorando alla raccolta di dati sui pallet trattati termicamente in conformità all’ISPM contenenti una certa percentuale di corteccia. I pallet saranno rintracciati e consegnati al laboratorio del dr.Allen a Victoria (BC) per essere esaminati al fine di comprovare o invalidare l’ipotesi secondo cui sulle tavole trattate termicamente contenenti una percentuale di corteccia è possibile la ricomparsa di organismi nocivi da quarantena. L’implementazione di un nuovo requisito per la rimozione della corteccia (scortecciamento) da tutto il materiale da imballaggio in legno immes- so nell’Ue (quindi da un imballaggio in legno che entra in Europa) è stata prorogata dal 1° marzo del 2006 al 1° gennaio 2009 (anche per le forti pressioni dei produttori americani che non accettano il requisito dello scortecciamento). Le disposizioni Ue relative ai materiali da imballaggio in legno si basano sulle Misure previste dallo Standard Fitosanitario della FAO (ISPM 15) e sono finalizzate ad impedire che organismi potenzialmente nocivi per le piante penetrino nel territorio dell’Ue tramite il materiale da imballaggio in legno. Secondo quanto previsto dall’ISPM 15, i paesi hanno la possibilità di richiedere, a tutela della salute delle piante, che il materiale da imballaggio in legno sia privo di corteccia laddove vi siano sufficienti giustificazioni tecniche. Secondo la nuova legislazione dell’Ue, entrata in vigore nel marzo 2005, lo scortecciamento del materiale da imballaggio in legno, dopo un periodo di transizione, è divenuto obbligatorio. A giustificazione di tale provvedimento, lo scorso anno la Commissione ha fornito una quantità consistente di dati tecnici e scientifici. Tuttavia, nella sua decisione di prorogare la scadenza per l’applicazione del provvedimento relativo allo scortecciamento, la Commissione intende concedere alla comunità internazionale un periodo di tempo sufficiente per riesaminare il rischio che può comportare la presenza di corteccia sul materiale da imballaggio in legno. Pertanto, la Commissione seguirà attentamente la revisione dell’ISPM 15 che dovrebbe porre una soluzione alla preoccupazione dell’Ue in merito al suddetto problema. Trattandosi di un tema molto interessante che potrebbe influenzare molto la filiera dell’imballaggio in legno si riporta la traduzione di alcune risposte alle domande più frequenti date dall’IFQRG. Qual è la prova della presenza di infestazione nel legno trattato ma dotato di corteccia quando lo si confronta con il legno privo di corteccia? Le ricerche confermano che il legno trattato ma non scortecciato può essere infestato (IFQRG 2005-07, 09, 10, 11, 12, 13, 14). I risultati di alcuni studi indicano che dopo il trattamento termico o con bromuro di metile il legno può attirare maggiormente lo xileboro (IFQRG 2005-12). I dati dei controlli australiani (IFQRG 2005-32) indicano, ma non sono in grado di confermare, che in determinate circostanze il legno trattato non scortecciato può essere infestato durante la movimentazione delle merci. L’esattezza di queste informazioni dipende dalla validità della marcatura e dalla natura rappresentativa del campione. Non è disponibile alcuna informazione in merito alla distribuzione relativa nel campione dei vari tipi di WPM, ad esempio tronchi, materiale di riempimento e pallet che notoriamente possono presentare diversi rischi. Inoltre, i suddetti controlli non sono in grado di confermare che il materiale da imballaggio in legno marcato secondo i requisiti ISPM 15 sia stato di fatto sottoposto a trattamenti conformi allo standard. Gli studi indicano altresì che il legno scortecciato è molto meno esposto al rischio di infestazione rispetto al legno non scortecciato (IFQRG 200506, 07, 11, 14). I dati dei controlli australiani (IFQRG 2005-32) indicano che il materiale da imballaggio in legno marcato secondo i requisiti ISPM 15 ma non scortecciato ha una probabilità tre volte superiore di essere infestato rispetto a quello scortecciato (secondo la definizione proposta dal gruppo di lavoro dell’IPPC:ISPM 15 2005-05).Tuttavia, sia i dati australiani sia quelli dell’Ue (IFQRG 2005-25) non consentono di trarre conclusioni in merito all’importanza che riveste la corteccia rispetto alla presenza di organismi infestanti su materiale trattato, in quanto non è stato possibile confermare se il materiale marcato fosse stato effettivamente sottoposto a trattamento. 65 FEBBRAIO sicurezza Dopo aver sottoposto il legno a trattamento che importanza riveste la dimensione della corteccia rispetto alla percentuale di infestazioni e di riproduzione degli organismi infestanti? Gli studi presentati (IFQRG 2005-07, 08, 09, 10, 11, 12, 13, 14) non hanno fissato un limite minimo per le dimensioni della corteccia oltre il quale la stessa diventa terreno per l’attacco e la proliferazione di scolitidi. La quantità minima di corteccia testata corrispondeva al 12%, sebbene nello studio canadese i residui di corteccia fossero di dimensioni pari a 6,45 cm2. Lo studio canadese (IFQRG 2005-11), tuttavia, non è ancora terminato, pertanto non è possibile interpretare le informazioni in relazione alle aree di corteccia colonizzate. Haack ha segnalato che al livello più basso di copertura di corteccia da lui considerato (25 cm2), molti insetti non riuscivano a completare il loro ciclo vitale. Si riferiva al fatto che le dimensioni degli insetti potevano incidere sulla dimensione dell’area di corteccia necessaria per l’insediamento e la riproduzione degli stessi. In questo studio è stata osservata un’infestazione maggiore sui pezzi di corteccia più piccoli, indicando ancora una volta che non si era raggiunta la dimensione minima in grado di promuovere l’infestazione degli insetti. I risultati indicano altresì che la capacità degli organismi di completare il proprio ciclo vitale diminuisce proporzionalmente alla dimensione della corteccia, sebbene non sia stato stabilito alcun valore di soglia. Nel commercio internazionale, quali sono i livelli di organismi infestanti che si ritrovano negli imballaggi in legno provvisti di corteccia? 66 FEBBRAIO I dati di controllo australiani (IFQRG 2005-32) indicano che il livello di infestazione del materiale da imballaggio in legno marcato secondo i requisiti ISPM 15 e contenente corteccia in eccesso rispetto agli standard attuali (dimensione di una carta di credito) è del 2%. Tali livelli sono simili ai livelli di infestazione dello 0,5% del materiale da imballaggio in legno marcato secondo i requisiti ISPM 15 e privo di corteccia. I dati australiani forniti allo IFQRG non erano in grado di identificare il WPM in base all’origine. L’IFQRG teme che conducendo ulteriori indagini si scoprirebbe che i programmi non adeguatamente strutturati di alcuni paesi di origine siano responsabili di gran parte di queste intercettazioni. Fortunatamente, via via che i programmi diventeranno più accurati, i controlli garantiranno una maggiore coerenza dell’efficacia dei trattamenti. Secondo l’IFQRG, per ottenere una comprensione più chiara delle percentuali di infestazione degli imballaggi in legno, sono necessari ulteriori dati di controllo che dovranno essere raccolti utilizzando protocolli unificanti al fine di potere eseguire analisi comparative adeguate. Tuttavia è stato notato che, sulla base dei dati raccolti fino ad oggi, non è possibile stabilire se il materiale da imballaggio in legno “marcato” o “non marcato” è stato di fatto sottoposto con successo al trattamento. Quanta corteccia (di che dimensione) viene movimentata con gli imballaggi in legno (dati di controllo)? I dati di controllo provenienti dall’Ue (IFQRG 2005-25) e dall’Australia (IFQRG 2005-32), sebbene non siano direttamente raffrontabili tra loro, indicano quanto segue: L’Ue ha riferito la percentuale di presenza di corteccia su 9.978 spedizioni: <1% di corteccia: 97% (gran parte di questi era completamente scortecciato) 1 – 5% di corteccia: 2,9% <5% di corteccia: 0,1% L’Australia ha riferito che circa l’8% del materiale da imballaggio in legno sottoposto a campionamento è stato giudicato materiale contenente quantità significative di corteccia (dimensioni maggiori di una carta di credito). In un’osservazione fatta dall’Australia si legge: “Per quanto riguarda la questione corteccia, la quantità di corteccia rilevata in cui erano anche presenti gli insetti era molto variabile (da strisce spesse sui bordi delle tavole di pallet a piccole quantità o residui dello spessore di circa un centimetro e lunghi 5-10 cm) e non associata a nodi o inclusioni. Una situazione, questa, abbastanza diffusa”. Secondo l’IFQRG, per ottenere una comprensione più chiara delle percentuali di infestazione del materiale da imballaggio in legno non scortecciato in uso, è necessaria la raccolta di ulteriori dati di controllo mediante l’uso di protocolli unificati che consentiranno analisi comparative adeguate. Esiste una prova a sostegno dell’ipotesi secondo cui la rimozione della corteccia aumenterebbe la sicurezza fitosanitaria del materiale da imballaggio in legno marcato secondo i requisiti ISPM 15? Gli esperimenti condotti su legno verde, di taglio fresco nel 2004 e 2005 sono stati condotti in modo tale da garantire che il legno trattato utilizzato negli esperimenti sarebbe stato esposto al rischio di aggressione da parte di organismi infestanti. Questi esperimenti dimostrano chiaramen- te che il legno contenente singoli pezzi di corteccia di dimensioni intorno ai 25 cm2 e trattato secondo i requisiti ISPM-15 può essere infestato da organismi che sono stati trovati sul legno completamente scortecciato. Le informazioni raccolte dall’Australia indicano che lo 0,5% del materiale marcato ISPM-15 sottoposto a ispezione all’ingresso nel Paese era infestato da organismi che costituiscono una minaccia fitosanitaria. L’analisi indiica che il materiale contenente una quantità pari o superiore a 10 cm2 di corteccia presentava un livello di infestazione superiore rispetto al materiale contenente piccole quantità di corteccia o completamente scortecciato. Anche Ue e Canada hanno riferito i livelli di intercettazione sul legno marcato simili a quelli australiani. A causa dell’incertezza relativa al fatto se l’infestazione sia avvenuta prima o dopo il trattamento, non è possibile stabilire una relazione casuale tra la presenza di corteccia e l’infestazione del materiale conforme ai requisiti ISPM-15. Ulteriori ricerche o ispezioni potrebbero studiare: 1) la rilevanza della presenza di corteccia e delle dimensioni della stessa; 2) l’importanza del contenuto di umidità; 3) l’effetto delle diverse categorie di imballaggi in legno con corteccia; 4) l’effetto che determina il trattamento termico sul legno con corteccia nell’aumentare la probabilità di infestazione da parte di organismi nocivi. 67 FEBBRAIO economia e logistica Anche le terze parti logistiche fra le vittime del mercato parallelo C http://clog.liuc.it e www.polimi.it/ricerca 68 FEBBRAIO on un’indagine sul campo condotta attraverso il C-Log (Centro di Ricerca sulla Logistica) dell’Università Carlo Cattaneo LIUC e il Politecnico di Milano, i docenti Fabrizio Dallari e Gino Marchet hanno esaminato i meccanismi di funzionamento dell’outsourcing logistico, soprattutto nel settore dei beni di largo consumo. Nasce così il volume L’outsourcing logistico nel settore del largo consumo. Nella ricerca sono state analizzate e successivamente confrontate 10 primarie società di servizi di logistica integrata operanti nel settore FMCG (Fast Moving Consumer Goods): Cab-Log, DHL Exel, Europrogea, Fercam, Fiege Logistics, Kuehne Nagel, Norbert Dentressangle, Number 1, Riboni, STI Società Trasporti Industriali. Le aziende sono state selezionate dal comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio, in collaborazione con Assologistica Cultura e Formazione che ha patrocinato lo studio, in base a tre criteri di differenziazione: rilevanza in termini di fatturato rispetto al comparto italiano della logistica conto terzi, copertura geografica e numerosità dei clienti gestiti nel “magazzino campione” selezionato per questa indagine. Proprio per questa categoria di attori (i cosiddetti 3PL: Third Party Logistics provider) la gestione dei pallet sta diventando di primaria importanza, anche per la posizione occupata nella filiera distributiva: interagendo con tutti gli altri attori della supply chain, infatti, le 3PL subiscono sia le modalità e le politiche di gestione del pallet scelte dai produttori (i loro committenti), sia le condizioni imposte da alcuni clienti dei loro committenti (la GDO in primis) che non li riconoscono come loro fornitori. Dalla ricerca sono emerse forti differenze nelle modalità di gestione dei pallet in termini di aspet- ti contrattuali e di risorse dedicate nella gestione fisica e amministrativa che si traducono in scostamenti sensibili dei costi unitari di gestione dei pallet per i 3PL analizzati. Da un’attenta lettura dei processi di gestione adottati dalle 10 aziende del campione esaminato è possibile affermare che i 3PL più rilevanti in termini di fatturato riescono solo in parte a sfruttare le economie di scala, poiché spesso sono penalizzati dalle difficoltà riscontrate durante le fasi di recupero e dalla complessità dei flussi. Minori complessità sono invece state riscontrate nelle aziende che gestiscono il magazzino per conto di un solo mandatario, in quanto i buoni pallet sono riconducibili ad un unico committente che, nel caso di divergenze, si attiva direttamente per il recupero dei pallet presso i punti di consegna. I 3PL del campione operanti nelle regioni del Centro-Sud Italia si trovano invece a dover incentivare i trasportatori per quanto riguarda le operazioni di recupero pallet presso i punti di consegna, siano essi recuperati con interscambio differito o con interscambio immediato, nonostante il servizio sia in linea teorica incluso nelle tariffe concordate con il trasportatore. Durante l’indagine, infatti, è emerso con chiarezza come la “questione pallet” riguardi, oltre gli attori principali della supply chain dei beni di largo consumo (committente, 3PL e Grande Distribuzione) un’ulteriore figura critica: il trasportatore, la cui attività viene spesso condizionata delle inefficienze relative alla gestione del pallet, quali ad esempio i tempi di attesa presso i punti di consegna o la parziale perdita di capacità di carico dovuta allo stivaggio dei pallet vuoti. Questo aspetto è tipico della realtà italiana, fatta da tante piccole imprese di vezione (oltre 120.000 iscritti all’albo nazionale degli autotrasportatori) che costituiscono un’offerta di servizi altamente flessibile e che lavora a costi dettati dal mercato. Ne è una riprova il fatto che i grandi operatori logistici stranieri che sono entrati nel mercato italiano mediante acquisizioni di imprese di logistica italiane hanno preferito delegare la mera vezione ai nostri padroncini piuttosto che replicare in Italia il modello di business d’oltralpe. In definitiva siamo di fronte ad uno scenario ove gli operatori logistici occupano una posizione che li rende particolarmente esposti alle attuali inefficienze del sistema di interscambio, peraltro riscontrate anche nella precedente indagine presso le aziende della GDO; per le 3PL non si intravedono miglioramenti immediati. Il costo di gestione pallet sembra infatti destinato ad aumentare, anche a causa dei maggiori costi di acquisto dei pallet, siano essi nuovi oppure usati, e dell’influenza negativa del mercato parallelo di pallet EPAL. Risulta inoltre evidente l’assenza di una collaborazione con i committenti, assenza che ostacola i 3PL nell’applicare procedure gestionali standard che consentirebbero di capitalizzare la gestione di una pluralità di contratti. Questo comporta l’esistenza di aree di inefficienza nella filiera dei beni di largo consumo (produttore - 3PL - GDO) che si traduce implicitamente in una riduzione dei margini per tutti gli attori coinvolti. Fabrizio Dallari e Gino Marchet, L’outsourcing logistico nel settore del largo consumo, Edizioni Il Sole 24 Ore, Codice ISBN: 978-88-6345-006-4 69 FEBBRAIO economia e logistica Lettera di Messina ai ministri: illegalità nelle compravendite Milano,19 novembre 2008 Prot. n.1548.08.RM\SC\rp Egregio On.le Giulio Tremonti - Ministro dell’Economia e delle Finanze Ministero dell’Economia e delle Finanze Egregio On.le Roberto Maroni- Ministro dell’Interno Ministero dell’Interno Egregio On.le Claudio Scajola - Ministro dello Sviluppo Economico Ministero dello Sviluppo Economico Egregio Sen. Altero Matteoli - Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Ministero delle Infrastrutture e Trasporti Gentile On.le Stefania Prestigiacomo – Ministro dell’Ambiente Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Egregio On.le Luca Zaia – Ministro delle Politiche Agricole e Forestali Ministero delle Politiche Agricole e Forestali Oggetto: MERCATO DEI PALLET USATI GRAVI PROBLEMATICHE E CRITICITÀ DEL SISTEMA Illustri Ministri, sta di bancali da parte delle aziende utilizzatrici, della grande distribuzione e non.In queste aree si assiste appunto al fiorire di attività di acquisto e rivendita di bancali, solitamente reclamizzate tramite rudimentali insegne pubblicitarie sulle quali viene riportata la dicitura “compro-vendo bancali”, tendenzialmente accompagnate da una mera indicazione di un numero di telefono cellulare, senza ulteriori riferimenti circa eventuali denominazioni o ragioni sociali da cui si possa evincere in maniera chiara l’esistenza di veri e propri esercizi commerciali. Sulla base dei dati raccolti dalla scrivente Federazione e di quanto è stato di fatto constatato a fronte di innumerevoli segnalazioni che la stessa costantemente riceve da parte di operatori del settore, il fenomeno in questione pare essere causalmente riconducibile all’attività di sottrazione di bancali usati dalle aziende della grande distribuzione. Tale sottrazione avviene verosimilmente con la complicità di dipendenti ed operatori delle stesse aziende in questione, o, nell’ambito dei servizi di trasporto, avviene a opera degli autisti delle stesse. E’ da sottolineare che la rivendita degli stessi bancali, appunto, è fatta ai commercianti che effettuano l’attività di compra-vendita del prodotto usato. Tali rilevati fenomeni hanno contribuito al fiorire delle attività commerciali di cui si è detto, in relazione alle quali è stata constatata l’elusione delle disposizioni normative che interessano i seguenti settori: 1) NORMATIVA FISCALE: il problema si pone anche in termini di evasione IVA da parte delle attività comla scrivente Federazione di categoria intende portare merciali in questione, atteso che le transazioni di cui alla Vostra attenzione alcuni rilevanti aspetti ritenuti si è detto avvengono senza l’emissione di alcun docudi notevole criticità conseguenti al fenomeno diffusis- mento fiscale, e senza il correlativo versamento allo simo della compravendita dei pallet usati. Stato dei relativi oneri tributari, con ciò rendendo anche gravosa la competizione per quelle aziende Significativamente pare opportuno evidenziare come del settore che operano invece nel rispetto della leganegli ultimi anni si sia assistito capillarmente ad un lità. sempre più diffuso fenomeno di attività di compravendita di bancali usati ad opera di commercianti 2) TUTELA AMBIENTALE: al riguardo il richiamo è che operano in spregio alle disposizioni normative alle ‘Norme in materia di ambiente’, per come disciposte a presidio della sicurezza, della normativa plinate dal D. Lgs. 152/06, che sono indirizzate, tra fiscale, della tutela ambientale e della tutela della pri- gli altri, anche ai commercianti di imballaggi. La tasvativa industriale. sativa disciplina che è imposta dalla predetta normativa, con particolare rilevanza all’aspetto legato alla Tale fenomeno è stato riscontrato in prevalenza in individuazione ed alla gestione dei ‘rifiuti’, porta a prossimità delle aree industriali, laddove vi è implici- rilevare la gravità del fenomeno, atteso che risultano tamente una maggiore incidenza in termini di richie- essere soventemente reimmessi in circolazione ban70 FEBBRAIO cali che di fatto dovrebbero essere ad ogni effetto trattati come veri e propri rifiuti. 3) TUTELA della SICUREZZA: al proposito va segnalata l’applicazione della normativa UNI EN ISO 18613:2003, finalizzata a determinare i criteri di riparazione di pallet e ad individuare le condizioni generali per cui un pallet non è più utilizzabile. Va altresì precisato come tra i bancali che, di fatto, sono oggetto di questo fenomeno vi siano anche bancali contraddistinti dai marchi ‘EUR’ ed ‘EPAL’, la cui notorietà e diffusione sono indiscusse a livello internazionale.Va evidenziato come i marchi che contraddistinguono tali bancali siano marchi collettivi che, in quanto tali, tutelano anche la qualità del prodotto, imposta in base a specifici standard qualitativi, cui i licenziatari operatori del settore sono tenuti ad uniformarsi. Èchiaro come laddove venga meno l’applicazione in concreto delle relative specifiche disposizioni, i rischi in tema di garanzia di sicurezza del prodotto possano diventare notevoli, con conseguenze che fortemente potrebbero pregiudicare la sicurezza sui luoghi di lavoro, oltre che costituire in ogni caso grave rischio e potenziale nocumento in ragione della circolazione di un prodotto non conforme. (sicurezza, logistica, prestazioni di portata e durata, sostenibilità ambientale, trattamenti fitosanitari, legno a contatto con gli alimenti). Restando in attesa di un Vostro cenno di riscontro, porgo nel contempo i miei più cordiali saluti. Rosario Messina Presidente Federlegno-Arredo Incontro 20 novembre 2008 On. Claudio Scajola - Ministro dello Sviluppo Economico Con riferimento alla situazione del mercato italiano del pallet EPAL EUR, chiarita dalla documentazione ivi allegata, si evidenziano l’enorme difficoltà di contrastare il fenomeno della contraffazione dei marchi EPAL EUR in modo efficace sia a causa dell’enorme numero di interventi eseguiti dai singoli reparti della Guardia di Finanza, sia a causa della mancanza di coordinazione tra i vari reparti, dovuta unicamente alla difficoltà di trasmettere informazioni fondamentali circa il tipo di intervento effettuato. Sarebbe quindi auspicabile poter eseguire interventi coordinati a livello provinciale e, se possibile, regiona4) TUTELA della PRIVATIVA INDUSTRIALE: si sottoli- le. Tale strategia consentirebbe di dare un segnale nea inoltre come la maggior parte dei pallet che forte ai contraffattori, di rafforzare il mercato legale, costituiscono oggetto di tale fenomeno siano coperti nonché di concentrarsi, territorio per territorio, su da diritti di privativa a tutela dei relativi marchi, oltre fenomeni di recidiva che rendono vano l’intervento (o che degli standard qualitativi che riguardano la loro gli interventi precedenti). produzione e riparazione. Risulta che le attività com- La lotta al fenomeno indicato potrebbe conseguire merciali oggetto della presente segnalazione operino risultati migliori se gli interventi della Guardia di sprovviste delle licenze per l’utilizzo dei marchi, con Finanza fossero coordinati a livello nazionale da una ciò rendendosi astrattamente responsabili per illecito piccola ‘task-force’, in grado di elaborare i dati provecontraffattivo. nienti dai sequestri quali tipologia ed entità del sequestro, tipologia del contraffattore (sostanzialNotevoli sono pertanto le implicazioni negative che mente se ditta individuale o società di persone o la scrivente Federazione ha avuto modo di constata- capitali, abusivo etc.), violazione di altre norme penare a fronte del fenomeno in parola e di cui si è detto; li o amministrative (sicurezza sul lavoro, normativa notevoli sono i rischi e le conseguenze pregiudizievo- antincendio, normativa sullo smaltimento dei rifiuti, li e lesive per lo Stato e per gli interessi delle azien- fenomenici DI criminalità organizzata ancorché non de di categoria, che operano nel rispetto della legali- di stampo mafioso) e conseguentemente fornire una tà, oltre che per gli utilizzatori finali dei bancali. adeguata risposta operativa. Poiché nonostante la soppressione dell’Alto La scrivente Federazione di categoria, previo eventua- Commissario per la Lotta alla Contraffazione, gli uffile opportuno approfondimento delle tematiche sovra ciali ed i sottufficiali della Guardia di Finanza ivi esposte, è a richiedere l’intervento di codesti Illustri impiegati sono rimasti operativi e distaccati presso il Ministeri affinché possa essere aperto un tavolo di Ministero per lo Sviluppo Economico, una delle solulavoro sulle questioni in oggetto, aperto a tutti gli ope- zioni possibili consisterebbe nel creare la ‘task force’ ratori coinvolti nella catena distributiva. di cui si è detto in tale ambito, utilizzando anche solo una parte di tale risorse per le funzioni di coordinaSi auspica un tale intervento al fine di potere addive- mento predette. nire all’individuazione di soluzioni appropriate per il Il Consorzio Servizi Legno-Sughero è ovviamente a contenimento del fenomeno in parola, che possano disposizione per elaborare un progetto più dettagliaessere poi recepite in opportuni provvedimenti nor- to qualora la soluzione prospettata fosse ritenuta mativi relativi al settore degli imballaggi al fine di praticabile. potere definire le procedure per la corretta movimentazione ed utilizzazione di tale tipologia di prodotto 71 FEBBRAIO Proteggere i prodotti fino a destino e insieme l’ambiente e il territorio C himar, gruppo industriale modenese leader nella produzione di imballaggi in legno, compensato, cartone, alluminio, plastica e servizi logistici integrati, è entrata come “fornitore accreditato” a far parte del CRIT Research. Sono 24 le grandi aziende emiliano-romagnole socie del CRIT, broker tecnologico specializzato nei processi di innovazione con la missione di aiutare le imprese a crescere attraverso la scienza e la tecnologia.Tre sono le innovazioni che fanno di Chimar un'azienda all'avanguardia nel settore del packaging e del servizio in termini di innovazione e di competitività: 1) sistema organizzativo della Lean Production che consente alla produzione massima flessibilità, riduzione di materiali in movimento e recupero spazi, con un significativo abbattimento dei costi 2) Informatizzazione della produzione con l'introduzione del sistema informatico WMS (Warehouse Management System). Questo sistema di monitoraggio informatico permette la rintracciabilità dell'imballaggio in tutta la fase produttiva, con la possibilità di conoscere lo stato di avanzamento della produzione degli imballaggi per dare ai clienti risposte immediate sui tempi di consegna. Inoltre questo sistema offre ai clienti la possibilità di eliminare completamente il magazzino imballaggi nel proprio stabilimento e di ricevere quanto necessario con il preavviso di qualche ora.Tramite un collegamento informatico vi è la possibilità di entrare nel magazzino gestito da Chimar e vedere la disponibilità dei propri imballaggi in tempo reale. Questo consente risparmi ed efficienze sia in termini economici sia di spazi 3) Chimar è in grado di gestire anche presso il cliente un'area che verrà adibita a magazzino imballaggi, gestita con un sistema di lettore ottico. Al cliente viene emessa fattura solo per le quantità prelevate ed automaticamente una segnalazione di ripristino scorta; fino al prelievo, il materiale rimane di proprietà Chimar. Inoltre vi è la possibilità di identificare tutti gli imballaggi prodotti con un codice a barre che permette di risalire al codice prodotto, all'ordine di produzione, al codice operatore e infine all'identificazione del cliente. Non ultimo è l’impegno della società modenese sul fronte ambientale: recentemente, infatti, Chimar ha ottenuto la certificazione PEFC (Pan European Forest Certification) ed è autorizzata a marchiare gli imballaggi con questo contrassegno che permette al cliente di utilizzare in chiave di marketing i vantaggi derivanti dall’adesione a un programma che garantisce la provenienza del legname da foreste certificate secondo i criteri propri di PEFC. Inoltre Chimar è stata una delle prime imprese ad aderire al marchio fitosanitario FITOK, che previene la diffusione di parassiti del patrimonio forestale mondiale, ed è particolarmente attenta alla provenienza del legname da territori dove i diritti delle popolazioni locali siano tutelati. 73 FEBBRAIO ecologia Appunti di viaggio: dai boschi verso civiltà e città sostenibili Integrazione lungo la filiera del legno secondo un concetto di sostenibilità: è questo il percorso storico, recente e futuro intrapreso dal gruppo Mallarini, che nel corso degli ultimi mesi ha operato importanti investimenti: apertura di due nuove segherie in Francia, acquisizione di una piccola realtà italiana dotata di segheria, rinnovo delle linee automatiche di assemblaggio pallet, un nuovo impianto per la produzione del pellet in Francia. Il gruppo conta 8 società operanti dal bosco al bancale e fino al pellet e alla sua commercializzazione, 150 collaboratori, una presenza in forte crescita in Francia e un’integrazione a monte e a valle lungo tutta la filiera del legno, 3 milioni di bancali annui prodotti, 15 mila tonnellate di pellet, un’elevata automazione produttiva e investimenti costanti in sviluppo tecnico, produttivo e commerciale. L’attività industriale corre lungo l’asse (è il caso di dirlo) delle sinergie produttive a 360 gradi, dai Il sito della società Mallarini Scieries, in Francia, conta due impianti completi di segheria uno a Meymac ed uno a Felletin su aree rispettivamente di 6 e 10 ettari.. Il cippato e la segatura vanno alle cartiere o all’industria del pannello truciolare, mentre le cortecce alimentano impianti energetici. 74 FEBBRAIO canali di approvvigionamento interni al recupero e alla trasformazione dei sottoprodotti di lavorazione in eco combustibili. Fondata a Mallare nel 1860, nell’entroterra savonese, la ditta Mallarini esordì l’anno prima dell’Unità d’Italia come una delle tante piccole falegnamerie artigianali attive nella produzione dei manufatti in legno fra i più diversi: tavoli, ruote per carri, carri, oggetti da cucina, comprendendo tutta la tipica attività di un artigiano di paese. E per almeno due generazioni l’attività rimase generica, ma in un contesto geografico particolare: il comprensorio locale, attraversato dalla valle Bormida che porta al passo appenninico di Cadibona per poi sfociare sulla costa, è rimasto pressoché intatto e vanta la più alta concentrazione forestale d’Italia: infatti, il 91% è occupato da boschi di castagno e da faggete nella parte più alta. Fra la prima e la seconda guerra mondiale, si dedicò in particolare alla produzione L’integrazione di filiera del gruppo Mallarini. Le attività forestali del gruppo gestite tramite Creuse Fôret. La nuova segheria del gruppo in Savoia. Il marchio del gruppo, derivato dalla struttura dell’atomo di carbonio. di piccoli ceppi dimensionati in modo da poter essere agevolmente caricati nei forni delle vetrerie locali. “L’industria vetraria savonese è una delle più antiche d’Italia – racconta Carlo Mallarini, discendente dei fondatori e responsabile dello sviluppo tecnico e commerciale – Ancor oggi Altare contende a Murano il primato storico del primo insediamento industriale nel medioevo. La nostra ditta era il primo fornitore locale di combustibile e a quei tempi arrivò a fornire 200 carri completi alla settimana”. La vocazione “energetica” non si limitava al combustibile industriale, ma comprendeva anche quello domestico; l’azienda si specializzò in carbonaie per la produzione di carbone di legna che, confezionato in sacchi di juta, era venduto come combustibile per le stufe domestiche. L’adozione dei primi strumenti di taglio automatico permise ai Mallarini di iniziare la produzione di doghe per la costruzione di botti in rovere, bastoncini per la coltura dei garofani nelle serre della riviera, cassette per il trasporto delle bottiglie in vetro della gazzosa, un altro prodotto di un’impresa locale. La sega trasversale era alimentata da una ruota girata da un mulino ad acqua del paese. Negli anni ‘50 iniziò la produzione delle casse e dei bancali, le prime per confezionare i mattoni refrattari fatti a mano, con un doppio sistema di cassa palettizzata. Poiché il mercato dei pallet stava crescendo velocemente, la sede fu spostata fuori dal centro abitato, dove si trova tuttora, per guadagnare in spazio destinato sia alla produzione sia ai magazzini. Fu acquistato un moderno impianto di segheria, ma l’assemblaggio del pallet 75 FEBBRAIO ecologia Uno dei partner tecnologici di Mallarini. Una delle linee automatiche per la produzione dei pallet. Come comunicare ai consumatori i vantaggi del pellet? In modo chiaro e semplice (dal sito www.ChePellet.it) attraverso la comparazione e i pittogrammi. L’impianto per la produzione di pellet di Silma. 76 FEBBRAIO avveniva ancora manualmente. E fedele alla tradizione degli antenati, continuò il filone “energetico”: macinava gli sfridi per ottenere quello che chiamò poi “Greenwood”, e che usava per produrre i mattoni refrattari forati: era un tassello inserito nell’impasto che durante la cottura bruciava lasciando un foro per l’aerazione tipica di questi mattoni. In quegli anni i collaboratori erano al massimo una decina, l’attività era orientata prevalentemente alla costruzione di casse e bancali, la crescita era progressiva e permetteva continui aggiornamenti nelle macchine di taglio e nelle cucitrici a filo. Nel 1980 Mallarini realizzò la prima segheria moderna (n. 1 – Silma, oggi produce anche i pellet) e due anni dopo acquisì dal gruppo ENI una società attiva nella produzione di casse e pallet trasformandola in un’unità produttiva dedicata al mercato sardo dei bancali, attiva tutt’oggi (n. 2 – Plaza).“In quegli anni si comprava in Francia legno di pioppo – racconta Carlo Le relazioni con i cugini d’Oltralpe erano frequenti e fu allora che mio padre, nel 1989, deci- se di investire realizzando la prima segheria all’estero (n. 3 – Mallarini Scieries unità di Felletin) per trattare legno di conifere”. Nel 1990 iniziò così la produzione ma già con un’ulteriore integrazione a monte: fu acquisita la gestione di alcuni boschi. Nel 1992 fu aperta alle porte di Milano una realtà dedicata a riparazione e recupero dei pallet (n. 4 - Industrial Service), e in Francia fu creata una società specializzata nell’abbattimento forestale (n. 5 - Creuse Foret), tuttora operativa. Sette mesi fa è stata inaugurata una seconda segheria (Mallarini Scieries, unità di Felletin), sempre in Francia, che rimane la più grande del gruppo. Poi, pochi giorni fa, si sono aggiunte un’altra segheria in Savoia (n. 6 Maurienne Sciage, da 30mila metri cubi annui di produzione condotta da 8 dipendenti) e la partecipazione in una segheria specializzata nella produzione di imballaggi industriali per fornaci (n. 7 – Arona, in provincia di Pavia). A distanza di 150 anni, il gruppo Mallarini conta 8 società (la capogruppo e altre 7) sparse fra Italia e Francia e dedicate quasi interamente alla pro- Il marchio di qualità che indica l’origine della materia prima del pellet. Stoccaggio del legname in uno dei siti del gruppo. duzione di bancali secondo una logica di forte integrazione a monte (prevale la gestione dei boschi, non la proprietà) e una diversificazione a valle: la maggior parte della produzione di materia prima sostenta la produzione di bancali, ma una parte costituisce l’attività commerciale relativa a tronchi, segati ed elementi per bancali, venduti in tutta Europa. La filosofia del gruppo è non legare le aziende fra di loro, pur lasciando una certa elasticità nelle relazioni di fornitura: quindi, può avvenire che in fasi particolari del mercato le segherie francesi alimentino il fabbisogno italiano, ma in generale le differenti società del gruppo operano in modo autonomo. Nella capogruppo, a Mallare, si ritrova quella struttura e quella logica che costituisce la base per tutte le altre società (esclusa la gestione forestale). Strategica è l’automazione, per aumentare la produttività oraria dei collaboratori. Per esempio, a Mallare esistono 5 linee di cui 2 completamente robotizzate e 3 tradizionali. Le prime producono pallet standard, le altre pallet su misura. Su quelle robotizzate il lavoro di sole due persone governa un sistema che preleva tavole e blocchetti in automatico. “L’integrazione a monte con la segheria – spiega Carlo Mallarini - ci permette di rifornire le linee automatiche di componenti che evitano i fermi macchina dovuti alla qualità del legno e alla precisione degli elementi. Il prossimo investimento è sostituire due linee tradizionali con una automa- tica che ci permetta di produrre i pallet fuori standard con un cambio formato di tipo automatico”. Il sito ligure è dotato di due linee di verniciatura e di marchiatura automatiche e di due celle per l’essiccazione e il trattamento termico (una fissa da 4mila pallet a ciclo e una mobile da 2mila) alimentate da una centrale ad olio diatermico da 3 megawatt termici per produrre il calore dalla combustione di pellet prodotti sempre nel sito di Mallare.“Abbiamo una seconda caldaia a pellet per la produzione di calore per uffici, stabilimento e acqua sanitaria – precisa Mallarini – Ma quasi tutti gli stabilimenti del gruppo ne sono dotati e utilizzano pellet di nostra produzione”. Conclude l’eccellenza di questo gruppo la cura degli strumenti di comunicazione: non è un caso che il logo del gruppo sia l’atomo di carbonio, alla base di tutte le forme di vita, i cui elettroni e nucleo identificano con colori diversi le differenti aree di attività. L’importanza del logo come elemento di comunicazione si ritrova anche nel new business, il pellet: la commercializzazione si avvale di un nuovo brand, ChePellet, accompagnato dal sigillo di qualità Woodmark, che riecheggia il famoso marchio Pura Lana Vergine. Inoltre nel sito www.ChePellet.it, il consumatore finale ritrova con un linguaggio semplice e chiaro le motivazioni economiche, ecologiche e pratiche relative a questa scelta energetica. DAL PALLET AL PELLET Nel 2003,nella sede di Mallare,è partito l’ultimo progetto del gruppo: il pellet. I Mallarini hanno investito in ricerca per un settore dove allora scarseggiavano competenze e tecnologie.Oggi la produzione funziona a pieno regime grazie a un impianto,ristrutturato completamente nel 2006, di cui l’engineering è stato realizzato internamente. Si sta consolidando una rete di vendita pluriregionale di prodotto sia confezionato (in sacchi, per piccole utenze) sia sfuso (con autorimorchi a silos che alimentano periodicamente serbatoi di caldaie per grandi utenze). Nel frattempo si stanno ultimando gli ultimi investimenti per partire nel 2010, in Francia, con una seconda unità produttiva in collaborazione con un’importante catena specializzata in punti di vendita per il ‘fai da te’.“Saranno utilizzati tutti gli sfridi di legno vergine delle due segherie del gruppo in Francia – spiega Carlo Mallarini – Segatura e cippato serviranno per i pellet e lo scortecciato per produrre il calore per essiccare. L’obiettivo è produrre 50.000 tonnellate di pellet attraverso un circuito chiuso, integrato e ad elevato indice di recupero sia di materia prima sia di energia. Sarà un impianto più grande di quello attuale italiano, che arriva appena a 15 tonnellate l’anno”. La scelta di investire in questa direzione nasce dall’analisi di un mercato effervescente, in tutta Europa, che però riserva alcuni limiti nella struttura dei costi: l’acquisto di legname e il costo dell’energia,in Italia,non sono vantaggiosi. Quindi sono necessarie due integrazioni: a monte, con un impianto importante alimentato da sfridi interni costanti nel volume e nella qualità, e a valle con dei partner per la commercializzazione. 77 FEBBRAIO ecologia “Misurare tutte le prestazioni, anche quelle ambientali” C HEP Europe, il principale operatore privato continentale di pooling per bancali e contenitori per la logistica e la movimentazione, ha sviluppato nel 2008 un modello globale di calcolo che consente di determinare il vantaggio ambientale per gli utilizzatori di pooling. Realizzato in collaborazione con l’Università inglese di Leeds, il modello si applica a pallet in legno di varie dimensioni e fornisce, oltre alle economie di costi realizzabili in un arco di tempo di dieci anni, l’impatto ecologico di questo circuito. I dati, raccolti direttamente dai clienti che hanno fornito informazioni sul numero dei movimenti, dei tempi di ciclo, della percentuale di danni, delle perdite e delle distanze di trasporto, sono stati elaborati secondo una precisa metodologia: ne emerge che, presumendo una crescita annua media del 10% del volume trasportato con CHEP in Europa, nell’arco di dieci anni si evita l’abbattimento di 242 milioni di alberi, rispetto al pallet monouso. Queste ed altre evidenze valorizzano un aspetto “storico” del pallet blu: il riutilizzo.A Luca Rossi, Country General Manager di CHEP Italia e direttore commerciale per il sud e l’est Europa, abbiamo chiesto quali sono e saranno i punti di forza non solo logistici ed economici ma soprattutto ambientali del concetto di pooling, un termine che può essere definito generalmente come “l’utilizzo condiviso di un pool di attrezzature standard da parte di più utenti (gestito in proprio o da un operatore terzo)”. 78 FEBBRAIO Quali sono i principali motivi che spingono oggi le aziende a ricorrere allo strumento del pooling? “Nello scenario di oggi, sempre più globale e dinamico, ogni azienda, indipendentemente dal settore in cui opera e dalle sue dimensioni, è obbligata a rivedere le proprie politiche di sviluppo per poter sopravvivere, e diventa quindi più sensibile alle tematiche relative all’efficienza della catena logistica, settore ormai strategico di ogni business. Per questo le imprese cercano di razionalizzare i costi della logistica, tra cui quelli legati al recupero dei pallet, alla loro rigenerazione, alla qualità del prodotto e soprattutto al rispetto delle tempistiche dei processi produttivi e distributivi. Il pooling è la risposta a questi nuovi bisogni, in quanto garantisce pallet di qualità certificata per il trasporto dei prodotti, una tempistica in linea con le esigenze produttive e distributive e il non trascurabile vantaggio di delegare attività non strategiche per il business principale ad operatori specializzati”. Non ha citato l’ambiente: è un fattore poco determinante? “Nel nostro mercato la coscienza ambientale sta crescendo, e lentamente ma inevitabilmente le imprese si rendono conto di quanto il riutilizzo dei pallet sia vantaggioso rispetto a soluzioni a perdere. Quello del pallet monouso è un mercato ancora molto vasto, che è possibile convertire al pooling con enormi vantaggi per tutti gli attori della filiera: per esempio nel settore del- l’ortofrutta, nei prodotti da ricorrenza, nella ceramica, nella moda, nell’hi tech e nei prodotti fai da te la quota del bancale o del contenitore a perdere è ancora elevata e buona parte dei volumi trasportati potrebbe ragionevolmente essere convertita verso una movimentazione su pallet o contenitori riutilizzabili, con indubbi benefici per l’ambiente”. Ma al di là delle dichiarazioni e delle intenzioni, ci sono aziende che riconoscono il valore etico ma anche economico del riutilizzo? “Sì, e molte di queste, multinazionali o aziende italiane note a tutti i consumatori, sono in grado di creare opinione e muovere gli utenti in questa direzione, sposando in pieno la filosofia del pallet blu, o condividendo la sua rete di trasporto con quella nostra dedicata al recupero e alla riconsegna dei bancali, in modo da ottimizzare la saturazione dei mezzi e ridurre costi, consumo ed emissioni. Ma non guardiamo solo ai clienti “diretti”, esistono anche quelli indiretti, cioè le collettività. I ministeri dell’ambiente di Svizzera e Austria stanno studiando la possibilità di concedere sgravi fiscali alle imprese più virtuose, quelle che possono vantare impatti più contenuti di altre e che siano certificati ma anche verificabili”. L’utilizzo di componenti di recupero da bancali usati per la costruzione o riparazione di pallet nuovi non potrebbe aumentare il valore ambientale già insito nel vostro marchio? “Siamo aperti all’idea sia per il nuovo sia per la riparazione, a patto di poter sempre garantire qualità e sicurezza ai nostri clienti. Al momento il nostro obiettivo più urgente è quello che stiamo gestendo d’intesa con il Consorzio Servizi Legno-Sughero: si tratta della prevenzione dei fenomeni di illegalità che danneggiano qualsiasi tipo di pooling. CHEP opera con una struttura di 20 persone che sono responsabili, oltre che della rapidità della nostra movimentazione, anche del monitoraggio dei furti e di quelle imprese estranee al nostro network che sottraggono il nostro parco pallet. Con il Consorzio sosteniamo controlli e interventi sia repressivi sia preventivi. Certo, la sottrazione è un fatto principalmente economico ma la sua ricaduta è anche di tipo ambientale, non potendo poi controllare la destinazione dei pallet sottratti, la loro qualità e infine il loro corretto smaltimento”. Cosa ne pensa delle possibilità offerte dai bancali in plastica? “Sono un’opportunità, ma con una precisa vocazione. In Cina, per esempio, siamo entrati proprio con il pallet in plastica, soprattutto per situazioni di scambi intercompany, per il noleggio statico da magazzino, per processi logistici che richiedono sanificazioni dei bancali.Anche se quelli di ultima generazione sono modulari e riparabili, resta il fatto che il pallet in plastica ha un costo di acquisto piu’ elevato di quello tradizionale in legno.A tutt’oggi, e anche per il futuro, il legno rimane il materiale di riferimento, sia sotto il profilo tecnico-gestionale, sia dei costi e dell’impatto ambientale”. 79 FEBBRAIO ecologia Il futuro è nella gestione, meglio se sostenibile PGS Palettes Gestion Services, il primo produt- www.groupepgs.com www.pefc.it 80 FEBBRAIO tore e riparatore francese di bancali in legno, aggiunge due importanti “blocchetti” alla costruzione della propria sostenibilità: a ottobre scorso, la certificazione ISO 14001 rilasciata da Bureau Veritas al sito produttivo di Saint Etienne de Rouvray-Rouan, a nord fra Parigi e la Manica, che è anche sede centrale del gruppo; dopo neanche un mese, ai primi di novembre, la certificazione PEFC dei siti produttivi Technipal. La scelta di approvvigionarsi esclusivamente di legno certificato PEFC interessa inizialmente 2 milioni di bancali nuovi sui 21 milioni di bancali (nuovi e riparati) forniti dal gruppo ai mercati europei e coinvolge contemporaneamente i tre siti produttivi situati nel nord della Francia: oggi il 35% degli acquisti riguarda tronchi certificati. “La certificazione PEFC e il marchio apposto sui bancali, completo del nostro identificativo, sono destinati a diventare una specifica nel capitolato di acquisto di quella parte dei nostri clienti che condividono il nostro impegno di responsabilità ambientale e di sviluppo sostenibile e sarà applicabile a qualsiasi tipologia di pallet, standard e fuori standard” ha dichiarato Patrice Chanrion in occasione della presentazione del progetto avvenuta congiuntamente fra PGS e PEFC France lo scorso 19 novembre a Parigi, durante il salone Emballage 2008. La promessa “verde” entra a far parte dunque dei valori di marca del gruppo grazie a uno standard quale l’ISO 14001, un marchio internazionale del calibro di PEFC, la collaborazione con l’FCBA (l'Institut Technologique Forêt Cellulose Bois-construction Ameublement, Istituto Tecnologico Foresta Cellulosa LegnoCostruzione Arredo) e una forte integrazione gestionale dei tre siti coordinata da un ufficio centrale. In relazione all’iniziativa PEFC, il prossimo passo sarà l’applicazione del marchio anche ai prodotti riparati e al cippato ottenuto dalla macinazione di bancali marchiati e destinato all’industria del pannello truciolare e come combustibile per caldaie ad uso industriale. In parallelo, proseguirà gradualmente l’iter di certificazione ISO 14001 anche per le altre strutture del gruppo. Al lancio del progetto era presente anche DHL, anch’essa certificata ISO 14001 e fortemente impegnata nello sviluppo sostenibile che ha potuto così ipotizzare quali vantaggi deriverebbero dall’adottare soluzioni logistiche a riconosciuta qualità ambientale. Ma a quale mercato “verde” è rivolta la proposta di PGS? L’invito è innanzitutto ai grandi clienti, come Saint Gobain, SanofiAventis, Procter & Gamble, Air France, Ferrero, Good Year, Dunlop, Exxon Mobil, Bostik, Shell, DHL, Geodis, Lactalis, Colgate, Bristol, ma il marketing di PGS guarda più lontano: agli enti pubblici, ai fornitori degli enti pubblici come anche alle medie imprese.“Manca ancora un obbligo di forniture alla pubblica amministrazione che siano certificate sulla base di precisi requisiti ambientali – sostengono dalla sede centrale del gruppo – prevale ancora la facoltà di farlo, c’è la raccomandazione”. Eppure i governi di Belgio, Danimarca e Germania hanno già inserito l’obbligo ai propri fornitori di utilizzare bancali certificati PEFC, per esempio. Inoltre, uno studio del 2008 condotto da KPMG, società internazionale di servizi professio- www.fcba.fr Jean-Louis Luovel, presidente di Groupe PGS. nali alle imprese, rivela che fra i manager di 400 società di settori diversi e con più di 200 dipendenti, la sostenibilità sta diventando impegno quotidiano: il 91% degli interpellati è convinto che chi investe oggi in questa direzione sarà un leader di mercato domani; l’84% dichiara di aver adottato buone pratiche ambientali e sociali nella gestione d’impresa; infine, il 50% ammette di avere nell’organigramma aziendale un responsabile che segue i progetti di sviluppo sostenibile. E senza contare la pressione delle organizzazioni non governative, in primis le associazioni dei consumatori che chiedono la riduzione dell’impatto di prodotti e servizi e di conseguenza provocano una domanda ambientale che ripercorre a ritroso la catena di fornitura. Il nuovo traguardo raggiunto da PGS s’inserisce tuttavia in un disegno più ampio, in cui l’aspetto ecologico è uno dei tre elementi fondanti.Ambiente: sono elementi qualificanti il sostegno a politiche di riutilizzo (PGS è omologato EPAL, CP,VMF, ecc.), la riparazione, la valorizzazione di sfridi e rifiuti per produrre cippato, le due certificazioni recenti, il trattamento termico in vista del rispetto della normativa ISPM 15 e la progettazione di bancali ottimizzati fra resistenza, peso e volume in rapporto al loro utilizzo, per evitare sovradimensionamenti di prestazione. Economia: sono fattori “generatori” di efficienza a 360 gradi servizi quali la vicinanza al cliente (ogni 150 km in Francia c’è un centro servizi PGS), l’estensione a servizi e prodotti complementari al bancale (bancali in metallo, in plastica, soluzioni miste con big bag, ma anche piattaforme e soppalchi e supporti di magazzino), il servizio di gestione parchi pallet dei clienti, la flessibilità alle loro esigenze logistiche, la geolocalizzazione e l’ottimizzazione dei percorsi di 90 automezzi propri e 645 fra pianali e cassoni che collegano ai clienti 3 siti produttivi, 9 siti di partner produttivi e 30 centri di distribuzione e servizi, tutti dotati di forni per il trattamento termico e l’essiccazione. Sociale: PGS crea occupazione in aree rurali, favorisce l’inserimento dei portatori di handicap (Altea è una delle 9 aziende partner e conta 135 lavoratori diversamente abili su 170 complessivi), cura la formazione dei suoi collaboratori, favorisce la crescita sociale e aderisce ai principi fondamentali del Global Compact (www.globalcompactitalia.org). Lo sviluppo sostenibile è dunque a tutti gli effetti la base strategica di crescita del gruppo, che lo scorso 3 febbraio ha concluso l’acquisizione di SAS Beynel-Manustock, specialista francese in bancali nuovi, casse, bancali e casse in metallo e plastica, e integrata a monte con una segheria di ultima generazione. Con questa operazione, PGS diventa il primo gruppo produttore di bancali in Francia e il secondo in Europa, con un giro di affari di 150 milioni di euro e oltre 600 collaboratori, al servizio di 5mila clienti. L’IMBALLAGGIO IN LEGNO IN FRANCIA • 9% è il peso dell’imballaggio in legno sul fatturato dell’industria francese del packaging • 1,8 miliardi di euro è il fatturato del comparto • 13.200 sono gli addetti del comparto • 76 milioni è la produzione annuale di bancali • 250 milioni è la stima del parco circolante • 35% è il peso a valore di pallet e box pallet sul fatturato degli imballaggi in legno • + 5% è la crescita media annua delle vendite di pallet e box pallet dal 2005 al 2008 • 30% è la quota di utilizzo dei segati da parte dell’industria dell’imballaggio in legno riferita a bancali e box pallet, nuovi e riparati-ricondizionati 81 FEBBRAIO ecologia Cassette per vini: un ecobilancio premia il legno che assorbe più CO2 Nella filiera francese delle cassette per vini le www.pindeslandes.org www.fcba.fr www.ademe.fr 82 FEBBRAIO emissioni di anidride carbonica in atmosfera sono ampiamente compensate grazie al ricorso, alla lavorazione e alla recuperabilità della materia prima: il legno. La differenza fra le emissioni riferite a tutte le attività legate alla produzione e alla consegna (dall’unità di sfruttamento agroforestale al trasporto e lavorazione, dall’assemblaggio al trasporto al cliente) e la capacità delle piante usate di sequestrare la CO2, oltre alle pratiche di recupero dei manufatti, è di – 445 tonnellate equivalenti. In sintesi, gli operatori francesi del settore dichiarano che non solo non producono gas ad effetto serra, ma proprio per il fatto che utilizzano legno per questi imballaggi, ecco che contribuiscono a ridurre le emissioni. E insieme a loro, tutti quegli attori della filiera disponibili a preferire cassette in legno: dai vitivinicoltori alla distribuzione, fino al consumatore finale. Questo risultato arriva da un bilancio elaborato per conto dell’associazione Vinicaissiers da parte dell’Istituto Tecnologico FCBA , il quale ha adottato il metodo di calcolo dei gas ad effetto serra sviluppato da Jean-Marc Jancovici di ADEME , l’agenzia dell’Ambiente e della Gestione dell’Energia francese). Come ogni attività industriale, anche quella della produzione di cassette per vini produce anidride carbonica rilasciata in atmosfera: in particolare, si tratta delle fasi relative alla silvicoltura, allo sfruttamento della foresta, alla produzione dei semilavorati, al loro trasporto, fino alle graffe metalli- che, ai chiodi, agli inserti eventuali e a tutti quegli accessori non di legno. In particolare, il legno di pino marittimo viene importato prevalentemente dalla vicina Spagna. L’82% delle emissioni sono imputabili a queste fasi (solo il 6% all’aggiunta di elementi non lignei). I dati elaborati dallo studio, presentato lo scorso dicembre al Vinitech, il salone tecnico-professionale della filiera vitivinicola più importante in Europa, permette di dimostrare ai vitivinicoltori bordolesi che la cassetta in legno è preferibile ad altre soluzioni per gli evidenti vantaggi ambientali, proprio quando gli stessi vitivinicoltori si stanno impegnando a ridurre le emissioni di CO2 legate alle attività agroindustriali. Ma se è vero che la cassetta in legno tal quale costituisce già di per sé un punto di forza ambientale (ogni mc di legno lavorato contiene 1 tonnellata di CO2 sequestrata dall’atmosfera), ciò non significa che non sia migliorabile. Così, i produttori francesi hanno intenzione di attuare Enoteca e negozio di souvenir vitivinicoli a Saint Emilion, nella regione di Bordeaux; a sinistra, piantine-ricordo dei famosi vitigni della zona, a destra scatole regalo contenenti bottiglie di vino. Perché gli espositori in legno e il packaging in cartone? L’associazione Vinicaissiers vuole che anche le bottiglie riposino in cassette di legno. una serie di interventi per rendere ancor più competitiva la scelta del legno per il vino, ben oltre i classici punti di forza (resistenza, estetica, posizionamento di alta gamma, durabilità). L’impegno dei prossimi anni sarà indirizzato verso quattro aspetti: 1) privilegiare le forniture di legno francese, ancor più vicino ai luoghi di produzione 2) sviluppare un processo di eco design per limitare l’impatto dei fattori non legati al legno 3) ridurre il peso del trasporto ottimizzando i percorsi, informando e formando gli autisti e scegliendo vettori disponibili a sottoscrivere un programma di sviluppo sostenibile 4) garantire l’effettivo recupero collaborando con le associazioni professionali e interprofessionali (in primis quella di vitivinicoltori bordolesi del CIVB) e a quelle dei consumatori. L’impegno, su base volontaria, coinvolge 7 dei 9 produttori associati ma tutti insieme costituiscono un punto di riferimento per i produttori di vini di alta gamma francesi ed anche californiani; tuttavia l’obiettivo dell’associazione va oltre la semplice risposta ad un’istanza ambientale e punta decisamente allo sviluppo delle vendite. Oggi il loro mercato è in debole crescita, con appena un 1% su base annua e una quota del 10%, mentre il resto delle vendite è riferito a soluzioni in cartone. Eppure è possibile elevarla al 15% nel giro di qualche anno, estendendo la cassetta di legno anche per i vini che si posizionano a ridosso delle grandi etichette e che vengono sempre più pro- posti anche presso i punti di vendita della grande distribuzione (oggi il 60% viene venduto in medie e grandi superfici despecializzate). La cassa per vini, oltre a costituire la miglior protezione e promozione di un prodotto esclusivo, rappresenta la naturale prosecuzione della filiera vitivinicola: dal legno della vite al legno degli antichi strumenti di vinificazione, fino alle botti per la conservazione e l’affinamento. Non vi sono standard dimensionali e prestazionali, proprio perché per natura la cassetta va personalizzata per tipo di decorazioni, dimensioni, portata e capacità, corredo interno, sistema di chiusura. Nel confronto con il cartone, in termini di costo la differenza si limita a pochi centesimi di euro per le soluzioni meno preziose, ma già il fatto di scegliere una scatola in legno nobilita immediatamente il prodotto e quel delta di prezzo perde ogni significato di costo trasformandosi in un forte elemento di comunicazione. L’associazione francese intende così non solo difendere ma rilanciare la funzione economica, ecologica e sociale dei suoi prodotti; nata nel 2002,Vinicaissiers ha fra l’altro creato anche un Osservatorio di Norme Internazionali al servizio dei propri clienti e ha messo a punto una serie di schede tecniche condivise e standardizzate per semplificare ai clienti la raccolta dei documenti necessari all’esportazione. IL PERIMETRO DELLO STUDIO L’ecobilancio effettuato da FCBA per conto di Vinicaissiers ha preso in considerazione la produzione 2007 delle 7 aziende partecipanti allo studio: 8,7 milioni di casse pari a 33.364 mc di legno per confezionare 63 milioni di bottiglie di vino. IL DISTRETTO DELLE CASSETTE Nella regione della Gironda 12 operatori (di cui 9 associati) fatturano per 48 milioni di euro con 260 addetti e producono il 90% delle casse francesi, circa 10 milioni di pezzi l’anno. Il fabbisogno in materia prima è di 60mila mc di segati di cui parte importati e parte provenienti da segherie locali (alcune aziende sono integrate a monte con proprietà e attività agroforestali). Da qui, l’importanza di un piccolo comparto che riveste un ruolo economico e sociale per zone rurali dove generalmente l’occupazione è più debole. 83 FEBBRAIO ecologia In arrivo elettricità verde da piccole centrali a biomassa U na piccola centrale, da 500 kW di potenza installata, in grado di assorbire 5mila tonnellate di legno cippato su base annua e produrre elettricità con una micro turbina ma anche calore; piccola, utilizzabile in differenti contesti, ad alto rendimento ma a basso costo. E’ questa la sfida raccolta da Biomasse Energia, una nuova società che nasce dalla collaborazione fra Durbiano s.r.l. e Flenco spa, specializzata in servizi ausiliari per turbine e presente in tutto il mondo.A primavera uscirà il prototipo che sarà proposto alle collettività e alle comunità montane, ma anche alle imprese della filiera del legno. “La vocazione di questa tipologia di impianto – precisa Ettore Durbiano, amministratore delegato della nuova società – consiste sia nel dare uno sbocco agli sfridi di produzione delle industrie del legno, sia nello sfruttare un aspetto dell’economia agroforestale. Infatti, nella filiera che va dal bosco al consumatore finale attraverso tutti i suoi prodotti, emerge un nuovo filone d’interesse: quello dell’utilizzo energetico delle risorse boschive, un’opportunità che oramai seduce anche gli ambientalisti perché riconosciuta come valore sostenibile”. Le biomasse legnose hanno un valore ridotto rispetto agli altri prodotti della filiera del legno, ma questo valore può essere aumentato qualora vi sia una tecnologia di pirogassificazione ad alto rendimento, brevettata, in grado di sfruttarne il potenziale energetico e di generare quel beneficio economico che potrebbe ripagare i costi della raccolta e del conferimento in aree non troppo lontane dai punti di sfruttamento delle biomasse stesse quale combustibile. Ecco, quindi, il significato di piccole centrali con alti rendimenti poste a fondovalle e 84 FEBBRAIO capaci di assorbire il “prodotto” locale e non quello proveniente da lontano. Il prototipo di Biomasse Energia è in fase di preparazione e si distinguerà per alto rendimento, costo contenuto, assenza di procedure autorizzative complesse. Una corretta gestione delle risorse forestali comporta operazioni di pulizia derivante da sfalci e potature e dalla caduta naturale per invecchiamento, per eventi atmosferici, per altre cause naturali. Queste masse legnose, se lasciate abbandonate nel bosco, al termine della loro vita subiscono un processo di biodegradazione attraverso il quale restituiscono la CO2 assorbita nel corso della loro vita e possono costituire un pericolo, per esempio nel caso di piogge intense, o un ostacolo alla corretta crescita e rigenerazione della selva.“Ma è soprattutto al contenuto di CO2 sequestrata che si guarda con attenzione – precisa Durbiano - Nell’ambito, infatti, di una corretta gestione del bosco, queste masse possono diventare fonte di energia: sovente infatti, segnatamente in Piemonte, le aree boschive si incrementano per la crescita spontanea e naturale dovuta ad abbandono delle attività rurali, collinari e montane. La valorizzazione del prodotto della pulizia del bosco è una risorsa che può aprire la strada di altre più importanti risorse forestali”. Ma non c’è soltanto il prodotto della gestione forestale quale carburante primario di queste piccole centrali: anche per i produttori di imballaggi in legno tali impianti potranno costituire una risorsa nel momento in cui gli sfridi di produzione entreranno nel ciclo di valorizzazione energetica, da soli oppure insieme alle biomasse del comprensorio agroforestale in cui si colloca l’impresa stessa. EPAL la “spugna” ecologica che assorbe fino a 35 kg di CO2 Ecobilancio “negativo” per il pallet secondo i www.timcon.org risultati del progetto congiunto fra Timcon , la confederazione britannica dei produttori di bancali e imballaggi in legno, insieme alla campagna promozionale Wood for Good e a Skogsindustrierna, la federazione svedese dell’industria forestale. Il risultato, ottenuto da un sistema di calcolo sviluppato da ESD (Energy for Sustainable Development), è stato presentato all’inizio dello scorso anno e rivela che le attività agroforestali, manifatturiere e logistiche della filiera del pallet emettono in atmosfera un quantitativo di anidride carbonica inferiore rispetto a quello sequestrato dalle piante che forniscono la materia prima e a quello recuperato dalle attività di riutilizzo, riciclo e termovalorizzazione. Il sistema ha infatti considerato in fase preliminare la materia prima che costituisce il bancale, il tipo e la quantità di carburante utilizzato per il taglio, la raccolta e il trasporto dei tronchi, l’energia utilizzata per l’essiccazione del legno e il taglio e assemblaggio dei componenti del pallet, i viaggi del bancale lungo tutto il suo ciclo di vita e le attività di riciclo. I bancali oggetto dello studio appartengono a quattro tipologie: i 1.000 x 1.200 per attività medie e pesanti, gli EPAL 800 x 1.200 e quelli per uso leggero e medio da 800 x 1.200 mm. Sono stati inoltre considerati tre casi differenti: il bancale in legno fresco, quello in legno essiccato con trattamento termico e quello trattato con forno di essiccazione, per evidenziare tre diverse situazioni di consumo energetico e di emissioni di CO2. Dalle analisi effettuate emerge che la produzione media di anidride carbonica delle cinque tipologie esaminate oscilla, nel caso di pallet in legno fresco, intorno ai 4 kg equivalenti, con lievi scostamenti dovuti al peso del manufatto a seconda delle prestazioni leggere, medie o pesanti richieste. Di questi 4 kg, la maggior parte va riferita alle attività di produzione del bancale. Il sequestro di CO2 varia da un minimo di 27 ad un massimo di 33 kg equivalenti, tranne il caso del formato per uso leggero 800 x 1.200 (13 kg). In tutte e cinque le situazioni, dunque, l’ecobilancio risulta negativo, nel senso che sottraendo alla CO2 emessa quella sequestrata si produce un beneficio ambientale che deriva dalla capacità delle piante da cui si ricava il legno per i pallet di assorbire l’anidride carbonica prodotta da altre attività antropiche. Per gli altri due casi, differenti da quello del legno fresco, le emissioni aumentano raggiungendo i 5 kg equivalenti, senza peraltro superarli: quindi, l’ecobilancio rivela per tipologie differenti e caratteristiche strutturali e prestazioni diverse, un risultato confortante che non solo premia la scelta di ricorrere a pallet in legno ma che addirittura assume un valore ambientale positivo su tutte la filiera a monte: l’industria agroforestale si configura come il primo attore virtuoso sul piano della prevenzione e della “pulizia” dell’atmosfera, in quanto è proprio grazie al ciclo vegetativo di piante giovani, a sostituzione di quelle tagliate, che avviene il maggiore sequestro e trasformazione di CO2 in fibra legnosa. Infine, un dato particolarmente interessante: è il bancale EPAL 800 x 1.200 il manufatto capace di sequestrarne di più rispetto alle altre tipologie. 85 FEBBRAIO normativa In un cd rom offerto da CSLS tutta la normativa sugli imballaggi È www.legnosughero.info 86 FEBBRAIO una somma organica e completa di tutte le normative e i regolamenti applicabili nel settore degli imballaggi in legno: è questo l’ennesimo strumento di servizio e di lavoro che il Consorzio Servizi Legno-Sughero mette a disposizione delle aziende del settore in forma di disco ottico cd-rom grazie alla collaborazione con l’Ente italiano di Unificazione (UNI). L’opera, oltre a colmare una lacuna esistente nel nostro comparto, dà la possibilità a imprese, tecnici e a tutti gli operatori coinvolti dagli imballaggi in legno di orientarsi nel complesso labirinto della normativa di settore. Gli sforzi economico ed organizzativo sostenuti dal Consorzio sono finalizzati allo sviluppo e all’aggiornamento della cultura di settore ed alla formazione permanente: per questi motivi, l’opera al momento non è acquistabile ma fa parte del pacchetto di strumenti previsti per i vari corsi di formazione organizzati da CSLS per i comitati tecnici dei marchi di qualità che gestisce. A titolo orientativo, pubblichiamo l’indice completo dell’opera che, oltre a mostrare la completezza e la complessità del lavoro, permette di avere a portata di mano titoli, argomenti e riferimenti generali. Il cd-rom abbraccia tutti i settori applicativi: dalla materia prima ai trattamenti e ai chiodi, dagli imballaggi industriali ai pallet, dalle bobine al contatto con gli alimenti fino al tema “imballaggi e ambiente”; si possono consultare gli elenchi aggiornati delle norme specifiche, consultare i testi e stamparli. L’elenco, inoltre, sarà costantemente aggiornato. Il Consorzio ricorda che l’importanza della conoscenza e dell’applicazione delle normative in fase progettuale e costruttiva riguarda direttamente il senso economico stesso dell’impresa, ed anche il suo valore sociale: per questo il loro impiego dev’essere riferimento costante nella pratica professionale. normativa Esportazioni di prodotti finiti verso la California I l primo gennaio 2009 entra in vigore nello stato della California un nuovo regolamento che avrà conseguenze importanti per le esportazioni di prodotti legnosi nello stato della California. Si tratta dell’Airborne Toxic Control measure (ATCM), approvato dal Californian Air Resources Board (CARB) con l’intenzione di ridurre progressivamente le emissioni di formaldeide dai materiali a base di legno (composite wood products) venduti e utilizzati sul territorio dello stato della California. Sebbene l’obbligo esista, per il momento, solo per la California, è prevedibile che gli standard fissati in tale stato diventino presto un riferimento nel resto degli USA.Tale regolamento prevede due fasi, denominate come “Phase 1” e “Phase 2”, con limiti relativamente all’emissione di formaldeide più restrittivi passando dalla “Phase 1” – in vigore dal primo gennaio 2009 – alla “Phase 2” – a partire dal primo gennaio 2010. Il presente regolamento deve essere applicato anche al settore imballaggi in legno. Restano esclusi da tale ambito i prodotti realizzati prima del primo gennaio 2009: questi infatti potranno essere comunque distribuiti, esportati e venduti nello stato della California fino al 30 giugno 2010. In prima battuta è da sottolineare come gli imballi in legno costituiti da solo legno massiccio con sistemi di giunzione meccanica (come a esempio viti, chiodi, graffette) sono da escludere da tale ambito. Campo di applicazione 1. Compensati di latifoglie: include tutti quei compensati/multistrati ottenuti tramite la sfogliatura di specie decidue a foglia larga. Inoltre all’interno della presente categoria rientrano quei compensati aventi come elemento decorativo sfogliati di conifera e all’interno sfogliati di latifoglia. 2. Pannelli truciolari: pannelli costituiti da particelle in legno. Questo campo non include i blocchetti in agglomerato per pallet. 3. Pannelli MDF: pannelli di fibre ottenuti per via secca. Non sono oggetto del Regolamento ATCM i seguenti materiali: 1. Compensati di conifera: include quei compensati ottenuti da sfogliatura di specie a foglie aghiformi e/o con strobili. 2. Compensati strutturali: per tale tipologia di 88 FEBBRAIO pannelli si applicano altri standard di riferimento 3. Masonite/prodotti ottenuti tramite il solo processo di pressatura 4. OSB a uso strutturale: prodotti costituiti da scaglie di legno orientate. 5. Cartone: cartone normalmente usato per il settore imballaggi. 6. Blocchetti in agglomerato per pallet. È importante sottolineare quanto segue: - Per i produttori dei pannelli sopra menzionati vige, per l’esportazione in California, l’obbligo di certificazione. - Al produttore del prodotto finito (imballaggi) non si chiede di essere certificato, ma di conservare per un minimo di due anni la documentazione atta a dimostrare che egli ha preso le “precauzioni di ragionevole prudenza” per assicurare che i prodotti messi sul mercato siano rispondenti alle nuove regole. - Tale documentazione deve dimostrare, come minimo, che il produttore abbia istruito il proprio fornitore di pannelli sui requisiti imposti dal regolamento del CARB e che il produttore di pannelli abbia dichiarato di fornire prodotti conformi a tale regolamento. Oltre a ciò, il fabbricante deve mantenere le registrazioni riportanti le date di acquisto e il nominativo del fornitore. - L’imballaggio finito deve essere etichettato in modo facilmente visibile per l’utilizzatore e riportare, come minimo, le seguenti informazioni: 1. Nome del fabbricante. 2. Data di fabbricazione del prodotto finito. 3. Indicazione che affermi che il prodotto è costituito da “composite wood products” conformi ai requisiti stabiliti dal regolamento ACTM per la fase 1 o la fase 2. 4. Se il prodotto è stato realizzato con adesivi particolari (ULEF, pMDI o MDI), ciò deve essere indicato in etichetta. - Oltre all’etichettatura, il fabbricante deve fornire una dichiarazione di conformità (che può far parte della fattura o di altra documentazione commerciale di accompagnamento) con la quale afferma che il proprio prodotto soddisfa i requisiti della fase 1 o della fase 2 del regolamento del CARB. - Un esempio di dichiarazione da riportare sia sull’etichetta sia nella documentazione di accompagnamento è il seguente: “Contains [particleboard/MDF/hardwood plywo- RIFERIMENTI UTILI Si riportano di seguito utili riferimenti per una migliore comprensione di quanto descritto: http://www.arb.ca.gov/toxics/compwood/implementation/faq.htm: indirizzo web in cui vengono date risposte alle domande più frequenti. http://www.arb.ca.gov/regact/2007/compwood07/fro-final.pdf: indirizzo web da cui è possibile scaricare il Regolamento ATCM. http://www.arb.ca.gov/toxics/compwood/compwood.htm: indirizzo web da cui è possibile reperire le ultime informazioni in relazione all’attività. http://www.arb.ca.gov/toxics/compwood/listoftp cs.htm: indirizzo web da cui è possibile ottenere informazioni sui vari Organismi di Ispezione e Prove accreditati dallo Stato della California. od] that complies with CARB [phase 1/phase2] formaldehyde standars in CR 93120.2 (a)”; oppure, se il pannello è fabbricato con resine senza formaldeide aggiunta (NAF – No Added Formaldehyde) o con emissioni estremamente ridotte (ULEF – Ultra Low Emission Formaldehyde): “Contains [particleboard/MDF/ hardwood plywood] made with [NAF/ULEF] resins that comply with CARB formaldehyde emission standards in CR 93120.2 (a)”. - A partire dal primo gennaio 2010 cominceranno a entrare in vigore i requisiti di emissione della fase 2, più restrittiva (vedere tabella 2), mentre la possibilità di vendere prodotti finiti che li soddisfano sarà assicurata per ulteriori 18 mesi successivi a tali scadenze. 89 FEBBRAIO normativa Imballaggi industriali: la sicurezza è un obbligo Nell’ambito della produzione e dei servizi rela- ww.aias-sicurezza.it 90 FEBBRAIO tivi all’imballaggio in legno, l’imballaggio industriale su misura è il comparto dove il rischio di incidenti sul lavoro risulta più elevato. Un rapido percorso mentale lungo le principali fasi di lavorazione ci permette di scoprire che questo settore è affine a quelli ad alto indice di infortuni, come quelli delle costruzioni e dell’industria metalmeccanica, dove l’interazione uomo-macchina è elevata e ancor di più la manualità, collegata dall’uso di piccole macchine leggere semiautomatiche, fisse o portatili, e ad utensili di tipo tradizionale. Elevata è anche la tipologia di azioni poco ripetitive, di luoghi di lavoro differenti dal sito dell’impresa (presso i clienti), di condizioni climatiche. Inoltre il ventaglio delle stazioni di lavoro è estremamente ampio: non esiste un bancone, una stazione fissa di lavorazione, spesso si opera in quota, per imballare e proteggere manufatti sempre diversi per peso, dimensione e forma. “In effetti possiamo senza timori di smentite affermare che l’attività dell’imballaggio industriale presenta un discreto concentrato di trappole molto insidiose - sostiene Enrico Saponaro, uno dei 25mila consulenti esperti in sicurezza iscritti all’AIAS e che opera anche nel settore dell’imballaggio in legno – Per esempio, solo per citare una delle azioni più comuni svolte dagli addetti del comparto, riflettiamo per un attimo sulle pistole sparachiodi: un proiettile d’acciaio di 12 cm schizza fuori non appena si preme il grilletto. Affrontare questo, come tanti altri punti critici dell’attività degli imballatori industriali, nell’ambito di un solo articolo è difficile: E-Pack inizia quindi su questo numero un viaggio nell’universo della sicurezza che si estenderà anche agli altri settori dell’imballaggio, con l’obiettivo di aumentare la professionalità e il valore delle nostre imprese. Ribaltando per una volta la prassi giornalistica, è Enrico Saponaro che dalle righe del presente articolo intervista noi con una serie di domande. La prima è decisamente scomoda:“Quale consapevolezza avete del problema sicurezza nella vostra impresa? Possedete statistiche generali e particolari sulla tipologia di incidenti e luoghi dove avvengono?” La conoscenza è uno strumento importante per pianificare una strategia basata su strumenti informativi e formativi su misura per il comparto; di conseguenza, la seconda domanda scottante del consulente tecnico sulla sicurezza riguarda la normativa. “Cosa vi dicono questi numeri: 547/55, 626/94, 123/07 e 81/08? Nelle micro e nelle piccole imprese spesso non si conosce il contenuto di tali norme e talvolta neanche l’esistenza; eppure alcune sono recentissime e costituiscono per il ‘fare impresa’ altrettanti rischi al pari di una pistola sparachiodi”. Non conoscerle, non applicarle o applicarle male espone a rischi gravi: non si tratta soltanto della salute e della vita delle persone, ma anche dell’azienda stessa che, se non ottempera ai vari dettati, in caso di infortunio può arrivare a portare in tribunale, oltre il titolare, anche i libri. Tuttavia, ancor prima di arrivare all’ipotesi di un infortunio fisico, si rischia di incappare in una violazione specifica di legge, se non si conosce la normativa più recente. “Supponiamo che un’azienda vi appalti la realizzazione di un imballaggio industriale presso il suo sito produttivo ipotizza Saponaro – oppure che siate voi stessi a subappaltare, per esempio, a una cooperativa, nel qual caso siete voi il datore di lavoro, il committente. Dopo aver raccolto tutti gli elementi tecnici ed economici necessari, vi accingete a redigere il preventivo e a stilare il contratto ma vi si chiede il DUVRI”. Non si tratta di un documento facoltativo, ma obbligatorio ed è parte integrante del contratto (vedi box a lato). E non è l’unico obbligo: sempre a proposito di contratto, questa volta però all’interno dello stesso, a norma di legge vanno riportati i costi relativi alla sicurezza, che fra l’altro non possono in nessun caso essere oggetto di ribasso.“E’ un obbligo che apre immediatamente alla polemica – riconosce Saponaro – Spesso accade il contrario di ciò che impone la norma: per poter essere concorrenziali molte imprese, in tutti i settori, non spendono in sicurezza e rendono così meno competitive le aziende che invece ottemperano agli obblighi di legge. Ovviamente il problema non è soltanto degli imballatori ma anche dei clienti che non verificano il rispetto della normativa per trarne un beneficio economico anch’essi in termini di costi”. In pratica, non conoscere la normativa, come pure non applicarla correttamente e compiutamente, rappresenta un reale risparmio? Sì, in ter- CHE COS’È IL DUVRI? Dal DLgs n. 81/2008 Capo III Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro Sezione I mini assoluti, ma in termini relativi equivale a consegnare il valore della propria azienda all’aleatorietà del caso (statisticamente frequente) di un controllo, di una denuncia, di un infortunio: per entrare nel concreto, equivale a sanzioni diverse a seconda dei soggetti coinvolti e della devianza (da un minimo di 50 a un massimo di 45.000 euro), azioni penali (con rischi di condanne alla reclusione da 1 fino a 12 mesi), costi legali, risar- cimenti per danni, perdita d’immagine presso i clienti, ore non lavorate. Il primo investimento, allora, da affrontare è per la conoscenza della legge, che non ammette ignoranza.Alla domanda “chi nella vostra azienda conosce ed è responsabile dell’applicazione delle normative sulla sicurezza” si deve essere in grado di dare una risposta certa. E’ un prerequisito, non un’opzione. MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione ……………. 3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non e' possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento e' allegato al contratto di appalto o di opera. ………….... 5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi relativi alla sicurezza del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto. 91 FEBBRAIO normativa L’ecodesign ha bisogno di una base normativa www.conai.org L o scorso 3 dicembre si è svolto a Milano un seminario su “Ecodesign del packaging e Carbon Footprint” patrocinato dal CONAI (è possibile scaricare gli atti del convegno sul sito web. L’obiettivo dei topics del seminario si racchiude nel termine “sostenibilità”, intesa come attività che “Pianifica lo sviluppo per soddisfare i bisogni delle attuali generazioni senza compromettere le capacità delle future di soddisfare i propri” (Bruntland, 1987); più articolata è la definzione di “sostenibilità ambientale”, da intendersi come il “preservare la capacità della terra di garantire la vita in tutta la sua diversità, rispettare i limiti delle risorse naturali del pianeta e garantire un livello elevato di protezione e di miglioramento della qualità dell’ambiente, prevenire e ridurre l’inquinamento ambientale, promuovere metodi di produzione e consumo sostenibili al fine di rompere la connessione tra crescita economica e degrado ambientale” (Riesame della Strategia dell’UE in materia di sviluppo sostenibile, Consiglio europeo 10117/2006). ECODESIGN DEL PACKAGING Gli imballaggi sono chiamati ad essere sostenibili, ma come? Non certamente eliminandoli ma progettandoli in modo che siano sostenibili per l’ambiente e quindi possano definirsi a vario titolo ecosostenibili; l’appello coinvolge tutti, da chi progetta a chi consuma. L’obiettivo si raggiunge partendo dal Life Cycle Design, ossia già in fase progettuale si prevede anche la fine del ciclo di vita del prodotto (l’offerta di appositi software è sempre più ricca). Prima di avviare la progettazione, per poter ottenere il profilo ecologico di un prodotto, si ricorre a due strumenti: LCA (Life Cycle Assessment) o ecoaudit: • nel primo caso si effettua una valutazione potenziale dell’impatto ambientale di un prodotto, di un processo o di un'attività durante tutto il suo ciclo di vita; • nel secondo caso un ecoaudit fornisce le linee guida per il design. L’ecodesign integra l’aspetto ambientale con quello di prodotto. I software consentono di studiare il design attraverso i componenti dell’imballaggio, individuando più funzioni. Il software che effettua l’ecodesign, per esempio, quando lavora sulla “monomatericità” (utilizzo di un unico 92 FEBBRAIO materiale) simula in fase progettuale la fine del ciclo di vita del prodotto. I fattori determinanti per ottenere un imballaggio ecosostenibile sono: • la leggerezza (che può determinare, dal punto di vista ambientale, un miglioramento significativo); • l’utilizzo di risorse sicure e rinnovabili; • l’estensione della vita dei materiali che compongono l’imballaggio • il disassemblaggio dei materiali Nei software in commercio è possibile, in fase di design, riuscire ad individuare, a seconda del tipo di packaging, (es. in PVC) prestazioni particolari, come la resistenza del materiale a determinate sostanze (es. acido citrico), riciclo o recupero di energia, consumo di acqua, resistenza ai raggi UV… A seconda del tipo di materiale e della struttura (monomaterico o plurimaterico) si può prevedere il destino dell’imballaggio e quindi il suo rapporto con la politica ambientale in termini di energia e CO2. Non è consigliabile confrontare i materiali fra di loro: è necessario invece analizzarne le funzioni (ad esempio, considerare quanto materiale va usato al posto di un altro). Dopo aver realizzato l’ecoprofilo del prodotto (che non ha a che fare con la fase di fine vita del prodotto), sarà l’azienda a decidere su quali indicatori ambientali puntare (ad esempio si sceglierà se privilegiare il risparmio di acqua, l’emissione di CO2” eccetera). Differenti sono le possibilità di ridurre il carico ambientale, anche a seconda delle diverse fasi del flusso di produzione: ad esempio, si può ridurre la quantità di risorse primarie impiegate; in particolare, se le materie prime utilizzate dovessero provenire da riciclo bisognerà chiedersi come sia avvenuto, se la filiera gestisce correttamente quel materiale. Si potrà altresì decidere di intervenire sui costi di trasporto, evitando forniture di materiale da un paese troppo distante dallo stabilimento, o valutare se è il caso di intervenire sul sistema di logistica interno. In sintesi, oggi è possibile progettare l’ecosostenibilità attraverso dati gestiti da un software. CARBON FOOTPRINT E QUOTE DI CO2 Nell’ambito dell’ecosostenibilità, si fa riferimento sempre di più al termine Carbon Footprint (C.F.): è una misura che esprime in CO2 equiva- lente il totale delle emissioni di gas ad effetto serra (il biossido di carbonio è uno dei GHG “Greenhouse gases” per il Protocollo di Kyoto) associate all’attività umana o ad un prodotto, un’organizzazione o un servizio. È possibile distinguere fra: • C.F. di prodotto, un sottoinsieme dei dati derivanti dal Life Cycle Assessment ottenibili con il metodo standardizzato ISO UNI EN 14040 – 14044; •C.F. di organizzazione e servizio, dove si utilizzano le norme ISO 14064 – 14065 nate dall’esigenza di standardizzare gli aspetti della contabilità e la verifica dei processi di GHG. L’art. 3 del Protocollo di Kyoto pone nel periodo 2008 – 2012 l’obiettivo di riduzione di emissione di CO2 del 5%, dai livelli del 1990: ma quali metodi esistono per ridurre la CO2? Vi sono metodi volontari, come le norme ISO e il Life Cycle Assessment, ma anche dei vincoli: in Europa è in vigore esiste la Direttiva 2003/87/CE, che è legge. La Direttiva 2003/87/CE (il Decreto Legge n. 273 del 12 novembre 2004 ha consentito l’applicazione della Direttiva ETS in Italia dal gennaio del 2005) ha istituito un sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni di gas denominato Emission Trading System (ETS) al fine di ridurre le emissioni di CO2 “secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica” (Art.1). Tale sistema consente di rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni attraverso l’acquisto dei diritti di emissione. Si stima che il 10% delle imprese dell’UE che si trovano a sottostare agli obblighi della suddetta Direttiva siano in Italia. A dicembre 2008, il Parlamento Europeo ha inoltre approvato il Pacchetto clima-energia (noto anche come “Pacchetto 20-20-20”), volto a conseguire gli obiettivi che l'UE si è fissata per il 2020: • ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, • portare al 20% il risparmio energetico, • aumentare al 20% il consumo di fonti energetiche rinnovabili. Il Pacchetto comporta una riduzione alla fonte delle emissioni per tutti i comparti produttivi, non solo per quelli coperti dalla Direttiva ETS. Il sistema di Emission Trading introdotto dalla Direttiva è un sistema di tipo “Cap & Trade” che prevede la fissazione di un limite massimo (cap) alle emissioni realizzate dagli impianti industriali che producono gas ad effetto serra; tale limite è fissato attraverso l’allocazione di un determinato numero di quote di emissioni a ciascun impianto. Le quote (European Unit Allowance - EUA) attribuiscono il diritto ad immettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente in atmosfera nel corso dell’anno di riferimento della quota stessa, e vengono assegnate agli impianti regolati dalla Direttiva ETS attraverso i Piani Nazionali di Assegnazione (PNA); questi sono soggetti all’approvazione da parte della Commissione Europea. Ogni anno i gestori degli impianti regolati dalla Direttiva ETS sono tenuti a restituire un numero di quote corrispondenti alle emissioni reali prodotte. L’eventuale surplus di quote (differenza positiva tra le quote assegnate ad inizio anno e le emissioni effettivamente immesse in atmosfera) potrà essere accantonato o venduto sul mercato, mentre il deficit potrà essere coperto attraverso l’acquisto delle quote. Gli Stati membri dovranno quindi assicurare la libera circolazione delle quote di emissioni all’interno della Comunità Europea consentendo lo sviluppo effettivo del mercato europeo dei diritti di emissione. La quota di CO2 è quindi definita da una norma. Se è definita da una norma, la quota diventa un “bene”, giuridicamente vincolabile: questo vuol dire che può essere, ad esempio, oggetto di compravendita. L’azienda non solo risparmia ma la CO2 risparmiata diventa un utile. In altre parole, è come se l’aria fosse stata “demanializzata” poiché non è più possibile emettere CO2 se non c’è un’autorizzazione. L’approccio ISO e l’approccio ETS, in termini di riduzione di CO2, sono diversi e comportano effetti diversi sul mercato. Nell’approccio ISO, si ha a che fare con un mercato di compravendita delle Voluntary Emission Reductions (VER); sono mercati volontari che comprano la riduzione di CO2 emessa sul mercato. Gli USA, non avendo ratificato il Protocollo di Kyoto, possono utilizzare questo approccio; ad esempio, se voglio valutare la riduzione di CO2 dovuta al riciclaggio di imballaggio posso farlo attraverso VER. Nell’approccio ETS si instaura un mercato di compravendita delle European Unit Allowances (EUA), oppure di rilascio di Certified Emission Reduction (CER) o Emission Reduction Units (ERUs); il sistema ETS vincola i Paesi della Comunità Europea ma è chiaro che, chiunque voglia operare su suolo europeo, debba rispettarlo anche se non soggetto al Protocollo di Kyoto o alla Direttiva ETS. La sostenibilità, soprattutto in fase progettuale, non ha pertanto un suo approccio definito, ma va ancorata a dei metodi standardizzati così come la riduzione di CO2 deve riferirsi ad uno standard. 93 FEBBRAIO