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Inserto della rivista
n° 267 • febbraio 2009
• News
• Epal
• Ecologia Chep
• PGS
• Vinicaissiers
• Biomasse energia
• Studio Timcon
• Esportazioni California
• Sicurezza imballaggi
• Ecodesign e norme standard
E-Pack è l’organo d’informazione
delle attività del Consorzio
Servizi Legno-Sughero
e di Assoimballaggi.
Tratta di economia, tecnologia
e innovazione
per gli imballaggi in legno,
i pallet e i servizi logistici.
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Per informazioni:
Piazza Agrippa 1
editrice idm srl
20141 Milano
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Imballaggi in legno
news
Preferite sentire la cartomante?
I mutui americani, la borsa che crolla, il clima alterato, il
petrolio che va su e giù, la Cina vicina, il dumping, il mercato parallelo, il buco nell’ozono, le mezze stagioni che
non ci sono più, e giù giù fino al classico “non ci sono più
le persone di una volta”. Insomma, la specie umana è una
delle più noiose e prevedibili che abitano questo strano
pianeta: quando arriva al capolinea di un ciclo economico di crescita e sviluppo, quando la crisi imperversa,
quando ci si sente stretti fra le maglie di un mercato
bloccato si allargano mani e pupille, si corruga la fronte,
si lanciano strali di pessimismo e si iniziano ad elaborare
ricette su ricette, consigli tattici e strategici, ci si scopre docenti per gli altri, si indicano strade da intraprendere. Parte la macchina dei convegni, delle analisi, degli studi: la
più grande invenzione dall’ultimo dopoguerra ad oggi è proprio quella del convegno,
perché permette ad ognuno di noi di prendere le distanze dal cuore del problema: la
responsabilità individuale.
Resto sempre sconcertato dalle notizie relative alle crisi, perché non sono notizie:
ogni crisi è prevedibile, perché è l’atto finale di una sommatoria di atti e decisioni consapevoli di ognuno di noi. Perché quindi stupirsi, lamentarsi, giudicare, rassegnarsi, spaventarsi se la congiuntura attuale l’abbiamo tutto sommato costruita giorno per giorno noi, consapevolmente? Perché lamentarsi per un “raccolto” se i frutti nascono da
ciò che abbiamo seminato? Insomma, volete sapere come andrà a finire questa crisi?
Non chiedetelo a studi previsionali, alle serie storiche dei mercuriali, al confronto
incrociato di analisi e controanalisi, come pure evitate di dare 50 euro a una cartomante. E’ sufficiente prendere un foglio di carta, elencare gli aspetti della crisi che più
vi attanagliano e domandarvi: “ma quando iniziavano a manifestarsi i segnali, quando i
fattori dominanti della recessione si concretizzavano, io remavo contro o seguivo la
corrente? Qual è la mia responsabilità? Cosa ho fatto? Come ho agito?” La risposta
peggiore che può nascervi dentro è un’altra domanda, è il classico “ma da solo cosa
potevo fare?”. E’ la peggiore se siete iscritti a un’associazione, perché far parte di un
gruppo non è pagare una quota, o ricevere dei servizi: è prendersi la responsabilità di
ciò che accadrà domani, fra un giorno, un mese, un anno, vent’anni.
Michele Ballardini, presidente Assoimballaggi
PDV verde
Andate a Bootle, vicino a Liverpool, e
vedrete il primo punto di vendita “Low
Carbon”di ultima generazione aperto lo
scorso ottobre dalla catena ASDA. Una
facciata interamente in legno è la premessa e la promessa mantenuta da questa
nuova “macchina commerciale” che vanta
numerosi punti di forza ecologici.
Il negozio presenta un efficienza energetica del 35% superiore a quella media degli
altri punti di vendita della catena grazie a
numerosi sistemi di approvvigionamento
e gestione: energia solare tramite pannelli fotovoltaici, recupero e riutilizzo dell’acqua piovana per una parte dei servizi idrici generali della struttura.
Inoltre, per la costruzione sono state utilizzate materie prime secondarie da riciclo, compresi i mattoni recuperati dai
magazzini portuali di Liverpool.
Completa l’edificio un tetto d’erba.
I 39mila piedi quadrati di questa struttura
hanno richiesto un investimento di 27
milioni di sterline e produrranno un beneficio di 142 tonnellate di CO2 emessa in
meno e di 349mila kwh di risparmio energetico l’anno. Infine, la nuova installazione
creerà 350 nuovi posti di lavoro.
E-Pack è l’organo di informazione di Assoimballaggi e di CSLS-Consorzio Servizi Legno-Sughero, enti di servizio alle imprese che operano
nel settore degli imballaggi. Il nome E-Pack e il suo logo sono la sintesi visiva e verbale fra gli elementi strutturali comuni alla maggior parte
degli imballaggi in legno (tre assi unite da una traversa) e le aree di interesse della pubblicazione (economicità, economia, ecologia, efficienza, EDI, Europa, etica, esportazione, enologia). Inoltre, la lettera “e” è il segno linguistico che significa “congiunzione”: fra imprese, obiettivi, intenti, criteri di gestione. Creata nel 2005 con il supporto tecnico e distributivo della rivista Il Legno, E-Pack considera gli interessi condivisi sia dei produttori di imballaggi in legno, sia degli utilizzatori e dei fornitori di servizi relativi alla produzione e all’utilizzo degli imballaggi. E’ disponibile all’interno della foliazione della rivista Il Legno, in allegato separato e anche on line presso il sito di Assoimballaggi e di
CSLS.
www.assoimballaggi.it oppure www.legnosughero.info
Responsabile di E-Pack è Sebastiano Cerullo.
Hanno collaborato a questo numero Andrea Brega, Sebastiano Cerullo, Luca De Nardo, Davide Paradiso, Domenico Corradetti, Claudio Garrone.
50 FEBBRAIO
Nudi al naturale
Anche la natura produce packaging, e particolarmente sostenibili (bucce, gusci, baccelli), ma con
risorse e obiettivi differenti dall’uomo: ha molto
più tempo di noi per progettare, modificare e
“immettere” sul mercato. Inoltre la natura ha
pochi problemi di logistica, distribuzione e consumo. I tempi più lunghi e le risorse più costose alle
quali attinge, le permettono però di avere risultati decisamente “smaglianti” rispetto al
design dell’uomo. Il fotografo Carlo Valsecchi ha raccolto questa galleria di “nudi” d’autore in cui le cornici sono appena accennate: cassette in legno, plastica e cartone, qua
e là solo qualche film trasparente o appena una rete. La fotografia esalta la forza delle
strutture materiche plasmate dalla natura, i giochi di luce e cromatici, le disposizioni
geometriche della mano dell’uomo all’interno dei contenitori. La presenza discreta del
packaging, nelle sue forme quadrate o rettangolari o al massimo nei veli semitrasparenti, definisce e accentua l’irregolarità delle forme dei frutti della terra, da soli e accostati: si crea così il contrasto fra il regolare e l’irregolare che porta l’occhio dello spettatore, come in un quadro fiammingo, a osservare dapprima l’insieme per poi focalizzare la visione all’interno di una singola cassetta e poi dentro a questa analizzare gruppi
di frutti arrivando infine al singolo. L’occhio è stimolato a seguire quel percorso istintivo e naturale che ognuno di noi compie quando si accinge all’acquisto, dal grande
ipermercato fino al piccolo negozio sotto casa: gli occhi viaggiano sulle distese diagonali dell’esposizione entrando in piccoli mondi variegati e colorati e “palpando” le
forme come se fossero le dita di una mano. Cogliere diventa così irresistibile: l’occhio
stimola la mano ad allungarsi per appropriarsi dell’immagine. La missione della fotografia sembra proprio questo: riappacificare due sensi così apparentemente differenti
eppure così simili cogliendo il nesso consequenziale esistente fra vista e tatto.
Carlo Valsecchi, Frutta e Verdura, 5 Continents Editions, Milano 2008,
Codice 9788874394395
www.fivecontinentseditions.com
Aumenta il contributo, migliora il risultato
Il Consiglio di Amministrazione di CONAI, su proposta di
Rilegno, ha deliberato la variazione del Contributo Ambientale
sugli imballaggi in legno a far data dallo scorso 1 gennaio 2009:
dai precedenti 4 euro a tonnellata si passa ad 8, che resta
comunque il valore unitario più basso fra quelli applicati nei paesi
dell’UE. La decisione si basa su ragioni tecniche e di mercato,
strutturali e congiunturali, che rendono necessario questo
aumento quale strumento per mantenere gli obiettivi raggiunti e
incrementarli. Dal 2005 (anno in cui venne deliberato l’ultimo
aumento che modificò un importo rimasto fermo per ben 7 anni
consecutivi) il flusso degli imballaggi post consumo gestiti da
Rilegno è cresciuto del 49%: in sostanza, in quattro anni sono
state valorizzate 316.000 t in più rispetto ai volumi gestiti in precedenza. Con il contributo aumentato allora, dal 2005 al 2008 rilegno ha sostenuto operatori pubblici e privati che si sono impegnati nelle fasi di raccolta e avvio al riciclo,
secondo convenzioni ben precise. Gli obiettivi stabiliti per legge sono stati raggiunti e
superati ma con un disavanzo di 795.000 euro che Rilegno a colmato attingendo agli
accantonamenti effettuati negli anni precedenti. Nel prossimo triennio il Consorzio prevede un aumento della raccolta diretta soprattutto nelle aree in emergenza rifiuti e in
quelle più distanti dagli impianti di valorizzazione: ne consegue un aumento dei costi per
la raccolta, la riduzione dei volumi e il trasporto, costi che non fanno prevedere una riduzione del disavanzo. A questo fattore si aggiunge la difficoltà del mercato in generale e
specifica (che colpisce le aziende riciclatrici, i pannellifici). Con il raddoppio del
Contributo, nei prossimi tre anni Rilegno manterrà il sistema in equilibrio e favorirà l’ulteriore recupero grazie allo sviluppo delle raccolte nelle aree del paese meno efficienti.
Borsa prezzi
Cala la produzione
Riduzioni in vista nel vecchio Continente per
la produzione di legname di conifera nel
primo trimestre 2009. Stando ai dati resi
noti dalle associazioni delle segherie dei
principali Paesi produttori (Svezia, Finlandia,
Austria e Germania) si delinea un calo produttivo oscillante tra il 20 e il 30 per cento
(equivalente a 3,5/4 milioni di mc in meno)
rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Verso la fine dell’ultimo trimestre del
2008 diverse segherie avevano annunciato
fermi della produzione a lungo termine. Ma
non è tutto: occorre aggiungere che vi sono
anche le restrizioni alla produzione causate
dalle condizioni meteorologiche.
In Germania l’associazione delle segherie si
aspetta un calo del 20/25% nella produzione di legname di conifera per i primi tre
mesi, il che equivale a una diminuzione della
produzione di 1/1,2 milioni di metri cubi.
L’industria delle segherie austriache sta anticipando un ulteriore forte calo percentuale
della sua produzione di legname di conifera:
le stime parlano di una riduzione del 25/30
per cento nel periodo gennaio-marzo 2009
pari a un volume di 700.000 metri cubi.
Anche in Finlandia il primo trimestre dell’anno dovrebbe fare registrare un calo del 30
per cento. La Finnish Forest Industries
Federation ipotizza una diminuzione della
produzione di quasi un milione di mc di conifere. Dal canto suo, la Finnish Sawmills
Association (che rappresenta le segherie di
piccole dimensioni) si aspetta un -20 per
cento, mentre in Svezia la Swedish Forest
Industries Federation prevede che la produzione vada giù del 15 per cento (6/700.000
mc) rispetto al primo trimestre 2008.
In tale contesto sia le segherie sia i compratori si trovano in difficoltà a programmare
piani produttivi e di acquisto che vadano
oltre i primi tre mesi dell’anno, anche se non
è da escludere che la produzione di legname
di conifera possa aumentare nel secondo trimestre. In ogni caso, carte vincenti per le
segherie potranno essere la velocità con cui
saranno in grado di reagire ai primi segnali
di miglioramento del mercato, la flessibilità
del lavoro e i contratti di fornitura mediante
i quali le consegne dei tronchi potranno essere effettuate in breve tempo.
51 FEBBRAIO
news
Alieni verdi?
In Europa si contano oggi 5.789 specie di
piante aliene, di cui 2.843 totalmente
extraeuropee. Belgio, Regno Unito e
Repubblica Ceca sono le nazioni dove se
ne riscontra il maggior numero, mentre
Regno Unito (857), Germania (450),
Belgio (447) e Italia (440) sono quelle
nelle quali si è registrato il maggior
numero di piante acclimatate. Si contano
almeno 6 nuovi arrivi ogni anno, ma non
tutti trovano nelle 48 fra regioni e nazioni europee oggetti dello studio una
nuova e stabile dimora. E’ quanto emerge dal progetto Daisie (2004-2008), condotto nell’ambito del 6° Programma
Quadro e pubblicato dalla rivista ceca
Preslia. www.preslia.cz/P082Lam.pdf
Vasetti in pioppo
Listelli di sfogliato di pioppo fissati con
graffe metalliche formano la numerosa
famiglia di vasi per orticoltori, vivaisti e
settori parchi e arredo urbano degli enti
locali. Questi vasi risolvono il problema
di gestire la fine del ciclo di vita dei vasi
in materiale plastico e sono particolarmente adatti per la vendita al pubblico e
per lo stoccaggio e il trasporto da parte
degli operatori di piantine in fase di sviluppo e pronte per essere messe a
dimora. Il vaso si biodegrada dopo l’interramento, ma svolge le stesse funzioni
dei vasi monouso in materiale plastico. E’
proposto dalla ditta francese Green
Power Concept, specializzata in soluzioni per l’agricoltura sostenibile, il giardinaggio, il florovivaismo.
52 FEBBRAIO
Veloce
e flessibile
Appena 15 giorni di tempo per realizzare
un’info point per due delle numerose
manifestazioni che hanno animato Torino
capitale mondiale del Design per tutto il
2008: la sfida è stata vinta da 35 studenti
provenienti da 9 nazioni e tre differenti
università che si sono cimentati con la
flessibilità creativa ma soprattutto strutturale di un unico tipo di materiale: i listelli in legno 5 cm x 5 messi a disposizione
dalla Denaldi Legnami di Casale
Monferrato. L’installazione è stata sottoposta al giudizio di un panel internazionale di esperti.
Arte e natura
senza tempo
La ricerca costante dell’essenza nell’arte
ha portato lo scultore-pittore Mauro
Coccoluto a utilizzare forme semplificate
e lineari, al ritorno a un’immagine arcaica
e istintiva, primordiale, usando semplici
materiali quali i legni che si trovano sulle
spiagge o nei boschi. L’abbandono definitivo da parte dell’uomo, dopo averli utilizzati, ha permesso a questi oggetti di sviluppare una loro forma “essenziale”, scarna, privandoli del loro particolare uso per
cui erano stati creati; resta la forma di
contorno e un debole colore. “Riciclare
gli oggetti che l’uomo getta via perché
non più necessari al proprio bisogno
afferma Coccoluto - è una fonte inesauribile di forme, colori e idee che provengono dal loro utilizzo primario. L’uso che ne
faccio applicandoli sulle tele, oltre al piacere visivo, dovrebbe farci riflettere sullo
spreco delle risorse del nostro pianeta”.
www.macoart.com.
Complementi
d’arredo
Durevoli, resistenti, sicuri, naturali, atossici, riutilizzabili e divertenti: sono gli imballaggi in legno visti da un altro punto di
vista, quello dei tanti mammiferi e uccelli
presenti nel Bioparco di Roma.Al recinto
dei macachi giapponesi, il rocchetto per
cavi è uno dei passatempi preferiti dei più
piccoli che si divertono a irrobustire gli
arti e a imparare l’equilibrio. Ma tanti altri
ospiti del Bioparco apprezzano il packaging in legno come complemento d’arredo delle loro aree. Di imballaggi e più in
generale di legno hanno bisogno le tante
famiglie che abitano la grande struttura
romana; spesso, infatti, vanno rinnovati
perché consumati dai giochi e dalle intemperie. Saranno particolarmente gradite
donazioni, è il caso di dirlo,“in natura”.
La Fondazione Bioparco di Roma è
un’istituzione no profit che gestisce l’antico zoo e che coopera a livello internazionale per la conservazione delle specie a
rischio di estinzione. Tutti gli animali presenti nel parco sono nati e cresciuti in
cattività e provengono dalla collaborazione con altre strutture zoologiche o da
sequestri effettuati dalle forze dell’ordine
in caso di commercio o detenzione illegale. La vecchia concezione di zoo come un
“museo vivente”, ha lasciato il posto ha
due concetti fondamentali: l’educazione
ambientale e la conservazione delle specie minacciate di estinzione.
La Fondazione Bioparco ha sviluppato iniziative e progetti rivolti al sociale affrontando temi legati alla solidarietà e li ha
uniti all’alto valore emozionale del parco.
Sono stati realizzati in una parte del parco
un Centro di socializzazione per disabili
mentali adulti e un Centro Anziani.
Inoltre, è disponibile un per corso sensoriali e per non vedenti, che inizia all’ingresso del Bioparco e si snoda per 500
metri.
Il percorso è costituito da strutture tattili tridimensionali e pannelli in braille ed è
fruibile in totale autonomia grazie ad un
sistema combinato di corrimano in legno
e mattonelle tattili. Per informazioni e
donazioni: www.bioparco.it.
Una nuova segheria
Un nuovo impianto di segagione del legno è operativo dallo scorso 12 ottobre presso Barigazzi F.lli, dal
1962 attiva sul territorio parmense e oggi guidata da
Edo, Nadio, Cesare e Gianfranco Barigazzi, figli del
fondatore Gino. Partner tecnico per il nuovo impianto è Bongioanni, che ha installato una linea per lavorare dai 150 ai 180 metri cubi di legname in un turno
lavorativo di 8 ore. I tronchi che possono essere lavorati dall’impianto hanno lunghezze di 2,5 e 5 metri e un diametro massimo di uno.
L’investimento è particolarmente importante per un’azienda che produce annualmente un milione di pallet, con 30 dipendenti che operano su una superficie di 40mila mq
di cui 10mila coperti. Presente fin dal 1983 e cuore dell’azienda, l’impianto interno di
segheria permette quella flessibilità nei prodotti, nei tempi e nei costi che costituisce
il tratto caratteristico di Barigazzi. La nuova linea punta ad accrescere la competitività
e il livello di servizio dell’azienda parmense, che conferma così la vitalità e il rinnovamento costante dei produttori di pallet, anche in periodi di crisi.
Applausi
per CAST
Lo scorso 19 dicembre sono stati presentati all'Unione Europea i primi esiti del
Progetto CAST (acronimo per Contatto
Alimenti, Sicurezza, Tecnologia), frutto di
un accordo di collaborazione fra Istituto
Superiore di Sanità (il referente è la dottoressa Maria Rosaria Milana che ci ha
anticipato il felice esito della presentazione) e Istituto Italiano Imballaggio; il progetto intende costituire e attivare un
tavolo di lavoro per un confronto tecnico-scientifico operativo tra l’Istituto
Superiore di Sanità e le associazioni e
consorzi interessati al tema del food contact. Già nei primi giorni del nuovo anno,
sono arrivate le congratulazioni da parte
dei molti partecipanti che si sono dimostrati interessati al lavoro italiano. La dottoressa Annette Schaefer, funzionario DG
SANCO responsabile per la tematica, ha
chiesto input all’Istituto italiano sui punti
chiave e sui dubbi e la possibilità di ricevere bozze di documenti per una possibile linea guida europea.
Già dallo scorso anno Assoimballaggi
aveva aderito e sostenuto il progetto
CAST, con l’obiettivo finale di realizzare
strumenti per le aziende e formare il personale addetto a gestire problemi di contatto alimentare.
Non ci sorprende
Nominato il 2 giugno 2008, ha ricevuto
l’onorificenza lo scorso 15 ottobre a
Milano, alla presenza del sindaco di Milano
Letizia Moratti e dei rappresentanti delle
istituzioni: a Maurizio Ciani è stato conferito il titolo di Cavaliere al Merito della
Repubblica Italiana. Come ogni cavaliere,
Ciani ha corso ma anche “precorso”, perché spesso ha intuito in anticipo i problemi e le relative soluzioni. La capacità di
individuare gli elementi complessi di uno
scenario e tracciare una linea strategica
chiara, semplice e riconoscibile da tutti,
non è da tutti. Questo Maurizio Ciani l’ha
fatto e ha creato quel terreno fertile,
quell’ambiente adatto che ha permesso
ad altri imprenditori e dirigenti presenti
in associazione la possibilità di coltivare
ed esprimere un’analoga capacità e contribuire allo sviluppo delle imprese.
Consuntivo
del settore
Quanti imballaggi in legno si producono,
vendono e utilizzano ogni anno in Italia?
Quanto pesano importazioni ed esportazioni? Come si suddivide l’offerta per
macrotipologie di prodotti? Insomma,
quanto vale il nostro settore?
Fra poche settimane sarà disponibile un
rapporto analitico dettagliato sul comparto: a realizzarlo è stato l’Istituto
Italiano Imballaggio, al quale è stato affidato l’incarico dal CSLS, Assoimballaggi,
Rilegno, insieme all’ufficio studi di
Cosmit.
Partecipano allo studio anche i principali
pool privati (Chep, PRS, etc). Il progetto,
finanziato dal CSLS, colmerà una serie di
lacune sui dati del settore, finora coperte da stime abbastanza attendibili ma non
sufficienti a chiarire dinamiche reali del
mercato. L’Istituto Italiano Imballaggio
curerà anche gli aggiornamenti e le revisioni annuali.
Scendono i costi
Il consiglio direttivo del Consorzio
Servizi Legno-Sughero ha deliberato lo
scorso dicembre la riduzione del contributo annuale 2009 da 550 a 500 euro;
inoltre, l’importo delle 2 ispezioni di base
(per le aziende iscritte a un comitato tecnico del CSLS) scende da 810 a 700 euro
complessivi, la cui fatturazione non sarà
più effettuata dagli organismi ispettivi
(SGS e Bureau Veritas) ma direttamente
da CSLS. Il risparmio totale per il 2009 è
quindi di 160 euro. Si ricorda che le
aziende non iscritte a nessuno dei comitati tecnici e che vogliono usufruire dei
servizi generali del Consorzio, devono
corrispondere, oltre alla quota annuale di
500 euro, un supplemento di 300 euro.
53 FEBBRAIO
news
Insieme a carta
e cartone
Dopo quattro anni di lavoro si è concluso il progetto Sustainpack (www.sustainpack.com) che con una dote di 30 milioni di euro e 40 partner (centri di ricerca,
università e aziende) ha sondato le possibilità tecnologiche di rendere gli imballaggi cellulosici competitivi al pari delle
materie plastiche. Fra i protagonisti futuri di queste applicazioni saranno le nanotecnologie, i materiali compositi, le plastiche da fonti vegetali. Sustainpack apre
dunque la prospettiva concreta di un
ruolo da protagonisti a materiali che
condividono con il mondo degli imballaggi in legno la cellulosa, una risorsa
facilmente recuperabile e l’unica in grado
di sequestrare la CO2 grazie alle sue origini: gli alberi.
Questioni di umidità
È noto quanto l’umidità residua del legno
condizioni la sua resistenza alla rottura,
ma conoscere esattamente le prestazioni meccaniche in relazione al contenuto
idrico della fibra legnosa permette di stabilire la qualità del prodotto. Una ricerca
“intramontabile” perché sempre valida e
di estrema attualità è quella condotta 7
anni fa dai ricercatori CNR Paganini e
Pinna dell’Istituto per la Tecnologia del
Legno (www.ivalsa.cnr.it); lo studio evidenzia quanto sia l’incidenza di questo
fattore sulle prestazioni dei pallet EPAL:
per esempio, la sua resistenza alla flessione statica scende del 20% se l’umidità
residua passa dal 21,5% al 34%.
54 FEBBRAIO
Tornerà in tavola? Un ramo fiorito
Plastica di riciclo a contatto con gli alimenti: sull’onda del Regolamento
Comunitario 282/2008, che consente di
impiegare materie secondarie a contatto
con gli alimenti, una parte del mondo dei
trasformatori sollecita l’autorizzazione a
produrre materie plastiche di recupero
destinate al contatto alimentare. Presto
potrebbe quindi nascere, accanto al marchio di qualità “Plastica seconda vita”, di
proprietà di IPPR (Istituto per la
Promozione delle Plastiche da Riciclo), il
secondo marchio “Plastica seconda vita
food contact”, sempre nell’ambito dei
criteri del primo marchio che, a termini
di regolamento comunitario, già garantisce rintracciabilità e marcatura.
Quali soluzioni
per i container?
Una crescita annua costante dal 1990 ad
oggi del 10%; e negli ultimi 10 anni, dal
1998, questa crescita si è addirittura
quintuplicata. Investireste in un comparto
del genere? Ovviamente sì. E’ questo il
macrotrend del trasporto via container,
approfondito dall’articolo “Le merci
vanno in giro per il mondo” apparso a
pagina 4 del numero 2-2008 di TÜV SUD
Journal, l’house organ di TÜV Italia, ente
indipendente di certificazione ed ispezione presente in Italia dal 1987 ed appartenente al gruppo TÜV SÜD fondato nel
1866. Ben 114 sono stati i milioni di container veicolati lo scorso anno, con una
crescita del 50% dal 2004 della flotta
navale dedicata. Uno sviluppo così vertiginoso non può non richiamare l’attenzione dei produttori di imballaggi industriali, standard e su misura, e soprattutto dei produttori di bancali: interscambio,
trattamento ISPM 15, misure e profili che
facilitino le operazioni di carico e scarico,
che ottimizzino lo spazio utile del vano
sono tutte tematiche che saranno affrontate nel prossimo numero di E-Pack. Per
chi volesse approfondire l’argomento:
www.tuv.it/downloads/tuv_journal/TUV
_Journal_08_2.pdf
La scomparsa di Mauro Saviola, avvenuta lo
scorso 16 gennaio, richiede, secondo la consuetudine, il ricordo dell’impresa che ha creato
e dell’importanza che ha avuto per tutta la filiera del legno.Vogliamo qui ringraziare l’uomo, la
sua avventura umana, le sue passioni: lo facciamo con una delle poesie che ha riprodotto
nella parte più emotiva del sito www.grupposaviola.com , quella dedicata a La voce
dell’Albero e che vi invitiamo a visitare. La poesia, di Pablo Neruda, s’intitola Il Ramo Rubato.
Nella notte entreremo
a rubare
un ramo fiorito.
Passeremo il muro,
nelle tenebre del giardino altrui,
due ombre nell’ombra.
Ancora non se n’è andato l’inverno,
e il melo appare
trasformato d’improvviso
in cascata di stelle odorose.
Nella notte entreremo
Fino al suo tremulo firmamento,
e le tue piccole mani e le mie
ruberanno le stelle.
E cautamente,
nella nostra casa,
nella notte e nell’ombra,
entrerà con i tuoi passi
il silenzioso passo del profumo
e con i piedi stellati
il corpo chiaro della Primavera.
Fra pochi giorni è primavera: è il tempo che
rinnova la vita, che permette all’energia contenuta in ogni essere vivente di ricreare. Per una
volta non siamo noi a ricordare Mauro Saviola,
ma è la sua esistenza che ci ricorda e ci invita
a proseguire il ciclo. Il suo invito è quello di far
entrare nella nostra vita quel “silenzioso passo
del profumo e con i piedi stellati il corpo chiaro della Primavera”. Significa non aver paura di
affrontare le tenebre, le difficoltà della vita, gli
ostacoli quotidiani oppure improvvisi, ma
lasciarsi sospingere dal desiderio, dalla passione, dal richiamo ineludibile della bellezza e della
genesi continua della vita: che poi questo
coraggio prenda la forma di un’impresa piccola
o grande che sia, che quest’impresa si chiami
azienda o famiglia non importa. Importante è
uscire dalla notte, e nella notte, per cercare la
vita, fidandosi che il nostro piccolo grande
sogno, coltivato come un piccolo germoglio
dentro ognuno di noi, possa diventare realtà.A
Mauro Saviola, che anche oggi ha superato la
paura della notte per entrare nella luce.
Chiusure “light”
E’ il migliore, non solo per la qualità del vino, per il prestigio delle marche dei produttori, per il fascino e la ritualità legata al gesto di aprire una bottiglia: è migliore anche
per l’impatto ambientale. Corticeira Amorim ha commissionato a Pricewaterhouse
Coopers una LCA del tappo in sughero rispetto a
soluzioni in plastica e alluminio. I risultati (completi all’indirizzo www.corkfacts.com) non hanno
bisogno di commenti, come si evince da una delle
principali tabelle sintetiche di raffronto. E ora il
gruppo Amorim e il mondo dei tappi in sughero
aspettano la risposta dai materiali concorrenti.
FLA in Argentina
Dal 24 al 29 novembre scorso si è svolta una missione esplorativa Federlegno-Arredo
in Argentina, a seguito della visita istituzionale dell’ex presidente Snaidero a Buenos
Aires del febbraio 2008. La missione si è svolta in collaborazione con ICE – Istituto
Nazionale per il Commercio Estero – e con FAIMA – Federazione Argentina omologa
di Federlegno-Arredo – e con le proprie Camere Regionali. Sono state visitate oltre
20 tra imprese organizzate e “pronte per l’esportazione” e associazioni e la delegazione di Federlegno-Arredo guidata dal Cosimo Messina – membro della Giunta della
Federazione - è stata anche invitata a prendere parte ai lavori del Congresso annuale
della FAIMA. Obiettivo era verificare: 1) disponibilità di materia prima/semilavorati di
buona qualità e possibilità di approvvigionamento; 2) strutture produttive e loro volontà di cooperare con imprese italiane per sviluppare eventuali joint-venture produttive
e distributive; 3) esistenza di associazioni tipo Federlegno-Arredo per sviluppare collaborazioni. La disponibilità di materia prima è notevole: 1,2 milioni di ettari di boschi
coltivati a pino (54%), eucaliptus (32%), salice (11%) e altre specie. Si è potuto toccare
con mano la realtà produttiva locale nell’area del delta del Paranà (con una discreta
disponibilità di pioppo e produzione di imballaggi ortofrutticoli) e dell’alto Paranà (con
abbondante disponibilità di pino taeda e produzione di segati, elementi per pallet, cornici, rivestimenti in legno, pannelli tipo finger joint). Molto limitate invece le possibilità
di approvvigionamento di specie native pregiate. Gli ostacoli principali all’avvio di relazioni commerciali stabili sono di tipo logistico e di gamma limitata di prodotti disponibili. Nel corso dei contatti avviati con le locali associazioni imprenditoriali si è discussa la possibilità di organizzare incontri tra imprese italiane ed argentine nell’ambito di
manifestazioni fieristiche specializzate.
Controlli ok
A partire dall'anno appena trascorso il Consorzio Servizi Legno-Sughero intende
monitorare l’attività svolta dagli enti di ispezione incaricati attraverso il grado di soddisfazione dei propri consorziati. E' stato richiesto a tutti i consorziati di compilare
volontariamente una scheda di valutazione appositamente predisposta, nella quale si
chiedevano giudizi in merito alla professionalità, alla cortesia e disponibilità del personale incaricato, alla chiarezza delle informazioni ricevute e infine un giudizio complessivo sugli enti incaricati per le visite ispettive FITOK. Lusinghieri i risultati ottenuti da entrambe le società ispettive, SGS Italia e Bureau Veritas Italia: su 236 schede di
valutazione pervenute, l'85% dei consorziati si dichiara complessivamente soddisfatto
dell'operato delle società incaricate sia in termini di professionalità sia di valore
aggiunto ottenuto. Anche per il 2009 il Consorzio Servizi Legno Sughero affiderà le
visite ispettive FITOK alle stesse società incaricate negli anni precedenti.
Ricette anti crisi
“Oltre la crisi: modernizzare il Paese” è il
titolo del convegno annuale, organizzato
da Indicod-Ecr lo scorso 28 gennaio a
Milano. Di particolare interesse, alcuni
esiti della ricerca dell’istituto SPO per
conto di Indicod-Ecr che aveva come
obiettivo l’analisi delle percezioni dei
consumatori rispetto al livello di modernità del paese e dei suoi principali attori
(banche e assicurazioni, sistema sanitario,
grandi imprese, grande distribuzione
organizzata). Ne è emerso un Paese individualisticamente moderno, dove dal singolo cittadino all’impresa si vive una sensazione come quella “di un artigiano che
ha molte idee, anche innovative, ma che
non riesce a realizzare”: se da un lato,
dunque, l’italiano ha grande fiducia nella
modernità individuale, scarsa o nulla è
quella nella modernità del sistema-paese.
Modernità che viene legata certamente a
concetti come l’innovazione e la tecnologia, ma ancora di più alla sua sostenibilità
(sociale ed ambientale) ed eticità.
Jacques Attali, economista, ha sostenuto
che per andare oltre la crisi, tre sono i
percorsi necessari: la crescita demografica (“senza figli e senza nipoti, non vi è
alcun interesse per la modernità e l’innovazione”), lo sviluppo tecnologico sostenibile e la stabilità politica e finanziaria.
Come sono tre anche le riforme che
Attali ritiene indispensabili per “sopravvivere” ed uscire dalla crisi: massimizzazione dell’economia della conoscenza (istruzione di base, formazione continua e
ricerca); mobilità e trasparenza nelle attività produttive, economiche e finanziarie,
indipendentemente dal contesto o dal
ceto sociale di provenienza degli individui; governance basata su efficienza, trasparenza e riduzione della burocrazia
nell’ottica di elaborazione di una visione
ed una strategia a lungo termine, chiara e
credibile, tanto a livello di istituzioni
quanto di imprese e singoli cittadini.
www.indicod-ecr.it/modernizzare
55 FEBBRAIO
news
Una scultura
per Magni
La scultura realizzata dall’artista
Ferdinando Codognotto e dedicata a
Maurizio Magni accoglie i visitatori della
nuova biblioteca dedicata al collega
recentemente scomparso e che raccoglie una piccola parte del lavoro della sua
vita: quello di selezione e valorizzazione
di un’ampia bibliografia dedicata al
mondo del legno. Nella targa di dedica,
queste parole: L’albero di Olivo, simbolo
di natura e pace (e anche nutrizione
legata al buongustaio Maurizio). La cornucopia, che si sprigiona dalle radici dell’albero, segno di abbondanza, di fantasia
di Magni. Simbologie che escono dalla
cornucopia: compasso per disegnare la
quotidianità; bottiglia, buongustaio di
vini; la squadra; la lampadina delle idee;
parole, la sua dialettica negli incontri;
ingranaggi, che rappresentano il nostro
momento tecnologico e rapporto con il
mondo telematico; il gufo rappresenta la
sua saggezza (con affetto, F. Codognotto,
scultore).
Stop al BM
A seguito della Decisione della
Comunità Europea del 18 settembre
scorso relativa all'utilizzo del bromuro di
metile come prodotto destinato alla
protezione delle piante, a partire dalla
data della decisione si hanno 18 mesi di
tempo per il suo impiego e ne consegue
che alla data del 18 marzo 2010 non ne
sarà più consentito l'utilizzo per gli scopi
previsti. Sul prossimo numero di E-Pack
sarà pubblicato un approfondimento sul
tema.
56 FEBBRAIO
Tre nuovi
comitati
Nel corso del 2009 il Consorzio Servizi
Legno-Sughero avvierà la costituzione di
tre nuovi comitati tecnici dedicati a tre
aree scoperte e sensibili dell’imballaggio
in legno: il primo progetto, avviato in collaborazione con Fedecomlegno, porterà a
creare un marchio di qualità tecnica relativo al legname di origine legale. Alla prevenzione nel produrre rifiuti da imballaggio e alla preparazione al riutilizzo nell’ambito del sistema EPAL saranno dedicate le attività di un secondo comitato,
mentre il terzo implementerà un nascente progetto di qualificazione dell’imballaggio industriale.
RFID al banco
di prova
Proseguirà nel corso del 2009 la sperimentazione di RFID Logistics Pilot, il progetto lanciato nel 2007 dal Laboratorio
RFID dell’Università degli Studi di Parma,
che ha presentato a ottobre scorso i
primi risultati di test sull’applicazione di
questa tecnologia e del sistema Electronic
Product Code (EPC) lungo una catena di
fornitura reale e sulla verifica dei benefici
derivanti. Nel corso di quest’anno si cercherà di studiare differenti risultati e vantaggi estendendo a una catena di fornitura più complessa il prototipo sperimentato nei 5 mesi del 2008; in quel periodo
erano stati considerati un solo tipo di
prodotto, produttore, distributore e due
punti di vendita. Nella prima fase del progetto erano stati coinvolti 12mila cartoni
su 800 pallet; incoraggianti sono stati i
primi risultati (86% di pallet riconosciuti
in automatico, riduzione del 68% dei
tempi di controllo presso il produttore,
riduzione dell’80% dei tempi di ricevimento e presa in carico presso il centro distributivo). Il progetto RFID Logistics Pilot si
distingue dai numerosi in corso per il
coinvolgimento interprofessionale e la
condivisione non solo sui costi ma anche
su scelte progettuali, esperienza portata
in dote e sviluppata, elaborazione della
metodologia di lavoro.
Per i nuovi
EPAL...
Si ricorda che sono modificate, come da
decisione del board EPAL dell’estate
2008, le condizioni (procedure) per l’autorizzazione alla produzione dei nuovi tipi
pallet piani EPAL (EUR1, EUR 2, EUR3, e
EUR 6) secondo le modalità di seguito
indicate: un’azienda che sia già in possesso di regolare autorizzazione per la produzione dei pallet piani 800x1.200 mm, ha
immediatamente il diritto di produrre, a
livello 1, i nuovi tipi di pallet EUR 2
(1.200x1.000 mm), EUR 3 (1.000x1.200
mm) ed EUR 6 (800x600 mm). Nel caso
in cui il primo controllo del lotto da parte
della società di controllo abbia esito positivo, il produttore è autorizzato a produrre quel determinato tipo di pallet secondo il livello per il quale è già autorizzato a
produrre i pallet EPAL 800x1.200. Si
ricorda anche che a partire dal 1 ottobre
2008 il prezzo per le graffe di controllo
EPAL è stato aumentato, sempre per decisione del board, da 8,00 euro a 9.00 euro
ogni 1.000 pezzi acquistati.
Al via i corsi
PALOK ’09
Sì è tenuto lo scorso 26 gennaio a Viadana
il primo corso 2009 per l’implementazione del progetto PALOK; i prossimi appuntamenti sono per il 27 aprile, alle 14.30, e
lunedì 28 settembre, alla stessa ora. La
partecipazione al corso di formazione è
parte integrante della procedura per
ottenere l’accreditamento al nuovo marchio voluto da Assoimballaggi e CSLS, e
gestito da quest’ultimo attraverso apposito comitato tecnico, per colmare il vuoto
normativo riferito alla portata (carico
nominale) sui pallet riutilizzabili e monouso non rientranti in marchi di qualità tecnica. Si ricorda che il marchio è volontario; per ottenerlo, occorrono requisiti
associativi, tecnici e prove di laboratorio
condotte presso CRIL. L’accettazione
della domanda di accreditamento è gestita direttamente da CSLS. Il nuovo marchio ha debuttato a Ecomondo presso
l’area ricerca e sviluppo allestita da Conai,
accanto al suo stand istituzionale, lo scorso mese di novembre a Rimini.
Secal: sistemi all’avanguardia
per l’essiccazione
e il trattamento fitosanitario
di imballaggi in legno e pallet
L
a Secal è conosciuta e apprezzata in tutto il
mondo per la produzione di essiccatoi per legno
di massima qualità e si pone al top tra i costruttori europei. La produzione avviene all’interno del
proprio stabilimento a Resana (Treviso) da cui
escono impianti con un progetto originale, collaudati e con un’elettronica installata ormai in oltre
2.000 impianti in tutto il mondo. La Secal, sempre
attenta ai problemi di risparmio energetico e ai
tempi di essiccazione, diventati in questi tempi di
crisi economica ancora più importanti per garantire risultati eccellenti, propone diverse ed originali soluzioni, tra le quali:
1) Il concetto costruttivo della cella Secal e del
suo isolamento permette di ridurre al minimo le
dispersioni di calore e di garantire una lunga vita
alla struttura nel suo insieme.
2) I ventilatori in lega d’alluminio, 100% reversibili, hanno massimi e uguali rendimenti in entrambi
i sensi di rotazione e ad ogni regime di giri.
3) Il sistema di umidificazione a doppia linea di
spruzzaggio, che collegato al flusso di ventilazione,
permette di ottenere il più idoneo regime igrometrico in entrambe le direzioni di rotazione dei
ventilatori.
4) L’utilizzo di inverter per comandare i ventilatori, permette di ridurre il consumo di energia elettrica e, collegato a una stazione climatica SECAL
(composta da 2 anemometri), assicura risparmi
energetici medi del 30% e in alcuni casi particolari, anche del 50%.
5) Le funzioni Advanced Drying permettono di
stimare il tempo residuo di essiccazione, la data di
fine processo e di condurre un’essiccazione assistita e di gestire i costi energetici.
schede
6) Il sistema di conduzione e controllo Secal Plus
3000, di propria elaborazione, è il più avanzato
presente oggi sul mercato ed è in grado di soddisfare qualunque esigenza dell’operatore per qualunque tipo di essiccazione.
Il sistema Plus 3000, collegato al P.C. industriale
touch screen e gestito dal software Epl
Supervisor, rende l’impianto estremamente versatile e permette il controllo remoto di tutte le sue
funzioni, la modifica dei parametri e la ricezione di
aggiornamenti software.Via GSM il computer può
essere collegato a un telefono cellulare per l’invio
di messaggi di tipo SMS per segnalare allarmi o
altre informazioni relative ad ogni singola cella.
La Secal propone anche le celle per il trattamento termico secondo lo standard ISPM-15, un’importante normativa FAO (Food and Agricolture
Organisation) per la regolamentazione delle
misure fitosanitarie da applicare agli imballi in
legno e ai pallet, nel commercio internazionale.
La Secal ha sviluppato proprie esclusive tecnologie e ha messo a punto un proprio software dedicato, attenendosi scrupolosamente alle direttive
FAO. In particolare le soluzioni adottate per l’automatismo di controllo e gestione, per la verifica
della taratura delle sonde, per il banco prova, per
le sonde stesse, e per la registrazione e archiviazione dei dati e per la manualistica a corredo
sono, senza dubbio, oggi le più tecnologicamente
avanzate reperibili sul mercato. Gli impianti possono svolgere la funzione di solo trattamento
fitosanitario dei pallet e degli imballaggi in legno,
oppure quella combinata essiccazione/trattamento con sistemi a bruciatore diretto o tradizionali
con caldaia.
57 FEBBRAIO
marchi & marketing
Sistema Epal: responsabilità
e costi da condividere
EPAL è un marchio internazionale di qualità pre-
sente nell’Unione Europea (25 + 2 paesi extra
UE), USA, Cina, India e Australia, gestito
dall’European Pallet Association.
Complessivamente annovera 1.300 aziende
omologate, che riforniscono i mercati di oltre 65
milioni di bancali nuovi ogni anno e ne riparano
oltre 15 milioni. L’European Pallet Association
coopera con le amministrazioni centrali e locali
degli stati membri affinché sia riconosciuto e
rispettato il valore del marchio EPAL, in forza del
beneficio ambientale ed economico a favore, in
modo diretto, delle imprese e, in modo indiretto,
delle comunità locali e dei consumatori finali.
, il marchio internazionale di qualità dei
bancali in legno più diffuso in Europa, invita tutti
gli operatori economici (produttori, imprese di
logistica, distribuzione all’ingrosso e al dettaglio)
ad avvalersi, per acquisti ed eventuali riparazioni
di bancali, unicamente di aziende omologate ed
autorizzate da EPAL stesso. A tal fine, in Italia
opera il Comitato Tecnico EPAL Italia (tramite il
CSLS Consorzio Servizi Legno-Sughero di
Federlegno-Arredo) cui la European Pallet
Association conferisce la titolarità nel rilascio
delle licenze e nel controllo del mercato: la rete
di produttori e riparatori possessori di licenza
epal copre tutte le provincie italiane (i nominativi di tali aziende sono disponibili all’indirizzo web
www.legnosughero.info).
58 FEBBRAIO
“Per gli acquirenti – spiegano dal Comitato
Tecnico EPAL Italia - il minor costo per compravendite e riparazioni effettuate presso operatori
non omologati EPAL, è legato a bancali provenienti da attività del tutto illecite (come furti,
ricettazione e, per la riparazione, il ricorso a
componenti di qualità inferiore, e perciò meno
costosi). Per le aziende che ritengono meno oneroso rivolgersi ad operatori non omologati, in
realtà, il vantaggio è fittizio ed espone a rischi
civili e penali da non sottovalutare”.
Oltre a considerare l’eventualità di incorrere nei
reati di incauto acquisto (Art. 712 c.p.) o ricettazione (Art. 648 c.p.), l’approvvigionarsi presso
aziende non autorizzate EPAL non garantisce che
i bancali, acquistati attraverso questi circuiti illeciti, rispondano a quei requisiti tecnici di portata
fondamentali per la sicurezza di merci e persone
durante l’uso del bancale stesso.
Il minor costo praticato dagli operatori non
omologati, rispetto a quello delle imprese omologate è, in realtà, solo apparente e genera una
serie di costi aggiuntivi (di seguito riportati) che
vengono poi “scaricati” sulla collettività lungo
tutta la catena di fornitura.
1) EPAL è un sistema di interscambio che si basa
sull’acquisto di bancali da parte del primo utilizzatore, che ne resta il proprietario e che li utilizza nell’ambito delle sue transazioni commerciali:
questi si garantisce, poi, la disponibilità di un
quantitativo di bancali equivalente, grazie alle
restituzioni da parte dei propri clienti e fornitori
che condividono il sistema e accettano di restituire i bancali in numero e qualità del tutto paragonabili a quelli ricevuti. L’acquisto e la riparazione di bancali a marchio Epal effettuato presso
operatori non autorizzati, genera di fatto un doppio costo al primo utilizzatore che, costretto a
reintegrare le differenze, riversa il costo aggiuntivo in quello delle merci, condividendolo con logistiche, distributori e consumatori finali.
2) Il sistema di interscambio EPAL si basa su principi di sostenibilità ambientale: la struttura del
bancale, infatti, è progettata per il suo riutilizzo (i
pallet a marchio EPAL non sono monouso, ossia
“a perdere”) e la possibilità di ripararlo; inoltre è
prodotto con materia prima rinnovabile (legno).
Acquisti e riparazioni effettuate presso operatori non omologati comportano, dunque, un doppio prelievo di risorse, eludono il contributo
ambientale CONAI e, infine, riducono l’impegno
della collettività a favore di sistemi riutilizzabili a
basso impatto ambientale.
3) Il ricorso a bancali a marchio Epal provenienti
da aziende non autorizzate espone fortemente
al rischio di incidenti a merci e persone; in caso
di acquisto incauto, evidentemente, non è possibile garantire le prestazioni tecniche previste dai
relativi documenti tecnici e garantite dagli operatori omologati. La conseguenza più immediata è
la perdita della possibilità di controllo della sicurezza per gli operatori (magazzinieri, carrellisti,
autotrasportatori, addetti ai rifornimenti, etc). I
danni a merci e persone producono, inoltre, un
costo diretto per le imprese e indiretto per la
collettività.
“Invitiamo pertanto tutti i responsabili acquisti
delle aziende italiane – precisano dal Comitato
Tecnico EPAL Italia – a verificare sempre l’omologazione dei propri fornitori e, in ogni caso, a
considerare attentamente non solo i rischi, ma
soprattutto i costi in termini relativi, e non assoluti, legati all’acquisto presso aziende non autorizzate”.
IL MERCATO ITALIANO
DEI BANCALI IN LEGNO
VOLUME (116,8 milioni di unità totali)
Nuovi, sia rendere sia a perdere
70 milioni di unità non EPAL
9 milioni di unità EPAL
Usati e/o riparati
35 milioni di unità non EPAL
2,8 milioni di unità EPAL
VALORE
(918 milioni di euro totali)
578 milioni di euro (pallet EPAL nuovi e usati
+ riparati non EPAL)
340 milioni di euro (pallet EPAL nuovi
+ riparazioni EPAL)
Operatori EPAL: 52 produttori e 129 riparatori
Parco bancali EPAL circolante in Italia:
50 milioni di unità
Aggiornamento: novembre 2008
59 FEBBRAIO
sicurezza
Messina al ministro Sacconi:
la sicurezza è prioritaria
Milano, 11 Dicembre 2008
Prot. n.1603 .08.RM\SC\rp
Egregio On.le
Maurizio Sacconi
Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche
Sociali
e p.c:
Egregio On.le Claudio Scajola - Ministro dello
Sviluppo Economico
Ministero dello Sviluppo Economico
Egregio On.le Luca Zaia – Ministro delle Politiche
Agricole e Forestali
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
Oggetto: SICUREZZA SUL LAVORO
Ill.mo Signor Ministro,
la Federazione che rappresento, aderente a
Confindustria, raggruppa tutte le imprese della filiera
industriale che va dalla lavorazione della materia
prima del legno, sino alla realizzazione dei prodotti
in legno per l’arredamento, l’edilizia e l’imballaggio.
All’interno di Federlegno-Arredo sono poi numerose le
strutture che si occupano specificamente del settore
degli imballaggi in legno – tra cui l’associazione
Assoimballaggi ed il Consorzio Servizi Legno Sughero
– ed in particolare dei pallet in legno, oggetto della
presente comunicazione.
60 FEBBRAIO
Come è noto, il pallet in legno è uno strumento logistico fondamentale, universalmente utilizzato e capillarmente diffuso, ma anche e soprattutto uno strumento di lavoro, in quanto presente in moltissimi luoghi di lavoro (magazzini, depositi, centri di raccolta,
ecc.) riferibili ai settori della grande distribuzione,
della produzione, della logistica, del trasporto e così
via.
Strumento - come detto - fondamentale, ma che pure
rappresenta un potenziale ed elevato rischio per i
lavoratori che ne fanno utilizzo, ove non possieda le
necessarie caratteristiche tecniche minime che ne
garantiscano la sicurezza.
In particolare, questo problema riguarda il cd. pallet
“bianco a perdere” (definito anche spesso pallet
“one-way” ovvero, teoricamente, monouso), che non è
soggetto a specifico capitolato costruttivo e non reca
alcuna marchiatura di qualità.
Spinte dalla esasperata (e spesso illecita) concorrenza – ma soprattutto dalla crisi imperante e dallo
scarso potere contrattuale nei confronti degli acquirenti, perlopiù grandi gruppi, industrie ed imprese di
trasporti – le imprese produttrici di pallet tendono a
realizzare prodotti di nuova fabbricazione che non
garantiscono la portata e la durata, pur esistendo
numerose norme tecniche uniformi (UNI, EN, ISO
eccetera) che definiscono le caratteristiche minime di
un pallet prodotto e riparato a regola d’arte.
Accade, quindi, che in tutti i luoghi di lavoro circolano
per la maggior parte pallet bianchi nuovi privi delle
seppur minime garanzie di sicurezza, con la conseguenza del verificarsi di numerosissimi incidenti sul
lavoro dovuti all’errata utilizzazione e/o alla rottura
improvvisa dei pallet su cui spesso circolano merci
pesanti e/o pericolose.
Il Consorzio Servizi Legno-Sughero sopra citato ha
dato avvio ad un progetto per la concessione a titolo
gratuito, alle imprese interessate, di licenze del marchio ‘PALOK’, che prevede di sottoporre i pallet a
prove di laboratorio sulla portata. Il nome del produttore, la tipologia del pallet, la data di produzione e la
portata verrebbero marchiati sui pallet stessi garantendone così la sicurezza quando utilizzati nei luoghi
di lavoro.
Ma vi è di più.
Il problema si aggrava, infatti, considerando che nel
complesso delle movimentazioni effettuate - e quindi
tutte le volte che sui luoghi di lavoro viene fatto utilizzo di un pallet - la stragrande maggioranza dei
casi non riguarda pallet di nuova fabbricazione, ma
pallet già usati in precedenza, siano essi o meno stati
riparati.
Trattandosi di prodotti usati, riparati e/o selezionati
da operatori non qualificati o che operano in “mercati paralleli” (allego lettera già inviata su questo tema
ai suoi illustrissimi colleghi e una rassegna stampa sul
tema), le garanzie di sicurezza sono ancora inferiori.
I pallet bianchi a perdere - pur esistendo, ripeto, una
norma tecnica di riferimento (UNI EN ISO 18613
“Riparazione dei pallet piatti di legno”) che ne disciplina le corrette modalità di riparazione - vengono di
fatto riparati in modo non corretto e assai pericoloso.
La circolazione di pallet realizzati, riparati e movimentati a regola d’arte conseguirebbe l’obiettivo di
assicurare a tutti i lavoratori condizioni e strumenti
operativi sicuri, evitando il verificarsi di incidenti, troppo spesso con esiti gravi.
tura obbligatoria - finalizzati ad una corretta tracciabilità.
D’altra parte, richiamo la Sua cortese attenzione sul
fatto che in Europa è obbligatoria analoga certificazione per i carrelli elevatori nuovi, oltre che l’effettuazione di una perizia tecnica annuale per la verifica
della portata e delle condizioni generali.
Ebbene, come noto i pallet non rappresentano altro
che una naturale “estensione meccanica” dei carrelli
elevatori nella movimentazione di merci, per cui
sarebbe uno sforzo vano ottenere sicurezza da carrelli elevatori sicuri che utilizzano pallet altamente
rischiosi.
È, infine, nostra cura metterLa a conoscenza del fatto
che il problema della sicurezza è ulteriormente
aggravato dall’esistenza di traffici e mercati illeciti nel
settore in questione ed incontra la preoccupazione di
altre importanti associazioni di settore (allego lettera
già inviata da Fedit).
Credo, quindi, che un provvedimento normativo in
questa direzione possa concretamente contribuire a
limitare il numero di infortuni sul lavoro, pur senza
gravare in alcun modo sul Bilancio dello Stato o delle
Amministrazioni.
L’attività di Federlegno-Arredo è da anni tesa a
garantire alle proprie imprese un corretto e sicuro
svolgimento delle attività imprenditoriali nell’interesse
comune a tutti di una maggiore sicurezza sul lavoro.
Ove ritenga opportuno, Onorevole Ministro, approfondire le argomentazioni esposte la scrivente
Federazione è a Sua completa disposizione, per la
formazione di un tavolo di lavoro e l’individuazione di
appropriate soluzioni.
Grato dell’attenzione che sarà riservata alla presente,Vi porgo frattanto i miei più cordiali saluti.
Rosario Messina
Presidente Federlegno-Arredo
Porto alla Sua rispettosa attenzione, solo a titolo di
esempio, i ritagli di stampa allegati, riguardanti un
caso di morte “bianca” e un ferito grave solo nelle
ultime settimane.
Questa, purtroppo, la tragica situazione.
Per questi motivi chiedo a Lei, Onorevole Ministro, di
valutare quantomeno l’opportunità, attraverso i competenti organi tecnici, che venga istituito l’obbligo di
certificazione di portata per i pallet e, inoltre, un
sistema di identificazione - anche tramite la marchia61 FEBBRAIO
L’ISPM 15 entrerà in vigore
anche negli scambi intra UE?
sicurezza
Trattare o non trattare, questo è il problema. Se
http://nematode.unl.edu
www.unipd.it/esterni/wwwfitfo/bursaphelenchus.htm
62 FEBBRAIO
sia meglio affrontare una revisione normativa
dell’ISPM 15, un aumento dei tempi di produzione e dei processi di lavorazione degli imballaggi in
legno, un aumento dei costi, un sovraccarico
gestionale di tipo documentale, oppure intervenire in modo mirato sul problema, grazie a un
coordinamento degli sforzi fra organismi, istituzioni pubbliche e associazioni di categoria.
Il recente caso del “nematode del pino” che dal
Portogallo ha minacciato le foreste di molti paesi
europei accende gli animi e i forni, nonché gli
appetiti di chi produce pallet in plastica. Di fronte a due emergenze (la Commissione Europea e
il Comitato Tecnico Europeo per la Protezione
delle Piante potrebbero legiferare in materia in
tempi relativamente brevi e imporre decisioni
non condivise; il nematode del pino ma anche
altri parassiti potrebbero creare nuovi “casus
belli”) le associazioni e gli organismi europei
lavorano su due fronti: ricerca di tecnologie di
trattamento sostenibili (per l’ambiente e i costi)
e maggiore coordinamento. L’obiettivo condivisibile è infatti puntare alla semplificazione salvaguardando l’aspetto economico e la libera circolazione delle merci.Tuttavia, si intravvede all’orizzonte (un orizzonte temporale per fortuna
lungo) la progressiva tendenza a sottoporre a
trattamenti a prescindere dall’esportazione continentale (vedi le consultazioni fra CFIA canadese e APHIS americana). Ecco gli antefatti, che
spiegano e illuminano circa le possibili evoluzioni
a breve.
Lo scorso 19 agosto 2008 una decisione della
Commissione dell’UE ha modificato una precedente decisione (tecnicamente la 2006/133/CE)
in relazione alle misure supplementari da adottare contro la propagazione del parassita
Bursaphelencus xylophilus, meglio conosciuto
come ‘nematode del pino’; infatti, in alcune regioni del Portogallo era accaduto che si fosse diffusa l’infestazione, ma che le misure adottate in
conformità ai regolamenti vigenti si fossero rivelate insufficienti a contenere o eliminare il problema. Il rischio era quello che in assenza di misure straordinarie, l’infestazione raggiungesse indirettamente, tramite l’esportazione di manufatti in
legno, altre regioni europee. A questo scopo la
decisione dello scorso agosto introduceva l’obbligo di passaporto delle piante (direttiva
92/105/CEE) previe ispezioni regolamentari o il
marchio ISPM15 attestante i trattamenti termici
fitosanitari previsti dalla normativa FAO per
un’ampia serie di piante, semilavorati e prodotti
finiti provenienti dalle zone delimitate.
Il Portogallo si faceva garante dell’applicazione di
questa decisione, che restava in vigore fino a successiva revisione del piano di sorveglianza. Erano,
e sono tuttora, coinvolti da questa modifica
paglioli, distanziatori, supporti, casse, scatole, cassette, fusti e bobine, pallet, pallet a casse e piattaforme in genere.Addirittura, si verificò il caso di
un imballaggio industriale marchiato ISPM15 ma
sul quale furono trovati ben 22 esemplari di tale
insetto, segno che alcuni componenti non erano
stati sottoposti a trattamento.
A neanche un mese dai fatti, in occasione della VI
conferenza del Gruppo di Ricerca Internazionale www.forestry-quarantine.org
sulla Quarantena Fitosanitaria (IFQRG), tenutosi
a Roma dal 15 al 19 settembre 2008, è stata presentata la proposta di inserire nellISPM 15 il trattamento con fluoruro di solforile e a microonde
come tecnologie riconosciute: la decisione definitiva su questa proposta, che potrebbe aprire
nuove opportunità in termini di sicurezza e costi
su eventuali trattamenti per merci scambiate
dentro l’Unione Europea, arriverà non prima di
aprile prossimo, quando saranno ratificate le
decisioni dell’IFQRG.
Proprio in quel periodo, mentre Cuba annunciava di voler implementare il regolamento FAO
dall’1 ottobre 2008 e Taiwan dall’1 gennaio 2009,
la CFIA canadese e la APHIS americana iniziavano le consultazioni per decidere se eliminare
l’esenzione di trattamento per piante e manufatti in legno importati ed esportati fra Canada e
Stati Uniti.
Nel frattempo lo scorso autunno, su proposta di
Brepal, il Comitato Tecnico nazionale britannico e
irlandese, il board di EPAL ha convenuto di
affrontare il problema nel comitato esecutivo
EPAL tenutosi lo scorso 13-14 gennaio: in quella
sede sono state prese due decisioni: a partire dal
1° gennaio 2010, se la commissione europea
dovesse rendere obbligatorio il trattamento
ISPM 15 ed anche l’essiccazione, il comitato tecnico interno adotterà immediatamente il dettato
modificando il Regolamento Tecnico EPAL in tal
senso. Nel frattempo, però, la possibilità che si
renda obbligatoria anche l’essiccazione (la possibilità!) preoccupa diversi paesi europei. Di que-
www.fefpeb.eu
sto e di altri aspetti legati alla questione fitosanitaria in EPAL potrebbe occuparsene un apposito
comitato tecnico, la cui costituzione è tuttavia
ancora al vaglio del board stesso.Anche se l’ultima decisione di UIC, elaborata il 10 dicembre
scorso, sembrerebbe sorpassare qualsiasi decisione in merito ai soli pallet EPAL. L’Unione si è
espressa, a maggioranza, a favore di una direttiva
obbligatoria sullo standard ISPM-15 riguardante
tutti i pallet EUR prodotti, a partire dal 1° gennaio 2010. Con questa decisione l’UIC ha preceduto la probabile decisione dei Comitati
dell’Unione Europea, di introdurre lo standard
anche a livello europeo. Contemporaneamente si
è voluto prevenire l’eventuale insorgenza di un
danno a carico dei pallet, a causa di un comportamento troppo esitante del Gruppo di lavoro
UIC responsabile. Si invita, dunque, EPAL a verificare se i propri licenziatari, nella fase di produzione, siano pienamente conformi allo standard
ISPM-15 e che sia sicuro che il materiale acquistato per la produzione dei pallet sia conforme
al suddetto standard. Qualora le verifiche succitate non diano esito positivo, si renderà necessario il ritiro immediato della licenza di produzione
per i pallet EUR.
Sempre ad autunno inoltrato FEPEB , in occasione di un board tenutosi a Parigi lo scorso 17
novembre, ha concordato con i rappresentanti
una posizione comune sul problema: disponibilità
a recepire un dettato normativo comunitario ma
soltanto se saranno attentamente considerati: a)
i valori legati all’estensione reale del fenomeno
nato in Portogallo e le soluzioni effettivamente
congruenti a debellarlo b) il rafforzamento della
collaborazione fra l’industria del settore e le
autorità forestali per armonizzare e ottimizzare il
lavoro degli organismi e i sistemi di controllo c)
il dato scientifico deve guidare l’intervento, per
evitare conseguenze economiche non irrilevanti
lungo tutto la filiera nel caso in cui si intendesse
estendere i trattamenti ISPM 15 negli scambi
intracomunitari d) estendere eventuali obblighi a
riparazioni e rilavorazioni ha un impatto considerevoli sui costi e l’organizzazione della produzione nelle aziende del settore e) il settore non è
attrezzato per ottemperare a eventuali obblighi
di trattamento termico estesi a prodotti destinati a scambi intracomunitari.
Fonte immagini:
http://www.invasive.org/browse/detail.cfm?imgnum=3948025
63 FEBBRAIO
sicurezza
Lo scortecciamento nell’ambito
della normativa internazionale
ISPM-15
Q
uando si è adottato lo standard ISPM15 per
l’industria degli imballaggi in legno nel 2002, si era
addotta la seguente spiegazione: “Quando il
legname utilizzato nell’assemblaggio di tutto il
materiale da imballaggio è trattato termicamente
a 56°C per 30 minuti nella sua parte interna,
secondo la norma ISPM 15, i pezzi di legno o il
materiale da imballaggio in legno non potranno
essere soggetti a nuove infestazioni”.
La dichiarazione implicava che gli organismi nocivi da quarantena non avrebbero potuto più infestare nuovamente gli imballaggi in legno dopo il
trattamento termico.
Con l’introduzione della norma ISPM 15, i gruppi
di pressione della plastica hanno chiesto al
Comitato dell’Ue incaricato dell’ISPM di promuovere l’uso di tale materiale come unico prodotto da utilizzarsi per la movimentazione mondiale non essendo la plastica veicolo di alcun
organismo infestante.
Immediatamente l’esecutivo della FEFPEB, la
Federazione Europea dei Produttori di Pallet ed
imballaggi in legno, si è appellato allo stesso
Comitato Ue per l’ISPM dimostrando che il
materiale in legno scortecciato e trattato termicamente non favorisce il trasferimento di organismi nocivi da quarantena nel commercio mondiale. Era nata la questione dello scortecciamento.
Una dichiarazione sullo scortecciamento contenuta nella norma IPPC-ISPM 15 – Linee Guida
per la Regolamentazione del Materiale da
Imballaggio in Legno nel Commercio
64 FEBBRAIO
Internazionale cita: “Sulla base di giustificazioni
tecniche, i paesi possono esigere che il materiale
da imballaggio in legno importato, soggetto ad
una misura approvata, sia composto da legno
scortecciato e riporti un marchio come illustrato nell’Allegato II”.
Nell’autunno 2005 l’IFQRG – International
Forestry Quarantine Research Group, organo di
consulenza dell’IPPC in merito a questioni scientifiche correlate alla quarantena nella silvicoltura
e alla diffusione di organismi infestanti del legno,
si è riunito a Roma per discutere come dimostrare o confutare come un pezzo di corteccia
anche piccolissimo (1 pollice quadrato, ovvero
2,4 cm2) su materiale da imballaggio in legno
solido, trattato secondo le misure previste
dall’ISPM, possa infestarsi nuovamente, accogliere
e nascondere organismi nocivi da quarantena.
Presidente dell’IFQRG è il canadese Eric Allen, il
quale sta lavorando alla raccolta di dati sui pallet
trattati termicamente in conformità all’ISPM contenenti una certa percentuale di corteccia. I pallet saranno rintracciati e consegnati al laboratorio del dr.Allen a Victoria (BC) per essere esaminati al fine di comprovare o invalidare l’ipotesi
secondo cui sulle tavole trattate termicamente
contenenti una percentuale di corteccia è possibile la ricomparsa di organismi nocivi da quarantena.
L’implementazione di un nuovo requisito per la
rimozione della corteccia (scortecciamento) da
tutto il materiale da imballaggio in legno immes-
so nell’Ue (quindi da un imballaggio in legno che
entra in Europa) è stata prorogata dal 1° marzo
del 2006 al 1° gennaio 2009 (anche per le forti
pressioni dei produttori americani che non
accettano il requisito dello scortecciamento). Le
disposizioni Ue relative ai materiali da imballaggio in legno si basano sulle Misure previste dallo
Standard Fitosanitario della FAO (ISPM 15) e
sono finalizzate ad impedire che organismi
potenzialmente nocivi per le piante penetrino nel
territorio dell’Ue tramite il materiale da imballaggio in legno. Secondo quanto previsto
dall’ISPM 15, i paesi hanno la possibilità di richiedere, a tutela della salute delle piante, che il
materiale da imballaggio in legno sia privo di corteccia laddove vi siano sufficienti giustificazioni
tecniche. Secondo la nuova legislazione dell’Ue,
entrata in vigore nel marzo 2005, lo scortecciamento del materiale da imballaggio in legno, dopo
un periodo di transizione, è divenuto obbligatorio. A giustificazione di tale provvedimento, lo
scorso anno la Commissione ha fornito una
quantità consistente di dati tecnici e scientifici.
Tuttavia, nella sua decisione di prorogare la scadenza per l’applicazione del provvedimento relativo allo scortecciamento, la Commissione intende concedere alla comunità internazionale un
periodo di tempo sufficiente per riesaminare il
rischio che può comportare la presenza di corteccia sul materiale da imballaggio in legno.
Pertanto, la Commissione seguirà attentamente
la revisione dell’ISPM 15 che dovrebbe porre una
soluzione alla preoccupazione dell’Ue in merito
al suddetto problema. Trattandosi di un tema
molto interessante che potrebbe influenzare
molto la filiera dell’imballaggio in legno si riporta
la traduzione di alcune risposte alle domande più
frequenti date dall’IFQRG.
Qual è la prova della presenza di infestazione nel
legno trattato ma dotato di corteccia quando lo si
confronta con il legno privo di corteccia?
Le ricerche confermano che il legno trattato ma
non scortecciato può essere infestato (IFQRG
2005-07, 09, 10, 11, 12, 13, 14). I risultati di alcuni
studi indicano che dopo il trattamento termico o
con bromuro di metile il legno può attirare maggiormente lo xileboro (IFQRG 2005-12). I dati
dei controlli australiani (IFQRG 2005-32) indicano, ma non sono in grado di confermare, che in
determinate circostanze il legno trattato non
scortecciato può essere infestato durante la
movimentazione delle merci.
L’esattezza di queste informazioni dipende dalla
validità della marcatura e dalla natura rappresentativa del campione.
Non è disponibile alcuna informazione in merito
alla distribuzione relativa nel campione dei vari
tipi di WPM, ad esempio tronchi, materiale di
riempimento e pallet che notoriamente possono
presentare diversi rischi. Inoltre, i suddetti controlli non sono in grado di confermare che il
materiale da imballaggio in legno marcato secondo i requisiti ISPM 15 sia stato di fatto sottoposto a trattamenti conformi allo standard. Gli
studi indicano altresì che il legno scortecciato è
molto meno esposto al rischio di infestazione
rispetto al legno non scortecciato (IFQRG 200506, 07, 11, 14).
I dati dei controlli australiani (IFQRG 2005-32)
indicano che il materiale da imballaggio in legno
marcato secondo i requisiti ISPM 15 ma non
scortecciato ha una probabilità tre volte superiore di essere infestato rispetto a quello scortecciato (secondo la definizione proposta dal gruppo di lavoro dell’IPPC:ISPM 15 2005-05).Tuttavia,
sia i dati australiani sia quelli dell’Ue (IFQRG
2005-25) non consentono di trarre conclusioni
in merito all’importanza che riveste la corteccia
rispetto alla presenza di organismi infestanti su
materiale trattato, in quanto non è stato possibile confermare se il materiale marcato fosse stato
effettivamente sottoposto a trattamento.
65 FEBBRAIO
sicurezza
Dopo aver sottoposto il legno a trattamento che
importanza riveste la dimensione della corteccia
rispetto alla percentuale di infestazioni e di riproduzione degli organismi infestanti?
Gli studi presentati (IFQRG 2005-07, 08, 09, 10,
11, 12, 13, 14) non hanno fissato un limite minimo per le dimensioni della corteccia oltre il
quale la stessa diventa terreno per l’attacco e la
proliferazione di scolitidi.
La quantità minima di corteccia testata corrispondeva al 12%, sebbene nello studio canadese
i residui di corteccia fossero di dimensioni pari a
6,45 cm2. Lo studio canadese (IFQRG 2005-11),
tuttavia, non è ancora terminato, pertanto non è
possibile interpretare le informazioni in relazione
alle aree di corteccia colonizzate.
Haack ha segnalato che al livello più basso di
copertura di corteccia da lui considerato (25
cm2), molti insetti non riuscivano a completare il
loro ciclo vitale. Si riferiva al fatto che le dimensioni degli insetti potevano incidere sulla dimensione dell’area di corteccia necessaria per l’insediamento e la riproduzione degli stessi.
In questo studio è stata osservata un’infestazione maggiore sui pezzi di corteccia più piccoli,
indicando ancora una volta che non si era raggiunta la dimensione minima in grado di promuovere l’infestazione degli insetti.
I risultati indicano altresì che la capacità degli
organismi di completare il proprio ciclo vitale
diminuisce proporzionalmente alla dimensione
della corteccia, sebbene non sia stato stabilito
alcun valore di soglia.
Nel commercio internazionale, quali sono i livelli di
organismi infestanti che si ritrovano negli imballaggi
in legno provvisti di corteccia?
66 FEBBRAIO
I dati di controllo australiani (IFQRG 2005-32)
indicano che il livello di infestazione del materiale da imballaggio in legno marcato secondo i
requisiti ISPM 15 e contenente corteccia in
eccesso rispetto agli standard attuali (dimensione di una carta di credito) è del 2%. Tali livelli
sono simili ai livelli di infestazione dello 0,5% del
materiale da imballaggio in legno marcato secondo i requisiti ISPM 15 e privo di corteccia. I dati
australiani forniti allo IFQRG non erano in grado
di identificare il WPM in base all’origine. L’IFQRG
teme che conducendo ulteriori indagini si scoprirebbe che i programmi non adeguatamente
strutturati di alcuni paesi di origine siano responsabili di gran parte di queste intercettazioni.
Fortunatamente, via via che i programmi diventeranno più accurati, i controlli garantiranno una
maggiore coerenza dell’efficacia dei trattamenti.
Secondo l’IFQRG, per ottenere una comprensione più chiara delle percentuali di infestazione
degli imballaggi in legno, sono necessari ulteriori
dati di controllo che dovranno essere raccolti
utilizzando protocolli unificanti al fine di potere
eseguire analisi comparative adeguate. Tuttavia è
stato notato che, sulla base dei dati raccolti fino
ad oggi, non è possibile stabilire se il materiale da
imballaggio in legno “marcato” o “non marcato”
è stato di fatto sottoposto con successo al trattamento.
Quanta corteccia (di che dimensione) viene movimentata con gli imballaggi in legno (dati di controllo)?
I dati di controllo provenienti dall’Ue (IFQRG
2005-25) e dall’Australia (IFQRG 2005-32), sebbene non siano direttamente raffrontabili tra
loro, indicano quanto segue:
L’Ue ha riferito la percentuale di presenza di corteccia su 9.978 spedizioni:
<1% di corteccia: 97% (gran parte di questi era
completamente scortecciato)
1 – 5% di corteccia: 2,9%
<5% di corteccia: 0,1%
L’Australia ha riferito che circa l’8% del materiale da imballaggio in legno sottoposto a campionamento è stato giudicato materiale contenente
quantità significative di corteccia (dimensioni
maggiori di una carta di credito). In un’osservazione fatta dall’Australia si legge: “Per quanto
riguarda la questione corteccia, la quantità di
corteccia rilevata in cui erano anche presenti gli
insetti era molto variabile (da strisce spesse sui
bordi delle tavole di pallet a piccole quantità o
residui dello spessore di circa un centimetro e
lunghi 5-10 cm) e non associata a nodi o inclusioni. Una situazione, questa, abbastanza diffusa”.
Secondo l’IFQRG, per ottenere una comprensione più chiara delle percentuali di infestazione del
materiale da imballaggio in legno non scortecciato in uso, è necessaria la raccolta di ulteriori dati
di controllo mediante l’uso di protocolli unificati
che consentiranno analisi comparative adeguate.
Esiste una prova a sostegno dell’ipotesi secondo cui
la rimozione della corteccia aumenterebbe la sicurezza fitosanitaria del materiale da imballaggio in
legno marcato secondo i requisiti ISPM 15?
Gli esperimenti condotti su legno verde, di taglio
fresco nel 2004 e 2005 sono stati condotti in
modo tale da garantire che il legno trattato utilizzato negli esperimenti sarebbe stato esposto al
rischio di aggressione da parte di organismi infestanti. Questi esperimenti dimostrano chiaramen-
te che il legno contenente singoli pezzi di corteccia di dimensioni intorno ai 25 cm2 e trattato
secondo i requisiti ISPM-15 può essere infestato
da organismi che sono stati trovati sul legno completamente scortecciato. Le informazioni raccolte
dall’Australia indicano che lo 0,5% del materiale
marcato ISPM-15 sottoposto a ispezione all’ingresso nel Paese era infestato da organismi che
costituiscono una minaccia fitosanitaria. L’analisi
indiica che il materiale contenente una quantità
pari o superiore a 10 cm2 di corteccia presentava
un livello di infestazione superiore rispetto al
materiale contenente piccole quantità di corteccia
o completamente scortecciato. Anche Ue e
Canada hanno riferito i livelli di intercettazione sul
legno marcato simili a quelli australiani. A causa
dell’incertezza relativa al fatto se l’infestazione sia
avvenuta prima o dopo il trattamento, non è possibile stabilire una relazione casuale tra la presenza di corteccia e l’infestazione del materiale conforme ai requisiti ISPM-15.
Ulteriori ricerche o ispezioni potrebbero studiare:
1) la rilevanza della presenza di corteccia e delle
dimensioni della stessa; 2) l’importanza del contenuto di umidità; 3) l’effetto delle diverse categorie
di imballaggi in legno con corteccia; 4) l’effetto che
determina il trattamento termico sul legno con
corteccia nell’aumentare la probabilità di infestazione da parte di organismi nocivi.
67 FEBBRAIO
economia e logistica
Anche le terze parti logistiche
fra le vittime
del mercato parallelo
C
http://clog.liuc.it e www.polimi.it/ricerca
68 FEBBRAIO
on un’indagine sul campo condotta attraverso
il C-Log (Centro di Ricerca sulla Logistica)
dell’Università Carlo Cattaneo LIUC e il
Politecnico di Milano, i docenti Fabrizio Dallari e
Gino Marchet hanno esaminato i meccanismi di
funzionamento dell’outsourcing logistico, soprattutto nel settore dei beni di largo consumo.
Nasce così il volume L’outsourcing logistico nel
settore del largo consumo.
Nella ricerca sono state analizzate e successivamente confrontate 10 primarie società di servizi
di logistica integrata operanti nel settore FMCG
(Fast Moving Consumer Goods): Cab-Log, DHL
Exel, Europrogea, Fercam, Fiege Logistics, Kuehne
Nagel, Norbert Dentressangle, Number 1,
Riboni, STI Società Trasporti Industriali.
Le aziende sono state selezionate dal comitato
tecnico scientifico dell’Osservatorio, in collaborazione con Assologistica Cultura e Formazione
che ha patrocinato lo studio, in base a tre criteri
di differenziazione: rilevanza in termini di fatturato rispetto al comparto italiano della logistica
conto terzi, copertura geografica e numerosità
dei clienti gestiti nel “magazzino campione” selezionato per questa indagine.
Proprio per questa categoria di attori (i cosiddetti 3PL: Third Party Logistics provider) la
gestione dei pallet sta diventando di primaria
importanza, anche per la posizione occupata
nella filiera distributiva: interagendo con tutti gli
altri attori della supply chain, infatti, le 3PL subiscono sia le modalità e le politiche di gestione del
pallet scelte dai produttori (i loro committenti),
sia le condizioni imposte da alcuni clienti dei loro
committenti (la GDO in primis) che non li riconoscono come loro fornitori.
Dalla ricerca sono emerse forti differenze nelle
modalità di gestione dei pallet in termini di aspet-
ti contrattuali e di risorse dedicate nella gestione
fisica e amministrativa che si traducono in scostamenti sensibili dei costi unitari di gestione dei
pallet per i 3PL analizzati.
Da un’attenta lettura dei processi di gestione
adottati dalle 10 aziende del campione esaminato è possibile affermare che i 3PL più rilevanti in
termini di fatturato riescono solo in parte a
sfruttare le economie di scala, poiché spesso
sono penalizzati dalle difficoltà riscontrate
durante le fasi di recupero e dalla complessità dei
flussi. Minori complessità sono invece state
riscontrate nelle aziende che gestiscono il
magazzino per conto di un solo mandatario, in
quanto i buoni pallet sono riconducibili ad un
unico committente che, nel caso di divergenze, si
attiva direttamente per il recupero dei pallet
presso i punti di consegna. I 3PL del campione
operanti nelle regioni del Centro-Sud Italia si
trovano invece a dover incentivare i trasportatori per quanto riguarda le operazioni di recupero
pallet presso i punti di consegna, siano essi recuperati con interscambio differito o con interscambio immediato, nonostante il servizio sia in
linea teorica incluso nelle tariffe concordate con
il trasportatore. Durante l’indagine, infatti, è
emerso con chiarezza come la “questione pallet”
riguardi, oltre gli attori principali della supply
chain dei beni di largo consumo (committente,
3PL e Grande Distribuzione) un’ulteriore figura
critica: il trasportatore, la cui attività viene spesso condizionata delle inefficienze relative alla
gestione del pallet, quali ad esempio i tempi di
attesa presso i punti di consegna o la parziale
perdita di capacità di carico dovuta allo stivaggio
dei pallet vuoti.
Questo aspetto è tipico della realtà italiana, fatta
da tante piccole imprese di vezione (oltre
120.000 iscritti all’albo nazionale degli autotrasportatori) che costituiscono un’offerta di servizi altamente flessibile e che lavora a costi dettati
dal mercato. Ne è una riprova il fatto che i grandi operatori logistici stranieri che sono entrati
nel mercato italiano mediante acquisizioni di
imprese di logistica italiane hanno preferito delegare la mera vezione ai nostri padroncini piuttosto che replicare in Italia il modello di business
d’oltralpe.
In definitiva siamo di fronte ad uno scenario ove
gli operatori logistici occupano una posizione
che li rende particolarmente esposti alle attuali
inefficienze del sistema di interscambio, peraltro
riscontrate anche nella precedente indagine
presso le aziende della GDO; per le 3PL non si
intravedono miglioramenti immediati. Il costo di
gestione pallet sembra infatti destinato ad
aumentare, anche a causa dei maggiori costi di
acquisto dei pallet, siano essi nuovi oppure usati,
e dell’influenza negativa del mercato parallelo di
pallet EPAL. Risulta inoltre evidente l’assenza di
una collaborazione con i committenti, assenza
che ostacola i 3PL nell’applicare procedure
gestionali standard che consentirebbero di capitalizzare la gestione di una pluralità di contratti.
Questo comporta l’esistenza di aree di inefficienza nella filiera dei beni di largo consumo (produttore - 3PL - GDO) che si traduce implicitamente in una riduzione dei margini per tutti gli attori coinvolti.
Fabrizio Dallari e Gino Marchet, L’outsourcing
logistico nel settore del largo consumo, Edizioni
Il Sole 24 Ore, Codice ISBN: 978-88-6345-006-4
69 FEBBRAIO
economia e logistica
Lettera di Messina ai ministri:
illegalità nelle compravendite
Milano,19 novembre 2008
Prot. n.1548.08.RM\SC\rp
Egregio On.le Giulio Tremonti - Ministro
dell’Economia e delle Finanze
Ministero dell’Economia e delle Finanze
Egregio On.le Roberto Maroni- Ministro dell’Interno
Ministero dell’Interno
Egregio On.le Claudio Scajola - Ministro dello
Sviluppo Economico
Ministero dello Sviluppo Economico
Egregio Sen. Altero Matteoli - Ministro delle
Infrastrutture e Trasporti
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti
Gentile On.le Stefania Prestigiacomo – Ministro
dell’Ambiente
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare
Egregio On.le Luca Zaia – Ministro delle Politiche
Agricole e Forestali
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
Oggetto: MERCATO DEI PALLET USATI
GRAVI PROBLEMATICHE
E CRITICITÀ DEL SISTEMA
Illustri Ministri,
sta di bancali da parte delle aziende utilizzatrici,
della grande distribuzione e non.In queste aree si
assiste appunto al fiorire di attività di acquisto e
rivendita di bancali, solitamente reclamizzate tramite rudimentali insegne pubblicitarie sulle quali viene
riportata la dicitura “compro-vendo bancali”, tendenzialmente accompagnate da una mera indicazione di
un numero di telefono cellulare, senza ulteriori riferimenti circa eventuali denominazioni o ragioni sociali
da cui si possa evincere in maniera chiara l’esistenza
di veri e propri esercizi commerciali.
Sulla base dei dati raccolti dalla scrivente
Federazione e di quanto è stato di fatto constatato a
fronte di innumerevoli segnalazioni che la stessa
costantemente riceve da parte di operatori del settore, il fenomeno in questione pare essere causalmente riconducibile all’attività di sottrazione di bancali
usati dalle aziende della grande distribuzione. Tale
sottrazione avviene verosimilmente con la complicità
di dipendenti ed operatori delle stesse aziende in
questione, o, nell’ambito dei servizi di trasporto, avviene a opera degli autisti delle stesse. E’ da sottolineare che la rivendita degli stessi bancali, appunto, è
fatta ai commercianti che effettuano l’attività di compra-vendita del prodotto usato.
Tali rilevati fenomeni hanno contribuito al fiorire delle
attività commerciali di cui si è detto, in relazione alle
quali è stata constatata l’elusione delle disposizioni
normative che interessano i seguenti settori:
1) NORMATIVA FISCALE: il problema si pone anche
in termini di evasione IVA da parte delle attività comla scrivente Federazione di categoria intende portare merciali in questione, atteso che le transazioni di cui
alla Vostra attenzione alcuni rilevanti aspetti ritenuti si è detto avvengono senza l’emissione di alcun docudi notevole criticità conseguenti al fenomeno diffusis- mento fiscale, e senza il correlativo versamento allo
simo della compravendita dei pallet usati.
Stato dei relativi oneri tributari, con ciò rendendo
anche gravosa la competizione per quelle aziende
Significativamente pare opportuno evidenziare come del settore che operano invece nel rispetto della leganegli ultimi anni si sia assistito capillarmente ad un lità.
sempre più diffuso fenomeno di attività di compravendita di bancali usati ad opera di commercianti 2) TUTELA AMBIENTALE: al riguardo il richiamo è
che operano in spregio alle disposizioni normative alle ‘Norme in materia di ambiente’, per come disciposte a presidio della sicurezza, della normativa plinate dal D. Lgs. 152/06, che sono indirizzate, tra
fiscale, della tutela ambientale e della tutela della pri- gli altri, anche ai commercianti di imballaggi. La tasvativa industriale.
sativa disciplina che è imposta dalla predetta normativa, con particolare rilevanza all’aspetto legato alla
Tale fenomeno è stato riscontrato in prevalenza in individuazione ed alla gestione dei ‘rifiuti’, porta a
prossimità delle aree industriali, laddove vi è implici- rilevare la gravità del fenomeno, atteso che risultano
tamente una maggiore incidenza in termini di richie- essere soventemente reimmessi in circolazione ban70 FEBBRAIO
cali che di fatto dovrebbero essere ad ogni effetto
trattati come veri e propri rifiuti.
3) TUTELA della SICUREZZA: al proposito va segnalata l’applicazione della normativa UNI EN ISO
18613:2003, finalizzata a determinare i criteri di
riparazione di pallet e ad individuare le condizioni
generali per cui un pallet non è più utilizzabile. Va
altresì precisato come tra i bancali che, di fatto, sono
oggetto di questo fenomeno vi siano anche bancali
contraddistinti dai marchi ‘EUR’ ed ‘EPAL’, la cui notorietà e diffusione sono indiscusse a livello internazionale.Va evidenziato come i marchi che contraddistinguono tali bancali siano marchi collettivi che, in quanto tali, tutelano anche la qualità del prodotto, imposta in base a specifici standard qualitativi, cui i licenziatari operatori del settore sono tenuti ad uniformarsi. Èchiaro come laddove venga meno l’applicazione in concreto delle relative specifiche disposizioni, i rischi in tema di garanzia di sicurezza del prodotto possano diventare notevoli, con conseguenze
che fortemente potrebbero pregiudicare la sicurezza
sui luoghi di lavoro, oltre che costituire in ogni caso
grave rischio e potenziale nocumento in ragione della
circolazione di un prodotto non conforme.
(sicurezza, logistica, prestazioni di portata e durata,
sostenibilità ambientale, trattamenti fitosanitari,
legno a contatto con gli alimenti).
Restando in attesa di un Vostro cenno di riscontro,
porgo nel contempo i miei più cordiali saluti.
Rosario Messina
Presidente Federlegno-Arredo
Incontro 20 novembre 2008
On. Claudio Scajola - Ministro dello Sviluppo
Economico
Con riferimento alla situazione del mercato italiano
del pallet EPAL EUR, chiarita dalla documentazione
ivi allegata, si evidenziano l’enorme difficoltà di contrastare il fenomeno della contraffazione dei marchi
EPAL EUR in modo efficace sia a causa dell’enorme
numero di interventi eseguiti dai singoli reparti della
Guardia di Finanza, sia a causa della mancanza di
coordinazione tra i vari reparti, dovuta unicamente
alla difficoltà di trasmettere informazioni fondamentali circa il tipo di intervento effettuato.
Sarebbe quindi auspicabile poter eseguire interventi
coordinati a livello provinciale e, se possibile, regiona4) TUTELA della PRIVATIVA INDUSTRIALE: si sottoli- le. Tale strategia consentirebbe di dare un segnale
nea inoltre come la maggior parte dei pallet che forte ai contraffattori, di rafforzare il mercato legale,
costituiscono oggetto di tale fenomeno siano coperti nonché di concentrarsi, territorio per territorio, su
da diritti di privativa a tutela dei relativi marchi, oltre fenomeni di recidiva che rendono vano l’intervento (o
che degli standard qualitativi che riguardano la loro gli interventi precedenti).
produzione e riparazione. Risulta che le attività com- La lotta al fenomeno indicato potrebbe conseguire
merciali oggetto della presente segnalazione operino risultati migliori se gli interventi della Guardia di
sprovviste delle licenze per l’utilizzo dei marchi, con Finanza fossero coordinati a livello nazionale da una
ciò rendendosi astrattamente responsabili per illecito piccola ‘task-force’, in grado di elaborare i dati provecontraffattivo.
nienti dai sequestri quali tipologia ed entità del
sequestro, tipologia del contraffattore (sostanzialNotevoli sono pertanto le implicazioni negative che mente se ditta individuale o società di persone o
la scrivente Federazione ha avuto modo di constata- capitali, abusivo etc.), violazione di altre norme penare a fronte del fenomeno in parola e di cui si è detto; li o amministrative (sicurezza sul lavoro, normativa
notevoli sono i rischi e le conseguenze pregiudizievo- antincendio, normativa sullo smaltimento dei rifiuti,
li e lesive per lo Stato e per gli interessi delle azien- fenomenici DI criminalità organizzata ancorché non
de di categoria, che operano nel rispetto della legali- di stampo mafioso) e conseguentemente fornire una
tà, oltre che per gli utilizzatori finali dei bancali.
adeguata risposta operativa.
Poiché nonostante la soppressione dell’Alto
La scrivente Federazione di categoria, previo eventua- Commissario per la Lotta alla Contraffazione, gli uffile opportuno approfondimento delle tematiche sovra ciali ed i sottufficiali della Guardia di Finanza ivi
esposte, è a richiedere l’intervento di codesti Illustri impiegati sono rimasti operativi e distaccati presso il
Ministeri affinché possa essere aperto un tavolo di Ministero per lo Sviluppo Economico, una delle solulavoro sulle questioni in oggetto, aperto a tutti gli ope- zioni possibili consisterebbe nel creare la ‘task force’
ratori coinvolti nella catena distributiva.
di cui si è detto in tale ambito, utilizzando anche solo
una parte di tale risorse per le funzioni di coordinaSi auspica un tale intervento al fine di potere addive- mento predette.
nire all’individuazione di soluzioni appropriate per il Il Consorzio Servizi Legno-Sughero è ovviamente a
contenimento del fenomeno in parola, che possano disposizione per elaborare un progetto più dettagliaessere poi recepite in opportuni provvedimenti nor- to qualora la soluzione prospettata fosse ritenuta
mativi relativi al settore degli imballaggi al fine di praticabile.
potere definire le procedure per la corretta movimentazione ed utilizzazione di tale tipologia di prodotto
71 FEBBRAIO
Proteggere i prodotti
fino a destino e insieme
l’ambiente e il territorio
C
himar, gruppo industriale modenese leader
nella produzione di imballaggi in legno, compensato, cartone, alluminio, plastica e servizi logistici
integrati, è entrata come “fornitore accreditato”
a far parte del CRIT Research. Sono 24 le grandi
aziende emiliano-romagnole socie del CRIT, broker tecnologico specializzato nei processi di
innovazione con la missione di aiutare le imprese a crescere attraverso la scienza e la tecnologia.Tre sono le innovazioni che fanno di Chimar
un'azienda all'avanguardia nel settore del packaging e del servizio in termini di innovazione e di
competitività:
1) sistema organizzativo della Lean Production
che consente alla produzione massima flessibilità,
riduzione di materiali in movimento e recupero
spazi, con un significativo abbattimento dei costi
2) Informatizzazione della produzione con l'introduzione del sistema informatico WMS
(Warehouse Management System). Questo sistema di monitoraggio informatico permette la rintracciabilità dell'imballaggio in tutta la fase produttiva, con la possibilità di conoscere lo stato di
avanzamento della produzione degli imballaggi
per dare ai clienti risposte immediate sui tempi
di consegna. Inoltre questo sistema offre ai clienti la possibilità di eliminare completamente il
magazzino imballaggi nel proprio stabilimento e
di ricevere quanto necessario con il preavviso di
qualche ora.Tramite un collegamento informatico vi è la possibilità di entrare nel magazzino
gestito da Chimar e vedere la disponibilità dei
propri imballaggi in tempo reale. Questo consente risparmi ed efficienze sia in termini economici
sia di spazi
3) Chimar è in grado di gestire anche presso il
cliente un'area che verrà adibita a magazzino
imballaggi, gestita con un sistema di lettore ottico. Al cliente viene emessa fattura solo per le
quantità prelevate ed automaticamente una
segnalazione di ripristino scorta; fino al prelievo,
il materiale rimane di proprietà Chimar.
Inoltre vi è la possibilità di identificare tutti gli
imballaggi prodotti con un codice a barre che
permette di risalire al codice prodotto, all'ordine
di produzione, al codice operatore e infine
all'identificazione del cliente.
Non ultimo è l’impegno della società modenese
sul fronte ambientale: recentemente, infatti,
Chimar ha ottenuto la certificazione PEFC (Pan
European Forest Certification) ed è autorizzata a
marchiare gli imballaggi con questo contrassegno
che permette al cliente di utilizzare in chiave di
marketing i vantaggi derivanti dall’adesione a un
programma che garantisce la provenienza del
legname da foreste certificate secondo i criteri
propri di PEFC.
Inoltre Chimar è stata una delle prime imprese
ad aderire al marchio fitosanitario FITOK, che
previene la diffusione di parassiti del patrimonio
forestale mondiale, ed è particolarmente attenta
alla provenienza del legname da territori dove i
diritti delle popolazioni locali siano tutelati.
73 FEBBRAIO
ecologia
Appunti di viaggio: dai boschi
verso civiltà e città sostenibili
Integrazione lungo la filiera del legno secondo un
concetto di sostenibilità: è questo il percorso
storico, recente e futuro intrapreso dal gruppo
Mallarini, che nel corso degli ultimi mesi ha operato importanti investimenti: apertura di due
nuove segherie in Francia, acquisizione di una piccola realtà italiana dotata di segheria, rinnovo
delle linee automatiche di assemblaggio pallet, un
nuovo impianto per la produzione del pellet in
Francia. Il gruppo conta 8 società operanti dal
bosco al bancale e fino al pellet e alla sua commercializzazione, 150 collaboratori, una presenza
in forte crescita in Francia e un’integrazione a
monte e a valle lungo tutta la filiera del legno, 3
milioni di bancali annui prodotti, 15 mila tonnellate di pellet, un’elevata automazione produttiva
e investimenti costanti in sviluppo tecnico, produttivo e commerciale.
L’attività industriale corre lungo l’asse (è il caso
di dirlo) delle sinergie produttive a 360 gradi, dai
Il sito della società Mallarini Scieries, in Francia,
conta due impianti completi di segheria uno a
Meymac ed uno a Felletin su aree rispettivamente di 6 e 10 ettari.. Il cippato e la segatura vanno
alle cartiere o all’industria del pannello truciolare, mentre le cortecce alimentano impianti
energetici.
74 FEBBRAIO
canali di approvvigionamento interni al recupero
e alla trasformazione dei sottoprodotti di lavorazione in eco combustibili.
Fondata a Mallare nel 1860, nell’entroterra savonese, la ditta Mallarini esordì l’anno prima
dell’Unità d’Italia come una delle tante piccole
falegnamerie artigianali attive nella produzione
dei manufatti in legno fra i più diversi: tavoli,
ruote per carri, carri, oggetti da cucina, comprendendo tutta la tipica attività di un artigiano di
paese. E per almeno due generazioni l’attività
rimase generica, ma in un contesto geografico
particolare: il comprensorio locale, attraversato
dalla valle Bormida che porta al passo appenninico di Cadibona per poi sfociare sulla costa, è
rimasto pressoché intatto e vanta la più alta concentrazione forestale d’Italia: infatti, il 91% è
occupato da boschi di castagno e da faggete nella
parte più alta. Fra la prima e la seconda guerra
mondiale, si dedicò in particolare alla produzione
L’integrazione di filiera del gruppo Mallarini.
Le attività forestali del gruppo gestite tramite
Creuse Fôret.
La nuova segheria del gruppo in Savoia.
Il marchio del gruppo, derivato dalla struttura
dell’atomo di carbonio.
di piccoli ceppi dimensionati in modo da poter
essere agevolmente caricati nei forni delle vetrerie locali. “L’industria vetraria savonese è una
delle più antiche d’Italia – racconta Carlo
Mallarini, discendente dei fondatori e responsabile dello sviluppo tecnico e commerciale – Ancor
oggi Altare contende a Murano il primato storico del primo insediamento industriale nel
medioevo. La nostra ditta era il primo fornitore
locale di combustibile e a quei tempi arrivò a fornire 200 carri completi alla settimana”. La vocazione “energetica” non si limitava al combustibile
industriale, ma comprendeva anche quello domestico; l’azienda si specializzò in carbonaie per la
produzione di carbone di legna che, confezionato in sacchi di juta, era venduto come combustibile per le stufe domestiche. L’adozione dei primi
strumenti di taglio automatico permise ai
Mallarini di iniziare la produzione di doghe per la
costruzione di botti in rovere, bastoncini per la
coltura dei garofani nelle serre della riviera, cassette per il trasporto delle bottiglie in vetro della
gazzosa, un altro prodotto di un’impresa locale.
La sega trasversale era alimentata da una ruota
girata da un mulino ad acqua del paese. Negli anni
‘50 iniziò la produzione delle casse e dei bancali,
le prime per confezionare i mattoni refrattari
fatti a mano, con un doppio sistema di cassa
palettizzata. Poiché il mercato dei pallet stava
crescendo velocemente, la sede fu spostata fuori
dal centro abitato, dove si trova tuttora, per guadagnare in spazio destinato sia alla produzione
sia ai magazzini. Fu acquistato un moderno
impianto di segheria, ma l’assemblaggio del pallet
75 FEBBRAIO
ecologia
Uno dei partner tecnologici di Mallarini.
Una delle linee automatiche per la produzione
dei pallet.
Come comunicare ai consumatori i vantaggi del
pellet? In modo chiaro e semplice (dal sito
www.ChePellet.it) attraverso la comparazione e
i pittogrammi.
L’impianto per la produzione di pellet di Silma.
76 FEBBRAIO
avveniva ancora manualmente. E fedele alla tradizione degli antenati, continuò il filone “energetico”: macinava gli sfridi per ottenere quello che
chiamò poi “Greenwood”, e che usava per produrre i mattoni refrattari forati: era un tassello
inserito nell’impasto che durante la cottura bruciava lasciando un foro per l’aerazione tipica di
questi mattoni.
In quegli anni i collaboratori erano al massimo
una decina, l’attività era orientata prevalentemente alla costruzione di casse e bancali, la crescita era progressiva e permetteva continui
aggiornamenti nelle macchine di taglio e nelle
cucitrici a filo. Nel 1980 Mallarini realizzò la
prima segheria moderna (n. 1 – Silma, oggi produce anche i pellet) e due anni dopo acquisì dal
gruppo ENI una società attiva nella produzione di
casse e pallet trasformandola in un’unità produttiva dedicata al mercato sardo dei bancali, attiva
tutt’oggi (n. 2 – Plaza).“In quegli anni si comprava in Francia legno di pioppo – racconta Carlo Le relazioni con i cugini d’Oltralpe erano frequenti e fu allora che mio padre, nel 1989, deci-
se di investire realizzando la prima segheria
all’estero (n. 3 – Mallarini Scieries unità di
Felletin) per trattare legno di conifere”. Nel 1990
iniziò così la produzione ma già con un’ulteriore
integrazione a monte: fu acquisita la gestione di
alcuni boschi. Nel 1992 fu aperta alle porte di
Milano una realtà dedicata a riparazione e recupero dei pallet (n. 4 - Industrial Service), e in
Francia fu creata una società specializzata nell’abbattimento forestale (n. 5 - Creuse Foret), tuttora operativa. Sette mesi fa è stata inaugurata una
seconda segheria (Mallarini Scieries, unità di
Felletin), sempre in Francia, che rimane la più
grande del gruppo. Poi, pochi giorni fa, si sono
aggiunte un’altra segheria in Savoia (n. 6 Maurienne Sciage, da 30mila metri cubi annui di
produzione condotta da 8 dipendenti) e la partecipazione in una segheria specializzata nella produzione di imballaggi industriali per fornaci (n. 7
– Arona, in provincia di Pavia).
A distanza di 150 anni, il gruppo Mallarini conta 8
società (la capogruppo e altre 7) sparse fra Italia
e Francia e dedicate quasi interamente alla pro-
Il marchio di qualità che indica l’origine della
materia prima del pellet.
Stoccaggio del legname in uno dei siti del gruppo.
duzione di bancali secondo una logica di forte
integrazione a monte (prevale la gestione dei
boschi, non la proprietà) e una diversificazione a
valle: la maggior parte della produzione di materia prima sostenta la produzione di bancali, ma
una parte costituisce l’attività commerciale relativa a tronchi, segati ed elementi per bancali, venduti in tutta Europa. La filosofia del gruppo è non
legare le aziende fra di loro, pur lasciando una
certa elasticità nelle relazioni di fornitura: quindi,
può avvenire che in fasi particolari del mercato le
segherie francesi alimentino il fabbisogno italiano,
ma in generale le differenti società del gruppo
operano in modo autonomo. Nella capogruppo, a
Mallare, si ritrova quella struttura e quella logica
che costituisce la base per tutte le altre società
(esclusa la gestione forestale). Strategica è l’automazione, per aumentare la produttività oraria dei
collaboratori. Per esempio, a Mallare esistono 5
linee di cui 2 completamente robotizzate e 3 tradizionali. Le prime producono pallet standard, le
altre pallet su misura. Su quelle robotizzate il
lavoro di sole due persone governa un sistema
che preleva tavole e blocchetti in automatico.
“L’integrazione a monte con la segheria – spiega
Carlo Mallarini - ci permette di rifornire le linee
automatiche di componenti che evitano i fermi
macchina dovuti alla qualità del legno e alla precisione degli elementi. Il prossimo investimento è
sostituire due linee tradizionali con una automa-
tica che ci permetta di produrre i pallet fuori
standard con un cambio formato di tipo automatico”. Il sito ligure è dotato di due linee di verniciatura e di marchiatura automatiche e di due
celle per l’essiccazione e il trattamento termico
(una fissa da 4mila pallet a ciclo e una mobile da
2mila) alimentate da una centrale ad olio diatermico da 3 megawatt termici per produrre il calore dalla combustione di pellet prodotti sempre
nel sito di Mallare.“Abbiamo una seconda caldaia a pellet per la produzione di calore per uffici,
stabilimento e acqua sanitaria – precisa Mallarini
– Ma quasi tutti gli stabilimenti del gruppo ne
sono dotati e utilizzano pellet di nostra produzione”.
Conclude l’eccellenza di questo gruppo la cura
degli strumenti di comunicazione: non è un caso
che il logo del gruppo sia l’atomo di carbonio, alla
base di tutte le forme di vita, i cui elettroni e
nucleo identificano con colori diversi le differenti aree di attività. L’importanza del logo come elemento di comunicazione si ritrova anche nel new
business, il pellet: la commercializzazione si avvale di un nuovo brand, ChePellet, accompagnato
dal sigillo di qualità Woodmark, che riecheggia il
famoso marchio Pura Lana Vergine. Inoltre nel
sito www.ChePellet.it, il consumatore finale
ritrova con un linguaggio semplice e chiaro le
motivazioni economiche, ecologiche e pratiche
relative a questa scelta energetica.
DAL PALLET AL PELLET
Nel 2003,nella sede di Mallare,è partito l’ultimo
progetto del gruppo: il pellet. I Mallarini hanno
investito in ricerca per un settore dove allora
scarseggiavano competenze e tecnologie.Oggi la
produzione funziona a pieno regime grazie a un
impianto,ristrutturato completamente nel 2006,
di cui l’engineering è stato realizzato internamente. Si sta consolidando una rete di vendita
pluriregionale di prodotto sia confezionato (in
sacchi, per piccole utenze) sia sfuso (con autorimorchi a silos che alimentano periodicamente
serbatoi di caldaie per grandi utenze).
Nel frattempo si stanno ultimando gli ultimi
investimenti per partire nel 2010, in Francia, con
una seconda unità produttiva in collaborazione
con un’importante catena specializzata in punti
di vendita per il ‘fai da te’.“Saranno utilizzati tutti
gli sfridi di legno vergine delle due segherie del
gruppo in Francia – spiega Carlo Mallarini –
Segatura e cippato serviranno per i pellet e lo
scortecciato per produrre il calore per essiccare. L’obiettivo è produrre 50.000 tonnellate di
pellet attraverso un circuito chiuso, integrato e
ad elevato indice di recupero sia di materia
prima sia di energia. Sarà un impianto più grande di quello attuale italiano, che arriva appena a
15 tonnellate l’anno”. La scelta di investire in
questa direzione nasce dall’analisi di un mercato
effervescente, in tutta Europa, che però riserva
alcuni limiti nella struttura dei costi: l’acquisto di
legname e il costo dell’energia,in Italia,non sono
vantaggiosi. Quindi sono necessarie due integrazioni: a monte, con un impianto importante alimentato da sfridi interni costanti nel volume e
nella qualità, e a valle con dei partner per la
commercializzazione.
77 FEBBRAIO
ecologia
“Misurare tutte le prestazioni,
anche quelle ambientali”
C
HEP Europe, il principale operatore privato
continentale di pooling per bancali e contenitori
per la logistica e la movimentazione, ha sviluppato nel 2008 un modello globale di calcolo che
consente di determinare il vantaggio ambientale
per gli utilizzatori di pooling. Realizzato in collaborazione con l’Università inglese di Leeds, il
modello si applica a pallet in legno di varie
dimensioni e fornisce, oltre alle economie di
costi realizzabili in un arco di tempo di dieci anni,
l’impatto ecologico di questo circuito. I dati, raccolti direttamente dai clienti che hanno fornito
informazioni sul numero dei movimenti, dei
tempi di ciclo, della percentuale di danni, delle
perdite e delle distanze di trasporto, sono stati
elaborati secondo una precisa metodologia: ne
emerge che, presumendo una crescita annua
media del 10% del volume trasportato con CHEP
in Europa, nell’arco di dieci anni si evita l’abbattimento di 242 milioni di alberi, rispetto al pallet
monouso.
Queste ed altre evidenze valorizzano un aspetto
“storico” del pallet blu: il riutilizzo.A Luca Rossi,
Country General Manager di CHEP Italia e direttore commerciale per il sud e l’est Europa, abbiamo chiesto quali sono e saranno i punti di forza
non solo logistici ed economici ma soprattutto
ambientali del concetto di pooling, un termine
che può essere definito generalmente come
“l’utilizzo condiviso di un pool di attrezzature
standard da parte di più utenti (gestito in proprio
o da un operatore terzo)”.
78 FEBBRAIO
Quali sono i principali motivi che spingono oggi le
aziende a ricorrere allo strumento del pooling?
“Nello scenario di oggi, sempre più globale e
dinamico, ogni azienda, indipendentemente dal
settore in cui opera e dalle sue dimensioni, è
obbligata a rivedere le proprie politiche di sviluppo per poter sopravvivere, e diventa quindi più
sensibile alle tematiche relative all’efficienza della
catena logistica, settore ormai strategico di ogni
business. Per questo le imprese cercano di razionalizzare i costi della logistica, tra cui quelli legati al recupero dei pallet, alla loro rigenerazione,
alla qualità del prodotto e soprattutto al rispetto
delle tempistiche dei processi produttivi e distributivi. Il pooling è la risposta a questi nuovi bisogni, in quanto garantisce pallet di qualità certificata per il trasporto dei prodotti, una tempistica in
linea con le esigenze produttive e distributive e il
non trascurabile vantaggio di delegare attività
non strategiche per il business principale ad operatori specializzati”.
Non ha citato l’ambiente: è un fattore poco determinante?
“Nel nostro mercato la coscienza ambientale sta
crescendo, e lentamente ma inevitabilmente le
imprese si rendono conto di quanto il riutilizzo
dei pallet sia vantaggioso rispetto a soluzioni a
perdere. Quello del pallet monouso è un mercato ancora molto vasto, che è possibile convertire al pooling con enormi vantaggi per tutti gli
attori della filiera: per esempio nel settore del-
l’ortofrutta, nei prodotti da ricorrenza, nella
ceramica, nella moda, nell’hi tech e nei prodotti
fai da te la quota del bancale o del contenitore a
perdere è ancora elevata e buona parte dei volumi trasportati potrebbe ragionevolmente essere
convertita verso una movimentazione su pallet o
contenitori riutilizzabili, con indubbi benefici per
l’ambiente”.
Ma al di là delle dichiarazioni e delle intenzioni, ci
sono aziende che riconoscono il valore etico ma
anche economico del riutilizzo?
“Sì, e molte di queste, multinazionali o aziende
italiane note a tutti i consumatori, sono in grado
di creare opinione e muovere gli utenti in questa
direzione, sposando in pieno la filosofia del pallet
blu, o condividendo la sua rete di trasporto con
quella nostra dedicata al recupero e alla riconsegna dei bancali, in modo da ottimizzare la saturazione dei mezzi e ridurre costi, consumo ed
emissioni.
Ma non guardiamo solo ai clienti “diretti”, esistono anche quelli indiretti, cioè le collettività. I
ministeri dell’ambiente di Svizzera e Austria stanno studiando la possibilità di concedere sgravi
fiscali alle imprese più virtuose, quelle che possono vantare impatti più contenuti di altre e che
siano certificati ma anche verificabili”.
L’utilizzo di componenti di recupero da bancali usati
per la costruzione o riparazione di pallet nuovi non
potrebbe aumentare il valore ambientale già insito
nel vostro marchio?
“Siamo aperti all’idea sia per il nuovo sia per la
riparazione, a patto di poter sempre garantire
qualità e sicurezza ai nostri clienti.
Al momento il nostro obiettivo più urgente è
quello che stiamo gestendo d’intesa con il
Consorzio Servizi Legno-Sughero: si tratta della
prevenzione dei fenomeni di illegalità che danneggiano qualsiasi tipo di pooling. CHEP opera
con una struttura di 20 persone che sono
responsabili, oltre che della rapidità della nostra
movimentazione, anche del monitoraggio dei
furti e di quelle imprese estranee al nostro network che sottraggono il nostro parco pallet. Con
il Consorzio sosteniamo controlli e interventi sia
repressivi sia preventivi.
Certo, la sottrazione è un fatto principalmente
economico ma la sua ricaduta è anche di tipo
ambientale, non potendo poi controllare la destinazione dei pallet sottratti, la loro qualità e infine
il loro corretto smaltimento”.
Cosa ne pensa delle possibilità offerte dai bancali in
plastica?
“Sono un’opportunità, ma con una precisa vocazione. In Cina, per esempio, siamo entrati proprio
con il pallet in plastica, soprattutto per situazioni
di scambi intercompany, per il noleggio statico da
magazzino, per processi logistici che richiedono
sanificazioni dei bancali.Anche se quelli di ultima
generazione sono modulari e riparabili, resta il
fatto che il pallet in plastica ha un costo di acquisto piu’ elevato di quello tradizionale in legno.A
tutt’oggi, e anche per il futuro, il legno rimane il
materiale di riferimento, sia sotto il profilo tecnico-gestionale, sia dei costi e dell’impatto ambientale”.
79 FEBBRAIO
ecologia
Il futuro è nella gestione,
meglio se sostenibile
PGS Palettes Gestion Services, il primo produt-
www.groupepgs.com
www.pefc.it
80 FEBBRAIO
tore e riparatore francese di bancali in legno,
aggiunge due importanti “blocchetti” alla costruzione della propria sostenibilità: a ottobre scorso,
la certificazione ISO 14001 rilasciata da Bureau
Veritas al sito produttivo di Saint Etienne de
Rouvray-Rouan, a nord fra Parigi e la Manica, che
è anche sede centrale del gruppo; dopo neanche
un mese, ai primi di novembre, la certificazione
PEFC dei siti produttivi Technipal. La scelta di
approvvigionarsi esclusivamente di legno certificato PEFC interessa inizialmente 2 milioni di bancali nuovi sui 21 milioni di bancali (nuovi e riparati) forniti dal gruppo ai mercati europei e coinvolge contemporaneamente i tre siti produttivi situati nel nord della Francia: oggi il 35% degli acquisti
riguarda tronchi certificati. “La certificazione
PEFC e il marchio apposto sui bancali, completo
del nostro identificativo, sono destinati a diventare una specifica nel capitolato di acquisto di quella parte dei nostri clienti che condividono il
nostro impegno di responsabilità ambientale e di
sviluppo sostenibile e sarà applicabile a qualsiasi
tipologia di pallet, standard e fuori standard” ha
dichiarato Patrice Chanrion in occasione della
presentazione del progetto avvenuta congiuntamente fra PGS e PEFC France lo scorso 19
novembre a Parigi, durante il salone Emballage
2008. La promessa “verde” entra a far parte dunque dei valori di marca del gruppo grazie a uno
standard quale l’ISO 14001, un marchio internazionale del calibro di PEFC, la collaborazione con
l’FCBA (l'Institut Technologique Forêt Cellulose
Bois-construction Ameublement, Istituto
Tecnologico Foresta Cellulosa LegnoCostruzione Arredo) e una forte integrazione
gestionale dei tre siti coordinata da un ufficio centrale. In relazione all’iniziativa PEFC, il prossimo
passo sarà l’applicazione del marchio anche ai
prodotti riparati e al cippato ottenuto dalla macinazione di bancali marchiati e destinato all’industria del pannello truciolare e come combustibile
per caldaie ad uso industriale. In parallelo, proseguirà gradualmente l’iter di certificazione ISO
14001 anche per le altre strutture del gruppo.
Al lancio del progetto era presente anche DHL,
anch’essa certificata ISO 14001 e fortemente
impegnata nello sviluppo sostenibile che ha potuto così ipotizzare quali vantaggi deriverebbero
dall’adottare soluzioni logistiche a riconosciuta
qualità ambientale. Ma a quale mercato “verde” è
rivolta la proposta di PGS? L’invito è innanzitutto
ai grandi clienti, come Saint Gobain, SanofiAventis, Procter & Gamble, Air France, Ferrero,
Good Year, Dunlop, Exxon Mobil, Bostik, Shell,
DHL, Geodis, Lactalis, Colgate, Bristol, ma il marketing di PGS guarda più lontano: agli enti pubblici, ai fornitori degli enti pubblici come anche alle
medie imprese.“Manca ancora un obbligo di forniture alla pubblica amministrazione che siano
certificate sulla base di precisi requisiti ambientali – sostengono dalla sede centrale del gruppo –
prevale ancora la facoltà di farlo, c’è la raccomandazione”. Eppure i governi di Belgio, Danimarca e
Germania hanno già inserito l’obbligo ai propri
fornitori di utilizzare bancali certificati PEFC, per
esempio. Inoltre, uno studio del 2008 condotto da
KPMG, società internazionale di servizi professio-
www.fcba.fr
Jean-Louis Luovel, presidente di Groupe PGS.
nali alle imprese, rivela che fra i manager di 400
società di settori diversi e con più di 200 dipendenti, la sostenibilità sta diventando impegno quotidiano: il 91% degli interpellati è convinto che chi
investe oggi in questa direzione sarà un leader di
mercato domani; l’84% dichiara di aver adottato
buone pratiche ambientali e sociali nella gestione
d’impresa; infine, il 50% ammette di avere nell’organigramma aziendale un responsabile che segue i
progetti di sviluppo sostenibile. E senza contare la
pressione delle organizzazioni non governative, in
primis le associazioni dei consumatori che chiedono la riduzione dell’impatto di prodotti e servizi e di conseguenza provocano una domanda
ambientale che ripercorre a ritroso la catena di
fornitura. Il nuovo traguardo raggiunto da PGS
s’inserisce tuttavia in un disegno più ampio, in cui
l’aspetto ecologico è uno dei tre elementi fondanti.Ambiente: sono elementi qualificanti il sostegno
a politiche di riutilizzo (PGS è omologato EPAL,
CP,VMF, ecc.), la riparazione, la valorizzazione di
sfridi e rifiuti per produrre cippato, le due certificazioni recenti, il trattamento termico in vista del
rispetto della normativa ISPM 15 e la progettazione di bancali ottimizzati fra resistenza, peso e
volume in rapporto al loro utilizzo, per evitare
sovradimensionamenti di prestazione. Economia:
sono fattori “generatori” di efficienza a 360 gradi
servizi quali la vicinanza al cliente (ogni 150 km in
Francia c’è un centro servizi PGS), l’estensione a
servizi e prodotti complementari al bancale (bancali in metallo, in plastica, soluzioni miste con big
bag, ma anche piattaforme e soppalchi e supporti
di magazzino), il servizio di gestione parchi pallet
dei clienti, la flessibilità alle loro esigenze logistiche, la geolocalizzazione e l’ottimizzazione dei
percorsi di 90 automezzi propri e 645 fra pianali
e cassoni che collegano ai clienti 3 siti produttivi,
9 siti di partner produttivi e 30 centri di distribuzione e servizi, tutti dotati di forni per il trattamento termico e l’essiccazione. Sociale: PGS crea
occupazione in aree rurali, favorisce l’inserimento
dei portatori di handicap (Altea è una delle 9
aziende partner e conta 135 lavoratori diversamente abili su 170 complessivi), cura la formazione dei suoi collaboratori, favorisce la crescita
sociale e aderisce ai principi fondamentali del
Global Compact (www.globalcompactitalia.org).
Lo sviluppo sostenibile è dunque a tutti gli effetti la base strategica di crescita del gruppo, che lo
scorso 3 febbraio ha concluso l’acquisizione di
SAS Beynel-Manustock, specialista francese in
bancali nuovi, casse, bancali e casse in metallo e
plastica, e integrata a monte con una segheria di
ultima generazione. Con questa operazione, PGS
diventa il primo gruppo produttore di bancali in
Francia e il secondo in Europa, con un giro di affari di 150 milioni di euro e oltre 600 collaboratori, al servizio di 5mila clienti.
L’IMBALLAGGIO IN LEGNO IN FRANCIA
• 9% è il peso dell’imballaggio in legno sul fatturato dell’industria francese del packaging
• 1,8 miliardi di euro è il fatturato del comparto
• 13.200 sono gli addetti del comparto
• 76 milioni è la produzione annuale di bancali
• 250 milioni è la stima del parco circolante
• 35% è il peso a valore di pallet e box pallet sul
fatturato degli imballaggi in legno
• + 5% è la crescita media annua delle vendite di
pallet e box pallet dal 2005 al 2008
• 30% è la quota di utilizzo dei segati da parte
dell’industria dell’imballaggio in legno riferita a
bancali e box pallet, nuovi e riparati-ricondizionati
81 FEBBRAIO
ecologia
Cassette per vini:
un ecobilancio premia il legno
che assorbe più CO2
Nella filiera francese delle cassette per vini le
www.pindeslandes.org
www.fcba.fr
www.ademe.fr
82 FEBBRAIO
emissioni di anidride carbonica in atmosfera
sono ampiamente compensate grazie al ricorso,
alla lavorazione e alla recuperabilità della materia
prima: il legno. La differenza fra le emissioni riferite a tutte le attività legate alla produzione e alla
consegna (dall’unità di sfruttamento agroforestale al trasporto e lavorazione, dall’assemblaggio al
trasporto al cliente) e la capacità delle piante
usate di sequestrare la CO2, oltre alle pratiche di
recupero dei manufatti, è di – 445 tonnellate
equivalenti. In sintesi, gli operatori francesi del
settore dichiarano che non solo non producono
gas ad effetto serra, ma proprio per il fatto che
utilizzano legno per questi imballaggi, ecco che
contribuiscono a ridurre le emissioni. E insieme a
loro, tutti quegli attori della filiera disponibili a
preferire cassette in legno: dai vitivinicoltori alla
distribuzione, fino al consumatore finale. Questo
risultato arriva da un bilancio elaborato per
conto dell’associazione Vinicaissiers da parte
dell’Istituto Tecnologico FCBA , il quale ha adottato il metodo di calcolo dei gas ad effetto serra
sviluppato da Jean-Marc Jancovici di ADEME ,
l’agenzia dell’Ambiente e della Gestione
dell’Energia francese).
Come ogni attività industriale, anche quella della
produzione di cassette per vini produce anidride
carbonica rilasciata in atmosfera: in particolare, si
tratta delle fasi relative alla silvicoltura, allo sfruttamento della foresta, alla produzione dei semilavorati, al loro trasporto, fino alle graffe metalli-
che, ai chiodi, agli inserti eventuali e a tutti quegli
accessori non di legno. In particolare, il legno di
pino marittimo viene importato prevalentemente dalla vicina Spagna. L’82% delle emissioni sono
imputabili a queste fasi (solo il 6% all’aggiunta di
elementi non lignei).
I dati elaborati dallo studio, presentato lo scorso
dicembre al Vinitech, il salone tecnico-professionale della filiera vitivinicola più importante in
Europa, permette di dimostrare ai vitivinicoltori
bordolesi che la cassetta in legno è preferibile ad
altre soluzioni per gli evidenti vantaggi ambientali, proprio quando gli stessi vitivinicoltori si stanno impegnando a ridurre le emissioni di CO2
legate alle attività agroindustriali.
Ma se è vero che la cassetta in legno tal quale
costituisce già di per sé un punto di forza
ambientale (ogni mc di legno lavorato contiene 1
tonnellata di CO2 sequestrata dall’atmosfera),
ciò non significa che non sia migliorabile. Così, i
produttori francesi hanno intenzione di attuare
Enoteca e negozio di souvenir vitivinicoli a Saint
Emilion, nella regione di Bordeaux; a sinistra,
piantine-ricordo dei famosi vitigni della zona, a
destra scatole regalo contenenti bottiglie di
vino. Perché gli espositori in legno e il packaging
in cartone? L’associazione Vinicaissiers vuole che
anche le bottiglie riposino in cassette di legno.
una serie di interventi per rendere ancor più
competitiva la scelta del legno per il vino, ben
oltre i classici punti di forza (resistenza, estetica,
posizionamento di alta gamma, durabilità).
L’impegno dei prossimi anni sarà indirizzato
verso quattro aspetti: 1) privilegiare le forniture
di legno francese, ancor più vicino ai luoghi di
produzione 2) sviluppare un processo di eco
design per limitare l’impatto dei fattori non legati al legno 3) ridurre il peso del trasporto ottimizzando i percorsi, informando e formando gli
autisti e scegliendo vettori disponibili a sottoscrivere un programma di sviluppo sostenibile 4)
garantire l’effettivo recupero collaborando con le
associazioni professionali e interprofessionali (in
primis quella di vitivinicoltori bordolesi del
CIVB) e a quelle dei consumatori. L’impegno, su
base volontaria, coinvolge 7 dei 9 produttori
associati ma tutti insieme costituiscono un punto
di riferimento per i produttori di vini di alta
gamma francesi ed anche californiani; tuttavia
l’obiettivo dell’associazione va oltre la semplice
risposta ad un’istanza ambientale e punta decisamente allo sviluppo delle vendite. Oggi il loro
mercato è in debole crescita, con appena un 1%
su base annua e una quota del 10%, mentre il
resto delle vendite è riferito a soluzioni in cartone.
Eppure è possibile elevarla al 15% nel giro di
qualche anno, estendendo la cassetta di legno
anche per i vini che si posizionano a ridosso delle
grandi etichette e che vengono sempre più pro-
posti anche presso i punti di vendita della grande
distribuzione (oggi il 60% viene venduto in medie
e grandi superfici despecializzate).
La cassa per vini, oltre a costituire la miglior protezione e promozione di un prodotto esclusivo,
rappresenta la naturale prosecuzione della filiera
vitivinicola: dal legno della vite al legno degli antichi strumenti di vinificazione, fino alle botti per la
conservazione e l’affinamento. Non vi sono standard dimensionali e prestazionali, proprio perché
per natura la cassetta va personalizzata per tipo
di decorazioni, dimensioni, portata e capacità,
corredo interno, sistema di chiusura. Nel confronto con il cartone, in termini di costo la differenza si limita a pochi centesimi di euro per le
soluzioni meno preziose, ma già il fatto di scegliere una scatola in legno nobilita immediatamente
il prodotto e quel delta di prezzo perde ogni
significato di costo trasformandosi in un forte
elemento di comunicazione.
L’associazione francese intende così non solo
difendere ma rilanciare la funzione economica,
ecologica e sociale dei suoi prodotti; nata nel
2002,Vinicaissiers ha fra l’altro creato anche un
Osservatorio di Norme Internazionali al servizio
dei propri clienti e ha messo a punto una serie di
schede tecniche condivise e standardizzate per
semplificare ai clienti la raccolta dei documenti
necessari all’esportazione.
IL PERIMETRO DELLO STUDIO
L’ecobilancio effettuato da FCBA per conto di
Vinicaissiers ha preso in considerazione la produzione 2007 delle 7 aziende partecipanti allo
studio: 8,7 milioni di casse pari a 33.364 mc di
legno per confezionare 63 milioni di bottiglie di
vino.
IL DISTRETTO DELLE CASSETTE
Nella regione della Gironda 12 operatori (di cui
9 associati) fatturano per 48 milioni di euro con
260 addetti e producono il 90% delle casse francesi, circa 10 milioni di pezzi l’anno. Il fabbisogno
in materia prima è di 60mila mc di segati di cui
parte importati e parte provenienti da segherie
locali (alcune aziende sono integrate a monte
con proprietà e attività agroforestali). Da qui,
l’importanza di un piccolo comparto che riveste
un ruolo economico e sociale per zone rurali
dove generalmente l’occupazione è più debole.
83 FEBBRAIO
ecologia
In arrivo elettricità verde
da piccole centrali a biomassa
U
na piccola centrale, da 500 kW di potenza
installata, in grado di assorbire 5mila tonnellate di
legno cippato su base annua e produrre elettricità con una micro turbina ma anche calore; piccola, utilizzabile in differenti contesti, ad alto rendimento ma a basso costo. E’ questa la sfida raccolta da Biomasse Energia, una nuova società che
nasce dalla collaborazione fra Durbiano s.r.l. e
Flenco spa, specializzata in servizi ausiliari per
turbine e presente in tutto il mondo.A primavera uscirà il prototipo che sarà proposto alle collettività e alle comunità montane, ma anche alle
imprese della filiera del legno.
“La vocazione di questa tipologia di impianto –
precisa Ettore Durbiano, amministratore delegato della nuova società – consiste sia nel dare uno
sbocco agli sfridi di produzione delle industrie
del legno, sia nello sfruttare un aspetto dell’economia agroforestale. Infatti, nella filiera che va dal
bosco al consumatore finale attraverso tutti i
suoi prodotti, emerge un nuovo filone d’interesse: quello dell’utilizzo energetico delle risorse
boschive, un’opportunità che oramai seduce
anche gli ambientalisti perché riconosciuta come
valore sostenibile”. Le biomasse legnose hanno
un valore ridotto rispetto agli altri prodotti della
filiera del legno, ma questo valore può essere
aumentato qualora vi sia una tecnologia di pirogassificazione ad alto rendimento, brevettata, in
grado di sfruttarne il potenziale energetico e di
generare quel beneficio economico che potrebbe ripagare i costi della raccolta e del conferimento in aree non troppo lontane dai punti di
sfruttamento delle biomasse stesse quale combustibile. Ecco, quindi, il significato di piccole centrali con alti rendimenti poste a fondovalle e
84 FEBBRAIO
capaci di assorbire il “prodotto” locale e non
quello proveniente da lontano. Il prototipo di
Biomasse Energia è in fase di preparazione e si
distinguerà per alto rendimento, costo contenuto, assenza di procedure autorizzative complesse.
Una corretta gestione delle risorse forestali
comporta operazioni di pulizia derivante da sfalci e potature e dalla caduta naturale per invecchiamento, per eventi atmosferici, per altre cause
naturali. Queste masse legnose, se lasciate abbandonate nel bosco, al termine della loro vita subiscono un processo di biodegradazione attraverso il quale restituiscono la CO2 assorbita nel
corso della loro vita e possono costituire un
pericolo, per esempio nel caso di piogge intense,
o un ostacolo alla corretta crescita e rigenerazione della selva.“Ma è soprattutto al contenuto di
CO2 sequestrata che si guarda con attenzione –
precisa Durbiano - Nell’ambito, infatti, di una
corretta gestione del bosco, queste masse possono diventare fonte di energia: sovente infatti,
segnatamente in Piemonte, le aree boschive si
incrementano per la crescita spontanea e naturale dovuta ad abbandono delle attività rurali, collinari e montane. La valorizzazione del prodotto
della pulizia del bosco è una risorsa che può aprire la strada di altre più importanti risorse forestali”. Ma non c’è soltanto il prodotto della
gestione forestale quale carburante primario di
queste piccole centrali: anche per i produttori di
imballaggi in legno tali impianti potranno costituire una risorsa nel momento in cui gli sfridi di
produzione entreranno nel ciclo di valorizzazione energetica, da soli oppure insieme alle biomasse del comprensorio agroforestale in cui si
colloca l’impresa stessa.
EPAL la “spugna” ecologica
che assorbe fino a 35 kg di CO2
Ecobilancio “negativo” per il pallet secondo i
www.timcon.org risultati del progetto congiunto fra Timcon , la
confederazione britannica dei produttori di bancali e imballaggi in legno, insieme alla campagna
promozionale Wood for Good e a
Skogsindustrierna, la federazione svedese dell’industria forestale. Il risultato, ottenuto da un sistema di calcolo sviluppato da ESD (Energy for
Sustainable Development), è stato presentato
all’inizio dello scorso anno e rivela che le attività
agroforestali, manifatturiere e logistiche della
filiera del pallet emettono in atmosfera un quantitativo di anidride carbonica inferiore rispetto a
quello sequestrato dalle piante che forniscono la
materia prima e a quello recuperato dalle attività di riutilizzo, riciclo e termovalorizzazione. Il
sistema ha infatti considerato in fase preliminare
la materia prima che costituisce il bancale, il tipo
e la quantità di carburante utilizzato per il taglio,
la raccolta e il trasporto dei tronchi, l’energia utilizzata per l’essiccazione del legno e il taglio e
assemblaggio dei componenti del pallet, i viaggi
del bancale lungo tutto il suo ciclo di vita e le
attività di riciclo. I bancali oggetto dello studio
appartengono a quattro tipologie: i 1.000 x 1.200
per attività medie e pesanti, gli EPAL 800 x 1.200
e quelli per uso leggero e medio da 800 x 1.200
mm. Sono stati inoltre considerati tre casi differenti: il bancale in legno fresco, quello in legno
essiccato con trattamento termico e quello trattato con forno di essiccazione, per evidenziare
tre diverse situazioni di consumo energetico e di
emissioni di CO2.
Dalle analisi effettuate emerge che la produzione
media di anidride carbonica delle cinque tipologie esaminate oscilla, nel caso di pallet in legno
fresco, intorno ai 4 kg equivalenti, con lievi scostamenti dovuti al peso del manufatto a seconda
delle prestazioni leggere, medie o pesanti richieste. Di questi 4 kg, la maggior parte va riferita alle
attività di produzione del bancale. Il sequestro di
CO2 varia da un minimo di 27 ad un massimo di
33 kg equivalenti, tranne il caso del formato per
uso leggero 800 x 1.200 (13 kg). In tutte e cinque
le situazioni, dunque, l’ecobilancio risulta negativo, nel senso che sottraendo alla CO2 emessa
quella sequestrata si produce un beneficio
ambientale che deriva dalla capacità delle piante
da cui si ricava il legno per i pallet di assorbire
l’anidride carbonica prodotta da altre attività
antropiche. Per gli altri due casi, differenti da
quello del legno fresco, le emissioni aumentano
raggiungendo i 5 kg equivalenti, senza peraltro
superarli: quindi, l’ecobilancio rivela per tipologie
differenti e caratteristiche strutturali e prestazioni diverse, un risultato confortante che non solo
premia la scelta di ricorrere a pallet in legno ma
che addirittura assume un valore ambientale
positivo su tutte la filiera a monte: l’industria
agroforestale si configura come il primo attore
virtuoso sul piano della prevenzione e della “pulizia” dell’atmosfera, in quanto è proprio grazie al
ciclo vegetativo di piante giovani, a sostituzione
di quelle tagliate, che avviene il maggiore sequestro e trasformazione di CO2 in fibra legnosa.
Infine, un dato particolarmente interessante: è il
bancale EPAL 800 x 1.200 il manufatto capace di
sequestrarne di più rispetto alle altre tipologie.
85 FEBBRAIO
normativa
In un cd rom offerto da CSLS
tutta la normativa
sugli imballaggi
È
www.legnosughero.info
86 FEBBRAIO
una somma organica e completa di tutte le
normative e i regolamenti applicabili nel settore
degli imballaggi in legno: è questo l’ennesimo
strumento di servizio e di lavoro che il
Consorzio Servizi Legno-Sughero mette a disposizione delle aziende del settore in forma di disco
ottico cd-rom grazie alla collaborazione con
l’Ente italiano di Unificazione (UNI). L’opera,
oltre a colmare una lacuna esistente nel nostro
comparto, dà la possibilità a imprese, tecnici e a
tutti gli operatori coinvolti dagli imballaggi in
legno di orientarsi nel complesso labirinto della
normativa di settore. Gli sforzi economico ed
organizzativo sostenuti dal Consorzio sono finalizzati allo sviluppo e all’aggiornamento della cultura di settore ed alla formazione permanente:
per questi motivi, l’opera al momento non è
acquistabile ma fa parte del pacchetto di strumenti previsti per i vari corsi di formazione organizzati da CSLS per i comitati tecnici dei marchi
di qualità che gestisce. A titolo orientativo, pubblichiamo l’indice completo dell’opera che, oltre
a mostrare la completezza e la complessità del
lavoro, permette di avere a portata di mano titoli, argomenti e riferimenti generali. Il cd-rom
abbraccia tutti i settori applicativi: dalla materia
prima ai trattamenti e ai chiodi, dagli imballaggi
industriali ai pallet, dalle bobine al contatto con
gli alimenti fino al tema “imballaggi e ambiente”;
si possono consultare gli elenchi aggiornati delle
norme specifiche, consultare i testi e stamparli.
L’elenco, inoltre, sarà costantemente aggiornato.
Il Consorzio ricorda che l’importanza della
conoscenza e dell’applicazione delle normative in
fase progettuale e costruttiva riguarda direttamente il senso economico stesso dell’impresa, ed
anche il suo valore sociale: per questo il loro
impiego dev’essere riferimento costante nella
pratica professionale.
normativa
Esportazioni di prodotti finiti
verso la California
I
l primo gennaio 2009 entra in vigore nello stato
della California un nuovo regolamento che avrà
conseguenze importanti per le esportazioni di
prodotti legnosi nello stato della California. Si
tratta dell’Airborne Toxic Control measure
(ATCM), approvato dal Californian Air Resources
Board (CARB) con l’intenzione di ridurre progressivamente le emissioni di formaldeide dai
materiali a base di legno (composite wood products) venduti e utilizzati sul territorio dello
stato della California.
Sebbene l’obbligo esista, per il momento, solo
per la California, è prevedibile che gli standard
fissati in tale stato diventino presto un riferimento nel resto degli USA.Tale regolamento prevede
due fasi, denominate come “Phase 1” e “Phase 2”,
con limiti relativamente all’emissione di formaldeide più restrittivi passando dalla “Phase 1” – in
vigore dal primo gennaio 2009 – alla “Phase 2” –
a partire dal primo gennaio 2010.
Il presente regolamento deve essere applicato
anche al settore imballaggi in legno.
Restano esclusi da tale ambito i prodotti realizzati prima del primo gennaio 2009: questi infatti
potranno essere comunque distribuiti, esportati
e venduti nello stato della California fino al 30
giugno 2010.
In prima battuta è da sottolineare come gli imballi in legno costituiti da solo legno massiccio con
sistemi di giunzione meccanica (come a esempio
viti, chiodi, graffette) sono da escludere da tale
ambito.
Campo di applicazione
1. Compensati di latifoglie: include tutti quei compensati/multistrati ottenuti tramite la sfogliatura
di specie decidue a foglia larga. Inoltre all’interno
della presente categoria rientrano quei compensati aventi come elemento decorativo sfogliati di
conifera e all’interno sfogliati di latifoglia.
2. Pannelli truciolari: pannelli costituiti da particelle in legno. Questo campo non include i blocchetti in agglomerato per pallet.
3. Pannelli MDF: pannelli di fibre ottenuti per via
secca.
Non sono oggetto del Regolamento ATCM i
seguenti materiali:
1. Compensati di conifera: include quei compensati ottenuti da sfogliatura di specie a foglie aghiformi e/o con strobili.
2. Compensati strutturali: per tale tipologia di
88 FEBBRAIO
pannelli si applicano altri standard di riferimento
3. Masonite/prodotti ottenuti tramite il solo processo di pressatura
4. OSB a uso strutturale: prodotti costituiti da
scaglie di legno orientate.
5. Cartone: cartone normalmente usato per il
settore imballaggi.
6. Blocchetti in agglomerato per pallet.
È importante sottolineare quanto segue:
- Per i produttori dei pannelli sopra menzionati
vige, per l’esportazione in California, l’obbligo di
certificazione.
- Al produttore del prodotto finito (imballaggi)
non si chiede di essere certificato, ma di conservare per un minimo di due anni la documentazione atta a dimostrare che egli ha preso le “precauzioni di ragionevole prudenza” per assicurare che
i prodotti messi sul mercato siano rispondenti
alle nuove regole.
- Tale documentazione deve dimostrare, come
minimo, che il produttore abbia istruito il proprio
fornitore di pannelli sui requisiti imposti dal
regolamento del CARB e che il produttore di
pannelli abbia dichiarato di fornire prodotti conformi a tale regolamento. Oltre a ciò, il fabbricante deve mantenere le registrazioni riportanti le
date di acquisto e il nominativo del fornitore.
- L’imballaggio finito deve essere etichettato in
modo facilmente visibile per l’utilizzatore e
riportare, come minimo, le seguenti informazioni:
1. Nome del fabbricante.
2. Data di fabbricazione del prodotto finito.
3. Indicazione che affermi che il prodotto è costituito da “composite wood products” conformi ai
requisiti stabiliti dal regolamento ACTM per la
fase 1 o la fase 2.
4. Se il prodotto è stato realizzato con adesivi
particolari (ULEF, pMDI o MDI), ciò deve essere
indicato in etichetta.
- Oltre all’etichettatura, il fabbricante deve fornire una dichiarazione di conformità (che può far
parte della fattura o di altra documentazione
commerciale di accompagnamento) con la quale
afferma che il proprio prodotto soddisfa i requisiti della fase 1 o della fase 2 del regolamento del
CARB.
- Un esempio di dichiarazione da riportare sia
sull’etichetta sia nella documentazione di accompagnamento è il seguente:
“Contains [particleboard/MDF/hardwood plywo-
RIFERIMENTI UTILI
Si riportano di seguito utili riferimenti per una
migliore comprensione di quanto descritto:
http://www.arb.ca.gov/toxics/compwood/implementation/faq.htm: indirizzo web in cui vengono
date risposte alle domande più frequenti.
http://www.arb.ca.gov/regact/2007/compwood07/fro-final.pdf: indirizzo web da cui è possibile scaricare il Regolamento ATCM.
http://www.arb.ca.gov/toxics/compwood/compwood.htm: indirizzo web da cui è possibile
reperire le ultime informazioni in relazione
all’attività.
http://www.arb.ca.gov/toxics/compwood/listoftp
cs.htm: indirizzo web da cui è possibile ottenere
informazioni sui vari Organismi di Ispezione e
Prove accreditati dallo Stato della California.
od] that complies with CARB [phase 1/phase2]
formaldehyde standars in CR 93120.2 (a)”; oppure, se il pannello è fabbricato con resine senza
formaldeide aggiunta (NAF – No Added
Formaldehyde) o con emissioni estremamente
ridotte (ULEF – Ultra Low Emission
Formaldehyde): “Contains [particleboard/MDF/
hardwood plywood] made with [NAF/ULEF]
resins that comply with CARB formaldehyde
emission standards in CR 93120.2 (a)”.
- A partire dal primo gennaio 2010 cominceranno a entrare in vigore i requisiti di emissione
della fase 2, più restrittiva (vedere tabella 2),
mentre la possibilità di vendere prodotti finiti che
li soddisfano sarà assicurata per ulteriori 18 mesi
successivi a tali scadenze.
89 FEBBRAIO
normativa
Imballaggi industriali:
la sicurezza è un obbligo
Nell’ambito della produzione e dei servizi rela-
ww.aias-sicurezza.it
90 FEBBRAIO
tivi all’imballaggio in legno, l’imballaggio industriale su misura è il comparto dove il rischio di incidenti sul lavoro risulta più elevato. Un rapido
percorso mentale lungo le principali fasi di lavorazione ci permette di scoprire che questo settore è affine a quelli ad alto indice di infortuni,
come quelli delle costruzioni e dell’industria
metalmeccanica, dove l’interazione uomo-macchina è elevata e ancor di più la manualità, collegata dall’uso di piccole macchine leggere semiautomatiche, fisse o portatili, e ad utensili di tipo
tradizionale.
Elevata è anche la tipologia di azioni poco ripetitive, di luoghi di lavoro differenti dal sito dell’impresa (presso i clienti), di condizioni climatiche.
Inoltre il ventaglio delle stazioni di lavoro è estremamente ampio: non esiste un bancone, una stazione fissa di lavorazione, spesso si opera in
quota, per imballare e proteggere manufatti sempre diversi per peso, dimensione e forma. “In
effetti possiamo senza timori di smentite affermare che l’attività dell’imballaggio industriale
presenta un discreto concentrato di trappole
molto insidiose - sostiene Enrico Saponaro, uno
dei 25mila consulenti esperti in sicurezza iscritti
all’AIAS e che opera anche nel settore dell’imballaggio in legno – Per esempio, solo per citare una
delle azioni più comuni svolte dagli addetti del
comparto, riflettiamo per un attimo sulle pistole
sparachiodi: un proiettile d’acciaio di 12 cm
schizza fuori non appena si preme il grilletto.
Affrontare questo, come tanti altri punti critici
dell’attività degli imballatori industriali, nell’ambito di un solo articolo è difficile: E-Pack inizia
quindi su questo numero un viaggio nell’universo
della sicurezza che si estenderà anche agli altri
settori dell’imballaggio, con l’obiettivo di aumentare la professionalità e il valore delle nostre
imprese.
Ribaltando per una volta la prassi giornalistica, è
Enrico Saponaro che dalle righe del presente
articolo intervista noi con una serie di domande.
La prima è decisamente scomoda:“Quale consapevolezza avete del problema sicurezza nella
vostra impresa? Possedete statistiche generali e
particolari sulla tipologia di incidenti e luoghi
dove avvengono?”
La conoscenza è uno strumento importante per
pianificare una strategia basata su strumenti
informativi e formativi su misura per il comparto; di conseguenza, la seconda domanda scottante del consulente tecnico sulla sicurezza riguarda
la normativa. “Cosa vi dicono questi numeri:
547/55, 626/94, 123/07 e 81/08? Nelle micro e
nelle piccole imprese spesso non si conosce il
contenuto di tali norme e talvolta neanche l’esistenza; eppure alcune sono recentissime e costituiscono per il ‘fare impresa’ altrettanti rischi al
pari di una pistola sparachiodi”.
Non conoscerle, non applicarle o applicarle male
espone a rischi gravi: non si tratta soltanto della
salute e della vita delle persone, ma anche dell’azienda stessa che, se non ottempera ai vari
dettati, in caso di infortunio può arrivare a portare in tribunale, oltre il titolare, anche i libri.
Tuttavia, ancor prima di arrivare all’ipotesi di un
infortunio fisico, si rischia di incappare in una violazione specifica di legge, se non si conosce la
normativa più recente. “Supponiamo che
un’azienda vi appalti la realizzazione di un imballaggio industriale presso il suo sito produttivo ipotizza Saponaro – oppure che siate voi stessi a
subappaltare, per esempio, a una cooperativa, nel
qual caso siete voi il datore di lavoro, il committente.
Dopo aver raccolto tutti gli elementi tecnici ed
economici necessari, vi accingete a redigere il
preventivo e a stilare il contratto ma vi si chiede
il DUVRI”. Non si tratta di un documento facoltativo, ma obbligatorio ed è parte integrante del
contratto (vedi box a lato). E non è l’unico obbligo: sempre a proposito di contratto, questa volta
però all’interno dello stesso, a norma di legge
vanno riportati i costi relativi alla sicurezza, che
fra l’altro non possono in nessun caso essere
oggetto di ribasso.“E’ un obbligo che apre immediatamente alla polemica – riconosce Saponaro –
Spesso accade il contrario di ciò che impone la
norma: per poter essere concorrenziali molte
imprese, in tutti i settori, non spendono in sicurezza e rendono così meno competitive le aziende che invece ottemperano agli obblighi di legge.
Ovviamente il problema non è soltanto degli
imballatori ma anche dei clienti che non verificano il rispetto della normativa per trarne un beneficio economico anch’essi in termini di costi”.
In pratica, non conoscere la normativa, come
pure non applicarla correttamente e compiutamente, rappresenta un reale risparmio? Sì, in ter-
CHE COS’È IL DUVRI?
Dal DLgs n. 81/2008
Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
mini assoluti, ma in termini relativi equivale a
consegnare il valore della propria azienda all’aleatorietà del caso (statisticamente frequente) di un
controllo, di una denuncia, di un infortunio: per
entrare nel concreto, equivale a sanzioni diverse
a seconda dei soggetti coinvolti e della devianza
(da un minimo di 50 a un massimo di 45.000
euro), azioni penali (con rischi di condanne alla
reclusione da 1 fino a 12 mesi), costi legali, risar-
cimenti per danni, perdita d’immagine presso i
clienti, ore non lavorate. Il primo investimento,
allora, da affrontare è per la conoscenza della
legge, che non ammette ignoranza.Alla domanda
“chi nella vostra azienda conosce ed è responsabile dell’applicazione delle normative sulla sicurezza” si deve essere in grado di dare una risposta certa. E’ un prerequisito, non un’opzione.
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI
Art. 26.
Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione
…………….
3. Il datore di lavoro committente promuove la
cooperazione ed il coordinamento di cui al
comma 2, elaborando un unico documento di
valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non e' possibile,
ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale
documento e' allegato al contratto di appalto o
di opera.
…………....
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto
e di somministrazione, anche qualora in essere
al momento della data di entrata in vigore del
presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad
esclusione dei contratti di somministrazione di
beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del
codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell'articolo 1418
del codice civile i costi relativi alla sicurezza del
lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo specifico appalto.
91 FEBBRAIO
normativa
L’ecodesign ha bisogno
di una base normativa
www.conai.org
L
o scorso 3 dicembre si è svolto a Milano un
seminario su “Ecodesign del packaging e Carbon
Footprint” patrocinato dal CONAI (è possibile
scaricare gli atti del convegno sul sito web.
L’obiettivo dei topics del seminario si racchiude
nel termine “sostenibilità”, intesa come attività
che “Pianifica lo sviluppo per soddisfare i bisogni
delle attuali generazioni senza compromettere le
capacità delle future di soddisfare i propri”
(Bruntland, 1987); più articolata è la definzione di
“sostenibilità ambientale”, da intendersi come il
“preservare la capacità della terra di garantire la
vita in tutta la sua diversità, rispettare i limiti delle
risorse naturali del pianeta e garantire un livello
elevato di protezione e di miglioramento della
qualità dell’ambiente, prevenire e ridurre l’inquinamento ambientale, promuovere metodi di produzione e consumo sostenibili al fine di rompere
la connessione tra crescita economica e degrado
ambientale” (Riesame della Strategia dell’UE in
materia di sviluppo sostenibile, Consiglio europeo 10117/2006).
ECODESIGN DEL PACKAGING
Gli imballaggi sono chiamati ad essere sostenibili, ma come? Non certamente eliminandoli ma
progettandoli in modo che siano sostenibili per
l’ambiente e quindi possano definirsi a vario titolo ecosostenibili; l’appello coinvolge tutti, da chi
progetta a chi consuma. L’obiettivo si raggiunge
partendo dal Life Cycle Design, ossia già in fase
progettuale si prevede anche la fine del ciclo di
vita del prodotto (l’offerta di appositi software è
sempre più ricca). Prima di avviare la progettazione, per poter ottenere il profilo ecologico di un
prodotto, si ricorre a due strumenti: LCA (Life
Cycle Assessment) o ecoaudit:
• nel primo caso si effettua una valutazione
potenziale dell’impatto ambientale di un prodotto, di un processo o di un'attività durante tutto il
suo ciclo di vita;
• nel secondo caso un ecoaudit fornisce le linee
guida per il design.
L’ecodesign integra l’aspetto ambientale con
quello di prodotto. I software consentono di studiare il design attraverso i componenti dell’imballaggio, individuando più funzioni. Il software che
effettua l’ecodesign, per esempio, quando lavora
sulla “monomatericità” (utilizzo di un unico
92 FEBBRAIO
materiale) simula in fase progettuale la fine del
ciclo di vita del prodotto. I fattori determinanti
per ottenere un imballaggio ecosostenibile sono:
• la leggerezza (che può determinare, dal punto
di vista ambientale, un miglioramento significativo);
• l’utilizzo di risorse sicure e rinnovabili;
• l’estensione della vita dei materiali che compongono l’imballaggio
• il disassemblaggio dei materiali
Nei software in commercio è possibile, in fase di
design, riuscire ad individuare, a seconda del tipo
di packaging, (es. in PVC) prestazioni particolari,
come la resistenza del materiale a determinate
sostanze (es. acido citrico), riciclo o recupero di
energia, consumo di acqua, resistenza ai raggi
UV… A seconda del tipo di materiale e della
struttura (monomaterico o plurimaterico) si può
prevedere il destino dell’imballaggio e quindi il
suo rapporto con la politica ambientale in termini di energia e CO2. Non è consigliabile confrontare i materiali fra di loro: è necessario invece
analizzarne le funzioni (ad esempio, considerare
quanto materiale va usato al posto di un altro).
Dopo aver realizzato l’ecoprofilo del prodotto
(che non ha a che fare con la fase di fine vita del
prodotto), sarà l’azienda a decidere su quali indicatori ambientali puntare (ad esempio si sceglierà se privilegiare il risparmio di acqua, l’emissione di CO2” eccetera).
Differenti sono le possibilità di ridurre il carico
ambientale, anche a seconda delle diverse fasi del
flusso di produzione: ad esempio, si può ridurre
la quantità di risorse primarie impiegate; in particolare, se le materie prime utilizzate dovessero
provenire da riciclo bisognerà chiedersi come sia
avvenuto, se la filiera gestisce correttamente quel
materiale. Si potrà altresì decidere di intervenire
sui costi di trasporto, evitando forniture di materiale da un paese troppo distante dallo stabilimento, o valutare se è il caso di intervenire sul
sistema di logistica interno. In sintesi, oggi è possibile progettare l’ecosostenibilità attraverso dati
gestiti da un software.
CARBON FOOTPRINT E QUOTE DI CO2
Nell’ambito dell’ecosostenibilità, si fa riferimento
sempre di più al termine Carbon Footprint
(C.F.): è una misura che esprime in CO2 equiva-
lente il totale delle emissioni di gas ad effetto
serra (il biossido di carbonio è uno dei GHG
“Greenhouse gases” per il Protocollo di Kyoto)
associate all’attività umana o ad un prodotto,
un’organizzazione o un servizio.
È possibile distinguere fra:
• C.F. di prodotto, un sottoinsieme dei dati derivanti dal Life Cycle Assessment ottenibili con il
metodo standardizzato ISO UNI EN 14040 –
14044;
•C.F. di organizzazione e servizio, dove si utilizzano le norme ISO 14064 – 14065 nate dall’esigenza di standardizzare gli aspetti della contabilità e
la verifica dei processi di GHG.
L’art. 3 del Protocollo di Kyoto pone nel periodo
2008 – 2012 l’obiettivo di riduzione di emissione
di CO2 del 5%, dai livelli del 1990: ma quali metodi esistono per ridurre la CO2?
Vi sono metodi volontari, come le norme ISO e
il Life Cycle Assessment, ma anche dei vincoli: in
Europa è in vigore esiste la Direttiva 2003/87/CE,
che è legge.
La Direttiva 2003/87/CE (il Decreto Legge n. 273
del 12 novembre 2004 ha consentito l’applicazione della Direttiva ETS in Italia dal gennaio del
2005) ha istituito un sistema comunitario per lo
scambio di quote di emissioni di gas denominato
Emission Trading System (ETS) al fine di ridurre
le emissioni di CO2 “secondo criteri di efficacia
dei costi ed efficienza economica” (Art.1).
Tale sistema consente di rispondere agli obblighi
di riduzione delle emissioni attraverso l’acquisto
dei diritti di emissione. Si stima che il 10% delle
imprese dell’UE che si trovano a sottostare agli
obblighi della suddetta Direttiva siano in Italia.
A dicembre 2008, il Parlamento Europeo ha inoltre approvato il Pacchetto clima-energia (noto
anche come “Pacchetto 20-20-20”), volto a conseguire gli obiettivi che l'UE si è fissata per il
2020:
• ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto
serra,
• portare al 20% il risparmio energetico,
• aumentare al 20% il consumo di fonti energetiche rinnovabili.
Il Pacchetto comporta una riduzione alla fonte
delle emissioni per tutti i comparti produttivi,
non solo per quelli coperti dalla Direttiva ETS.
Il sistema di Emission Trading introdotto dalla
Direttiva è un sistema di tipo “Cap & Trade” che
prevede la fissazione di un limite massimo (cap)
alle emissioni realizzate dagli impianti industriali
che producono gas ad effetto serra; tale limite è
fissato attraverso l’allocazione di un determinato
numero di quote di emissioni a ciascun impianto.
Le quote (European Unit Allowance - EUA) attribuiscono il diritto ad immettere una tonnellata di
biossido di carbonio equivalente in atmosfera nel
corso dell’anno di riferimento della quota stessa,
e vengono assegnate agli impianti regolati dalla
Direttiva ETS attraverso i Piani Nazionali di
Assegnazione (PNA); questi sono soggetti all’approvazione da parte della Commissione Europea.
Ogni anno i gestori degli impianti regolati dalla
Direttiva ETS sono tenuti a restituire un numero
di quote corrispondenti alle emissioni reali prodotte.
L’eventuale surplus di quote (differenza positiva
tra le quote assegnate ad inizio anno e le emissioni effettivamente immesse in atmosfera) potrà
essere accantonato o venduto sul mercato, mentre il deficit potrà essere coperto attraverso l’acquisto delle quote. Gli Stati membri dovranno
quindi assicurare la libera circolazione delle
quote di emissioni all’interno della Comunità
Europea consentendo lo sviluppo effettivo del
mercato europeo dei diritti di emissione.
La quota di CO2 è quindi definita da una norma.
Se è definita da una norma, la quota diventa un
“bene”, giuridicamente vincolabile: questo vuol
dire che può essere, ad esempio, oggetto di compravendita. L’azienda non solo risparmia ma la
CO2 risparmiata diventa un utile. In altre parole,
è come se l’aria fosse stata “demanializzata” poiché non è più possibile emettere CO2 se non c’è
un’autorizzazione.
L’approccio ISO e l’approccio ETS, in termini di
riduzione di CO2, sono diversi e comportano
effetti diversi sul mercato. Nell’approccio ISO, si
ha a che fare con un mercato di compravendita
delle Voluntary Emission Reductions (VER); sono
mercati volontari che comprano la riduzione di
CO2 emessa sul mercato. Gli USA, non avendo
ratificato il Protocollo di Kyoto, possono utilizzare questo approccio; ad esempio, se voglio valutare la riduzione di CO2 dovuta al riciclaggio di
imballaggio posso farlo attraverso VER.
Nell’approccio ETS si instaura un mercato di
compravendita delle European Unit Allowances
(EUA), oppure di rilascio di Certified Emission
Reduction (CER) o Emission Reduction Units
(ERUs); il sistema ETS vincola i Paesi della
Comunità Europea ma è chiaro che, chiunque
voglia operare su suolo europeo, debba rispettarlo anche se non soggetto al Protocollo di
Kyoto o alla Direttiva ETS.
La sostenibilità, soprattutto in fase progettuale,
non ha pertanto un suo approccio definito, ma va
ancorata a dei metodi standardizzati così come la
riduzione di CO2 deve riferirsi ad uno standard.
93 FEBBRAIO