L`angolo della privacy

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L`angolo della privacy
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L’angolo della privacy
Chat sul cellulare: ecco le app "lucchetto" per
nasconderle
E i fondatori di Kibo, che garantisce un invio di messaggi
sicuro e a prova di fidanzato curioso, lo sanno bene.
Il Garante per la privacy: "Il valore economico dei dati spesso
compromette le regole etiche"
La segretezza delle
conversazioni private è
una necessità sempre
più impellente
Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la
protezione dei dati personali
In un mondo dove si tiene il conto di quando sei online su
Messenger e di quando visualizzi un messaggio sulla chat di
Whatsapp è sempre più forte il desiderio di avere un po' di privacy.
E da una sorpresa di compleanno rovinata è nata l'idea di Kibo,
l'app lanciata la scorsa settimana che permette di nascondere i
messaggi privati in qualsiasi chat. Basta un lucchetto. Così, il
partner, il fratello o la mamma non possono sbirciare sul tuo
smartphone in un attimo di distrazione. "In una decina di giorni sarà
disponibile anche in italiano - hanno assicurato i creatori Vitaly
Halenchik e Kiril Davydov -. Puntiamo a tutelare la riservatezza dei
nostri utenti: nessuno tranne il mittente e il destinatario sarà in grado
di leggere i messaggi".
Ma la domanda è: abbiamo seriamente tutta questa
privacy? "Ovviamente molto dipende da come proteggiamo i
nostri dati - ha spiegato Antonello Soro presidente dell'Autorità
Garante per la protezione dei dati personali - e dall'uso che di tali
sistemi facciamo. Non esistono tecnologie rischiose in sé, ma certo
la realtà digitale è piena di insidie. Il valore economico dei dati
spesso compromette le regole etiche e, talvolta, anche quelle
giuridiche. È dunque essenziale che ciascuno di noi sia
consapevole dell'importanza di proteggere i propri dati e valuti
attentamente, soprattutto rispetto ai social network o alle chat,
quali parti di sé far conoscere, perché altri potrebbero usarle
‘contro di noi'".
Quindi stiamo parlando di una privacy su due fronti. Da un
lato facciamo di tutto per nascondere un messaggino 'segreto' al
partner o ai genitori curiosi, ma nel frattempo in qualche angolo
remoto del mondo qualcuno potrebbe leggere in chiaro quello
che stiamo cercando di tenere privato, appunto. L'Eletronic Frontier
Foundation - l'associazione internazionale che tutela i diritti digitali e
la libertà di parola - ha creato una tabella di elaborazione dati
delle chat dalla quale è emerso che in moltissimi casi i messaggi
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possono essere letti dai dipendenti che gestiscono i server della
messaggistica istantanea. WhatsApp è una delle chat più
pericolose del momento. Telegram, la chat creata dai fondatori
del Facebook russo VK, è quasi la sorella gemella di Whatsapp, ma
molto più sicura. La sua icona è un aeroplano di carta e
simboleggia la libertà delle comunicazioni: ha un sistema di
codifica forte, delle chat segrete e dà la possibilità di distruggere i
messaggi dopo pochi secondi. Whatsapp, invece, protegge i
messaggi in transito, ma questi non sono crittografati sui server
dell'azienda. In questo modo i dipendenti che gestiscono i server
potrebbero leggerli in chiaro. Questo avviene anche per
Messenger di Facebook e la chat di Google. Ma quali
caratteristiche dovrebbe avere una chat sicura? Secondo il
rapporto dell'Eff dovrebbe criptare i messaggi; adottare il sistema
‘end-to-end' dove neanche gli sviluppatori dell'azienda possono
visualizzare il testo; tenere sicura la cronologia delle chat nel caso
in cui le chiavi di crittografia venissero rubate; permettere che il
codice delle app possa essere analizzato da ispettori esterni e
avere un codice trasparente e crittografia documentata. Se
almeno uno dei criteri non è rispettato, la privacy non è tutelata.
"Stiamo salvando tutti i messaggi sul nostro server, ma per
garantire la riservatezza li registriamo in forma del tutto anonima", ci
hanno assicurato i co-fondatori di Kibo. Al momento, ha più di
23mila utenti. Non si tratta della prima app che nasconde i
messaggi delle chat. Si può dire che Snapchat ha dato il via con i
suoi messaggi e foto che si autodistruggono. Poi c'è Confide che si
può istallare anche sul pc. Ma Kibo è diverso perché ‘vive' nella
tastiera di ogni chat che si utilizza. Certo, per poter ‘giocare' con il
lucchetto e scriversi ‘in segreto' occorre che entrambe le persone
abbiano l'app istallata.
Abbiamo chiesto a Antonello Soro se esistono delle
disposizioni sulla privacy dei messaggi nelle chat. Abbiamo la
certezza che i dipendenti che gestiscono i server delle chat non
possano leggere?
"È il punto di maggiore vulnerabilità. Quello delle misure di
sicurezza che i titolari devono adottare per garantire la protezione
dei nostri dati da accessi abusivi e utilizzazioni illegittime è uno dei
profili cui annettiamo la massima importanza. Ovviamente il
contenuto dei messaggi deve restare, anche sulle chat,
inaccessibile ai terzi, cioè a chiunque non sia il destinatario. Gli
stessi operatori che gestiscono i server delle chat non devono
potervi accedere, dovendo limitarsi a svolgere le attività
strettamente necessarie a garantire la funzionalità del sistema,
delle quali siano stati espressamente incaricati".
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E come state agendo di concerto con il gruppo dei Garanti
europei?
"La nostra Autorità ha contribuito all'elaborazione di un parere
adottato dai Garanti europei, sull'uso delle app. La recente
sentenza della Corte di giustizia sulla sicurezza dei dati trasferiti negli
Usa, anche per social come Facebook, e la posizione assunta,
proprio giovedì scorso, dall'organo di coordinamento dei Garanti
europei, dimostrano come si possa impedire che norme meno
garantiste quali quelle americane prevalgano sul diritto
fondamentale della privacy. Quindi, in caso di modalità di gestione
dei social, anche in Paesi non europei, che vìolino il diritto alla
privacy dei cittadini europei, questi ultimi potrebbero richiedere
tutela secondo la disciplina Ue, attraverso le Autorità di protezione
dati".
Insomma, siamo letti di nascosto. Ma possiamo comunque
cercare di proteggerci su entrambi i fronti. E se un amico, un
genitore o il proprio partner legge volontariamente dei messaggi in
una chat in nostra assenza, attenzione, perché una sentenza della
Cassazione ha recentemente condannato questa azione. È
considerata infatti violazione della privacy. "Si tratta indubbiamente
di una violazione - ha concluso Soro - che nei casi più gravi può
configurare addirittura un reato. Però, per i genitori che agiscono a
tutela del proprio figlio minore vanno ovviamente operati dei
distinguo".
Fonte: "La Repubblica", 26 ottobre 2015, di Sara Stefanini
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