il ruolo del padre è importante, per i figli, quanto quello della madre
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il ruolo del padre è importante, per i figli, quanto quello della madre
Titolo Rubrica: Chiacchierando con lo Psicologo Titolo Articolo: “Il ruolo del padre”. A cura di: Dott. Alessandro Faita – Psicologo e Psicoterapeuta. Studio "Metis", Via del Dosso, 16. Provaglio d'Iseo (BS). Tel.: 333 3322842. Sito Internet: www.psicologiainbreve.it Spesso la letteratura scientifica e quella divulgativa hanno trascurato di soffermarsi sullo studio della paternità. Una prova di ciò è data dallo scarso numero di ricerche esistenti sull'argomento, a differenza di quelle concernenti la figura materna ed i legami da essa intrecciati con la prole. Se entriamo in una libreria specializzata, troveremo centinaia di pubblicazioni inerenti il ruolo materno e, soltanto dopo un'accurata ricerca, scoveremo alcuni testi dedicati al padre. Eppure il ruolo del padre è importante, per i figli, quanto quello della madre sia che venga esercitato all’interno della famiglia (nelle coppie sposate o conviventi) sia come figura “esterna” (nei casi di separazione o divorzio). Vale la pena soffermarci brevemente sull’influenza che il rapporto di coppia può avere sul ruolo del padre e sull’educazione dei figli. Innanzitutto un rapporto coniugale sano, basato sul rispetto e la collaborazione reciproca, facilita e promuove lo stabilirsi di relazioni serene ed amorevoli con il figlio; inoltre i legami tra padre e figlio risultano più positivi se quelli istituiti con la moglie sono contraddistinti da disponibilità affettiva e pratica, sia nella conduzione economica della famiglia che in quella educativa. La coppia genitoriale è fondamentale per presentare al minore positive modalità di scambio interindividuale e per educare il figlio a vivere criticamente e responsabilmente, agevolandolo nel suo bisogno di affermazione e autodeterminazione, incentivandolo al rispetto delle altrui esigenze, favorendo lo scambio e la reciprocità. Numerose ricerche hanno evidenziato l'emergere di problematiche, anche gravi, derivanti da difficoltà della coppia genitoriale. Per esempio, i minori che assistono a continui scontri per la conquista del potere intrafamiliare tendono a diventare ansiosi, a rifiutare l’ambiente in cui vivono, presentano scarsa accettazione di se stessi, un basso quoziente intellettivo e gravi problemi di apprendimento. D'altro canto i minori nella cui famiglia è presente una scarsa o un'accentuata dominanza maschile presentano difficoltà nei rapporti interpersonali, vanno incontro ad insuccessi scolastici, hanno una capacità ridotta di controllo degli impulsi aggressivi, presentano più spesso tendenze delinquenziali e un orientamento sessuale più confuso. Il ruolo del padre, quindi, inizia nel rapporto di coppia e nella capacità di costruire, insieme alla compagna, un clima familiare sereno, disponibile e di mutua reciprocità. A livello personale, per riuscire più facilmente a svolgere un ruolo utile e positivo, il padre dovrebbe avere sviluppato (se così non fosse dovrebbe impegnarsi a sviluppare) una personale ed efficace modalità di funzionamento, in quanto è responsabilità del padre strutturare dei legami all’insegna della coerenza dei messaggi trasmessi e dell’idoneità dei figli a comprenderli ed è necessaria la disponibilità paterna alla continua trasformazione di se stesso e alla costante revisione e trasformazione del proprio comportamento in riferimento alla dinamica di crescita del figlio. Rispetto alla primaria relazione oggettuale istituita dal bambino con la madre, il padre è il primo rappresentante del mondo esterno. Guida il bambino verso l’autonomia, a comunicare con il mondo esterno e ad accettare il “diverso da sé”. Prima della nascita è importante che il padre stia vicino alla futura madre; prendersene cura è il primo atto d'amore rivolto al bambino; dopo pochi mesi dal concepimento il bambino è già in grado di percepire alcuni stimoli, il padre può cominciare ad interagire con lui parlandogli, accarezzando la pancia della compagna... è il primo contatto che faciliterà il rapporto successivo alla nascita. Dalla nascita ai 9 mesi il bambino instaura con la madre la prima relazione oggettuale, molto profonda, simbiotica, di estrema dipendenza. La presenza del padre è fondamentale perché il rivelarsi come “altro” rispetto alla madre, motiva il figlio ad intessere relazioni all’insegna dell’apertura, del dialogo, dello scambio; lo incita alla distinzione della sfera individuale da quella sociale; lo avvia alla conquista dell’indipendenza. Nel concreto molto può fare il padre in questa fase, alternandosi alla madre nelle cure del figlio, cambiandogli il pannolino, facendogli il bagnetto, portandolo a fare un giretto, aiutandolo ad addormentarsi o accudendolo nei momenti di sofferenza. Percepire la diversità fra il padre e la madre aiuterà il figlio ad aprirsi al mondo e ad adeguarsi alle differenze; svilupperà inoltre quella consapevolezza di essere amato da più persone così importante per sentirsi sicuro e porre le basi della costruzione di un'adeguata autostima. Dai 9 mesi ai 3 anni il padre, continuando ad essere presente fisicamente ed affettivamente nella vita del figlio, concorre a far progredire la caratterizzazione sessuale del bambino, la formazione della sua coscienza morale e della sua autonomia sociale. E' indispensabile essere presenti quando il figlio comincia a muovere i primi passi; fondamentale ritagliare tempo per giocare insieme, ridere, leggere storie e coccolarsi. Dai 3 anni all’adolescenza il padre offre strumenti concettuali per la formazione del Sé completo e indipendente. Accompagna il figlio nella costruzione di modalità relazionali più elaborate e diversificate e nella interazione con la realtà circostante. Il padre dovrebbe diventare il genitore di riferimento nell'interazione con l'esterno, tenere i rapporti con la scuola, partecipare agli incontri con le insegnanti e parlarne con il figlio, accompagnare e stimolare il figlio a sperimentare nuove attività favorendo un atteggiamento di ricerca e curiosità. Nell’adolescenza occorre che il padre acquisti l’aspetto di presenza dialogica: ascoltare il figlio, rispettare quello che dice e confrontarsi apertamente con lui in modo da favorire un rapporto aperto e all'insegna dello scambio alla pari e della comprensione. Importante sarà interessarsi alle nuove esperienze relazionali e comportamentali del figlio, rispettarne l’iniziativa e proporsi come elemento di verifica esperienziale stando molto attento ad evitare sia di ridursi a “compagno” o ad “amico”, sia di ergersi come giudice. Lasciare ampie libertà al figlio aiutandolo a comprendere i limiti oltre i quali non può spingersi, sarà il modo migliore per permettergli di sviluppare quel senso di responsabilità così importante per trasformarsi in un adulto capace di badare a se stesso e in grado di affrontare il mondo.