Introduzione

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Nell’esperienza italiana,
così come in quella internazionale, accade sovente che l’Accademia veda
chiamati alcuni tra i più
affermati professori universitari a collaborare, a
vario titolo, nella pubblica
amministrazione. Simile
condizione
caratterizzò
anche la vicenda umana di
Giordano Dell’Amore, che
l’Istituto Javotte Bocconi
si onora di ricordare con
questo volume, raccogliendo testimonianze e saggi di
allievi del Maestro (Mauri,
Mottura, Ruozi, Bianchi),
Giordano Dell’Amore ritratto nella Ca’ de Sass, anni Settanta.
di un collega accademiAlle sue spalle la tela di Gerolamo Induno,
La battaglia della Cernaia (1857).
co (Alberto Cova) e di un
suo successore alla presidenza della Cassa di Risparmio delle Provincie
Lombarde (Roberto Mazzotta); oltre all’importante contributo di Marzio
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Romani, che dedica, ormai da anni, tempo e intelligenza alla storia dell’Università Bocconi.
Si diceva, dunque, del nesso tra posizione di cattedra universitaria e
impegno in pubblici uffici. Il docente, in tali casi, ha due vie innanzi a sé:
rinunciare all’insegnamento – di solito in via temporanea – o mantenere l’impegno didattico; salve le incompatibilità in casi specifici. Giordano
Dell’Amore non solo conservò attiva la posizione accademica, ma adempì
sempre gli impegni conseguenti con molta diligenza. Anzi, la sua dedizione alla vita universitaria gli permise di generare e fare affermare una
Scuola di economia delle aziende di credito, con numerosi allievi, molti al
presente titolari di cattedra universitaria, e con una serie di pubblicazioni
di alto valore scientifico. Tutto ciò senza mai rinunciare a svolgere con
massimo impegno gli altri incarichi pubblici, in particolare affermandosi
come un banchiere di notevoli capacità, nel quarto di secolo e più in cui
presiedette la Cassa di risparmio di Milano.
Non di meno, quando si resta attivi nel campo
della docenza universitaria
e della ricerca scientifica,
si accetta, pressoché ogni
giorno, di sottoporsi al giudizio critico, particolarmente severo, dei discenti e degli altri studiosi. Sentenza
che suonerebbe come grave
condanna se vi fosse conDopo aver presieduto per venticinque anni la Cariplo,
traddizione tra quanto, da
Giordano Dell’Amore ne fu nominato presidente onorario.
un lato, si scrive nelle pubNel filmato dell’Istituto Luce del 1977, la consegna a
Dell’Amore di una delle molte onoreficenze da lui ricevute nel blicazioni e si enuncia nei
corso della lunga carriera accademica e professionale.
corsi di lezione e, dall’altro
lato, si concreta nello svolgimento di un pubblico ufficio. Ebbene, in tali
aspetti, la sentenza per Dell’Amore è di piena assoluzione!
Lo confermano le testimonianze degli interventi alla tavola rotonda.
Alberto Cova, che illustra l’efficacia dell’azione del Nostro nel campo sociale; Arnaldo Mauri, che pubblica una testimonianza a proposito dell’impegno per la crescita e lo sviluppo di aree del Continente africano; Roberto
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Mazzotta, uno dei successori alla presidenza della Cariplo, in ordine alla
funzione strategica e propulsiva della Cassa di risparmio lombarda; Paolo
Mottura, autorevole studioso nella disciplina professata dal Maestro, particolarmente attento nel distinguere, nel dominio dell’attività creditizia,
l’esercizio del credito ordinario da quello non ordinario e finanziario. Lo
conferma la dotta lezione di Roberto Ruozi. Le bravissime Barbara Costa
e Francesca Pino, infine, guidano nella lettura delle carte del patrimonio
d’archivio della Cariplo. Da quei documenti emergono nuove possibilità
per comprendere la personalità di Giordano Dell’Amore.
Marzio Romani, editor del volume, offre poi una magistrale lettura
dell’azione di Giordano Dell’Amore anche come Magnifico Rettore dell’Università Bocconi.
Il primo discepolo dell’Ateneo milanese, in ordine di tempo, fu
Tancredi Bianchi, il cui pensiero al proposito del Maestro si compendia
nell’introduzione alla tavola rotonda, che consente una sintesi dell’azione
di Dell’Amore in campo bancario.
Giordano Dell’Amore non poté prescindere, nel campo della ricerca
scientifica in materia di economia delle aziende di credito, dal contesto
italiano in cui operò come banchiere e come grand commis d’Etat. Fu
convinto che quell’intreccio di condizioni non fosse transitorio, ma una
caratteristica delle economie nazionali, determinatesi dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
Il pensiero dominante fu che lo Stato debba essere protagonista nelle
vicende economiche, pur superato il tempo dei nazionalismi e delle dittature politiche. La stella cometa deve essere l’economia sociale di mercato.
In tale cornice, le banche sono una cinghia di trasmissione della politica
monetaria nazionale e anche, per molti aspetti, secondo il Nostro, della
politica economica. Il tutto orientato al conseguimento del bene comune.
Pertanto, è bene che le banche operino senza lo scopo di conseguire
alti profitti; ma, pur non prescindendo da condizioni di equilibrio economico di gestione, presupposto per la continuità operativa di esse, devono
essere enti che coadiuvano al successo delle politiche nazionali. È allora
bene che la disciplina pubblica dell’attività creditizia sia improntata a una
vigilanza strutturale del sistema, i cui fini istituzionali trovano nello Stato
la tutela finale del risparmio mobilitato, e che il sistema dell’intermediazione creditizia e finanziaria sia sufficientemente conseguente agli impulsi
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della politica monetaria e di quella economica del Paese, almeno nella
misura in cui ottengono consenso dagli operatori economici.
Dell’Amore, pur sostanzialmente favorevole alla proprietà pubblica degli intermediari creditizi e finanziari, non cadde nell’errore che i
banchieri, inevitabilmente di nomina pubblica, dovessero essere anche
funzionari del consenso politico; ma certo non li considerò agenti del dissenso. Cooperatori della politica monetaria e di quella economica: questo
sì! Disponibili pertanto ad accettare misure di controllo quantitativo, e
talvolta anche qualitativo, del credito; e soprattutto ad ammettere come
funzionale una politica dei prezzi pubblici del credito. Posizioni concettuali comprensibili nella prima parte della seconda metà del secolo scorso,
quando l’Europa, e più in generale le economie qualificate come occidentali, dovevano rinascere dalle macerie di una guerra rovinosa. Pensieri e
concetti al presente non più condivisi, ancorché il pendolo del pensiero
degli studiosi si sia troppo spostato in senso opposto. Non bisogna infatti
mai prescindere dalla funzione monetaria dei debiti bancari, condizione
alla quale egli era particolarmente attento.
Non molto propenso a forme di vigilanza prudenziale, che ritrovano perno nell’adeguatezza dei mezzi propri, Dell’Amore non considerò di
importanza strategica il grado di patrimonializzazione degli intermediari
creditizi e finanziari. La proprietà pubblica dei quali non prevede nuovi
conferimenti a titolo di capitale in condizioni di equilibrio di gestione,
anche se con profitti contenuti, ma solo un irrobustimento patrimoniale
via ritenzione di utili netti. Di qui un’altra spiegazione per la preferenza
verso forme di vigilanza strutturale.
È ovvio che in un contesto maggiormente liberista, con intermediari
creditizi e finanziari qualificati come imprese, e con il fine, pur nel rispetto
di tutti gli stakeholder, di conseguire profitti, la consistenza dei capitali
propri sia invece considerata come una quantità economica strategica, e
di per ciò stesso la proprietà pubblica degli intermediari di cui si tratta sia
considerata del tutto eccezionale e transitoria. Ma non si può prescindere dal punto che una parte importante dei debiti bancari abbia funzione
monetaria.
Tali debiti sono così quota rilevante del medio circolante; sono fondamentali nel sistema dei pagamenti; sono una via di conoscenza di elementi per contrastare la criminalità economica e per meglio attuare la
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politica fiscale. Il tema della necessaria ingerenza della mano pubblica
nell’attività bancaria torna quindi sulla scena, giacché gli intermediari
creditizi non possono prescindere dagli effetti sociali della propria azione.
Con le precedenti avvertenze, il pensiero scientifico di Giordano
Dell’Amore ha quindi valore e rilievo anche al presente. Le sue pagine
meritano di nuovo lettura.
Certo, l’esperienza diretta alla guida della Cassa di Risparmio delle
Provincie Lombarde (a quel tempo la prima cassa di risparmio del mondo)
si è ripercossa anche nel disegno dottrinario del Nostro. Non solo al proposito del rilievo strategico o meno dei capitali propri dell’azienda banca, ma
anche della commistione tra attività di credito ordinario e non ordinario,
che trova sintesi nella cosiddetta banca universale o nei gruppi creditizi.
L’attività creditizia italiana, in quel tempo, indica che la gestione del
credito non ordinario, qualificato come speciale, pertiene a enti di proprietà pubblica o è svolta da «sezioni», facenti, capo a casse di risparmio
o a istituti di credito di diritto pubblico. Dell’Amore supera il dibattito al
proposito della netta distinzione tra banche di deposito (credito ordinario) ed enti di credito non ordinario. È bene che la struttura del sistema
italiano muti solo con molta gradualità. Suggerisce la promozione di enti
centrali per meglio rendere funzionali e in equilibrio finanziario le attività
di credito non ordinario: Istituto centrale di mediocredito; Istituto centrale per il credito agrario, Istituto centrale per il credito fondiario e così via.
Enti, ovvio, di proprietà pubblica, emittenti di obbligazioni di fatto garantite dallo Stato. Nella sua visione complessiva, l’intermediazione creditizia
e finanziaria o era già pubblica o destinata vieppiù a essere tale.
Non si trattò, tuttavia, di una visione isolata o nazionale. Nel 1950
si svolse a Roma un congresso mondiale del credito. Il controllo quantitativo e le riserve obbligatorie di liquidità furono tra i temi più dibattuti.
A evidenza, l’intervento della mano pubblica in materia di banche non
era giudicato eterodosso. E invero, in tempi recentissimi (2007 e 2008),
la pubblica amministrazione si è attivata, a cominciare dagli Stati Uniti,
per tranquillizzare l’opinione pubblica e i risparmiatori a proposito della
stabilità dei sistemi creditizi e finanziari.
Il punto di riferimento sono sempre l’impatto sociale e monetario
dell’attività creditizia; la tutela di interessi sovente contrapposti che vanno ricondotti ad armonia; l’ampio ricorso degli Stati all’indebitamento
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pubblico; l’idea dell’effetto sul reddito nazionale della spesa pubblica in
disavanzo; la politica economica diretta alla crescita via incentivi.
In tali aspetti Dell’Amore è il fondatore di una Scuola che ancor oggi
molto deve al suo insegnamento. Parecchie contingenze si ripercuotono
sulle oscillazioni e sulla continuità del pensiero accademico quando si
parla di moneta, di credito e di finanza. Così vi sono temi di dibattito e di
divergenza di opinione che ritornano sulla scena. Anche in questi aspetti
la ricerca scientifica di Giordano Dell’Amore merita di essere ricordata
e rimeditata. Come efficacemente fa Paolo Mottura nell’intervento alla
tavola rotonda.
Tancredi Bianchi