Le mani delle donne - Provincia di Lecco
Transcript
Le mani delle donne - Provincia di Lecco
Manifestazione - Momenti del passato: l’universo femminile nella tradizione popolare lombarda “La Donna, cuore della famiglia” “Le mani delle donne” Santuario e Monastero di Santa Maria del Lavello – Calolziocorte (LC) Sabato 6 e Domenica 7 Marzo 2010 CALOLZIOCORTE (Lecco) 1) 06 marzo 2010 – intrattenimento culturale: “La Donna, cuore della famiglia” Santuario e Monastero di S. Maria del Lavello 2) 07 marzo 2010 “Le mani delle donne” Rappresentazione di lavori femminili con canti e musiche della tradizione popolare lombarda Con questi eventi si vogliono proporre alcune riflessioni molto essenziali sulla figura della donna e in particolare della donna cristiana. Una percezione innata e immediata per tutti è che la madre in quanto generatrice di vita occupa un posto speciale nell’esistenza di ognuno: ogni uomo avverte di avere un legame particolare e unico con colei che gli ha dato la vita e viceversa la madre ama il figlio più di se stessa. Questo rapporto del tutto particolare con la madre si traduce nel desiderio di vederla onorata e rispettata da tutti e nella difesa del suo buon nome. Da parte sua la madre è disposta a qualsiasi sacrificio per il bene del figlio. A fine ottocento/inizio novecento la spiritualità della madre cristiana era suggerita da libri di preghiere che erano anche manuali di comportamento. Si raccomandava di avere stima dello stato matrimoniale e di starci con onore, consapevoli della dignità del sacramento, della sua nobiltà, della sua santità e della sua missione. Non erano messe minimamente in discussione le due caratteristiche del matrimonio cristiano: unicità (che esclude la poligamia) e indissolubilità (che esclude il divorzio). Fine primario del matrimonio erano la generazione e l’educazione cristiana dei figli e fini secondari erano quelli di alimentare il reciproco amore e tenere sotto controllo le passioni. Infatti le ragazze di fine ‘800 — inizio ‘900 si preparavano al matrimonio con serietà, mantenendosi caste e riservate, modeste nell’abbigliamento e nel comportamento. Facevano parte della congregazione delle Figlie di Maria o dell’Azione Cattolica e si formavano nella fede. Usavano frequentemente la corona del rosario, seguivano tutte le devozioni al Sacro Cuore, alla Madonna e ai santi, le novene e le preparazioni alle feste. Quando una ragazza si sposava le veniva regalato il “Libro della Sposa Cristiana” che conteneva indicazioni di comportamento e preghiere per ogni momento della giornata e per ogni occasione della vita. Nella camera matrimoniale, sopra la testata del letto, veniva sempre appesa un'immagine religiosa; spesso era quella della Sacra Famiglia. Quest’immagine rappresentava una richiesta di protezione ed era un richiamo all’amore coniugale, ad un modello da imitare. Alle spose e alle madri erano ricordati anzitutto i doveri verso il marito: - la fedeltà considerata come un recinto sacro fondato sul sì del sacramento; - l’obbedienza e il rispetto verso il marito che si esprimeva nella sottomissione, sul modello della Chiesa che ha Cristo come capo e tutto questo per il bene dei figli; - l’amabilità e l’amore, un amore santo, operoso e costante per farsi buona compagnia. Per mantenere l’armonia in famiglia, alle spose e alle madri veniva consigliato di non credere alle male lingue, di tener a freno anche la propria lingua (tacere!), di accettare e sopportare le diversità di carattere, di pregare e di confidare nell’aiuto di Dio. Venivano richiamati poi i doveri verso i figli; per educarli cristianamente si davano alla madre cristiana una serie di suggerimenti tra i quali: - mettere in guardia i figli dal desiderio della ricchezza e ricercare le lodi del mondo; - raccomandare ai figli il rispetto del prossimo e la disponibilità a saper perdonare. Era naturalmente necessaria e del tutto prioritaria per i figli la vita sacramentale (battesimo...) e la partecipazione alle diverse celebrazioni della Chiesa e al catechismo. Ogni madre curava che in famiglia i figli recitassero le preghiere del mattino e della sera (rosario) e faceva loro ripetere le principali verità della fede, i comandamenti di Dio e i precetti della Chiesa. Ogni donna cercava di vivere il matrimonio e i suoi doveri con serenità e sopportazione, quasi sempre sottostando ai desideri del marito e compiendo l’atto coniugale in grazia di Dio perché diventasse meritorio. Poiché quasi sempre non si conoscevano malizie e non si mettevano in atto pratiche anticoncezionali, le donne passavano da una gravidanza all’altra, affidandosi alla provvidenza di Dio. La donna incinta si vergognava a mostrare il suo stato, considerato conseguenza del peccato, ma le venivano in aiuto grembiuli, scialli e gli abiti ampi, con il davanti che sormontava e con i bottoni spostabili, che mimetizzavano i cambiamenti di forma del corpo. Se la gravidanza non era la prima, quasi sempre i bambini più grandi non si accorgevano di che cosa stesse capitando alla mamma e si trovavano in casa un fratellino o una sorellina senza sapere da dove fosse arrivato. Maria era per ogni donna cristiana l’esempio da seguire e numerosissime erano le invocazioni che le si rivolgevano. Pensando alle virtù che la Chiesa attribuisce da sempre alla Madonna, si pregava, di volta in volta e a seconda delle necessità, la Vergine Immacolata, la Madonna del Rosario, del Carmelo, delle Grazie, del Buon Consiglio, si implorava aiuto e consolazione da Maria Addolorata, Maria Salute degli Infermi, Soccorritrice dei Moribondi. Era diffusa anche la devozione a Maria bambina e in camera da letto, sul cassettone, poteva esserci una campana di vetro a proteggerne la statuetta in cera, vestita con abitini di pizzo. “La Donna, cuore della famiglia” Un canto può regalare atmosfere, richiamare ricordi, raccontare storie, amori, fatiche, gioie e dolori. L’intrattenimento culturale improntato in parte su questo tema vuole essere un invito a condividere tutto questo. Questo evento proposto, vuole rendere omaggio ai canti della tradizione popolare lombarda sottolineando in essi la presenza della donna, sia come interprete sia come protagonista dei testi delle canzoni. La gente lombarda ha sempre amato ridere e cantare, anche e soprattutto attraverso il dialetto. La vita dei campi, dura e sfiancante, sfociava spesso in momenti di sfogo spontaneo, di svago canoro, che raccontava gioie e dolori accompagnando la fatica e rendendola meno pesante. Le donne specialmente cantavano in vivacissimi cori improvvisati, durante la raccolta dei prodotti della terra, durante la fienagione, alla sera tornando dalla filanda e dall’opificio, o magari curve a lavare i panni con le mani nell’acqua gelida. Cantavano nelle feste e nelle ore liete, cantavano canti tramandati di generazione in generazione, venati di malinconia o conditi di bonaria ironia. Gli uomini dedicavano i loro canti alle donne e tutti, uomini e donne, cantavano l’amore, con le sue pene ed i suoi guai. C’erano semplici poesie alla natura e alla bellezza delle montagne, c’erano serenate, c’erano canti che sembravano filastrocche, o che raccontavano leggende popolari di infelicità e di morte, o che erano un vero e proprio dialogo tra due persone… Quasi sempre nei canti era nominata la donna, colta nei suoi diversi ruoli. Intorno a lei e grazie a lei sembrava girare il mondo degli affetti e dei sentimenti, cosa che, a ben guardare, avviene anche oggi, nonostante siano cambiati i tempi e le abitudini. Nell’analizzare con questo evento, i canti popolari della nostra tradizione, si intende sviluppare questo tema per offrire un’ulteriore occasione di riflessione sulla necessità e sull’utilità di riscoprire, difendere e divulgare la ricchezza delle nostre tradizioni. Stabilire con esattezza l’origine dei canti popolari è praticamente impossibile per la stessa caratteristica di questo genere di musica che diventa cronaca vivente per ogni generazione e che via via si trasforma adattandosi a regioni, zone, vicende e genti diverse. I canti tradizionali esprimono tanta ricchezza e varietà di sentimenti oltre ad una assoluta validità artistica: è la perfetta corrispondenza tra il carattere del canto e quello dell’ambiente dove è nato. Così i canti delle nostre grandi montagne non potevano che essere maestosi e solenni alternando sentimenti di malinconia e tristezza con la sfrenata allegria, elementi che animano l’anima degli abitanti delle nostre montagne e anche quella degli abitanti della nostra pianura. Semplici, spontanei e inconfondibilmente popolareschi sono i canti di una realtà che si tramandano e che verranno anche riproposti dai gruppi corali e di tradizioni popolari e che sono improntati su temi idilliaci, agresti, celebranti le feste ed elogianti la benefica terra. Canti spontanei con quella peculiarità popolaresca che anima le genti di montagna e della pianura il cui ritmo e virtuosismo musicale conducono sempre alla pura fonte del folclore locale. Elemento caratterizzante dell’incontro dei vari gruppi di canto e d’arte folclorica sarà il dialetto con il quale i canti verranno proposti durante questa manifestazione. Il valore del dialetto o della parlata locale è determinante nell’identità di un gruppo corale e d’arte folclorica. La specialità di un canto è caratterizzata anche dalla “parlata” in cui il canto stesso viene espresso. “Le mani delle donne” Nell’ambito di questa manifestazione si presenta l’occasione per proporre, far conoscere e valorizzare il tipico strumento a canne denominato “firlinfeu” e l’abito tradizionale femminile con tutti i suoi particolari ed anche preziosi ornamenti come la “sperada”, collane, scialli, etc… ed anche l’occasione per far rivivere alcuni momenti del passato attraverso diversi itinerari culturali improntati sul ruolo della donna nei mestieri e nelle arti che pian piano, col passare del tempo sono scomparsi o che stanno scomparendo come ad esempio la guaritrice, la regiura, la venditrice di immagini sacre, la venditrice di cucchiai, la tessitrice, la donna che lavorava la lana, quella che confezionava le trapunte e quella che confezionava le bricolle per il trasporto di generi di contrabbando, la donna che confezionava ceste di vimini, scarpe di stoffa, scialli, le ricamatrici, le filandaie e le merlettaie, la lavandaia e la stiratrice, i lavori di casa della massaia. L’evento proposto alla domenica è una rappresentazione – rievocazione di antichi mestieri. In Brianza, come in altri territori della nostra regione, fino ai primi decenni del ‘900, l’attività agricola era la principale fonte di vita. Il lavoro era svolto prevalentemente con la sola forza delle braccia e con l’aiuto della forza degli animali, quindi un attività che richiedeva fatica, costanza, capacità e a volte l’immaginazione sapeva creare momenti di soddisfazione. In particolare con attività di gruppo, come durante il raccolto dei prodotti della campagna, la vendemmia o la fienagione, quando erano impegnate intere famiglie il lavoro veniva accompagnato dal canto. Anche in cascina con i lavori svolti sotto il portico, come la spannocchiatura o la sbucciatura dei legumi, quando erano coinvolti uomini e donne, anziani e giovani di tutta la cascina, essi si trovavano a loro agio nello scambio di notizie, nel racconto, nell’educazione dei piccoli, erano semplici espressioni di cultura popolare. L’ambiente raccolto del portico favoriva ancora una volta il canto che poteva esprimersi come modo di cantare tutti insieme ed anche in forma un poco elaborata con l’armonia di voci femminili e maschili. Tutte le espressioni di cultura popolare che si tramandava oralmente grazie alla memoria ed all’esperienza degli anziani e con l’imitazione dei giovani. In questo contesto verrà effettuato l’evento “Mani di donna”: figure di donne nei mestieri e nelle arti che scompaiono, con la presenza di gruppi di tradizioni popolari e di antichi mestieri e gruppi d’arte folclorica che allieteranno l’evento con musiche e canti della tradizione popolare della nostra regione. I gruppi di tradizioni popolari proporranno ai visitatori antichi mestieri ed anche lavorazioni ed arti dell’ultimo secolo di vita tra le quali l’arte della filatura della lana, la fabbricazione delle trapunte per l’inverno, la lavorazione del formaggio, la produzione del sapone, etc… Verranno anche proposti antichi mestieri con la dimostrazione sul posto di queste lavorazioni legate al passato ed ormai purtroppo in disuso, quali: - lavorazione delle castagne - confezionamento della trapunta - taglio del tronco d’albero - confezionamento delle “bricolle” per il trasposto di generi di contrabbando - confezionamento di ceste di vimini - lavorazione della lana - cucito e scarpe in stoffa - ricamo e confezionamento dello scialle - stagnatura e riparazione pentole - il lavoro dello scalpellino - realizzazione di bastoni e trappole - il lavoro del ciabattino - lavandaie e stiratrici - contadini - il lavoro delle massaie ed i lavori domestici femminili in genere - le filandere - le merlettaie oltre a tanti altri antichi mestieri: come la lavorazione del lino, l’arrotino, la lavorazione del latte, l’ombrellaio, il fabbro, il maniscalco, la lavorazione della farina e l’antica panificazione, la produzione del vino, etc... Vi sarà anche la dimostrazione della costruzione del caratteristico strumento a canne il “firlinfeu” molto in uso nel territorio brianzolo e la dimostrazione, in tutte le sue fasi, della preparazione alla pettinatura finale, dell’acconciatura femminile con la “Raggiera” o “Sperada”, caratteristico ornamento delle donne brianzole in uso fino ai primo anni del novecento. Sarà allestita anche una piccola “mostra” di antichi attrezzi, arnesi ed oggetti vari della vita contadina. L’analisi e gli approfondimenti degli elementi attivi e passivi del ruolo delle donne in queste “tappe” di vita verranno dimostrati anche attraverso scenette, recite, canti e musiche inerenti anche altri momenti di vita della donna in assenza dell’uomo quindi l’emigrazione, il servizio militare, la guerra, il contrabbando.