L`Alpino Del Zotto racconta i 46 mesi di prigionia in Urss

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L`Alpino Del Zotto racconta i 46 mesi di prigionia in Urss
NOVA MILANESE
L'Alpino Del Zotto racconta i 46 mesi di
prigionia in Urss
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«I migliori soldati del mondo sono morti la senza difese». I quaranta mesi nei campi di prigionia in
Russia sono ancora vivi nella mente di
Giovanbattista Del Zotto, alpino reduce di guerra. I dettagli di quegli anni lontano dalla sua famiglia
li ha raccontati domenica scorsa in una video intervista che la sua nipote ha deciso di registrare. A
70 anni dalla campagna di Russia, Del Zotto ha raccontato di quando, a soli 20, nell'agosto del 1942
il nono reggimento cunese degli alpini è stato mandato sulla riva occidentale del fiume Don, su
quella orientale le truppe dell'Urss. Del Zotto è uno dei testimoni della campagna di Russia che ha
visto la ritirata dell'Italia. E' il gennaio del
43 quando, alle 22 del 22, viene catturato e fatto
prigioniero di guerra. Inizia per lui un periodo di prigionia che lo vedrà passare in cinque campi di
concentramento. Nella video intervista che è stata proiettata nella sala consiliare di via Zara,
domenica pomeriggio scorso, Del Zotto, oggi 91enne, racconta le giornate al campo, tutti i lavori
che ha svolto da prigioniero e le condizioni di fame e miseria in cui è stato costretto a vivere per 46
mesi. «Sono stati quattro anni buttati via
commenta
Sono stato dichiarato disperso nel
gennaio del '43 con una dichiarazione scritta, indirizzata al mio comune nativo, e che io ho ritirato
quando sono ritornato dalla Russia».I racconti di Del Zotto sono nitidi scanditi da una costante
«brutta cosa la prigionia». Era un ragazzo di soli 20 anni quando, insieme agli altri compagni di
reggimento, è stato mandato in Urss. «Abbiamo passato l'agosto del '43 abbastanza tranquilli
ha
proseguito
abbiamo cominciato a preparare in vista dell'inverno, abbiamo scavato le trincee,
poi verso Natale ci hanno spostato e ci hanno collocato in un posto dove abbiamo patito il freddo.
Dormivamo a turni per evitare l'assideramento». L'inverno del 1042 è stato uno dei più duri . «Le
temperature scendevano a meno quindici gradi, c'era freddo ovunque. Eravamo in mezzo alla
neve». Passo dopo passo il reduce ha raccontato quanto ha vissuto. Partito ragazzo, tornato uomo.
«I primi mesi di prigionia sono stati duri. Dovevamo stare in silenzio
ha ricordato
Con il
passare del tempo ho imparato la lingua e le cose sono andate meglio. Ho imparato un sacco di
cose: a fare l'infermiere, il facchino. Nella miseria impari a fare tutto». Del Zotto ha raccontato che
una volta al mese i prigionieri venivano "visitati" dal medico. «Ci facevano spogliare a torso nudo,
poi guardavano quanta carne avevamo attaccata. Se ne avevamo abbastanza ci destinavano ai lavori
fuori, se avevamo poca a quelli all'interno del campo». Ad accompagnare i ricordi di Del Zotto il
coro Nikolajewka di Desio. Gli alpini hanno proposto una serie di canti che ripercorrevono
l'itinerario che rende un uomo un alpino. Ad aprire l'esibizione, sotto la direzione del maestro
Simone Varamo, novese, l'inno «Sul cappello che noi portiamo». Il repertorio proposto ha riportato
alla memoria i canti della tradizione del corpo degli alpini. Il nome del coro, Nikolajwka, è il nome
del paese dove l'esercito italiano, in ritirata dalla riva occidentale del fiume Don, è stato fermato
dallo sbarramento. Molti gli uomini che hanno perso la vita. Dei ventimila soldati della divisione
cunese di Del Zotto ne sono tornati a casa circa il 3 per cento, gli altri sono caduti in battaglia o nei
campi di prigionia.L'iniziativa è stata organizzata dal gruppo degli alpini di Nova Milanese.
Manifestazione che nasce in concomitanza con le celebrazioni dell'Anniversario della Liberazione
che si celebrerà giovedì 25 aprile.