Il mito di Gilgamesh Luoghi dell`anima

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Il mito di Gilgamesh Luoghi dell`anima
Luoghi dell’anima
Il mito di Gilgamesh
IL POEMA DI GILGAMESH:
POESIA E RELIGIONE
L’Epopea di Gilgamesh è uno dei più
antichi poemi conosciuti. È anteriore ai poemi omerici, l’Iliade e l’Odissea (VIII secolo a.C.), e ai Veda indiani (1500 a.C.). Le prime redazioni del poema, scritte in lingua sumera, risalgono al 2000 a.C. circa, ma se
ne parla già in un testo del 25002400 a.C. trovato nella biblioteca di
Ebla, in Siria.
Tavolette che narrano la storia di Gilgamesh sono state rinvenute in molti
siti archeologici in Mesopotamia, ma
anche in Anatolia, nell’Urartu (l’attuale Armenia) e in Palestina. Questo
fatto dimostra che l’Epopea di Gilgamesh fu sentita come un’opera di
portata universale dai molti popoli
che vennero a contatto con la cultura
mesopotamica. È, infatti, un’opera di
altissima poesia, ma anche una sintesi
di tutti i principi religiosi, morali e
giuridici a cui si ispirava l’antica civiltà sumera. La versione più completa
dell’Epopea di Gilgamesh giunta sino
a noi risale al VII secolo a.C. ed era
conservata nella biblioteca del re assiro Assurbanipal a Ninive. Si tratta
di dodici tavolette di argilla, sulle
quali sono incisi circa tremila versi.
LA TRAMA
La trama è complessa e articolata.
In questa versione, infatti, sono confluiti racconti dell’epoca sumera e
altre narrazioni affermatesi successivamente.
Nel prologo sono presentate la figura
di Gilgamesh e la sua vita esemplare:
il sovrano di Uruk non è stato solo
un grande re del suo popolo, ma si è
preso a cuore le sorti dell’intera umanità, cercando di liberarla dal suo incubo peggiore: la morte. Fin dal prologo si viene avvertiti del fatto che i
tentativi di Gilgamesh saranno vani:
egli non riuscirà a liberare gli uomini
dalla morte, ma acquisterà una saggezza simile a quella degli dèi.
L’altro protagonista del poema è Enkidu, l’amico con cui Gilgamesh
compie grandi imprese, affrontando
e uccidendo mostri e guadagnandosi
fama e onori presso il popolo di
Uruk. Ma la sfrontatezza di Gilgamesh e le azioni dei due eroi offendono gli dèi, che decretano la punizione: la morte di Enkidu.
j Gilgamesh doma un leone, da un rilievo
del palazzo del re assiro Sargon II a Khorsabad (VIII secolo a.C.).
Gilgamesh, disperato per la morte
dell’amico, decide di cercare l’immortalità e si reca, per avere una risposta,
da Utnapishtim, l’unico uomo sopravvissuto al diluvio universale e
quindi vincitore della morte. Questi
gli racconta che gli dèi lo resero immortale e così poté salvarsi e perpetuare la specie umana, ma gli dice anche che ciò non potrà accadere a nessun altro uomo. Prima di congedarlo,
però, gli svela che in fondo al mare
cresce la pianta dell’irrequietezza, che
rende giovani i vecchi: in tal modo si
può ritardare la propria morte. Gilgamesh trova la pianta magica, ma sulla
strada del ritorno la lascia incustodita
durante una sosta, e un serpente gliela
divora. L’eroe, costretto ad accettare
l’ineluttabilità della morte, torna a
Uruk. Riuscirà poi a incontrare lo spirito dell’amico Enkidu, che gli svelerà
la condizione squallida e senza speranza dei morti nell’oltretomba.
LA FIGURA DI GILGAMESH
Ma chi era Gilgamesh? Secondo la
mitologia mesopotamica era figlio di
Lugalbanda, terzo re di Uruk, che fu
divinizzato dopo la sua morte, e della
dea Rimat-Ninsun, quindi era per due
terzi un dio e per un terzo un uomo.
La Lista dei re, redatta alla fine del
III millennio a.C., lo elenca come
quinto re della prima dinastia di
Uruk e afferma che regnò sulla città
per 126 anni.
r Enkidu e Gilgamesh raffigurati su un’ascia
d’oro fenicia rinvenuta nel tempio degli Obelischi a Biblo (XIX secolo a.C.).
Lezioni di storia antica e medievale
© 2010 DeAgostini Scuola S.p.A. - Novara
SEZIONE 1 • La preistoria e le prime civiltà
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Luoghi dell’anima
j
Una delle dodici
tavolette dell’Epopea
di Gilgamesh conservate nella biblioteca
del re assiro Assurbanipal a Ninive (VII secolo a.C.). In questa
tavoletta vi è il racconto del diluvio universale, un episodio
che si ritrova nella
Bibbia e in molti miti
di altre culture.
n
Gilgamesh tra due divinità che sostengono il disco solare, da un rilievo del IX secolo a.C. rinvenuto a Tell Halaf, in Siria.
Per quanto secondo alcuni studiosi
Gilgamesh sia una figura storica e alcune delle sue imprese conservino il
ricordo di eventi effettivamente accaduti, nel poema certamente è divenuto un simbolo, una sorta di intermediario tra la terra e il cielo. Gilgamesh è sicuramente divino quando
sconfigge mostri o affronta gli dèi a
viso aperto, ma è profondamente
umano quando mostra le sue angosce, le sue ansie, il suo desiderio insoddisfatto di immortalità. In questa
ambivalenza sta il fascino di questa
figura, vero modello per ogni re della Mesopotamia.
più profonde sulla
vita e sulla morte.
Su un altro piano, si tratta
di un’opera narrativa molto varia e
sofisticata, circonfusa di intenso e
drammatico vigore. Il poema di
Gilgamesh conserva poi, nonostante la sua lunga tradizione
scritta, un’aura inconfondibilmente mitica, in quanto esplora
emotivamente il significato permanente della vita, cosa che
non riscontriamo, per quanto
ci è possibile verificare, nella
mitologia dei Greci».
UN POEMA SULLA VITA
E SULLA MORTE
Scrive lo studioso inglese G. S. Kirk:
«L’Epopea di Gilgamesh è un poema
straordinario e dovrebbe essere letto
e studiato con cura da ogni studioso
che si interessi della cultura greca.
Essa dovrebbe essere studiata per se
stessa ma anche perché mostra chiaramente ad ognuno quanto la letteratura greca e la sua mitologia non
sono state in grado di eguagliare.
Sebbene il poema di Gilgamesh sia
breve rispetto ai poemi omerici e
persino alla Teogonia di Esiodo, esso
riesce a sollevare in una maniera straordinariamente incisiva e al contempo pregnante alcune delle questioni
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r Sigilli cilindrici sumeri con le immagini di
Gilgamesh e di Enkidu (III millennio a.C.).
n Gilgamesh affronta due serpenti. La scena è incisa su un peso in steatite del III millennio a.C.
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