RG 1878 / 2012 Tribunale Ordinario di Siena Sezione Unica
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RG 1878 / 2012 Tribunale Ordinario di Siena Sezione Unica
RG 1878 / 2012 ORDINANZA N. Reg. cron. n. Reg. rep. n. Tribunale Ordinario di Siena Sezione Unica OGGETTO Altri istituti relativi allo stato della persona ed ai diritti della personalita Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice Stefano Caramellino ha pronunciato la seguente ORDINANZA Nel procedimento iscritto al n. 1878 /2012 R.G. promosso da V, OMISSIS, elettivamente domiciliato/a presso lo Studio dell'Avv. OMISSIS, che lo/la rappresenta e difende, Parte ricorrente CONTRO MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, OMISSIS, elettivamente domiciliato/a presso AVVOCATURA DELLO STATO, VIA DEGLI ARAZZIERI 4 50129 FIRENZE, che lo/la rappresenta e difende, Parte resistente RAGIONI di FATTO e di DIRITTO I. Parte ricorrente, cittadina straniera residente in questo circondario, ha presentato il ricorso introduttivo del presente procedimento, che è intitolato "ai sensi dell'articolo 30 comma 6 decreto legislativo 286/98", al fine di impugnare il provvedimento con cui l'Ambasciata d'Italia presso lo Stato di cui ella è cittadina aveva denegato il visto di ingresso per il ricongiungimento familiare da lei stessa richiesto a favore di sua madre. Ha sostenuto che tale provvedimento violi l'articolo 29 del testo unico sulla disciplina dell'immigrazione. Ha prodotto "le ricevute dei soldi inviati da lei" per provare di avere mantenuto la madre. Si è costituito non tempestivamente il Ministero degli Affari Esteri, che ha allegato che nel caso concreto il requisito della vivenza a carico difettasse, perché la persona a favore della quale il ricongiungimento era stato richiesto avrebbe goduto di una pensione elargita dal Ministero del Tesoro dominicano, equivalente al salario minimo locale. All’odierna udienza, la parte ricorrente ha ammesso la circostanza ma ha sostenuto che la pensione percepita dalla madre non le assicuri redditi sufficienti alle sue concrete esigenze. II. In via pregiudiziale di rito, in fattispecie del tutto analoga alla presente, il Supremo Collegio ha testualmente chiarito che “là dove venga impugnato per via giurisdizionale un provvedimento amministrativo, deve ritenersi investito della legittimazione a contraddire in giudizio, a difesa del medesimo provvedimento oggetto di contestazione davanti all'autorità giudiziaria e, quindi, dell'operato stesso dell'Amministrazione, l'organo di vertice gerarchicamente sovraordinato (nella specie, il Ministero degli Affari Esteri) rispetto a quello (nella specie, l'Ambasciata italiana in Albania) che ha emanato il provvedimento anzidetto (nella specie, di diniego del rilascio del visto di ingresso per ricongiungimento familiare), là dove quest'ultimo organo non sia di per sé investito (come nel caso, invece, del prefetto riguardo al decreto di espulsione dello straniero, ex art.13 bis, secondo comma, del decreto legislativo n.286 del 1998) di una propria ed autonoma legittimazione.” (Cass. 05/01/2005, n. 209). Nella specie, il ricorso è stato formalmente notificato all’Ambasciata, peraltro presso l’Avvocatura di Stato distrettuale, che si è costituita in nome del Ministero degli Affari Esteri, accettando il contraddittorio per conto di Esso senza nulla eccepire in ordine all’instaurazione del contraddittorio e così sanando l’errore formale nell’individuazione del destinatario della notifica. III. In punto di diritto, è elemento neutro la positiva valutazione riversata nel nulla osta prefettizio: la Corte di Cassazione ha di recente chiarito che non apparirebbe ragionevole “una interpretazione la quale finisca per demandare alle Questure una verifica mal suscettibile, per sua stessa natura, di essere compiuta in Italia, quando, invece, una simile verifica, trattandosi di requisiti (di natura economica) da accertare essenzialmente in relazione a soggetti che si trovano all'estero, meglio si presta ad essere quivi effettuata, ovvero appunto dalle rappresentanze diplomatiche e consolari” (Cass. 05/01/2005, n. 209). IV. In materia di diritto di soggiorno e residenza, opera la consueta regola secondo cui i fatti costitutivi di un diritto devono essere provati dalla parte che, avendovi interesse, li ha allegati (Cass. 03.11.2006, n. 23598). Nella specie, è controversa la configurabilità in concreto del requisito della vivenza a carico di cui all’art. 29, primo comma lettera D d.lgs. 286/1998 invocato dalla parte ricorrente, in opposizione al contenuto sostanziale del provvedimento amministrativo impugnato. La vivenza a carico consiste a un tempo nel fatto negativo della non adeguata percezione di adeguati redditi propri e nella percezione del necessario sostentamento dalla persona a carico della quale si vive. Quanto al secondo di tale elementi, parte ricorrente ha prodotto un elenco di trasferimenti monetari a favore della madre, spedito all’Ambasciata d’Italia a Santo Domingo da una società che gestisce servizi di pagamento, così dimostrando un costante flusso di rimesse da parte sua a favore di sua madre. Con riferimento al primo di tali requisiti necessariamente concorrenti, non appare dirimente la mancanza della dichiarazione sostitutiva (c.d. autocertificazione) richiesta dall’Amministrazione. Infatti, sul piano sistematico, già prima dell'entrata in vigore del D.P.R. 445/2000, la circolare 20 dicembre 1988, n.2677 del Ministro per la Funzione Pubblica, aveva specificato, con riferimento alla facoltà di autocertificazione introdotta dalla legge 15168, che "tali norme non riguardano la presentazione di atti e documenti all'autorità giudiziaria nell'espletamento delle funzioni giurisdizionali, per cui continuano ad osservarsi le disposizioni contenute nei codici o in leggi speciali". Tale interpretazione risulta conforme alla ratio della norma, che vuole limitare il campo di operatività dell'autocertificazione ai rapporti fra cittadini e autorità amministrativa, come ripetutamente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione che ha affermato che "tali dichiarazioni hanno attitudine certificativa e probatoria solamente nei rapporti con la pubblica amministrazione e nei relativi procedimenti amministrativi, ma nessun valore probatorio, neanche indiziario può essere loro riconosciuto nell'ambito del giudizio civile, caratterizzato dal principio dell'onere della prova, atteso che la parte non può derivare da proprie dichiarazioni elementi di prova a proprio favore, al fine del soddisfacimento dell'onere di cui all'art. 2697 c.c." (Cass. SS.UU. 5167/03; e, tra le altre, Cass. 18856/2004, Cass. 10191/2010). Ai fini del vaglio complessivo delle risultanze istruttorie, poiché il predetto primo requisito consiste in un fatto negativo, occorre ricordare che “[l]'onere probatorio gravante, a norma dell'art. 2697 cod. civ., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto "fatti negativi", in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo.”. (Cass. 13/12/2004, n. 23229, conforme Cass. 11.07.2007, n. 384; nello stesso ordine di idee già Cass. 15.04.2002, n. 5427). Nella specie, parte ricorrente affida la prova dell’indigenza della madre non solo alla missiva della società che gestisce servizi di pagamento, ma anche ai successivi regolari trasferimenti di denaro da parte propria, con cadenza mediamente mensile, nonché a un estratto che, in uno con la stampa del rapporto di cambio vigente tra euro e valuta dominicana, dimostra che l’ammontare netto della pensione pacificamente percepita dalla madre è inferiore a €151 mensili. La continuità delle rimesse di denaro, il loro importo mediamente superiore a quello della pensione percepita dalla madre della ricorrente, la modestia dell’importo della pensione stessa in termini assoluti sono elementi gravi, precisi e concordanti che inducono a ritenere che i redditi di fatto percepiti per conto proprio dalla madre della ricorrente non siano sufficienti a soddisfarne le esigenze di vita. Ne discende l’accoglimento del ricorso. V. I rilievi pregiudiziali di rito e il carattere fattuale della valutazione inerente alla vivenza a carico costituiscono gravi ed eccezionali ragioni che legittimano l’integrale compensazione delle spese. Il tribunale definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda istanza eccezione e deduzione respinta o assorbita, visti gli artt. 20 e 3 d.lgs. 150/2011, 702 ter e 91 ss cpc PQM Annulla il provvedimento di diniego Ambasciata d’Italia a Santo Domingo, Repubblica Dominicana, prot. YYYY/2012 del YY.YY.2012 Dispone il rilascio del visto a favore di E, in qualità di madre di V Dichiara integralmente compensate le spese processuali Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Siena, 23/10/2013 Il giudice Stefano Caramellino