mio figlio ha deciso di morire
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mio figlio ha deciso di morire
MIO FIGLIO HA DECISO DI MORIRE Percepiscono se stessi come dei sopravvissuti, oscillano tra dolore, rabbia e sensi di colpa: sono i genitori dei giovani che si sono tolti la vita. L’Ama di Ceprano li aiuta a elaborare il lutto di Ilaria Cardegna L uigi ha 16 anni da sette anni. Sette anni fa un rettile ruvido, sibilando una tentazione di morte, gli ha stretto la gola e succhiato il respiro. Sua sorella, scendendo in garage, lo ha trovato così, come un frutto acerbo appeso al ramo più alto della disperazione, quella che non conosce più attese, né rinvii, perché con l’adolescenza condivide un’impazienza temeraria e un imperativo di infallibilità. Luigi muore suicida a maggio. Nelle foto ha il volto abbronzato di chi lo offre volentieri allo schiaffo del vento nella corsa sfrenata dietro al pallone, ha lo sguardo quieto di chi dalla giovinezza ha ricevuto ciascuno di quei doni che soltanto di rado sono accordati a tutti e tutti assieme: bellezza, salute, amicizia, famiglia. La rabbia, che segue un dolore puro e attonito, si fa allora intollerabile, mentre di44 Il dire e il fare vampa ossessivo e indimenticabile l’interrogativo cruciale: “Perché?”. Seguono strali appuntiti di domande che sono la declinazione di un unico mea culpa: “Potevo impedirlo?”. È soltanto il principio di quell’annosa Via Crucis, che gli psicoterapeuti chiamano “elaborazione del lutto” e che, nel caso specifico del suicidio, il più assoluto di tutti gli abbandoni, si configura come un percorso di duplice perdono: perdono di sé e di colui che ha scelto di andarsene. Un cammino che Stefania Casavecchia, la mamma di Luigi, ha iniziato da sola e ha poi proseguito attraverso una fitta corrispondenza con lo psicoterapeuta e suicidologo Antonio Loperfido. Quello scambio epistolare è diventato un libro, “Il Coraggio del Dolore”, e l’intollerabilità di quella solitudine iniziale si è trasformata in un’associazione per l’elaborazione del lutto. Voce del verbo amare “Ama” suona come un imperativo categorico e nello stesso tempo individua, per un caso linguistico, proprio l’impossibilità radicale di chi soffre di male di vivere: riconoscere la presenza dell’amore nella propria vita. Ama è anche l’acronimo dei Gruppi di auto mutuo aiuto, dei quali l’associazione fondata da Stefania fa parte. «Non volevo che la morte di Luigi, oltre che assurda, fosse anche vana. Così, per riuscire ad andare avanti, ho iniziato a contattare i genitori dei ragazzi suicidi e ho cercato di far capire loro che non sono soli». Simili ai loro figli nel credere che il loro dolore non possa essere accolto senza un giudizio e lenito con amore, i genitori dei giovani suicidi accettano aiuto soltanto da chi, come loro, si sente un sopravvissuto. «La condivisione può spaventare, spaventava anche me all’inizio!», confessa Stefania, «ma scoprire un’empatia tra persone che soffrono per lo stesso motivo, aiuta a capire che si può e si deve continuare a vivere, anche serenamente». Nei locali di Piazza della Libertà a Ceprano, sede dell’associazione, «si impara ad “addomesticare” il dolore, integrando nel presente la ferita del passato», spiega Stefania e sottolinea: «nel clima di ascolto e di solidarietà tipico del Gruppo, è possibile condividere la propria esperienza, senza temere di essere giudicati o traditi, perché ogni partecipante garantisce che ciò che viene detto non verrà divulgato all’esterno». Così, una parte di quello che era destinato ad essere il più solitario dei cammini, ha la possibilità di dipanarsi nel corso di un’esperienza di condivisione, durante la quale il familiare di un suicida è sal- vaguardato dal documentato rischio di episodi emulativi. I media e il rischio emulazione Il suicidio è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, tra i giovani dai 14 ai 24 anni. Stefania non tralascia di riportare questo dato nello scrivere quella lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha già trovato pubblicazione da parte di alcune testate, ma che resta ancora in attesa di una risposta da parte dell’Istituzione. La lettera vuol essere un invito ad affrontare il problema a livello istituzionale e a non lasciare alla macina incontrollata degli standard giornalistici la diffusione di notizie tanto delicate e pericolose. Quei canoni mediatici che hanno fatto della cronaca asettica una virtù, vanno ripensati radicalmente quando la notizia porta in sé un potenziale emulativo non controllabile. «Nella scorsa primavera i media hanno dato notizia dei tanti suicidi che si stavano verificando per la mancanza di lavoro o per il caso Equitalia. Secondo il mio umile parere, si stava suggerendo ai cittadini in analoghe difficoltà un modo per “risolvere” i propri problemi: emulare», afferma coraggiosamente Stefania. Secondo Stefania, infatti, i media hanno tanto il potere di indurre al suicidio, quanto di dissuadere i potenziali suicidi dal mettere in atto il proprio proposito. Ogni volta che si dà la notizia, infatti, «si dovrebbe far testimoniare “i sopravvissuti”, in modo da far capire a chi vuole suicidarsi in quali sofferenze lascerebbe la propria famiglia». Non si dovrebbe mai dimenticare di accompagnare la notizia con una chiara menzione alle associazioni, Il dire e il fare 45 Un’opera di Stefania Casavecchia, presidente dell’Ama di Ceprano, che si occupa di elaborazione del lutto sparse sul territorio, che lavorano sul disagio specifico che ha indotto quella persona a togliersi la vita: lo sportello Antiusura Bancaria, ad esempio, o il Servizio per la prevenzione del suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma. Dal torneo di calcetto al seminario “C’è solo una cosa peggiore della morte di un figlio: che voglia morire” dice, come parlando a se stesso, l’anziano padre, in una grande pellicola di Alejandro Amenábar. Ed è anche per prevenire il desiderio di morte nei giovani che ogni anno, a luglio, Stefania organizza un Torneo di Calcio a 5 dedicato alla memoria di Luigi, che di gareggiare sul campo con gli amici non era mai stanco. Che si tratti di salire alle alte sfere degli uffici del Quirinale o di scendere nella polvere di un campo di calcio, Stefania sta facendo del suo impegno una missione quotidiana. Attualmente sta lavorando all’organizza46 Il dire e il fare zione di un seminario residenziale che si terrà nei giorni 23 e 24 marzo a San Felice del Benaco, sul Lago di Garda. Le conferenze prenderanno in esame un’ampia gradazione di sfumature dell’elaborazione del lutto: rabbia, senso di colpa, difficoltà nel gestire le emozioni. Relatore, assieme al già citato Antonio Loperfido, sarà lo psicoterapauta di Milano Enrico Cazzaniga, cui si deve l’apertura nelle province di Milano, Monza e Brianza di diversi gruppi Ama per l’elaborazione del lutto. Chi spera di trovare informazioni in internet su queste e altre future iniziative, resterà deluso: attualmente la onlus di Ceprano non possiede un sito. A causa della mancanza di fondi, la sua attivazione è rimessa alla buona volontà di un nostro lettore webmaster. Nell’attesa è possibile scrivere un’e-mail a: [email protected], oppure chiamare i seguenti numeri: 3401424821 e 3491203321. ■