Intervista Colli
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Intervista Colli
Intervista a Giampiero Colli Dal 1 gennaio 2013 in Danimarca è vietata l'installazione nei nuovi edifici di caldaie a gas o a olio combustibile. Cosa ci differenzia dalla Danimarca? In teoria nulla ci dovrebbe differenziare; in qualità di Stati membri dell’Unione Europea abbiamo gli stessi obiettivi al 2020 e il provvedimento della Danimarca indica una strada per raggiungerli, ossia l’utilizzo di generatori di calore alimentati da fonti rinnovabili per il riscaldamento degli edifici. È noto che il riscaldamento degli edifici rappresenta mediamente il 30% dei consumi finali ed è riconosciuto da tutti che proprio in questo settore è possibile ottenere i risultati più eclatanti. Come associazione Co.Aer riteniamo che sia corretto intervenire con provvedimenti “forti” che incentivino le rinnovabili termiche e, in particolare, i sistemi a pompa di calore. Quali sono gli ostacoli che impediscono di adottare anche in Italia provvedimenti simili a quello della Danimarca, che in modo concreto e inequivocabile aprono la strada alle rinnovabili termiche? Anche in Italia ci sono strategie energetiche simili a quella della Danimarca, con la differenza che noi abbiamo una difficoltà “storica” a metterle in atto. È quasi un’eccezione nel nostro Paese, ma almeno per quanto riguarda i programmi energetici in questi ultimi anni non siamo stati con “le mani in mano”. Nel 2010 uno studio di Confindustria ha formulato le proposte per il Piano straordinario per l’Efficienza Energetica (PEE) indicando le dieci migliori tecnologie e il potenziale complessivo di risparmio di energia fossile: le pompe di calore risultano al quarto posto con un potenziale di riduzione di 27 milioni di tonnellate di CO2. Il Piano di Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili (PANER) del 2011 ha certificato il grosso potenziale delle rinnovabili termiche (10,46 MTep di FER pari al 46% del contributo complessivo), all’interno delle quali le pompe di calore sono quotate per 2,9 MTep di FER. Un nostro studio ha dimostrato che con una copertura del 30% della domanda di riscaldamento, il potenziale delle pompe di calore salirebbe a 5,3 MTep di FER. Un obiettivo alla nostra portata! L’ultima bozza della Strategia Energetica Nazionale (SEN) ha confermato e rafforzato quanto già previsto dal PEE e dal PANER, mettendo fra le sette priorità l’efficienza e lo sviluppo delle rinnovabili termiche, che nello stesso provvedimento sono state riconosciute più efficienti, meno costose e strategicamente indispensabili delle rinnovabili elettriche, ammettendo anche che fino ad ora sono state trascurate. Come ho detto prima, in Italia la cultura c’è, ma abbiamo un tale livello di burocrazia che spesso non ci consente di passare dalla teoria alla pratica. E questo è un conto che il cittadino e l’industria pagano tutti i giorni. È ipotizzabile che negli edifici di nuova costruzione le pompe di calore soppiantino totalmente l’utilizzo delle caldaie? Potenzialmente è possibile farlo perché l’offerta di pompe di calore è oggi molto ampia e la tecnologia ha fatto passi da gigante. Il potenziale c’è, bisogna però creare le condizioni per fare in modo che il mercato apprezzi questo tipo di offerta. Da tempo, come Co.Aer, cerchiamo di sensibilizzare le Istituzioni affinché si lavori sugli incentivi per ridurre il gap del maggior costo di investimento rispetto ai tradizionali sistemi di riscaldamento a combustibili e affinché si riducano le tariffe elettriche per rendere sempre più remunerative le pompe di calore in fase di esercizio. Se si vuole veramente raggiungere gli obiettivi 20-20-20 è necessario attuare tutte le misure in grado di creare le condizioni per lo sviluppo di questa tecnologia; in caso contrario il mercato continuerà con un trend tradizionale. In poche parole è necessaria una riduzione reale dei costi, non solo dei consumi. Quali misure andrebbero attuate? Tutti gli studi concordano su alcuni concetti fondamentali indispensabili per lo sviluppo del mercato di una nuova tecnologia. Innanzitutto è necessaria la conoscenza: gli utenti e gli operatori vanno informati ed educati sulle potenzialità delle nuove tecnologie; poi servono gli strumenti di sostegno perché le nuove tecnologie sono quasi sempre più costose di quelle tradizionali. Una volta sensibilizzato e resosi disponibile a impiegare le nuove tecnologie, l’utente decide in base a un principio molto semplice: la convenienza. In altre parole, affinché la proposta sia ritenuta interessante è necessario che il pay back non superi i cinque anni. Last but not least, la nuova tecnologia deve avere una ricaduta positiva sul territorio nazionale. Faccio notare che quello delle pompe di calore è un settore in cui esiste un’industria locale preparata e capace, che oggi “si salva” grazie soprattutto a un 30-40% di esportazione e che, se supportata adeguatamente, avrebbe un’importante ricaduta in termini di investimenti e creazione di nuovo lavoro. Parliamo dei costi di gestione: con il sistema tariffario a scaglioni, che vede il costo del kWh aumentare al crescere dei consumi, l'utilizzo delle pompe di calore rischia di non essere conveniente per molti utenti. Qual è la proposta di Co.Aer per risolvere questo problema? Sembrerebbe ovvio che, essendo poco o tanto più efficienti, tutte le nuove tecnologie portino a una riduzione dei consumi e che, conseguentemente, questo si traduca anche in una riduzione dei costi. A questo punto per le pompe di calore alimentate elettricamente si pone un problema: quando si passa da una tecnologia di riscaldamento tradizionale alimentata a gas a una nuova tecnologia alimentata a energia elettrica, per effetto di un distorcente sistema tariffario la riduzione dei consumi non equivale a una pari riduzione dei costi. In questo caso siamo di fronte a un’evidente discriminazione fra utente gas e utente elettrico, come illustrato nell’esempio in tabella che riporta le riduzioni dei consumi/costi conseguiti sostituendo una vecchia caldaia a gas con una caldaia a condensazione (Utente 1) o con una pompa di calore elettrica (Utente 2). L’utente 2 (“molto virtuoso”), nonostante sostenga un maggior investimento che gli consente di ottenere una forte riduzione dei consumi di energia primaria, maggiore di quella ottenuta con la caldaia a condensazione, vedendosi applicata la tariffa elettrica D3 non viene premiato con una “commisurata” riduzione dei costi di esercizio. Fabbisogno termico 19.000 kWht Utente1 Caldaia a gas efficienza 0,80 *9,7 da m3 a kWh Consumi m3 gas Costi (€/anno) 0,85€/m3 Utente2 Tecnologia sostitutiva Tecnologia presente m3 2.474 2.103 kWh 23.997 Caldaia a gas efficienza 0,80 Consumi m3/kWh kWht Costi (€/anno) m3 2.474 2.103 kWh 23.997 Caldaia a gas condensazione efficienza 0,95 Consumi m3 gas Costi (€/anno) Pompa di calore elettrica SCOP 3,5 Riduzione consumi/costi conseguiti Riduzione consumi energia primaria: 15,8% costi 15,8% m3 2.083 1.771 kWh 20.208 0,09 €/kWh Energia risparmiata Costi €/anno riduzione D3 2,3 fatt conv Riduzione consumi energia primaria 48% Riduzione costi 6,8% Primaria Consumi kWh elettrici/PER 5360 12.328 Energia primaria risparmiata 1.960 Costi totale riscaldamento 0,37 €/kWhel Riduzione Costi €/anno Osservare rispetto a condensazione forte riduzione di energia primaria maggior costo di gestione m3 391 332 Riduzione kWh 3.789 % riduzione -15,8 -15,8 kWh % riduzione 11.669 -48,6 143 -6,8 La maggior barriera alla diffusione della pompa di calore nel settore domestico è quindi dovuta soprattutto alla tariffa elettrica a scaglioni crescenti e ai sussidi incrociati che devono sostenere i clienti che decidono di installare questa tecnologia. Se consideriamo che in Italia i clienti domestici sono circa 29 milioni, di cui circa 20 milioni godono di sussidi incrociati, possiamo facilmente comprendere le distorsioni tariffarie che bloccano lo sviluppo del vettore elettrico. È chiaro che con queste premesse l’interesse a installare questi impianti è prevalentemente rivolto ai clienti sussidiati, perché hanno maggiore propensione al risparmio. Se 6 dei 20 milioni di utenti con tariffa D2, al fine di ridurre la spesa energetica complessiva, si dotassero di una pompa di calore come riscaldamento primario si otterrebbero i seguenti vantaggi: un’automatica riduzione dei sussidi incrociati di circa 648 milioni di €/a (1800 kWh/a x 6.000.000 utenti x 6 €cent/kWh), un incremento dei consumi complessivi di circa 30 TWh/a e un flusso economico aggiuntivo pari a 6 miliardi di €/a (6.000.000 utenti x 5.000 kWh/a x 20 €cent/kWh). Dalle nostre analisi, il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra è possibile solo eliminando alcune barriere, e fra queste c’è certamente un attento studio tariffario che comporti una tariffa elettrica per le pompe di calore non superiore a 20 €cent/kWh, omnicomprensiva di imposte e tasse. La nostra proposta è quindi di sostituire la tariffa a scaglioni D3 con un’unica tariffa flat dedicata agli utenti che installano una pompa di calore utilizzando un unico contatore che contabilizzi sia gli usi obbligati sia quelli della pompa di calore. Non ci aspettiamo tariffe speciali, ma almeno tariffe eque e depurate dai costi non dovuti!