Étude clinique sur les représentations
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Étude clinique sur les représentations
Origine e Filiazione Studio clinico sull’immaginario inconscio genitoriale sulla fivet autologa attraverso crioconservazione dello zigote 1 Origin and Parenting Clinical study on the unconscious parental fantasies concerning autologous IVF through embryo cryopreservation Claudia Mejía * , François Ansermet**, Marc Germond*** Riassunto : questo testo presenta il metodo e i risultati di una ricerca fondata su colloqui con genitori che hanno concepito più bambini con Fecondazione in vitro e transfert embrionale (FIVET), di cui uno dopo crioconservazione dell’embrione. Lo scopo di questa ricerca è stato di comprendere come questi genitori hanno interiorizzato a livello inconscio l’esperienza della FIVET autologa e, più in particolare, l’esperienza della crioconservazione dell’embrione, dal punto di vista della filiazione da parte del genitore del bambino che è nato attraverso questa tecnica. La novità del campo esplorato ha richiesto la messa a punto di un metodo di ricerca che unisce i vantaggi dello studio clinico dei casi con l’oggettività ottenuta negli studi della popolazione. Il materiale è stato analizzato secondo un metodo specifico per lo studio psicoanalitico dei colloqui clinici.. I risultati danno delle indicazioni specifiche sui momenti nevralgici della clinica della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), come quando più bambini nascono da un’ unico prelievo ovocitario. A partire da questi risultati è stato messo in evidenza un immaginario genitoriale specifico : il bambino nato dopo crioconservazione dell’embrione viene pensato come sopravvissuto, proveniente da un solo unico genitore e il legame di filiazione è immaginato come la replicazione dei genitori. Parole chiave : psicoanalisi, embrioni crioconservati, genitorialità, FIVET, bambini. Abstract: BACKGROUND : This paper presents the results of research based on interviews with sterile parents who have had several children after autologous IVF, of whom one was born after thawing the zygote. The aim of this research was to understand how these sterile parents had assimilated IVF involving zygote cryopreservation in terms of their filial bond to the child. METHODS AND RESULTS : To explore this new reality we developed a method of psychoanalytical clinical research which combines the advantages of case studies with the objectivity of quantitative data. We also used a specific linguistic methodology that enables analysing recorded interview discourse in an objective way. Results report on parents’ conscious imaginings on cryopreservation that were found common to the studied couples and show the psychological vulnerability for posterior parenting of a specific clinical situation: several children born after a single oocyte retrieval thanks to the embryo cryopreservation. DISCUSSION : Results have led to particular fantasies about the child born after thawing the zygote as a survivor coming from only one parent’s body, and about the sterile filial bond conceived like a repetition of the parent themselves. The specificity of IVF parents’ unconscious fantasies regarding normal reproduction is evaluated and several psychological clinical guidelines are proposed. Key words : ART, cryopreserved embryo, IVF, parenting, psychoanalysis. * Professore, Universidad de Antioquia. Colombie ** Professore, capo dei Service de psychiatrie d'enfants et d'adolescents, HUG (Hôpitaux universitaires de Genève), Università de Ginevra. *** Médecin responsable dei Centre de Procréation Médicalement assistée (CPMA) e Presidente della Fondazione FABER, Lausanne. 1 Questo studio ha fatto parte della ricerca « Il segreto delle origini. Il posto della realtà medica della concezione nell’investimento genitoriale del bambino nato in seguito a procreazione medicalmente assistita », sovvenzionato dalla Fondazione per la ricerca in ginecologia-ostetricia e medicina della riproduzione del Dipartimento di Ginecologia Ostetrica (DGO) del CHUV a Losanna, Svizzera. Questo studio è stato reso possibile grazie anche ai genitori che hanno accettato di partecipare a questa ricerca e che ringraziamo. 1 La realtà medica di una FIVET autologa attraverso la crioconservazione dell’embrione ha una qualche influenza sui futuri genitori? Qual è il vissuto inconscio dei genitori rispetto alla crioconservazione dell’embrione che è diventato il loro bambino? Che posto occupano gli embrioni in sovrannumero ancora crioconservati nell’inconscio dei genitori che hanno già avuto dei bambini attraverso la crioconservazione dell’embrione? Allo scopo di rispondere a queste domande abbiamo realizzato uno studio clinico che per quanto concerne la nostra conoscenza è il primo specifico su questo tema 2 . Metodo In questo studio abbiamo utilizzato un’analisi quantitativa per esaminare il materiale uscito sempre dallo studio dei casi. In effetti, solo lo studio dei casi permette di accedere alle componenti inconsce dei soggetti. Anche questa ricerca esce dai sentieri battuti nel cercare di superare la scissione che esiste attualmente tra gli studi di popolazione e gli studi dei casi, ognuno di questi studi ha dei vantaggi e degli svantaggi. Gli studi della popolazione presuppongono la riproducibilità del fenomeno che si cerca di osservare. Il grande vantaggio di questi studi non è, come lo si crede spesso, la loro scientificità intrinseca, ma piuttosto la assunzione della possibilità di agire sulla realtà considerata poiché cercano di svelare una causalità che permetta una certa predittività. Da qui il favore che questo tipo di studio raccoglie negli ambiti dove la scienza deve necessariamente servire l’applicazione. Tuttavia, questo vantaggio può anche costituire un inconveniente poiché queste investigazioni non possono per lo stesso motivo interrogare il non conosciuto: implicano in effetti dei legami di causalità presentiti in anticipo, che si cerca di conoscere e di controllare. Da questo punto di vista si può considerare che gli studi della popolazione non sono mai all’origine della ricerca, ma mirano piuttosto alla verifica attraverso delle investigazioni sistematizzate di ipotesi già stabilite: negli studi di popolazione si cercano delle risposte a delle domande che sono già state poste. Nel dominio psichico della PMA siamo obbligati a fare della ricerca “fondamentale” a saper cercare prima di tutto le domande che permettono di abbordare questa nuova realtà. Il nostro modo di porci è scientifico ma allo stesso tempo psicoanalitico. Nella ricerca psicoanalitica è lo studio dei casi che è privilegiato: la psicoanalisi si è in effetti posta fin dalle origini come una disciplina dell’individuale. Le coordinate inconsce si costituiscono sulla base del vissuto proprio di ciascuna persona, esse non si possono studiare se non nella pratica con ogni soggetto, nello specifico sul divano. Tuttavia, gli studi dei casi sono inutili a livello pratico: i loro risultati non hanno alcun valore predittivo e non possono essere generalizzati ad altri casi. Non permettono nemmeno di agire direttamente sulla realtà prossima. È in questo senso che non sono <<obiettivi>>. La ricerca psicoanalitica si fonda sempre sulla clinica. All’interno dello stesso principio la clinica è allo stesso tempo applicazione di un sapere universale e strumento di ricerca che contribuisce a costruire questo sapere a partire da una pratica dell’individuale (Ansermet 1999). La clinica come metodo è stata giustamente stabilita per risolvere questa contraddizione, costituisce un modo di costruzione del sapere che permette di pensare l’articolazione dell’uno e della pluralità. Che sia medico o psicoanalitico il metodo clinico concerne l’essere umano unico nella sua complessità. Ogni paziente presenta una configurazione singolare anche se si tenta in seguito di trattarlo secondo un sapere generale, il clinico è colui che avendo il dominio del sapere medico è sempre attento alla sorpresa, al dettaglio inatteso presentato dal paziente. Il clinico spiega il paziente con il metro del suo sapere ed interroga con il metro di ogni paziente le lacune del proprio sapere. Dando attenzione ai limiti del sapere il cammino clinico si fonda inizialmente sul particolare, tenta in seguito un accesso al generale per ritrovare alla fine dei conti l’unicità del paziente. Questo processo di andata e ritorno è il solo mezzo per rispettare la complessità del reale umano senza perdere di vista l’obiettivo terapeutico. Così opporre alla clinica una contraddizione tra l’universale degli studi della popolazione e il singolare degli studi dei casi significa ignorare i fondamenti 2 Diversi studi sono già stati fatti sulla rappresentazione dell’embrione crioconservato, ma nessuno che riguardasse gli aspetti psicologici a proposito dei bambini nati dopo la crioconservazione dell’embrione (estate 2005). Questo articolo riassume il metodo e i risultati di una ricerca iniziata nel 2003, che è stata spiegata in esteso nel libro Genitorialità sterile e procreazione medicalmente assistita. Il disgelo del divenire, pubblicato dalle edizioni Eres, Parigi, nel 2006, libro redatto grazie ai sussidi della Fondazione per la piccola infanzia e dalla Fondazione Faber a Losanna. 2 stessi del suo metodo. La scientificità di una ricerca clinica risiede proprio in questo: il generale non si trova se non al punto estremo della particolarità, <<è il dettaglio ultimo dei fenomeni che è anche la loro ragione ultima e così l’estrema specializzazione può da sola servire efficacemente all’estrema generalizzazione>> (Saussure, 1974). I casi clinici comprendono uno stato ed una anamnesi poiché l’essere umano vive su questi due piani: la configurazione attuale e la sua storia, nel combinare così il sincronico e il diacronico i grandi studi clinici hanno permesso di fare delle vere scoperte, è in questo il grande vantaggio dello studio dei casi, strumento indispensabile quando si vuole affrontare il non conosciuto. In una ricerca sugli aspetti psicologici della PMA il ricorso allo studio dei casi sembra dunque imporsi tanto più che noi adottiamo un ottica psicoanalitica. Da un altro lato i dati quantitativi presentati nello studio della popolazione permettono di correlare i risultati con un legame di causalità e i gruppi di controllo permettono di verificare che questo legame di causalità sia bene alla base di questi risultati. È anche augurabile che si trovi un cammino che introduca negli studi dei casi l’oggettività che i dati quantitativi permettono di ottenere e di raggiungere negli studi della popolazione. Intraprendere una ricerca con il doppio intento di adottare un punto di vista psicoanalitico e di tentare di trarre delle generalizzazioni che corrispondano ad una situazione reale ben circoscritta ecco qual è stata la sfida che abbiamo cercato di cogliere. Avendo scelto come base dello studio il primato della singolarità del vissuto dei soggetti si trattava quindi di trarne ciò che poteva essere tenuto come elemento comune a più soggetti, punti suscettibili di essere correlati con una situazione clinica data. Abbiamo cominciato il nostro lavoro cercando di andare il più lontano possibile, nella particolarità di ogni situazione affrontata poiché è all’inizio della singolarità che si ritrova il generale. Materiale Il materiale è costituito da un questionario socio-demografico semplice, e dal discorso ottenuto attraverso un unico incontro con i genitori, ripreso in video 3 . Accentrati sull’esperienza soggettiva, questi incontri hanno come scopo quello di esplorare l’esperienza psichica delle persone evocandone le tappe temporali più marcate della loro esperienza con la PMA, lasciando i soggetti liberi di esprimersi in modo spontaneo sui temi che vengono affrontati. Contrariamente agli incontri di ricerca abituale, i nostri incontri non sono strutturati nel senso che sono costruiti su delle ipotesi che si cerca di validare, ma piuttosto nel senso che propongono un quadro tematico: un tema globale unico suddiviso in più sottodomini, e un ordine: dopo la presentazione dell’attualità (della realtà) della famiglia invitiamo i genitori a ricordare il loro percorso e finiamo con una parte nella quale chiediamo loro di riprendere un ruolo di analisi del proprio vissuto (tabella 1). La grande libertà di evocazione e di associazione data ai soggetti in questi incontri è assolutamente necessaria da un punto di vista psicoanalitico: permette all’analisi ulteriore di mettere in evidenza i legami associativi consci ed inconsci sviluppati nel dialogo con ogni persona. Introduzione Ricordo Parte finale 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. Presentazione della famiglia e stato attuale dei bambini. Legame della filiazione Presentazione della coppia Desiderio del bambino e scoperta della sterilità Ricorso alla PMA e vissuto dei trattamenti. Concepimento, gravidanza, parto e puerperio/prima infanzia Vissuto della crioconservazione Spazio dato all’informazione al bambino. Vissuto della genitorialità. Opinioni e riflessioni generali sulla PMA. Partecipazione alla ricerca e spazio della PMA nella vita attuale. Consigli e domande. Tabella 1. Griglia dei temi affrontati durante l’incontro. 3 Il protocollo di questo studio è stato accettato dalla Commissione di etica della Facoltà di Medicina dell’Università di Losanna. 3 Gli incontri hanno una durata tra un 1h 50 a 2h 30 a seconda delle coppie. Ripresi in video, sono stati poi ritrascritti in formato informatico. Campione Il campione è stato limitato ai genitori che hanno avuto almeno due bambini in seguito a fecondazione in vitro autologa uno dei quali uno dopo lo scongelamento degli zigoti 4 . Il solo criterio di esclusione concerneva le gravidanze multiple. Nel reclutamento del campione abbiamo seguito un cammino di tipo < appello d’offerta>. Delle 23 coppie francofone contattate, scelte in funzione della prossimità del loro domicilio rispetto all’ospedale, 13 coppie hanno chiesto di ricevere una lettera d’informazione sulla ricerca. Tra queste 13 coppie, 8 coppie hanno voluto venire al colloquio. Attraverso questo percorso abbiamo implicitamente ristretto il campione a genitori che volevano esprimersi in un quadro di ricerca e che erano consapevoli di farlo davanti ad una telecamera, davanti ad uno sconosciuto, ricercatore all’interno di un servizio di pedopsichiatria. Lasciare l’iniziativa alle coppie rispetto alla partecipazione alla ricerca è anche una esigenza metodologica in un ottica psicoanalitica: non sono i nostri criteri che hanno determinato il gruppo ma la problematica psichica dei genitori stessi. Tutte le coppie erano sposate. Nessun genitore soffriva al momento dell’incontro di una qualunque patologia psichica dichiarata. I tabulati 2 e 3 riassumono altre informazioni su questi 8 casi. Madri Età Livello di studio Religione Origine 1 2 3 4 5 6 7 8 42 anni Maturità+po stdiploma 35 anni Università 36 anni Secondaria 41 anni Secondaria 30 anni Secondaria 38 anni Primaria 38 anni Università 37 anni Università Cattolica Cattolica Protestante Cattolica Protestante Cattolica Cattolica Reformée Tedesca Svizzera Svizzera Svizzera Svizzera Svizzera Svizzera Svizzera 1 2 3 4 5 6 7 8 41 anni 44 anni 41 anni 38 anni 39 anni 36 anni 39 anni 38 anni Secondaria Università Secondaria Secondaria Secondaria Università Protestante Cattolica Università 3° ciclo° Cattolica Cattolica Cattolica Nessuna Cattolica Università 3°° ciclo Cattolica TedescoSvizzera Svizzera Svizzera Svizzera Svizzera ItaloSvizzero Svizzera Svizzera Svizzera Padri Età Livello di studio Religione Origine Origine Tabella 2 Dati socio-demografici estratti dai questionari. 4 La legge svizzera vieta la crioconservazione allo stadio embrionale. La crioconservazione allo stadio dello zigote permette di ottenere dei risultai altrettanto positivi nei centri che hanno dovuto adattarsi alla legge della procreazione medicalmente assistita (l. PMA.. I genitori di questo studio parlano spesso tuttavia di <embrioni>. Noi li utilizziamo qui il termine <zigote> unicamente in riferimento alla crioconservazione effettivamente realizzata. 4 Casi Tipo di sterilità 1 Maschile Tecnica FIVET-ICSI Numero e sesso dei bambini Età dei bambini 2 Maschile FIVET-ICSITESA Due femmine Una femmina Un maschio 2 anni e quattro mesi 3 anni 3 Coppia 4 Femminile 5 Maschile 6 Femminile 7 Coppia 8 Femminile FIVET-ICSI FIVET FIVET FIVET FIVET Un Garçon Una femmina Un maschio FIVETICSI Due femmine Due femmine Tre maschi 5 anni e tre mesi Due maschi Una femmina 7 anni e tre mesi 4 anni e sei mesi 2 anni e sei mesi 6 anni 5 mesi di gestazione 2 anni più vecchio Una femmina 4 anni e tre mesi 4 anni 2 anni 10 mesi 6 mesi 1 anno e nove mesi più vecchio più giovane 3 anni e sei mesi 2 anni più giovane più giovane più giovane Spazio all’interno della fratria del bambino nato dopo crioceonservazio ne Numero dei bambini nati in seguito allo stesso prelievo ovocitario Zigoti rimanenti Sperma congelato più giovane più giovane 1 1 2 2 2 1 1 2 Si Si Si Si Si _ Si _ _ _ _ _ _ _ _ _ Tabella 3. Dati clinici delle coppie che hanno partecipato ai colloqui Metodologia di analisi del colloquio Per sviluppo del discorso ottenuto in seguito alla trascrizione del colloquio, abbiamo utilizzato una metodologia d’analisi specifica che ha permesso lo studio oggettivo dell’immaginario inconscio genitoriale. Abbiamo già spiegato altrove questa metodologia in dettaglio (Mejía, 2000, 2001, Mejia et al. 2006). In sintesi , comporta un riassunto cronologico del colloquio ed un’analisi meticolosa dei colloqui di ciascun genitore. All’interno dell’analisi, si tratta di una vera e propria scomposizione degli elementi nel discorso seguendo tre assi. Sull’asse dell’enunciato si segnala nell’aspetto articolatorio: l’intonazione, l’eloquio, le sospensioni, i lapsus, le esitazioni, le correzioni, le parole che possono essere interpretate in modi diversi, etc.; sotto l’aspetto stilistico: il tipo di sintassi, la concordanza dei tempi verbali, le frasi fatte, le figure del discorso, la narrazione, il meta-ascolto, etc.; ed infine nell’interazione: l’ascolto tra i locatori e la relazione con l’intervistatore. Tutti questi dati linguistici sono oggettivamente osservabili nella registrazione del video. Sull’asse lessicale, al di là dell’analisi dei registri del vocabolario (che sia familiare, sostenuto o volgare, etc.) si utilizza il software AlCESTE (Analisi dei Lessemi Concorrenti negli Enunciati Semplici di un Testo) sviluppato da Max Reinert (1994). L’utilizzo di questo software è stato di grande aiuto ; l’oggettività del suo calcolo e l’efficacia dell’algoritmo in merito alla capacità di svelare le tracce linguistiche dei fenomeni inconsci sono assolutamente accertate. Sull’asse del contenuto, si realizza una analisi semantica classica e soggettiva distinguendo però rigorosamente i temi proposti dai temi spontanei portati dai soggetti intervistati. 5 Per un anno, due ricercatori hanno realizzato le otto analisi della ricerca, che sono state successivamente valutate da altri due ricercatori diversi che conoscevano preliminarmente le conversazioni. Il Fattore quantitativo Nell’utilizzare questa metodologia d’analisi si può raggiungere una profusione dei risultati partendo dal presupposto che non è precisato in anticipo ciò che è ricercato nelle conversazioni. Ricordiamo che vogliamo trovare ciò che c’era da trovare e non tanto ciò che noi avremmo creduto preliminarmente di potervi trovare. Alla fine di questo percorso ci siamo dunque ritrovati con una massa considerevole di informazioni eterogenee. Certi casi meriterebbero un’ esposizione per intero, tanto sono interessanti da un punto di vista psicoanalitico. Tuttavia, questo lavoro lungo e minuzioso non è stato realizzato se non in previsione di lasciare da parte i risultati specifici di ciascuna persona, poiché il nostro scopo primario era di tipo quantitativo: si trattava di comparare i casi e di ottenere in questo modo dei punti comuni. Ma come comparare ciò che era così eterogeneo come ogni singola esperienza umana? È lì che il clinico risponde: dopo avere dato tutto lo spazio necessario al singolare e all’arbitrario di ogni singolo soggetto, abbiamo confrontato questi casi con la misura della realtà effettivamente condivisa dalle coppie, e cioè le circostanze precise dei trattamenti della FIVET con crioconservazione. Questo vuol dire che abbiamo cercato nella storia clinica della coppia gli elementi clinici che si ripetevano e che si trovavano correlati con i dati psicologici sviluppati nell’analisi individuale. Questo lavoro di comparazione è stato semplice e abbastanza corto, tanto erano espliciti i dati ottenuti dopo l’analisi. Sia ben chiaro, non presentiamo in questo articolo i dati singoli, ma unicamente gli elementi comuni (almeno a due coppie di genitori), nell’esplicitare la loro relazione con i tratti clinici particolari che sono condivisi dalle coppie. Risultati Questi punti comuni hanno coinvolto diversi soggetti: nello specifico l’informazione a proposito della crioconservazione, il momento di trasferimento dell’embrione, il destino degli zigoti ancora crioconservati, le relazioni all’interno della fratria, l’immaginario sul bambino nato in seguito alla crioconservazione dello zigote, e i gameti. Alcuni punti sono già stati segnalati da altri ricercatori a proposito della FIVET senza crioconservazione, a cui faremo allusione qualche volta, altri punti al contrario ci hanno sorpreso. 1.Il momento del trasferimento degli embrioni dopo lo scongelamento degli zigoti corrispondenti. Questo tema è posto esplicitamente nella griglia delle domande, non è stato molto sviluppato dai genitori durante gli incontri. Tuttavia tre punti meritano di essere considerati a questo proposito: A. Tutte le coppie hanno menzionato la leggerezza e la facilità del trattamento : << già fatto>>. B. Due madri ed un padre hanno esplicitamente lamentato l’assenza del padre, (dovuto a diverse circostanze) al momento del trasferimento degli embrioni. C. Due coppie hanno segnalato lo stupore provato alla vista degli embrioni al microscopio proprio prima del loro trasferimento. Diversi ricercatori hanno segnalato che durante i trattamenti le coppie considerano già gli embrioni come dei <<bambini>>. (Laruelle and Englert, 1995 ; Svanberg et al., 2001a ; McMahon et al., 2000, 2003 ; Söderström-Anttila et al., 2001).Le circostanze della crioconservazione rendono ancora più reale questa idea, perchè per esempio, il padre può essere assente nel momento in cui l’embrione viene introdotto all’interno del corpo della madre. Nello studio della McMahon et al.,i genitori di bambini con età di 5 anni hanno anche parlato dell’impatto psicologico del fatto di avere visto gli embrioni al microscopio(2000). 2.L’informazione rispetto alla crioconservazione 6 Le somiglianze tra le coppie a proposito della Fivet con crioconservazione concernono tre punti : A. Il segreto durante i trattamenti, B. l’intenzione di informare il bambino e C. l’informazione effettivamente data al bambino. A. All’interno di diverse coppie la crioconservazione è stata tenuta segreta al loro entourage nel momento dei trattamenti, e fino anche al primo mese di gravidanza. Due coppie parlano esplicitamente del segreto durante l’incontro, tre coppie si esprimono in modo poco preciso a questo proposito, un padre ha detto per esempio: <<abbiamo informato la famiglia, ma non nei dettagli>>. B. Per quello che riguarda l’intenzione di informare il bambino della FIVET, una sola madre ha immaginato la possibilità di non parlargliene. Tutti gli altri genitori hanno espresso esplicitamente l’intenzione di parlare ai loro bambini della loro fecondazione in vitro e tre coppie hanno detto di tenere soprattutto a menzionare la crioconservazione. La crioconservazione è per queste tre coppie qualche cosa che non deve essere tenuto segreto. Il bambino è sentito come un soggetto avente diritto di sapere, e i genitori temono che lo possa apprendere da qualcun altro. C. Per quanto riguarda l’informazione effettivamente data tutte le coppie trovano delle difficoltà a parlarne. Di fronte alle classiche domande dei bambini sull’origine dei bambini, i genitori sono evasivi: si affrettano a parlare del momento del parto o a raccontare la storia dei piccoli grani che vengono spinti nel ventre con l’aiuto del medico, senza menzionare l’atto sessuale, o l’assenza dell’atto sessuale durante la fecondazione. I genitori hanno espresso un forte malessere a questo proposito durante l’incontro stesso (le intonazioni emotive, le esitazioni, le correzioni, le ripetizioni di frasi fatte, etc.): Solo le coppie i cui bambini hanno un età tra i 6 e i 7 anni, hanno effettivamente parlato loro della sessualità e della FIVET, ma non hanno esplicitamente menzionato alla crioconservazione. Due coppie tra le tre che volevano raccontare ai loro bambini della crioconservazione hanno fatto riferimento esplicito al bisogno di mezzi audio-visivi specifici su questa tecnica che potrebbe aiutarli a parlarne. Riassumendo esisterebbe nelle nostre coppie un conflitto importante tra il pensiero e l’atto, tra il bisogno imperante di svelare e i dubbi a proposito dell’accoppiamento di questo atto. La domanda esplicita fatta all’équipe medica del materiale <<pedagogico>> sulla crioconservazione sembra anche essere un indice non negabile di malessere genitoriale verso la crioconservazione. Molte ricerche hanno già segnalato questa problematica della informazione al bambino specificatamente nel caso dell’inseminazione con sperma da donatore nel quale il segreto è stata l’opzione più generalmente seguita (Brewayes, 1997 ; Golombok, 1999).La letteratura specifica rispetto ai genitori che hanno fatto una Fivet autologa segnala che l’informazione data al bambino sulle circostanze della sua origine dipende dall’età di quest’ultimo ma porta con sé anche un problema. Greenfeld et al. trovano nei genitori delle difficoltà a svelare il trattamento attraverso la Fivet : solamente il 15% del loro campione di genitori ha parlato ai propri bambini della loro origine(1996). Secondo Colpin et Soenen (2002) il 75% dei genitori del loro studio non hanno parlato ai loro bambini, ma il loro studio si basava su bambini che avevano un’età che si aggirava solo intorno ai due anni. Braverman et al. (1998) segnalano che l’80.4% dei genitori del loro gruppo non hanno informato i loro bambini che hanno un’ età di 5 anni. Negli studi di Olivennes et al (1997) il 58% dei genitori non ha informato i propri bambini che hanno un’età tra i 6 e i 10 anni e questa percentuale diminuisce al 34% per i bambini con un’età tra gli 11 e i 13 anni. Nessuno di questi studi menziona specificatamente l’informazione sulla crioconservazione. Questo confronto permette di comprendere i nostri risultati in relazione alla giovane età dei bambini del nostro gruppo (dai 6 mesi ai 7 anni).In effetti, la sola coppia che abbia effettivamente parlato ai bambini a proposito della Fivet è quella che ha i bambini più grandi. Tuttavia bisogna osservare che anche questa coppia non ha fatto riferimento specificatamente alla crioconservazione. C’è anzi una particolarità del nostro gruppo a proposito dell’informazione: la crioconservazione degli zigoti permette ai genitori di non parlare dei trattamenti al loro entourage poiché il trattamento è molto leggero: <<già fatto>>. Lo studio di Svanberg et al. sui fattori che influenzano la decisione rispetto agli embrioni in soprannumero segnala che gli uomini (più di quanto non facciano le donne) dicono di non avere parlato a nessuno della crioconservazione (2001a). Se si ritiene 7 ugualmente il legame tra il segreto nei confronti dell’entourage più vicino al momento dei trattamenti e l’atteggiamento successivo davanti al bambino, si può supporre che la crioconservazione presenta una configurazione specifica concernente l’informazione al bambino rispetto agli altri casi di Fivet senza crioconservazione. 3. Il destino degli zigoti ancora in crioconservazione Quattro coppie del nostro gruppo avevano ancora degli zigoti crioconservati. A.Per le due coppie i cui zigoti provenivano, come i loro due bambini, da un unico prelievo d’ovociti : i) esiste un legame forte tra questi zigoti e i loro bambini : << e adesso, ce ne sono ancora !...e per quanto riguarda i nostri bambini…sono la stessa cosa>>. ii) C’è una netta differenza tra gli atteggiamenti dei padri e delle madri nei confronti della scelta di scongelare gli zigoti rimanenti. Un padre è sfavorevole, un altro è molto favorevole ad un nuovo tentativo mentre una madre è reticente, l’altra è apertamente contraria, senza che possano tuttavia esprimere il loro malessere una vota che si trovano faccia a faccia con questo terzo transfer di embrioni. Queste due madri distinguono tuttavia le loro reticenze ad un terzo transfer di embrioni dal desiderio di un terzo bambino, che dicono poter vivere molto bene <<se venisse così>>. Infatti, queste madri esprimono sia la paura di malformazioni che potrebbero sopravvenire in caso di un terzo transfer di embrioni che la paura di una gravidanza multipla. Tuttavia, il legame immaginario tra i loro bambini e gli zigoti restanti, crea al loro interno un forte sentimento di colpa verso la possibilità di non scongelarli per un terzo transfer. <<Lasciarli là>> sarebbe l’equivalente dell’abbandono di un figlio. Queste due coppie non hanno parlato del destino possibile di questi zigoti nel caso in cui il transfer non avesse luogo : non trasferirli era già nell’orine del non pensabile malgrado il desiderio delle madri implicito delle loro paure di non trasferirli. B. Le altre due coppie hanno avuto i loro bambini dopo due prelievi ovocitari distinti e i padri hanno dello sperma in crioconservazione. Queste coppie hanno espresso maggiore distacco dagli zigoti piuttosto che verso lo sperma. Questo distacco non era tuttavia esente dall’affettività e da un porsi delle domande dolorose legate alla loro storia, soprattutto da parte dei padri. Queste due coppie non volevano un nuovo transfer. Sono state capaci di esprimere i loro dubbi sul destino di questi zigoti in termini di eliminazione e di dono ad altre coppie o alla ricerca medica. Quest’ultima opzione non li sconvolge affatto, a differenza di un’altra coppia che non aveva zigoti ancora in crioconservazione e che si chiedeva tuttavia ciò che avrebbe fatto in un caso simile e che si sono dimostrati estremamente contrari ad un’idea del genere. Uno dei padri, professore di alto livello in biologia dirà addirittura: << io non sono assolutamente per l’utilizzo di embrioni di altri, se voi lo volete, ma non utilizzate i nostri>>. Gli embrioni crioconservati hanno cominciato ad essere ultimamente oggetto di più ricerche in particolare a proprosito della decisione delle coppie di trasferirli oppure di distruggerli(Oghoetuoma et al., 2000 ; Hounshell and Chetkowski, 1996 ; Bjuresten and Hovatta, 2003 ; Laruelle and Englert, 1995 ; Svanberg et al., 2001a ; McMahon et al., 2003 ; Söderströom-Anttila et al., 2001).In queste ricerche si è notata la sofferenza generata da questa decisione paradossale(Laruelle and Englert, 1995 ; Svanberg et al., 2001a ; McMahon et al., 2003),ma questi studi si sono interrogati sulle ragioni di questa sofferenza. Svanberg et al.interpretano il silenzio delle coppie quando devono decidere del destino degli embrioni in soprannumero come una espressione del loro desiderio di non essere responsabili della decisione di distruggerli(2001a)..Le paure a proposito dei rischi di malformazioni o di effetti a lungo termine della crioconservazione sono le ragioni più comuni alle quali ricorrono le coppie nel momento in cui scelgono di distruggerli(Laruelle and Englert, 1995 ; McMahon et al., 2003). Si è allo stesso modo rimarcata la differenza tra gli atteggiamenti degli uomini e delle donne,per esempio durante i trattamenti gli uomini si pongono molti più problemi per quanto riguarda la salute del bambino di quanto non facciano le donne (Svanberg et al., 2001a).,situazione che sembra invertirsi nella genitorialità, secondo il nostro studio. Nessuno di questi studi menziona i legami tra la decisione delle coppie e degli elementi clinici dei trattamenti di Fivet. Tuttavia in un recente studio australiano qualche commento negativo di madri a proposito del dono di embrioni per la ricerca medica coincide con l’immaginario del nostro gruppo: “until we had had a successful pregnancy I would agreed to this. Once I saw our babies, 8 embryos take on a new meaning”, “I have too much emotional attachment to the embryos. My two year old is from the same cycle”. “After having a daughter who was a frozen embryo it has made it more difficult to think of embryos as some scientific thing, when we look at her and remember what she looked like at three cells. All of our embryos are now humanised for us. Before she was born we were much more detached” 5 (McMahon et al., 2003).Gli stessi autori avevano già notato in uno studio antecedente i genitori parlano spesso di embrioni come provenienti”from the same batch” dei loro bambini (McMahon et al., 2000). C’è una differenza interessante tra i risultati di questi studi e il destino degli embrioni in sopranumero. Qualche studio nota che le coppie preferiscono dare i loro embrioni piuttosto che distruggerli(Bjuresten and Hovatta 2003, Laruelle and Englert 1995).Altri studi trovano che non preferiscono darli (Oghoetuoma et al., 2000 ; Hounshell and Chetkowski, 1996 ; Darlington and Mason, 1999).Gli studi che trovano che le coppie preferiscono dare gli embrioni sono gli studi prospettici che esplorano le opinioni e le intenzioni delle coppie che sono ancora in trattamento Fivet (lo studio di Bjuresten è singolare perché gli embrioni dati non erano di così buona qualità per poter essere utilizzati in un tentativo di Fivet). Gli studi che trovano che il dono non è preferito sono per lo più studi retrospettivi che includono sia coppie senza bambini che genitori attraverso Fivet. Lo studio di Lornage et al.(1995)nota che la presenza o l’assenza di una gravidanza influenzi la decisione delle coppie. C’è dunque una reale scissione tra le intenzioni delle coppie e gli atti dei genitori:questo è un punto chiave nel dibattito etico rispetto alla donazione di embrioni che rientra nel contesto della sperimentazione sulle cellule madri. Tutti i “donatori potenziali” non sono posti di fronte allo stesso problema rispetto alla domanda del destino degli embrioni in sopranumero. La storia di ogni coppia e soprattutto la crioconservazione dello sperma e il fatto di avere già un bambino nato da crioconservazione dell’embrione,più ancora se questo bambino proviene dallo stesso prelievo ovocitario degli embrioni in sopranumero, modella la configurazione dove si inserisce la decisione della coppia. 4. Le relazioni all’interno della fratria A. Nell’immaginario genitoriale della fratria, esiste un legame particolare tra i bambini dei 4 casi che sono nati dopo un solo prelievo di ovociti : i) La procreazione è risentita come simultanea, e la fecondazione assume un’importanza particolare: sarebbero stati <<concepiti nello stesso tempo>>, <<sono state fatte nello stesso tempo>>, <<è lo stesso giorno, la stessa serie>>, <<sono stati concepiti nello stesso tempo e a tre anni di intervallo>>, <<erano le stesse uova>>, <<sono stati concepiti lo stesso giorno, lo stesso secondo>>. ii) Questa enfasi data alla fecondazione a scapito della gestazione del bambino cancella la differenza d’età tra i bambini: <<sono allo stesso livello>>, <<sono della stessa età>>. Le due madri che hanno ancora degli zigoti congelati, arrivano addirittura a dire che un bambino sarebbe potuto nascere al posto di un altro. iii) Le tre coppie i cui due bambini sono di sesso opposto descrivono la fratria con gli stessi criteri, come se un bambino fosse una sorta di <<negativo>> fotografico dell’altro. Per esempio, l’uno è <<selvaggio>> l’altro adora le coccole; uno è turbolento, l’altro è molto calmo; uno è estroverso, l’altro molto riservato. Questa assomiglianza-identità è ancora più accentuata là dove i due bambini sono dello stesso sesso. Si confondono a più gradi secondo le coppie in una sorta di unica identità ripetuta due volte. 5 ”finché non abbiamo avuto una gravidanza portata a termine avrei concordato su questo. Ma una volta che ho visto i nostri bambini gli embrioni hanno assunto un nuovo significato, “avevo un attaccamento troppo emotivo agli embrioni. Il mio bimbo di due anni è dello stesso ciclo”. “Dopo avere avuto una figlia che era stata un embrione congelato, ha reso per me molto difficile pensare agli embrioni come ad una cosa scientifica, quando la guardiamo e ci ricordiamo com’era quando era una delle tre cellule. Tutti i nostri embrioni hanno per noi assunto una forma umana, prima che lei nascesse eravamo molto più distaccati”. 9 B. Negli altri quattro casi dove i bambini sono nati dopo due prelievi ovocitari distinti, il solo punto comune alle quattro coppie in materia di fratria è che tutte segnalano la grande gelosia del più grande, indipendentemente dal sesso del bambino e dalla crioconservazione. i) Tra queste quattro coppie, le due coppie che non hanno più sperma crioconservato hanno avuto due bambini dello stesso sesso, e presentano un immaginario particolare nei confronti dell’anonimato, dell’impersonalità delle relazioni sociali, della produzione in serie. L’identità dei fratelli e delle sorelle sono intimamente legate per queste due coppie (nei loro nomi, nei loro caratteri e nei loro gusti). Non si conosce nessuna ricerca ad oggi (estate2005) sull’immaginario genitoriale a proposito delle relazioni tra i bambini di una stessa fratria procreata per Fivet. 5. L’immaginario sul bambino nato in seguito a crioconservazione dello zigote A. Dal confronto tra gli otto casi studiati, ne esce un ritratto comune del bambino nato da crioconservazione dello zigote, in contrasto con i loro fratelli e sorelle usciti da embrioni freschi. I bambini nati in seguito a crioconservazione dello zigote sono per i genitori <<sani>> e <<forti>>. La maggior parte sono sani fisicamente parlando, ma è soprattutto rispetto al carattere che i genitori segnalano la loro forza: <<maligno>>, <<carattere forte>>, <<irascibile>>, <<dinamico>>, <<aperto>>, <<vivo>>, <<pieno di energia>>, <<fisicamente solido>>, <<iperattivo>>, <<non si ammala mai>>, <<è sicura di se stessa>>, <<si muove continuamente>>, <<non si lascia fare>>, <<molto intelligente>>, << ha una straordinaria memoria>>, <<è perfetta>>, <<è un piccolo bulldozer>>, <<è decisa>>, <<socievole>>, <<sa quello che vuole>>. Questa forza di carattere è vissuta in modo molto positivo da parte dei padri, e un po’ meno positivo da parte delle madri che segnalano anche il lato negativo di un carattere di questo tipo: <<sfida l’autorità>>, « maliziosa », <<turbolento>>, <<molte crisi di collera>>, <<carattere difficile>>, <<testa quadra>>, <<carattere d’inferno>>, <<selvaggio>>. Le descrizioni dei fratelli o delle sorelle fecondate in vitro ma senza crioconservazione sono molto più delicate e non danno luogo ad un ritratto comune. B. Ad eccezione dei genitori che hanno crioconservato lo sperma (due coppie), per tutti gli altri genitori, ma in particolare per le madri, la crioconservazione lascia una traccia nei bambini: nel carattere, come si è menzionato, ma anche nei problemi vissuti nella prima infanzia (principalmente nel sonno e nell’alimentazione), nei problemi futuri (possibilità di sterilità), aspetti che si riconducono alla sua origine (<<ha l’aria di venire da altrove>>, <<da dove può avere preso un carattere del genere?>>). Questa traccia è espressa in modo esplicito da parte di certi soggetti. Per una madre, il fatto che le crisi di collera di sua figlia non si calmino se non con una doccia fredda, sarebbe da ricondursi ad un <<ricordo embrionale>> che avrebbe iscritto nel corpo stesso di sua figlia la crioconservazione. Una coppia lega le bizzarrie in materia di nutrizione del proprio bimbo con un immaginario di congelamento alimentare. Due coppie presentano una problematica per quanto riguarda il <<soffermarsi davanti al congelatore>> dei loro bambini. Bisogna menzionare prima di tutto il fatto che in tutte le ricerche recenti su questi bambini, non si è trovata prova di differenza nè fisica nè psichica tra i bambini concepiti da Fivet e i bambini concepiti tramite l’atto sessuale (Sydsjo et al., 2002 ; Braverman et al., 1998 ; Cederblad et al., 1996 ; Olivennes et al., 1997 ; Leslie et al., 1998 ; Golombok et al., 2002, 2003 ; Raoul-Duval and al.1994 ; Gibson et al., 1998, 2000 ; Montgomery et al., 1999 ; Colpin and Soenen, 2002 ; Hahn and Di Pietro, 2001).Dunque a livello della realtà biologica e psichica dei bambini stessi, non c’è attualmente base scientifica che sostenga il ritratto disegnato dai genitori di questa ricerca. In quanto alla presenza di un tale ritratto nei genitori che hanno concepito i loro bambini con la Fivet, bisogna notare la mancanza di studi su questo soggetto. Piuttosto è il comportamento genitoriale che è in effetti l’oggetto della maggior parte delle ricerche. Tuttavia qualche studio comportamentale ha menzionato nei suoi risultati che le madri concepiscono i loro bambini concepiti per Fivet come <<speciali>>(Gibson et al., 2000 ; Braverman et al.,1998 ; Hahn and Di Pietro, 2001 ; Weaver et al., 93),vulnerabili e più sensibili(Gibson et al., 1998), piuttosto che più socievoli (Van Balen, 1996).Nello studio di Sydsjo et al. (2002), i bambini concepiti per Fivet sono percepiti dai loro genitori come più abituali, sensibili e malleabili rispetto ai bambini del gruppo di controllo. 10 La descrizione dei bambini nati dopo la Fivet sembra così evolvere attorno alla qualità di <<eccezione>> di questi bambini, da un punto di vista positivo. Specificatamente in relazione ai bambini nati dopo crioconservazione dell’embrione, a nostra conoscenza non esiste purtroppo ad oggi nessuno studio con i quali confrontare i nostri risultati. 6. I gameti Tra tutti i genitori, si è trovato una grande confusione terminologica a proposito della terminologia della Fivet ed in particolare dei gameti. Si è potuto stabilire due sottogruppi nettamente differenziati a seconda del sesso del gamete e il numero dei prelievi: A. Secondo il gamete privilegiato (scelto) per i genitori, le coppie che hanno avuto dello sperma congelato (2 coppie) si distinguono dalle altre (6 coppie). i. Per le sei coppie che non hanno avuto sperma congelato, in differenti gradi secondo le coppie, il gamete femminile si confonde con l’embrione. I lapsus testimoniano questa confusione tra l’ovocita e l’embrione : una madre ha parlato di <<prelievo d’embrione>>, un padre ha parlato di << transfer di ovociti>>. ii. Per le altre due coppie, il gamete maschile ha una presenza molto reale ed è lui che si confonde con l’embrione(-zigote) : la crioconservazione allo stesso tempo dell’uno e dell’ altro accentua questa equivalenza. Tra il <<materiale genetico>> lo <<spermatozoo>>, lo <<sperma>> e l’<<embrione>>, le confusioni terminologiche sono tali che è perfino talvolta difficile sapere esattamente ciò che i genitori vogliono dire nella conversazione. Una coppia utilizzava il termine <<paillettes>> per parlare indistintamente di quello che era crioconservato (sperma e zigote) e la madre parlava così: <<si è detto, quando aveva messo tre ovociti…. o embrione o paillettes, si è detto, tre, non si possono impiantare>>. B. A seconda del numero dei prelievi, le coppie che hanno procreato due bambini dopo un solo prelievo d’ovociti (4 coppie) si distinguono dalle altre (4 coppie). L’embrione si confonde con l’ovocita, i più embrioni non sono compresi come specificatamente distinti (<<sono gli stessi>>). . Queste confusioni terminologiche fanno parte della problematica quotidiana dei clinici e forse è la loro banalità stessa che fa si che non hanno ancora meritato di essere segnalati specificatamente nella ricerca psicologica attorno alla PMA. Tuttavia, i clinici hanno sentito in modo forte il bisogno di chiarire le idee ai pazienti, e ne sono testimonianza i lessici e le brochure esplicative che abbondano nei servizi della PMA 6 . Discussioni Ben inteso, questi risultati richiedono una messa in prospettiva e una comparazione approfondita con la configurazione psichica della riproduzione <<normale>>. Segnaliamo per esempio che avevamo trovato come punti comuni la gelosia del figlio più grande e l’importanza del sesso del bambino, che sono dei tratti generali dell’esperienza di tutti i genitori del mondo. Si può anche rimarcare la grande differenza del vissuto e dell’elaborazione ulteriore tra i padri e le madri, punto che non fa che confermare questo tratto spesso dimenticato ma generale della specie umana: essa è fatta di uomini e di donne. Tuttavia, grazie ai risultati si possono già segnalare, due momenti specifici dei trattamenti della PMA come punti nevralgici a livello psicologico poiché hanno perdurato nell’immaginario dei genitori per anni dopo i trattamenti e cioè : 1. La crioconservazione, dell’embrione come dello sperma 2. Il prelievo degli ovociti. Questi momenti clinici sono rimasti nell’esperienza dei 16 genitori dello studio, e poi ripresi all’interno di una elaborazione ulteriore e continuano in un qualche modo ad essere presenti nell’immaginario genitoriale attorno ai bambini e alla fratria. Questi due momenti clinici implicano un agire diretto sul corpo dei pazienti, un esproprio, una spersonificazione, una mancanza di controllo, in contrasto per esempio con l’assunzione degli ormoni o la raccolta dello 6 Questo punto è stato sviluppato in esteso nell’articolo <<Le parole e le cose a proposito della fecondazione in vitro>> (Mejia et al, 2005) 11 sperma attraverso masturbazione che permette ai genitori di agire loro stessi e che non hanno lasciato tracce comuni nell’ulteriore elaborazione. Questi risultati non sono facili da comprendere, al contrario, pongono un grande numero di domande : perché un tale investimento materno dell’embrione crioconservato? Perché il prelievo degli ovociti ha una tale importanza psicologica? Perché la crioconservazione dello sperma sembra in un qualche modo <<neutralizzare>> l’equivalenza immaginaria tra l’ovocita e l’embrione? Perché le relazioni tra la fratria sono comprese dai genitori in termini di <<sono la stessa cosa>>? Perché il bambino che allo stadio zigote è stato crioconservato avrebbe una così forza a livello caratteriale? In breve, quali sono in effetti le coordinate inconsce sottogiacenti all’immaginario messe in luce dai risultati di questa ricerca? In più come si può aiutare maggiormente le coppie ad elaborare i trattamenti di PMA? Per meglio sostenere la nostra ipotesi abbiamo tentato di trovare una coerenza interna all’insieme di questi risultati rispondendo a queste domande. Queste risposte si sono rivelate designatici di un immaginario inconscio preciso. Questo immaginario sarebbe generale per i genitori del gruppo a causa della traversata comune di una stessa esperienza clinica. Due assi sostengono questo immaginario: A. l’origine del bambino, e B. la filiazione dei genitori al bambino. Nella spiegazione di questo immaginario dovremmo ovviamente fornire dati particolari di certi casi dati che non abbiamo menzionato nella prima parte dove si trattava di esporre ciò che era comune a tutti i genitori del gruppo. A. L’origine del bambino 1. Il bambino sopravvissuto I 16 genitori del nostro gruppo si ritrovano tutti nell’idea che i bambini siano molto forti, poiché sopravvissuti al congelamento. Anche i bambini nati in seguito a scongelamento dello zigote sembrano essere particolarmente pensati da parte dei loro genitori come bambini <<sopravvissuti>>. Tutti i loro bambini, qui compresi anche quelli nati senza crioconservazione, sono in effetti <<particolari>>, <<speciali>>, dei <<miracoli>>. I genitori valorizzano queste singolarità (sono <<migliori>>, sono i <<bambini del domani>>, sono <<molto intelligenti>>) oppure le temono (immaginano che gli altri bambini li insulteranno <<tu non sei come tutti!>>). Per la crioconservazione questa traccia è ulteriormente enfatizzata (una madre immagina per esempio che un altro bambino dirà al proprio figlio <<tu sei stato scongelato!>>), corporalmente e psichicamente inscritta, come fissata da tutte le coordinate immaginarie relative alla temperatura, del caldo e del freddo. E’ proprio in rapporto a problemi (le crisi di collera, le preoccupazioni riguardanti la salute) che certi genitori legano esplicitamente il carattere del bambino con la crioconservazione. Esplicitamente ed implicitamente attraverso dei lapsus, le madri esprimono di avere avuto durante la gravidanza molte paure riguardanti malformazioni o la salute dei loro bambini. Due madri presentano anche dei timori di sterilità futura per questi bambini. Questi timori restano sottogiacenti alla rappresentazione del bambino come <<sopravvissuto>>, poiché è stato in un qualche modo minacciato nella sua salute, minacciato di <<morte>>, più precisamente di <<non esistenza>>- la crioconservazione fa così parte integrante della storia del bambino, in quanto prima prova dalla quale questo eroe cellulare esce vincitore, benché ne conservi la traccia: il “segno”che la crioconservazione ha lasciato nel bambino potrebbe in effetti lasciare in retaggio anche nel futuro i timori di malformazione vissuti durante la gravidanza. Si potrebbe comprendere questa immagine del bambino sopravvissuto in relazione alla sterilità : cosa potrà essere in effetti il bambino di un genitore sterile se non è un sopravvissuto di questa messa a morte della filiazione che costituisce la sterilità ? La crioconservazione, attraverso le associazioni immaginarie che essa veicola, permette di fissare questa vittoria contro <<il freddo della sterilità>>, contro la vacillazione della sessualità e l’estinzione della progenia. Da qui forse anche il bisogno imperioso di informare il bambino del fatto che è uscito da uno zigote crioconservato. Ma da qui anche le difficoltà a parlarne, essendo il bambino la prova vivente della sessualità sterile dei loro genitori. In effetti, negli studi psicologici sull’adozione, è più la confessione della sterilità che non l’origine del bambino che costituisce il segreto così dolorosamente custodito (Soulé, 1968). 2. La fecondazione La grande differenza tra gli atteggiamenti dei genitori in rapporto agli zigoti ancora crioconservati (tra quelli che hanno conservato anche lo sperma e gli altri), l’importanza del prelievo degli ovociti così come le confusioni terminologiche, ci hanno messo sulla pista di un immaginario inconscio sull’origine del 12 bambino in relazione all’estromissione della sessualità che la Fivet autologa introduce: il bambino sembra non provenire più dall’unione dei due genitori nell’atto sessuale, ma proverrebbe in qualche modo da una parte del corpo di un solo genitore. Secondo il caso, questo solo genitore procreatore si situa sia dal lato maschile che dal lato femminile, il che dà luogo a due immaginari distinti che possono essere chiariti attraverso l’analogia con i miti di partenogenesi e di evirazione. a. Partenogenesi femminile I genitori raccontano molte fantasie di reduplicazione, e la ripetizione è onnipresente in tutti i colloqui, cosa che è stata particolarmente segnalata dal software utilizzato. Tra le biotecnologie di cui diffidano, cinque coppie menzionano principalmente la clonazione. L’immaginario attorno alla partenogenesi è specialmente presente nei 4 casi di bambini nati dopo un unico prelievo ovocitario. In questi casi, l’equivalenza tra il gamete femminile e l’embrione si aggiunge alla partecipazione ridotta del padre ai trattamenti riguardanti la crioconservazione. In due coppie, l’assenza reale del padre nel momento del transfer dell’embrione è stata risentita come la cancellazione della parte maschile della procreazione. Tra queste quattro coppie, due padri e due madri presentano fantasie chiaramente partogenetiche. Un padre ha detto, per esempio, che i suoi bambini erano <<un pezzo>> di lui stesso: <<voglio dire, ci mancava un braccio, il braccio adesso è là>>, come nel mito greco della nascita di Atena che esce tutta armata dalla testa di Zeus. Il senso di colpa molto forte delle madri in merito alla possibilità di non trasferire gli zigoti rimanenti, così come il disaccordo delle coppie a questo proposito, testimonia un investimento materno importante degli zigoti. Una sorta di <<parentela>> tra questi zigoti e i bambini è instaurata attraverso la fecondazione definita simultanea. Ma questi zigoti sono d’altra parte assimilati agli ovociti…La storia del bambino comincia così per due madri e un padre con il prelievo degli ovociti che evoca per loro il parto: le loro descrizioni mettono in evidenza delle caratteristiche comuni ai due momenti, principalmente il dolore/anestesia e la presenza del terzo. Questo immaginario partogenetico <<femminile>> (che lega l’embrione all’ovocita e il prelievo al parto), non è presente, sia ben inteso, nella stessa misura in tutte le coppie, in tutte le madri e in tutti i padri. Prende delle forme diverse in ognuno ed è più o meno forte a seconda delle persone, ma questo indipendentemente dal sesso del genitore, questo significa che si è trovato il grado più elevato di immaginario partogenetico <<femminile>> in un padre. In compenso agisce più o meno in funzione di una sostituzione paterna elaborata per ciascuno. I padri in questione non hanno menzionato né fatto inconscia allusione ad una figura paterna positiva. Uno zio, un fratello, un professore, il Dio o il Sapere, hanno potuto giocare, seconda la storia personale di ciascuna persona, il ruolo paterno e costituire così delle sostituzioni psichiche importanti che riducono la presenza di questo immaginario partogenetico. b. Ouranos, o l’evirazione Le due coppie che hanno dello sperma congelato e che hanno avuto i loro bambini in seguito a due prelievi ovocitari distinti, tengono separato l’immaginario sul gamete maschile e legano in modo preponderante la potenza sessuale maschile alla riproduzione. Queste due coppie separano fecondazione e gestazione parallelamente alla partecipazione maschile o femminile nell’arrivo del bambino: l’uomo si situa dalla parte della fecondazione, la donna dalla parte della gestazione. Le due madri investono la gestazione, la nascita e la prima infanzia lasciando da parte la partecipazione dei loro propri gameti nella fecondazione. Non raccontano praticamente niente dei trattamenti di FIVET, vissuti malgrado gli insuccessi senza delusioni e senza costrizioni. Il distacco di queste due madri in rapporto al destino degli zigoti rimanenti può risultare dall’assimilazione dell’embrione allo spermatozoo. La crioconservazione lega in effetti in modo forte lo spermatozoo allo zigote. I padri si esprimono più particolarmente sulla fecondazione e rivendicano la paternità in un bisogno di rassicurazione costante rispetto alla continuità tra lo spermatozoo-embrione e il bambino. I due padri si identificano in modo particolare nelle bambine a discapito della differenza sessuale (figlie comparate ai padri e descritte come maschili). Questa equivalenza tra spermatozoo/embrione/bambino raggiunge un’equivalenza immaginaria tra fecondità e virilità. Nei due casi, i padri avevano delle malformazioni congenite e hanno subito delle operazioni che toccavano gli organo genitali. Soffrono nel sentire la loro virilità messa in discussione dalla sterilità e nella loro paternità rivendicano prima di tutto la loro virilità. Le madri in compenso accettano molto bene ed apprezzano fortemente il padre che è loro marito sterile, considerandolo 13 ugualmente come un uomo non interamente virile. Una madre parla dell’annuncio della azospermia dicendo:<< non c’era per niente dello sperma>>. Per queste due coppie, l’immaginario riguardante l’origine dei bambini ruota anche attorno a fantasie di evirazione, come se la confusione tra spermatozoo-sperma-embrione arrivasse fino a stabilire l’equivalenza organi genitali maschili=bambino. Si potrebbe legare questa situazione con l’immaginario di una teoria infantile sull’origine dei bambini che ha un pendente nel mito greco della castrazione di Ouranos, i cui genitali caduti nel mare hanno fatto nascere Afrodite. Il bambino (2-3 anni) immagina a volte che il padre doni i suoi organi genitali alla madre in modo tale che possano divenire dei bambini all’interno del suo ventre, avendo solo la madre il compito di <<contenitore>> dove il bambino si sviluppa. I due padri del nostro studio sarebbero così riconosciuti da parte delle loro donne più come padri che come uomini perché, inconsciamente, avrebbero fatto loro regalo dei bambini attraverso la loro evirazione. Qual è la specificità della fecondazione in vitro rispetto alla fecondazione nell’atto sessuale al livello inconscio? Questi elaborati psichici sull’origine del bambino non sono nuovi a livello inconscio. Al contrario, sono piuttosto ricorrenti, come testimoniano i riferimenti mitici menzionati. Anche ammettendo un ipotetico legame di causalità, la Fivet autologa con crioconservazione non sarebbe dunque la sola causa efficiente di queste elaborazioni immaginarie inconsce. Tuttavia, la separazione tra fecondazione e gestazione che queste tecniche introducono nella realtà del concepimento del bambino, <<corrispondono>> secondo l’immaginario genitoriale a rinnegare l’origine sessuata del bambino. L’unione tra sessualità e origine del bambino è realizzata per ognuno nell’infanzia attraverso il complesso edipico. Questo <<complesso >> permette di legare la differenza tra i sessi e la differenza tra generazioni grazie al divieto dell’incesto. Secondo le parole stesse dei bambini, il divieto di <<sposarsi con la madre>> per i maschi, e il divieto <<di avere un bambino dal padre>> per le femmine. La risposta sessuale alla domanda sull’origine dei bambini adottati,l’Edipo (3-5 anni), si ripropone loro nell’adolescenza secondo le esperienze sessuali vissute fino a quel momento. Nella tappa adulta vivere una sessualità sterile ritorna in effetti a rinnegare la soluzione edipica, cioè il legame tra l’arrivo del bambino e la sessualità. I soggetti adulti divenuti genitori attraverso FIVET autologa devono come tutti i genitori elaborare psichicamente l’arrivo del bambino; per la loro sessualità sterile sono rinviati alle vestigia di teorie infantili precedenti all’unione edipica. Queste teorie costruite dai bambini tra i 2 e i 4 anni, non contemplano giustamente l’unione tra i due sessi all’origine del bambino e sono state relegate allo psichismo più profondo attraverso l’amnesia infantile. Queste teorie <<asessuate>> sull’origine dei bambini costituiscono un nodo inconscio che è stato esplorato per la prima volta nel 1908 da Sigmund Freud (1908). L’immaginario del nostro gruppo sull’evirazione e la partenogenesi può essere compresa come un resto inconscio nello psichismo adulto di queste teorie infantili. L’elaborazione della genitorialità sterile secondo queste teorie asessuate è dunque la conseguenza inevitabile di una fecondazione al di là dell’atto sessuale? Oppure, al contrario, la FIVET non sarebbe che una lente di ingrandimento dei meccanismi inconsci già sottogiacenti, che altrimenti non sarebbero mai stati esposti così chiaramente? Si sa, queste teorie asessuate fanno parte del bagaglio inconscio di tutti gli umani che, secondo i mezzi concettuali propri tra i 2 e i 4 anni, si è fatto delle domande alla base della nostra umanità, l’origine e la morte. Ma dimorano fortemente conservate a livello inconscio. La Fivet con crioconservazione proponendo una realtà che corrisponderebbe a queste teorie infantili, dà loro una nuova attualità. La FIVET in effetti ha introdotto una realtà che non ha precedenti storici. In tutta la storia dell’umanità, fecondazione e gestazione non sono mai stati separati né in termini spaziali, né temporali nella realtà, soltanto nella finzione: miti, racconti, leggende, fantasie, fantasmi inconsci, incubi, sogni, visioni, deliri. È inevitabile che, così come Cristoforo Colombo nello scoprire l’America credeva di essere arrivato nelle Indie, i genitori sterili allo stesso tempo iniziano confondendo gli embrioni e i gameti. Queste confusioni terminologiche dimostrano in modo chiaro che mancano le parole, cioè mancano gli strumenti di differenziazione simbolica. Noi non abbiamo una rete simbolica che ci permette di assimilare questa nuova realtà, al di là dei miti che rinviano all’immaginario inconscio, che si vede d’un tratto espulso dal suo stato di fantasia per divenire pura realtà. Come tutti i genitori che elaborano una loro identità genitoriale, i genitori del nostro gruppo fanno appello agli strumenti che possiedono e alla realtà 14 effettivamente vissuta in relazione alla nascita del bambino. Come potrebbero non utilizzare le teorie infantili facendo intervenire la riproduzione sessuale, nel momento in cui hanno avuto dei bambini al di là dell’atto sessuale? Non è mai senza sofferenza che si vedono concretizzarsi nella realtà i pensieri e i desideri inconsci. La concretizzazione di queste teorie infantili asessuate sull’origine dei bambini è un pesante fardello per i genitori. È un dovere degli scienziati liberarli da questo peso, mettendo in particolare modo l’accento su ciò che rinnega queste teorie infantili, cioè la realtà sessuata della riproduzione umana: ⇒ Perfino in una procreazione al di fuori della sessualità, perfino attraverso la Fivet con crioconservazione, un embrione è il prodotto di due gameti, maschile ET femminile. Un embrione è completamente diverso dai gameti presi isolatamente. Un bambino viene da due genitori, Uomo ET Donna. La Fivet è una fecondazione al di là dell’atto sessuale, ma non fuori dal sesso. La riproduzione resta in effetti sessuata, anche se, nel momento della fecondazione, si cortocircuisce la sessualità sterile . I nodi inconsci sono molto attivi nel momento in cui sono negati, non elaborati. Nel contesto della Fivet l’idea inconscia del genitore indifferenziato, asessuato si insinua ovunque, in ogni momento, anche nella ricerca. Ad esempio, la maggior parte delle ricerche attuali si basano per così dire sui genitori ma si fondano prevalentemente sulle testimonianze delle madri. È anche molto sorprendente ritrovarvi come leitmotiv questa grande scoperta della differenza tra gli atteggiamenti degli uomini e delle donne, come se questa differenza non fosse la base indiscutibile e inamovibile della riproduzione umana. B. La filiazione dei genitori sterili L’immaginario di partenogenesi o di evirazione che spiega l’origine del bambino sembra lasciare una traccia nell’elaborazione del legame di filiazione. In effetti, per il suo legame con l’embrione e l’assimilazione di questo ad un solo gamete, il bambino è fortemente investito , con diversa intensità, ma da tutte le otto coppie, come l’essere una parte di uno dei due genitori piuttosto che il frutto combinato di due soggetti sessualmente distinti. Indipendentemente dalla causa femminile o maschile della sterilità, le madri e i padri rivendicano in parti uguali l’essere il solo genitore <<procreatore>> che assembla in una sola identità le caratteristiche della coppia genitoriale: i padri rivendicano la tenerezza e il maternage, le madri si occupano dell’autorità e della disciplina. Non c’è più una madre e un padre per il bambino, ma un solo genitore <<completo>> che padri e madri, ognuno singolarmente, vogliono rappresentare. Esiste anche una sorta di rivalità, più o meno forte a seconda delle coppie, rispetto al ruolo genitoriale assimilato ad un unico ruolo non caratterizzato sessualmente : un padre parla ad esempio del <<nostro ginecologo>>, del << nostro parto>>, un’altra madre parla del << nostro spermatozoo>>. Della triade padre/madre/bambino non ne resta che una dualità: genitore onnipotente/bambino. L’assenza del terzo si può osservare anche nel legame con i bambini. Certi genitori hanno ad esempio accettato una sorta di accordo tacito in rapporto al bambino che li <<apparterebbe>>: una madre dice parlando dei conflitti della coppia dopo la nascita del secondo bambino, <<avevamo iniziato occupandoci di un bambino ciascuno>>. Un altro padre dice a proposito della rassomiglianze fisiche con i bambini: <<ne abbiamo uno ciascuno>>. Inoltre le relazioni a tre a livello dei bambini non sono facilmente immaginate per le coppie. Le madri temono il terzo transfer d’embrioni, il triplo (la terza volta).; e due coppie che hanno tre bambini hanno realizzato degli aggiustamenti psichici specifici alle loro storie che gli permettessero di affrontare sempre la fratria come un’unità (doppia) più uno. Nell’immaginario genitoriale, i bambini che sono nati dopo un sol prelievo di ovociti non si distinguono per differenze temporali: <<hanno la stessa età>>, <<sono allo stesso livello>>. I genitori i cui due figli sono di sesso opposto concepiscono i loro bambini simultaneamente simili e distinti, come le due facce di una stessa moneta, o il dritto e il rovescio di un abito. Questa assimilazione tra i due bambini è accentuata nel momento in cui essi sono dello stesso sesso. La triade, sia nel suo rapporto rispetto alla differenza di sesso tra i genitori (padre/madre/figlio), sia nel suo rapporto rispetto alla differenza d’età tra i figli (genitore/primogenito/secondogenito), è stata quindi scartata dall’immaginario del nostro gruppo. Questo disegna un universo filiale particolare perché per concepire la <<stirpe>>, ciascun genitore deve riuscire a vedersi come un anello della catena, preso allo stesso tempo in rapporto con i sui predecessori e in rapporto con i suoi successori. Il legame di 15 filiazione si costruisce anche sulla base di una relazione a tre, questo comporta almeno tre generazioni. Per inscrivere i loro bambini nella loro filiazione i genitori devono costruire una identità genitoriale che includa allo stesso tempo il fatto di essere figli dei propri genitori e genitori dei propri figli (Mejia et al, 2002). Il legame tra sessualità e origine del bambino realizzata con il divieto dell’incesto, permette normalmente di introdurre la triade combinando la differenza sessuale con la differenza di generazione. Nei termini stessi della filiazione è inclusa questa combinazione sesso-generazione: figlia, figlio, madre, padre, nonna, nonno. L’assenza di riferimenti ai nonni colpisce all’interno del nostro gruppo: un padre diceva, per esempio, <<non si è genitori in rapporto ai nostri genitori, ma in rapporto ai nostri bambini>>. Senza il terzo che fa uscire la combinazione tra la differenza tra i sessi e la differenza tra generazioni, non c’e legame di filiazione: i bambini non sono più una nuova generazione che continua la progenia, ma soltanto la ripetizione, la riproduzione, la copia dei genitori asessuati. Qual è la posta in gioco specifica alla crioconservazione dell’embrione a livello inconscio ? L’immaginario sulla crioconservazione, oltre che il forte investimento della fecondazione a discapito della gestazione del bambino che si trova a diversi gradi in tutte le coppie (ad eccezione delle due madri i cui mariti hanno avuto lo sperma congelato), può essere legato con una defaillance del differenziale temporale, in particolare nelle quattro coppie che hanno avuto due bambini in seguito allo stesso prelievo di ovociti. Tra queste ultime coppie, nel momento in cui c’è stata l’assimilazione del prelievo degli ovociti al parto, i mesi di gravidanza sono immaginariamente scomparsi e con loro il tempo del divenire. La defaillance del differenziale temporale riguarda in modo particolare l’aspetto della durata. Per l fatto che il divenire biologico è detenuto nell’azoto liquido, la simultaneità si impone creando un’assimilazione tra i fratelli e le sorelle fecondati <<nella stessa serie>> e convoca delle coordinate immaginarie attorno all’eternità, all’immutabile. La crioconservazione è così un’immagine che mette i genitori a confronto con la possibilità della rottura della filiazione che la Fivet tenta giustamente di aggirare. Allo scopo di favorire la continuazione della stirpe, l’introduzione della crioconservazione attacca paradossalmente il differenziale temporale rendendo fragile l’elaborazione genitoriale della filiazione. Né terzi, né divenire, questi genitori subiscono una frattura nel differenziale temporale che va ad aggiungersi ad una fragilità del differenziale sessuale: aggirando la sessualità come preventiva alla nascita di un figlio, la Fivet scuote il differenziale sessuale, già minato dalla sessualità sterile; interrompendo il divenire cellulare dell’embrione, la crioconservazione disorganizza il differenziale temporale già minacciato dalla rottura di filiazione che implica la sterilità. Essendo messi in scacco questi due differenziali, che sono fondamenti dello psichismo, l’identità personale diviene essa stessa equivoca. La Fivet con crioconservazione realizza allo stesso tempo la separazione tra sessualità e fecondazione, e la separazione tra divenire e parentela. Le generazioni nella fratria non si distinguono più immaginariamente secondo l’età incerta dei bambini, il legame di filiazione rientra in un ottica speculare: concerne una <<parentela>> intesa come riproduzione del sé, un’immagine nello specchio. L’identità personale dei genitori, ma anche dopo quella dei figli stessi, sembra essere confusa nell’anonimato dei trattamenti, nella serie di donne che attendono la puntura, nella catena del transfer, nella moltiplicazione dei numeri (di transfer, di ovociti, di embrioni), nella paura che la laboratorista sbagli provetta, e nelle cifre impersonali, statistiche di gravidanze ottenute con la PMA. Tutti questi aspetti di depersonalizzazione sono legati con una concezione della stirpe come copia. Il clone umano è stato in effetti già realizzato a livello psichico attraverso la crioconservazione dell’embrione. Nel nostro gruppo, l’immaginario speculare della produzione in serie arriva a toccare il legame di parentela all’interno stesso della fratria e va fino a comprendere gli zigoti. Ogni essere umano è unico. Solo la razionalità scientifica può aiutare a costituire uno scudo contro l’immaginario inconscio, di genitori o professionisti. Tenendo in considerazione la riproduzione sessuata nel suo insieme (fecondazione+gestazione), e donandone tutto il suo valore di differenziale temporale alla nascita, il ruolo della fecondazione così detta <<simultanea>> potrebbe essere ricondotto al suo giusto luogoall’interno di una scala temporale. È anche fondamentale restituire alla nascita il suo valore all’interno nell’asse delle generazioni sottolineando che la procreazione è un processo che comporta più tappe: ⇒ La fecondazione concerne l’unione di due eredità genetiche che garantiscono l’unicità dell’embrione (e anche dello zigote): ogni embrione è DISTINTO dall’unicità stessa dei gameti che si sono fusi e dal quale è uscito. La simultaneità della fusione non implica che due embrioni possono essere simili, 16 anche se i gameti provengono dagli stessi genitori. Segue la gestazione che non comincia se non che con l’annidamento dell’embrione nell’utero materno che permette lo sviluppo di un feto, il cui divenire darà luogo ad un bambino solamente alla sua nascita. Con la nascita, l’<<individuo>> nel senso stretto del termine non è uno: solo la nascita inaugurando l’autonomia biologica dell’individuo, segna in verità l’inizio di una nuova generazione. L’immaginario inconscio speculare non è prerogativa del nostro gruppo di genitori, può anche ritrovarsi in genitori che hanno procreato attraverso l’atto sessuale, o con inseminazione artificiale o con la Fivet (eterologa o autologa) senza crioconservazione. Tuttavia, come per l’immaginario sull’origine del bambino, queste elaborazioni della genitorialità potente e della fratria come <<ripetizione>>, corrisponderebbe assolutamente alle circostanze reali della crioconservazione… Bisogna però ancora chiedersi se il legame tra la crioconservazione e la filiazione speculare è ineluttabilmente imposto dalla realtà dei trattamenti. Che ne è per esempio del modo in cui questi trattamenti vengono vissuti? Realtà e realtà psichica La letteratura medica e psicanalitica riguardante le coppie infertili, segnala spesso la sofferenza che è collegata alla scoperta della sterilità e i trattamenti a cui costringe le coppie che desiderano malgrado tutto procreare, sofferenza di tipo traumatico. Come al solito in una situazione traumatica, la prima reazione verso la realtà della sterilità è quella di allontanarla. Le nuove tecniche di fecondazione in vitro dando la possibilità di divenire genitori pur vivendo una sessualità sterile, favoriscono questo allontanamento della sterilità. Le conseguenze psichiche di una sofferenza non elaborata persistono così lungo tutto il percorso dei trattamenti. Se si osservano le coppie in trattamento di PMA, si può constatare che la negazione della sofferenza causata dalla sterilità agisce fin da subito nel senso di una oggettivazione: le coppie sottomettono la propria vita e i propri corpi all’’imperioso <<bisogno di figli>>; alla ricerca del bambino ad ogni costo, si adattano, perfino si propongono volontari per ogni sorta di manipolazione che li <<cosifica>> anche se talvolta sono essi stessi che lo esigono. La <<cosificazione>> delle persone è l’opera del diniego traumatico: avendo negato la sofferenza della sterilità, cioè una parte stessa dei loro sentimenti, le coppie non possono sentirsi interamente padrone di se stesse. Questa perdita di identità riguarda direttamente la costruzione del legame di filiazione e in particolare il rapporto con i genitori delle coppie sterili, il cui sostegno è generalmente assente durante i trattamenti. Per elaborare un legame di filiazione al bambino, i genitori devono poter affrontare la triade generazionale, il divenire, la continuità, sarebbe a dire la rassomiglianza nella differenza. C’è una differenza radicale che separa i genitori sterili dai loro propri genitori: la loro sessualità sterile. Allontanando d’emblée questa differenza attraverso il rifiuto della sterilità, i genitori sterili impediscono a tutti gli effetti di potersi fondere sulle somiglianze (gravidanza, parto, prima infanzia, etc.) per identificarsi ai propri genitori, il che gli permetterebbe di concepire la continuità della loro stirpe. Notiamo che, anche se si rivelano biologicamente simili, le paure della sterilità per i figli nati da FIVET rientrano prima di tutto in questa logica della riproduzione a specchio di una sola generazione. Ben più che la realtà dei trattamenti che punta in effetti su più livelli il carattere sessuato della procreazione e l’unicità di ciascun essere umano, è forse la sofferenza traumatica negata che fissa l’immaginario infantile asessuato e speculare alle caratteristiche della FIVET con crioconservazione. Non è tanto la realtà che pone il problema, piuttosto la nostra impotenza nell’assimilarla. La FIVET con crioconservazione introduce una realtà inedita che noi non siamo ancora in grado di elaborare simbolicamente perché non ci sono precedenti fin dall’alba dell’umanità: la soluzione di continuità, spaziale e temporale, tra la fecondazione di un ovocita umano e la gestazione di un essere umano. La genitorialità, che mette tutti i genitori a confronto con l’enigma mai risolto dell’origine- <<da dove vengono i bambini?>> mette a confronto i genitori della Fivet con una domanda altrettanto difficile: da dove è venuto il mio bambino? La risposta a questa domanda è attualmente un paradosso (<<io sono sterile ma ho dei bambini>>, o addirittura una contraddizione (<< sono fertile dunque è il mio bambino>> o << sono sterile quindi non è mio figlio>>). Ma questa mancanza di strumenti simbolici non è una fatalità, la storia umana è un seguito di rivoluzioni epistemologiche: l’attività umana trasforma incessantemente la realtà e noi siamo così condannati a pensare con degli schemi concettuali che divengono incessantemente caduchi, noi siamo sempre in ritardo per pensare il nostro presente. Solo la continuità delle generazioni permette in effetti il rinnovo concettuale. Per questo motivo si può essere 17 certi del fatto che le nuove generazioni sapranno trovare gli strumenti intellettuali che mancano attualmente e sapranno comprendere la realtà ossimorica di una <<genitorialità sterile>>. Conclusioni La fecondazione umana in vitro, realizzata per la prima volta nel 1978, ha creato una soluzione di continuità spazio-temporale tra la fecondazione (unione di gameti maschili e femminili) e gestazione (sviluppo di un nuovo essere). Questa soluzione di continuità è stata accentuata dallo scarto temporale introdotto dalla crioconservazione dell’embrione, realizzata a partire dal 1984. Nel nostro gruppo di genitori questa soluzione di continuità accentuata è stata legata ⇒ ad un immaginario inconscio del bambino nato dopo crioconservazione dello zigote come <<sopravvissuto >> 7 ; ⇒ ad un immaginario inconscio dell’origine del bambino fondato sulle vestigia delle teorie infantili che non contemplano la riproduzione sessuale (partenogenesi ed evirazione); ⇒ ad una filiazione verso i bambini di tipo speculare e ad un’identità genitoriale del tutto pressante. Questo immaginario inconscio è stato elaborato sulla base del vissuto simultaneo della sterilità non elaborata e dei trattamenti di PMA. Dal punto di vista clinico, sono stati riconosciuti due momenti specifici del trattamento della FIVET come nevralgici a livello psichico, nello specifico: ⇒ La crioconservazione, dell’embrione come dello sperma ⇒ Il prelievo degli ovociti.. Il vissuto di questi momenti clinici è rimasto nell’esperienza dei genitori dello studio, è stato ripreso all’interno di una elaborazione ulteriore e continua in qualche modo ad essere presente nell’immaginario genitoriale nei confronti di bambini e della fratria. Questi due momenti clinici implicano l’agire diretto di un terzo sul corpo dei pazienti da parte di un terzo. Questa intrusione è stata vissuta come un esproprio, una spersonalizzazione e una mancanza di controllo in contrasto per esempio con altri momenti quali l’assunzione di ormoni o la raccolta dello sperma attraverso masturbazione che permette ai genitori di agire loro stessi, e non hanno lasciato delle tracce comuni nell’elaborazionesuccessiva. La spersonificazione è d’altro canto l’effetto più importante del diniego traumatico. Questi due momenti clinici incontrano le conseguenze del rifiuto della sessualità sterile che il ricorso alla Fivet rappresenta attualmente per la maggior parte delle coppie sterili. Vista l’importanza, constata retrospettivamente, degli elementi della realtà clinica, il corpo medico gode di un ampio spazio di manovra nell’elaborazione psichica della sofferenza dei suoi pazienti. Gli elementi clou della procreazione sessuale, come la presenza del padre al momento del transfer dell’embrione dopo lo scongelamento, possono per esempio non essere negati nonostante gli imperativi clinici. Allo stesso modo le parole utilizzate da parte del corpo medico hanno la loro importanza: la metonimia < paillettes>, per esempio, introduce furtivamente la confusione tra lo sperma e gli embrioni. Ma è dal momento della diagnosi di sterilità, momento fortemente traumatico, che i ginecologi si trovano allo stesso tempo ad aiutare le coppie ad assimilare la realtà della sessualità sterile e contemporaneamente a proporre loro la possibilità della fecondazione al di fuori dell’atto sessuale. È proprio la negazione della sessualità sterile che abbiamo trovato agire ancora nell’immaginario genitoriale per degli anni dopo il trattamento. Bisognerebbe che i futuri genitori potessero comprendere fin dall’inizio dei trattamenti della FIVET che la presenza del bambino, a partire dal 1978, non si oppone più alla sterilità, ma al contrario, il bambino nato in seguito a FIVET autologa è la prova vivente della sessualità sterile dei suoi genitori. Questi bambini non sono come gli altri perché i loro genitori non erano sessualmente fertili. L’immaginario inconscio genitoriale influenza il comportamento dei genitori ? Senza alcun dubbio, ma in che senso? In un senso positivo tanto quanto in un senso negativo questo dipende da ogni persona, da ogni vissuto, e da ogni circostanza. Cosa faranno questi bambini dell’immaginario inconscio genitoriale riguardante la loro origine? Questo, nessuno lo può dire. Di fianco alle coordinate inconsce sulla loro genitorialità sterile, c’è quello che i genitori propongono inconsciamente ai loro bambini, c’è 7 Resta da sapere se la particolarità svizzera che ha introdotto la nozione di zigote influenza specificatamente l’immaginario che noi abbiamo esposto in questo studio. 18 anche il comportamento stesso dei genitori (il cui legame con l’immaginario è piuttosto complesso ed >illogico>), il comportamento dell’entourage familiare e sociale, così come l’interazione con il bambino e gli eventi che costituiranno la storia della vita stessa del bambino. Il bambino non si costituisce sul solo immaginario inconscio genitoriale, è un altro nella sua interezza: risultato imprevedibile ed unico di queste variabili, il bambino si costituisce del suo proprio divenire, definito dalle sue scelte soggettive e libidiche e dagli incontri con altri adulti così come con i propri pari. A partire da ciò che gli si offre ma a seconda dei propri modi di rispondere, il bambino inventa lui stesso le sua origine poiché la sua iscritta nella pellicola dell’ICSI della sua fecondazione, gli resta del tutto inaccessibile, come per ciascuno di noi. Bibliografia [1] Ansermet F. Clinique de l’origine. L’enfant entre la médecine et la psychanalyse. Lausanne: Payot; 1999. [2] Saussure F. Cours de linguistique générale II. Wiesbaden: Otto Harrasowitz; 1974. [3] Mejía C, Ansermet F. Traumatisme et langage. Notes pour une méthodologie de recherche clinique. Neuropsychiatrie de l’enfance et de l’adolescence 2000; 48: 219-227. [4] Mejía C. 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