Principio di conservazione della quantità di moto

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Principio di conservazione della quantità di moto
prof. Valerio CURCIO – Il principio di conservazione della quantità di moto
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Principio di conservazione della quantità di moto
“O Fortuna, velut Luna statu variabilis, semper crescis aut decrescis rota tu volubilis”. (traduzione
dal latino: O Fortuna, come la Luna sei mutevole, sempre cresci o decresci tu ruota che giri).
Il verso appena presentato è tratto dal Codex Buranus, manoscritto benedettino del XIII secolo e
indica come il tuo sia dovuto al caso; “Fortuna Imperatrix Mundi” ci ricorda come il caos regna
sovrano nel nostro universo.
È singolare osservare come all’interno di un sistema caotico ci siano delle quantità “nascoste” che
testimoniano comunque un certo ordine interno al caos. È il caso delle leggi di conservazione; in
situazioni caotiche, come possono essere i moti confusionali di particelle libere, spesso riusciamo a
identificare delle quantità invarianti, magari legate a grandezze macroscopiche assegnate agli
oggetti della nostra osservazione. Se consideriamo come grandezze la velocità e la massa di un
corpo allora possiamo definire una nuova variabile, che chiamiamo quantità di moto, e definita
come segue:
p = m⋅v
(1)
Notiamo come la quantità di moto, che abbiamo indicato con p , è un vettore che ha stessa
direzione e verso del vettore velocità, essendo la massa una quantità scalare sempre positiva.
m
Nel sistema internazionale abbiamo che la quantità di moto si misura in Kg ⋅ , come risulta
s
evidente dalla (1).
Ma cosa indica questa quantità? Cerchiamo di capirlo con un esempio abbastanza eloquente.
Supponiamo di essere investiti, alla stessa velocità di 10m/s, da tre oggetti di massa diversa: a) da
una pallina da ping-pong di massa m1 = 0.002Kg; b) da un corpo plastico di massa m2 = 0.01Kg; c)
da un’auto di massa m3 = 1100Kg.
L’esperienza ci insegna (ma ci fidiamo anche senza sperimentare) che nel caso c) abbiamo maggiori
probabilità di farci male, pur essendo relativamente bassa la velocità del mezzo (siamo a meno di
40 Km/h). E’ evidente che la sola velocità non ci fornisce una corretta chiave di lettura, o
quantomeno non spiega il perché gli altri due corpi, viaggiando alla stessa velocità della macchina,
non producono gli stessi effetti devastanti. Dobbiamo per forza far rientrare anche la massa, visto
che sembrerebbe essere lei la responsabile degli effetti. Ma essa sola non basta poiché un corpo di
qualsiasi massa, se è fermo, non crea alcun effetto devastante (perché non può investirci). Ora
risulta chiaro che il tutto va letto come combinazione delle due grandezze. Riferendoci alla quantità
di moto, determiniamone il modulo per ognuno dei tre gli oggetti:
m
m
p1 = 0.002 Kg ⋅ 10 = 0.02 Kg ⋅
s
s
m
m
p 2 = 0.01Kg ⋅ 10 = 0.1Kg ⋅
s
s
m
m
p3 = 1100 Kg ⋅ 10 = 11000 Kg ⋅
s
s
Diciamo che i numeri in questo caso parlano da soli e si capisce benissimo perché nel terzo caso gli
effetti sono devastanti.
Ma questa quantità considerata a sé non ha alcun valore particolare, ma quello che interessa è che
questa è una quantità che ha la proprietà di essere invariante, cioè di conservarsi in un sistema
caotico formato da più corpi che contemporaneamente si muovono.
Per capire bene quello che chiamiamo principio di conservazione della quantità di moto,
dobbiamo definire fisicamente ciò che nell’esperienza di tutti i giorni chiamiamo urti.
Sappiamo fin troppo bene che ci sono urti e urti. Noi consideriamo i due casi più semplici, che
chiameremo urti elastici e urti anelastici.
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Supponiamo che a seguito di un grave incidente stradale un tir, travolgendo un’automobile, la
trascina con se per un certo tratto. In questo tipo di urto i corpi coinvolti nell’urto restano attaccati.
Un qualsiasi urto a seguito del quale i corpi restano uniti si dice urto anelastico.
Supponiamo ora di giocare a biliardo e di colpire una bilia posta ad una cera distanza sul tavolo da
gioco. La bilia urtata acquista una certa velocità e procede nel suo moto non rimanendo attaccata
alla bilia che ha causato l’urto. Un urto di questo tipo lo definiamo come urto elastico.
Inoltre, per semplicità, supponiamo sempre che entrambi i tipi di urto non provochino deformazioni
o compressioni dei corpi coinvolti.
Consideriamo ora un sistema formato da due corpi qualsiasi, dei quali almeno uno di essi è in moto.
Supponiamo che dopo un certo tempo i due corpi si urtano. Possiamo definire una quantità di moto
totale del sistema prima dell’urto e una quantità di moto totale del sistema dopo l’urto. L’esperienza
mostra che queste due quantità restano uguali, cioè la quantità di moto totale del sistema si
conserva. Ovviamente questo principio vale all’interno del sistema, cioè senza alcun
condizionamento dall’esterno.
In formule abbiamo:
pTOT prima = pTOT dopo
Se il sistema è composto da n corpi:
pi1 + p i 2 + L + pin = p f 1 + p f 2 + L + p fn
dove con p i abbiamo indicato la quantità di moto iniziale (prima dell’urto) e con p f quella finale
(dopo l’urto).
Distinguiamo adesso i due tipi di urti. Consideriamo un corpo di massa m1 e velocità v1 che urta un
corpo di massa m2 inizialmente fermo (v2 = 0) e che dopo l’urto i due corpi procedano insieme (urto
anelastico). In questo caso, calcolando la quantità di moto totale del sistema avremo:
prima dell’urto
pi TOT = m1 ⋅ v1 + m2 ⋅ v 2 = m1 ⋅ v1
essendo v2 = 0.
Dopo l’urto
p f TOT = (m1 + m2 ) ⋅ v f
dove con vf abbiamo indicato la velocità finale dei due corpi uniti (m1 + m2) a seguito dell’urto
anelastico subito.
Per il principio della conservazione della quantità di moto deve essere pi TOT = p f TOT , cioè
m1 ⋅ v1 = (m1 + m2 ) ⋅ v f
e da quest’ultima possiamo ricavare quale sarà la velocità finale dopo l’urto anelastico:
m1
vf =
⋅ v1
(2)
m1 + m2
Dalla (2) risulta chiaro che se i due corpi hanno la stessa massa, in caso di urto anelastico, la
velocità finale sarà esattamente la metà di quella iniziale (sempre che uno dei due corpi sia fermo
prima dell’urto).
Vediamo ora cosa succede nel caso di urto elastico.
Supponiamo di lanciare un corpo di massa m1 contro un corpo di massa m2, inizialmente fermo, con
velocità v1. Supponiamo inoltre che dopo l’urto il primo corpo resti fermo “trasferendo”
completamente la propria velocità al secondo corpo.
Il nostro sistema è formato quindi da questi due corpi. Calcoliamo la quantità di moto totale del
sistema prima e dopo l’urto.
Prima dell’urto
pi TOT = m1 ⋅ v1 + m2 ⋅ v2 = m1 ⋅ v1
in quanto il secondo corpo è inizialmente fermo.
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p f TOT
Dopo l’urto
= m1 ⋅ v f 1 + m2 ⋅ v f 2 = m2 ⋅ v f 2
dove con v f 2 abbiamo indicato la velocità finale del secondo corpo, considerando che la velocità
finale del primo corpo è nulla, dato che esso si ferma dopo l’urto.
Per il principio di conservazione della quantità di moto abbiamo che pi TOT = p f TOT , quindi
m1 ⋅ v1 = m2 ⋅ v f 2
Questa uguaglianza ci permette di determinare la velocità finale del secondo corpo:
m
v f 2 = 1 ⋅ v1
(3)
m2
La (3) ci dice che la velocità finale dipende dal rapporto tra le due masse. Se i due corpi hanno la
stessa massa risulta evidente che la velocità finale del secondo corpo, dopo l’urto, sarà precisamente
uguale a quella iniziale del primo corpo. Se la massa del secondo corpo è maggiore del primo corpo
la velocità finale sarà minore di quella iniziale, mentre se la massa del secondo corpo è minore del
primo corpo la velocità finale del secondo corpo sarà maggiore di quella iniziale del primo corpo.
Ovviamente abbiamo fatto riferimento a situazioni semplici, in cui i corpi implicati erano solo due.
Il principio di conservazione della quantità di moto è comunque applicabile a qualsiasi sistema
complicato caotico di corpi o particelle, ovviamente in condizioni di isolamento, cioè senza che ci
siano interferenze dall’esterno.