Iper-Uranio - Collegio Vescovile S. Alessandro

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Iper-Uranio - Collegio Vescovile S. Alessandro
Iper-Uranio
IL MERCATO
DELLE IDEE
Aprile 2015, n.2 - Foglio periodico degli studenti del Collegio Vescovile Sant’Alessandro, via Garibaldi 3-24122,Bergamo
Direttore editoriale: Luigi Bandiera
Segretario di redazione: Chiara Bargiggia
Progetto grafico: Andrea Ronzoni
Lo Straniero: Chi È Costui?
In questo numero trattiamo un argomento di grande
attualità che, come nello scorso numero, la redazione ha scelto
dopo averne valutato le potenzialità di approfondimento:
l’argomento in questione è “lo straniero”.
Da ciò sono nate varie idee e ci siamo confrontati su
riflessioni che toccano diversi ambiti: sociale (cosa significa avere
un genitore straniero), letterario (“Lo straniero” di Camus) e,
ovviamente, filosofico (lo straniero tra fascino e paura, la difesa
dell’identità culturale). Il secondo passo è stato scegliere quelle
più interessanti, trattando non solo dello straniero in quanto
“persona non conosciuta”, ma evidenziando anche che, talvolta,
È LA NOSTRA STESSA PERSONALITÀ E INTERIORITÀ A RISULTARCI
STRANIERA.
Si è lasciato spazio così alle riflessioni con articoli
specifici riguardanti il rapporto tra noi e lo straniero, mettendo a
confronto vari punti di vista per dare la possibilità al lettore di
trovare argomentazioni variegate da approfondire magari in un
confronto con i compagni che potrebbe nascere in classe.
Vi saluto nella speranza di “stuzzicare” il vostro
interesse filosofico, augurandovi una buona lettura e una
felicissima Pasqua.
Il direttore Luigi Bandiera
MI CHIAMO PAULINE PIZZONE, HO 13 ANNI
E HO LA MAMMA TEDESCA.
È strano descrivere cosa si prova ad avere un genitore
straniero.
Fin dall’infanzia ho sempre comunicato in tedesco con mia
madre e non ricordo di aver parlato molto in italiano con mio
padre.
All’asilo non capivo nessuno e nessuno capiva me: mia
mamma era spesso in Germania per curare la nonna
ammalata. Dopo l’asilo frequentai una scuola elementare
svizzera qui a Bergamo, nella quale mi sono sentita subito a mio
agio: lì non mi sono mai preoccupata di essere straniera.
Ora sono qui alle medie del Santalex e mi trovo talvolta in
difficoltà: molto spesso mi sono sentita giudicata per le mie
origini, tuttavia ho anche incontrato amici intelligenti con i
quali c’è un’intesa umana spontanea che va oltre la nazionalità.
Il non avere le stesse tradizioni e la stessa cultura e la difficoltà
di comunicazione che mi trovo ad affrontare quotidianamente
mi fanno spesso riflettere sulla mia identità.
Ci sono giorni in cui mi sveglio e voglio solo fare le valigie e
partire, altri dove mi ritengo fortunata a vivere qui.
Insomma, non è semplice avere un genitore italiano e uno
straniero, ma alla fine secondo me, rappresenta un vantaggio
se vissuto con intelligenza da me e dai miei amici.
Noi odiamo alcune persone perché non le conosciamo…
e non le conosceremo mai, perché le odiamo…
C.C. Colton
Quando Lo Straniero…Sono Io
“Lo Straniero” di Albert Camus è un libro facile da leggere,
difficile da capire. Monsieur Meursault è un uomo come
tanti, un giovane impiegato, con un livello di sensibilità forse
un po’ meno rilevante rispetto alla maggioranza della
popolazione (che, in quanto maggioranza, crede di detenere
la ragione e il metro di giudizio con il quale indicare ciò che
sia giusto e ciò che sia sbagliato); il signor Meursault non ha
nome nel romanzo. Non è mai “chiamato”. Come se agli altri
non importasse di lui, come se, lo ammette lui stesso, in
fondo “stessero decidendo la mia sorte senza chiedere il mio
parere”. Il destino decreta la sua sorte senza consultarlo, in
un pomeriggio estivo sulla spiaggia, con un rumore di quattro
colpi di pistola. Meursault uccide un arabo per una causa
effimera, per una lite nella quale non era neanche
direttamente implicato. E il motivo non lo sa nemmeno lui, è
straniero alla sua vita. Meursault è un uomo molto
pragmatico, che ama le piccole gioie della vita, il cielo nelle
sere d’estate, il mare, le sigarette sul balcone, la sua amante
Maria; Meursault apprezza le piccole cose. Viene creduto
essere estremamente intelligente per la sua taciturnità, per il
suo essere di poche parole. Ma in realtà “è che non ho mai
molto da dire. Allora sto zitto”. Può essere letto quindi come
un uomo estremamente superficiale, che uccide un uomo
solo perché stordito dal troppo sole, dalle circostanze. In
fondo, come lui stesso ammette, nulla ha importanza, una
volta rotto l'equilibrio della routine, nemmeno le
conseguenze. E i colpi sparati su un uomo a terra forse
significano proprio questo. “Nulla avrebbe avuto
importanza”, come non ebbero importanza la morte di sua
madre, il suo processo, il suo essere colpevole: è
l’inevitabilità e l’effimerità della vita umana, che rimane
indifferente a tutto e prosegue il suo lento ritmo.
Perché, in fondo, nessuno si conosce, siamo tutti colpevoli,
siamo tutti stranieri alla vita, stranieri a noi stessi.
Laura Camerlingo
UNA FINESTRA SUL MONDO
Lo STRANIERO tra fascino e paura
Sebbene la xenofobia sia ritenuta un comportamento
da evitare, la paura dello straniero è un sentimento
universale.
Esso varia d'intensità al variare delle circostanze
storico-sociali in cui si sviluppa l'identità culturale di un
gruppo, ma resta onnipresente, difficilmente
eliminabile anche nelle condizioni più favorevoli.
La PAURA dello straniero,
si presenta molto raramente allo stato puro, ma è in
genere accompagnata da un sentimento opposto,
L'INTERESSE per lo straniero.
I due sentimenti convivono, si mescolano secondo
proporzioni variabili, e raramente accade che l'uno
prevalga completamente sull'altro, determinando un
quadro dominato dalla sola paura o dal solo interesse
per lo straniero.
Lo straniero fa quasi sempre paura, almeno un poco,
così come interessa sempre, almeno un poco, anche
quando fa paura. Per fare un esempio si può pensare a
Catone il censore il quale diceva INSPICERE NON
PERDISCERE ovvero “esamina ma non assimila”. Il
censore era infatti conoscitore della cultura greca ma
rimase fedele al MOS MAIORUM latino: non
permetteva, dunque, l’ellenizzazione ma egli stesso si
interessava alla cultura ellenica. I sentimenti di
interesse e paura dovuti allo straniero sono quindi
imprescindibili l’uno dall’altro e toglierne uno,
comporterebbe la perdita dell’altro. La domanda che
noi, uomini di oggi,dobbiamo porci è: fino a che punto
dobbiamo eliminare questi sentimenti?
Reduci dalle guerre mondiali e dal razzismo nazista il
termine xenofobia fa sempre paura, ma è altrettanto
vero è che fa paura anche l’eccessiva globalizzazione. Se
da un lato essa è positiva, dall’altro comporta anche la
perdita di parecchie tradizioni; è stato stimato che circa
il 10% delle lingue conosciute al mondo stia sparendo.
É davvero così giusto perdere le nostre peculiarità in
favore della globalizzazione? Il dibattito è aperto non
resta che vedere cosa accadrà.
Valentina Acquafresca
Iper-Uranio – giornalino scolastico del Collegio Vescovile S.Alessandro
– prodotto in proprio – fuori commercio –
Redazione: Luigi Bandiera, Letizia Breda, Lorenzo Maffeis, Chiara
Bargiggia, Stefano Zappella, Alice Paludetti, Laura Camerlingo,
Valentina Acquafresca
Buon vecchio, a me
non piace avere
a scherno
uno straniero,
fosse di te
men degno,
Perchè
gli stranieri tutti,
ed i mendichi
vengon da Giove.
Omero, Odissea,
libro XIV
MA NON DIMENTICHIAMO MAI CHI SIAMO!
Vorrei esporre un caso limite per testimoniare di quale danno
possa rendersi colpevole l’influenza di ciò che è straniero su
una comunità, cioè quello delle popolazioni indigene della
foresta amazzonica: queste tribù rischiano gravemente di veder
compromesso il loro stile di vita, frutto di un millenario
isolamento, o addirittura di perderlo, ogniqualvolta gli sperduti
luoghi in cui dimorano vengono invasi da personalità straniere e
prive di scrupoli, che esportando innovazioni proprie del mondo
occidentale, stravolgono gli equilibri sociali e i valori di questi
popoli per i propri fini.
È lo stesso rischio che corre la nostra cultura: per delineare
quale sia il nostro rapporto con i modi di vita di altre popolazioni
extra-europee oppure con la comune cultura globalizzata degli
altri paesi occidentali, è necessario interrogarsi con senso critico
riguardo all’ascendenza positiva o negativa di queste sulla
nostra identità d’Italiani.
Il pericolo che si corre è quello di assistere
alla progressiva perdita della nostra cultura, in favore
dell’assimilazione di un’altra, frutto della globalizzazione
o delle migrazioni di popolazioni.
L’una e l’altra possono avere anche aspetti positivi, ma
dovremmo sforzarci di trovarvi solamente dei punti
d’intersezione e non di assorbirle quasi passivamente o
addirittura di subirle, umiliando il nostro prezioso bagaglio
culturale e linguistico. Quest’ultimo è il risultato di un’evoluzione
durata secoli, se non millenni, e tenercelo stretto come un
prezioso gioiello, piuttosto che come un qualcosa di superficiale
(come spesso invece facciamo), è un dovere da non trascurare
per non dimenticare anche chi siamo.
Stefano Zappella