Le motivazioni difensive all`origine dell`imperialismo

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Le motivazioni difensive all`origine dell`imperialismo
(un argomento da approfondire)
“…quando una frontiera tra la civiltà e la barbarie si ferma, il tempo lavora sempre a
vantaggio dei barbari”. Arnold Toynbee <Storia comparata delle Civiltà> vol. I, pag.154
Capita di sentir dire che gli Europei sarebbero stati praticamente i soli a muovere, secoli fa, alla
conquista del mondo, soggiogando, asservendo, sfruttando e magari sterminando popoli di altre
razze (crimine, per chi scrive, ancora peggiore: l’aver esportato e imposto in varie parti del mondo la
religione nata in Palestina!). La morale di codesti discorsi è fin troppo chiara: noi discendenti di
esploratori, conquistatori, dominatori e via elencando dobbiamo scontare i peccati dei nostri avi,
ricaduti su di noi, accogliendo a braccia aperte tutti quelli che vogliono entrare in Europa, e nel
resto del mondo <bianco>. (1)
In tutto ciò può esservi del vero, ma possiamo chiederci se all’origine di tutto ciò vi siano stati anche
motivi di autodifesa.
Chi scrive ha più volte sostenuto che si dovrebbe scrivere la storia dell’Europa come quella di una
fortezza assediata e assalita più volte nel corso della sua storia da genti africane e asiatiche. Dalle
guerre persiane fino all’attuale, probabilmente decisiva, invasione-immigrazione che per ora si
svolge in modo relativamente pacifico. Si ricordino, peraltro, gli attentati commessi in città europee
da estremisti islamici, il reclutamento dì militanti tra gli immigrati di fede islamica e le voci sempre
più ricorrenti sulla presenza di aspiranti terroristi tra i <migranti> dei barconi etc. etc. (allegria!
Magari qualche pazzo furioso, sedicente califfo, offrirà ai migliori di noi la possibilità di morire
combattendo!)
Uno scritto che è stato alla base delle ricerche che il sottoscritto conduce in questo senso è quello di
Gonzague de Reynold CONTROLLARE <La Cittadella Assediata> (cfr. l’ed a cura del Circolo Idee in
Movimento, Genova,2008). In questo saggio l’autore svizzero enumera 13 “pressioni” asiatiche
sull’Europa:
I la Persia Achemenide contro la Grecia;
II La fenicia Cartagine contro Roma;
III L’impresa di Antonio e Cleopatra contro Roma;
IV l’invasione unna;
V L’Iran Sassanide contro Roma e Bisanzio;
VI l’avanzata degli Slavi;
VII l’assalto islamico all’Europa occidentale;
VIII l’assalto arabo islamico contro l’Europa orientale;
IX L’invasione degli Avari;
X l’avanzata degli Ungari;
Ereticamente
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XI quella dei Bulgari;
XII l’invasione mongola;
XIII gli assalti dei Turchi Ottomani contro l’Europa. (2)
Fino all’attuale invasione-migratoria l’Europa è riuscita a respingere gli assalti afro-asiatici, è
sempre più da dubitare che ci riesca anche questa volta.
Assediati e assaliti da popoli di altre razze, gli Europei non solo si sono difesi contro Cartaginesi,(3)
Unni, Arabi, Turchi etc etc, ma hanno anche lanciato formidabili controffensive che, ad un certo
punto, li hanno portati al dominio mondiale. Possiamo ricordare l’epopea di Alessandro il Macedone
la cui impresa fu anche motivata dalla necessità di far cessare,una volta per tutte, la minaccia
persiana che incombeva sull’Ellade, Roma si avviò verso il dominio del mondo allora conosciuto in
reazione dalla minaccia afro-semitica di Cartagine,(3) le Crociate furono motivate dalla necessità di
reagire agli assalti islamici al nostro continente (4), infine vi fu il periodo delle grandi esplorazioni e
delle conquiste che portarono, appunto, gli Europei al dominio di parte del mondo.
Vi sono, infatti, degli storici che collegano anche quest’ultimo colossale evento ad una reazione agli
attacchi soprattutto islamici al nostro continente, penisola dell’Asia fronteggiante l’Africa.
Arnold Toynbee <Storia comparata della Civiltà> Newton Compton, Roma, 1974, vol. I, pag170 “La
sfida mossa ai Franchi nel secolo ottavo dell’era volgare suscitò una controffensiva che si prolungò
per molti secoli e non soltanto scacciò i seguaci dell’Islam dalla penisola iberica ma ancora,
travalicando il suo obiettivo originario, portò gli Spagnoli e i Portoghesi oltremare in tutti i
continenti della Terra”.
Alberto Leoni <La Croce e la Mezzaluna> (Il Giornale, Milano, 2015) pag.199 “Lo scontro tra Islam
e Cristianità era già in atto da tempo in Africa settentrionale, poiché le monarchie iberiche, nel corso
della Reconquista, avevano cercato di isolare gli arabi di Spagna, conquistando alcune teste di ponte
in Africa per impedire l’afflusso di rinforzi sul continente. Nel 1415 il principe portoghese Enrico il
Navigatore aveva conquistato Ceuta. Per i lusitani fu l’inizio di un’epopea nazionale che portò le loro
navi a conquistare una serie di punti d’appoggio lungo la costa africana, alla ricerca di una nuova
rotta commerciale che aggirasse l’impero osmanli. Per quanto gli organici della flotta e dell’esercito
portoghesi fossero sempre meno che modesti, la superiorità tecnica nelle artiglierie e nelle
costruzioni navali restò sempre indubbia. Nel 1468 Alfonso V conquistava Anfa che sarà ribattezzata
Casablanca e nel 1471 era la volta di Tangeri. Nel 1498 Vasco da Gama sbarcava a Calicut, sulla
costa indiana del Malabar e si guadagnava abilmente l’appoggio dei principi indù contro quelli
musulmani. La nascita dell’impero coloniale portoghese era perciò strettamente connessa al grande
conflitto in corso nel Mediterraneo.
Per gli spagnoli, invece, si trattava di contrastare la pirateria musulmana conquistando le basi da cui
partivano i predoni: venivano conquistate Mers el Kebir (1505), Orano (1509) e Bougie (1510)
assicurandosi il controllo della costa algerina”.
Ha scritto Pino Rauti (<Le Idee che Mossero il Mondo> cit pagg 320-321 “Ad agire per primi in
questo senso furono i Portoghesi. Ad essi va il merito di aver proiettato l’occidente fuori dei suoi
angusti domini territoriali, proponendogli anche un gesto di coraggio perché non bisogna
dimenticare che quell’Europa che si lanciava sui mari era quella stessa che aveva perso da poco
Costantinopoli, era quella che aveva ancora i Mori in Spagna e i Turchi in Bulgaria, in Tessaglia e
nella Tracia e in tutti i Balcani, erta l’Europa che solo gli Slavi, pagando un pesante tributo,
dividevano dai Mongoli e dalle loro devastatrici invasioni. Comincia, dunque, con i Portoghesi il
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tempo d’oro dell’espansionismo europeo e va tenuta per ferma questa affermazione: l’Occidente si
salvò solo con le conquiste e grazie alle conquiste: Se esso non avesse scoperto i nuovi mondi, se non
avesse forgiato nel colonialismo una sua nuova, severa, ferrea classe dirigente, se non avesse potuto
trovare ricchezze e materie prime e mercati, oltre mare, probabilmente non avrebbe resistito alla
spinta aggressiva che muoveva dalle sue frontiere del sud. Est, dai Musulmani, dai Turchi, dai
Mongoli, dagli stessi Slavi, e sarebbe rimasto sommerso. Poiché la vita dei popoli non è, e non è mai
stata, dominata dalle ideologie umanitaristiche che oggi vanno di moda; essa, in ogni momento,è
apparsa dominata nella sua essenza e nei suoi aspetti più importanti, dalla volontà di potenza, dal
desiderio di affermazione e di dominio, dall’ansia di emergere e di consolidare la propria vera o
presunta superiorità. Chi non comanda, finisce schiavo. Chi non sa comandare, finisce in seconda
categoria, in più o meno mascherata posizione di servilismo… Mentre i Turchi mettevano piede ad
Otranto, schiacciavano la Moldavia, occupavano Belgrado… mentre esplodevano le guerre
dinastiche, mentre la stessa Cristianità veniva squarciata dalla Riforma e dalla Controriforma, una
minoranza audace di Europei si lanciava verso terre sconosciute assicurando all’Occidente la
possibilità di sopravvivere prime e di dominare poi”.
Riassumeva Carlo Terracciano (“Turchia, ponte d’Eurasia” in <Eurasia> I-2004)”. Poco dopo la
caduta di Bisanzio, alla fine del secolo, l’Europa marittima scopriva le vie del Nuovo Mondo,
circumnavigava l’Africa, conquistava la Siberia per aggirare il blocco dell’Impero Ottomano e dei
regni turanici”,
“…l’ondata di invasione europea che seguì la scoperta di Colombo, uno dei capitoli più importanti
della storia mondiale,con cui inizia l’arretramento, ad ovest come ad est, delle razze di ceppo
mongolico di fronte all’espansione dei popoli di ceppo caucasoide” Carlo Terracciano “L’Isola del
Mondo alla Conquista del Pianeta”Anteo, Cavriago, 2012, pag.22.
“Nella lotta per l’esistenza l’Occidente ha spinto al muro i suoi contemporanei avvolgendoli nelle
maglie della sua superiorità economica e politica…”A.Toynbee <Storia comparata delle
civiltà>Newton Compton, Roma,1974, Vol.I pag.24
E poi ricordiamo:l’Europa muoveva alla conquista del mondo: cosa sarebbe successo se Malta fosse
caduta o se gli afroasiatici avessero vinto a Lepanto (magari in concomitanza con una rivolta di
Moriscos in Spagna)? Nel 1683 le conquiste europee erano già grandi, ma cosa sarebbe successo se,
in quell’anno, le orde multirazziali dell’Impero Turco avessero conquistato Vienna e avessero poi
dilagato nel resto dell’Europa?(5)
Venendo a tempi meno lontani, si può ricordare che la conquista francese dell’Algeria fu motivata
anche dalla volontà di porre fine a quella pirateria barberesca per secoli aveva tormentato l’Europa.
Cito da Wikipedia:
“Le incursioni dei corsari barbareschi sulle coste dell’Europa continuarono fino agli inizi del XIX
secolo, quando si fecero sempre più efficaci le operazioni militari contro di essi da parte degli Stati
europei – Regno Unito, Spagna, Regno di Sardegna, Impero austro-ungarico e Francia-, ma anche
dei neonati Stati Uniti d’America… Un grave colpo alla guerra di corsa barbaresca si ebbe nel 1816,
quando un’incursione della marina britannica, sostenuta da sei navi olandesi, distrusse il porto di
Algeri e colò a picco la sua flotta di navi barbaresche.
Nel 1830 quella che dapprincipio sembrava un’azione analoga con scopi limitati da parte della
Francia contro Algeri diede il via alla colonizzazione francese dell’Algeria. Da quel momento, sparita
la maggiore piazzaforte dei corsari barbareschi, essi non costituirono più una minaccia per gli Stati
europei”.
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Basterebbe considerare il gran numero di <torri dei saraceni> (destinate appunto ad avvistare le
navi dei predoni afroasiatici, esistenti sulle nostre coste per ricordare questa secolare minaccia che
pare caduta, anche essa, nel dimenticatoio.
Mi pare opportuno riportare anche le considerazioni di questi due importanti autori:
Sul ruolo egemonico svolto nella storia dalla razza bianca cito da Julius Evola <L’Egemonia delle
Razze Bianche> in <Il Corriere Padano> 6 gen. 1937 (ora in <I Testi del Corriere Padano> Ar,
Padova, 2002, pago 222) “Lo spirito di avventura, l’amore per il rischio e per l’ignoto, il puro piacere
del dominio e della preda, il desiderio della grandi distanze furono più di qualsiasi forma razionale,
mercantile e utilitaria, ai primordi dell’espansione bianca, legandosi indicibilmente a precise doti di
carattere: ad una volontà più dura, a freddezza, a tenacia, a disprezzo per la vita e per la morte, ad
un inconcusso sentimento di superiorità”.
Julius Evola “Il Fascismo saggio di una analisi critica dal punto di vista della Destra” (Volpe Roma
1964 pag. 107)” Mai e poi mai nell’ “Ordine Nuovo” da instaurare nel segno delle idee difese dai
popoli dell’Asse avrebbe potuto affermarsi la psicosi autolesionistica dell’anticolonialismo”.
“certo, noi siamo oggi assai critici dell’opera dell’uomo bianco… Spazi sono stati invasi, limiti
rimossi, la cui esistenza era sacra non per gli altri, ma per noi. L’apartheid è vitale per ognuna delle
parti in causa. La profanazione fin delle ultime aree lasciate a modelli culturali diversi ha
inutilmente infettato il nostro modello, impoverendo la ricchezza spirituale del mondo. Una
pericolosa desolazione dell’intero pianeta ne è la conseguenza, una devastazione che oggi ci
minaccia anche nei suoi riflessi ecologici. Ma così come la guarigione è patrimonio esclusivo del
malato, così il risanamento della nostra civiltà è un compito interno. L’ordine dell’uomo bianco può
aver prodotto molti colpevoli effetti, ma è una macchina troppo delicata perché altri possa pensare a
ripararla”. Così Adriano Romualdi in <Sul problema di una Tradizione Europea> Vie della
Tradizione, Palermo, 1973, pagg. 47-48
Mi sembra perciò logico che ci si schieri contro i complessi di colpevolezza con cui, da tempo, da più
parti, si cerca di infettare l’animo degli europei. Di fronte al caos e alla barbarie che avanzano nel
vicino Oriente,alle crisi dell’Africa,(in attesa di una colonizzazione cinese?), alle ondate dei
<migranti>, (per non parlare della accrescersi della potenza cinese e alla decadenza, anche razziale,
degli Stati Uniti qualcuno potrebbe forse giungere a pensare che una ripresa <imperiale> europea
potrebbe essere il minore dei mali, e non solo per gli Europei!(cfr,p,es.Norman Lowell
<Europa:l’Imperium o la morte> Idee in Movimento, Genova,2007).
Alfonso De Filippi
1) Ci sarebbero altri crimini imputabili alla <razza>bianca>. Nella sua Introduzione all’antologia di
scritti di Julius Evola <Mito e Realtà del Fascismo- Scritti 1949-1964>, (I libri del Borghese, Roma,
2014) tal Marco Rossi scrive (pagg.28-29). “In questo serrato tentativo di fornire una base di lettura
tradizionale all’interpretazione del fascismo talvolta si evidenziano anche strane cadute di tono,
come quando Evola mostra di preoccuparsi particolarmente dei destini della <razza bianca>” nello
sconvolgimento storico che si andava realizzando durante il lungo secondo dopoguerra.
Probabilmente Evola era allora eccessivamente preoccupato dai vari movimenti indipendentisti,
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spesso mossi da ideologie politiche rivoluzionarie, che andavano sgretolando i tradizionali imperi
coloniali della Gran Bretagna, della Francia, dell’Olanda e del Portogallo; ma è evidente che una tale
preoccupazione aveva ben poco a che fare con le stesse basi ideologiche della Tradizione esoterica,
la quale, al contrario, avrebbe dovuto suggerire piuttosto che proprio dalla <razza bianca> era
venuto ogni impulso rivoluzionario, antitradizionale e materialista, almeno a partire dal XVII secolo
in poi.” Dunque un tale <più evoliano> di Evola riproverebbe all’autore della <Rivolta…> di essere
stato troppo poco <evoliano>. Certo, la tesi non è del tutto errata. Ma allora che fare? Affrettare la
fine della nostra razza? Magari offrendo le nostre donne a migranti il più scuri possibile? Noi che ci
siamo formati sui testi del <nostro fratello maggiore> Adriano Romualdi, ( rimando qui al saggio
<Sul problema si una Tradizione Europea>) non potremmo certo sottoscrivere tali posizioni che, se
non altro, ci paiono sopravvalutare grandemente ciò che poteva sussistere di <tradizionale> presso i
popoli non europei. Forse aveva ragione il compianto camerata Ettore Marano quando diceva essere
Tradizione
cosa
troppo
seria
per
lasciarla
ai
<tradizionalisti>!
2) Da parte sua Arthur Kemp in <March of the Titans – A History of the White Race> (Ostara,
USA.2006) crede di poter individuare 8 grandi “guerre razziali” combattute dalla Razza Bianca nel
suo insieme: L’invasione unna di Attila 372-454 d.C., le Crociate 1095-1270, L’invasione mora
711-1492, le invasioni di Bulgari, Avari, Magiari e Khazari 550-950, L’assalto dei Mongoli di Gengis
Khan 1220-1650, la lotta ottomana contro l’Europa, ed infine quelle combattute in Nord America
contro i nativi e quelle degli USA contro il Messico.
Forse, dati gli avvenimenti dei nostri giorni, andrebbe, almeno in parte, ripresa la concezione dello
<scontro delle civiltà> formulata anni fa da S.Huntington. “Nei conflitti tra civiltà a differenza di
quanto avviene con quelli ideologici, si sta sempre dalla parte della propria razza.>” (Samuel
Huntington <Lo Scontro delle Civiltà e il Nuovo Ordine Mondiale> ( Garzanti Milano 1997 ,pag.
319) DUCUNT VOLENTEM FATA NOLENTEM TRAHUNT!
(3) “La fenicia Cartagine, la figlia di Tiro, era l’Asia semita. Senza Roma, tutto il bacino del
Mediterraneo Occidentale sarebbe stato semitizzato. Se ne immaginano le conseguenze per l’Italia,
l’Iberia, la Gallia”. Gonzague de Reynold <La cittadella assediata>: le pressioni asiatiche sull’Europa
(<Cristianità> n. 291-293/1999).
(4) “Il fenomeno crociato deve essere inquadrato nel suo tempo. Un tempo in cui i Saraceni
flagellavano le nostre coste nel nome di Allah incendiando i villaggi e deportando in schiavitù intere
popolazioni. Un tempo in cui la Cristianità era in crisi, divisa fra Oriente e Occidente e minacciata
dall’irresistibile avanzata dell’Islam che già si era impadronito della Sicilia e della Spagna”(Arrigo
Petacco <L’Ultima Crociata>, Mondadori, Milano, 2007, pag.18
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(5) “Il 1683 è ancora ricordato a Vienna come l’<anno dei turchi>, ma fu anche l’anno in cui si giocò
il destino della capitale imperiale e quello dell’intera Europa. Perchè, anche se, come si usa dire,
<con i se e i ma la storia non si fa>, va comunque sottolineato che se a Vienna, quel 12 settembre
1683, un qualsiasi accidente avesse fermato la carica degli <ussari alati> che si scatenarono contro
i turchi come arcangeli vendicatori, oggi probabilmente le nostre donne porterebbero il velo.”(A.
Petacco <L’Ultima Crociata> cit. pag.147)
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