Cecilia Prete. I dipinti di Guercino nella collezione fanese del

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Cecilia Prete. I dipinti di Guercino nella collezione fanese del
Cecilia Prete
I DIPINTI DI GUERCINO NELLA
COLLEZIONE FANESE DEL
GESUITA GIOVANNI RAYN
Le predilezioni del patriziato fanese espresse sin dagli inizi del ‘600 nei confronti della coeva pittura di
ambito bolognese, come le ben note committenze
a pittori quali Ludovico Carracci, Guido Reni, Domenichino, Guercino, Simone Cantarini attestano,
non sembrano subire significativi cambiamenti di
rotta nel corso del tempo, stando alle testimonianze
documentarie riferibili al collezionismo fiorito localmente tra Sette e Ottocento, sebbene allo stato
attuale degli studi poche e vaghe siano di fatto le
fonti settecentesche a proposito.
Fra queste, gli appunti disordinati dell’erudito bolognese Marcello Oretti, di passaggio per Fano nel
1777, che tuttavia non lasciano traccia di quadrerie
cittadine, mentre non manca di annotare la presenza delle opere dei maestri bolognesi e dei loro allievi, ancora presenti nelle chiese fanesi e nel Collegio
Nolfi, proprio alla vigilia dei profondi sovvertimenti
che le soppressioni napoleoniche causeranno al patrimonio artistico della regione1.
Diversamente, l’abate Luigi Lanzi, che nel suo viaggio per l’Italia centrale compiuto di lì a poco non
trascurerà di visitare le Marche, riporta nei suoi
taccuini di viaggio brevi note riguardanti antichità e dipinti in possesso di alcune famiglie fanesi.
Tra queste gli Uffreducci, dove vede un quadro
raffigurante una Samaritana al pozzo che riferisce al
Domenichino, anche se non ne riconosce la piena
autografia, parendogli alcune parti meno belle “delle usate comunemente da lui”, mentre non lesina
parole di elogio per il David con la testa di Golia del
collegio Nolfi2.
Anche le tre guide settecentesche che, all’altezza di
quelle date, illustrano le opere pittoriche presenti
a Fano poco aggiungono alla conoscenza del patrimonio collezionistico privato della città, fatta esclusione per le scarne informazioni contenute nella
guida più tarda, compilata alla fine del secolo, dove
si ricordano, oltre al “Ritratto di un Guerriero di
Famiglia del Tiziano” presso i Montevecchio e alla
Natività di Gesù del Barocci di proprietà dei Marcolini, un San Francesco attribuito al Guercino in casa
Marcolinina, già residenza della famiglia Uffreducci3. Tuttavia, nel Catalogo delle migliori pitture sculture
architetture della Città di Fano redatto nell’Ottocento
da Amico Ricci, il dipinto in questione viene attribuito ad Annibale Carracci, precisazione, quest’ultima, che non permette comunque di rintracciare
l’opera citata di cui non si hanno altre notizie, pur
confermando il particolare interesse nei confronti
della scuola bolognese espresso dalla famiglia4.
In questo panorama, è chiara l’importanza del recupero di fonti documentarie quali lasciti e testamenti, un lavoro che attende e merita una sistematica ricognizione degli archivi, sebbene non di rado
gli stessi inventari dei beni risultino privi delle indicazioni necessarie per riconoscere e rintracciare
le opere citate, quali la descrizione dettagliata dei
soggetti, l’attribuzione ad un autore o alla scuola di
appartenenza, le misure, ecc.
Dato il contesto, particolare rilevanza assume l’inventario della cospicua raccolta di dipinti appartenuta nella prima metà dell’Ottocento all’abate gesuita Giovanni Rayn, a buon diritto da ritenersi la più
ricca collezione fanese a queste date, dove figurano
numerose opere riferite ai maestri bolognesi del
Seicento fra cui non mancano opere del Guercino.
Nato a Fano il 2 agosto del 1800 dal pittore e commerciante d’arte Giuseppe Rayn, di lontane origini
tedesche5, Giovanni viene ricordato in qualità di
conoscitore e collezionista nella Guida manoscritta
di Stefano Tomani Amiani che, come è noto, rappresenta una fonte di estrema importanza per la ricostruzione della storia artistica della città. Proprio
nell’introduzione rivolta “a chi si compiacerà di leggere l’autore”, Tomani Amiani ringrazia per primo
“l’egregio sacerdote Don Giovanni Rayn solerte e
valente cultore delle arti belle” fra i “concittadini ed
amici desiderosi del comun bene, gelosi della gloria comune” che lo hanno incoraggiato e aiutato
Simone Cantarini, La Vergine con il Bambino appare a San Tommaso da Villanova, Fano, Pinacoteca civica
49
nell’impresa data alle stampe oltre un secolo dopo6.
Sempre nelle pagine di Tomani Amiani troviamo la
prima descrizione della raccolta Rayn, conservata
presso l’abitazione della famiglia Della Santa dove
l’abate risiedeva7, al cui interno vengono sommariamente ricordate opere di scuola fiorentina, senese,
romana, napoletana e veneta di altissima qualità,
destinate ad appagare “tutti coloro che prediligono
il sentimento del Bello rivelato col talismano di un
abile pennello” 8.
Sicuramente Amiani conosceva bene la collezione
dell’abate al quale era legato da un rapporto di stima e gratitudine, e il contributo che Rayn diede alla
compilazione della guida fanese in materia artistica
non fu certo trascurabile. Un fascicolo manoscritto
autografo di Rayn, conservato presso la Biblioteca
Federiciana, testimonia il puntuale lavoro di revisione compiuto da questi su di una prima stesura del
manoscritto che in più punti viene corretto, ampliato, aggiornato. Considerazioni in merito alla più appropriata collocazione di un’opera per consentirne
la migliore fruizione e conservazione, o in merito
alla necessità di evitarne la vendita e la conseguente
dispersione ricorrono più volte nelle pagine scritte
da Rayn e dimostrano la sua sensibilità e preparazione in ambito artistico - come i frequenti rimandi
alle più accreditate fonti della letteratura artistica
attestano - il suo fine intuito attribuzionistico, una
moderna mentalità in materia di restauro e di tutela
del patrimonio ecclesiastico locale9.
È significativo a questo proposito che tra le opere
della sua collezione figuri il San Tommaso da Villanova di Simone Cantarini, un tempo collocato nella
chiesa di Sant’Agostino, che Rayn acquistò dalla famiglia Corbelli accompagnato da un rescritto che
ne vietava l’esportazione in virtù del quale la tela
non ha subito le sorti di quasi tutta la collezione ed
è oggi conservata nella Pinacoteca civica di Fano10, e
che il quadro raffigurante San Paolo rapito al terzo cielo, già nella chiesa di San Paterniano e riconosciuto
da Rayn come originale del veronese Claudio Ridolfi, sia prima appartenuto all’abate e quindi da questi
ceduto “con legger compenso alla Chiesa a maggior
decoro della medesima”, stando alle parole che lui
stesso afferma e riportate da Tomani Amiani11.
Che la sua fama di conoscitore abbia varcato i confini della città e che la sua consulenza sia stata più volte richiesta per valutare il prezzo delle opere d’arte
custodite all’interno dei palazzi nobiliari sono attestati, tra le altre cose, dalla notizia riguardante la
presenza di Rayn, “intelligentissimo di pittura”, a
Jesi nel 1840 “per far la stima della quadreria della fu Sig. M.a Carolina Honorati”, erede universale
50
della nobile famiglia jesina che vantava una ricca
collezione di dipinti oggi dispersa12.
Colto da morte improvvisa il 29 agosto 185513, a causa dell’epidemia di colera che in quell’anno aveva
spopolato la città di Fano, Rayn lasciava nelle stanze
che abitava in casa Della Santa una ricca raccolta di
dipinti, compresi alcuni disegni, unitamente ad una
folta biblioteca di testi soprattutto religiosi, di cui
resta una dettagliata testimonianza nell’inventario
dei beni, stilato alla sua morte, che questi destinava nella pressoché totalità alle Missioni Estere della
Compagnia di Gesù14.
Una vertenza giudiziaria depositata presso la Sacra
Congregazione romana dei Vescovi e Regolari tra
Sante Lombardi, canonico teologo della cattedrale di Fano, e la Compagnia di Gesù, rappresentata
dal padre gesuita Angelo Chimenti procuratore del
Collegio di Fano e da Giuseppe Betti, procuratore
generale dell’ordine, offre qualche delucidazione
in merito alle tormentate vicende dell’importante
lascito.
Tale vertenza, di cui dovette occuparsi anche il neo
eletto Vescovo di Fano, monsignor Filippo Vespignani, riguardava la volontà espressa in punto di morte
dal testatore di ritirare dall’eredità la cospicua somma di 1000 scudi per consegnarli ad una persona la
cui identità, da mantenersi segreta, veniva rivelata
per iscritto al rettore della Compagnia di Gesù di
Fano15.
A conferma della veridicità del tardivo legato, messa in discussione dai destinatari del lascito che non
intendono rinunciare a una somma così consistente,
viene invitato a rilasciare una dichiarazione scritta
un altro illustre concittadino, il canonico Celestino
Masetti, che nel ricordare “la più intima e cara amicizia” stretta con Giovanni Rayn, uso a confidargli
“senza eccezione i suoi più gelosi e importanti segreti”, testimonia l’intenzione dell’abate di lasciare
“un legato in denaro a favore di una persona, il cui
nome avrebbe indicato ai suoi esecutori testamentari”16.
Purtroppo, non sono noti gli esiti della vertenza, le
cui tracce si fermano al 1857 dopo essere stata sottoposta al parere dello stesso Pontefice, probabilmente messa a tacere e risolta in modo da accontentare
entrambe le parti17.
Il già citato inventario dei beni lasciati alla Compagnia fu stilato pochi giorni dopo il decesso dell’abate, a partire dal 7 settembre 1855, dal notaio fanese
Alessandro Giovannelli, alla presenza del padre gesuita Luigi Grispigni, di due testimoni e del rigattiere Grisante Tommassoni, in più sessioni che si conclusero con la stima fatta da Giuseppe Castellani e
I DIPINTI DI GUERCINO NELLA COLLEZIONE FANESE DEL GESUITA GIOVANNI RAYN
Giambattista Sangiorgi, professori di pittura l’uno a
Fano e l’altro a Pesaro18. I singoli pezzi, riposti mano
a mano all’interno di bauli momentaneamente depositati in Palazzo Marcolini, all’epoca possedimento del Collegio Nolfi dei padri gesuiti, per lasciare
libero l’appartamento di Caterina Della Santa, proprietaria degli ambienti abitati da Rayn, sono enumerati secondo l’originaria collocazione all’interno
di poche stanze, tenute “in sommo disordine […]
per esservi una quantità di quadri posti alla rinfusa
che si ritengono di qualche pregio e valore”19. Questi, preceduti da una doppia numerazione, vengono
descritti con una certa accuratezza, quasi sempre accompagnati dal nome dell’autore, vero o presunto
che sia, cui si aggiunge non di rado un commento
critico sulla qualità dell’opera, sicuramente ripreso
e trascritto da un elenco precedente di mano dello
stesso proprietario20.
Non può sfuggire, anche ad una sommaria scorsa
del lungo elenco, la significativa presenza di dipinti
seicenteschi riconducibili all’area bolognese, compresi disegni, studi, abbozzi e copie, fra cui spiccano
i nomi di Annibale Carracci, Guido Reni, Guercino,
Simone Cantarini, Carlo Cignani, Guido Cagnacci
e non solo.
Non è facile ricostruire le origini di questa collezione che a metà del secolo scorso Riccardo Paolucci21
- cogliendo quanto già prospettato da Adolfo Mabellini22, senza tuttavia fornire ulteriori elementi probanti - ipotizzava derivasse da quella seicentesca del
nobiluomo fanese Francesco Sperandio, così ricca
e famosa da meritare la visita di Cristina di Svezia
quando passò per Fano nel 1657, come ricordava
l’Amiani nelle sue Memorie 23. Tuttavia nulla si conosce della sorte della “bella e rara Galeria di Pitture”24, probabilmente confluita, intorno al 1680, nel
fondo ereditato dai padri della Compagnia di Gesù
di Fano insieme con il resto dei beni della famiglia,
secondo la volontà testamentaria del canonico Gian
Francesco Sperandio25.
L’appartenenza di Giovanni Rayn allo stesso ordine
potrebbe giustificare l’ipotesi avanzata da Mabellini
e da Paolucci ma è probabile che buona parte dei
dipinti sia frutto della sua attività di compravendita agevolata dalle conoscenze che la fama di perito
d’arte poté assicuragli. Anche la già citata vertenza
relativa ai 1000 scudi pare motivata dal desiderio di
ricompensare una “persona molto altolocata, ma affatto ignorante di roba d’arte”, da cui l’abate aveva
acquistato “alcuni quadri per 80 scudi, mentre egli,
buon intenditore, reputava che valessero 8 mila” 26. È
certo altresì che alcune acquisizioni furono indotte
dal desiderio di preservare le opere dalla sicura di-
spersione, mentre un certo numero di pezzi, che al
momento della morte si trovava in casa, vi era stato
solo depositato, come si deduce da una clausola del
testamento dove si richiede la restituzione ai legittimi proprietari di alcuni quadri27. Tra questi “un piccolo quadretto in rame rappresentante S. Carlo” e
un altro con San Filippo Neri, entrambi acquistati dal
rigattiere Tomassoni e consegnati da tempo a Rayn
perché questi li ripulisse28. Del resto, la presenza tra
gli oggetti inventariati di “numero sette attrezzi per
accomodare i quadri, di acciaio con manici di legno” 29, di “vari involti di carte con […] gomme per
vernici da quadri”, di “una pietra per macinare colori” e di “un cavalletto per quadri” 30 non lasciano
dubbi in merito al fatto che Rayn si occupasse di
restaurare anche opere di proprietà altrui.
A questo proposito giova ricordare un “piccolo
quadretto di forma quasi quadrilatera […] rappresentante un S. Girolamo in mezza figura, in atto
di meditare. Disegno su carta, fatto a matita rossa,
in ottime condizioni ed originale del Guercino da
Cento”, citato nell’inventario31. La sanguigna, collocata nella camera da letto e valutata 3 scudi, era
stata segnalata da Rayn al notaio affinché venisse
ritirata dalla quadreria, trattandosi di un’opera “di
proprietà del conte Onorati Trionfi abitante vicino
al duomo di Jesi”32 al quale evidentemente andava
restituita.
Dedicato ad un soggetto più volte trattato dal Guercino, il disegno non è rintracciabile nel lungo elenco di opere inventariate alla morte di Carolina Honorati Trionfi e stimate dallo stesso Rayn, che forse
lo trasse con sé per venderlo, e che in punto di morte intende riconsegnare ai proprietari dove tuttavia
non pare sia mai giunto, visto il silenzio delle successive testimonianze in merito33. Dalle poche informazioni di cui siamo in possesso ci è lecito solamente
ipotizzare che si tratti di uno studio preparatorio
per uno dei molti San Girolamo dipinti a mezza figura citati nel Libro dei Conti del pittore, sul genere della tela, di analogo soggetto ma di dimensioni
ridotte, oggi nella collezione Mr. e Mrs. Morton B.
Harris di New York34.
Continuando a scorrere l’inventario della collezione Rayn, troviamo altri e significativi dipinti riferiti con sicurezza al maestro di Cento come la tela
raffigurante “S. Maria Maddalena nel deserto con
due Angeli, uno dei quali le mostra un chiodo di
nostro Signore, e l’altro col sinistro braccio le mostra il cielo”. Riprendendo il commento critico dello
stesso Rayn, l’estensore dell’inventario scrive: “studio bellissimo e originale del Guercino da Cento
della famosa Maddalena, che stava alle convertite
51
di Roma, ora esistente nella Galleria Vaticana”35.
Si tratta della pala collocata sull’altare maggiore
della chiesetta romana nel 1622, lodata da Salerno
perché dimostra la “leggera ma sostanziale svolta
in direzione dell’ideale classico” compiuta a quelle
date dal Guercino36. Se la pala viene ampiamente
ricordata tanto da Malvasia quanto dalle fonti successive, viene invece taciuta l’esistenza del presunto
studio che faceva parte della collezione Rayn, e che
veniva stimato 4 scudi, di cui non si conosce il destino. Non è da escludere tuttavia che possa trattarsi
di una copia di buona mano che riproduceva parte
dell’originale guercinesco, come nel caso delle tele
conservate a Brera e in South Carolina, presso la
Bob Jones University di Greenville37.
Stessa sorte per un altro “originale del Guercino
da Cento della seconda e più bella maniera, in cui
non ha eguale”. Si tratta di un “quadro in tela senza cornice, piuttosto grandicello di forma quadrata, rappresentante una pittura finitissima, sebbene
fatta alla prima e non terminata. Vi mancano i piedi di Agar giacché rappresenta Abramo che caccia
di casa Agar col figlio Ismaele. Ad Ismaele manca
il corpo e tutto il fondo del quadro, non essendovi
Guercino, La Maddalena e due angeli, Città del Vaticano, Pinacoteca
Vaticana
A lato: Guercino, Abramo ripudia Agar e Ismaele, Milano, Pinacoteca
di Brera
Guercino, Abramo ripudia Agar e Ismaele, Inghilterra, Collezione di
Sua Maestà la Regina Elisabetta II
52
che la tinta dell’imprimitura”38. La descrizione del
quadro, benché piuttosto dettagliata, non aiuta comunque ad individuarne l’attuale collocazione ma
permette di desumere che il taglio compositivo si
discosta da quello del dipinto di analogo soggetto
conservato presso la Pinacoteca di Brera, dove sono
presenti i quattro protagonisti della storia biblica
a mezza figura. Tuttavia, sulla base di un disegno
riconosciuto come preparatorio per questa tela39,
commissionata nel 1657 dalla Comunità di Cento
I DIPINTI DI GUERCINO NELLA COLLEZIONE FANESE DEL GESUITA GIOVANNI RAYN
per essere donata al cardinal legato di Ferrara Lorenzo Imperiali, è lecito ipotizzare che inizialmente
il pittore avesse pensato ad una composizione in verticale con tre figure intere, poi ridimensionata sulla
base della disponibilità finanziaria dei committenti.
Dunque è assai probabile che il dipinto di proprietà
Rayn fosse una prima versione dell’opera in questione - con Abramo, Agar e Ismaele, come il disegno
testimonia - lasciata allo stato di abbozzo proprio
perché si optò per una composizione a mezze figure
con l’aggiunta di Sara rappresentata lateralmente e
di profilo40.
Un altro dipinto della collezione merita particolare
riguardo: si tratta di “un quadro con cornice dorata,
rappresentante S. Luca con una carta in mano, ove
legge il suo Vangelo. Bellissimo originale del Guercino da Cento della sua più forte maniera, cioè la
seconda unita alla terza”41. La descrizione riportata
nell’inventario prosegue aggiungendo un fonda-
mentale indizio ai fini dell’identificazione del quadro: “Dietro nella tela si legge un’antica iscrizione
che dice così: del Guercino da Cento donato dal detto pittore all’Eminentissimo Sacchetti l’anno 1641”42.
È questo particolare (benché l’anno sia in realtà il
1631, come chiaramente distinguibile dall’esame
diretto della scritta) che permette di riconoscere
la tela posseduta da Rayn nel San Luca Evangelista
che oggi fa parte della collezione Richard L. Feigen
di New York, dove per altro un’ulteriore e più tarda iscrizione riportata su di un cartellino incollato
al telaio dice “eredità Rayn, n. 81/95. Un Vecchio
che legge di Guercino”43. Il San Luca, apparso alla
fine degli anni Ottanta in un’asta Sotheby’s44, è stato identificato in quello commissionato dal cardinale Bernardino Spada insieme con il suo ritratto,
entrambi citati da Malvasia e pagati 80 scudi, come
ricordato nel Libro dei conti, l’8 luglio del 163145. Stone ipotizza che Sacchetti abbia ricevuto il dipinto
come dono da parte dello Spada, legato del papa a
Bologna in quegli anni, e che Guercino abbia personalmente consegnato il dipinto al Sacchetti, legato
pontificio a Ferrara e Cento46. Non è però da trascurare il fatto che Giulio Sacchetti rivestì la carica di
Vescovo di Fano dal 1626 al 1635, anni in cui non
sono ancora documentati rapporti tra Guercino e
la città ma che coincidono con la data di esecuzione
del dipinto47.
Non si conclude qui la lista delle opere attribuite
a Guercino un tempo di proprietà Rayn, a riprova
Dall’alto, in senso orario: Guercino, San Luca Evangelista, New York, collezione Richard L. Feigen; particolare dell’iscrizione sul retro del
telaio; particolare dell’iscrizione sul retro della tela
53
di un interesse non casuale nutrito dall’abate per il
maestro di Cento, la cui parabola artistica, come si
deduce dai brevi ma acuti commenti sicuramente
tratti dall’inventario redatto di suo pugno, conosce
nei dettagli. Ricordiamo ancora una “Maria Vergine - mezza figura - e il Bambino intero, assiso su un
tavolino ambedue della grandezza al vero. Pittura di
gran merito, perché originale di Guercino da Cento. È da osservarsi la testa del putto, come la parte
più accarezzata dal pittore di tutto il dipinto”48. Dalle pur generiche indicazioni si può ipotizzare che la
tela fosse simile alla Madonna con il Bambino benedicente conservata nella Pinacoteca civica di Cento49,
allo stesso modo in cui è lecito desumere che il “piccolo quadretto […] rappresentante S. Giovanni Battista, che attinge l’acqua da una fontana. Originale
del Guercino da Cento”50, sempre citato tra i quadri
della collezione, ricalcasse il modello del San Giovanni Battista alla fonte della Galleria Doria Pamphili
o di quello appartenente alla collezione di Richard
L. Feigen di New York51.
Consegnati al destinatario del lascito, i dipinti appartenuti a Giovanni Rayn vengono presumibilmente inviati a Roma e lì venduti e dispersi, vanificando gli auspici di Stefano Tomani Amiani, di certo
condivisi dai più sensibili abitanti di Fano, affinché
“si fatto artistico tesoro non sia preda giammai o
dell’ingordigia degli stranieri, o della rapacità degli
speculatori” e “possa fare splendidamente ornato” il
salone di un qualche palazzo cittadino52.
Desidero ringraziare per la generosa disponibilità e per l’aiuto
prestatomi nelle ricerche il personale dell’Archivio Diocesano
di Fano, dell’Archivio di Stato Sezione di Fano, dell’Archivio di Stato di Pesaro, dell’Archivio Segreto Vaticano, della
Biblioteca Federiciana di Fano, della Biblioteca Planettiana
di Jesi, della Biblioteca Gambalunga di Rimini. Un ringraziamento inoltre ad Ann Guite della collezione Richard L.
Feigen di New York per le immagini del dipinto di Guercino
raffigurante San Luca.
Note
1 Bologna, Archivio Comunale dell’Archiginnasio, ms. Oretti, B
165 II, fasc. G, cc. 1-15.
2 Il quadro della Samaritana al pozzo citato in casa Uffreducci
non è mai stato identificato. Cfr. Lanzi, a cura di C. Costanzi,
2003, pp. 51-52.
3 Battistelli 1995, pp. 58-59.
4 Ivi, pp. 77-78. Oltre a ricordare il dipinto del Barocci presso i Marcolini e il ritratto di Tiziano presso il conte Ermanno
Montevecchio, Ricci ricorda “una Pudicizia di Simone” in casa
Montevecchio, “otto immagini di filosofi” in casa Gasperoli, “una
testa di Redentore di Guido e un S. Francesco dello Spagnoletto” in
casa Carrara e infine “appresso Monsignor Jesion vari piccoli quadretti fiamminghi”. Copia di Alipio Alippi del ms di Ricci, conservata
presso la Bibl. Comunale Federiciana di Fano, raccolta Manoscritti,
sez. XII, 308, fondo Castellani.
5 Giuseppe Rayn, in più occasioni ricordato come ‘tedesco’, in
realtà era nato a San Germano di Napoli ed aveva sposato Maria
Francesca Damiani da cui nacque, a Fano, Giovanni. Devo la notizia
a Giuseppina Boiani Tombari, responsabile dell’Archivio Diocesano
di Fano, che ringrazio.
6 Tomani Amiani, ed. 1981, p. 22.
7 Già proprietà dell’antica famiglia Arnolfi, il palazzetto è collocato ad angolo tra la piazzetta del duomo e via Arco d’Augusto. Cfr.
Selvelli 1924, p. 81.
8 Tomani Amiani 1981, p. 134.
9 Fano, Biblioteca Federiciana, ms. fondo Amiani, 125/7. Sul
Capitolare contenente le osservazioni sui singoli quadri descritti
nella guida storica artistica di Famo emessa dalla b. m. del Abb.
D. Giovanni Ray sulla prima copia presentata al medesimo per le
opportune correzioni, siccome vennero eseguite nella seconda copia da S. T. Amiani , è in corso un lavoro di trascrizione critica del
manoscritto.
10 Si veda Ambrosini Massari 1993, pp. 56-57, e ead. 1997, pp.
145-146.
11 Ms. fondo Amiani, 125/7, p. n.n., e Tomani Amiani, 1981, p. 152.
Sul dipinto non più rintracciabile si veda Baldelli 1977, pp. 102-103.
12 La notizia è riportata in Annibaldi 1905, p. 34. La Descrizione e
stima dei quadri di Palazzo Honorati a Jesi in contrada Posterma,
fatte in occasione della stesura dell’inventario dei beni ereditari
di Carolina Honorati Trionfi (6-13 ottobre 1840), conservata a Jesi
presso la Biblioteca Comunale, A.H.T., busta 59, è stata pubblicata da Conversazioni 2002, Jesi, pp. 304-311. Negli stessi anni Don
Giovanni Rayn figura anche come perito nella stima dei quadri della
famiglia fanese Uffreducci, come cortesemente riferitomi da Giuseppina Boiani Tombari, al cui saggio, pubblicato in questo catalogo, si rimanda.
13 Fano, Archivio diocesano, vol. XXX, cattedrale, morti 18381866.
SIGLE E ABBREVIAZIONI
ASP, ANP Archivio di Stato di Pesaro, fondo Archivio Notarile di Pesaro
ASV Archivio Segreto Vaticano
54
14 L’inventario dei beni appartenuti a Rayn fu pubblicato dal fanese monsignor Riccardo Paolucci che tentò una puntuale ricostruzione delle vicende relative al lascito. Si veda Paolucci 1946a, pp. 29-72
e 1946b.
15 Il fascicolo riguardante la vertenza è conservato presso l’Archi-
I DIPINTI DI GUERCINO NELLA COLLEZIONE FANESE DEL GESUITA GIOVANNI RAYN
vio Segreto Vaticano, Congr. Vescovi e Regolari, Positiones Regul.
Maggio 1857, cc. 1-19.
16 Ivi, c. 5.
17 Ivi, cc. 3; 7-8. In una supplica datata 12 dicembre 1855, presentata dalla famiglia Falcioni di Fano per aver parte all’eredità del
defunto Giovanni Rayn come parenti prossimi, si fa riferimento alla
quadreria che i Falcioni intenderebbero vendere. La supplica, sulla
base del parere negativo motivato anche dai propositi di vendita
e inviato dal padre Luigi Grispigni al Vescovo, non verrà accolta. Il
documento è conservato presso l’Archivio diocesano di Fano, cartella Mons. Luigi Carsidoni, Informazioni suppliche facoltà, 1855-56,
foglio sciolto.
18 Pesaro, Archivio di Stato, fondo Archivio Notarile di Pesaro,
notaio A. Giovannelli, vol 222, 1855.
di Andrea Honorati, 1988, pp. 151-152 e 1990.
34 Si veda Salerno 1988, n. 251, p. 324 e Stone Firenze 1991, n.
234, p. 245, con bibl.
35 ASP, ANP, Inventario Giovannelli, 1855, c. 32, n. 161, n. 175.
36 Salerno 1988, n. 88, p. 171, con bibl.
37 Cfr. Spada 1991, pp. 219-220.
38 ASP, ANP, Inventario Giovannelli, 1855, cc. 35-36.
39 Il disegno a sanguigna (Inghilterra, Sua Maestà la Regina
Elisabetta II, inv. 2381), è pubblicato in Giovanni Francesco Barbieri.
Il Guercino 1591-1666. Disegni, catalogo della mostra a cura di D.
Mahon, Bologna-Cento, 6 settembre-10 novembre 1991, Bologna
1991, n. 150, pp. 237-238, con bibl.
19 Ivi, c. 5.
20 Come si legge a c. 31 dell’inventario stilato dal notaio
Giovannelli , “gli autori dei quadri furono così battezzati da Ray
(sic) nel richiamato inventario”, alludendo ad un documento stilato
dallo stesso testatore che doveva avere sotto mano.
21 Paolucci 1946a, p. 29.
22 Mabellini 1937, XV, p. 48, n. 2.
23 Amiani 1751, vol. II, p. 292.
24 Ivi, p. 292.
25 Fano, Biblioteca Federiciana, ms. Bertozzi, protoc. K, vol. 5,
cc. 28-29.
40 Cfr. Giovanni Francesco Barbieri. Il Guercino 1591-1666, catalogo della mostra a cura di D. Mahon 1991 n. 174, pp. 378-381, con
bibl.
41 ASP, ANP, Inventario Giovannelli, 1855, cc. 47-48, n. 60/215.
42 Ivi. L’estensore dell’inventario si confonde scrivendo la data
1641 mentre l’anno indicato nell’iscrizione è il 1631. La tela veniva
stimata 60 scudi.
43 L’iscrizione sino ad oggi è stata letta erroneamente confondendo il nome “Rayn” con “Mayn”. Il dipinto è stato pubblicato per la
prima volta da Stone 1991, n. 125, pp. 146-47 con bibl.
44 Asta Sotheby’s, Londra 8 dicembre 1989, lotto 127.
45 Il libro dei conti …, ed. 1997, p. 61.
26 Purtroppo non è stato possibile recuperare l’originale del
Memoriale, un tempo conservato nell’Archivio Vescovile di Fano,
da cui Riccardo Paolucci trasse le sue informazioni, pubblicate
nell’articolo del 1946, p. 71.
27 Cfr. ASV, Congr. Vescovi e Regolari, Positiones Regul., 1857, c. 15.
28 Il dipinto raffigurante San Carlo risulta essere di proprietà del
sacerdote Carlo Piccoli e il San Filippo Neri di proprietà del padre
Francesco Froncini dell’oratorio di San Filippo Neri. Cfr. Inventario
Giovannelli 1855, c. 25.
46 Stone 1991, n. 125, pp. 146-47. Non meraviglia ritrovare il cardinale Sacchetti come destinatario, nel 1638, di un altro dipinto di
Guercino raffigurante una Lucrezia romana, oggi perduto, donatogli dal nobile tolentinate Benadduce Benadducci, legato papale a
Ferrara e a Bologna. Cfr. M. Polverari 1991, pp. 11-12. Si veda inoltre
il saggio di A.M. Ambrosini Massari pubblicato in questo stesso catalogo.
47 Cfr. P. M. Amiani 1751, t. II, pp. 269-273.
48 ASP, ANP, Inventario Giovannelli, 1855, cc. 59-60, n. 65/220.
29 Ivi, c. 11.
49 Stone 1991, n. 118, p.141, con bibl.
30 Ivi, cc. 26-27.
31 Ivi, c. 49, n. 63.
32 Ivi, c. 6 e ASV, Congreg. Vescovi e Regolarari, Positiones
Regul., 1857, c. 15. Per ordine del defunto andavano anche restituiti e ritirati dalla sua quadreria: un “quadro della tendina posto nella sua camera da letto, e quello di S. Antonio da Padova posto in
sala di proprietà ambedue del monastero di S. Filippo e Giacomo
di Fano” come pure “tre quadri cioè la Tempesta, un Duello, e un
Paese spettanti al Collegio Nolfi di Fano”. ASP, ANP, Inventario
Giovannelli, 1855, cc. 6-7.
33 Non è chiaro a quale personaggio della famiglia Honorati
Trionfi alluda Rayn, ma si tratta con buona probabilità del ramo
di Carolina Honorati che, andata sposa al marchese Trionfi di Ancona, eredita, oltre al patrimonio fondiario, il palazzo di Jesi in via
della Posterma, proprio vicino al duomo, con le sue collezioni. Cfr.
M. Massa 2002, pp. 37-51, in partic. p. 46. Si vedano inoltre i testi
50 ASP, ANP, Inventario Giovannelli 1855, c. 81, n. 15. In realtà questo dipinto è ricordato nell’inventario notarile tra i quadri mancanti dalla collezione al momento della stesura, evidentemente sulla
base del confronto con l’inventario redatto da Rayn.
51 Stone 1991, n. 278, p. 286 e n. 280, p. 288. Nell’inventario della
collezione Rayn sono elencati ancora una tela “rappresentante in
mezza figura al vero S. Giovanni Evangelista in atto ispirato, che
scrive l’Apocalisse. Opera piaciuta da tutti gli intelligenti, da chi attibuita al Guercino, da chi al Domenichino” (ASP, ANP, Inventario
Giovannelli 1855, c. 53, n. 79/237) e “Un quadro grande da altare
rappresentante il martirio di Santa Caterina. Originale del più bravo
dei germani del Guercino” (Ivi, c. 64, n. 112/270).
52 Tomani Amiani 1981, p. 134.
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